CULTURA- Pagina 70

Elena Varaldo. L’artista fra poesia e comicità

Un’esigenza naturale quella di esprimere se stessi attraverso l’arte. La poesia, mezzo che per eccellenza conferisce voce ai sentimentitorna con tutta la sua potenza ad occupare la scena artistica mondiale evolvendosi ma traendo forza dalle radici del passato.

In un’epoca in cui tutto è molto diverso dai giorni de “Il cinque maggio” le rime oggi han ceduto il passo ad una poesia più prosaica e meno schematica.

Esempio di quest’evoluzione è la scrittrice Elena Varaldo, responsabile in Piemonte dell’associazione culturale Rinascimento Poetico fondata da Paolo Gambi. Un movimento che vede attivi moltissimi giovani impegnati nella divulgazione culturale in ogni comune italiano e non solo.

Con uno stile pungente e a tratti perforante, la poetica dell’autrice riesce a consegnare ai lettori emozioni comuni attraversoimmagini surreali.  

“Su un passaporto, per esempio, ci si può grigliare una bistecca”scrive l’autrice.

Versi lontani dai toni aulici della poesia classica di D’Annunzio e lontanissimi dal tumbrl dei social media dove vige il concetto – Deve star bene sulla maglietta-

La sua ultima pubblicazione “All’ordine del giorno” descriveuna riunione condominiale dove ogni inquilino è parte della medesima personalità.

 

 

In questo condominio non si è mai d’accordo su nulla.

la facciata da rifare

l’ascensore

i sentimenti che bramo

che uccido

che rifuggo

l’inquilino del quinto piano urla

l’altro brandisce cucchiai

l’altro minaccia di camparsi giù

 

Chi lancia frigoriferi

chi culla neonati

chi telefona alla polizia

e chi racconta

le indicibili complessità

di un domicilio interdipendente, sovraffollato.

il problematicissimo plurale

della parola

io

 

Tema centrale: il conflitto e l’ambivalenza, in una silloge che vuole riprodurre in versi il bello ma complicato rapporto con se stessi. Organizzato in capitoli giunge al termine con la domanda

“Siete ancora convinti di appartenere ad un nome soltanto?

 

 

Definita dai colleghi “Artista poliedricaElena Varaldo comica per vocazione, è fondatrice del progetto Verità Brutte. Nuova frontiera del giornalismo sul web il cui slogan recita “Giuro di dire la verità, nient’altro che la verità”. Con provocazioni, luoghi comuni, cenni storici e personaggi stereotipati conquista il cuore e il sorriso dei follower senza rinunciare a diffondere pillole dicultura.

Un progetto in ascesa nato su tiktok che non  risparmierà sorprese.

 

Noi dunque come Elena promettiamo di dire la verità, nient’altro che la verità: Un personaggio dissacrante che sa senza dubbiolasciare il segno.

 

La visione del futuro di Giulio Cesare Rattazzi

“La biografia di Rattazzi ci consegna il profilo di una personalità che ha saputo interpretare, con grande rigore intellettuale e passione civile, la dimensione etica della politica, servizio al bene comune e alla promozione della dignità e dei diritti delle persone”.

Le parole di Rosy Bindi, già ministra e presidente della Commissione parlamentare Antimafia, riassumono così la poliedrica figura di Giulio Cesare Rattazzi, intellettuale verbanese di nascita  e torinese d’azione, storico preside del prestigioso istituto Avogadro, proposta ai lettori nel libro “Giulio Cesare Rattazzi. Uomo e politico del nostro tempo”, curato da Tiziano Pera e recentemente pubblicato dalla casa editrice verbanese Tararà con l’introduzione dell’ex ministra della sanità. Poco più di duecento pagine ricche di testimonianze, foto, ricordi che raccontano a dieci anni dalla scomparsa la parabola politica di un uomo colto, arguto, ironico e dotato di uno stile e di una eleganza che sono sempre più merce rara in questi tempi. Giulio Cesare Rattazzi, “Gege” per gli amici, era nato a Verbania il 22 agosto del 1936 e per quasi mezzo secolo è stato uno dei protagonisti più vivaci e interessanti, dal punto di vista culturale, della scena non solo locale (fu più volte vicesindaco e assessore nella sua città, oltre che promotore e dirigente di importanti realtà intercomunali) ma anche piemontese e nazionale. Dagli anni ’60 ( dopo la laurea in fisica all’ateneo torinese) dove ricoprì l’incarico di dirigente nazionale dei giovani democristiani fino all’esperienza maturata negli anni ’70 con il Movimento Politico dei Lavoratori di Livio labor, dagli anni della sinistra indipendente e del rapporto dialettico con il Pci fino all’ approdo convinto e entusiasta nell’Ulivo di Romano Prodi e successivamente nel Partito Democratico, Rattazzi visse  con la politica un rapporto intenso e appassionato, intendendola come strumento di cambiamento, di miglioramento della vita delle persone. Una politica dove i valori, la tensione, la passione, l’ ispirazione  hanno saputo intrecciare la battaglia per un futuro migliore con la condivisione del dolore, delle ansie, dei problemi della vita di tutti i giorni. Nelle testimonianze raccolte da Tiziano Pera emerge il profilo di un uomo che incarnava la sua idea di militanza politica con l’attività di amministratore. A Verbania prima, a Torino poi, Rattazzi fu protagonista in tanti organismi dove lasciò il segno di un impegno fortemente sostenuto da una visione etica della politica. Per molti anni nel Consiglio di Amministrazione del CSI Piemonte in rappresentanza dei Comuni piemontesi mentre negli anni ’70 e ’80 fu Segretario Regionale e membro della Segreteria Nazionale della Lega per le Autonomie Locali, nonché nell’Anci e nel Consiglio dei Comuni d’Europa. A Torino, dove si era trasferito, venne eletto in Consiglio comunale come indipendente nell’Ulivo nel 2006, e riconfermato alle amministrative del 2011 nelle liste del Partito Democratico, diventando Vicepresidente dell’organismo che si riunisce in Sala Rossa. Si occupò anche di comunicazione e televisione dai tempi della nascita dell’emittente Tele Vco 2000, del circuito “Cinque stelle” (il consorzio costituito da 28 tv locali) e del “Terzo polo” come segretario nazionale dell’Associazionismo tra Tv locali e Vicepresidente di un Circuito televisivo nazionale, pubblicando con la prefazione di Leopoldo Elia il volume ”L’Antenna Negata” sulle anomale vicende dell’assetto televisivo italiano. Dal 2001 al 2006 ricoprì l’incarico di vicepresidente del Corecom, il Comitato regionale piemontese delle comunicazioni. L’attenzione ai media, all’associazionismo, all’importanza delle relazioni culturali è documentata in ogni pagina di questo ritratto senza mai incorrere nel rischio dell’agiografia. La scuola fu l’altra, grande passione di “Gege” Rattazzi. Dagli esordi all’istituto Cobianchi di Verbania all’Avogadro di Torino, da professore e dirigente scolastico contribuì alla costruzione di una scuola moderna e pronta a tradurre in progetti concreti le aspettative dei giovani. Per un lunghissimo arco temporale, dal 1979 al 2006, svolgendo l’incarico di preside dell’ istituto torinese di corso San Maurizio, una delle scuole più prestigiose e storiche di tutto il paese, introdusse tra i primi in Italia la specializzazione di informatica, il liceo scientifico tecnologico nei corsi diurni, il progetto Sirio nei corsi serali per studenti lavoratori, contribuendo alla nascita degli istituti tecnici di Mirafiori “Primo Levi” e “Enzo Ferrari”. Rattazzi era molto amato dagli studenti e da dirigente appassionato e lungimirante, seppe dare alla scuola un ruolo nell’evoluzione sociale ed economica del paese con lo scopo di farne un luogo di preparazione civile alle responsabilità della democrazia. Nel racconto della sua vita che compone l’ossatura di “Giulio Cesare Rattazzi. Uomo e politico del nostro tempo” sono moltissimi gli episodi, gli spunti di riflessione, le intuizioni che costituiscono una ricca eredità da raccogliere, testimoniando la modernità e l’attualità del lascito culturale di quest’uomo “brillante e operoso”.

Marco Travaglini

Ri_generazioni, il video racconto di una comunità

Video documentario, Italia 2022, 26’, Regia di Valentina Noya

 

Mercoledì 21 settembre 2022 h 20, OFF TOPIC, Via Giorgio Pallavicino 35, Torino

 

Dalla serie “Indigeno” ©Arianna Arcara
Fulvio, Torino, Italia, 2022

 

RI_GENERAZIONI è il video racconto di una comunità attraverso lo sguardo e la voce dei suoi protagonisti, abitanti di una porzione di territorio all’interno del quartiere Vanchiglia, a Torino.

Storia, presente e futuro si intrecciano in un microcosmo multiforme dove gli abitanti “nativi” condividono le giornate e gli spazi con “nuovi/e cittadini/e”, persone di diverse culture e nuclei provenienti da progetti sociali.

 

Prodotto dall’Associazione Quore, con il contributo di Regione Piemonte e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il lavoro nasce all’interno di TOHOUSING, progetto di accoglienza per persone LGBT+, operativo dal 2019 nel complesso di edilizia residenziale ATC in Corso Farini 32 e via Faà di Bruno 1 a Torino.

Tohousing, così come l’hub culturale Off Topic e l’Associazione Torino Youth Centre,  costituiscono un punto di osservazione privilegiato per indagare vecchie e nuove dinamiche del territorio, accompagnare il processo di trasformazione e rigenerazione urbana in atto ed infine offrire strategie di sviluppo comunitario locale.

 

RI_GENERAZIONI – dichiara la regista Valentina Noyarappresenta un excursus evolutivo verso un’idea di società attraverso un crescendo di testimonianze; queste partono dalla memoria storica del quartiere con Fiorenzo, il gommista il cui occhio dagli anni ’70 a oggi è stato ininterrottamente proiettato a guardare fuori dalla propria attività le trasformazioni urbanistiche e sociali avanzate dalla classe operaia che viveva e lavorava intorno all’Italgas, insieme a Virginia, che imprime dei ricordi ancora più nostalgici a quel periodo, attraversando una geografia demografica di figure molto diverse fra loro, fino a giungere alle nuove generazioni: artisti, fuori sede, stranieri, seconde generazioni in cerca di un posto da chiamare casa, persone lgbtqi+ in fuga da una società che li respinge, ma che quel senso di casa la trovano nel progetto ToHousing, all’interno delle ATC di Corso Farini. 

 

Il video è realizzato in collaborazione con Associazione Torino Youth Centre nell’ambito del progetto Indigeno e con l’Associazione Museo Nazionale del Cinema.

 

Il film testimonia inoltre il più ampio percorso di attivazione e rigenerazione urbana del progetto INDIGENO, primo beneficiario del bando ToNite – Area 2 lanciato dal Comune di Torino, finanziato nell’ambito del programma europeo UIA Urban Innovative Actions e volto a migliorare la vivibilità e sicurezza del Lungo Dora, insistendo in particolare nella porzione di realtà tra Corso Farini e Via Pallavicino. Un’ampia progettualità ed un lungo percorso di progettazione che mira a rivitalizzare l’identità del quartiere dove l’uso dell’arte in tutte le sue forme e lo sviluppo di azioni di comunità contribuiscano a rinnovare la fruizione di una parte di città. L’obiettivo è la costruzione di una comunità partecipata e solidale mirando alla comprensione di tutte le diversità socio culturali che compongono il quartiere in cui convivono OFF TOPIC, il complesso di case popolari di Via Farini e il Campus Einaudi.

“Biblioteche in Festa”

Il 24 e 25 settembre a Racconigi e Savigliano 

L’iniziativa, promossa da Le Terre dei Savoia e dal Progetto Cantoregi, prevede
incontri, convegni e spettacoli. Tra gli ospiti anche Davide Longo, Lella Costa e Giusi
Marchetta.
Due giorni dedicati al mondo della lettura e del sistema bibliotecario territoriale,
rivolti sia all’opinione pubblica generica, sia agli operatori del settore. Questa, in
breve, la filosofia della prima edizione di “Biblioteche in Festa” che il prossimo 24 e
25 settembre animerà l’offerta culturale di Racconigi e Savigliano. Un programma
ricco ed eterogeneo quello predisposto dalle Terre dei Savoia e dal Progetto
Cantoregi in collaborazione con tanti Enti e Fondazioni del territorio: dalla
presentazione di “Letture al Castello” al percorso “Iter in Hortis”, dall’incontro con
Davide Longo al reading teatrale di Lella Costa, dal convegno “Le biblioteche della
provincia di Cuneo si raccontano tra prospettive, progetti e speranze” alla lectio
magistralis di Giusi Marchetta. Una manifestazione che intende rimettere al centro
l’importanza della lettura e della condivisione delle buone pratiche bibliotecarie,
intrecciando momenti teatrali, convegnistici e letterari. A tutti i presenti, inoltre,
verrà rilasciato un apposito attestato di partecipazione per gli usi consentiti dalla
legge. Per ulteriori informazioni: info@leterredeisavoia.it ; 0172.86472.

Foto P. Dell’Aquila

Bardo… Noir

A Bardonecchia si parla di libri ed autori Noir.

Riprendendo una tradizione già avviata prima della pandemia, il prossimo 24 settembre, al Palazzo delle Feste è in programma, infatti, l’appuntamento “Bardo…Noir”, un pomeriggio dedicato agli autori ed agli amanti del genere Giallo.

Si comincerà, alle 15, con una tavola rotonda sul tema ” I segreti degli autori: da dove vengono le storie Noir?”. Ne discuterranno Giorgio Ballario, Massimo Tallone, Maurizio Blini e la psicologa Elena Biondo.

A seguire la presentazione di una novità editoriale. Alessando Perissinotto e Piero d’Ettorre, intervistati da Beppe Gandolfo, presenteranno, infatti, il loro libro, uscito proprio in queste settimane, “Cena di classe – Il primo caso dell’Avvocato Meroni” (Mondadori).

“Bardo Noir – dice il sindaco di Bardonecchia Chiara Rossetti – è un appuntamento, che abbiamo fortemente voluto per riprendere una fortunata tradizione, che ha visto, negli anni prima della pandemia, Bardonecchia meta di importanti scrittori del Noir, per momenti di confronto su un genere letterario, che appassiona sempre di più lettori e lettrici”. “

Tre eventi promossi dall’organizzazione UNI.VO.CA e ospitati al MAO di Torino

Ancora una volta UNI.VO.C.A, l’organizzazione che riunisce numerose organizzazioni culturali del territorio piemontese, propone per il 2022 la Settimana della Cultura, una manifestazione nata per sensibilizzare la cittadinanza e dare visibilità alle iniziative proposte e comunicare i valori reali del volontariato culturale nella nostra Regione.

Saranno tre gli eventi ospitati al Mao, proposti dall’Associazione Volontari del Mio MAO, nell’ambito dell’edizione 2022 della settimana della Cultura UNI.VO.CA.

Sabato 24 settembre, alle ore 11, l’appuntamento sarà con la medicina cinese classica sul tema “Un  reperto vivente e operante”, a cura di Andrea Cantone, medico chirurgo, esperto di medicina tradizionale cinese. Un antico sapere che non ha smesso di evolversi e trasformarsi, ampliando e affinando il suo campo di azione, differenziandosi in numerosi ambiti di sviluppo e riuscendo a rimanere attuale, nonostante siano passati più di duemila anni, interagendo con le sollecitazioni che giungono all’essere umano dal mondo moderno.  Durante l’incontro si farà esperienza anche di alcuni semplici esercizi tratti da arti tradizionali del movimento, come il Tai JI Quan, il Dao Yin, basate sugli stessi principi fondanti della medicina cinese antica.

Domenica 2 ottobre alle 16 l’appuntamento sarà con le Campane Tibetane, le Antiche Ciotole del Canto, a cura di Dario Gasparato, docente di Suonoterapia e maestro di Reiki. Dal Tibet al Nepal si possono percorrere le millenarie tradizioni per conoscere il suono attraverso la percezione delle vibrazioni, esplorando il mondo straordinario delle campane tibetane. Composizione, realizzazione, molteplici tipologie e utilizzi possono consentire di sperimentare il canto fino a raggiungere un silenzio di rara profondità, che conduce a un suono impercettibile, il suono senza suono.

Ultimo appuntamento sarà quello di venerdì 7 ottobre, alle 16, con “Le antiche culture e lo sguardo contemporaneo”,  a cura di Davide Quadrio, direttore del Museo Mao di Arte Orientale.

Non esiste un vecchio o un nuovo, quanto piuttosto una continua testimonianza dell’attività umana.

Risulta fondamentale ripensare agli oggetti del passato per renderli vivi nel presente, mixando opere classiche con altre contemporanee, in un dialogo continuo tra collezioni permanenti e mostre temporanee.

Gli spazi del museo vengono ad acquisire nuovi ruoli sociali, dirigendosi “oltre il senso dei luoghi” medesimi.

Mara Martellotta

“J’Accuse”: dalla Maison Zola l’urlo cosmico per la difesa della libertà e dei diritti dell’uomo

Nel 1878 Émile Zola scrive a Flaubert che, grazie ai proventi derivanti dal successo letterario dell’“Assommoir” “ho comprato una casa, una “cabane a lapins”, tra Poissy e Triel, in un luogo carino al bordo della Senna. 9000 franchi, vi dico il prezzo perché voi non ne abbiate troppo rispetto. La letteratura ha pagato questo modesto asilo campestre”. Lo scrittore era alla ricerca di un posto tranquillo nel quale rifugiarsi e proseguire il ciclo dei “Rougon – Maquart”.

Proprio a Medan vedono, infatti, la luce molti romanzi che rappresentano la massima espressione del naturalismo francese, e ciascuno di questi suoi figli cartacei contribuisce alla costruzione, all’ampliamento, alla ristrutturazione e all’abbellimento del rifugio dello scrittore. In questo “locus amoenus” Zola crea quei personaggi immortali che diventano la personificazione di vizi, difetti e tare che, attraverso l’ereditarietà, si trasmettono alle generazioni successive, influenzandone l’esistenza e condannandoli spesso alla rovina. “Voglio spiegare come una famiglia, un piccolo gruppo d’esseri, si comporti in una società, sviluppandosi, per dare vita a dieci, a venti individui, che appaiono, al primo colpo d’occhio, profondamente dissimili, ma che l’analisi dimostra profondamente legati gli uni agli altri. L’ereditarietà ha le sue leggi, come la gravità” scrive Zola nell’introduzione della “Fortuna dei Rougon”, dando il via a una ricerca e a un’analisi che regaleranno alla letteratura le figure immortali dei “vinti” Gervaise, Lantier e Coupeau, Etienne e Catherine, Nanà, ma anche a Denise, un luminoso esempio di forza, tenacia e riscatto nel “Paradiso delle Signore”.
Dopo la morte dello scrittore, avvenuta nel 1902, nel sonno, a causa delle esalazioni di un camino, la vedova Alexandrine vende, nel 1903, una parte dei mobili della casa di Medan e tre ettari di terreno e, successivamente, nel 1905, decide di donare la casa all’Assistenza Pubblica, esprimendo il desiderio che la dimora dello scrittore sia conservata, per quanto possibile, nel suo stato originario. Soltanto nel 1985, però, la Maison Zola, destinata prima a ospitare un asilo per bambini convalescenti e, successivamente, una scuola di formazione per infermieri, diventa finalmente un museo e viene aperta al pubblico per essere, tuttavia, poi richiusa nel 2011 e sottoposta a 10 anni di restauri e trasformazioni finalizzate a restituirle l’aspetto e il fascino dei tempi dello scrittore.
Una parte della proprietà ospita, oggi, l’esposizione permanente dedicata all’ “Affaire Dreyfus”, un percorso che, attraverso oggetti, testimonianze, documenti, narra quei fatti, ma soprattutto invita il visitatore a interrogarsi su temi che continuano ad essere di grande attualità perché le ingiustizie che colpirono il capitano Dreyfus si ripresentano anche nella nostra società attraverso l’intolleranza per lo straniero e il diverso, attraverso la chiusura di confini, attraverso la costruzione di muri, attraverso la presunzione di possedere una cultura, un credo superiori a quelli degli altri.
“Mon devoir est de parler, je ne veux pas être complice” scrive Émile Zola nella lettera aperta al Presidente della Repubblica francese François-Felix Faure, pubblicata il 13 gennaio 1898 sul giornale “L’Aurore” di Parigi, una delle denunce più forti e significative della storia del giornalismo, meglio conosciuta con il suo incipit “J’Accuse”, un grido di ribellione e di protesta contro il comportamento dell’esercito francese, reo di un complotto antisemita ai danni di Alfred Dreyfus, accusato di alto tradimento e spionaggio a favore della Germania e condannato ai lavori forzati nell’isola del Diavolo.
Il manifesto dello scrittore francese è l’incarnazione di una difesa chiara e netta di quei valori di cui la Rivoluzione francese si era fatta portatrice, violati dal complotto contro un innocente: la libertà, l’uguaglianza, la fraternità, parole coraggiose che Zola paga con una condanna giudiziaria che lo costringe, per evitare il carcere, a rifugiarsi in Inghilterra, dove, tuttavia, continua a battersi per provare l’innocenza del capitano ebreo e svelare il complotto fino a ottenere che Dreyfus sia scagionato.
Appare, quindi, densa di significati profondi la decisione che proprio una parte della Maison d’ Émile Zola ospiti la sede del Musée Dreyfus, rafforzando così un legame tra due figure i cui destini furono intrecciati dalla storia e dalla vita, ma che non si incontrarono mai.
Nel suo intervento all’inaugurazione dell’esposizione il Presidente Macron ha affermato “Consacrer un musée à la vie d’Alfred Dreyfus, c’est réparer une injustice. Le faire dans la maison de Zola, qui prit tous les risques pour l’innocenter, c’est dire que la République ne tient que par les combats de femmes et d’hommes. Jamais un acquis, toujours à reconquérir”.
E “J’Accuse” continua a essere il manifesto di tutti coloro che, nelle diverse parti del mondo, sono impegnati nella lotta per abbattere le barriere, per realizzare una nuova rivoluzione in difesa della libertà, dell’uguaglianza, della fraternità e della laicità.
“J’Accuse” continua a essere l’urlo che si leva dalla Francia contro le ingiustizie, la creazione di nuovi ghetti, il rifiuto della diversità, un grido che attraversa la storia, le generazioni e i confini, dando il via alla battaglia universale di chi non si arrende e non smette di credere nella possibilità del cambiamento.

Barbara Castellaro

Per visitare la Maison Zola – Musée Dreyfus:

“Il gigante. La leggenda del Re di Pietra”

In anteprima a Saluzzo il nuovo spettacolo di “Progetto Cantoregi”

Giovedì 15 settembre, ore 21

Saluzzo (Cuneo)

“Un inno alla natura, un monito al rispetto dell’ambiente”. E un omaggio al protagonista delle terre cuneesi e del Basso Piemonte: il Monviso, con i suoi 3.841 metri, la montagna più alta delle Alpi Cozie, soprannominata per questo il “Re di pietra”. Tratto dal libro “La leggenda del Re di Pietra” della pinerolese Silvia Bonino (professore onorario nella “Facoltà di Psicologia” dell’Università di Torino) edito nel 2013 da “Araba Fenice”, questo vuol essere lo spettacolo teatrale “Il gigante. La leggenda del Re di Pietra” che l’Associazione Culturale “Progetto Cantoregi” porterà in scena in anteprima, giovedì 15 settembre (ore 21), presso il “Monastero della Stella” , in piazzetta Trinità 4, a Saluzzo (Cn). Al centro della storia, proprio lui, il Re Monviso ( riconosciuto formalmente nel 2013 come “Riserva della Biosfera nazionale e transfrontaliera” nel programma UNESCO “Man and Biosphere”) raccontato attraverso un monologo, interpretato da Alessio Giusti – Compagnia Teatrale Saluzzese “Primoatto” – che affonda le radici in una leggenda tramandata dalla notte dei tempi.

Quando Re Vesulo e la sua sposa Besimauda regnavano in tutta la Val Varaita. “Come spesso succede – narra la favola – tra moglie e marito, i due ebbero una discussione riguardo l’atteggiamento del re verso le dame di corte Vallanta e Soustra. Cosi Vesulo perse le staffe e scalciò Besimauda fuori dal reame. La regina, esiliata ed infastidita, imprecò contro il re talmente forte che gli dei, irritati da tanto baccano, si scagliarono contro la coppia e l’ira divina sfogò tramutando Vesulo e Besimauda in pietre. Vesulo pentito del suo gesto espresse agli dei un ultimo desiderio: che lui e la sua sposa fossero posti talmente in alto da potersi almeno guardare in viso. Gli dei lo accontentarono, cosi Vesulo, il ‘Re di Pietra’ o di Viso, e la sua dama Besimauda o Bisalta, vennero posti al di sopra di tutti i monti, destinati per l’eternità a guardarsi da lontano rimpiangendo il loro litigio”. Una leggenda “ecologica”, che ha per protagonista la natura ed i venti dell’ovest, dell’est, del sud e del nord che dialogano con il gigante di pietra, narrandogli le strabilianti avventure dell’umanità. “Una storia per tutti, con un messaggio di vita eterno quanto le montagne”.

Progetto e composizione sono a firma di Marco Pautasso e Fabio Ferrero. Di quest’ultimo anche la regia. Coro dei venti: Irene Avataneo, Elide Giordanengo, Manlio Pagliero e Federico Scarpino. Prenotazione consigliata: tel. 0175/291447 o

www.monasterodellastella.it/prenotazioni.

Dopo l’anteprima di Saluzzo, lo spettacolo debutterà il prossimo venerdì 28 ottobre (ore 21) alla “Soms” di via Costa 23, a Racconigi (Cn). Ingresso: 10 Euro intero / 8 Euro ridotto. Prenotazione consigliata: tel. 349/2459042 o info@progettocantoregi.it .

g.m.

Nelle foto:

–       Alessio Giusti

–       La locandina dello spettacolo

Prévert e la pioggia senza sosta di Brest

A metà del settembre 1944 la città di Brest, uno dei più importanti porti francesi,  situata nel Finistère della Bretagna, veniva liberata dopo quattro anni di occupazione tedesca  e 43 giorni di assedio.

Il Terzo Reich, dal giugno del 1940, vi aveva installato una delle più importanti basi per i sommergibili della Kriegsmarine e per questa sua posizione strategica subì 165 bombardamenti aerei da parte degli Alleati  che provocarono quasi un migliaio di morti e centinaia di feriti gravi. La grande offensiva alleata nel settore occidentale del fronte di Normandia, denominata “operazione Cobra”, aveva come obiettivo la conquista dei porti e quello di Brest, principale base della marina francese prima della guerra, era il più a ovest e il più importante per garantire i rifornimenti alle truppe d’invasione. Una carneficina che ispirò anche una delle più importanti poesie di sempre. “Rappelle-toi Barbara. Il pleuvait sans cesse sur Brest ce jour-là. Et tu marchais souriante. Épanouie ravie ruisselante. Sous la pluie (Ricordati Barbara. Pioveva senza sosta quel giorno su Brest. E tu camminavi sorridente. Serena rapita grondante. Sotto la pioggia)”. Barbara è tra le poesie più famose di Jacques Prévert. Nel 1946, terminata la guerra, non più giovanissimo ( era nato a Neuilly-sur-Seine il 4 febbraio del 1900, all’alba del secolo breve) pubblicò la raccolta di poesie Paroles dove  troviamo anche questo poema che figura tra i più belli di Prévert. Dopo il periodo surrealista, i testi delle canzoni, l’attività teatrale con il Gruppo d’Ottobre, le collaborazioni  cinematografiche con  Jean Renoir e Marcel Carné e nuovamente l’attività  teatrale, videro la luce queste poesie ( insieme ad altre, raccolte in Histoires) che, nell’edizione curata da René Bertelé per Le Point du Jour, ebbero un enorme successo. In perfetta sintonia con il clima culturale del tempo la silloge poetica rappresentò una novità assoluta e dirompente, mostrando una potenza evocativa intrisa da quell’ansia bruciante di andare oltre le pagine dei libri per entrare prepotentemente nella vita di tutti i giorni. Già dai primi versi Prévert delineò il luogo in cui l’opera era ambientata: la città di Brest, importante porto bretone nel dipartimento del Finistère. La città  era stata quasi completamente distrutta da un devastante bombardamento nell’estate del 1944. La pioggia di bombe l’aveva rasa al suolo a tal punto che solo qualche vecchia fortificazione medievale in pietra aveva miracolosamente resistito. Il padre di Prévert era bretone e proprio in Bretagna il piccolo Jacques aveva trascorso parte della sua infanzia portando con sé per tutta la vita l’impronta di quella terra battuta dai venti e impregnata dall’odore salmastro dell’oceano. Barbara, con il suo lungo testo vide il poeta esprimersi in prima persona, filtrando il ricordo di una ragazza, osservandone gli incontri , i gesti e i movimenti mentre felice correva incontro al suo uomo e lo abbracciava. Emozioni e sorrisi che si tradussero in versi diventati immagini indimenticabili e senza tempo, vere e proprie icone per intere generazioni, veloci e brevissime incursioni su un avvenimento tanto doloroso, dove l’intimità di una storia d’amore s’incuneava nella più grande storia francese. Così la quasi anonima Barbara venne trasformata da Prèvert da vittima in un potente simbolo, donandogli l’immortalità, contestando l’orrore della guerra che, ieri come oggi, uccide anche gli amori felici come quello di Barbara e dell’uomo che la chiamava al riparo di un portico mentre “pioveva senza tregua su Brest”.

 Marco Travaglini

 

Fino al 15 ottobre “Reggia Libera Tutti!” Alla Venaria, letture ad alta voce e giocose lezioni

Dal 10 settembre al 15 ottobre, ogni sabato, ore 15

Il programma è allettante. Il titolo è gioioso e giocoso e ci riporta ad uno dei giochi più popolari tra le bimbe ed i bimbi di ogni generazione. “Reggia Libera Tutti!” è la nuova rassegna organizzata dalla Reggia di Venaria, nell’ambito del programma “Play.  Un anno tutto da giocare”, dedicato per l’appunto al tema del “gioco” nell’ambito della programmazione annuale di mostre ed eventi. La nuova piacevole proposta s’incentra su un ciclo di incontri, letture e riflessioni curato dal nostrano scrittore Giuseppe Culicchia.  Sei gli appuntamenti ospitati nella “Cappella di Sant’Uberto”ogni sabato pomeriggio (ore 15) dal 10 settembre al 15 ottobre, in cui scrittori e scrittrici di rilievo nazionale – tra cui un “Premio Strega” ed un “Premio Bancarella” – racconteranno al pubblico della Reggia, leggendoli e commentandoli, autori e libri che a vario titolo hanno a che vedere con il tema del gioco. In buona sostanza, senza pretenziose e altisonanti aspettative, l’idea è quella di simpaticamente invitare alla (ri)lettura di grandi classici della letteratura, da Dostoevskij alla Morante passando per Tolstoj, Roth, Soriano, Tolkien ed affrontando tematiche importanti che vanno dal gioco d’azzardo ai giochi di guerra, da quello amoroso al calcio, dai cosplayer (quei personaggi un tantino bizzarri che amano indossare i costumi di personaggi cinematografici o dei fumetti e dei cartoni animati) al mondo salvato dai ragazzini, in un frangente storico in cui davvero ce n’è bisogno. “L’auspicio – dicono gli organizzatori – è anche quello di sollecitare ciascuno di noi, in modo particolare in tempi problematici come quelli che stiamo vivendo, a riflettere sull’importanza di una cosa che non va mai data per scontata: la libertà”.

Sei, si diceva, gli appuntamenti, ad iniziare dal prossimo sabato 10 settembre con lo scrittore, giornalista e blogger parmigiano Paolo Nori che, in un incontro dal titolo “Rien ne va plus: le jeux sont fait”, intratterrà il pubblico su “Il giocatore”di Fedor Dostoevskij. A seguire, sabato 17 settembre, la Reggia ospiterà lo storico (noto volto tv) Alessandro Barbero con “Napoleone non giocava a Risiko” e una piacevole rilettura di “Guerra e pace” di Leone TolstojSabato 24 settembre, sarà la volta del “Premio Strega 2014” (con “Il desiderio di essere come tutti”,  Einaudi), il casertano Francesco Piccolo che, attraverso “Il gioco delle coppie: l’animale che ci portiamo dentro”, dialogherà su “Zuckerman scatenato” di Philip Roth.

Ad ottobre sono attesi alla Venaria due torinesi, Gianluca Favetto e Margherita Oggero, e la romana Loredana Lipperini. Con “Il gioco più bello del mondo: dribbling e corner”, Favetto esplorerà, sabato 1° ottobre“Fùtbol” di Osvaldo Soriano, mentre la Oggero ( “Premio Bancarella 2015”, con “La ragazza di fronte”, Mondadori ), attraverso il filo della “Palla avvelenata: purché non caschi la Terra”, a suo modo rileggerà, sabato 15 ottobre,“Il mondo salvato dai ragazzini” di Elsa Morante e la Lipperini, sabato 8 ottobre, attraverso “Siamo tutti fanwriter”, disquisirà su “Il Signore degli Anelli” di J. R. R. Tolkien.

Per ulteriori info: lavenaria.it

g.m.

Foto: Daniele Ratti