

Giovedì 16 giugno alle 21 nella Sala Polivalente di Volpiano (via Trieste 1) è in programma «In viaggio con Marco Malvaldi», una serata per conoscere lo scrittore toscano «in modo autentico e informale»; voce fuori campo Davide Ruffinengo, ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria al numero 011.9882344 oppure 339.4673821.
Sottolinea la presentazione: «Dal suo esordio con “La briscola in cinque” all’ultimo romanzo “Chiusi fuori”, scritto con Samantha Bruzzone, Marco Malvaldi ha prodotto una bibliografia intrigante e geniale. Malvaldi si definisce un umorista ma con i suoi libri, oltre a un talentuoso intrattenimento, ha confezionato storie, rivitalizzato il giallo classico, divulgato scienza e riproposto personaggi come Ernesto Ragazzoni, Pellegrino Artusi e Leonardo Da Vinci».
Domenica 19 giugno la Chiesa Vecchia di Macugnaga ospiterà, nel piccolo cimitero a fianco, la cerimonia di inaugurazione della lapide che completa l’elenco dei soci del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna scomparsi a tutto il 2021.
L’evento prevede la benedizione alle 9,00 del mattino alla quale farà seguito una esecuzione di canti della montagna con il coro Monte Rosa e la Santa Messa nella chiesa dedicata a Santa Maria, uno dei simboli del paese ai piedi della parete Est del Rosa. Il Gruppo Italiano Scrittori di Montagna – Accademia di arte e di cultura alpina (G.I.S.M) nacque a Torino il 14 aprile 1929 per iniziativa di alcuni alpinisti e intellettuali appassionati di montagna come Agostino Ferrari e Adolfo Balliano. Una scelta compiuta in aperta polemica e in opposizione al trasferimento del Club Alpino Italiano a Roma e all’inquadramento dell’alpinismo nello “sport fascista”, aggregando al CONI il sodalizio fondato a Torino da Quintino Sella nel 1863. Ai fondatori del GISM risultava inaccettabile e riduttiva la definizione di alpinismo come semplice “sport”, omettendone i valori ideali, la creatività spirituale e artistica di un’ascensione dove non conta la competizione ma il senso dell’avventura, l’esempio virtuoso di un rapporto sostenibile tra l’uomo e l’ambiente montano. Dell’evento venne data notizia nel giugno del ’29 sulla rivista “Alpinismo” e una trentina di aderenti iniziarono a riunirsi almeno una volta all’anno per scambiare idee, proporre iniziative, progettare azioni sui temi legati alla montagna. Venne bandito un concorso per un opera di letteratura alpina con un premio in denaro di 2000 lire ( circa duemila euro di oggi). Fu creata una particolare categoria di soci onorari e tra i primi a potersi fregiare di questo titolo ci furono il torinese Guido Rey — alpinista, scrittore di montagna, fotografo artistico e nipote di Quintino Sella, ribattezzato il “poeta del Cervino” per il volume monumentale che dedicò alla terza montagna più alta d’Italia — e il francese Paul Guiton, uno dei pionieri della letteratura alpina, autore di numerosi libri sulla Savoia e le Alpi del Delfinato. Il 20 luglio 1929, in occasione della riunione al Colle del Lautaret della Giuria del Prix Littéraire des Alpes Françaises, fu proprio Paul Guiton a salutare la nascita del Gruppo con un telegramma di simpatia e fraternità inviato ad Adolfo Balliano, Segretario del GISM. Contribuirono alla prima fase costituente del GISM altri importanti scrittori dell’epoca come Giovanni Bobba (coautore con Luigi Vaccarone e Alessandro Martelli della prima guida della Alpi Occidentali), Franco Grottanelli, Attilio Viriglio (direttore del Museo della Montagna, autore di biografie e racconti di montagna), il Conte Carlo Toesca di Castellazzo (alpinista che per un quarto di secolo svolse l’incarico di presidente dell’Unione Escursionisti di Torino),Giuseppe Lampugnani (autore con i fratelli Giovanni Battista e Giuseppe Fortunato Gugliermina del volume “Vette”sulle ascensioni nei gruppi del Rosa, Cervino e Monte Bianco dal 1896 al 1921 ) e Ugo De Amicis, autore di racconti e alpinista il cui impegno letterario patì il confronto con la fama del padre Edmondo, celebre autore di Cuore. Tra i primi soci illustri che aderirono all’associazione non va dimenticato Luigi Amedeo di Savoia, il Duca degli Abruzzi. L’esponente della casa reale, notissimo esploratore, in poco più di un decennio, tra il 1897 e il 1909, compì le celebri spedizioni in Alaska, al Polo Nord (a bordo della “Stella Polare”) e le ascensioni sulle vette delle Alpi e sulle più alte montagne d’Africa e Asia. L’attività del GISM, grazie agli autorevoli frequentatori delle montagne, pose in risalto gli ideali dei pionieri, da Quintino Sella in poi, inculcando nei giovani soprattutto l’amore per le vette e vallate alpine. Un impegno culturale svolto attraverso articoli sulle riviste specializzate, pubblicazione di volumi in apposite collane come “La picozza e la penna”, ideata e promossa da Adolfo Balliano, editando dal giugno del 1943 un proprio mensile intitolato semplicemente “Montagna”, utile e funzionale per dar voce ai soci dell’associazione. Lo scarno statuto originario venne modificato precisando le categorie dei soci fondatori ordinari e simpatizzanti (o aggregati) e la sigla GISM (Gloriae Itinera Super Montes) venne interpretata come associazione di persone che ai monti dedicano attività artistica e culturale (scrittori, pittori, architetti, fotografi, giornalisti) e cioè gruppo di letteratura arte e cultura alpina. L’attività del sodalizio si intensificò e la lista dei soci, a riprova dell’eco positiva che l’iniziativa stava riscuotendo nell’ambiente culturale alpino, si arricchì con le adesioni dell’Abate Henry ( come socio onorario), di Dino Buzzati (giornalista e autore di Barnabo delle montagne, Il segreto del bosco vecchio, Il deserto dei Tartari) e dell’alpinista Piero Ghiglione (scrisse Dalle Ande all’Himalaya e Le mie scalate nei cinque continenti), il saggista esperto in toponomastica Giovanni De Simoni, il poeta Giovanni Bertacchi, il giornalista e autore della Guida sciistica del Sestriere Guido Tonella. Il GISM annoverò tra i suoi aderenti anche le autorevoli firme di Camillo Giussani, Sandro Prada, Aurelio Garobbio, Gaspare Pasini, l’ingegner Giovanni Bertoglio (redattore della “Rivista mensile” del CAI dal 1953 al 1976 e presidente della Biblioteca Nazionale del Club alpino), Stefano Soardi (tra i fondatori dell’Unione Giovani Escursionisti Torinesi), lo scrittore canavesano di Montalto Dora Salvator Gotta, autore del celebre romanzo per ragazzi “Piccolo alpino” e, più tardi, lo scrittore e alpinista Cesare Maestri, il “ragno delle Dolomiti”. A Macugnaga, ai piedi della parete Est del Monte Rosa, la più alta delle Alpi, il piccolo cimitero degli alpinisti accanto alla Chiesa Vecchia ospita una grande lapide con gran parte dei nomi dei soci scomparsi del GISM. Decine e decine di nomi famosi tra scrittori e amanti della montagna come Giulio Bedeschi ( autore di “Centomila gavette di ghiaccio”),Carlo Passerin d’Entreves, il compositore torinese Leone Sinigaglia che fu vittima dell’Olocausto, Gianni Aimar (giornalista torinese, autore di varie opere sul celebre “re di pietra” e sulla gente del Monviso), alpinisti come Cesarino Fava e Riccardo Cassin, uno dei più forti scalatori del Novecento, l’etnologo e scrittore Fosco Maraini. Sotto il portichetto, in basso, riposano anche i resti di Ettore Zapparoli, scrittore e musicista che il grande scalatore Emilio Comici definì “l’unico vero alpinista solitario”. Zapparoli, anch’esso socio del GISM, scomparve durante un’ascensione sul Rosa nell’agosto del 1951. Il suo corpo non venne ritrovato fino all’estate del 2007 quando vennero alla luce un femore, alcune costole, un dito e dei brandelli di abiti che l’esame del Dna attribuì allo sfortunato rocciatore lombardo, amico di Dino Buzzati e Guido Rey. Dalla nascita del Gruppo Scrittori Italiani di Montagna sono trascorsi più di novant’anni, nelle sue file sono passati gran parte dei nomi più illustri dell’alpinismo e della cultura italiana, impegnati nel dar voce alla bellezza, ai silenzi e ai valori delle montagne. In conclusione è giusto ricordare, tra le figure più significative, Spiro Dalla Porta Xydias, scomparso nel 2017 a quasi cent’anni, per più di trenta presidente del GISM e Accademico del Club Alpino Italiano. Era nato a Losanna da genitori triestini e greci il 21 febbraio 1917, nello stesso giorno di Emilio Comici, anch’esso triestino. In qualche modo Spiro si sentiva l’erede spirituale del più grande talento alpinistico nel periodo compreso tra le due guerre. Affermava che “l’arte ha il difetto di innalzare solo lo spirito, l’alpinismo innalza tutto l’essere umano, compreso il suo corpo. La montagna ti offre il concetto dell’alto, dell’avvicinarsi al cielo. È una via e in questo senso è un dono”. Se il GISM continuerà a produrre cultura, a sostenere la conoscenza della montagna e dei valori che rappresenta, immaginandone un futuro possibile è anche grazie a tutto il lavoro e alle esperienze manifestatesi nell’arco dei decenni per far comprendere quanto le montagne hanno da offrire.
Marco Travaglini
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Raynor Winn “Il sentiero del sale” -Feltrinelli- euro 19,00
Il destino si accanisce, con la sua artiglieria più pesante, sulla coppia protagonista di questa storia vera; vissuta e scritta da Raynor Winn, che oggi vive in Cornovaglia con il marito Moth. Insieme hanno percorso la lunga costa sudoccidentale della Gran Bretagna: a piedi, camminando per intere giornate, dormendo in tenda sotto il cielo asciutto o scrosciante, su spiagge esposte alle tempeste e alle maree.
Raynor e Moth sono una coppia consolidatissima e unita; cresciuti insieme, respirano uno grazie all’altro, sono indivisibili, anche di fronte al disastro. Per ingenuità e fiducia mal riposta in quello che riteneva un amico, Moth ha fatto investimenti sbagliati che l’hanno rovinato. Lui e la moglie si ritrovano in tribunale a difendersi da soli, senza possibilità di ottenere giustizia.
Hanno perso tutto. I risparmi di una vita e soprattutto la fattoria nel Galles, che avevano ristrutturato insieme, dove avevano vissuto per 32 anni e cresciuto due figli. Era la loro unica fonte di sostentamento, con gli animali e gli ospiti paganti. Adesso è stata pignorata e si ritrovano sul lastrico, costretti ad andarsene nel giro di pochi giorni, senza i soldi per sopravvivere, né un tetto sulla testa. Ma la disgrazia non finisce qui.
Moth da tempo è dolorante e bloccato nei movimenti; dopo una via Crucis attraverso svariate diagnosi, c’è il verdetto dell’ultimo luminare consultato, ed è nefasto. Una sentenza di morte, lenta ma inappellabile perché gli viene diagnosticata una rara malattia degenerativa dell’encefalo che l’avrebbe distrutto poco a poco nel corpo, nella mente e infine fatto morire soffocato. Nessuna cura possibile, solo l’attesa infernale.
Il mondo crolla addosso ai due «Quella non era la vita di Moth; era la nostra vita. Noi eravamo uno, eravamo fusi, intrecciati l’uno nelle molecole dell’altro….esisteva solo la nostra vita» scrive Raynar.
Ed è così che decidono di avventurarsi verso un futuro incerto, zaino in spalla con lo stretto necessario e più leggero possibile, un budget di 10 sterline al giorno, una tenda e gambe in spalla per 1.013 chilometri lungo il South West Coast Path, il sentiero che si snoda lungo la costa occidentale della Perfida Albione. Da Minehead nel Somerset fino a Pole nel Dorset, attraverso Devon e Cornovaglia passando per l’estremità di Last end.
Il romanzo racconta questa loro seconda vita. Alle prese con fame, sete, una manciata di soldi, la vita all’aperto e dormire sotto il cielo, a difendersi dalla violenza della natura ma anche fondendosi con essa che sa regalare paesaggi e situazioni di una bellezza struggente. Loro due soli alla volta di un destino incerto e senza programmi. Un peregrinare che ha il profumo del riscatto, viaggio salvifico e lei che si sente comunque a casa perché era Moth la sua dimora. Ovunque andassero la natura del loro legame era più intatta che mai.
Nita Prose “La cameriera” -La nave di Teseo- euro 21,00
E’ un esordio riuscitissimo quello della canadese Nita Prose, 49enne che da anni è editor per Simon & Schuster (di cui è anche vicepresidente) ed ha lavorato con importanti autori. Vive a Toronto ed ora è passata dall’altra parte scrivendo il suo primo romanzo, subito catapultato in vetta alle classifiche dei best seller del “New York Times” e del “Toronto Star”.
“La cameriera” è in corso di traduzione in più di 35 paesi e diventerà anche un film interpretato da Florence Pugh (la bravissima interprete di Amy nel film “Piccole donne” di Greta Gerwig).
Il romanzo è in parte un mistery vecchio stampo con un’atmosfera gialla alla Agatha Christie, sapientemente miscelato ad una sorta di storia “Feel good” e un’antieroina che, da apparente perdente, finisce per vincere.
Protagonista-narratrice è la 25enne Molly, cameriera ai piani del Regency Grand Hotel di New York. Caschetto nero, gran lavoratrice, un po’ ingenua e truffata da un ex fidanzato. E’ maniaca di pulizia ed ordine, perfetta per il lavoro che svolge. Legata alla nonna che l’ha cresciuta ed educata, morta da poco, al ricordo della quale ricorre continuamente quando è in difficoltà.
Una mattina trova morto nel letto della sua suite il miliardario signor Blake. E’ il marito di Giselle, altra ospite dell’hotel con la quale ha fatto amicizia, tanto che la signora vuole solo lei.
Possiamo dire che sotto una certa luce quello della house keeping è un ruolo che ha parecchio in comune con l’investigare.
Noi non conosciamo gli angeli che ci rifanno il letto e il bagno; ma loro sanno moltissimo di noi. Quando mettono ordine nelle stanze di hotel e raccolgono brandelli di caos e bagagli semi aperti, riescono a interpretarlo, scoprendo cose anche segrete degli ospiti.
All’autrice l’idea della trama è scattata quando in un hotel londinese ha spaventato senza volerlo la cameriera che stava rassettando la sua stanza. In quel frangente si è resa conto di quanto fosse intimo e invisibile il lavoro di quella donna, e da lì ha iniziato a dare voce alla protagonista.
Molly è diventata amica e confidente della moglie del morto, sa che era un arido prepotente e che trattava malissimo la consorte. I primi sospetti cadono proprio su Molly che, per difendersi dall’accusa, finisce per rivelarsi un’investigatrice acuta nel notare anche i minimi dettagli, anche se non sempre riesce ad interpretarli in modo corretto ed è un po’ maldestra. Ma sarà lei a guidare noi lettori verso la soluzione del misfatto.
Eshkol Nevo “Le vie dell’ Eden” -Neri Pozza- euro 18,00
Sono tre storie di media lunghezza, solo apparentemente indipendenti tra loro, perché il collegamento lo rintracciamo man mano che scorrono le pagine.
Sono tre confessioni avvolte da un clima emotivo che le accomuna. Tre memorie difensive per fare luce su delitti diversi: un omicidio, un’accusa di molestie sessuali e una sparizione che fa pensare a un suicidio o a un delitto. Il loro principale trait d’union è il sottofondo generale di ben calibrate dosi di ambiguità e reticenza.
Protagonisti delle vicende sono persone comuni, due uomini e una donna -Omri, Ahser ed Heli- alle prese con figli, divorzi, delusioni, tradimenti, lavoro e la ricerca di una sorta di Eden nel quale rifugiarsi. Invece le loro vite finiscono nel vortice della bufera.
Il musicista Omri è coinvolto nel caso di uno strano incidente che ha provocato la morte di un giovane turista israeliano. L’aveva incontrato in Bolivia; si chiamava Ronen ed era in viaggio di nozze con Mor, donna la cui vita s’intreccia pericolosamente a quella di Omri .
Il dottor Asher Caro è un primario che rischia di perdere tutto, a partire dalla carriera, per aver sfiorato per sbaglio il seno della giovane specializzanda Liat. E forse più che un impulso irrefrenabile si tratta di un forte senso di protezione ….tutto da dimostrare.
Infine Heli si avventura con il marito Ofer nella solita passeggiata, poi lui entra in un frutteto e non ne esce più. Così lei precipita nell’occhio del ciclone delle ricerche e dei sospetti: la sua vita coniugale viene messa a ferro e fuoco e qualcosa verrà alla luce.
Tre storie e tre protagonisti che per difendersi sono costretti a scandagliare le loro vite, mettersi completamente a nudo, ripercorrere sentimenti, affetti, litigi, incomprensioni, segreti e non detti.
Al centro ci sono i complessi rapporti umani. Sotteso a queste vicende è il disperato affanno di dire una volta per tutte la verità, come si sono svolti i fatti. Ma quanto sono attendibili le versioni di chi sta per vedere naufragare la propria vita?
Il 51enne scrittore israeliano – nipote dell’ex Primo ministro Levi Heshkol (dopo Ben Gurion e prima di Golda Meir) considerato uno dei padri fondatori dello Stato d’Israele- si riconferma abilissimo nell’infilarsi nelle menti dei personaggi; instilla nel lettore il dubbio, portandolo a chiedersi se il personaggio stia dicendo il vero oppure manipoli i fatti di fronte alla prospettiva di perdere tutto.
Arianna Farinelli “Gli ultimi americani” -Mondadori- euro 18,50
La scrittrice, nata a Roma nel 1975 e trasferitasi negli Usa nel 2001, in questo romanzo porta a galla contraddizioni e difetti della leggendaria New York; quella che nell’immaginario collettivo sembra il centro di un mondo affascinante, mentre sotto la superficie si annidano anche parecchie incongruenze.
Protagonisti della storia sono Alma, aspirante scrittrice che collabora con un quotidiano italiano, uno scrittore che è figlio di un ricco uomo d’affari colombiano che ha chiesto asilo politico in America e sua moglie Lola, immigrata clandestina dalla Colombia.
I fatti si svolgono a New York, ma arrivano da un passato lontano, che risale ai paesi di origine dei personaggi.
Alma è scappata da un quartiere povero e difficile della periferia romana; da anni si è trasferita negli Stati Uniti, è divorziata ed alquanto insicura. Una sera, nel corso di un reading, conosce lo scrittore diventato famoso, che è in compagnia della moglie Lola. E’ l’avvio di un triangolo attraverso il quale ci conduce la scrittrice in modo coinvolgente.
Lo scrittore e Lola sono cresciuti insieme nell’azienda colombiana del padre di lui, ricco possidente ben introdotto nella politica del paese. La madre, donna instabile e fragile, invece ha origine tedesche ed è figlia di un nostalgico del regime nazista che rimpiange la Germania di Hitler e disprezza il paese che lo ospita. Lo scrittore è figlio unico, cresciuto nella ricchezza e nel lusso della fazenda paterna dove la madre di Lola svolgeva la mansione di governante.
Da amici d’infanzia, lo scrittore e Lola -che alla notevole bellezza unisce forza interiore, indipendenza e una mente particolarmente vivace- crescendo si trasformano in innamorati. Poi le loro vite si erano separate, ma non si erano dimenticati l’uno dell’altra e del loro legame profondo.
Anni dopo si erano ritrovati a New York, dove lui, rifugiato politico, era diventato scrittore di successo e fama. Lola invece è un’immigrata clandestina.
Il legame che si sviluppa non è solo quello tra Alma e lo scrittore che diventano amanti occasionali, ma anche quello tra l’italiana e Lola.
Due donne diverse con background differenti, ma entrambe approdate e ancorate a New York. In comune hanno un passato permeato di violenza: Alma quello in un quartiere difficile, per Lola invece una Colombia travagliata.
Tra di loro l’alchimia nasce spontanea e, nonostante condividano lo stesso uomo, si riconoscono in parte anime affini. Si intendono profondamente e vanno avanti insieme, ben oltre il rapporto che le lega allo scrittore. Sullo sfondo c’è la strenua ricerca di un luogo da eleggere meta finale, cercando di superare traumi e dolori del passato.
“La metamorfosi silenziosa. Torino era anche così” è il titolo del libro di Salvatore Tropea, che ha vissuto e raccontato la sua città negli anni, percorrendo in lungo e in largo, vedendola gradatamente mutare e potendo notare i piccoli cambiamenti di cui molti, forse, non si sono resi conto e che i più giovani non possono percepire.
Chi oggi passeggi per le vie di Torino osserva una città dove tutto appare al suo posto, dalle strade alle piazze. Eppure c’è qualcosa che risulta modificato da una metamorfosi silenziosa che ha coinvolto corso Marconi 10, la roccaforte della Fiat, gli spazi dell’informazione e della politica, sia ufficiale, sia non, luoghi di cultura e di piacere, disseminati in tutta la città.
È stato un gioco rimettere a posto le tessere di un mosaico che non ha la pretesa di una ricostruzione storica, ma vuole offrire uno sguardo attraverso il tempo per raccontare la vita di alcune parti di Torino. E risponde alla curiosità di leggere una città, intercettandone la direzione di sviluppo, gli orientamenti, gli umori e le abitudini.
Mara Martellotta
Rubrica settimanale a cura di Lura Goria
Mazo de la Roche “Il padrone di Jalna” -Fazi- euro 18,00
Ecco il quarto capitolo della saga di Jalna, di Mazo de la Roche, (dopo “Jalna”, “Il gioco della vita” e “La fortuna dei Finch”) in cui la scrittrice canadese -di enorme successo negli anni Trenta- ha narrato la storia della famiglia Whiteoak proprietaria della vasta tenuta in Canada. Una delle saghe più famose della letteratura del 900.
Ora, dopo la morte della matriarca Adeline, la famiglia rischia di perdere tutto.
A dirigere il clan è Renny che ha preso in mano le redini della famiglia e della tenuta, nella quale vivono i 3 zii anziani, fratelli e sorelle con le rispettive famiglie. Un bel guazzabuglio di personalità diverse da gestire, tra rancori vecchi e nuovi, intrighi….insomma la commedia umana sciorinata in una delle saghe più intriganti di tutti i tempi.
Renny si trova a fronteggiare, prima di tutto, la penuria di denaro; poi a tormentarlo c’è la decisione dell’amministrazione locale che, per ampliare la strada, ha deciso di abbattere le querce secolari al confine della tenuta. Quegli alberi sono il simbolo di Jalna e Renny intende proteggerli a qualsiasi costo.
Ma i problemi non si limitano a questo. La sua natura di donnaiolo sta mettendo parecchio in crisi il suo rapporto con Alayne; per di più si scontrano sull’educazione della figlia Adeline. La ragazza ha ereditato la tempra dell’omonima nonna e dà parecchio filo da torcere.
Ma queste solo alcune delle questioni che vi coinvolgeranno in una lettura appassionante.
Roy Jacobsen “Gli invisibili. Saga dei Barrøy” -Iperborea- euro 18,00
E’ il primo volume della quadrilogia che il pluripremiato scrittore norvegese ha dedicato alla storia di una famiglia di pescatori che vivono su un’isola minuscola a sud delle Lofoten.
Jacobsen, che è anche sceneggiatore e autore di libri per bambini, è uno dei più importanti scrittori norvegesi contemporanei ed è stato in lizza tra i finalisti dell’International Booker Prize nel 2017.
La saga narra la storia di tre generazioni di una famiglia di pescatori alle prese con la vita difficile e la sopravvivenza, a partire dall’inizio del secolo scorso. Vivono su una sperduta, minuscola isola, una delle migliaia che spuntano dal mare al largo delle coste norvegesi dello Helegeland, a sud delle isole Lofoten.
E’ su quell’impervio fazzoletto di terra brulla che vivono i Barrøy: hanno lo stesso nome dell’isola e sono gli unici abitanti di quello spazio.
Ci sono il vecchio Martin e la moglie Maria –donna inquieta che arriva da un’altra isola e rimane sempre un po’ estranea-. I figli Hans e Barbro, folle e coraggiosa, l’unica a fuggire davvero. E poi la piccola Ingrid che cresce in questa realtà, dove scorrazza impavida alla scoperta delle meraviglie possibili su una lastra di ghiaccio, incurante del pericolo in agguato.
Un microcosmo di creature la cui vita è poco più che sussistenza: poca terra coltivabile, esigui pascoli per il bestiame, la pesca solo quando le tormente, gli uragani e le tempeste di neve e ghiaccio lo consentono.
Un nucleo in cui i ruoli sono precisi e ben definiti: gli uomini a pescare, le donne, Maria e Barbro, invece riparano le reti da pesca, raccolgono le uova di edredone, cucinano il poco che hanno.
E’ la natura gigantesca e potente che qui fa da sovrana, domina le loro esistenze e non fa sconti. Orizzonte sconfinato, silenzio, paesaggi che mutano con il volgere delle stagioni scandiscono vita e occupazione dei Barrøy. E balza agli occhi il fortissimo contrasto tra uomo e natura.
Eppure il legame della famiglia con l’isolotto è simbiotico, un cosmo in miniatura dove la lotta per la sopravvivenza non concede tregua. I personaggi nutrono l’inconfessabile desiderio di andarsene verso lidi più ospitali; l’idea della fuga però resta un sogno, perché il legame con l’isolotto è più forte di tutto il resto, una sorta di idillio che nulla può scalfire.
Ayesha Harruna Attah “Zainad conquista New York” -Marcos Y Marcos- euro 18,00
E’ il terzo romanzo della scrittrice ghanese Ayesha Harruna Hattah, una delle voci più interessanti della narrativa africana contemporanea. Racconta le peripezie di una giovanissima immigrata di colore, appena 20 anni e tanti sogni nel cassetto.
Vuole diventare disegnatrice di fumetti e dare vita ad una propria graphic novel a New York, città che la fa sentire al centro della vita. Mentre la sua famiglia rimasta in Ghana vorrebbe per lei un percorso più tradizionale, Zainad ha deciso di seguire uno stage estivo in America, per poi frequentare i corsi alla School of Visual Arts di New York. Così plana nella sfolgorante Big Apple…..dove non tutto luccica come potrebbe sembrare.
Allora seguiamo Zainab che vaga alla ricerca di una casa. Impresa complessa, che si scontra subito con un materasso pulcioso nella stanza che avrebbe dovuto affittare per ben 500 dollari, e dalla quale fugge con una scusa prima ancora di aver disfatto il bagaglio.
Il sogno americano si rivela piuttosto complicato da realizzare e le difficoltà intralciano continuamente il suo cammino.
Le case in affitto non sono quelle promesse dalle agenzie, lo stage è più noioso di quello che pensava e, poiché siamo nel 2006, la tragedia delle Torri Gemelli ha accentuato il clima di sospetto nei confronti degli stranieri. Ma Zainab non molla e passa da una sistemazione all’altra, a partire dall’ospitalità angusta di parenti nel Bronx.
La bellezza del romanzo alberga soprattutto nel continuo dialogo interiore tra Zainab e le voci di tre sue antenate che sente rimbombare nella testa e l’accompagnano nell’avventura.
Sono la trisnonna Jamila, la bisnonna Zeina e la nonna Mma Fati, che le parlano, la consigliano, la guidano, la sgridano all’occorrenza e soprattutto la ispirano continuamente. Tre voci potenti che si avvicendano nella sua testa fin dai primi passi sul suolo straniero.
E al di là degli incontri, delle soluzioni, e delle amicizie che stringerà Zainab, il romanzo diventa un affascinante spaccato di vita della giovane; arricchito dalle voci del passato che ci danno la misura della potenza della tradizione, ma anche del cammino verso l’emancipazione. Voci ancestrali che ricompattano storia familiare, nostalgie, malinconie e tanto altro ancora.
Julia Chapman “Appuntamento con la morte” -Neri Pozza- euro
Julia Chapman è lo pseudonimo di Julia Stagg, conosciuta autrice britannica di romanzi gialli; questo è il primo capitolo della serie poliziesca “The Dales Detective Series”, articolata in 7 volumi, ambientata nelle verdi e apparentemente tranquille colline dello Yorkshire, nel cuore dell’Inghilterra.
La storia si svolge nel villaggio di Bruncliffe, che in realtà non esiste; l’autrice ha volutamente inserito uno spicchio di finzione nel mezzo di una vera mappa, perché il mondo in cui è ambientato il giallo è reale.
Il piccolo paese ha un passato di prosperità industriale, ma ora le fabbriche sono dismesse e parecchi posti di lavoro andati in fumo. La comunità si è rinserrata in se stessa, tutti sanno tutto degli altri, le notizie corrono veloci di bocca in bocca, nulla sfugge e si guarda sempre con sospetto chi non ne fa parte.
Su questo sfondo si dipana la trama gialla, con morti sospette e un’improbabile coppia di detective a svolgere le indagini.
Lì vive e si arrabatta come può Delilah Metcalfe, esperta informatica che cerca di guadagnarsi da vivere con un’agenzia di appuntamenti online, “La Dales Dating Agency” DDA. Però gli affari non vanno per niente bene e lei è sempre a contrattare con la banca per ottenere dilazioni nei pagamenti. Non le resta che affittare un piano del caseggiato, così da ricavare almeno un’entrata fissa.
Ed ecco che a scuotere la sonnolenta cittadina arriva su una moto rombante una sorta di figliol prodigo, è Samson O’Brien, cresciuto a Bruncliffe, con alle spalle un passato turbolento e un padre alcolizzato.
Samson aveva lasciato la cittadina oltre 10 anni prima, ora è un ex agente di Scotland Yard sotto copertura, ma sospeso dal servizio e in attesa di sapere se può tornare alla sua vita londinese oppure se deve reimpostare il suo futuro.
Nel frattempo ha deciso di tornare a casa ed aprire un’agenzia investigativa. Quando Delilah scopre che il suo affittuario è lui, la cosa non le aggrada per nulla. I due si conoscono da sempre, sono cresciuti insieme, ma tra loro non correva buon sangue ed anche ora abbondano incomprensioni e battibecchi.
Fin qui la parte più divertente, ma la morte è al centro della trama. Viene scoperto il corpo senza vita di Richard Hargreaves, falciato da un treno sotto il quale sembra si sia buttato di sua volontà. Suicidio o meno, era un cliente della DDA, dunque pessima pubblicità per gli affari di Delilah.
Poi, in fondo a Gordale Scar viene trovato anche il cadavere di Martin Foster, altro cliente della ragazza. E un terzo morto è in arrivo. Tutti e tre avevano partecipato alla stessa serata di speed-date….quali donne avevano scelto?
A Delilah non resta che chiedere l’aiuto di Samson e vedremo dove li condurranno le indagini….in pagine intriganti, ma senza troppo orrore e nel solco della migliore tradizione del giallo inglese.
Qualche anno fa diceva di volere diventare “poeta professionista” un po’ per scherzo, un po’ no. Oggi, dopo 12 libri pubblicati, una miriade di reading e poetry slam con cui ha fatto il giro di tutta Italia, un podcast “Amare Male” (edito Chora) da cui è tratto il suo ultimo libro (edito Rizzoli), Guido Catalano “poeta professionista” lo è diventato veramente. Classe 1971, nasce a Torino, città dove vive attualmente e a cui è particolarmente legato tanto da renderla protagonista di diverse sue poesie. Nel 2015, Guido diede vita ad un blog, primissima vetrina dei suoi versi, costruendosi una credibilità online e offline. Oggi, oltre ai libri e agli spettacoli, Catalano usa i social come strumento di diffusione dei suoi componimenti poiché le poesie, sopratutto quelle brevi, sono “come una canzone: pura condivisione. Per cui sono perfette per piattaforme del genere”. Al Salone Internazionale del Libro di Torino, oltre alla presentazione del suo romanzo, ha affiancato il cantautore e musicista torinese Bianco all’ evento “Ticket to read”. Si è parlato di “cuori selvaggi” (titolo scelto per l’ edizione 2022 del Salone), di poesia, musica e ovviamente d’amore.
Oltre ad essere “un poeta professionista vivente”, come ami simpaticamente sottolineare, sei diventato anche un podcaster per la squadra di Chora con “Amare male”. Rispondendo alle missive degli utenti dal cuore infranto hai fornito “un servizio gratuito per chi soffre le pene d’amore”. Cosa ti ha dato questa esperienza che- di fatto- è una nuova forma di racconto della realtà?
Il podcast è stata un’esperienza bellissima. Raccontare delle cose senza essere visto, come succede alla radio, mi piace. Anche perché ho un’ idiosincrasia con le telecamere. Il podcast mi da maggiore libertà espressiva perché mi permette di essere ciò che voglio e, addirittura, di vestirmi come preferisco. Anche in mutande, ma non l’ ho mai registrato così.
Dici che le telecamere ti imbarazzano, ma tu parli spesso davanti al pubblico. Come vivi questo rapporto?
Probabilmente è dettato dal mio desiderio di farmi vedere perché diversamente sopporterei l’idea di recitare davanti a 100/200 persone. Fin da ragazzino, quando ho iniziato cantando in un gruppo, esprimevo in questo modo il mio bisogno di teatralità, malgrado io sia una persona timida. Spesso le persone che fanno spettacolo hanno questa caratteristica e utilizzano lo spettacolo per superarla. Per me il palco e il rapporto con la gente sono stati fondamentali per raccontare quello che scrivevo. Quando ho iniziato nessuno mi pubblicava e non esistevano i social: è stato naturale, per me, cercare il contatto con il pubblico dal vivo.
A proposito di timidezza, si dice che i timidi “apprendano” dal mondo e della vita di più di altri proprio grazie a questa loro modo di essere. Quanto è stata utile nel tuo caso?
Mi piace molto questa citazione perché i timidi guardano la vita e ascoltano in modo diverso e, così facendo, parlano più degli estroversi. Questa caratteristica è stata fondamentale per la mia scrittura. Infatti mi trovo continuamente ad ascoltare quello che succede intorno a me. La mia ispirazione viene, spesso, dalle conversazioni sentite al bar e dai dialoghi delle persone che mi circondano.
Da questo ascolto attivo è nato anche il tuo ultimo libro “Amare male”. I tuoi titoli sono sempre ironici. Cosa c’è dietro in questo caso?
E’ un titolo quasi paradossale perché da molto tempo non mi succedeva di essere felice in amore come lo sono ora ma ho ugualmente deciso di intitolarlo così. Parla della mia attuale relazione che è felice, ma anche della storia di tanti altri. E così torniamo al tema dell’ ascolto: a me piace la vita della gente, ho piacere a sentire i loro racconti. Non mi dispiacerebbe fare “l’intervistatore” delle persone. Alla luce di tutto questo, nel libro si parla di amare male ma anche di amare molto bene.
Esiste, quindi, l’amore felice che tutti cercano ma pochi trovano?
Sì esiste e va cercato. Sicuramente la fortuna ha un ruolo ma, come dicevano gli antichi, aiuta gli audaci.
Prima di venire al Salone Internazionale del Libro, hai presentato l’ultimo disco di Willie Peyote al PeyoteMes. Siete l’esempio di due torinesi che ce l’hanno fatta. Tu hai sempre detto che Torino è una città non facile in cui affermarsi perché “a Torino non si scherza un cazzo”. Questa formazione sabauda, così rigida e austera, ti ha aiutato nella tua carriera?
Penso di sì, perché Torino è come una palestra di vita dove fai un po’ più fatica rispetto a Milano e a Roma. Per questo dico che, se riesci qui, nel resto d’Italia sarà in discesa: Torino è una città difficile per gli artisti o la gente che fa il mio lavoro dal momento che non ci sono molte possibilità: qui ti fai i muscoli.
Valeria Rombolà
I tre libri più letti e discussi in questo mese di maggio nel gruppo FB Un libro tira l’altro, ovvero il passaparola dei libri sono il saggio Medioevo Sul Naso, di Chiara Frugoni, un ottimo consiglio per conoscere le opere di questa studiosa da poco scomparsa; il classico Lonesome Dove, di Larry McMurtry che fa rivivere le atmosfere del West; La ladra di parole, di Abi Daré un vero inno all’ istruzione come antidoto alla povertà e un vero messaggio di speranza.
Torna dal vivo l’appuntamento che riunisce gli iscritti al Gruppo Facebook Un Libro Tira L’Altro Ovvero Il Passaparola Dei Libri: martedì 28 giugno alle ore 21 presso il Caffè Letterario Le Murate, Firenze, si potrà incontrare i protagonisti di questa ormai celebre avventura telematica, con dirette e interviste. Come ormai tradizione, il momento centrale della manifestazione sarà il Passalibro: per partecipare basta portare un libro da scambiare con gli altri! Segnalate la vostra eventuale partecipazione QUI
Questo mese la redazione di Novità in Libreria ha intervistato Francesca Ceccherini che torna in libreria con Ho Incontrato L’Amore Vero (Porto Seguro, 2022); Andrea Scurosu, torinese, che ha pubblicato in modo autonomo l’antologia di racconti Impolverati Racconti Dalla Soffitta (Youcanprint, 2022) su temi quali la guerra, l’ecologia, l’infanzia e la storia più recente del nostro paese; Riccardo Gandolfi, saggista e poeta, che ha da poco esordito nella narrativa con il romanzo La Regina, La Torre, L’Alfiere (Porto Seguro, 2022); Leonardo Alessandro Tridico, di nuovo in libreria con Aldo Moro e la Giovane Italia (Autopubblicazione) offre ai lettori l’occasione di rivivere, attraverso le pagine, la storia della giovane Italia repubblicana.
questo mese è tutto, vi invitiamo a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
ovvero il passaparola dei libri sono il saggio Medioevo Sul Naso, di Chiara Frugoni, un ottimo consiglio per conoscere le opere di questa studiosa da poco scomparsa; il classico Lonesome Dove, di Larry McMurtry che fa rivivere le atmosfere del West; La ladra di parole, di Abi Daré un vero inno all’ istruzione come antidoto alla povertà e un vero messaggio di speranza.
Torna dal vivo l’appuntamento che riunisce gli iscritti al Gruppo Facebook Un Libro Tira L’Altro Ovvero Il Passaparola Dei Libri: martedì 28 giugno alle ore 21 presso il Caffè Letterario Le Murate, Firenze, si potrà incontrare i protagonisti di questa ormai celebre avventura telematica, con dirette e interviste. Come ormai tradizione, il momento centrale della manifestazione sarà il Passalibro: per partecipare basta portare un libro da scambiare con gli altri! Segnalate la vostra eventuale partecipazione QUI
Questo mese la redazione di Novità in Libreria ha intervistato Francesca Ceccherini che torna in libreria con Ho Incontrato L’Amore Vero (Porto Seguro, 2022); Andrea Scurosu, torinese, che ha pubblicato in modo autonomo l’antologia di racconti Impolverati Racconti Dalla Soffitta (Youcanprint, 2022) su temi quali la guerra, l’ecologia, l’infanzia e la storia più recente del nostro paese; Riccardo Gandolfi, saggista e poeta, che ha da poco esordito nella narrativa con il romanzo La Regina, La Torre, L’Alfiere (Porto Seguro, 2022); Leonardo Alessandro Tridico, di nuovo in libreria con Aldo Moro e la Giovane Italia (Autopubblicazione) offre ai lettori l’occasione di rivivere, attraverso le pagine, la storia della giovane Italia repubblicana.
Per questo mese è tutto, vi invitiamo a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
IL NUOVO LIBRO DI GIULIANO VERGNASCO
Sono state sede di mercati, rivolte e grandi eventi, sono state costruite per volere del sovrano oppure sono figlie di scelte urbanistiche, hanno visto la città trasformarsi innumerevoli volte, ingrandirsi e rimpicciolirsi, salire sul proscenio della storia e rimanere nascosta.
In questo libro si ripercorre la storia del capoluogo piemontese attraverso di esse legando a ognuno di questi luoghi curiosità, notizie e particolarità, passando dalle piazze che non lo sono, da quelle in cui il nome popolare ha cancellato quello ufficiale e così via.
Un viaggio, illustrato da oltre 500 fotografie, che coinvolge tutta la città, dal centro alla periferia, passando dalla Torino barocca dei nobili e dei re a quella del popolo e del lavoro, andando alla ricerca di fatti, storie e personaggi.
L’autore: Giuliano Vergnasco è nato il 10 marzo 1967 a due passi da Piazza Statuto. È da sempre appassionato di storia, in particolare quella di Torino. È collezionista di libri, guide, cartine e fotografie della città. Gestisce il blog “Like a killer in the sun”, nel quale parla di politica, attualità, sport, cucina e di libri. Ha pubblicato con Loredana Cella “Piazza Statuto e Porta Susa” (Graphot, 2012) e ha partecipato alle raccolte di racconti “Barriera stories” (Graphot, 2021) e “A Torino Centro” (Edizioni della Sera, 2022).
Piazze, larghi e rondò – Un viaggio nel tempo e nella storia di Torino (Graphot, 2022)
Erano le 21:45 quando la Costa Concordia naufragava nelle acque gelide dell’ arcipelago toscano nei pressi dell’Isola del Giglio in una fredda notte del 13 gennaio del 2012, impattando contro gli scogli delle “Scole” e riportando una falla lunga 36 metri sul lato sinistro della carena.
Qualche ore dopo, il gigante marittimo- dal valore stimato di 450 milioni di euro- si inclinava sul lato di dritta, con uno sbandamento prossimo ai 90°, naufragando definitivamente a 00:42.
La Costa Concordia è stata la più grande nave della Marina Mercantile italiana, assumendo il ruolo di ammiraglia fino al 2007. Il suo ultimo viaggio era iniziato a Savona con a bordo 4.229 persone (di cui 3.216 passeggeri e 1.013 membri dell’equipaggio). La crociera “Profumo d’Agrumi” prevedeva una rotta dislocata su tutto il Mediterraneo passando da Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo, Civitavecchia per concludere la rotta proprio nella città di partenza, Savona.
Durante quella tragica notte di dieci anni fa, moriranno 32 persone, di cui 27 passeggeri e 5 membri dell’equipaggio diversi per età e nazionalità.
Per omaggiare e raccontare la vita e l’intreccio tragico e magico dei destini delle persone a bordo, Pablo Trincia- autore televisivo e giornalista- scrive e legge “Il dito di Dio” podcast originale Spotify. Lo abbiamo incontrato al Salone Internazionale del Libro a Torino dove ha letto e raccontato alcune storie tratte del suo ultimo libro “Romanzo di un naufragio” (Einaudi editore), sequel letterario del podcast.
Uno dei grandi protagonisti di questa tragica storia è stato l’assurdo e misterioso incrocio dei destini delle persone presenti a bordo. Quanto è stato importante questa tematica nello sviluppo narrativo del podcast prima e del libro poi?
Il destino nella storia della Costa Concordia è tutto: è lo scheletro che regge il racconto. Infatti, ogni persona che presente quella notte sulla nave, ci è finita per uno strano intreccio di date, eventi e coincidenze. Questo è l’elemento dominante della narrazone. Tutti abbiamo un destino, ma quando finisci in quelle situazioni ti domandi “perchè proprio io sono arrivato in quel posto a quella determinata ora?”.
I destini delle vite dei passeggeri della Concordia sembra essersi intrecciati anche dopo quella tragica notte. Quanto è stato complesso per te raccontare il prima e il dopo delle vite dei protagonisti – inconsapevoli – di quella tragedia?
Molto, ascoltare le vicende delle persone presenti sulla nave è stato difficile. Mi sono trovato a commuovermi più di una volta, però è anche bello quando il racconto diventa così intenso.
L’altro grande protagonista di questa storia è stato il Comandante Francesco Schettino. Hai sottolineato la difficoltà di “mettersi nei panni” di un soggetto che ha compiuto le azioni che tutti conosciamo, per garantire una lettura più oggettiva possibile. Quanto è stato complesso distaccarsi da un giudizio morale su di lui? Pensi di esserci riuscito?
Sì, penso di averlo raccontato senza giudizio ma semplicemente narrando i fatti. Non mi sono messo a giudicarlo: lo aveva già fatto un tribunale oltre che tutto il mondo. L’ho semplicemente raccontato.
Passando all’iconografia della nave (un gigante da 290,20 metri di lunghezza e da 35,5 metri di larghezza), quali sono state le tue prime sensazioni quando hai visto le immagini di quel colosso riverso sul un lato e quasi completamente naufragato nelle acque dell’Arcipelago toscano?
Faceva impressione vedere delle immagini del genere in TV perché è qualcosa che non vedi abitualmente. Quando raccontavo la storia ho sempre cercato di tenerla a mente e l’ho guardato un sacco di volte. Inoltre ho cercato tutte le fotografie possibili perché volevo raccontarla bene. E’ un’immagine fortissima ed è anche il motivo per cui questa storia è rimasta così impressa nella testa delle persone.
La tua carriera da podcaster inizia nel 2017 con “Veleno”, inchiesta realizzata con la collaborazione della giornalista Alessia Rafanelli e narrata in sette puntate.
Trovo un legame tra quella storia e questa: il tragico destino che accomuna intere famiglie e le lega definitivamente. Sembra che tu sia particolarmente legato ai racconti che hanno come protagonisti le famiglie. E’ così?
E’ una domanda molto bella perché è vero. Mi piace l’idea di raccontare i nuclei familiari perché sono il primo mondo che abbiamo intorno a noi ed la prima cerchia di cui facciamo parte. Sono ricche di persone, caratteri e comportamenti che mi affascinano. Per la stessa ragione sono appassionato dalla letteratura latino-americana che ha come protagonista intere generazioni familiari tutte legate da un filo rosso. Quindi penso di avere una particolare propensione a questa tipologia di racconto.
Valeria Rombolà