Scegliersi la parte nei giorni difficili della crisi greca
“Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre” (Sallustio)
La Grecia, terra di dei, di eroi e di grandi uomini, patria della democrazia, delle arti, della filosofia, dell’epica, dell’elegia, delle grandi imprese sportive e della civiltà, la Grecia e la sua storia, una storia fatta di coraggio, di orgoglio e di dignità, di grandi battaglie, di disperate difese e di insperate vittorie, la Grecia di coloro che non sono mai esistiti, di Teseo e del Minotauro, di Egeo e di Edipo, di Antigone e di Medea, di Prometeo che, innamorato degli uomini, donò loro la potenza del fuoco, esponendosi all’ate divina, ad un supplizio che gli onnipotenti resero costante, straziante e senza fine; la Grecia di Socrate che, pur di non tradire se stesso, bevve la cicuta, salutando i suoi discepoli con una frase che racchiude in sé tutta la forza di questo popolo: “è giunta l’ora di andare. Ciascuno di noi va per la propria strada. Io a morire. Voi a vivere. Quale delle due sia la via migliore solo gli dei lo sanno”; la Grecia di quell’aedo che “si accecò per rimaner nel sogno”, un sogno popolato da grandi battaglie, guerrieri intransigenti, astuti, fieri, spesso crudeli, ma sempre, come tutti i grandi, capaci di abbandonarsi a quella “pietas” che tutto sana, che tutto addolcisce, che tutto ricompone.
Questo grande Paese o meglio questa piccola terra con un passato glorioso, forse troppo glorioso da sostenere e con il quale fare i conti, si trova oggi a dover lottare per la propria sopravvivenza, per mantenere la propria identità di fronte ad un mondo mosso dagli interessi, dal potere, da un equilibrio costruito sulla sofferenza di molti a vantaggio della ricchezza di pochi, sul dolore, sulla volontà di umiliare, schiacciare, prostrare.E’ la lotta di un’oligarchia contro la democrazia, la lotta di tanti capi contro un popolo inerme, stanco, travagliato da anni di rinunce e sacrifici. E’ la lotta di un’Europa che è tale soltanto nel nome (nome, peraltro, paradossalmente, di origine greca: Europa fu una delle tante donne amate da Zeus) contro una delle sue costole, lotta che, comunque finisca, lascerà segni profondi in tutta l’Unione.Eppure, in tutta questa desolazione, in mezzo a queste difficoltà, i greci mai hanno perso l’antico orgoglio, quello che deriva loro da antenati famosi: Alessandro il Grande, Leonida e i suoi trecento uomini che mai arretrarono davanti all’esercito del persiano Serse, alle Termopili, pur sapendo che quella scelta li avrebbe portati a diventare, in poche ore, sudditi di Ade e Proserpina.
Serse, oggi, ha il volto di tanti leader europei, di ministri delle finanze, del direttore del FMI e dei burocrati della troika che vorrebbero continuare ad affamare il popolo greco e che, forse, in un futuro non troppo lontano, riserveranno lo stesso trattamento ad altre genti, ad altri individui, ad altri esseri umani. Noi tutti siamo posti di fronte ad una scelta. Nessuno si può tirare indietro. Non è il momento per restare neutrali o per tentennare, per nasconderci dietro l’alibi della sospensione di giudizio. Non sarebbe soltanto un comportamento vile e indegno, ma significherebbe ignorare ciò che sta accadendo attorno a noi. Scegliere diventa un dovere: o seguire l’armata imponente dei novelli persiani di Serse o schierarci con i Leonida del XXI secolo, con Alexis Tsipras, con Yanis Varoufakis, con Euklides Tsakalotos, con i nuovi trecento che, pur sapendo quanto grande sia il rischio, si battono per l’indipendenza e per la libertà non soltanto della Grecia, ma di tutti noi.Istintivamente, la mia simpatia, va a questi ultimi e, per tanti motivi, scelgo loro, con un auspicio: che il buon senso prevalga e che non ci siano né vinti, né vincitori, ma che le Istituzioni europee diano una prova di maturità e di responsabilità.In caso contrario le nuove Termopili avranno ripercussioni su tutti. Euripide scrisse: “Gli dèi ci creano tante sorprese: l’atteso non si compie, e all’inatteso un dio apre la via”. Dove l’interesse umano non arriva, confidiamo, quindi, nella saggezza degli dei.
Barbara Castellaro