Informazione promozionale
“L’invidia è il vizio capitale più improduttivo. A differenza degli altri, si esaurisce solo con il cessare della causa di quell’ossessione. È logorante, macera da dentro chi lo prova e può condurre a esiti drammatici”.
L’AUTORE
Marco Ponzi è nato a Milano nel 1976.
Ha conseguito un diploma di Perito Turistico e uno di illustratore presso la Scuola Superiore di Arti applicate all’Industria. Ha infatti la passione per l’arte che esplicita anche attraverso la pittura, la fotografia e la scultura partecipando a diverse mostre collettive.
È autore, al momento, di tre libri: “Perché diffidare degli assistenti di volo” (Greco & Greco, 2011), “L’accento sulla A” (Edizioni Il Foglio, 2019), vincitore di un premio nell’ambito della Festa del libro in Mediterraneo nel 2021, e “Le aspirazioni mortali o dei crimini d’autore” (Edizioni Il Foglio, 2022).
Numerosi racconti e poesie sono raccolti in diverse antologie.
Un quarto romanzo uscirà nell’estate del 2023 ma su questo è necessario mantenere un temporaneo riserbo.
***
Leggendo la tua biografia, ho notato che i libri sinora pubblicati sono tutti di generi diversi. Ci puoi spiegare questa scelta?
In realtà mi piace confrontarmi con generi diversi per mettermi alla prova. Con un po’ di presunzione, ambisco a sperimentare come fece Kubrik coi suoi film.
Ho cominciato con un autobiografico spiritoso, ho proseguito con un romanzo di formazione dai toni erotici e sono giunto al giallo-noir.
A seconda del tema che voglio trattare creo l’ambientazione e la trama che mi sembrano più adatte. In effetti, è la realtà che mi ispira e molto di quello che racconto nei libri ha origine dalla mia personale esperienza. Chi leggerà i testi, a questo punto, potrebbe porsi degli interrogativi e domandarsi quale sia la percentuale di verità che ho messo in questi libri ma la verità stessa è uno dei temi che mi stanno a cuore e la tratto in tutti i miei romanzi.
Abbiamo visto che sei anche un artista. Come concili la scrittura con l’arte?
Come detto, a seconda del tema, scelgo il mezzo più adatto. Le mie opere sono figurativo-concettuali e spesso vanno spiegate (qualcuno le ha definite dei rebus) per non correre il rischio di essere frainteso.
Coi libri aggiro questo problema perché ciò che racconto viene mediato da una storia che si suppone di fantasia, fino a un certo punto, e dunque posso narrare di argomenti anche scottanti con la scusa del romanzo.
Mi piace dire che dipingo ciò che scrivo e scrivo ciò che dipingo.
Da dove hai tratto ispirazione per questo ultimo romanzo che, ci hai detto, è un giallo dalle tinte noir?
Dalla mia esperienza come partecipante ai premi letterari. Racconto dall’interno quel che accade, secondo la mia visione ed esperienza, e trasferisco nei personaggi le frustrazioni e le rivalità che chiunque partecipi a un concorso artistico, prima o poi, subisce. Scattano le invidie, la competizione, viene a mancare la lealtà pur di raggiungere l’obiettivo, fino alle estreme conseguenze.
In questo romanzo la cui trama si intreccia con una storia di terrorismo internazionale le persone assassinate muoiono esaudendo un loro desiderio, ovvero pubblicare un libro.
Il titolo, che contiene due o tre doppi sensi, riflette quel desiderio che diventa patologico quando si insegue un sogno (se da questo ci si fa dominare) perdendo il senso della realtà.
Nei miei romanzi racconto la vita e anche in quest’ultimo non tratto solo di una investigazione per scoprire un colpevole ma, tra gli altri temi, mi occupo anche della verità che può avere varie forme, dell’invidia, delle ipocrisie di un certo mondo e dello svilimento dell’arte in funzione di oggetto commerciale.

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
La sua è un vita costantemente in vetrina ed ha i contorni della perfezione: avvenenza, ricchezza, prestigio e l’attico da sogno a due passi da Piazza Navona, nel cuore di Roma.
E’ monumentale e bellissimo il primo romanzo della poetessa 55enne afroamericana Honorée Fannone Jeffers, autrice di 5 raccolte poetiche. Ora pubblica “I canti d’amore di Wood Place” dalla lunga gestazione; 10 anni per la stesura, un anno e mezzo per l’editing.
La riscoperta e pubblicazione dell’opera “Blackwather” di Michael McDowell (uno dei grandi sceneggiatori di Hollywood, morto nel 1999) è curiosa ed annoverabile tra quei colpi di genio che fanno venire alla luce libri- tesori nascosti. E’ stato un piccolo editore francese di grande qualità che un anno fa ha deciso di tradurre dall’americano, in sei volumi, l’opera che McDowell aveva scritto nel 1983. Ed è stato un immediato e strepitoso successo in Francia.
Una biografia costruita intorno alle testimonianze di oltre 40 intervistati – tra comici, operatori, truccatrice, e tutti quelli che fecero un tratto di strada professionale con lui, dai più famosi ai più sconosciuti- che ricordano un personaggio epico. E’ Renzo Villa, colui che negli anni 70 inventò e creò la Tv commerciale italiana.
Di fatto resta bloccata e isolata in un paradiso dal mare cristallino che cerca di difendersi dal virus con una serrata generale.
Questo è il primo dei suoi libri, uscito nel 1974, quando aveva 30 anni, e lo definiva ironicamente “romanzo confessionale”. E’ una raccolta di saggi autobiografici che ripercorrono la sua infanzia e giovinezza alle prese con un mondo bizzarro e affascinante.
Emma Straub, 42 anni e due figli, non è solo una scrittrice di bestseller (5 tradotti in più di 20 lingue), ma anche libraia; proprietaria insieme al marito, il graphic designer Michael Fusco, della libreria indipendente “Books are magic” al 225 di Smith Street, a Brooklyn.
Questo volume è il catalogo della mostra allestita a Roma in collaborazione con la National Portrait Gallery di Londra, per celebrare lo spirito che animò il gruppo di Bloomsbury, enclave di grandi menti artistiche (e non solo) che sperimentarono idee e opere, nonché un nuovo modo di convivere che scardinava i rigidi principi vittoriani.
Un sociobiologo, Daniel Lumera, e una epidemiologa,