La società sta invecchiando e “lavorare per il futuro significa continuare a investire per una socialità inclusiva, solidale e sostenibile: servono un approccio e strumenti adeguati ai tempi, ecco perché è importante dare voce e ascoltare coloro i quali hanno competenza e conoscenza”. Così Giorgio Marsiaj, il presidente uscente degli industriali di Torino, nel dibattito con Paolo Mieli nel corso dell’assemblea generale dell’Ui: “Torino, spazio al futuro” tenutasi al Teatro Regio. Quattro i filoni strategici scelti in occasione dell’evento: geopolitica, ambiente e salute, innovazione e intelligenza artificiale, attrattività del territorio, con l’aglio interventi di Dario Fabbri, analista geopolitico e direttore di Domino, Ilaria Capua, Senior Fellow for Global Health, Johns Hopkins University, Barbara Caputo, direttrice del Centro di Eccellenza per l’Intelligenza Artificiale del Politecnico di Torino, e Giovanni Sandri, responsabile BlackRock per il Sud Europa. In platea il sindaco Stefano Lo Russo, il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi e Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Marsiaj ha detto che è importante che “oggi ci siano anche i ragazzi ad ascoltarci: è nostro dovere riflettere con loro sul mondo del lavoro e dell’impresa in cui stanno per entrare, cosi che abbiano la possibilità di conoscere in concreto i problemi di una società industriale avanzata”.
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Analisi del sentiment degli imprenditori, con un focus speciale sulle prospettive del 2024 MARTEDI’ 7 novembre in Ascom, in via Massena 20
Sono convinto che, come ha ricordato anche il Presidente di The Chocolate Way Nino Scivoletto, la ricaduta economica del cioccolato sulla città non vada sottovalutata bensì incoraggiata. Questo riconoscimento europeo sottolineerà una volta di più la straordinarietà di Torino e della nostra Regione!
Se n’è parlato al convegno “Il Cioccolato delle meraviglie: salute, benessere e felicità”
Si è parlato di Giandujotto di Torino IGP questa mattina al convegno Il Cioccolato delle meraviglie: salute, benessere e felicità di CioccolaTò in piazza San Carlo a Torino. A chiedere aiuto alle istituzioni è stato Antonio Borra, Segretario del Comitato del Giandujotto di Torino IGP.
Il progetto, volto ad ottenere il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta del Giandujotto, è nato nel 2017 e ha il sostegno di 4 facoltà universitarie, di aziende come Ferrero, Venchi, Domori, Pastiglie Leone e di cioccolatieri come Guido Gobino, Guido Castagna, Giorgio e Bruna Peyrano.
Oggi il progetto è in stallo perché il Gruppo Lindt si oppone. Fra le richieste inaccettabili del gruppo svizzero quella di inserire nel disciplinare il latte, ingrediente utilizzato solo dall’industria: il vero giandujotto è fatto solo con 3 ingredienti: nocciola, zucchero e massa di cacao.
Antonio Borra ha chiesto aiuto dal palco di CioccolaTò alla Città e alla Regione per fare rete e lavorare per far riconoscere dall’Europa il Giandujotto di Torino IGP sulla base del progetto che ha forti basi scientifiche.
Borra ha proseguito poi ricordando un dato importante: oggi il gianduiotto vale 200 milioni di euro all’anno. Il Segretario del Comitato del Giandujotto di Torino IGP ha concluso con un’affermazione programmatica forte: “Un gruppo svizzero non può far naufragare un progetto europeo!”.
Durante il convegno il progetto ha ricevuto l’endorsement anche di Giorgio Calabrese, medico specializzato in Scienza dell’Alimentazione e Presidente del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare, che si è impegnato a portare la questione anche in sede ministeriale.
“Pensioni integrative falciate del 70%”
Non si era mai visto un caso simile: le pensioni integrative erogate dal Fondo pensioni ex Banco di Roma gestito da UNICREDIT sono state decurtate del 70%, riducendo a poche decine di euro gli importi erogati ad oltre 20.000 pensionati dell’Istituto! Una tragedia che, esaminando i fatti, ha delle cause ben precise.
Nel corso degli anni la situazione del Fondo è andata peggiorando, a causa di operazioni finanziarie non rispondenti alle esigenze di prudente gestione che normalmente si associano allo scopo di garantire una rendita sicura agli associati.
Un Fondo pensioni, infatti, non è un fondo comune speculativo, ma una cassa (alimentata da contributi del datore di lavoro e dei lavoratori) che raccoglie mensilmente i capitali versati per investirli nel modo più redditizio e sicuro possibile.
Questo fondamentale principio è chiaramente espresso dallo stesso Statuto del Fondo, che all’art.3 recita: “Il Fondo ha lo scopo di consentire agli Iscritti di disporre, all’atto del pensionamento, di prestazioni pensionistiche complementari al sistema obbligatorio secondo le previsioni contenute nella Parte III del presente Statuto e nel Regolamento da incorporazione, che costituisce parte integrante e sostanziale dello Statuto. A tale fine esso provvede alla raccolta dei contributi, alla gestione delle risorse nell’esclusivo interesse degli Iscritti stessi e all’erogazione delle prestazioni secondo quanto disposto dalla normativa in materia di previdenza complementare tempo per tempo vigente, dal presente Statuto e dal Regolamento da incorporazione. Il Fondo non ha scopo di lucro.”
La gestione deve essere effettuata “nell’esclusivo interesse degli iscritti”, senza alcuna commistione con gli interessi della banca, che possono anche essere opposti (e, come si vedrà, lo sono stati!).
Inoltre, non avendo scopo di lucro, il Fondo non può effettuare operazioni speculative, ma conservative del patrimonio con l’obiettivo precipuo di trarne un reddito, che è la fonte dalla quale attingere per erogare le pensioni, sulla base dei complessi calcoli tecnici elaborati dagli attuari.
Purtroppo per i pensionati, lo Statuto del Fondo prevede (art.34) che la gestione dei risparmi accumulati sia nelle mani dei dirigenti di Unicredit e dei rappresentanti degli “iscritti attivi” (in realtà si tratta di sindacalisti). Solo due “vecchietti” sono ammessi al Consiglio, trattati come un “carico residuale”, mentre dovrebbero essere i soli protagonisti.
“Il Fondo è amministrato da un Consiglio di Amministrazione costituito da sedici componenti dei quali: a) otto nominati da UniCredit di cui almeno uno appartenente alla categoria dei Pensionati fruenti di pensione diretta ovvero di rendita a capitalizzazione individuale; b) sette eletti dagli Iscritti attivi; c) uno eletto dai Pensionati fruenti di pensione diretta ovvero di rendita a capitalizzazione individuale.
Ma cosa è avvenuto di così grave negli anni per provocare il drastico calo delle prestazioni?
Lo chiarisce Gianluigi De Marchi, fiduciario per il Piemonte dell’Associazione pensionati ex Banco di Roma.
“Il primo macigno collocato sulle nostre spalle risale al 2003, quando gli amministratori del Fondo decisero di “avviare una graduale dismissione del patrimonio immobiliare ad uso abitativo” vendendo (o svendendo?) circa 400 appartamenti a Roma ed a Milano con l’obiettivo di “realizzare un’adeguata diversificazione degli investimenti” (le frasi in corsivo sono tratte in forma integrale dalla relazione del Consiglio di Amministrazione del Fondo al bilancio 2003). Ma cosa hanno fatto questi geni? “Il Consiglio ha valutato positivamente la possibilità di riallocare le risorse in cespiti immobiliari ad uso commerciale, con indubitabili vantaggi in termini di certezza dei valori e di certezza di redditività”; per i non esperti: usciamo dal settore immobiliare e rientriamo nel settore immobiliare…
Il bello è che a fronte di 400 appartamenti venduti, non sono entrati 400 negozi o uffici, ma un unico cespite, l’immobile in Viale Tupini 180 a Roma, guarda caso di proprietà del gruppo Capitalia (che aveva assorbito il Banco di Roma). Il Consiglio si affanna a giustificare l’operazione, precisando che “ha esaminato numerose proposte di investimento immobiliare”, arrivando a scegliere quella “in famiglia” che garantiva un prezzo interessante ed una redditività sicura (15 anni di affitto garantito). E naturalmente si mettevano le mani avanti precisando che “le oggettive caratteristiche dell’investimento sono tali da escludere in radice ogni aspetto di conflittualità con l’interesse del Fondo”! Insomma, si sono venduti 400 appartamenti per comprare un unico enorme immobile per ridurre il rischio… Roba che, se espressa da un iscritto al primo anno di ragioneria avrebbe comportato l’immediata bocciatura, perché è vero esattamente il contrario: il rischio si riduce con la diversificazione degli investimenti, non con la sua concentrazione!”.
La redditività è stata regolare per 15 anni, ma al termine del contratto di affitto UNICREDIT ha disdetto la locazione, gli amministratori hanno dormito sonni tranquilli e solo a trasloco avvenuto si sono resi conto che il mostro sul laghetto dell’EUR era vuoto e non produceva più un euro di reddito… Da tre anni, nonostante le tardive attività di commercializzare l’immobile, Viale Tupini è un’immobilizzazione infruttifera.
“Purtroppo non finisce qui” continua De Marchi ”perché nel 2008 il Fondo ha acquistato obbligazioni di Lehman Brothers poco tempo prima del suo fallimento, azzerando l’investimento (chissà se le ha comprate da UNICREDIT? A pensar male si fa peccato, ma…); nel 2015 ha comprato per 11 milioni il Fondo Immobiliare Idea Fimit, oggi svalutato a 0,5 milioni euro (il fondo faceva parte del Gruppo Parnasi, in gravissima crisi e debitore di UNICREDIT per oltre 500 milioni di euro, anche in questo caso a pensar male si fa peccato ma…); e per finire, chicca straordinaria per una gestione prudenziale tipica di un Fondo pensioni, nel 2015 ha acquistato strumenti finanziari derivati, con conseguente applicazione da parte della COVIP di sanzioni amministrative!!!”
E’ incredibile che una Banca come Unicredit, che amministra il Fondo, non sia riuscita negli anni a tutelare le pensioni dei suoi ex dipendenti ed abbia loro accollato investimenti disastrosi provenienti dal suo patrimonio.
“La misura è colma” dichiara De Marchi” “abbiamo sopportato per troppo tempo i casi di mala gestio, ora abbiamo deciso di reagire. Stiamo attivando una serie di azioni per tutelare i nostri interessi e nelle prossime settimane daremo il via anche a manifestazioni per smuovere l’opinione pubblica e richiamare alle proprie responsabilità tutte le parti coinvolte nel dissesto del nostro Fondo, al fine di ottenere l’apertura di negoziati istituzionali con il Fondo, con UNICREDIT, con la Autorità di vigilanza Covip e con i Ministeri vigilanti”.
MARA MARTELLOTTA
Le parole della Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori a favore dell’adozione della misura.
Oltre agli aumenti in busta paga derivanti dal taglio del cuneo fiscale c’è una novità che riguarda i fringe benefit, quei beni e servizi che le aziende concedono ai propri dipendenti e vanno ad integrare la retribuzione. Tema più che mai attuale, e altrettanto caldo.
“Misura utile, specie in tempo di inflazione e riduzione del potere d’acquisto: che, se da un lato aiuta i consumatori a fronteggiare le spese ordinarie divenute sempre più care, dall’altro offre alle imprese uno strumento utile in termini di abbattimento delle tasse sugli utili e di fidelizzazione della propria forza-lavoro, mai così preziosa e rara come in questo preciso momento storico”. Sono parole di Patrizia Polliotto, Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori. “Per il 2024 il tetto massimo di esenzione fiscale per le misure di welfare aziendale sale a 1.000 euro per tutti i lavoratori dipendenti e raddoppia a 2.000 euro per quelli con figli a carico. Il Decreto Lavoro 2023 aveva già previsto la conferma dei fringe benefit. Nell’anno in corso il beneficio è stato quantificato in 258,23 euro per i lavoratori dipendenti, che arrivano a 3.000 euro in caso di figli a carico”.
Che prosegue: “I fringe benefit ricadono nella categoria dei compensi in natura, ovvero quella parte di retribuzione, comunque presente nel cedolino, che viene erogata dal datore di lavoro sotto forma di beni e servizi. Gli esempi più comuni di fringe benefit riguardano la concessione di buoni pasto, auto aziendali, cellulari aziendali, uso di abitazioni in comodato d’uso o con affitto agevolato, prestiti agevolati, borse di studio e voucher cartacei o elettronici per una serie di servizi quali bollette, palestra, benzina, spesa e vacanza”.
L’applicazione dei fringe benefit è opzionale: non esiste nessun obbligo per il datore di lavoro di erogare i fringe benefit. I fringe benefit possono essere erogati alla generalità dei lavoratori, ma anche a un lavoratore in particolare. Rileva ancora da ultimo Patrizia Polliotto: “I servizi e i beni aggiuntivi alla retribuzione non rappresentano un costo oneroso per l’azienda, ma anzi sono deducibili entro i limiti sopra indicati, come specificato in Legge di Bilancio e nel Testo Unico delle Imposte dei Redditi. Oltre tale soglia i beni e i servizi erogati costituiscono un costo per l’impresa e sono soggetti a tassazione. Per quanto riguarda i dipendenti, a stabilire come debbano essere trattati fiscalmente i fringe benefit è l’articolo 51 del DPR n. 917/86 (c.d. TUIR)”.
Per queste e altre esigenze è possibile contattare dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 18 lo sportello del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori, con sede a Torino in Via Roma 366 ed a Pinerolo, in Viale Cavalieri
E’ possibile ritirare la pensione nei 419 Uffici Postali e nei 236 ATM Postamat della provincia
Poste Italiane comunica che in tutti i 419 Uffici Postali della provincia di Torino le pensioni del mese di novembre saranno in pagamento a partire da giovedì 2.
Per una migliore fruizione del servizio, è consigliabile, per il ritiro delle pensioni in contanti, seguire la turnazione alfabetica suggerita nell’avviso specifico posto all’esterno di ciascun Ufficio Postale, come nell’esempio:
i cognomi dalla A alla C giovedì 2 novembre
dalla D alla K venerdì 3 novembre
dalla L alla P sabato (solo mattina) 4 novembre
dalla Q alla Z lunedì 6 novembre
Le pensioni di novembre saranno disponibili a partire da giovedì 2, anche per i titolari di un Libretto di Risparmio, di un Conto BancoPosta o di una Postepay Evolution che abbiano scelto l’accredito. I possessori di Carta di Debito associate a conti/libretti o di Postepay Evolution, quindi, potranno prelevare in contanti dai 236 ATM Postamat della provincia, senza recarsi allo sportello. Inoltre, i possessori di Carta di Debito associate a conti/libretti potranno usufruire gratuitamente di una polizza assicurativa che consente un risarcimento fino a € 700 all’anno sui furti di contante subiti nelle due ore successive al prelievo effettuato sia dagli sportelli postali sia dagli ATM Postamat.
Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.poste.it o contattare 06 45263322.
Iren ha ricevuto comunicazione dal Consiglio di Gestione di EGEA SpA che la propria offerta vincolante, presentata nell’ambito della procedura indetta per l’acquisizione di asset e partecipazioni della società, è stata ritenuta completa, soddisfacente e idonea alla valorizzazione e al rilancio degli asset aziendali ed è stata pertanto accettata, con il conseguente avvio di una trattativa in esclusiva fra le parti, in seno alla procedura negoziata di gestione della crisi del Gruppo EGEA.
Le parti proseguiranno le attività, nel rispetto dei tempi e dei passaggi formali previsti dalla procedura negoziata della crisi, per la definizione del piano di rilancio previsto da Iren, che prevede, se si avvereranno le condizioni definite nella proposta Iren, la valorizzazione di tutti gli stakeholders presenti sul territorio.
“Crediamo molto in quest’operazione ed abbiamo lavorato duramente in questi mesi per arrivare alla formulazione di una solida proposta industriale – ha affermato Luca Dal Fabbro, Presidente di Iren – la nostra offerta poggia su un piano economico ed industriale finalizzato alla valorizzazione e allo sviluppo degli asset Egea e prevede la generazione di sinergie e la loro integrazione nel modello operativo nel Gruppo Iren, caratterizzato da una forte attenzione verso la crescita del territorio e gli stakeholder locali”.
Più risorse alla sanità. Con una proposta di legge al Parlamento, presentata dalla Giunta e votata ieri all’unanimità, il Consiglio regionale chiede di vincolare per legge ad una percentuale non inferiore al 7,5 per cento del Pil il finanziamento annuale del sistema sanitario nazionale, con un incremento graduale da qui al 2027.
Il testo, ha spiegato l’assessore Luigi Icardi, è stato condiviso in Conferenza delle Regioni e sarà ora inviato alla Camera dei Deputati: “Con questa legge chiediamo che i fondi della sanità vengano integrati, fino a raggiungere la soglia minima del 7,5 per cento del Pil, e il superamento dei vincoli di spesa per il personale sanitario, nel rispetto dell’equilibrio finanziario”.
Per il relatore di maggioranza Alessandro Stecco(Lega) “il ragionamento che sottende alla legge è la crescita tendenziale delle richieste di prestazioni sanitarie e sociosanitarie a fronte di un servizio sottofinanziato e ancora in affanno per la necessità di coprire i costi derivanti dalle spese sostenute in pandemia. Da qui l’esigenza di destinare maggiori risorse alla sanità per garantire a tutti il diritto alla salute”.
“Il Covid ci ha insegnato che sulla salute non si può derogare – ha detto Raffaele Gallo, relatore per l’opposizione e primo firmatario di un’analoga proposta di legge del Partito democratico che chiedeva di applicare la percentuale del 7,5 già da quest’anno – per questo il vincolo cui fa riferimento la legge andrebbe inserito in Costituzione”.
Numerosi gli interventi dei consiglieri. Per il capogruppo della Lega, Alberto Preioni “obiettivo della legge è avvicinarci in cinque anni alla media europea e superare i vincoli imposti alle regioni per il personale così da poter concorrere in modo autonomo al fabbisogno del proprio territorio regionale”. “
Non basta avere maggiori risorse – ha sottolineato Domenico Ravetti (Pd) – dobbiamo impegnarci ad utilizzarle meglio, intervenendo ad esempio sull’eccesso di visite e sul consumo dei farmaci”. Il tema del privato è stato al centro degli interventi dei consiglieri dem Domenico Rossi “sul privato non c’è pregiudizio, ma deve essere uno strumento al servizio del pubblico, che deve restare al centro degli investimenti dello Stato” e Diego Sarno: “In media i piemontesi spendono 665 euro per prestazioni private e la rinuncia alle cure è passata dal 12% del 2019 al 20% del 2021. I dati ci dicono che migliaia di persone smettono di curarsi”.
Della stessa opinione Sean Sacco (M5s) “in Piemonte chi rinuncia a una visita specialistica è passato dal 8,7% del 2019 al 15% nel 2021 e il 45% delle visite specialistiche è fatto a pagamento. Il privato si sta sostituendo sempre di più al pubblico e può decidere quali prestazioni erogare, generalmente quelle a più alta remunerazione” e Silvana Accossato (Luv) “Sulle liste d’attesa non è sufficiente ipotizzare un sistema dove al pubblico è destinato solo il ruolo di garante e regolatore”.
La Pdl presentata da Gallo non è stata votata, con un ordine del giorno Preioni ha chiesto di non passare agli articoli, essendo i due testi sostanzialmente analoghi.
Festività di L’associazione Asproflor Comuni Fioriti, in occasione della festività di Ognissanti, fa il punto sulla produzione dei crisantemi nel nostro paese: il meteo sfavorevole e i cambiamenti climatici hanno determinato un leggero calo nella produzione del fiore simbolo di questa ricorrenza. In questo 2023 il meteo e i cambiamenti climatici hanno inciso pesantemente sulla produzione dei fiori tipici della Festa di Ognissanti : l’alluvione in Emilia Romagna, le trombe d’aria in Lombardia e i forti temporali sparsi nelle aree produttive del crisantemo hanno determinato un leggero calo della disponibilità . Fortunatamente però la qualità del fiore non ne ha risentito e, come sempre, è rimasta molto alta. I crisantemi sono una produzione tipicamente italiana – l’importazione riguarda solamente alcune varietà di fiore reciso e vasi di piccolo diametro – , che mette a dura prova la professionalità e il lavoro dei floricoltori, in quanto è un a delle coltivazioni più lunghe e impegnative del comparto. Per le festività di Ognissanti 2 italiani su 3 scelgono ancora i crisantemi da vaso o recisi, cambiano però i gusti per quel che riguarda le varietà più vendute: i crisantemi a fiore piccolo e mu lticoloro koreani hanno preso il posto di quelli decorativi con fiore grande bianchi e gialli. Quest’anno la produzione nazionale di crisantemi in vaso è stata di circa 9 milioni di vasi nella diverse misure e di circa 10 milioni di steli recisi multifiori e 7 milioni di steli delle varietà decorative uniflora con un calo di produzione del 10% . Questi fiori, simbolo di bellezza e regalità, sono disponibili in questi giorni nei centri giardinaggio, nei punti vendita e nelle fiere autunnali. Nonostante l’importante aumento dei costi di produzione i prezzi non hanno subito grandi oscillazioni o rincari per i consumatori e si possono trovare da 1,30 – 2,00 €/cad. per gli steli multifiori, ai 3,50 – 6,50 €/cad per gli steli uniflora, i vasi da 12 cm da 4/5,00 €/ca d a 15/20,00 € cad per i diam. 20/23 cm. “ Il crisantemo è una delle produzioni storiche e tradiz ionali per il mercato italiano ed è ancora il fiore più venduto e utilizzato dal consumatore per ricordare e onorare i propri cari defunti – osserva Sergio Ferraro, Presidente di Asproflor Comuni Fioriti – Stiamo vivendo giornate frenetiche e intense, anche se il meteo favorevole sta agevolando le consegne e la posa dei fiori per il caro ricordo. La coltiv azione del crisantemo è lunga e impegnati va e quest’anno la limitazione nell’utilizzo di prodotti fitosanitari, determinata dalle nuove norme, ha messo a dura prova i coltivatori, anche a causa degli importanti attacchi di afidi, piralidi e tortricidici sulle coltivazioni, che hanno richiesto interventi biologici ”. La produzione di crisantemi è fondamentale p er il comparto florovivaistico, in quanto rappresenta il 25% del fatturato annuo delle aziende che lo coltivano ; il mercato del crisantemo genera un volume d’aff a r i di circa 250 milioni di euro e le principali regioni produttrici sono Sicilia, Puglia, Campania e Lazio, per il fiore reciso, e Liguria, Toscana, Piemonte, Veneto e Lombardia per i vasi. “ La sfida che attende i floricoltori sarà quella di affrontare non soltanto i capricci del tempo, che nonostante le moderne tecniche agronomiche di coltivazione (utilizzo di micorrize e idroritentori) spesso determina la qualità della produzione e la fioritura, ma anche i continui aumenti dei costi di produzione e le incognite del mercato ”, conc lude Ferraro. D al 10 al 12 novembre si terrà a Bellegra (Roma) il Meeting nazionale 2023 di Asproflor Comuni Fioriti con conferenze tecniche , visite e premiazioni: l ’incontro sarà un’occasione per un proficuo scambio di idee ed esperienze tra Enti pubblici ed esperti del settore florovivaistico.