Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Anita Nair “Sapore amaro” -Guanda- euro 19,00
Anita Nair è l’autrice indiana del best seller “Cuccette per signora” (del 2001) ed ora ci incanta con questo romanzo a più voci femminili in cui intesse storie, sentimenti, paure, sconfitte e vessazioni subite da 4 protagoniste principali intorno alle quali ruotano altri personaggi memorabili. Geniale è il filo che collega le loro vite, perché la Nair fa parlare una scrittrice e scienziata 35enne morta suicida, Srilakshmi. Come si è uccisa lo scoprirete alla fine, ma l’importante è che dopo la cremazione il suo amante segreto trafuga una delle falangi sopravvissute al fuoco e la nasconde nello scomparto segreto di un mobile, condannando così la sua anima a restare sulla terra.
“Solo io sapevo che non sarei mai stata liberata. Irrecuperabile in vita. Irrecuperabile in morte. Trafugandomi e seppellendomi nel suo cuore e nel suo armadio, Markose aveva fatto si che rimanessi per sempre nel limbo”. Sono le parole con cui Srilakshmi riassume la sua tragedia.
50 anni dopo il mobile finisce per caso in un Resort, ed è proprio lì che va a nascondersi la piccola Megha di 6 anni per scappare dall’orco che le usa violenza. Il doppiofondo si apre e la falange -in cui è rimasta intrappolata l’anima che non trova pace- inizia a passare di mano in mano intersecando le vite di altre donne e le loro tragedie. Nel Resort c’è la giornalista di successo Urvashi con un matrimonio agli sgoccioli, in fuga dall’amante narcisista borderline che non accetta il rifiuto e diventa lo stalker che la perseguita in ogni modo. Poi c’è Najma, costretta a celare la mostruosità del suo viso, sfregiato con l’acido da uno spasimante respinto, davanti a spettatori che hanno finto di non vedere. Queste le traiettorie principali lungo le quali viaggia l’anima di Srilakshmi che, raccontandoci le loro vite, traccia il quadro sconsolante della condizione femminile in India. Le loro esistenze difficili che volgono in tragedie quanto più cercano di auto affermarsi ed emanciparsi da una società che le relega al fondo di tutto e sotto tutti. Un libro che resta nel cuore.
Martin Caparros “Tutto per la patria” -Einaudi- euro 19,50
Il giornalista e scrittore argentino, nato a Buenos Aires nel 1957 -direttore di svariate riviste culturali, laureato in Storia a Parigi e vissuto anche a New York e Madrid- imbastisce un giallo ambientato nella capitale argentina degli anni 30. L’idea gliel’ha suggerita la lettura di Camilleri e le avventure del commissario Montalbano l’hanno conquistato al punto da spingerlo a cimentarsi nello stesso genere letterario. Ambienta il suo giallo nella Buenos Aires del 1933 quando, nonostante la crisi del 29, l’Argentina era una delle 10 nazioni più ricche al mondo: un crogiolo di culture importate soprattutto da italiani e spagnoli, cantieri aperti un po’ ovunque e il via al traffico nell’incredibile Avenida 9 de Julio. Caparros fa scendere in campo il suo protagonista, Andrés Rivarola, giovane perdigiorno che si arrangia come può per vivere e sogna di comporre un tango memorabile. Si ritrova nei panni di investigatore-reporter alle prese con un mondo che ha forti echi di fascismo (sono gli anni in cui Hitler prende il potere e l’Europa sta sbandando pericolosamente) e, tra corruzione e confusione politica, i militari in Sudamerica scavalcano tutto e tutti per arrivare al vertice. La vittima è Mercedes, giovane trovata morta con la gola tagliata e, stranamente, la notizia viene nascosta per giorni. Suicidio o omicidio? Il padre accusa gli anarchici durante il funerale trasformato in comizio. A intorpidire le acque si aggiungono poi fumose sale da ballo in cui la ribellione batte nei tacchi dei “tangueiros”, ambienti malfamati, sporchi maneggi politici, il mondo del calcio (con il campione Bernabé Ferreyra che ambisce compensi da star ma si rifiuta di rientrare nella squadra argentina). Al di là della trama, che scoprirete intricata, la grande protagonista del romanzo è soprattutto Buenos Aires. La sua gente, i suoi luoghi mitici, come il cimitero La Recoleta (una città nella città con mausolei che sono autentiche opere d’arte) e i primi anni del professionismo calcistico. Poi Caparros si diverte prendendo di mira i circoli intellettuali dell’epoca e ritrae un Borges acerbo (la grande fama internazionale deve ancora arrivare) che infastidisce con il suo atteggiamento tra il supponente e il ridicolo, tronfio, dai versi ancora scadenti e corteggiatore di donne senza successo. Insomma un tuffo in una Buenos Aires indimenticabile.
Claudio Magris “Polene. Occhi del mare” –La nave di Teseo- euro 20,00
Vi fa solcare mari in tempesta, veleggiare verso l’ignoto e vi travolge nei flutti salati questo libro di Magris, tra saggio, racconto, e immagini bellissime. Protagoniste le polene, mitiche statue- sculture che imperavano sulle prue delle navi, dall’antichità fino a temi più moderni (difficile stabilire l’ultimo creatore di polene, comunque nel 1907 la Marina Americana decise di toglierle dalla prua delle sue navi).
Sguardi che scrutavano l’ignoto, alcune dalle sembianze di donne fatali e seducenti, sirene adescatrici rappresentate da ammalianti sorrisi e seni procaci; altre invece sfingiche, arcigne, più demoni che angeli, o dall’aspetto energico e rompiscatole come quello delle donne che attendevano i marinai a casa. La polena più antica di cui si ha memoria nel mito sarebbe stata la testa d’ariete che indicava la rotta alla nave degli Argonauti. Ma le più affascinanti sono soprattutto le effigi femminili, a volte donne bellissime dalle forme voluttuose ispirate a modelle in carne ed ossa ritratte dagli artigiani. “Il modello ideale”..scrive Magris “il prototipo della polena è neoclassico….nasce da un vortice di vento che, alla base, sembra increspare le onde e si prolunga nella veste fluttuante, linea ondulata di onda marina trattenuta prima di disperdersi nell’informe”. Magris rintraccia storie affascinanti e suggerisce le visite a musei carichi di storie di uomini e mare, dove le polene riposano e si lasciano ammirare: come il Valhalla alle isole Scilley, i Musei Marittimi di Anversa e Barcellona, quello di Ringkøbing in Danimarca o il National Museum of the Royal Navy a Portsmouth.
Poi con il declino della navigazione a vela anche le polene furono trascinate a fondo da una progressiva decadenza. Molte vennero smontate dalle navi, altre, vittime di tempeste e naufragi, furono restituite dal mare smangiucchiate dall’acqua, dai pesci e dal tempo nelle profondità più buie. E Magris è abilissimo nel ripercorrere e raccontarci le loro vite e il loro destino.