ECONOMIA- Pagina 258

Industria, il fatturato cresce: ad agosto +0,8%

Nel trimestre giugno-agosto l’indice complessivo è cresciuto del 4,5% rispetto ai tre mesi precedenti: +3,9% sul mercato interno e +6,0% su quello estero

Si conferma in crescita il fatturato dell’industria italiana. Lo rileva l’Istat che sottolinea come ad agosto il dato, al netto dei fattori stagionali, è aumentato dello 0,8% in termini congiunturali.

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Tv ma soprattutto servizi online: il boom con la pandemia

In media gli italiani trascorrono tre ore e 23 minuti per la fruizione di contenuti online, insieme alla televisione diventano 8

Sarebbero all’incirca 8 le ore che gli italiani hanno trascorso ogni giorno, nel periodo della pandemia, davanti a televisione, videogiochi e servizi streaming di musica e video. Prima dell’insorgere del Covid-19, il dato era di cinque ore e 30 minuti, ovvero il 43% in meno.

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In Borsa tanta aria fritta

Se un giorno ENEL, Stellantis, Intesa San Paolo, ENI, e Ferrari salissero del 5% e tutte le altre società quotate restassero invariate, TV e giornali titolerebbero “Forte rialzo in borsa: l’indice guadagna il 4% in un solo giorno”.

Commento assolutamente errato sotto il profilo del mercato (perché in realtà le altre 240 azioni quotate non si sarebbero mosse), ma corretto statisticamente perché quelle cinque società “pesano” da sole per il 42% dell’intero mercato azionario.

 

E’ una delle anomalie più preoccupanti di una Borsa malata di atrofia, in cui una miriade di società (molte delle quali validissime, attive e con bilanci in salute nonostante la crisi) “non conta nulla” perché le sue dimensioni sono troppo piccole rispetto ai “giganti”.

Avviene anche in altri Paesi, ma nel nostro ha raggiunto limiti paradossali.

Vediamo da vicino la situazione.

Tra i cinque colossi sopra citati ENEL fa la parte del leone: da sola pesa oltre il 10% del valore totale della borsa, con i suoi 78miliardi di capitalizzazione; seguono Stellantis (il gruppo internazionale dell’auto aggregatosi intorno a FIAT e Peugeot) con 53 miliardi (7% del listino), Intesa San Paolo con 46 miliardi (peso del 6%), ENI con 37 miliardi circa (5% del totale) e Ferrari con 35 miliardi (pari al 4,8%).

Seguono quasi 250 “nanetti”, alcuni dei quali fanno fatica a raggranellare lo 0,01% del totale del listino in termini di capitalizzazione.

Niente di male se la Borsa fosse un “mercato perfetto” come scritto sui libri di teoria finanziaria e economica. Ciò significherebbe che ogni investitore piccolo o grande che sia investe i suoi capitali in funzione esclusivamente della situazione e delle prospettive economiche di ogni società: se la Beghelli (uno dei “fantasmi” del listino) avesse un’eccellente proiezione futura, molti ne comprerebbero le azioni, sicuri di fare un buon investimento.

Invece i grandi investitori istituzionali (banche, compagnie di assicurazione, fondi comuni d’investimento), quelli che muovono miliardi e quindi sono in grado di influenzare i trend della borsa,limitano i loro acquisti alle azioni delle società che fanno parte degli indici (ad esempio quelle che rientrano nel FTSE MIB, cioè le prime 40 aziende in termini di capitalizzazione) perché possono operare non solo comprando e vendendo i titoli ma anche (in certi periodi, soprattutto) comprando e vendendo derivati (che sono costruiti solo sugli indici). Morale: la bussola degli investimenti non è guidata dal “polo magnetico” dei risultati economici, ma dal parametro dimensionale, indipendentemente dai risultati di bilancio e dai budget.

Se poi analizziamo il listino di borsa nel suo insieme e classifichiamo le società quotate per settore operativo scopriamo una realtà che lascia un po’ perplessi e che va commentata.

Ne esce infatti l’immagine precisa di un paese le cui società quotate in Borsa (che bene o male dovrebbe riflettere l’economia generale dell’Italia) operano prevalentemente nel settore terziario o quaternario, lasciando solo interstizi alle aziende produttive vere e proprie.

La tabella 1 è significativa: il settore che raggruppa il maggior numero di società è quello delle cosiddette utilities, che pesa per il 17% del totale, banche, società finanziarie ed assicurazioni insieme sono oltre il 17%, media e viaggi insieme sono l’8% e così via.

 

TAV.1 – TITOLI AZIONARI QUOTATI PER SETTORE

SETTORE

NUMERO

 

PRODUTTIVE

SERVIZI (UTILITIES)

43

17,70%

 

INDUSTRIA (INDUSTRIAL AND CONSUMER GOODS)

39

16,05%

16,05%

BANCHE (BANKS)

22

9,05%

 

FINANZIARIE (FINANCIAL SERVICES)

18

7,41%

 

TECNOLOGIA (TECHNOLOGY)

17

7,00%

 

FARMACEUTICI/BENESSERE (HEALTH CARE)

15

6,17%

 

COSTRUZIONI (CONSTRUCTION AND MATERIALS)

13

5,35%

5,35%

COMUNICAZIONE (MEDIA)

11

4,53%

 

IMMOBILIARE (REAL ESTATE)

10

4,12%

4,12%

ALIMENTARI (FOOD AND BEVERAGE)

10

4,12%

4,12%

VIAGGI (TRAVEL AND LEISURE)

8

3,29%

 

TELECOMUNICAZIONI (TELECOMMUNICATIONS)

7

2,88%

 

ENERGIA (ENERGY)

7

2,88%

 

AUTOMOBILI (AUTOMOBILES AND PARTS)

7

2,88%

2,88%

MATERIE PRIME (BASIC MATERIALS)

5

2,06%

2,06%

COMMERCIO (RETAIL)

5

2,06%

 

ASSICURAZIONI (INSURANCE)

4

1,65%

 

CHIMICA (CHEMICALS)

2

0,82%

0,82%

 

 

 

 

TOTALE

243

100

35,39%

 

Enucleando i settori propriamente produttivi (quelli che generano beni come l’industria, le costruzioni, le materie prime), si arriva ad una percentuale del 35%, che offre l’immagine di un paese in cui si lavora offrendo servizi ad altri, non coltivando, fabbricando, producendo qualcosa.

Il fatto, già di per sé preoccupante, è reso ancor più grave esaminando le società che fanno parte del MIB, cioè le 40 maggiori in termini di capitalizzazione (vedi Tav.2). Le 22 banche quotate pesano il 9% sul totale, ma quelle del MIB pesano il 20% dell’indice; le società dell’energia sono 7 (meno del 3%), ma nel MIB figurano in 4 e pesano più del triplo (10,26%); per contro le società legate alle costruzioni sono il 5,35% del totale, ma solo la metà (2,56%) nel MIB.

TAV.2 – TITOLI AZIONARI DEL FTSE MIB

FTSE MIB

NUMERO

% MIB

CAPITAL

% MIB

ALIMENTARI (FOOD AND BEVERAGE)

1

2,56%

13594

2,30%

ASSICURAZIONI (INSURANCE)

2

5,13%

30800

5,21%

AUTOMOBILI (AUTOMOBILES AND PARTS)

3

7,69%

93667

15,85%

BANCHE (BANKS)

8

20,51%

106217

17,97%

COSTRUZIONI (CONSTRUCTION AND MATERIALS)

1

2,56%

4340

0,73%

ENERGIA (ENERGY)

4

10,26%

66546

11,26%

FARMACEUTICI/BENESSERE (HEALTH CARE)

3

7,69%

32436

5,49%

FINANZIARIE (FINANCIAL SERVICES)

4

10,26%

53752

9,09%

INDUSTRIA (INDUSTRIAL AND CONSUMER GOODS)

6

15,38%

66254

11,21%

SERVIZI (UTILITIES)

5

12,82%

107984

18,27%

TELECOMUNICAZIONI (TELECOMMUNICATIONS)

2

5,13%

15555

2,63%

TUTTI GLI ALTRI SETTORI

0

0

0

0

729232

39

 

591145

81,06%

Chiudiamo l’analisi osservando la capitalizzazione dei vari settori all’interno del MIB: la capitalizzazione complessiva di chi produce è di circa 277 miliardi di euro, mentre quella degli altri è di 314miliardi di euro.

Insomma il nostro Paese appare come un’economia in cui chi lavora e produce vale meno della metà di chi lo “aiuta” senza partecipare direttamente alla produzione!

Insomma, a guardare il listino azionario italiano sembra che gli italiani si siano stancati di lavorare fisicamente e si siano buttati ad intermediare denaro, vendere biglietti aerei, gestire reti telefoniche o televisive.

Può anche darsi che sia giusto così, che la fatica debbano farla gli indiani o i cinesi (che infatti sommergono il mondo con i loro prodotti) e che noi dobbiamo specializzarci in settori a più elevato contenuto tecnologico o intellettuale.

Ma quando sbarcheranno le banche cinesi offrendo tassi più alti ai depositi e chiedendo interessi più bassi sui prestiti cosa faremo?

NOTA FINALE: I dati indicati sono elaborati su tabelle fornite dalla Borsa Italiana. Spiace rilevare come tutte le statistiche siano state fornite in inglese. E i dati richiesti sono stati inviati disaggregati, azione per azione, anziché sintetizzati per settore come richiesto, imponendo un lungo lavoro di rielaborazione.

Gianluigi De Marchi

Badanti e baby sitter: i datori di lavoro chiedono aiuti economici

META’ DEI DATORI DI LAVORO DI BADANTI E BABY SYTTER CHIEDONO AIUTI ECONOMICI. L’ASSESSORE CAUCINO: «LA REGIONE C’E’ E CI SARA’».

I dati derivano da un’indagine Fidaldo-Irs sul lavoro domestico presentata oggi. La titolare del Welfare della Giunta regionale ha voluto far sentire la vicinanza dell’Ente, esporre le misure già messe in campo e rilanciare, auspicando una sempre maggiore interlocuzione con le associazioni che rappresentano le famiglie. «Per meglio comprendere e, di conseguenza, rispondere ai bisogni effettivi di cura». 

Mediamente oltre il 91% dei datori di lavoro domestico si affida al passaparola o alle conoscenze personali per assumere colf, badanti e baby sitter. E se generalmente prevale la soddisfazione per la scelta dei propri collaboratori (8, in una scala da 1 a 10), nella metà dei casi le famiglie considerano quelle prestazioni non sufficienti a soddisfare i propri bisogni domestici: in particolare il 19% dichiara di riuscire a soddisfare solo parzialmente i propri bisogni di assistenza, mentre il 28% afferma di non riuscirci proprio. I più insoddisfatti sembrano essere i datori di lavoro di baby-sitter: solo il 32% di questi vede infatti le proprie esigenze di assistenza corrisposte, a fronte del 36% e 60% di chi assume, rispettivamente, badanti e colf. È quanto emerge da un’indagine esplorativa sul lavoro domestico in Italia che la Fidaldo, Federazione Italiana dei Datori di Lavoro Domestico, ha commissionato all’Irs, Istituto per la Ricerca Sociale.

L’indagine conferma una natura fortemente privata e autogestita dell’assistenza a domicilio, un welfare ‘fai da te’ in cui il datore di lavoro gestisce in quasi totale autonomia l’intero processo: dal reclutamento alla ricerca di eventuali aiuti esterni e non senza criticità: il 37% degli intervistati ha infatti dichiarato di aver trovato ‘impegnativo o complicato’ il reclutamento della badante, così come il 34% di chi ha cercato una baby sitter, contro il 13% di chi selezionava una colf.

Quanto alla dimensione economica, in generale solo il 6% dei datori di lavoro ha ammesso di ricevere sostegni economici al lavoro domestico da parte di enti pubblici (esempio: bonus badanti o baby sitter). Anche il welfare aziendale per i genitori-dipendenti di aziende o imprese non sembra raggiungere un gran numero di utenti, circa il 10% di chi impiega baby sitter. In più, per chi assume una badante o una baby sitter prevale l’interesse per forme aggiuntive di aiuti economici: il 47% dei datori di lavoro di badanti sarebbe interessato ad ottenerli così come il 47% delle famiglie con una baby sitter. Accanto a questo le famiglie dichiarano di aver bisogno di servizi di informazione e orientamento, che vengono chiesti dal 34% di chi ha assunto una badante e dal 22% di chi ha una tata.

«Come Regione e in particolare come assessorato al Welfare – spiega l’assessore regionale, Chiara Caucino – siamo molto attenti a questa tematica. Prova ne è la nostra partecipazione odierna a questo evento, finalizzata a presentare le iniziative e le misure messe in campo per il supporto famigliare e, in particolare, gli interventi di qualificazione della figura professionale dell’assistente famigliare con il progetto “Assistenza famigliare e reti territoriali”, oltre ai provvedimenti già approvati per sostenere i caregivers e per il supporto ai non auto sufficienti». Caucino pensa però al futuro e auspica «una sempre maggiore interlocuzione con le parti direttamente coinvolte – e in particolare con le associazioni che rappresentano le famiglie – per meglio comprendere e, di conseguenza, meglio rispondere, ai bisogni effettivi di cura che vengono espressi».

Fondazione CRT apre il primo “cantiere” per la formazione gratuita di leadership

Al via “Talenti per la Comunità”, un progetto pioneristico in Italia per laureati ad alto potenziale

 

 La Fondazione CRT apre il primo “cantiere” nazionale per la formazione gratuita di nuove leadership, con l’apporto scientifico, unico in Italia, della Scuola di Politica “Vivere nella Comunità” fondata da Pellegrino Capaldo, Sabino Cassese e Marcello Presicci.

 

Questo pionieristico progetto si chiama “Talenti per la Comunità: costruire nuove leadership”, e offrirà a giovani laureati under 36 – da selezionare su scala nazionale tramite bando – gli strumenti, le conoscenze e le competenze per promuovere e gestire processi di crescita sociale, civile, economica, culturale sui territori.

 

“Talenti per la Comunità” trae origine da una delle dieci idee per un futuro più sostenibile, inclusivo e orientato alla creazione di valore sociale, emerse dagli “Stati Generali” della Fondazione CRT: il lungo percorso di ascolto-partecipato con il coinvolgimento di un migliaio di stakeholder nel Nord Ovest, tra Sindaci, rappresentanti di istituzioni e fondazioni, opinion leader, protagonisti del mondo della cultura, delle Università, dell’economia, del terzo settore, del volontariato, della ricerca, dell’innovazione.

 

In un’epoca come quella attuale, caratterizzata dal venir meno dei luoghi tradizionali di costruzione delle future classi dirigenti, offrire nuovi modelli di leadership basati su idealità condivise, sul merito e sul talento è un contributo fondamentale non solo per l’innovazione sociale e territoriale, ma per la stessa vita democratica. Questa nuova sfida nel trentennale della Fondazione CRT è un ulteriore investimento nel capitale umano, la risorsa che, prima e più di ogni altra, alimenta il cambiamento attorno al bene comune”, afferma il Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia.

 

Coltiviamo il primo nucleo della next generation dei civil servants: giovani ad alto potenziale in termini di passione civile, conoscenze e competenze, pronti a contribuire all’empowerment del Paese in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il Green Deal europeo e il PNRR italiano”, dichiara il Segretario Generale della Fondazione CRT Massimo Lapucci.

 

“Talenti per la Comunità” è realizzato in collaborazione con il “Consorzio Aaster” guidato dal sociologo Aldo Bonomi, il “Cottino Social Impact Campus” e il Consorzio sociale “Il filo da tessere”.

 

Il corso multidisciplinare mixerà lezioni in presenza e a distanza, con workshop, approfondimenti di case histories e attività sul campo. Saranno formate figure con una visione internazionale, capaci di progettare, coordinare e mobilitare risorse, a partire da quelle europee, valutare la sostenibilità e l’impatto degli interventi, anche attraverso la leva dei Big Data, comunicare i territori, accompagnare la digital transformation.

 

Ulteriori informazioni sul sito www.fondazionecrt.it

“Salva mutui e affitti”, la Regione interviene con nuovi fondi

L’ASSESSORE AL WELFARE ANNUNCIA IL VIA LIBERA ALLA MISURA 

Stanziati dalla giunta 2 milioni e 400mila euro per aiutare chi, anche a causa della grave crisi economica causata dalla pandemia da Covid19, necessita di trovare un alloggio in affitto e di coloro – compresi i genitori separati o divorziati – che, nonostante abbiano usufruito della possibilità, concessa dallo Stato, di sospendere la rata del mutuo per 16 mesi, sono ancora in difficoltà economica. 

 

Dalla regione arrivano quasi 2 milioni e 400mila euro per aiutare chi, (locatari, mutuatari e genitori separati) anche a causa della grave crisi economica causata dalla pandemia da Covid19, non è stato in grado, pur volendolo, di onorare i canoni di locazione o le rate del mutuo della propria abitazione. Lo ha stabilito  la giunta regionale, su proposta dell’assessore regionale al Welfare con delega alla Casa, Chiara Caucino.

La regione ha così deciso di destinare queste nuove risorse, rifinanziando le Agenzie Sociale per la Locazione (ASLo) dei 48 Comuni piemontesi che hanno deciso di attivarle. La lista è consultabile nell’allegato 1. 

Con questa nuova iniezione di danaro la Regione amplia così i soggetti che potranno beneficiare degli aiuti ai genitori legalmente separati o divorziarti che non abbiano disponibilità della casa coniugale, per effetto della separazione stessa.

Il provvedimento è destinato a chi cerca un affitto a canone calmierato e  ai mutuatari la cui rata è stata interrotta per il limite massimo di 16 mesi (quelli che erano garantiti dallo Stato) che non sono coperti da contratti assicurativi che, nonostante la “tregua” non hanno ancora risolto le situazioni che incidono negativamente sulla loro situazione economica. La modalità di gestione della misura è a sportello. I mutuatari o i locatari in difficoltà presentano quindi domanda di contributo agli sportelli «ASLo» del Comune di residenza o allo sportello «ASLo» del Comune capofila d’ambito territoriale per coloro che risiedono in comuni privi di sportello.

Insieme alla domanda di erogazione del contributo, il richiedente dovrà presentare la documentazione che comprova la situazione di interruzione del pagamento delle rate di locazione o del mutuo concessa dall’istituto di credito con le modalità e il persistere delle situazioni che hanno inciso negativamente sulla condizione del nucleo anagrafico.

Il Comune valuterà quindi l’ammissibilità delle domande pervenute in base ai seguenti parametri: cittadinanza italiana o di un paese dell’unione europea o per coloro non appartenenti all’unione europea, possesso di un regolare permesso di soggiorno; Isee non superiore a 26mila euro; residenza anagrafica o attività lavorativa da almeno un anno nel Comune sede di ASLo o nei comuni appartenenti al medesimo ambito territoriale, previo accordo tra i Comuni; cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa; cessazione dei rapporti di lavoro ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa e morte o riconoscimento di handicap grave, ovvero di invalidità civile non inferiore all’80 per cento.

L’immobile oggetto del contributo non può superare i 95 metri quadrati e non può essere classificato. Il valore iniziale del mutuo per l’acquisto della prima casa non può superare i 100mila euro. .Il contributo a fondo perduto per i mutuatari sarà di 12 rate mensili per coloro con Isee inferiore a 6.400 euro; 9 rate mensili quelli con Isee da 6.400 fino a 10.600 euro e 6 rate mensili per chi ha Isee da 10.600,01 fino a 26mila euro.

L’assessore regionale al Welfare con delega alla Casa spiega che “con questa misura la Regione ha voluto offrire una fondamentale boccata d’ossigeno a tutti coloro che, anche a causa della crisi innescata dall’emergenza Covid19, non è ancora in grado di pagare la rata del mutuo o dell’affitto, compresi i genitori separati o divorziati. L’assessore, così come la giunta regionale, considera la casa un diritto inalienabile ritenendo che sia compito della Regione fare tutto il possibile per sostenere i cittadini più fragili, che non sono ancora in grado di far fronte in autonomia i costi per la propria abitazione”.

 

Polliotto (Unc): obbligatorio lo SPID per i servizi online della PA

La Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori spiega le novità digitali per dialogare con le Pubbliche Amministrazioni.

Dal 1° ottobre è diventato obbligatorio lo SPID per poter accedere a tutti i servizi online della Pubblica Amministrazione. Insieme al CIE (Carta d’Identità Elettronica) e al CNS (Carta Nazionale Dei Servizi) questi sono gli unici sistemi attraverso cui ci si potrà interfacciare con le sezioni online della PA per chiedere ad esempio rimborsi o effettuare richieste.
“SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) è un servizio che, con un’unica Identità Digitale composta da username e password, permette a tutti i cittadini di accedere ai servizi online di determinati uffici pubblici, come per esempio la richiesta del Reddito di Cittadinanza o del Bonus Mamma, oppure per effettuare l’iscrizione dei figli a scuola; ma anche per accedere a propri dati personali, come il libretto sanitario o la propria posizione INPS”, esordisce Patrizia Polliotto, Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori, dal 1955 a oggi la prima, più antica e autorevole associazione consumeristica italiana.
“L’obiettivo di questo sistema di autentificazione digitale è quello di semplificare il rapporto tra cittadino e servizi pubblici. L’identità digitale infatti punta a rendere accessibile (e sicuro) l’accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione attraverso internet. Con lo SPID è possibile accedere ai servizi della PA attraverso i propri Pc, ma anche con i tablet, o gli smartphone”.
“Per ottenere le credenziali dello SPID bisogna rivolgersi ad un “Identity Provider” (Fornitore di Identità digitale), i quali offrono diverse modalità per richiederlo, in un tempo che varia dai 10 ai 20 minuti massimo. Per quanto riguarda i documenti che servono per avviare la pratica di richiesta, bisogna munirsi di: carta d’identità o passaporto o patente, permesso di soggiorno, codice fiscale/tessera sanitaria, numero di cellulare del richiedente e indirizzo e-mail.
“Con lo SPID è più facile anche l’utilizzo di alcuni siti di e-commerce: il consumatore accede e acquista con richiesta delle sole credenziali che saranno collegate all’anagrafica del titolare, registrata in precedenza. Va comunque precisato che il costo di gestione e utilizzo dell’identità digitale è gratuito, pertanto, nessun costo o canone verrà richiesto. <La digitalizzazione dei servizi della PA rischia di lasciare indietro le persone che non possiedono quelle competenze digitali necessarie. Pertanto, alcuni, come l’INPS, hanno introdotto la funzionalità di delega dell’identità digitale a una persona fiduciaria. In questo modo l’utente che non sia in grado di utilizzare correttamente i servizi digitali della PA può delegare una persona di sua fiducia che ne faccia le veci”, conclude l’Avvocato Patrizia Polliotto.
Per qualsivoglia problematica relativa all’ambito consumeristico, l’Unione Nazionale Consumatori del Piemonte è disponibile dal lunedì al venerdì in Via Roma 366 in normale orario d’ufficio, allo 011 5611800 o via e-mail all’indirizzo di posta elettronica uncpiemonte@gmail.com. Tutte le informazioni sul sito www.uncpiemonte.it.

Prosperità e carbone

IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

 

Negli ultimi mesi è forte la sensazione che la Cina abbia deciso di riportare sotto il controllo statale molti comportamenti sociali ed attività economiche.

 

Lo scorso maggio era stato aumentato a tre il numero massimo di figli concesso alle famiglie cinesi, dopo essere stato elevato a due nel 2016, senza peraltro grandi risultati sulle nuove nascite.

 

Nei mesi successivi i fuochi d’artificio erano continuati.

 

A fine agosto il governo aveva annunciato il divieto per i minorenni di dedicare ai giochi elettronici più di tre ore la settimana: il giovedì, il venerdì e il sabato, dalle 20 alle 21.

 

L’agenzia di informazione governativa, la Xinhua, si era subito affrettata a precisare come questa misura volesse “proteggere la salute fisica e mentale dei giovani in un’era di grande rinnovamento della nazione”.

 

Già nel 2019 era stata introdotta una limitazione, a un’ora e mezza al giorno (tre durante le vacanze), ma evidentemente questo non era più ritenuto essere sufficiente per preservare l’integrità delle giovani generazioni.

 

Erano seguite, poi, le azioni decise nei confronti dei giganti della tecnologia cinese (in quanto fonti di eccessivo arricchimento personale e strategiche per il futuro del Paese) e del settore dell’educazione (ritenuta troppo costosa ed elitaria se lasciata nelle mani dell’iniziativa privata).

 

La matrice comune di tutte queste iniziative si può ricondurre allo slogan lanciato da Xi Jinping già nel 2017 ma diventato di dominio pubblico, ripetuto ossessivamente ad ogni uscita pubblica, solo nell’ultimo anno: “Prosperità Comune”, la vera e propria stella polare che deve guidare la navigazione della Repubblica Popolare Cinese.

 

Questa nuova linea strategica dovrà condurre a una forte riduzione delle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, anche tra le diverse regioni del Paese, e rappresenta una chiara rottura con il “Socialismo con caratteristiche cinesi” introdotto e diffuso da Deng Xiaoping.

 

Il leader indiscusso del Paese tra il 1978 ed il 1992, ricordato in occidente per i tragici fatti di piazza Tienanmen, è stato anche colui che ha portato la Cina ad aprirsi alle riforme “capitaliste” su proprietà privata (promuovendo la decollettivizzazione della terra e di fatto abolendo le comuni) ed impresa, sull’onda del “lasciate che qualcuno possa diventare ricco affinché poi ad arricchirsi sia tutto il Paese”.

 

Per Deng il perseguimento del fine ultimo della “Prosperità comune” era un obiettivo di lungo termine da raggiungere attraverso la privatizzazione di un’ampia parte dell’economia e la contemporanea creazione di una solida classe media.

 

Il risultato è stato quello di una Cina che si è presentata al nuovo millennio più aperta nei confronti del mondo e forte economicamente ma con enormi squilibri interni.

 

L’era inaugurata da Xi dal suo insediamento, nel 2013, è quella di un Paese che vuole elevare la qualità della vita del maggior numero possibile di cinesi, anche a discapito della sua crescita economica (non a caso ridimensionatasi nell’ultimo decennio).

 

Il messaggio è stato annunciato negli ultimi anni a chiare lettere pur se accompagnato dalla rassicurazione che ciò non significa certo “uccidere i ricchi per aiutare i poveri”, come ha ricordato recentemente Han Wenxiu, un alto ufficiale del partito.

 

Si tratta di ridurre drasticamente i privilegi dei più abbienti (ma senza porre a rischio l’esistenza delle loro attività imprenditoriali) e di investire con decisione nei servizi pubblici rendendoli accessibili per tutti.

 

Il costo di un simile cambiamento di rotta era ben chiaro alla dirigenza del partito e non a caso il governo ha alternato l’utilizzo del bastone, nei confronti delle grandi imprese private, con quello della carota, sottolineando la loro importanza ma anche la necessità che contribuiscano con più generosità alla crescita della società e del Paese.

 

Questo “incoraggiamento” ha portato, secondo quanto riportato dall’agenzia di informazione statunitense Bloomberg, ben 73 società cinesi quotate in borsa ad annunciare un loro contributo finanziario volontario alla “Prosperità Comune”.

 

Tra le aziende più attive e generose ci sono state quelle tecnologiche, le più penalizzate dal nuovo corso: Tencent investirà in progetti legati alla “Prosperità Comune” 50 miliardi di Reminbi (pari a 6,5 miliardi di euro) e Alibaba più del doppio.

 

A loro volta i fondatori di Xiaomi (cellulari e prodotti avanzati dell’elettronica di consumo) e Meituan (il più grande operatore cinese delle consegne a domicilio) hanno donato privatamente oltre 10 miliardi di Reminbi (1,3 miliardi di euro) in azioni delle loro società.

 

Il risultato finale dovrebbe essere quello di portare ad una maggiore “prosperità”, con una distribuzione della ricchezza più equilibrata ed un aumento massiccio della classe media.

 

Sono queste ultime le aree dove è stato più evidente il fallimento di Deng, in grado di fare crescere enormemente le dimensioni economiche del Paese a vantaggio, però, solo di una ristretta cerchia di super-ricchi.

 

La critica appare a noi occidentali forse troppo dura ed ingenerosa; sotto Deng vi è stata una importante riduzione della povertà (grazie ad una accelerata industrializzazione ed urbanizzazione della popolazione) e la classe media, quasi inesistente all’inizio del suo mandato, annovera ora circa mezzo miliardo di persone.

 

Malgrado ciò è indubbio che molto resta da fare.

 

Va ricordato, infatti, che in Cina esistono ancora 600 milioni di persone (su un totale di 1,4 miliardi) che vivono con meno di 1.000 Reminbi (130 euro) al mese e che rappresentano un perenne rischio alla sua stabilità sociale.

 

Alla gestione di Deng, Xi imputa anche una crescita endemica della corruzione e, sin dall’inizio del suo mandato, per combatterla, ha punito o epurato, secondo i dati ufficiali, più di quattro milioni di membri del partito.

 

La Prosperità Comune è inoltre così importante da giustificare deroghe (o passi indietro) a quanto sembrava già avviato e definito.

 

E’ il caso della produzione di energia dove, dopo avere pianificato la loro riduzione, la Cina ha annunciato nei giorni scorsi di volere costruire nuove, più efficienti, centrali a carbone, spostando in avanti gli obiettivi legati alla riduzione di emissioni inquinanti e allontanando così le speranze di un accordo globale al prossimo COP26 (la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ) che si terrà a Glasgow a fine ottobre.

 

Il carbone ha avuto un improvviso risveglio a causa dell’aumento di prezzo del petrolio e, a peggiorare le cose, c’è stato l’anno scorso il bando della Cina alle importazioni di carbone dall’Australia, quale ritorsione per una disputa che andava dalla critiche ricevute sulla gestione dell’esplosione della pandemia, alla sempre più netta scelta di campo occidentale (con l’adesione al QUAD con USA, India e Giappone) di Canberra.

Questa scelta si è trasformata in un clamoroso autogol: la dipendenza della Cina dal carbone è ancora elevata e le forniture, dal Kazakhstan, devono percorrere ben 30 giorni in mare (con costi elevatissimi) prima di arrivare a destinazione.

 

Il Natale che si sta avvicinando farà contenti, con i suoi regali, molti bravi bambini, pur con le difficoltà legate alla pressoché certa congestione delle consegne, ma anche i più monelli potrebbero essere, per una volta, soddisfatti di ricevere qualche chilo di nero, preziosissimo, carbone.

Come progettare architetture con approccio olistico e sensibile

La rivista di architettura THE PLAN ha organizzato, presso la sede del Museo Nazionale dell’Automobile, un seminario di architettura in presenza, gratuito e con rilascio di 4 Crediti Formativi Professionali per gli Architetti. L’appuntamento fa parte di un ciclo di incontri che la testata sta organizzando in tutta Italia sul tema “L’Architettura che verrà”.

Ospiti della giornata saranno l’arch. Giancarlo Floridi, fondatore dello studio OnSite con base a Milano, e l’arch. Peter Jaeger, fondatore di Peter Jaeger Architetti a Torino. L’incontro sarà moderato dall’arch. Lorena Alessio dello studio laa, anch’esso di Torino.

La partecipazione è gratuita ma si richiede l’iscrizione online tramite seguente link:

www.theplan.it/whats_on/progettare-architetture-con-un-approccio-olistico-e-sensibile

19 ottobre, ore 14.30-18.30

MAUTO

Corso Unità d’Italia 40

Comprensione interculturale e leadership: i giovani di Aiesec

Caro direttore,

AIESEC è la più grande organizzazione giovanile al mondo, presente in più di 100 Paesi e territori e gestita interamente da ragazzi di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Il suo obiettivo, sin dal 1948, è quello di favorire la comprensione interculturale e sviluppare il potenziale e la leadership nei giovani, perché possano creare un futuro migliore per loro stessi e per la società.

In particolare, per realizzare questo obiettivo offriamo ai giovani esperienze di tirocinio all’estero chiamate “Global Talent”.

 

I progetti Global Talent consistono in tirocini presso aziende o start up, e in essi i giovani hanno la possibilità di mettere finalmente in pratica le conoscenze teoriche acquisite grazie allo studio universitario, nonché sviluppare le proprie soft skills imparando sul campo.

Queste esperienze si svolgono all’estero per molteplici motivi, quali: inserire i giovani in ambienti diversi dalla propria zona di comfort e abituarli ad affrontare realtà nuove, permettere loro di costruirsi un network internazionale, sviluppare le proprie competenze linguistiche ed imparare metodologie di lavoro diverse da quelle italiane.

 

Tutti i progetti rispettano totalmente le norme sanitarie anti Covid-19, e per assicurarci ulteriormente la sicurezza dei ragazzi che decidono di partire con noi, offriamo solo opportunità circoscritte al territorio europeo.

I progetti sono nell’ambito di ingegneria, informatica, business e finance, ed hanno durata variabile: possono essere di tipo Short (dalle 6 alle 12 settimane) per chi ancora non ha esperienza lavorativa, oppure Medium/Long (dalle 13 settimane fino a un anno e mezzo) per chi ha esperienza lavorativa o un livello di studi già avanzato.

Le aziende con cui collaboriamo aprono delle posizioni in diversi periodi dell’anno, ragion per cui è possibile esprimere una preferenza sul periodo di partenza, grazie alla quale la nostra Area Tirocini potrà aiutare i ragazzi interessati a trovare il progetto più adatto a loro. Nel caso di tirocini Short, il costo di adesione all’esperienza include l’alloggio per l’intera durata del progetto ed è di €425; nel caso di tirocini Medium/Long, l’alloggio non è coperto ma viene garantito uno stipendio che possa coprirne le spese, e il costo per aderire all’iniziativa è di €460. Essendo AIESEC una no-profit, in entrambi i casi il costo di adesione viene reinvestito nei progetti stessi per garantire un continuo aumento di qualità e quantità delle opportunità che offriamo.


Se siete interessati a conoscere i nostri progetti o a saperne di più, vi invitiamo a lasciare il vostro contatto al link bit.ly/oGTa-Contacts, per ricevere il supporto della nostra Area Tirocini, che vi aiuterà a stilare il vostro Curriculum Vitae e a intraprendere il processo di candidatura e selezione per i progetti.

AIESEC