La libertà è come il vento

A forza di essere vento..Porrajmos, il genocidio dimenticato

ZINGARI LAGERAl pari della Shoah (lo sterminio di sei milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti), durante la seconda guerra mondiale ci fu un altro genocidio. Quello dei rom e sinti, basato su analoghe teorie razziste

 

Fare memoria significa non fare mai della giornata del 27 gennaio un passaggio rituale. Ricordare l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz  equivale a ricordare tutte le deportazioni e non dobbiamo mai smettere di farlo, pensando alla testimonianza di tutti coloro che hanno vissuto la terribile esperienza dei campi di sterminio, i sopravvissuti che non si sono mai stancati di raccontare che “questo è stato”, e i milioni di uomini, donne e bambini che nei campi di sterminio sono stati annientati, annichiliti, uccisi. Il giorno di Auschwitz ci obbliga a ricordare la deportazione degli ebrei e tutte le altre deportazioni. I Rom caddero vittime dello stesso atroce destino. Il nazismo li dichiarò “razza inferiore” e così furono costretti all’internamento, al lavoro forzato, e, infine, allo sterminio. Per raccontare ciò che accadde, usando una parola, si scrive Porrajmos, o Samudaripen, ma in pochi lo leggono o sanno che cosa vuol dire. Al pari della Shoah (lo sterminio di sei milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti), durante la seconda guerra mondiale ci fu un altro genocidio. Quello dei rom e sinti, basato su analoghe teorie razziste. In lingua romanì, quella parlata dai rom, porrajmos vuol dire proprio distruzione: l’annientamento di almeno 500mila persone di etnia rom e sinti nei lager dell’Europa Orientale, ma anche in Italia, come nei campi di Agnone, di Berra e nelle Tremiti. Furono uccisi in Unione Sovietica e in Serbia e deportati nei campi di concentramento di Bergen-Belsen, Sachsenhausen, Buchenwald, Dachau, Mauthausen, Ravensbruck. Una bella canzone di Fabrizio De Andrè  “Khorakhané ( A forza di essere vento)” li ricorda: “..i figli cadevano dal calendario/ Jugoslavia,Polonia,Ungheria/ i soldati prendevano tutti/ e tutti buttavano via..”. I khorakhané (alla lettera: i “lettori del Corano”) sono una tribù rom musulmana di origine serbo-montenegrina. Il viaggio per i rom è necessità e tradizione, ma nella canzone di De Andrè diventa molto di più: è il simbolo stesso della libertà.

 

LiZINGARI LAGER2La libertà è come il vento, che può viaggiare continuamente da est a ovest e da nord a sud. Ma nel vento, dopo essere stati cremati nei lager, ci finirono a centinaia di migliaia. Furono, come già ricordato, almeno mezzo milione gli Zigeuner – usando il termine dispregiativo tedesco, cioè gli “zingari”– uccisi nei campi di sterminio nazisti dagli assassini con la croce uncinata. Oltre ventimila nel solo Zigeunerlager, il campo loro riservato dentro al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, tra il febbraio 1943 e l’agosto 1944. A migliaia trovarono la morte Jasenovac, sulla sponda sinistra del fiume Sava, nel campo costruito nel 1941 dal regime ustascia di Ante Pavelic. Un regime nato il 10 aprile di quell’anno con il sostegno della Germania nazista e dell’Italia fascista. A quel tempo la  Repubblica Indipendente di Croazia NDH, si estendeva dall’attuale territorio della Croazia – esclusa l’area occupata dall’esercito di Mussolini – alla Bosnia Erzegovina e parte della attuale Serbia. Dopo il 1945 altre persecuzioni sono seguite, con il mondo rimasto a guardare. Solo venti anni fa si è parlato di pulizia etnica in ex Jugoslavia, dall’altra parte dell’Adriatico, davanti a noi. E le cancellerie hanno lasciato fare, prima di intervenire. Il giorno della memoria, per essere utile, deve servire a scolpire in noi, nella nostra coscienza civile  l’inaudita eredità della storia dietro di noi. Non dobbiamo mai abbassare la guardia sui nostri valori. Il rispetto di tutte le etnie, l’accoglienza, il loro diritto di cittadinanza, non possono essere parole vuote. Sono le nostre azioni concrete a dare senso a ciò in cui diciamo di credere. Sono i valori della nostra Costituzione, un testo bello e attuale che spesso qualcuno vuole peggiorare. Le semplificazioni del quotidiano invece, e spesso, ci allontanano dalla memoria di quel che è stato e ci inducono a sottovalutare i mai sopiti segnali di intolleranza verso le differenze. Ricordare tutte le deportazioni serve a far sì che le nostre città siano luoghi di accoglienza e rispetto di tutti. Ad ognuno di noi, per ciò che può e per ciò che deve, il compito di renderlo possibile.

 

Marco Travaglini