Domenica 8 dicembre alle ore 18,30 ad Albenga, nel Salone del Podestà della Torre Medievale (piazza S. Michele), sarà presentato il libro curato da Pier Franco Quaglieni su “Matteotti”, Pedrini Edizioni, nel centenario del suo assassinio. Il libro, con un saggio introduttivo dello storico prof. Quaglieni, raccoglie l’ultimo discorso pronunciato da Matteotti alla Camera e il libro scritto da Piero Gobetti subito dopo la morte del deputato socialista. Interverrà, con l’autore, Roberto Pirino, Presidente della Fondazione G.M. Oddi.
Vi piace leggere ma non trovate il libro adatto a voi? Ecco una piccola rassegna dei titoli più commentati dalla community de Il Passaparola Dei Libri nel mese di novembre.
Al primo posto, era immaginabile, Tatà l’ultimo romanzo di Valerie Perrin: riuscirà ad interessare i lettori tanto quanto il suo precedente Cambia L’Acqua Ai Fiori? Per ora le recensioni sono favorevoli…
Il Treno Dei Bambini, di Viola Ardone: torna di grande attualità, grazie a una recente produzione televisiva e lettori e lettrici tornano a dividersi sul suo impatto narrativo.
Il Cognome Delle Donne, di Aurora Tamigio: la più recente vincitrice del Premio Bancarella si sta imponendo sul pubblico della nostra community, vedremo se diventerà uno dei nostri “classici”. Per il momento chi lo ha letto ne parla benissimo.
Incontri con gli autori
In novembre conosciamo Sonia Rottichieri, autrice de La Mia Vita Con I Cani (auto-pubblicazione, 2024) un libro che celebra l’amicizia tra uomo e animale e vuole essere, inoltre, una storia di amore e una lezione sulla lealtà e sul valore della vita.
Torniamo volentieri a intervistare Sylvia Zanotto in occasione dell’uscita del suo primo romanzo Come Nijinskiy (Nardini, 2024) e facciamo la conoscenza con Andrea Polo, adesso in libreria col suo nuovo libro Storie Di Padri, Storie Di Figli, (Paesi, 2024) nel quale un padre racconta ai figli un’avvincente storia di famiglia.
Per questo mese è tutto. Vi invitiamo a seguire Il Passaparola dei libri sui nostri canali sociali e a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
Il Magazzino Settantatré
14 dicembre 2024
Ore 21,00
Libreria Comunardi
Via San Francesco da Paola 6
Torino
Sabato 14 dicembre, presso la libreria Comunardi di Torino, salotto culturale torinese, lo scrittore
Giorgio Caponetti e l’editore Dino Aloi dialogheranno con l’autore del suo libro “Il Magazzino Settantatré”.
Giorgio Caponetti, straordinario scrittore torinese, autore di libri come Quando l’automobile uccise la cavalleria,
La carta della regina, Il Grande Gualino, La leggenda del cavallo verde, Avanti! Ma non troppo – L’insospettabile
vita di Edmondo De Amicis e molti altri, terrà a battesimo l’opera prima di Angelo Cucchi, autore anche del
disegno di copertina, edito da Il Pennino.
Il Magazzino Settantatré è un racconto con un intreccio mozzafiato che si districa tra un quadro di
Dürer scomparso e documenti dell’operazione ODESSA, organizzazione che fece fuggire centinaia
di nazisti in Argentina. Questo è il nuovo libro, opera prima, di Angelo Cucchi, scenografo di lunga esperienza,
al suo esordio come scrittore. Sono previste letture in sala di alcuni testi.
Angelo Cucchi, nato a Torino nel 1949, dal padre, artigiano scultore ed intagliatore in legno, ha appreso l’arte, quella che non
si mette mai da parte e la si impara in bottega.Fino alla nuova rivelazione che è stata per lui la scenografia, grazie ad un contratto alla Rai presso il reparto scenografie del
Centro di Produzione Tv di Torino, nel 1967. Si è diplomato alla scuola di Scenografia dell’Accademia Albertina di Belle Arti di
Torino. Nel 1976, l’assunzione definitiva alla RAI prima pittore realizzatore e poi scenografo fino al 1990.
Ha collaborato alla realizzazione di diversi spettacoli televisivi. Lasciata la Rai si è dedicato alla libera professione. Si è occupato
di scenografie per teatro, balletto, opera lirica, cinema e pubblicità, alternando a mostre per musei e istituzioni culturali. Nel 1995
con la realizzazione della mostra Nefertari, luce d’Egitto ha conosciuto il mondo espositivo dell’archeologia.
Ha collaborato con il Museo Egizio di Torino per altre realizzazioni espositive, oltre a musei di Scienze Naturali a Torino, Matera
Museo Ridola di Antropologia, Nizza Museo Archeologico Cimièz. Si è occupato di altri allestimenti museali e spettacoli in Italia,
Francia, Spagna, Repubblica Dominicana, e negli Stati Uniti a Miami. Ha collaborato a varie istituzioni culturali dall’Assessorato
alla Cultura della Regione Piemonte fino al Palazzo delle Esposizioni di Roma in quattro anni, dalla mostra dedicata al bicentenario
della nascita di Charles Darwin e Homo Sapiens, Tehotihuacan la Città degli Dei, fino a La Via della Seta, sempre lavorando
“con le sue stesse mani” come ama ricordare, perchè il mestiere della realizzazione scenografica richiede manualità.
Hanno scritto di lui Gran Bazaar Italia Edizioni Elemond, Il Gazzettino di Venezia, la rivista Habitat, la Fondazione Franco
Antonicelli di Torino, la Galleria Zenith Arte ed un servizio video su Rai Tre.
Informazioni: Il Pennino – 3356869241 – info@ilpenninodinoaloi.it
L’isola del libro
RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA
Joyce Maynard “Il Bird Hotel” -NNE- euro 21,00
In questo romanzo si avverte il piglio sciolto della sceneggiatrice e scrittrice americana che racconta più fasi della vita della protagonista, e lo fa con ritmo quasi visivo. Ancora una volta la Maynard mette a fuoco il dolore della perdita, del lutto e del traumatico abbandono, dovuti alle capriole di un destino beffardo.
Al centro c’è l’io narrante di Irene (all’anagrafe Joan) rimasta orfana a soli 7 anni. La madre -cantante e attivista dalla vita disordinata e nomade- muore disintegrata dall’esplosione della bomba che aveva piazzato in un’azione terroristica.
Poiché non si sa chi sia il padre, la piccola viene cresciuta dalla nonna, che le cambia il nome e le impone di non svelare mai a nessuno le circostanze in cui della madre è rimasto solo un polpastrello per risalire al Dna.
Crescendo, Irene scopre la passione per la pittura e durante un’esposizione a San Francisco conosce Lenny. I due si innamorano e mettono al mondo il piccolo Arlo. Per un attimo la vita sembra tornare benevola; ma un’altra immane tragedia uccide marito e figlio in un colpo solo.
Schiantata dal dolore Irene pensa prima al suicidio, poi si lascia guidare dal caso e sale su un pulmino che la conduce in un immaginario luogo sperduto nell’America Centrale. Un paesino affacciato su un lago, dominato da un vulcano.
Una sorta di paradiso terrestre, dove il tempo è scandito dai cicli della natura e dalle calamità che la gente del luogo è abituata ad affrontare.
Irene trova ospitalità nell’unico albergo del paese, La Llorona; luogo fiabesco gestito dalla misteriosa Leila, piena di debiti ma con principi saldissimi. Tra le due donne si crea un rapporto complice, dal quale derivano sviluppi successivi che cambieranno ancora una volta il destino della protagonista.
Milena Palminteri “Come l’arancio amaro” -Bompiani- euro 20,00
A ben 75 anni Milena Palminteri esordisce con questo romanzo balzato subito in testa alle classifiche. Di origine palermitana, l’autrice vive a Salerno ed è stata conservatrice negli archivi notarili.
Ora ha raggiunto il successo con questa saga che racconta la storia di tre donne di due differenti generazioni. Sono Nardina, Sabedda e Carlotta e si muovono nell’immaginario paese di Sarraca, per il quale la scrittrice si è ispirata a Sciacca.
Il romanzo inizia nel 1960; Carlotta lavora nell’Archivio Notarile e per caso scopre che la nonna paterna aveva accusato sua madre di non averla partorita, bensì comprata.
E’ l’inizio di una serrata indagine nel passato e nelle vicende privatissime della madre Nardina, che aveva avuto difficoltà a restare incinta del marito, il nobile Carlo Cangialosi.
A imprimere una svolta c’è anche la serva Sabedda, incinta di un figlio che non sarà mai riconosciuto dal padre. E i destini di due donne tanto diverse si intrecciano, sullo sfondo dei maneggi di alcuni personaggi, alcuni anche in odor di mafia.
A.M. Homes “Il complotto” -Feltrinelli- euro 24,00
E’ una delle voci più interessanti e innovative della letteratura americana negli ultimi 20 anni, quella della scrittrice nata a Washington D.C. nel 1961. Oggi vive a New York, insegna alla Columbia University e collabora con prestigiose testate. Amy Michael Homes, dopo 10 anni e parecchi premi vinti, si cimenta nuovamente con il romanzo.
459 pagine per raccontare un’America che sembra sgretolarsi e aver perso la rotta verso il sogno americano. Tutto franerebbe nell’arco di tempo in cui Barak Obama è stato il primo presidente afroamericano degli Stati Uniti.
A prendere malissimo questa vittoria è il Grand’uomo, (Big Guy), uno dei principali finanziatori dello sconfitto Mc Caine.
Ma chi è Big Guy? Un ultraconservatore bianco, intorno ai 60 anni, razzista incallito che non vuole arrendersi al risultato elettorale e studia un piano per salvare il paese da quella che ritiene una pericolosa deriva socialista.
Fin qui la sfera pubblica e politica, che corre in parallelo con quella della vita privata; i guai con la moglie alcolizzata e con l’instabile figlia 18enne. Ma le energie di Big Guy saranno assorbite soprattutto dal progetto di un golpe…e non resta che addentrarvi in questo corposo romanzo intriso di satira politica.
Jane Campbell “Interpretazioni dell’amore” –Blu Atlantide- euro 18,50
Jane Campbell, nata in Inghilterra nel 1942, psicologa e docente ad Oxford, è una scrittrice sui generis che ha debuttato a 80 anni con il libro di racconti “Spazzolare il gatto”.
Ora con “Interpretazioni dell’amore” si affaccia alla narrativa e ci regala un romanzo corale in cui i protagonisti -negli ultimi anni delle loro vite- si raccontano con disincanto e onestà. Si muovono tutti all’interno di agiati circoli accademici e la narrazione parte dalla vigilia dei preparativi per un matrimonio.
Sulla scena compare l’anziano Malcolm, insegnante ad Oxford, invitato alle nozze della nipote. E’ l’occasione per svelare un segreto taciuto a lungo. In passato, nel primo dopoguerra, la sorella in punto di morte gli aveva consegnato una lettera in cui svelava il nome del vero padre della figlia Agnes.
Lui aveva giurato, ma poi non aveva consegnato lo scritto a chi di dovere; una decisione con parecchie conseguenze.
Camilla Sten “Il villaggio perduto” -Fazi Editore- euro 19,50
Un’atmosfera inquietante avvolge il villaggio di Silverstjän, dove nel 1959 erano improvvisamente scomparsi tutti i 900 abitanti. Come svaniti nel nulla. Erano rimasti solo il corpo di una donna lapidata nella piazza del paese e una neonata abbandonata sui banchi della scuola: e nessuno è mai riuscito a chiarire il mistero.
A tornare nel paese, al giorno d’oggi, è Alice Lindstedt, giovane regista di documentari che cerca un argomento per sfondare nel suo mestiere precario. A legarla al luogo misterioso c’era anche sua nonna che viveva a Silverstjän, ed era scomparsa con tutta la famiglia.
Alice affronta l’impresa con una troupe di amici; ad avvolgerli immediatamente è un silenzio inquietante, i fantasmi del passato, l’enigma inspiegabile. Gli sviluppi li scoprirete leggendo, man mano che mistero si aggiunge a mistero.
Lunedì 2 dicembre alle ore 15
Le terre blu di Nico Orengo
“Vengo da un paese di mare; un paese che si confonde e affonda in quel giardino”. Con queste parole lo scrittore Nico Orengo si presentava nel suo racconto Terre blu.
“Quel giardino” dove si sentiva a casa erano i Giardini Botanici Hanbury che si distendono dal promontorio della Mortola verso il mare di Ventimiglia, a pochi chilometri dal confine francese. Diciotto ettari sull’estrema punta del Ponente ligure al quale dedicò la sua opera letteraria, ambientando racconti e poesie. Un gioiello naturalistico prezioso, uno dei giardini di acclimatazione più belli e preziosi d’Europa e dell’intero bacino mediterraneo. Orengo raccontava che sono blu le terre della Liguria quando fioriscono i carciofi, quando il mare “rimbalza il suo colore sotto i pini, quando si alza il fumo degli sterpi sulle fasce, quando la campanula buca i rovi e quando la bungavillea e il glicine sui muri incontrano il tramonto”. In questo modo il blu si imprime indelebilmente nella memoria, trasformandosi nel colore del ricordo e della terra. Quella terra “aspra e dolce della Liguria di Ponente che da Imperia a Ponte San Luigi corre anguillesca sul mare e su, verso l’interno di paesi d’incanto, umidi e solari”. Con Terre blu Nico Orengo raccontava una geografia sospesa tra la realtà e l’immaginazione come può essere solo quella di “un viaggiatore che ritorna sui suoi passi per constatare che c’è un albero in più e una pietra in meno, che il pollaio è una villetta, o che quel tal orto si è fatto casa”. Alla terra di confine dove ambientò quasi tutti i suoi romanzi Nico Orengo rimase sempre legatissimo. La sua Liguria non era solo uno spazio naturale pieno di odori e colori, suggestioni straordinarie sospese tra il blu del mare e i colori forti dell’entroterra ma anche un luogo della memoria, degli anni della giovinezza e dell’adolescenza. Un mondo intero dove si intrecciavano indimenticabili ricordi che rievocò nei suoi romanzi (Dogana d’amore, Il salto dell’acciuga, Le rose d’Evita, La guerra del basilico, Ribes, La curva del latte) con la sua scrittura lieve e ironica. Nel suo penultimo romanzo, Hotel Angleterre, accompagnò i lettori in un viaggio della memoria rimescolando ricordi, rievocando la figura della nonna paterna, la contessa Valentina Tallevitch, che, nelle fredde sere invernali, mentre gettava bucce di mandarino nel fuoco acceso nel camino, narrava ai nipoti vecchie storie della nobiltà russa in Costa Azzurra e nella Riviera di Ponente, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Nell’ultimo, Islabonita, ambientato a metà degli anni Venti, usa l’espediente narrativo del bestiario e di una figura antropomorfica di anguilla voyeur, per raccontare un epoca che stava per lasciare una traccia dolorosa e indelebile sulla pelle della nazione. Spesso nei suoi libri riecheggia l’amarezza per il tramonto della società contadina e il declino dei suoi umanissimi valori a scapito del rapido imporsi del modello industriale e urbano che il boom economico avrebbe poi codificato nell’avvento della società dei consumi. E la natura e l’ambiente, entrambi da difendere e tutelare, rappresentano desideri che emergono in molti racconti come Gli spiccioli di Montale dove, in un tratto di mare al confine con la Francia, un uliveto che rischia di scomparire, provocando uno strappo violento nella memoria, quasi come se un ricordo venisse rubato. Ci restano in eredità i suoi versi, le filastrocche ( A-ulì-ulè ) , i racconti, le battaglie contro la speculazione edilizia e per la salvaguardia dell’ambiente e delle tradizioni culturali, il bellissimo ritratto delle langhe fissato nelle pagine del romanzo Di viole e liquirizia. Nico Orengo morì a Torino, nella mattinata di sabato 30 maggio 2009, all’ospedale delle Molinette dove era stato ricoverato dopo una crisi cardiaca. Aveva 65 anni. Al capoluogo piemontese ( vi era nato il 24 febbraio del 1944) era legato per l’intensa collaborazione con Einaudi e la lunga direzione di Tuttolibri, il settimanale letterario de La Stampa, quotidiano per cui scriveva. Non casualmente scelse come ultima e definitiva dimora il piccolo cimitero dei Ciotti tra La Mortola e Grimaldi, aggrappato alla roccia e affacciato sul mare blu cobalto. Come scrisse lui stesso nell’agosto del 2000, lo scenario non poteva che essere quello di “ una Liguria favolosa di sapori, fico polveroso e gelsomino stordente, di buganvillea e cappero, di garofano, calendula e rose, mirto e rosmarino”. Un buon modo di ricordarlo è quello di leggere le sue opere magari accompagnandone il piacere con un buon bicchiere di vino, preferibilmente rossese o vermentino, secondo le antiche ricette della cucina ligure.
Marco Travaglini
Se provate a disegnare un elefante vi renderete subito conto che non è cosa semplice. Marco Vacchetti, professore del Liceo Classico Massimo D’Azeglio di Torino, scrittore e pittore, ci è egregiamente riuscito nel suo ultimo libro edito Einaudi “Disegnare un elefante – l’insegnante di liceo come professione” fornendo al lettore un’analisi quanto mai veritiera e accurata della scuola di ieri e, soprattutto, di quella di oggi. L’universo scuola è per l’appunto paragonato dal Professor Vacchetti ad un elefante “un animale enorme e, in quanto tale, probabilmente lento nei movimenti” con cui tutti abbiamo dovuto avere a che fare nella vita e su cui ognuno di noi potrebbe raccontare la propria esperienza. Un saggio accurato e mai noioso che mette il lettore di fronte alla maestosità dell’apparato burocratico della scuola- a tratti incomprensibile- alle sue peculiarità, alle contradizioni e agli infiniti luoghi comuni che aleggiano intorno ad essa, tentando di smontarli uno ad uno con oggettività e intelligenza. Nelle sue pagine emerge chiaramente l’importanza del ruolo rivestito dal docente, senza mai essere autocelebrativo, una professione considerata dallo scrittore “ecologica” perché in grado di non dissipare “energia ma di costruire ordine, di non compromette il futuro ma contribuire a progettarlo” riuscendo a sottolineare quanto il modo di intendere e di trattare quell’ enorme pachiderma possa contribuire a mettere le fondamenta del nostro prossimo futuro.
Nel suo libro ha tentato di smontarne parecchi luoghi comuni legati, nell’immaginario collettivo, alla scuola. Ce n’è almeno uno che ritiene veritiero?
Nei luoghi comuni c’è molto di falso, ma c’è anche un fondo di verità: così, anche sulla scuola, qualcosa di veritiero esiste. Mi viene in mente la frase che dice “primo a scuola, ultimo nella vita”: sono convinto che il successo scolastico e quello professionale non siano in alcun modo legati. Nel corso della mia esperienza mi sono reso che non è affatto detto che i primi della classe siano poi quelli che ottengano le migliori posizioni lavorative.
Un’altra idea che aleggia ma è priva di fondamenti è quella per cui “la scuola debba prepara al mondo del lavoro”: questa è una pura illusione. Il mondo del lavoro di oggi è veloce e dinamico, ed è del tutto utopistico pensare che la scuola possa andare di pari passo. Dal mio punto di vista, il compito dell’istruzione è quello di aiutarti a crescere, mettere ordine nelle idee e darti strumenti di comunicazione: le competenze professionali sono un’altra cosa. La scuola dovrebbe lasciare ai ragazzi la voglia di “continuare a studiare”, intendendo con questa espressione la volontà di sviluppare l’intelligenza per risolvere problemi, lo spirito d’intraprendenza e la capacità di essere autonomi nella vita.
La scuola e le università, però, stanno cambiando molto e sempre più si stanno orientando verso una formazione “telematica”. Lei affronta questa tematica nel suo libro dove dice che “si può comprare un diploma, ma non la formazione”: come spiega il dato di realtà che vede ricoprire ruoli istituzionali molto rilevanti da personalità che non hanno un alto grado di formazione?
Da un lato c’è un dato burocratico che prevede come requisito necessario il titolo di studio per accedere a determinate posizioni: n quel caso, il cosiddetto “pezzo di carta” è uno step necessario per l’accesso. Sappiamo bene, però, che prendere una laurea in un determinato ateneo, piuttosto che in un altro, comporta una qualità della formazione molto diversa. Per quanto riguarda il fatto che in Italia ci siano dei soggetti che occupino posti importanti senza avere le competenze necessarie è uno dei motivi per cui il nostro Paese arranca. Inoltre, l’Italia è una nazione in cui vige quel costume storico per cui le persone hanno sempre imparato ad arrangiarsi, conferendo loro un forte spirito di adattamento. Dall’altra parte, questo elemento ha come contropartita il fatto che molti individui siano riusciti a occupare ruoli che non meriterebbero. Secondo me, un Paese moderno deve fare attenzione a questo elemento e dovrebbe maggiormente premiare le competenze. Quello che noto è che in Italia si parla spesso di meritocrazia ma “per gli altri”; sul singolo poi vale sempre la raccomandazione. I giovani hanno le energie per lottare contro questo sistema: se vedi che un diritto viene violato devi farti valere per riconquistarlo.
Bisogna farsi sentire lì dove percepisci che vi sia un’ingiustizia insomma.
Sì, per esempio sul tema del complesso rapporto tra il mondo del lavoro e quello delle donne. Se il dato registra che a parità di mansione una donna guadagna il 20% in meno di un uomo bisogna concretamente trovare le strategie giuridiche per affrontare quella situazione. Non bisogna accontentarsi, ma trovare strumenti concreti per arginare il fenomeno. In Italia, spesso, ci si accontenta della mera protesta.
Passando al contenuto del libro, Lei sottolinea l’importanza dello studio del latino, una lingua molto complessa che difficilmente risulta comprensibile ai ragazzi. Che cosa si potrebbe fare per renderla “più fruibile” ai giovani?
Non è facile, perché sono materie difficili e faticose, in cui devi romperti la testa, e per questa ragione molti preferiscono una strada più semplice. In realtà, il latino è una materia splendida perché ha due aspetti: uno culturale e uno tecnico.
Dal punto di vista culturale, quella civiltà ha rimandi straordinari, il cui fascino però non si può imporre ai ragazzi. Infatti, mi dà molto fastidio quando si dice che gli studenti devono “amare la cultura”: non si insegna ad amare niente. Al massimo, gli studenti si possono incuriosire, mentre l’amore nasce spontaneamente. Dal mio punto di vista, è un diritto dell’intelligenza rifiutare le cose. Inoltre, il latino ha un aspetto tecnico che aiuta a capire meglio il linguaggio: quando ti appropri di esso, riesci a esprimere meglio anche il pensiero. Per concludere, penso che per insegnare ai ragazzi una materia del genere bisogna obbligarli. Infatti, l’idea secondo cui la scuola debba essere sempre interessante e “sedurre l’intelligenza” è una chimera. La scuola è fatta un po’ di obbligo e un po’ di passione: se si riesce a mettere insieme i due concetti, allora si può garantire una formazione completa.
E nel percorso di formazione, al giorno d’oggi, non può mancare anche l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Io lo vedo come uno strumento che può aiutare l’apprendimento perché semplicemente, come tutti gli strumenti, per sfruttarlo al meglio bisogna servirsi dell’intelligenza naturale. Questo è il problema di tutto il mondo digitale che, per citare Umberto Eco, ha creato tre categorie di persone: quelli che non hanno accesso alla rete informatica, una grande maggioranza di utenti e i pochi che sapranno tenere in mano le fila dello sviluppo degli strumenti digitali e saranno al vertice. Come ogni cosa, se la utilizzi al meglio può essere un mezzo di sviluppo potentissimo.
Nell’ultima parte del libro fa degli accenni anche al suo percorso di formazione che l’ha visto abbondare “le lusinghe di un lavoro creativo” (quello da pubblicitario) per addentrarsi nella carriera da insegnante. Che cosa la motiva di più di questo lavoro?
Le motivazioni sono tante ma prima di tutte penso che il lavoro faccia parte della persona e ne determini in parte la personalità. Ancora di più, penso che quello che conti davvero è come svolgi una determinata mansione, anche quella più umile: se lo fai bene, quello ti dà una gratificazione. Il lavoro del docente è vario, libero nei modi, hai a che fare con la cultura, hai il vantaggio di stare con i giovani. Un’altra grande motivazione è che la scuola, da pachiderma, sembra immobile ma in realtà ti obbliga ad essere sempre aggiornato, cosa che in altri lavori non succede.
Per chiudere, il suo modo di insegnare e il libro che ha scritto sono ricche di collegamenti e citazioni. C’è una frase iconica per la sua carriera?
Forse quella di Vico che dice che “la curiosità è madre della scienza”. In realtà sono convinto che queste forme di sapere tramite aforismi spesso siano dei gusci vuoti: il sapere non può essere fatto di tre parole. Piuttosto sono quei tremila collegamenti, di cui mi rendo responsabile durante le lezioni, a fare cultura e che possano accendere la curiosità degli studenti anche su argomenti molto lontani dalla loro zone di confort.
Valeria Rombolà
Foto Federico Solito
E’ l’opera scelta dal “Salone Internazionale del Libro di Torino” per la quinta edizione del Progetto rivolto alle scuole
“Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov’è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portare via”: “tesoro” come mappa emozionale, guida ai percorsi più segreti e intimi dell’anima per raggiungere e agguantare valori come l’amicizia, il coraggio, la forza, la scoperta di sé e il mistero di crescere. Sono parole esemplari, su cui sentirci pienamente d’accordo, quelle succitate, a firma dello scrittore e sceneggiatore cult americano Stephen Edwin King (Portland, 1947), fra i più celebri autori contemporanei di letteratura fantastica, per alcuni anche horror, di best seller (da oltre 500milioni di copie vendute) e dalle innumerevoli trasposizioni cinematografiche e televisive. Parole e temi che l’autore ha saputo esprimere in maniera esemplare e toccante nel romanzo breve “Il corpo” (“The body”, il titolo originale) uno dei quattro mini-romanzi contenuti in “Stagioni diverse” (“Different Seasons”, una raccolta pubblicata nel 1982 dall’autore statunitense) e che ispirò il celebre film “Stand by me” di Rob Reiner, in cui si narra di quattro amici che durante la torrida estate del 1960 partono dal paesino di Castle Rock, nel Maine, alla ricerca del corpo di un loro coetaneo scomparso. Un libro che segna un percorso che non è solo “fisico” per i quattro ragazzi, ma soprattutto “mentale” ed “esistenziale”. Pagine che sono “racconto di formazione”, in cui si traccia, passo dopo passo, parola dopo parola, paura dopo paura, la loro “crescita” e il loro reciproco “riscoprirsi”. Ideale, dunque, la scelta del “Salone Internazionale del Libro” di farne il “protagonista” della quinta edizione del “Progetto di lettura condivisa” per i giovani, “Un libro tante scuole”, arricchendo così, con un nuovo importante titolo (e con i contributi di autrici e autori come Silvia Avallone, Annalena Benini, Claudia Dutrastanti, Carlo Lucarelli, Loredana Lipperini e Stefano Nazzi) la “Biblioteca del Salone del Libro”.
Il “Progetto (che vede, accanto al “Salone del Libro”, quale Main partner “Intesa San Paolo”, la partecipazione di “Chora Media” e la collaborazione, quest’anno, di “Sperling &Kupfer”) riunisce, attorno ad un grande romanzo della letteratura internazionale, studentesse e studenti di tutta Italia, consegnando loro 7mila copie gratuite, per favorire nella comunità scolastica, attraverso la lettura, il confronto sulla comprensione di sé, del mondo e del nostro tempo. Un progetto che intende stimolare la riflessione grazie anche all’accompagnamento di contributi testuali, podcast, audio originali, incontri con autrici e autori contemporanei.
Consolidato dal successo delle edizioni precedenti – la prima nel 2021 dedicata a “La Peste” di Albert Camus, la seconda nel 2022 con “L’isola di Arturo” di Elsa Morante, la terza nel 2023 con “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi, la quarta nel 2024 con “Cime tempestose” di Emily Brontë – la quinta edizione di “Un libro tante scuole” vedrà dunque approdare, a fine gennaio sui banchi di scuola (triennio delle scuole secondarie di secondo grado, delle scuole di formazione professionale e dei corsi serali) “Il Corpo” di Stephen King (edizione tradotta da Andrea Cassini), in una pubblicazione speciale del “Salone del Libro”, corredata da un testo inedito di Loredana Lipperini e una nota di Annalena Benini, direttrice del “Salone” di Torino. Come per i volumi precedenti, la copertina e l’impostazione grafica saranno curate da Riccardo Falcinelli, art director e designer.
Inoltre, grazie alla collaborazione con la “Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale” del “Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI)”, quest’anno, per la prima volta, tre classi di “scuole italiane all’estero” potranno partecipare al Progetto: una classe del Liceo italiano paritario “Pier Martire Vermigli” di Zurigo e due classi del Liceo Scientifico della “Scuola Statale Italiana” di Madrid.
Il momento conclusivo del grande percorso di lettura de “Il corpo” sarà lunedì 19 maggio 2025, nel corso della XXXVII edizione del “Salone del Libro di Torino”, con un appuntamento corale aperto a tutte le ragazze e ai ragazzi coinvolti nel progetto, all’Auditorium del Centro Congressi di “Lingotto Fiere” da più di 1200 posti. Per rendere visibile il lavoro delle classi sul romanzo e permettere lo scambio e la condivisione, studenti e docenti pubblicheranno scritti e recensioni sul “Bookblog del Salone”, lo spazio di “racconto condiviso” che il Salone mette a disposizione dei ragazzi e delle scuole, nell’apposita area dedicata al progetto, dove sono già presenti i contributi su “La peste” di Camus, “L’isola di Arturo” della Morante, “Sostiene Pereira” di Tabucchi e “Cime Tempestose” di Emily Brontë. I migliori commenti saranno oggetto dell’incontro finale al “Salone”.
Per info: www.salonelibro.it
g.m.
Nelle foto: Stephen King, ph. Shane Leonard e Cover “Il corpo”, Ed. “Salone Internazionale del Libro di Torino”
Lo scrittore Liu Zhenyun è in Italia per presentare il suo libro intitolato “Una frase ne vale diecimila”, mercoledì 27 novembre, alle ore 18, presso il MAO di via San Domenico 11, a Torino. Il libro è di recentissima traduzione italiana. Zhenyun sarà a colloquio con Stefania Stafutti della Sezione Sinologica del Dipartimento di Studi Umanistici. Interverranno gli studenti delle scuole medie superiori “A. Spinelli” e “Umberto I” di Torino, e “G.F. Porporato “ di Pinerolo, presentando altre opere dell’autore tradotte in italiano.
L’incontro è gratuito, con prenotazione obbligatoria.
Giovedì 28 novembre, alle ore 10, con un anticipo di 15 minuti, si terrà un incontro gratuito con prenotazione obbligatoria dal titolo “Scrivere di gente comune: Liu Zhenyun racconta le sue opere”. L’appuntamento è presso l’auditorium del complesso Aldo Moro, in via Sant’Ottavio 18, a Torino. In collaborazione con la Sezione Sinologica del Dipartimento di Studi Umanistici e ISA Istituto di Studi Asiatici dell’Università di Torino. Liu Zhenyun è oggi l’autore di maggior successo nel panorama letterario cinese. Molti dei suoi lavori sono pubblicati in italiano, tra cui i più recenti sono “Un giorno, tre autunni” e “I mangiatori di angurie”. In questi giorni esce finalmente, anche nella nostra lingua, forse la sua opera più importante: “Una frase ne vale diecimila”, insignita nel 2006 del Premi Mao Dun, il massimo riconoscimento cinese in ambito letterario. Contribuiscono alla fama dello scrittore le versioni cinematografiche e televisive di molte sue opere, spesso sceneggiate dallo stesso scrittore e diretti da registi di rilievo internazionale e premiati anche fiori dalla Cina. Una breve rassegna dei film tratti dai suoi romanzi sarà presentata a partire dal 2 dicembre prossimo presso il cinema Romano.
Mara Martellotta
Informazione promozionale
Questo thriller anglo-italiano vi terrà incollati e con il fiato sospeso fino all’ultima pagina, in un misterioso intreccio di familiari insoddisfatti e singolari personaggi bramosi di amore e potere
Cosa accadrebbe se Anne, discendente dell’illustre romanziere britannico Charles Dickens, legittima custode di uno dei suoi più celebri manoscritti… ne venisse brutalmente depredata? E se suo marito, Jackson Pond Jr. – Capitano della Royal Navy – venisse barbaramente ucciso da uno dei gruppi criminali ricettatori di opere d’arte più efferati d’Inghilterra? Riuscirà l’impavida figlia Ariette, con l’aiuto di Egle – un’agente Interpol – a vendicare la morte del padre e a riportare a casa il prezioso oggetto di famiglia perduto?
Questo thriller anglo-italiano vi terrà incollati e con il fiato sospeso fino all’ultima pagina, in un misterioso intreccio di familiari insoddisfatti e singolari personaggi bramosi di amore e potere. Emozioni forti e contrastanti si susseguiranno in questa intricata vicenda che ha luogo all’inizio degli anni ottanta tra la maestosità di una Londra signorile e le meraviglie di una delle città più affascinanti d’Italia: Verona.
Già, e perché proprio Verona? Cosa potrebbe mai c’entrare con il manoscritto di Dickens? E chi sarà il vero mandante, il colpevole di tutto ciò? Ammesso che si tratti di una sola persona. Beh, cosa state aspettando? Non vi rimane che scoprirlo.
E’ questa la trama de “IL MANOSCRITTO DI DICKENS: storia di un ignobile furto”, un affascinante romanzo thriller autunnale ambientato tra Londra e Verona all’inizio degli anni ’80 scritto da Lisa Pessotto, architetto e designer trevigiana, nonché autrice già nota per la pubblicazione di una guida motivazionale (“PENSA A VIVERE MEGLIO!” edita da Diarkos e distribuita da Mondadori).
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Sito web dell’autrice: https://lisapessotto.it/