ECONOMIA- Pagina 132

Il “bello e il buono” del Piemonte rilanciano l’economia

La Reggia di Venaria ha riaperto le porte alle creazioni di lusso, al gusto e al benessere made in Piemonte con la seconda edizione di Experience Piemonte Luxury Design Wellness Taste: arredo, design, moda e accessori, tessile, agroalimentare, cosmesi e benessere e, novità di questa edizione, gioielleria sono i comparti di eccellenza proposti dalle 88 imprese piemontesi presenti ad un centinaio di operatori di Europa, USA, Canada, Paesi del Golfo, Sud Est Asiatico. Oltre 750 i b2b.

Complessivamente, questa edizione registra +20% di aziende piemontesi, +85% di operatori stranieri e + 60% di 2b2 organizzati rispetto allo scorso anno: numeri in crescita che confermano il Piemonte e le sue produzioni di alta qualità e di nicchia come destinazione di business per gli operatori esteri del lusso.

L’iniziativa, voluta e sostenuta dalla Regione Piemonte, è stata organizzata da Ceipiemonte nell’ambito dei Progetti Integrati di Filiera “Abbigliamento/Alta Gamma/Design”, “Agroalimentare”, “Tessile” e “Salute e Benessere”, promossi da Regione Piemonte e co-finanziati nell’ambito del Piano di Sviluppo e Coesione 2000-2020.

Ad inaugurare i lavori una conferenza che ha approfondito l’andamento e i trend del mercato dei beni di consumo nello scenario internazionale a cui hanno preso parte istituzioni ed esperti di settore che hanno condiviso le proprie esperienze, strategie e visioni. L’importanza di questi segmenti in Piemonte è confermata anche dagli ultimi dati relativi al primo semestre 2023 legati alle produzioni dei comparti alta gamma, tessile, agroalimentare, cosmesi e benessere che hanno registrato un export di 7.8 miliardi di euro, ovvero circa il 24% del totale regionale, con una crescita rispetto al primo semestre 2022 del 9% (dati Istat).

Si è iniziato con i saluti istituzionali dell’assessore all’Internazionalizzazione della Regione Piemonte Fabrizio Ricca, del segretario generale di Unioncamere Piemonte Paolo Bertolino, dei presidenti di Confindustria Piemonte Marco Gay, di Ceipiemonte Dario Peirone e della Regione Piemonte Alberto Cirio.

Il presidente Cirio ha evidenziato che “il Piemonte investe sulle proprie eccellenze in modo concreto e con diverse iniziative. Qui c’è un esempio delle grandi potenzialità delle nostre aziende e della capacità e dell’ingegno dei nostri imprenditori, proposti a quasi 100 buyes di tutto il mondo, la cui presenza è motivo di orgoglio, ma soprattutto di economia, di ricchezza e di posti di lavoro in un settore così importante come quello del lusso. La differenza – ha aggiunto – la fanno sempre le persone, che in questi settori mettono la loro capacità artistica e di invenzione. Non è pertanto un caso che i più grandi brand del lusso abbiano scelto di essere in Piemonte, ma lo hanno fatto perché ci sono tante eccellenze”.

L’assessore Ricca ha sostenuto che “l’aumento della presenza di aziende piemontesi e della committenza internazionale è la conferma di come il Piemonte e le sue produzioni di alta qualità e di nicchia siano una destinazione di business apprezzata dagli operatori esteri del lusso. A fronte di questo scenario la Regione intende confermare le politiche e gli strumenti a sostegno dell’internazionalizzazione del proprio sistema economico”.

“Experience Piemonte – ha affermato il presidente Peirone – vuole offrire opportunità concrete alle imprese del nostro territorio e i numeri in forte crescita di buyer e di aziende partecipanti sono un segnale importante. Abbiamo organizzato questa seconda edizione mettendo in campo la capacità dei team di Ceipiemonte nell’abbinare l’offerta del Piemonte con la domanda internazionale e gli oltre 80 importanti operatori esteri presenti sono il frutto di un lavoro di matchmaking su oltre 20 Paesi”.

Due i panel moderati da Andrea Cabrini, direttore editoriale di Class CNBC. Il primo, dal titolo “Piemonte: un’eccellenza che si fa ricordare”, ha visto la partecipazione di Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Brainscapital, Licia Mattioli, ad di Mattioli spa e Alfredo Russo, chef stellato del ristorante Dolce Stil Novo. Insieme hanno accompagnato la platea in un viaggio tra le eccellenze piemontesi, testimoniando il ruolo sempre maggiore del territorio a livello mondiale in un segmento esigente, in cui i consumatori abbinano il lusso all’esperienza che in Piemonte è un insieme vincente di gusto, artigianalità, creatività, manifattura di alto livello, qualità nella scelta dei materiali e della materia prima.  A seguire il secondo panel “Lusso è ciò che dura: tra tradizione e innovazione”, focalizzato su questo binomio vincente che caratterizza i beni di alta gamma come elemento duraturo nel tempo e alla base delle scelte dei consumatori, che ha visto un interessante confronto tra Diana Heredia, fabric director di Carolina Herrera, Paolo Garella, fondatore e ad di Manifattura Automobili Torino, Ginevra Rossello Paglieri, board director di Paglieri, Dario Casalini, ad Oscalito e fondatore di Slow Fiber. Ricerca di prodotto, personalizzazione, sostenibilità: sono state queste le parole chiave che hanno fatto emergere come i clienti siano sempre di più orientati a un lusso senza tempo, ma ricercato e attento all’ambiente, tutte tendenze in cui il Piemonte è portavoce sui mercati internazionali.

A cornice di tutto un percorso-mostra allestito nell’elegante cornice della Citroniera con una selezione di prodotti delle imprese piemontesi che partecipano all’iniziativa e che rappresentano l’alta gamma regionale di: tessuti, abiti ricercati, gioielli unici, complementi di arredo, golosità agroalimentari e prodotti per la cosmesi e il benessere.

La disfida del Giandujotto approda in Europa

Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha portato all’attenzione del Commissario europeo per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, la questione del riconoscimento della denominazione del Gianduiotto Piemonte Igp.

Con loro anche il maestro cioccolatiere Guido Castagna, coordinatore del Comitato promotore del riconoscimento del Gianduiotto Piemonte Igp, e l’avvocato Antonio Borra.

L’incontro, che si è svolto ieri pomeriggio in videocollegamento, era stato preannunciato l’altro ieri al termine di un confronto organizzato dal presidente Cirio con esponenti del Consiglio regionale, i rappresentanti del Comitato e con la partecipazione telefonica del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida.

Il commissario Wojciechowski ha ringraziato la Regione per aver segnalato questa problematica e ha assicurato che nel rispetto delle regole europee in tema di tutela delle denominazioni farà tutto ciò che è in suo potere per difendere il legame tra i marchi dei prodotti e la loro città o Regione d’origine. Alla luce delle verifiche effettuate, la Regione e il Comitato intendono proseguire nella richiesta inoltrata al Ministero, certi oggi anche più di ieri della correttezza delle proprie istanze a tutela del proprio territorio.

Durante l’incontro sono state ripercorse le tappe dell’iter di riconoscimento della denominazione, iniziato a marzo del 2022, a cui la Regione ha dato parere positivo a settembre dello stesso anno. La pratica è ora all’esame del Ministero dell’Agricoltura con l’opposizione di una multinazionale che rivendica la titolarità del marchio e obietta sulla titolarità del Comitato di proteggere la denominazione con la richiesta del riconoscimento Igp.

“Il riconoscimento Igp non vuole essere un marchio commerciale, ma uno strumento per garantire questa eccellenza dolciaria come patrimonio comune di tutto il Piemonte e dei cioccolatieri che vorranno seguire la ricetta autentica”, dichiara il presidente Cirio.

Morti sul lavoro, in Piemonte edilizia e agricoltura i più colpiti

Edilizia e agricoltura sono i settori più a rischio infortuni, mentre la cultura della prevenzione viene meno soprattutto nelle microimprese.

È quanto è emerso nella terza Commissione del Consiglio regionale (presidente Claudio Leone) durante l’audizione degli Spresal delle Aziende sanitarie locali, dell’Ispettorato del Lavoro e dell’Inail in merito all’indagine conoscitiva richiesta dall’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale. L’obiettivo è elaborare una programmazione delle politiche regionali per migliorare la prevenzione e diffondere la cultura della sicurezza sui posti di lavoro. In Piemonte nel 2022, ci sono stati 50 infortuni mortali, mentre al 31 luglio di quest’anno erano già 42 le persone decedute sul posto di lavoro.

Nel corso dei vari interventi ci si è soffermati sulla novità del 2023 dei piani mirati di prevenzione, con lo scopo di diffondere nelle aziende le buone pratiche di sicurezza. Ma, come ribadito in più occasioni, uno dei problemi più evidenti da superare rimane quello della carenza di personale per pensionamenti e trasferimenti dei medici del lavoro e dei tecnici della prevenzione. In Piemonte esiste una sola scuola di specializzazione per i medici del lavoro.

Il territorio biellese è emblematico per la forte impronta data dalle microimprese, che sono il 95 per cento del totale, ed è soprattutto in questi limitati contesti lavorativi che si fa fatica a diffondere la cultura della prevenzione.

Mentre nel Cuneese sono soprattutto le aziende agricole esposte al forte rischio di incidenti, nel corso dell’audizione si è fatto cenno anche alle malattie professionali, dai tumori dell’apparato respiratorio alle lesioni per il sovraccarico dell’apparato muscolo-scheletrico, e agli infortuni nel contesto dell’alternanza scuola-lavoro.

Pier Luigi Pavanelli dello Spresal della Città di Torino si è soffermato sull’introduzione del codice degli appalti con l’importante sottoscrizione del protocollo d’intesa tra tutti i soggetti istituzionali dopo il tragico crollo della gru in via Genova nel dicembre del 2021.

Da parte dell’Inail c’è stato il forte richiamo agli investimenti per la sicurezza, che passa anche dalla collaborazione tra tutti i soggetti e lo scambio dei dati tra enti diversi.

Sergio Fossati, capo dell’Ispettorato territoriale del lavoro per il Piemonte Sud (Cuneo, Asti e Alessandria) ha sottolineato che nell’area di sua competenza quest’anno sono state effettuate 564 ispezioni, accertando 1059 violazioni.

Per delucidazioni sono intervenuti Francesca Frediani (M4o), Diego Sarno (Pd), Silvana Accossato (Luv), e Sarah Disabato (M5s).

Rischi e/o vantaggi dell’intelligenza artificiale

Se ne discute martedì 14 novembre in piazza dei Mestieri alla presenza di  Carlo Giacometto e Claudia Porchietto

Obiettivo Piemonte presenta il libro dal titolo “INTELLIGENZA ARTIFICIALE E NOI? UNA SFIDA ALLA NOSTRA UMANITÀ”. La sede di presentazione sarà Piazza dei Mestieri,  in via Jacopo Duranti nella Sala Polifunzionale, martedì 14 novembre alle ore 18.30.

Parteciperanno Carlo Giacometto, presidente di Obiettivo Piemonte, Claudia Porchietto, presidente diSmartCommunitiesTech, Antonio Palmieri, Fondatore e presidente Fondazione Pensiero Solido. Moderatrice la giornalista Cinzia Gatti.

Si tratta di una raccolta di venticinque contributi chiari e comprensibili a tutti, testi brevi, che focalizzano i punti chiave del rapporto tra l’uomo e l’intelligenza artificiale. Pensatori laici e religiosi, accademici,  ricercatori, esponenti  delle grandi aziende tecnologiche, ricercatori sociali,  tecnologi, imprenditori, professionisti e manager si sono confrontati su questo tema rispondendo a domande quali il modo in cui possiamo orientarci tra scenari apocalittici e concezioni salvifiche della tecnologia. Ci si è  interrogati anche sul modo di capire potenzialità e rischi dell’intelligenza artificiale.

Mara Martellotta

Si è conclusa con numeri da fiera internazionale Tutto Mele

Si è conclusa con numeri da fiera internazionale Tutto Mele a Cavour, pochi km da Torino per una grande fiera nel nome della mela.
Frutto indispensabile sulle nostre tavole, l incontro con i coltivatori di questo frutto non è  solo importante per conoscerne  la  professionalità ma l amore e l’ attenzione con cui curano e studiamo l evolversi delle piante. Qui abbiamo trovato anche i frutti bollinati che in città costano il triplo.. Attenzione alla natura e alle nostre radici, con il confronto di prodotti ed espositori da tutta Italia.
Musica e buon vino per un gran finale in attesa della prossima edizione .

GABRIELLA DAGHERO

Gli industriali di Torino in assemblea: “Conoscenza e competenza per il futuro”

La società sta invecchiando e “lavorare per il futuro significa  continuare a investire per una socialità inclusiva, solidale e sostenibile: servono un approccio e strumenti adeguati ai tempi, ecco perché  è importante dare voce e ascoltare coloro i quali hanno competenza e conoscenza”. Così Giorgio Marsiaj, il presidente uscente  degli industriali  di Torino, nel dibattito con Paolo Mieli nel corso dell’assemblea generale dell’Ui: “Torino, spazio al futuro” tenutasi al Teatro Regio. Quattro i filoni strategici scelti in occasione dell’evento: geopolitica, ambiente e salute, innovazione e intelligenza artificiale, attrattività del territorio, con l’aglio interventi di Dario Fabbri, analista geopolitico e direttore di Domino, Ilaria Capua, Senior Fellow for Global Health, Johns Hopkins University, Barbara Caputo, direttrice del Centro di Eccellenza per l’Intelligenza Artificiale del Politecnico di Torino, e Giovanni Sandri, responsabile BlackRock per il Sud Europa. In platea il sindaco Stefano Lo Russo, il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi e Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Marsiaj ha detto che è importante che “oggi ci siano anche i ragazzi ad ascoltarci: è nostro dovere riflettere con loro sul mondo del lavoro e dell’impresa in cui stanno per entrare, cosi che abbiano la possibilità di conoscere in concreto i problemi di una società industriale avanzata”.

“La Città di Torino crede nel Giandujotto Igp”

Sono contento – commenta l’assessore al Commercio del Comune di Torino Paolo Chiavarino – che Cioccolatò sia una kermesse che riempie le piazze ma che sa anche offrire spunti importanti per tutti gli addetti ai lavori. Nel convegno di questa mattina sia è parlato di Gianduiotto di Torino IGP e trovo ragionevole e legittimo che il mondo del cioccolato della nostra città voglia fortemente questo riconoscimento. D’altronde, e lo abbiamo dimostrato in questi giorni, Torino è la vera capitale italiana del cioccolato. Presto arriverà anche un museo a celebrare il ruolo importantissimo che il cioccolato gioca nella storia della nostra città e dell’Italia intera.

Sono convinto che, come  ha ricordato anche il Presidente di The Chocolate Way Nino Scivoletto, la ricaduta economica del cioccolato sulla città non vada sottovalutata bensì incoraggiata. Questo riconoscimento europeo sottolineerà una volta di più la straordinarietà di Torino e della nostra Regione!

Se la Svizzera blocca il Giandujotto Torino Igp

Se n’è parlato al convegno “Il Cioccolato delle meraviglie: salute, benessere e felicità”

Si è parlato di Giandujotto di Torino IGP questa mattina al convegno Il Cioccolato delle meraviglie: salute, benessere e felicità di CioccolaTò in piazza San Carlo a Torino. A chiedere aiuto alle istituzioni è stato Antonio Borra, Segretario del Comitato del Giandujotto di Torino IGP.

Il progetto, volto ad ottenere il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta del Giandujotto, è nato nel 2017 e ha il sostegno di 4 facoltà universitarie, di aziende come Ferrero, Venchi, Domori, Pastiglie Leone e di cioccolatieri come Guido Gobino, Guido Castagna, Giorgio e Bruna Peyrano.

Oggi il progetto è in stallo perché il Gruppo Lindt si oppone. Fra le richieste inaccettabili del gruppo svizzero quella di inserire nel disciplinare il latte, ingrediente utilizzato solo dall’industria: il vero giandujotto è fatto solo con 3 ingredienti: nocciola, zucchero e massa di cacao.

Antonio Borra ha chiesto aiuto dal palco di CioccolaTò alla Città e alla Regione per fare rete e lavorare per far riconoscere dall’Europa il Giandujotto di Torino IGP sulla base del progetto che ha forti basi scientifiche.

Borra ha proseguito poi ricordando un dato importante: oggi il gianduiotto vale 200 milioni di euro all’anno. Il Segretario del Comitato del Giandujotto di Torino IGP ha concluso con un’affermazione programmatica forte: “Un gruppo svizzero non può far naufragare un progetto europeo!”.

Durante il convegno il progetto ha ricevuto l’endorsement anche di Giorgio Calabrese, medico specializzato in Scienza dell’Alimentazione e Presidente del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare, che si è impegnato a portare la questione anche in sede ministeriale.

www.cioccola-to.events

“Pensioni integrative falciate del 70%”

 

Non si era mai visto un caso simile: le pensioni integrative erogate dal Fondo pensioni ex Banco di Roma gestito da UNICREDIT sono state decurtate del 70%, riducendo a poche decine di euro gli importi erogati ad oltre 20.000 pensionati dell’Istituto! Una tragedia che, esaminando i fatti, ha delle cause ben precise.

Nel corso degli anni la situazione del Fondo è andata peggiorando, a causa di operazioni finanziarie non rispondenti alle esigenze di prudente gestione che normalmente si associano allo scopo di garantire una rendita sicura agli associati.

Un Fondo pensioni, infatti, non è un fondo comune speculativo, ma una cassa (alimentata da contributi del datore di lavoro e dei lavoratori) che raccoglie mensilmente i capitali versati per investirli nel modo più redditizio e sicuro possibile.

Questo fondamentale principio è chiaramente espresso dallo stesso Statuto del Fondo, che all’art.3 recita: “Il Fondo ha lo scopo di consentire agli Iscritti di disporre, all’atto del pensionamento, di prestazioni pensionistiche complementari al sistema obbligatorio secondo le previsioni contenute nella Parte III del presente Statuto e nel Regolamento da incorporazione, che costituisce parte integrante e sostanziale dello Statuto. A tale fine esso provvede alla raccolta dei contributi, alla gestione delle risorse nell’esclusivo interesse degli Iscritti stessi e all’erogazione delle prestazioni secondo quanto disposto dalla normativa in materia di previdenza complementare tempo per tempo vigente, dal presente Statuto e dal Regolamento da incorporazione. Il Fondo non ha scopo di lucro.

La gestione deve essere effettuata “nell’esclusivo interesse degli iscritti”, senza alcuna commistione con gli interessi della banca, che possono anche essere opposti (e, come si vedrà, lo sono stati!).

Inoltre, non avendo scopo di lucro, il Fondo non può effettuare operazioni speculative, ma conservative del patrimonio con l’obiettivo precipuo di trarne un reddito, che è la fonte dalla quale attingere per erogare le pensioni, sulla base dei complessi calcoli tecnici elaborati dagli attuari.

Purtroppo per i pensionati, lo Statuto del Fondo prevede (art.34) che la gestione dei risparmi accumulati sia nelle mani dei dirigenti di Unicredit e dei rappresentanti degli “iscritti attivi” (in realtà si tratta di sindacalisti). Solo due “vecchietti” sono ammessi al Consiglio, trattati come un “carico residuale”, mentre dovrebbero essere i soli protagonisti.

Il Fondo è amministrato da un Consiglio di Amministrazione costituito da sedici componenti dei quali: a) otto nominati da UniCredit di cui almeno uno appartenente alla categoria dei Pensionati fruenti di pensione diretta ovvero di rendita a capitalizzazione individuale; b) sette eletti dagli Iscritti attivi; c) uno eletto dai Pensionati fruenti di pensione diretta ovvero di rendita a capitalizzazione individuale.

Ma cosa è avvenuto di così grave negli anni per provocare il drastico calo delle prestazioni?

Lo chiarisce Gianluigi De Marchi, fiduciario per il Piemonte dell’Associazione pensionati ex Banco di Roma.

Il primo macigno collocato sulle nostre spalle risale al 2003, quando gli amministratori del Fondo decisero di “avviare una graduale dismissione del patrimonio immobiliare ad uso abitativo” vendendo (o svendendo?) circa 400 appartamenti a Roma ed a Milano con l’obiettivo di “realizzare un’adeguata diversificazione degli investimenti” (le frasi in corsivo sono tratte in forma integrale dalla relazione del Consiglio di Amministrazione del Fondo al bilancio 2003). Ma cosa hanno fatto questi geni? “Il Consiglio ha valutato positivamente la possibilità di riallocare le risorse in cespiti immobiliari ad uso commerciale, con indubitabili vantaggi in termini di certezza dei valori e di certezza di redditività”; per i non esperti: usciamo dal settore immobiliare e rientriamo nel settore immobiliare…

Il bello è che a fronte di 400 appartamenti venduti, non sono entrati 400 negozi o uffici, ma un unico cespite, l’immobile in Viale Tupini 180 a Roma, guarda caso di proprietà del gruppo Capitalia (che aveva assorbito il Banco di Roma). Il Consiglio si affanna a giustificare l’operazione, precisando che “ha esaminato numerose proposte di investimento immobiliare”, arrivando a scegliere quella “in famiglia” che garantiva un prezzo interessante ed una redditività sicura (15 anni di affitto garantito). E naturalmente si mettevano le mani avanti precisando che “le oggettive caratteristiche dell’investimento sono tali da escludere in radice ogni aspetto di conflittualità con l’interesse del Fondo”! Insomma, si sono venduti 400 appartamenti per comprare un unico enorme immobile per ridurre il rischio… Roba che, se espressa da un iscritto al primo anno di ragioneria avrebbe comportato l’immediata bocciatura, perché è vero esattamente il contrario: il rischio si riduce con la diversificazione degli investimenti, non con la sua concentrazione!”.

La redditività è stata regolare per 15 anni, ma al termine del contratto di affitto UNICREDIT ha disdetto la locazione, gli amministratori hanno dormito sonni tranquilli e solo a trasloco avvenuto si sono resi conto che il mostro sul laghetto dell’EUR era vuoto e non produceva più un euro di reddito… Da tre anni, nonostante le tardive attività di commercializzare l’immobile, Viale Tupini è un’immobilizzazione infruttifera.

Purtroppo non finisce qui” continua De Marchi ”perché nel 2008 il Fondo ha acquistato obbligazioni di Lehman Brothers poco tempo prima del suo fallimento, azzerando l’investimento (chissà se le ha comprate da UNICREDIT? A pensar male si fa peccato, ma…); nel 2015 ha comprato per 11 milioni il Fondo Immobiliare Idea Fimit, oggi svalutato a 0,5 milioni euro (il fondo faceva parte del Gruppo Parnasi, in gravissima crisi e debitore di UNICREDIT per oltre 500 milioni di euro, anche in questo caso a pensar male si fa peccato ma…); e per finire, chicca straordinaria per una gestione prudenziale tipica di un Fondo pensioni, nel 2015 ha acquistato strumenti finanziari derivati, con conseguente applicazione da parte della COVIP di sanzioni amministrative!!!”

E’ incredibile che una Banca come Unicredit, che amministra il Fondo, non sia riuscita negli anni a tutelare le pensioni dei suoi ex dipendenti ed abbia loro accollato investimenti disastrosi provenienti dal suo patrimonio.

La misura è colma” dichiara De Marchi” “abbiamo sopportato per troppo tempo i casi di mala gestio, ora abbiamo deciso di reagire. Stiamo attivando una serie di azioni per tutelare i nostri interessi e nelle prossime settimane daremo il via anche a manifestazioni per smuovere l’opinione pubblica e richiamare alle proprie responsabilità tutte le parti coinvolte nel dissesto del nostro Fondo, al fine di ottenere l’apertura di negoziati istituzionali con il Fondo, con UNICREDIT, con la Autorità di vigilanza Covip e con i Ministeri vigilanti”.

MARA MARTELLOTTA