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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Helga Flatland “Una famiglia moderna” -Fazi Editore- euro 18,00

Helga Flatland è una giovane scrittrice norvegese (nata nel 1984) da tenere d’occhio, perché questo romanzo – che nel suo paese è stato pubblicato nel 2017- ha vinto il Premio dei Librai Norvegese. E c’è da augurarsi che vengano presto tradotti in italiano anche gli altri suoi libri di successo (dei quali uno per bambini).
C’è chi l’ha definita l’Anne Tyler norvegese, altrettanto brava nello scandagliare luci e ombre di quel microcosmo che è la famiglia. Invece per stile di scrittura quasi cinematografico e decisamente scorrevole, oltre che per i temi trattati, rimanda alle atmosfere profonde e coinvolgenti di Ingmar Bergman.

La famiglia del titolo è composta da due genitori intorno alla settantina e i loro tre figli, Liv, Hellen e Häkon, ormai adulti e con le loro vite da gestire.
Il romanzo inizia con la vacanza in Italia organizzata dal padre, Sverre, che sta per compiere 70 anni e per l’occasione, dopo 20 anni, ha radunato tutta la famiglia; figli, loro consorti e nipoti.
Ed è proprio mentre sono tutti insieme nella casa sul litorale laziale che lancia la notizia bomba «Abbiamo deciso di separarci» e la madre rincara «…negli anni ci siamo allontanati l’uno dall’altra..».
E’ un autentico terremoto psicologico che mette in moto stati d’animo altalenanti, incapacità di comprendere una decisione tanto tardiva quanto irrevocabilmente definitiva. I tre figli della coppia si ritrovano completamente destabilizzati.
La Flatland sviluppa la narrazione e dimostra la sua bravura, dando voce, a turno, ai tre figli.
Ognuno ha la sua versione della vita familiare: ricordi, bisticci, gelosie, alleanze, attenzioni ricevute… il complesso groviglio della convivenza. Ognuno metabolizza a modo suo la separazione di quelli che erano stati i pilastri della loro infanzia, adolescenza e anche maturità; perché sembravano una coppia collaudata e solida intorno alla quale i figli avevano costruito il loro modo di intendere i rapporti familiari.

E man mano che Liv, Hellen e Häkon si aprono al lettore in monologhi interiori scopriamo molto delle loro vite di adulti, i loro problemi, le direzioni prese e quelle imprendibili, il loro modo di intendere il rapporto di coppia.
Da quello difficilissimo di Hellen che, al momento dell’annuncio paterno, sta affrontando il suo inferno personale; il desiderio suo e del marito di un figlio che però si perde tra aborti spontanei, tentativi meccanici ed estenuanti, inseminazione artificiale.
La vita matrimoniale di Liv, madre di Agnar e Hedda che assorbono il suo amore e le sue attenzioni. E infine il fratello minore e particolarmente coccolato, Häkon, che rifugge relazioni monogame e in qualche modo stabili.

 

Leila Slimani “E noi balliamo” -La nave di Teseo- euro 20,00
Leila Slimani nata in Marocco, a Rabat, nel 1981, è stata la prima donna marocchina a vincere il prestigioso Premio Goncourt con “Ninna nanna” nel 2016, ed è una delle voci femminili più interessanti nell’odierno panorama letterario.
“E noi balliamo” è il secondo volume di una saga familiare che racconta tre generazioni, dal 1946 ad oggi, tra Marocco, Francia e New York.
Nel precedente “Il paese degli altri” protagonisti erano i suoi nonni; mentre in questo entrano in scena i suoi genitori. Al terzo, sulla sua generazione, sta ancora lavorando.
Siamo nel 1968, a Meknes, dove il nonno marocchino Amin, talentuoso agronomo, è riuscito a trasformare una proprietà arida e difficile in una florida azienda agricola. La nonna alsaziana Mathilde lo ha conosciuto nel 1944, se ne è innamorata e lo ha seguito in terra straniera; ma si sente trascurata e spaesata in un paese che non è il suo.
Sono comunque dell’idea di godersi un po’ di più la vita dopo tanti sacrifici: Amin felice di essere stato ammesso al Rotary Club e ai ricevimenti della borghesia; mentre Mathilde reclama una piscina nel giardino di casa.
La nuova generazione è rappresentata dai due figli della coppia, Aȉcha e Selim. Lei da bambina ribelle pupilla del padre, ora è cresciuta e ha studiato medicina a Strasburgo; mentre il fratello che era un ragazzino biondissimo e magro, coccolato dalla madre, fa i conti con un padre col quale non c’è intesa e cerca di capire quale potrebbe essere il suo futuro.
Aȉcha al suo ritorno a Meknes inizia una relazione con il brillante studente di economia, Mehdi, mentre il fratello patisce il fallimentare rapporto con un padre che trova ingombrante e poco portato a capirlo.
Poi c’è un parterre di altri personaggi, ognuno di loro si muove in un Marocco indipendente ma diviso tra i valori arcaici, il passato coloniale e le tentazioni della modernità importata dall’occidente.
In questo romanzo le donne sono l’epicentro della vita emotiva e sociale della famiglia, e c’è anche il confronto tra, da un lato la libera e indipendente Aȉcha, che gode della possibilità di un lavoro che le procura anche rispetto; dall’altro sua madre Mathilde che non ha potuto studiare per colpa della guerra, e patisce il gap rispetto alla figlia della quale però è orgogliosissima.
Scorrono pagine in cui con sensibilità e bravura, Leila Slimani, mette a fuoco anche il confronto generazionale, con Selim e Aȉcha che stentano a capire i genitori.

 

A cura di Giulia Caminito e Paola Moretti “Donne d’America” -Bompiani- euro 20,00

Quando pensiamo alla letteratura americana tra 1850 e 1950 ci vengono subito in mente nomi tutelari come Melville, Twain, Faulkner, Hemingway e tanti altri, ma coniugati soprattutto al maschile. E nel frattempo le donne scrivevano? Di cosa, dove, come e quando, venivano considerate, erano pubblicate?
Parte da questa domanda l’egregio lavoro di Caminito e Moretti che sono andate alla ricerca di 18 autrici di quel secolo. Hanno ricomposto la mappa di donne di valore che però sono rimaste nelle retrovie della fama, sottovalutate, ignorate, senza diritti d’autore, spesso dimenticate.
La stessa domanda dovevano essersela posta nel 1973 le studiose Alice Walker e Charlotte Hunt che si misero alla ricerca della tomba dimenticata della scrittrice di colore Zora Neale Hurston. Per tutta la vita aveva scritto ma gli editori non le avevano mai pagato i diritti, lasciandola tanto indigente da non potersi nemmeno permettere un funerale; ci pensarono i vicini di casa che con una colletta le assicurarono almeno un misera fossa.
Questo è un caso emblematico della scarsa considerazione di cui beneficiavano le donne scrittrici negli anni in cui l’America veniva raccontata anche da loro, a cavallo tra due secoli in cui i cambiamenti furono importantissimi. Dalla guerra di secesssione all’abolizione della schiavitù (nel 1865, anche se la segregazione sarebbe durata altri 100 anni), dalla grande depressione agli anni del proibizionismo, passando per la battaglia per il diritto di voto femminile e l’emancipazione.
Un secolo in cui l’America crebbe e le donne erano lì a raccontare tutto, alcune otterranno una certa visibilità, ma le più faranno fatica.
In questa preziosa antologia troviamo racconti inediti in Italia, alcuni di autrici più conosciute, altri di donne di cui non abbiamo mai sentito parlare.
Si inizia con Djuna Barnes, nata in una capanna, poi passata per il Greenwich Village di New York e approdata a Parigi; Rebecca Harding che raccontò la vita delle donne nelle ferriere; Kate Chopin che rischiò di essere completamente dimenticata; e c’è anche un racconto della più nota Edith Wharton, vincitrice del Premio Pulitzer, ma conosciuta più per i romanzi che non per il suo lavoro in tempo di guerra e per i magnifici racconti.

Poi ci sono testi scovati dalle autrici in angoli seminascosti di donne che scrissero pagine mirabili con cui raccontarono le loro vite, i loro tempi, le loro passioni e delusioni; testimoni abili nel mettere nero su bianco la loro creatività e delle quali scopriamo i nomi in queste pagine. Perché si le donne c’erano e scrivevano, solo con molta più fatica degli uomini…..

 

Lucinda Riley “Delitti a Fleat House” -Giunti- euro 19,80

Il valore aggiunto di questo thriller -scritto e organizzato secondo la migliore tradizione giallista britannica- è anche nel fatto che sia l’ultimo lavoro della scrittrice irlandese stroncata da un tumore l’11 giugno 2021.
Lo ricorda nella prefazione il figlio primogenito della scrittrice che è stato uno dei coautori delle sue opere.

Lui è Harry Whittaker ed insieme hanno creato la fortunata saga per bambini “My Angels”. Scopriamo che “Delitti a Fleat House” è l’unico poliziesco scritto dalla Riley nel 2006, ma ancora mai pubblicato.
Lucinda Riley (nata nel 1966) aveva iniziato a lavorare come attrice di cinema, teatro e tv; il suo primo romanzo l’aveva dato alle stampe all’età di 24 anni. Da allora aveva inanellato una lunga sfilza di best seller; a fermarla è stato un maledetto cancro all’esofago diagnosticato nel 2017 e contro il quale ha lottato fino alla resa finale.

Dunque è con una certa emozione che entriamo nel cuore della vicenda ambientata nell’antico e monacale dormitorio di Fleat House della St. Stephen’s School, nella splendida campagna del Norfolk.
E’ lì che una figura misteriosa si aggira furtiva e sostituisce due pillole sul comodino della camera dell’alunno Charlie Cavendish. Quando il ragazzo rientra prende le solite pasticche contro l’epilessia di cui soffre da anni, ma in una manciata di minuti stramazza al suolo e muore.

Si pensa subito a una crisi epilettica che gli è stata fatale. Ma il padre di Charlie è un potentissimo avvocato londinese e pretende sia fatta un’autopsia.
Il risultato indica una traiettoria diversa da quella del caso.
Inoltre entriamo nella vita della vittima, rampollo viziato di una famiglia ricca e altolocata; con il padre, William Cavendish, in rotta di collisione con quel figlio che anziché seguire le orme dell’avvocatura era portato più al divertimento e allo scarso impegno.
Poi molto altro emergerà sul ragazzo, il bullismo nella scuola, i ruoli svolti da preside, insegnanti e responsabili vari, e verranno alla luce parecchi segreti legati al passato dei vari personaggi.

E’ solo la prima morte del romanzo, e sull’intricato caso viene chiamata a lavorare l’ispettrice Jazmine “Jazz” Hunter che ha lasciato da poco il suo lavoro per una disavventura personale che l’ha spinta a prendersi un anno sabbatico, e si è appena comprata un cottage a pochi chilometri dalla scuola pensando a una nuova direzione da dare alla sua vita.
Un’eroina bella, bravissima nel suo lavoro, acuta e intelligente, stimata da colleghi e superiori, ma incappata in un matrimonio sbagliato dal quale sta cercando di risollevarsi. E sarà lei a dipanare la complessa matassa di questo scorrevole crime, di cui ovviamente non anticipo altro…se non che avrete diversi colpi di scena a tenervi incollati alle pagine

Libriamoci: i libri… quelli forti

Oggi si è svolto, nella Biblioteca civica di Crescentino, l’evento “Libriamoci: i libri…quelli forti” promosso dall’Istituto “Calamandrei” nell’ ambito della settimana dedicata alla lettura nelle scuole. Gli allievi hanno scelto brani tratti da opere di autori italiani e stranieri, lasciandosi guidare da storie e personaggi che hanno regalato loro emozioni ed insegnamenti. Il progetto ha avuto come referente Ilaria Rey, professoressa di Lettere, in collaborazione con i docenti Luca Amirante, Alberto Averono, Francesco Brancaccio, Erika Di Martino, Manuela Ferraris, Laura Gualeni e Gianna Pastè. L’obiettivo della giornata non è stato solo quello di accompagnare il pubblico, collegato in diretta Facebook, in una piacevole lettura, ma dimostrare che serve coraggio per leggere ad alta voce, esprimersi in Inglese e Francese, vincere la propria timidezza e le proprie paure.

“La schedina vincente”, scritto da tredici autori

Presentato a scopo benefico presso i Magazzini Oz il libro. Edito da Gian Giacomo Della Porta Editore

La cornice per la presentazione del libro intitolato “La schedina vincente”, edito da Gian Giacomo Della Porta Editore, è stata quella suggestiva dei Magazzini Oz di via Giolitti 19/A. Martedì 15 novembre scorso, alle 18, l’evento ha unito alla diffusione del libro uno scopo benefico voluto dagli autori che, di loro iniziativa, hanno deciso di devolvere le royalties, proventi della vendita dell’opera, alla Onlus CasaOz.


In rappresentanza dei tredici autori del libro erano presenti Marco Piano, Roberto Veronesi, Sandro Gasparini, Claudio Calzoni e Federico Castelletti Cazzato, oltre all’editore Gian Giacomo Della Porta, che ha moderato l’evento, e al vicepresidente e direttore della struttura di CasaOz, Marco Canta, che ha ricevuto l’assegno di beneficenza di mille euro.
Sono tredici gli autori de “La schedina vincente”, tra i quali, oltre a quelli già citati, figurano i bolognesi Marco Gollini, Stefano Nadalini, Gianfilippo Rossi e Stefano Zanerini, il piacentino Roberto Uggeri e i restanti torinesi Sergio Commisso, Marco Edoardo Sanfelici e Mario Camarda, originario di Grosseto.
Il libro contiene tredici racconti, così come è d’uso nella schedina del Totocalcio, accomunati da un sottile fil rouge che percorre quarantadue anni di storia (e storie), raccontati attraverso tredici partite di calcio. Ognuna con il proprio pathos e il proprio caleidoscopio di significati e emozioni.

Tra queste partite, che diventano uno strumento per raccontare esperienze di vita vissuta da ciascuno degli autori, ricordiamo quelle citate durante l’evento, che sono la finale dei Mondiali dell’82 in Spagna, che ha visto sfidarsi l’Italia e la Germania, partita molto cara a Marco Piano; la finale dei Mondiali del 2006 in Germania, che ha visto l’Italia affrontare la Francia, partita rimasta nel cuore di Roberto Veronesi; la finale di Champions Juventus-Milan raccontata da Federico Castelletti Cazzato, lo storico derby vinto dal Torino nel ‘67, giocato la settimana successiva alla morte di Giorgio Meroni, mitico giocatore del Torino, ribattezzato “la farfalla granata”, e di Che Guevara; la partita Torino-Cesena, ricordata dai tifosi del Toro quale la partita dell’ultimo scudetto, giocata nel 1976, ricordata da Sandro Gasparini.
Un libro che ha riscosso un ottimo successo e che ha come primo obiettivo quello umanitario legato alla beneficenza.

Mara Martellotta

L’ultimo libro di Giorgio Merlo e Giuseppe Novero al Circolo dei Lettori

“Le parole che contano”, conversazioni contemporanee, è il titolo libro scritto da Giorgio Merlo e da Giuseppe Novero che sarà presentato a Torino giovedì 17 novembre alle ore 17, presso la sala grande del Circolo dei Lettori, Via Bogino 9. 

Interverranno alla presentazione Giancarlo Caselli, Franco Garelli, Derio Oliviero e Giovanni Quaglia.

Modera Alberto Sinigaglia.

Undici protagonisti della vita pubblica italiana si soffermano su altrettanti temi e approfondiscono altrettante parole per richiamare valori da condividere o da riscoprire, offrendo analisi che possano condurre a sentieri semantici e di riflessone sempre più ampi.

Il libro conta la prefazione di Luigi Sbarra, Segretario Generale Cisl e l’introduzione di Marco Frittella, Direttore Rai libri.

“Sostiene Pereira” per “Un libro tante scuole”

Nell’ edizione  speciale “Salone del Libro”, il romanzo scelto per il progetto nazionale di “lettura condivisa” 2023

Più di 6mila gli studenti coinvolti in tutta Italia

Libertà giustizia e indipendenza: riparte da questi valori essenziali “Un libro tante scuole”, il progetto nazionale di “lettura condivisa” (che riunisce intorno a un grande romanzo studentesse e studenti da tutt’Italia) promosso dal “Salone Internazionale del Libro” di Torino in collaborazione con “Intesa San Paolo” ed il sostegno della “Consulta delle Fondazioni di origine bancaria” di Piemonte e Liguria, con la partecipazione di “Chora Media”. L’obiettivo è come sempre quello di “favorire attraverso la lettura il confronto sulla comprensione di sé, del mondo e del nostro tempo, nella comunità scolastica”. Per la sua terza edizione, dopo il successo di quelle precedenti – la prima nel 2021 dedicata a “La Peste” di Albert Camus, la seconda nel 2022 a “L’isola di Arturo” di Elsa Morante –  questa terza edizione vedrà pubblicare da parte del “Salone del Libro” un altro grande classico della narrativa italiana e internazionale, grazie alla collaborazione di “Giangiacomo Feltrinelli Editore”.

Da fine gennaio sui banchi di scuola approderà, infatti, Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi (Pisa, 1943 – Lisbona, 2012), in un’edizione speciale introdotta da un testo di Dacia Maraini e con una nota di Nicola Lagioia, direttore editoriale del “Salone”. Il libro, uscito nel 1994, vincitore del “Premio Campiello” e del “Premio Viareggio”, ambientato nel Portogallo alla fine degli anni Trenta, agli albori della dittatura di Salazar, è stato scelto “per i valori di libertà che trasmette e per l’accento che pone sull’importanza dell’esercizio dello spirito critico, insegnamenti sempre fondamentali, in particolar modo per i lettori che si affacciano all’età adulta”. Il protagonista, un giornalista solitario che si occupa principalmente di cultura, prende via via coscienza, grazie soprattutto al rapporto con il giovane Monteiro Rossi e la sua compagna, della deriva autoritaria imboccata dal proprio Paese e matura, poco alla volta, la decisione di compiere un gesto di eroica opposizione. Dal romanzo fu tratto l’omonimo film diretto da Roberto Faenza, con Marcello Mastroianniin una delle sue ultime interpretazioni.

Sostiene Pereira” raggiungerà più di 6mila studentesse e studenti in Italia, che entro la fine di gennaio riceveranno il libro gratuitamente. Il volume, come i precedenti, entrerà poi a fare parte della stessa “Biblioteca del Salone”. La copertina e l’impostazione grafica, anche per questo terzo volume sono state affidate a Riccardo Falcinelli, tra i più noti art director editoriali italiani. Ad accompagnare la lettura del romanzo, sarà, anche questa volta, un “podcast” in sei puntate, dal titolo Il Salone presenta Antonio Tabucchi”, prodotto in collaborazione con “Chora Media” e scaricabile su SalTo+ e sulle principali piattaforme di streaming gratuite a partire da febbraio 2023 e che vedrà diverse voci della narrativa contemporanea alternarsi per raccontare le tante sfumature della poetica dello scrittore pisano, le diverse questioni aperte dalla lettura di “Sostiene Pereira”, fornendo una propria specifica chiave di approccio all’opera: da Andrea Bajani a Paolo di Paolo, fino a Dacia Maraini, Romana Petri, Fabio Stassi e Chiara Valerio.

Tra febbraio e aprile 2023 alcune autrici e autori che intervengono nel “podcast” incontreranno dal vivo studentesse e studenti delle scuole nelle diverse sedi delle “Gallerie d’Italia”, i musei di “Intesa San Paolo” a Milano, Napoli, Torino e Vicenza. A Torino interverrà lo scrittore romano Paolo di Paolo.

Il momento conclusivo del grande percorso di lettura di “Sostiene Pereira”sarà sabato 20 maggio 2023, alla “XXXV Edizione del Salone del Libro”, con un appuntamento corale aperto a tutte le ragazze e i ragazzi coinvolti nel progetto, in cui saranno chiamati a parlare ospiti da sempre legati alle opere di Antonio Tabucchi.

“ ‘Sostiene Pereira’ – dichiara Nicola Lagioiaè ormai un classico, raro esempio di romanzo italiano contemporaneo celebrato in tutto il mondo. Per le studentesse e gli studenti che avranno l’opportunità di leggerlo rappresenta, insieme, un inno alla libertà e una grande lezione di letteratura civile”.

Per aderire a “Un libro tante scuole”, le scuole devono candidarsi sulla piattaforma SalTo+ (https://saltopiu.salonelibro.it/), entro il31 dicembre 2022.

Info: www.salonelibro.it

 

g.m.

 

Nelle foto

–       Antonio Tabucchi. galeria

–       Cover “Sostiene Pereira”

–       Dacia Maraini da FlickrSaloneLibro

La diplomazia del disincanto Costantino Nigra e l’Italia

Lunedì 14 novembre ore 17.30

via Ottavio Revel 15 – Torino

CENTRO STUDI PIEMONTESI 

Presentazione del volume

La diplomazia del disincanto

Costantino Nigra e l’Italia

sul finire dell’Ottocento

di

Andrea Pennini

Torino, Centro Studi Piemontesi, 2022

Con l’autore intervengono

Pierangelo Gentile e Michele Rosboch

Info e prenotazioni: tel. 011/537486 – info@studipiemontesi.it.

La conferenza potrà essere seguita in differita sul Canale YouTube del Centro Studi Piemontesi

 

www.studipiemontesi.it  

Piazze, larghi e rondò. Un viaggio nel tempo e nella storia di Torino

Dopo la première al Salone internazionale del libro 2022 e, nell’ambito di Portici di Carta, dopo la presentazione alle Gallerie d’Italia di piazza San Carlo, è finalmente disponibile nelle librerie e negli store online “Piazze, larghi e rondò.

Un viaggio nel tempo e nella storia di Torino” (Ed. Graphot) nel quale l’autore Giuliano Vergnasco ripercorre la storia e lo sviluppo della città tramite le piazze, da quelle storiche del centro a quelle dei quartieri più periferici legando ad esse immagini  storie e personaggi.

“Piazze, larghi e rondò. Un viaggio nel tempo e nella storia di Torino” con le sue 350 pagine e le oltre 500 immagini si propone come la strenna natalizia del 2022 per gli appassionati della storia cittadina.

 

L’autore: Giuliano Vergnasco nato il 10 marzo 1967 a due passi da Piazza Statuto, è da sempre appassionato di storia, in particolare quella di Torino. Collezionista di libri, guide, cartine e fotografie della città. Gestisce il blog “Like a killer in the sun”, nel quale parla di politica, attualità, sport, cucina e di libri. Autore del podcast “Torino tra storia e trasformazioni” nel quale in brevi pillole racconta la città. Ha pubblicato con Loredana Cella “Piazza Statuto e Porta Susa” (Graphot, 2012) e ha partecipato alle raccolte di racconti “Barriera stories” (Graphot, 2021) e “A Torino Centro” (Edizioni della Sera, 2022).

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Hannah Rothschild “L’improbabilità dell’amore” -Neri Pozza- euro 19,00

Non tradisce le aspettative l’ultimo romanzo della scrittrice e regista 60enne inglese baronessa Hannah Rothschild (prima donna presidente della National Gallery di Londra) che ci avvolge in pagine trascinanti. Prende spunto da un quadro totalmente inventato, ma ispirato dal vero “Pierrot” di Watteau, artista francese che ha lanciato il movimento Rococò.
Il libro inizia con l’asta multi miliardaria del quadro “L’improbabilità dell’amore” attribuito a Watteau, conteso da magnati e governi di mezzo mondo. Questa tela è la vera protagonista delle pagine che leggerete.

La storia rocambolesca e affascinante del romanzo torna indietro di qualche mese ed è un’alchimia di quadri preziosi e trafugati, storia dell’arte, distorsioni del suo mercato internazionale, misfatti e misteri.
La Rothschild mette in scena un parterre di personaggi bizzarri dei quali ripercorre le traiettorie che li hanno condotti alla casa d’aste: mercanti d’arte senza scrupoli, nobildonne dimenticate, oligarchi in esilio, faccendieri e mecenati.

L’eroina è la 30enne Annie McDee che fatica a mantenersi con l’umile lavoro di cuoca e vive in uno squallido e minuscolo appartamento londinese. Ha conosciuto quello che ritiene l’uomo giusto e in occasione del suo compleanno compra un quadro in un negozietto da rigattiere per una manciata di sterline. Lo spasimante non si presenta e quando lei, pentita dell’acquisto, torna per riportarlo indietro scopre che il negozio è andato a fuoco e l’uomo è morto.
Quella piccola tela, in realtà, ha un valore inestimabile ed una storia incredibile da raccontare. Tutto ha origine dalla genialità di Antoine Watteau, nato a Valenciennes nel 1684 da un costruttore di tetti alcolizzato. Nel 1703 quando ha solo 19 anni e lavora presso un pittore decorativo, vede e si innamora perdutamente della fanciulla più ambita di Parigi, Charlotte Desmare, meglio conosciuta come Colette, amante del Duca d’Orleans, nipote di re Luigi XIV.

Da questo amore folle e dall’impeto che spinge Watteau a catturare e immortalare il suo struggente sentimento nasce il quadro che nel romanzo racconta se stesso così: «Fui dipinto per celebrare le selvagge cascate dell’amore».
E’ la genesi del capolavoro e di un nuovo modo di dipingere.
Watteau morirà di consunzione e con il cuore spezzato nel luglio del 1721, ma la sua opera continuerà a viaggiare nei secoli. E’ il quadro che nel romanzo ci narra la sua rocambolesca storia, passato di mano in mano nel corso dei secoli, pegno di grandi amori, appeso nelle alcove di imperatrici, re, cocottes e tanti altri personaggi.

Ma la trama è ancora più ricca e sorprendente, tra i tentativi di Annie di scoprire il valore del quadro, il suo lavoro di cuoca alle dipendenze di un’altolocata famiglia di antiquari con qualche scheletro nell’armadio, e parecchi colpi di scena.

Monique Roffey “La sirena di Black Conch” -Marsilio- euro 18,00

Diventerà anche un film questo libro della scrittrice e giornalista britannica, studiosa di letteratura coloniale, nata a Port of Spain, a Trinidad nel 1965.
Queste pagine sono un brillante mix di realismo e fiaba che narrano come da secoli nelle acque caraibiche al largo dell’immaginaria isola di Black Conch nuoti una sirena. E’ Acayia, che una volta era la fanciulla più bella e sensuale del suo villaggio, oggetto dell’invidia delle altre donne che con le loro maledizioni l’hanno trasformata in una creatura marina, intrappolata in un corpo metà pesce e metà donna.
Da allora lei nuota al largo ed emerge dall’acqua quando sente la melodia cantata dal pescatore solitario David Baptiste, solo allora si avvicina alla barca e gli narra la sua storia.
Ma un giorno un ricco americano di Miami organizza una pesca d’altura in cerca di marlin, e il caso vuole che il suo inesperto figlio 20enne, tra lo stupore dei pescatori indigeni, riesca a fare abboccare al suo amo proprio Acaya, (che pensava di aver abbordato la solita barca amica).
Acaya nonostante lotti fino allo stremo per sfuggire alla cattura, viene pescata e issata a bordo. Scopriamo così che, ben lungi dalle sirene diafane e bionde di Ulisse, è invece una poderosa creatura dal corpo rosso come quelli delle donne indie, statuaria, squamosa e scintillante, con lunghe chiome nere intricate e simili a tanti tentacoli.
L’idea degli americani sarebbe guadagnare fama e soldi vendendola allo Smithsonian Museum. Una volta tornati a terra appendono la preda a testa in giù nel porto, e vanno a festeggiare ubriacandosi nella taverna dell’isola.
Chi invece gioisce poco sono i pescatori veterani del luogo perché credono alle leggende secondo le quali pescare una sirena porterebbe sfortuna.
Il giovane David Baptiste quando la vede agonizzante sulla banchina portuale entra in azione e riesce a liberarla, poi la nasconde nella sua casa tra i boschi ed ecco che il romanzo si trasforma in una bellissima storia d’amore e complicità che vi farà sognare.

 

Julian Barnes “Niente paura” -Einaudi- euro 19,50

Queste sono pagine intense e colte, divagazioni sulla morte dello scrittore inglese Julian Barnes (nato a Leicester nel 1946), vincitore del Man Booker Prize nel 2011 con “Il senso di una fine”.
Quello della fine è un tema particolarmente importante per Barnes che gli ha dedicato anche altri scritti.
“Niente paura” inizia con l’affermazione «Non credo in Dio però mi manca».
Di lì in poi, l’autore discetta e riflette sulla paura atavica della propria fine. Lo fa con pensieri fulminanti, aforismi e aneddoti familiari; ci inchioda a pensare a fondo sul destino comune e su come viverlo, con continue incursioni in filosofia, letteratura, musica e arte.
Impossibile riassumere queste pagine in cui abbondano scetticismo, arguzia, ironia, del tipo «Non so se Dio esiste, ma per la sua reputazione sarebbe molto meglio se non esistesse». Barnes ripercorre anche il suo atteggiamento nei confronti del tema tanto importante che lo ossessiona da sempre: era ateo a 20 anni, e si ritrova agnostico a 60.
Dichiara di pensare alla morte almeno una volta al giorno, soprattutto verso sera, e di provare una «paura moderata, ragionevole, realista». Cita grandi della letteratura che sulla morte hanno lasciato pagine e pensieri memorabili, tra loro Flaubert, Turgenev, Zola.
Poi ci offre spunti dalla filosofia antica, esamina i vari argomenti a favore e contro Dio, mescola scienza e ricordi. Compone una sorta di “tanatoenciclopedia” (dal greco θάνάτός, morte) in cui ricorda le posizioni di celebri tanafobici (coloro che hanno paura della morte) della storia come Montaigne, Renard, Rachmaninov e Larkin.
Ma inanella anche esperienze familiari, il modo di affrontare la morte dei nonni e dei genitori, per arrivare al legame con il fratello Jonathan, docente di filosofia che in questo libro è uno stimolante interlocutore. 246 pagine che ci aiutano a cercare di capire se del buco nero della morte e dell’abisso ci sia da aver paura oppure anche no……da meditare

David Lagercrantz “Obscuritas” -Marsilio- euro 19,90
L’autore è lo scrittore norvegese quasi 60enne che ha completato la saga “Millenium” dello scomparso Stig Larsson (morto nel 2004 a soli 51 anni). Ora torna con un thriller e una strana coppia di protagonisti: Micaela e Hans, che a Stoccolma indagano sull’omicidio di un arbitro di calcio di origini afgane, picchiato a morte.
Micaela Vargas è una giovane poliziotta straniera figlia di immigrati, cresciuta nella periferia della capitale, totalmente dedita al dovere, dura come l’acciaio, e tosta tanto da poter resistere al dolore e alla fatica. Contraltare di tanta efficienza sul lavoro è un privato che contempla cedimenti e senso di solitudine, inoltre cerca di nascondere una lieve zoppia conseguenza di una ferita sul lavoro.

Hans Rekke invece è nato nel privilegio, aristocratico e ricchissimo, accademico e psicologo, particolarmente arguto, geniale e abile nel suo complesso lavoro. Ma dietro la facciata professionale soffre di depressione che lo sprofonda in periodi di apatia e buio, tende ad abusare di psicofarmaci e pozioni varie, e ama suonare il pianoforte esibendosi in notevoli virtuosismi.

Due personalità diversissime per background, carattere e modo di affrontare vita e lavoro. Le loro traiettorie si intersecano nel 2003 – quando il mondo è ancora sotto shock per l’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001- e la polizia svedese indaga sul brutale pestaggio e assassinio di Jamal Kabir; rifugiato afgano, arbitro di calcio.
Viene subito sospettato il padre italiano di uno dei giocatori; ma Micaela vorrebbe andare più a fondo per escludere o meno altre piste che leghino la vittima afgana alla guerra contro i talebani. E’ così che viene chiamato a collaborare Hans, noto psicologo di fama mondiale.

Di più non si può anticipare, se non che il libro spazia anche in una sorta d’indagine sociale, a partire dalle differenze di classe dei due protagonisti, per affrontare tematiche come razzismo, xenofobia, ingiustizia sociale, e il clima del nuovo millennio sul suolo svedese, con l’arrivo di ondate di profughi.

La vita straordinaria di Riccardo Gualino  

Imprenditore coraggioso e raffinato mecenate, elegante viveur dal fiuto per gli affari, Riccardo Gualino ha segnato il secolo scorso come pochi altri hanno saputo fare.

Nato sul finire dell’Ottocento da una ricca famiglia biellese, Gualino fu presto protagonista nel mondo delle imprese. Acquisì banche, in società con Giovanni Agnelli fondò la SNIA, diventò azionista di riferimento e vicepresidente della Fiat, lanciò i filati artificiali senza tralasciare gli interessi nella chimica e nel settore  alimentare. Nel 1928 venne inserito nella rosa dei cinque uomini più ricchi d’Europa. Conobbe successi e vertiginose ascese e, all’opposto,  rovinose cadute senza perdere mai lo spirito d’avventura o rinunciando alle sue idee visionarie. Un personaggio straordinariamente unico  al quale è stata dedicata da Giorgio Caponetti un’importante biografia pubblicata da Utet: “Il grande Gualino. Vita e avventure di un uomo del Novecento”. Gualino fu un visionario per l’epoca al punto da puntare sul cinema in tempi non sospetti  con la pionieristica Lux che, come si legge nella sua biografia , “nel dopoguerra produsse i film di Visconti e Lattuada avvalendosi anche dei giovani Carlo Ponti e Dino De Laurentiis”. La sua è una vita talmente piena da sembrare quasi inverosimile, tra incontri con personaggi celebri ( da D’Annunzio ai Kennedy, da Curzio Malaparte a Winston Churchill, Liz Taylor e Solomon Guggenheim) e l’amore per le arti che divideva con l’inseparabile moglie Cesarina Gurgo Salice. Fu proprietario del palazzo Lascaris, attuale sede del Consiglio regionale, della bellissima villa che porta il suo nome in collina a Torino e ha lasciato una fantastica raccolta di capolavori che costituisce la “collezione Gualino” alla Galleria Sabauda). La sua ultima dimora è al cimitero monumentale di Oropa, la “piccola Staglieno” delle Alpi)  dove riposa nella tomba di famiglia con la moglie.

Marco Travaglini