INTERVENTO DI GIORGIO MERLO

Con la sinistra sociale torna la politica nel Pd?

merlo giorgioUno dei tanti problemi che affliggono il Pd e’ come coltivare e praticare un autentico pluralismo politico e culturale al suo interno. O meglio, per dirlo con parole piu’ comprensibili, come battere le cosiddette correnti di potere, o bande organizzate per essere ancora piu’ precisi, con le correnti di pensiero. Un vecchio tema caro alla politica italiana. Del resto, anche nella prima repubblica gia’ si parlava delle correnti di potere e di quelle di pensiero. Ma il degrado che attualmente caratterizza la politica italiana, soprattutto nei grandi partiti, e’ frutto anche della sostanziale assenza di ogni forma di confronto politico al suo interno. Un confronto che e’ sostituito solo da una sorda e spietata lotta per il potere dove le aggregazioni – o le tradizionali correnti – che si formano sono soltanto il prolungamento di potere di singoli esponenti e pure etichette inventate per la conquista del potere. Zero pensiero, per dirla con Mourinho. Una sommatoria di tatticismi, di posizionamenti, di equilibri contingenti attenti prevalentemente, se non esclusivamente, alla ricerca e alla conquista di quote di potere. Di qui la progressiva scomparsa dell’elaborazione e della progettualita’ politica. E di qui, di conseguenza, il prevalere della cortigianeria, del servilismo, del gregariato e dell’esaltaItazione del “capo”. E’ persin scontato che, in pd manifestoun quadro del genere, la politica ne esce sconfitta e chi cerca di invertire la rotta viene bollato e visto quasi come un visionario se non come un personaggio che si rifugia nell’astrattismo o, nel migliore dei casi, nella sola testimonianza. Ora, l’iniziativa organizzata sabato scorso a Roma da Gianni Cuperlo che ha dato vita nel Pd ad un’area, la cosiddetta “sociale e culturale”, puo’ rappresentare un punto di svolta per l’intero partito. Un inizio politico che puo’ introdurre, questo si’, una vera discontinuita’. Ma non quelle discontinuita’ che vengono annunciate a giorni alterni e poi sono, di norma, nient’altro che il solito minestrone di potere gia’ visto e sperimentato mille volte. E questo a prescindere dalle singole, e legittime, posizioni politiche all’interno del partito. Perche’ il vero problema, almeno per quanto riguarda il Pd che continua ad essere, piaccia o non piaccia, quasi l’unico partito che crede nel pluralismo politico e culturale al suo interno, e’ che quando decolla un vero confronto politico e’ l’intero partito ad uscirne vittorioso. E questo perche’, quando prevale la politica e la sua progettualita’, il tatticismo e la ricerca del mero potere sono destinati ad uscire di scena o comunque ad essere marginali. Sotto questo profilo il convegno di sabato scorso che si e’ tenuto al Nazareno e’ di buon auspicio. Non solo per la rinata “sinistra sociale e culturale” del Pd ma, si spera, per l’intero partito. E, per quel che conta, forse anche per la politica italiana. 

I poveri e gli ultimi: accogliere l’appello di Nosiglia

nosiglia lanzo 2merlo giorgio“Si tratta di un invito che ricorda l’impronta pastorale e culturale dell’indimenticabile card. Michele Pellegrino e di tutto ciò che il suo magistero ha rappresentato in questi anni per Torino e per tutto il Piemonte”

 

Alcuni giorni fa l’arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, ha invitato tutti i partiti e i movimenti torinesi a porre al centro dei loro programmi elettorali in vista delle ormai prossime comunali il tema della povertà e delle persone che sono in seria difficoltà. O meglio, ha invitato chi si presenterà per la prossima tornata amministrativa a non dimenticare gli ultimi, le persone che patiscono maggiormente la crisi e tutti coloro che subiscono sulla loro pelle le ripercussioni pesanti della situazione economica e sociale. Che a Torino, purtroppo, come in altre grandi città italiane, sono tantissimi. Sotto questo profilo, si tratta di un invito che ricorda l’impronta pastorale e culturale dell’indimenticabile card. Michele Pellegrino e di tutto ciò che il suo magistero ha rappresentato in questi anni per Torino e per tutto il Piemonte.

 

Ma il richiamo rivolto laicamente e nel pieno rispetto della distinzione dei ruoli da Mons. Nosiglia, assume un’importanza fondamentale ai fini della stessa qualità dell’offerta politica. Un’offerta politica che, soprattutto per i partiti e i movimenti che fanno del solidarismo e del riformismo la loro cifra politica e programmatica, non può trascurare l’invito e la riflessione avanzata proprio dall’autorevole presule torinese. Del resto – e mi rivolgo in particolare ed innanzitutto al campo del centro sinistra – il programma di un partito o di uno schieramento è la carta di identità con cui ci si presenta di fronte ai cittadini elettori.  E il programma, al contempo, non può ridursi ad una grigia ed arida sommatoria di priorità e di impegni che poi rischiano di essere puntualmente smentiti appena si conclude la competizione elettorale. Anche se oggi non ci sono più partiti che fanno dell’ispirazione cristiana o della scelta classista la loro ragion d’essere nella dialettica politica nazionale e locale, è indubbio che il capitolo della povertà, o degli ultimi, o delle persone in difficoltà, non può diventare un settore programmatico relegato alla sola dimensione della politica sociale o dell’assistenza. Messa così, il tutto si ridurrebbe ad una visione puramente caritatevole ed assistenzialistica per chi rischia – e purtroppo il numero è destinato ad aumentare in modo esponenziale – di finire ai margini dello sviluppo e della potenziale crescita economica e produttiva. Certo, non c’è benessere se non c’è crescita e sviluppo.

 

E l’obiettivo, anche e soprattutto per una città come Torino che in questi anni ha saputo “reinventare” la propria offerta e la propria identità senza perdere nessuna scommessa, resta proprio quello da saper unire in un disegno armonico e percorribile la cultura dello sviluppo e della crescita con la difesa e la promozione di chi rischia di non agganciare – o di non avere alcuna ricaduta positiva – quel carro potenzialmente sicuro e garantito. E l’invito/riflessione di Mons. Nosiglia, al di là delle appartenenze politiche e culturali, non può che essere accolto e condiviso sino in fondo.

 

Giorgio Merlo

Partiti e democrazia, intreccio pericoloso?

montecitorio 22I partiti contemporanei, tutti i partiti, ormai ridotti a soggetti “post identitari”, “post politici” e forse anche post democratici. Una moda? Un fatto strutturale o un epilogo definitivo ed irreversibile?

 

Ilvio Diamanti, come sempre, ci regala commenti politici che non possono essere sottovalutati o sorvolati. In uno degli ultimi articoli su Repubblica parla dei partiti contemporanei, tutti i partiti, ormai ridotti a soggetti “post identitari”, “post politici” e forse anche post democratici. Una moda? Un fatto strutturale o un epilogo definitivo ed irreversibile? Certo, sono domande che, per chi continua a credere nei partiti come strumenti democratici che concorrono “a determinare la politica nazionale”, non puo’ non farsi. E sono domande che richiedono anche risposte precise e atteggiamenti conseguenti. Soprattutto nell’attuale fase politica italiana dove, purtroppo, si riducono sempre piu’ le storiche distinzioni che hanno contribuito a caratterizzare per molti anni il dibattito politico nel nostro paese. E cioe’ la storica differenza tra la destra e la sinistra, tra il centro destra e il centro sinistra. Ora, non credo che la deriva personalistica, verticistica e culturalmente indifferente che sta dominando l’orizzonte politico nel nostro paese, debba diventare un esito scolpito nella pietra e per giunta immodificabile. Chi pensa che il partito, tutti i partiti, continuano ad essere comunita’ di persone di uomini e donne e che sono utili nella misura in cui perseguono la partecipazione popolare, il radicamento territoriale e promuovono decisioni pubbliche, non puo’ che contrastare una deriva oligarchica e verticistica dei partiti stessi. Se, invece, per motivi di convinzione o di convenienza, ci si rassegna ad appaltare il tutto al “salvatore della patria” di turno, allora la sostanziale cancellazione dei partiti e la loro trasformazione in semplici cartelli elettorali e’ una buona e salutare notizia. Personalmente arrivo da una scuola dove mi hanno insegnato che per misurare il tasso di democrazia in un paese e’ sufficiente verificare sempre il tasso di democrazia presente nei partiti. Mai definizione piu’ attuale e pertinente. Ecco perche’ la “battaglia” – storica definizione delle lotte nei partiti della prima repubblica – all’interno dei partiti per riaffermare con forza e convinzione i principi democratici non puo’ essere un fatto virtuale o di pura testimonianza. Ne’, tantomeno, un fatto di pura retroguardia. Certo, nessuno pensa di remare contro i mulini a vento. Ma attorno al ruolo, alla funzione e alla stessa “mission” dei partiti si gioca una partita che non e’ soltanto un affare per gli addetti ai lavori. No, salvaguardare e rafforzare il profilo democratico e partecipativo dei partiti italiani significa anche, e soprattutto, salvaguardare e rafforzare la democrazia nel nostro paese.

 

Giorgio Merlo