CULTURA- Pagina 58

Al Mao il poemetto Kumarjiv

 

MAO Museo d’Arte Orientale
via san Domenico 9, Torino

Venerdì 24 marzo ore 16.30

Il MAO è lieto di ospitare venerdì 24 marzo alle 16.30 la presentazione del poemetto Kumārjīv, a cura della prof. Alessandra Consolaro, UniTO.

Nel poemetto omonimo del poeta hindi Kunwar Narain (1927-2017), il grande traduttore Kumarjiv (in sanscrito Kumārajīva), vissuto a cavallo tra la lingua sanscrita e quella cinese sedici secoli prima di noi, diventa un soggetto poetico, che consente al lettore di ripensare l’interazione tra storia, attività intellettuale e poesia.

Kumarjiv è il traduttore prototipico che comunica il messaggio buddhista in un contesto interculturale. È ricercatore, conoscitore e commentatore, ma non vuole essere un “maestro”. Da un lato, la sua vita è ilprototipo dell’infinita ricerca umana della verità.

Allo stesso tempo il Kumarjiv di Kunwar Narain è cittadino del mondo, nato fuori dal subcontinente indiano, ma capace di fare di una lingua e di una religione indiana la sua casa. Non da ultimo, Kumarjiv esplora la tensione e la ricerca di una soluzione nella dicotomia tra vita mondana e vita intellettuale/spirituale, trovando un equilibrio e una conciliazione tra due stili di vita apparentemente contrapposti. Kumarjiv così come reso da Kunwar Narain è un individuo, la cui attività di traduzione è il risultato di una scelta personale, che gli concede una percezione molto profonda dell’essenza della traduzione: entrare nel mondo dell’altro aprendo la porta della lingua è come costruire un sentiero di illuminazione tra due culture. È la celebrazione di una profonda amicizia tra due lingue e culture, senza fusione, senza dominio di una sull’altra e senza rivendicazioni di perdite o guadagni, solo un incontro festoso. Questa traduzione italiana presenta uno spaccato di un viaggio di traduzione e poesia lungo la Via della Seta della storia.

Ingresso libero.

Biennale Democrazia, dal 22 marzo “Ai confini della libertà”

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Ottava edizione


Da mercoledì 22 a domenica 26 marzo 2023, a Torino. Più di 220 relatori dal mondo per oltre 100 appuntamenti  in 17 sedi in città e 4 percorsi tematici

Da mercoledì 22 a domenica 26 marzo torna a Torino Biennale Democrazia, manifestazione culturale promossa dalla Città di Torino, ideata e presieduta da Gustavo Zagrebelsky, che dal 2009 si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Giunta quest’anno all’ottava edizione, il cui titolo è Ai confini della libertà, ha come obiettivo è tornare a riflettere sul complesso rapporto fra libertà e democrazia, dentro e fuori le frontiere della nostra società. La manifestazione accoglie oltre cento incontri, più di duecentoventi ospiti italiani e internazionali, cinque mostre e il contributo di circa centocinquanta volontari. Come ogni anno, gli eventi saranno registrati e resi disponibili sul sito della manifestazione.
In cinque giorni, una riflessione a partire da quattro itinerari tematici, quattro diverse prospettive per discutere e ragionare assieme attorno ai grandi temi che riguardano la libertà, a cui quest’anno si andranno ad aggiungere le sezioni Democrazia Futura, dedicata ai giovani e alle scuole di ogni ordine e grado, e Democrazia Diffusa, realizzata in sinergia con le realtà culturali del territorio.
Per rappresentare la libertà e i suoi confini, è stata scelta l’opera Red Square, parte del progetto Spectrum, dell’artista Federica Landi, grazie alla collaborazione con CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia di Torino.Il programma di Ai confini della libertà  
L’edizione 2023 si apre mercoledì 22 marzo alle ore 17.30 al Teatro Carignano con un dialogo dal titolo Come nasce una dittatura fra la giornalista e attivista turca Ece Temelkuran e la reporter e scrittrice Francesca Mannocchi. Nella stessa giornata, Mannocchi sarà ospite presso la Casa Circondariale Lorusso e Cotugno per condividere con i detenuti la sua esperienza a Kiev. Biennale Democrazia avvia così un ciclo di incontri che pone l’attenzione sul carcere, cioè sul luogo in cui, per definizione, la libertà è limitata. La giornata inaugurale si chiude alle OGR Torino con Il giorno del giudizio, spettacolo di e con Giancarlo De Cataldo, che indaga la figura del giudice.L’ottava edizione di Biennale Democrazia prevede un programma ricchissimo che si sviluppa lungo le direttrici dei quattro percorsi tematici: Liberi tutti!, una riflessione su come le società democratiche affrontino le sfide imposte dai nuovi sconvolgimenti sociali; Conflitti di libertà, un’indagine sulle questioni geopolitiche più attuali, dentro e fuori l’Europa; La libertà come format, un ragionamento sul deterioramento del dibattito pubblico; Immaginare la libertà, un momento per ripensare al futuro attraverso l’arte e la letteratura.Tra gli ospiti internazionali, oltre la già citata Ece Temelkuran: l’esperto di politica e cyberspazio Stéphane Grumbach; Rahel Jaeggi, filosofa della scuola di Francoforte; Xavier Tabet, italianista da Parigi; Isabelle Ferreras, filosofa, autrice del Manifesto del lavoro; l’economista dell’ILO Uma Rani; lo storico e politologo Jean-François Bayart; il filosofo e storico Mikhail Minakov; lo storico Bohdan Shumylovych; e per finire l’archeologo di fama internazionale David Wengrow.

Inoltre, i tanti ospiti italiani: Amedeo Balbi, Alessandro Barbero, Alice Borgna, Luca Bottura, Annalisa Camilli, Barbara Carnevali, Maria Chiara Carrozza, Matilde Cassani, Carolyn Christov-Bakargiev, Gherardo Colombo, Francesco Costa, Silvana Dalmazzone, Serena Danna, Giancarlo De Cataldo, Concita De Gregorio, Ida Dominijanni, Federico Faloppa, Marianna Filandri, Francesco Filippi, Marcello Flores, Paolo Flores d’Arcais, Francesco Frisari, Franco Gabrielli, Enrico Galiano, Ilaria Gaspari, Vera Gheno, Massimo Giannini, Daniele Giglioli, Paolo Giordano, Enrico Giovannini, Elena Granaglia, Maria Laura Lanzillo, Davide Livermore, Simona Malvezzi, Francesca Mannocchi, Massimo Mantellini, Fabrizio Maronta, Fabio Merlini, Matteo Nucci, Damiano Palano, Antonio Pascale, Valentina Pazé, Laura Pepe, Mauro Pescio, Simone Pieranni, Carlo Pietrini, Veronica Raimo, Enrica Rigo, Vanessa Roghi, Silvia Romani, Cecilia Sala, Matteo Saudino, Igiaba Scego, Simonetta Sciandivasci, Luca Scuccimarra, Antonio Scurati, Giorgia Serughetti, Walter Siti, Luca Sofri, Valdo Spini, Sofia Ventura, Paola Viganò, Stefano Visentin, Chiara Volpato, Loris Zanatta.

L’evento di chiusura dell’ottava edizione di Biennale Democrazia sarà domenica 26 marzo alle ore 21 alle OGR Torino con lo spettacolo Mosca 1966. Processo alla letteratura, di e con Ezio Mauro.

Gli spettacoli e gli eventi speciali 
Il programma di Biennale Democrazia si arricchisce anche di numerosi eventi e spettacoli. Tra i tanti, sono attesi a Torino sabato 25 marzo anche Fedez e Luis Sal, con il loro famosissimo podcast Muschio Selvaggio, che avrà come ospite speciale Gustavo Zagrebelsky. Kento, Lucariello, Oyoshe e Oltre le barre Crew si esibiranno all’Hiroshima Mon Amour in un concerto e dj set dal titolo Portami là fuori – Rap fuori le s{barre}. Al teatro Gobetti va in scena Songs of Freedom dell’Accademia dei Folli, uno spettacolo sull’intima connessione tra musica e libertà. Arriva a Torino per Biennale Democrazia anche il podcast originale RaiPlay Sound di Mauro Pescio Io ero il milanese, live a Off Topic nella serata del 23 marzo. Sabato 25 marzo, infine, il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano ospita un progetto speciale: una sonorizzazione dal vivo di Andrea Costa del film muto del 1912 I Mille di Alberto Degli Abbati, nell’ambito della mostra Hero. Garibaldi icona pop.

Il programma completo e tutte le informazioni logistiche e sui biglietti sono disponibili sul sito
www.biennaledemocrazia.it

 

Biennale Democrazia è un progetto della Città di Torino, realizzato dalla Fondazione per la Cultura Torino, che si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica in collaborazione con Polo del ’900, Università di Torino, Politecnico di Torino.
Main Partner: Intesa Sanpaolo; con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo e di Fondazione CRT; con il contributo della Camera di commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino e Unione Industriali Torino.
Partner: Smat e Reale Mutua; con il sostegno delle OGR Torino, Torino Social Impact, Museo Nazionale del Risorgimento Italiano.
Media Partner: Rai Cultura, Rai Radio 3, La Stampa, Limes.
Partner Tecnico: Combo – Torino.
Charity Partner: Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus.

Dicesi “Family” In mostra alla “Palazzina di Caccia” di Stupinigi

Settant’anni di storia della famiglia negli scatti in bianco e nero del grande Elliott Erwitt

 Fino all’11 giugno

I cani, fra i temi più fotografati nella sua lunghissima carriera. A loro ha dedicato 4 dei suoi oltre 40 libri a tema fotografico. Non c’è quindi da stupirsi del soggetto preso a pubblico manifesto della mostra a lui dedicata, fino al prossimo 11 giugno, dalla “Palazzina di Caccia” di Stupinigi. Siamo a New York, 1974. Lo scatto, catturato (alla Cartier-Bresson) nel suo più indifferibile “attimo fuggente” ci mostra gli stivali alti e lucidi di un’elegante (si presume) signora dal lungo soprabito, alla sua sinistra un buffo e simpatico cagnolino agghindato per le feste e alla sua destra le lunghe zampe di un cagnolone di alta taglia. Iconico e ironico trio. Anche questa è “Famiglia”.

Una delle mille sfaccettature in cui s’è evoluto nel tempo il concetto (ed il termine) di “Famiglia”. O di “Family”, come racconta il titolo della mostra in cui passano settant’anni di carriera di un artista che ha fatto la storia fotografica del nostro Novecento. Parliamo dell’oggi 94enne Elliott Erwitt (al secolo Elio Romano Erwitz) nato a Parigi nel luglio del ’28, da genitori ebrei di origine russa ed emigrato nel ’39 negli States (dopo aver vissuto, fino al ’38, anche in Italia) a causa delle leggi razziali fasciste. Prodotta da “Next Exhibition” – in collaborazione con “SUDEST 57” e l’Associazione Culturale “Dreams”, con il patrocinio della “Città Metropolitana” di Torino – la mostra è a cura di Biba Giacchetti e ospitata nelle antiche Cucine della “Palazzina” di piazza Principe Amedeo a Nichelino. Gli scatti esposti sono stati selezionati dallo stesso Erwitt (fra i nomi di massimo prestigio della “Magnum Photos” cui aderì nel ’53 su invito dello stesso Robert Capa, socio fondatore, e di cui divenne presidente nel ’68 per tre mandati); fil rouge dell’intera esposizione le fotografie che, nel corso di sette decenni, meglio hanno descritto e rappresentato, in modo potente ma anche ironico e fantasioso e poetico, il sistema – famiglia.

Sempre sotteso alla ferma convinzione che “la fotografia – come sosteneva lo stesso artista– è il lavoro dell’anima”, compiuto in questo caso specifico su un tema che certamente ha avuto un’importanza determinante nella sua vita personale, visti i suoi quattro matrimoni, i sei figli e un numero di nipoti e pronipoti tuttora in divenire. “Come sempre Elliott Erwitt – spiega Biba Giacchetti – è voluto uscire dai canoni classici e sviluppare il concetto di famiglia in modo libero e provocatorio. Immagini romantiche si alternano a immagini di denuncia (come quella del ‘Ku Klux Klan’), fino alla ben nota ironia che vuole assolvere chi elegge a membro prediletto della propria famiglia l’animale più amato, che sia un cane, un maiale o un cavallo, e celebrare così con serietà e sorriso, il sentimento universale che ci lega a chi amiamo”. La “Family” è tante cose e ha tante chiavi di lettura per il fotografo americano.

E’ la tragedia della giovane first lady Jackie al funerale di Stato del marito e presidente degli Stati Uniti, JFK, assassinato a Dallas il 22 novembre del ’63, ma è anche la dolce intimità della mamma che osserva rapita la sua piccola Ellen, primogenita di Erwitt. Scatti, sempre rigorosamente in bianco e nero, che abbracciano il mondo. Ecco allora dalla Provenza (foto celeberrima) un nonno che, in bicicletta su un lungo infinito viale alberato trasporta il nipotino, entrambi con il tipico basco alla sghimbescia ben calato in testa, e, pinzate dietro, due baguettes oltre le quali (verso il fotografo?) si rivolge sbarazzino lo sguardo del bimbo; e poi ancora la non più giovane coppia irlandese colta di spalle a godersi la brezza e la bellezza del mare. Una vita insieme. La poesia in un fermo-immagine. Quella che ti guida per l’intera rassegna. Poesia e amore. Perché dove c’è amore, ci ricorda l’artista, “lì c’è famiglia”.

E, proprio su  questo concetto gli organizzatori hanno inventato il contest fotografico “MY FAMILY”. Fino al 28 maggio incluso il pubblico potrà inviare  a info@elliotterwitt.it la foto della propria famiglia. Tutte le foto verranno inserite in un album sulla pagina facebook di “Next Exhibition”, oltre ad essere esposte nella sala didattica in mostra alla “Palazzina di Caccia”. La foto più votata dagli utenti su facebook sarà stampata ed esposta ufficialmente sempre nell’area didattica della mostra, mentre l’autore dello scatto potrà accedere gratuitamente a tutte le esposizioni realizzate in Italia da “Next Exhibition” fino a fine 2023.

Gianni Milani

“Elliott Erwitt. Family”

Palazzina di Caccia di Stupinigi, piazza Principe Amedeo 7, Nichelino (Torino); tel. 011/6200634 o www.elliotterwitt.it

Fino all’11 giugno

Orari:dal mart. al ven. 10/17,30 ; sab. e dom. 10/18

Nelle foto:

–       USA. New York City, 1974

–       USA. Arlington, Virginia, Jacqueline Kennedy at John F. Kennedy’s funeral, 1963

–       France. Provence, 1955

–       Ireland, 1964

La meridiana che non segna l’ora

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Torino, bellezza, magia e mistero / Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume?

Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo  3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna lora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli



Articolo 4: La meridiana che non segna lora


Passeggiare per Torino è così, non sai mai che mistero puoi incontrare una volta girato langolo. Se siete per caso nei pressi di Palazzo Reale e svoltate verso sinistra vi ritroverete vicino al Duomo, il principale centro di culto cattolico della città, ma anche lennesimo edificio in cui si nasconde una leggenda da raccontare. Il fabbricato si trova nella zona storica di Torino, quasi adiacente al teatro romano dellantica Julia Augusta Taurinorum. Inizialmente nellarea si ergevano tre chiese paleocristiane, forse edificate sulla base di templi pagani preesistenti, e dedicate a San Salvatore, Santa Maria in Campo e San Giovanni Battista. Le tre chiese vennero demolite tra il 1490 e il 1492, al contrario della torre campanaria che, terminata nel 1469,  non venne minimamente toccata, e resta ancor oggi ben visibile a fianco del Duomo. Il 22 luglio 1491 Bianca di Monferrato, reggente di Casa Savoia, posò la prima pietra delledificio religioso, dedicato a San Giovanni, patrono della nostra città. La costruzione venne affidata ad Amedeo de Francisco da Settignano, il quale vi si dedicò fino alla morte, avvenuta nel 1501. Il Duomo fu completato nel 1505 e nello stesso anno, il 21 settembre, fu consacrato. Durante il Seicento venne portato avanti un progetto di ampliamento della struttura, in modo da creare un ambiente degno per la conservazione della Santa Sindone. Si iniziò con un progetto di Bernardino Quadri, basato su alcune correzioni che egli stesso aveva apportato agli studi precedenti di Carlo di Castellamonte. Tuttavia nel 1667 il compito di concludere ilavori venne affidato a Guarino Guarini, già attivo in molti altri cantieri piemontesi, tra cui la non lontana Chiesa di San Lorenzo. Ledificio si presentava allesterno maestoso ed imponente, allinterno, invece, sbalordiva i visitatori con i preziosi giochi cromatici dei marmi che da neri andavano via via schiarendosi verso lalto. Carlo Alberto I volle impreziosire ulteriormente la costruzione e ordinò a Luigi Cagna di eseguire una copia dellUltima Cena, da porre sulla controfacciata della chiesa, unico punto in cui era possibile ancorare unopera da 900 Kg. Anche il campanile, in forme romaniche, venne in seguito modificato, questa volta per volere di Vittorio Amedeo II, ad opera di Juvarra, che lo sopraelevò di ben 12 m, portando la torre campanaria ad unaltezza complessiva di 60 metri, nel 1720. Il Duomo oggi si mostra come una struttura rinascimentale inconfondibile nel panorama cittadino. Allesterno il bianco marmoreo della facciata principale risplende ai raggi del sole, e il gioco di luci e ombre che si crea rende ancora più visibili gli altri elementi architettonici lì presenti, quali i tre portoni, il timpano che sovrasta  lingresso mediano e le due volute laterali. Linterno, severo, è costruito su pianta a croce latina e diviso in tre navate, lunghe 40 metri, le due laterali di 5,80 m., quella centrale di 9,50 m.

Decorata ai lati da numerose cappelle, a cui lavorarono artisti di pregio, la cattedrale ospita nel transetto destro il grande organo a trasmissione meccanica costruito nel 1874, strumento che ne sostituisce un altro del 1741. Lelemento più discusso del complesso è la Cupola del Guarini, definita da costoloni che si intrecciano frantumando la superficie del soffitto e precisata dalla luce diffusa per mezzo di numerose finestre che emergono curiosamente all’esterno della struttura, dove il tamburo è recinto da una linea sinuosa che racchiude i finestroni. La mirabile opera venne pesantemente danneggiata dallincendio dell11 aprile 1997, ed è stata oggetto di un restauro ricostruttivo di particolare difficoltà; la riapertura al  pubblico risale al 27 settembre 2018. La maestosità delledificio del Duomo nasconde un dettaglio singolare: sulla parete destra -arrivando dalla Piazzetta Reale- appare una meridiana dallaspetto non comune. Si tratta di una meridiana zodiacale, meglio qualificata come planetaria. Essa appartiene alla piùantica concezione di meridiane, utilizzate già tempo addietro dai Babilonesi, dagli Ebrei e dagli Egizi. Questa tipologia di oggetti presenta al posto dei numeri i dodici segni astrologici, poiché la tradizione vuole che ad ognuna delle dodici ore corrisponda linfluenza di un pianeta. Anche laspetto della meridiana è piuttosto insolito, con il quadrante costituito da una croce: lasta verticale è una freccia che punta verso il basso, Capricorno-Cancro; lasta orizzontale congiunge Ariete e Bilancia. I segni ai vertici coincidono con linizio delle stagioni e ne determinano il ciclo: 21 marzo – Ariete; 21 giugno- Cancro; 23 settembre – Bilancia; 22 dicembre – Capricorno. Lasta centrale congiunge il Capricorno, segno di Gesù, con il suo ascendente, il Cancro. Lincrocio delle due assi rappresenta il Cristo, centro dellUniverso.

Tale meridiana zodiacale può anche essere intesa, in chiave esoterico-cristiana, come una sorta di talismano, formato dai quattro elementi da cui è nato tutto luniverso: la terra è il lino in cui è avvolto Gesù; laria è il tempo da lui impiegato per giungere fino a noi; lacqua sono i viaggi che egli ha dovuto compiere; il fuoco è la fiamma energetica della Resurrezione. Le due interpretazioni si sovrappongono e conferiscono una doppia energia alloggetto. Il talismano ha dunque sia forza intrinseca che estrinseca, infatti esso viene caricato dalla fede dei fedeli che venerano la Sindone, e si crea così uno scambio energetico in più direzioni, dallinterno verso lesterno e viceversa, ossia dalla Sindone verso Torino e dalla Sindone verso ciascun fedele. Tuttavia il discorso sui segni zodiacali non termina qui. Larchitetto Enrico Castiglioni (1914-2000), uno dei membri fondatori del CIDA, (Centro Italiano Discipline Astrologiche), intraprese uno studio secondo il quale ad ogni zona torinese sarebbe associato  un elemento zodiacale. Egli divise la mappa della città in una raggiera a dodici quadranti, con centro in piazza Castello, allo scopo di evidenziare il nesso tra la porzione di città selezionata nei vari spicchi, le attività che lì si svolgono e le persone che vi abitano, con le caratteristiche del segno zodiacale corrispondente. Ad esempio allAriete, che è il segno piùmaschile, collegato allelemento fuoco, che a sua volta rimanda a Marte, dio greco della guerra, corrisponde la zona di Madonna di Campagna, territorio caratterizzato dalla presenza di molte industrie metallurgiche. Ed ecco come continua lelenco: al Toro, segno di elevazione dellanima, è affine lasse di Corso Regina Margherita (dove c’è una moltitudine di chiese); ai Gemelli si accorda la zona che va da Corso Francia a Borgata Parella, area propizia per intellettuali, commercianti e occultisti; al Cancro fa riscontro il territorio di Borgo San Paolo; al Leone, segno di comando, spetta la Crocetta, dove sta la crème de la crème della città; la Vergine è in simmetria con  il settore di Porta Nuova, Corso Massimo fino agli ospedali; alla Bilancia soddisfa piazza Maria Teresa, verso Valsalice, luogo in cui è larte a farla da padrone; allo Scorpione, segno magico per eccellenza, aderiscono piazza Castello, via Po e la Gran Madre; al Sagittario compete la Mole Antonelliana; al Capricorno, segno che governa lAldilà, ben si adatta la zona dei cimiteri; all Acquario tocca  la Barriera di Milano: il segno è collegato alla speranza, e nel territorio le molte autostrade possono essere intese come frecce che puntano verso il destino; affine ai  Pesci è la  Falchera, là dove vivono assembramenti di persone semplici ma autentiche. Davanti allo zodiaco ci comportiamo tutti allo stesso modo, come di fronte alloroscopo, nessuno ci crede ma tutti lo leggiamo.

Alessia Cagnotto

Videomaker in erba, ecco i vincitori del progetto di storia

“Approfondire, conoscere, appassionarsi per i ragazzi è segno distintivo sempre e per ogni settore e argomento. Ma quando questo voler sapere ed entusiasmarsi si rivolge alla storia, ancor più a quella contemporanea, diventa vero elemento di crescita. Per ogni singolo ragazzo certo, ma di conseguenza per l’intera comunità in cui questi giovani crescono e vivono”, dichiara Stefano Allasia, presidente del Consiglio regionale. “Investire risorse su progetti come questo, che ha visto vincitori gli studenti della VBT del Bodoni-Paravia di Torino, vuol dire investire nella nostra società. Significa dedicarsi e spendersi per rendere migliore questo nostro tempo”.

“La Regione Piemonte è stata tra le prime realtà a promuovere un progetto di studio sulla storia contemporanea, che è arrivato alla sua 42° edizione, e che nel corso di questi decenni ha coinvolto decine di migliaia di studenti delle scuole secondarie e degli enti di formazione professionale, organizzando viaggi studio nei luoghi della memoria in Italia e Europa”, commenta Daniele Valle, vicepresidente del Consiglio regionale, delegato al Comitato Resistenza e Costituzione. “Tutto questo è stato possibile grazie al coinvolgimento dei docenti e al lavoro degli Istituti storici della Resistenza in Piemonte, che sono tra i partner più importanti del Comitato Resistenza e Costituzione. Il Comitato è nato a metà degli anni Settanta dalla convinzione che per fare Memoria e per difendere i valori della Resistenza e i principi della nostra Carta costituzionale è necessario un lavoro istituzionale ma soprattutto culturale ed educativo. Cercando di utilizzare linguaggi nuovi per riuscire a coinvolgere i più giovani. Per questo, quest’anno, accanto al tradizionale elaborato scritto, abbiamo voluto prevedere più forme di partecipazione, come la fotografia, il torneo di dibattito e il cortometraggio”.

Il bando di concorso prevedeva tre tracce: la prima invitava ad approfondire il tema della violenza politica nella storia dell’Italia e dell’Europa nella prima metà del Novecento, in occasione del centenario della Marcia su Roma e della strage di Torino del 18 dicembre 1922, la seconda era incentrata sul racconto della guerra in corso in Ucraina e la terza sull’emergenza ambientale.

Gli studenti potevano partecipare presentando un elaborato scritto, una foto, un breve trailer video oppure prendendo parte a un torneo di dibattito.

La classe 5BT del Bodoni-Paravia ha proposto un breve video, interpretato dagli studenti stessi che, anche attraverso alcuni flashback fra passato e presente, hanno ricordato la strage del 18 dicembre 1922, perpetrata dai fascisti contro gli oppositori del regime e riflettuto sugli ideali che animavano antifascisti e liberali.

Come premio, i vincitori potranno sviluppare il soggetto proposto nel trailer realizzando un vero e proprio cortometraggio, grazie a un percorso formativo finalizzato a questo obiettivo, organizzato dall’Associazione Aiace Torino. Il film verrà poi proiettato in occasione della premiazione al Salone del libro e successivamente in una sala cinematografica con una proiezione dedicata alle famiglie e alle scuole.

Alla categoria video del concorso, che è una modalità proposta per la prima volta dal bando, hanno partecipato 10 istituti superiori per un totale di 188 allievi.

Davanti alla Corona ferrea tra fede e leggenda

“Dio me l’ha data, guai a chi la tocca!”. Troppo bella, troppo preziosa. Non sbagliava di certo Napoleone quando pronunciò quella famosa frase mentre, da solo, si metteva in testa la Corona ferrea auto-incoronandosi re d’Italia nel Duomo di Milano.

La Corona ferrea, risalente al IV-V secolo, è il pezzo più pregiato conservato nel Duomo di Monza, al centro della cappella di Teodolinda, in una teca nell’altare. Vederla da vicino, a così tanti secoli di distanza, è un’autentica emozione, un grande spettacolo. Siamo dinanzi ad un oggetto incredibile, a tu per tu con la Storia. Una delle tante meraviglie della nostra penisola che possiamo ammirare solo per pochi minuti. Millecinquecento anni di storia ti passano di fronte in un istante, quel diadema immortale brilla di luce e colori, irradia un’energia straordinaria e ti ricorda che in quel momento sei davanti alla storia d’Italia e dell’Europa cristiana. Un oggetto antico utilizzato per l’incoronazione dei re d’Italia, per dare un riconoscimento quasi divino al loro regno, dai re longobardi a Carlo Magno, dal Barbarossa a Carlo V fino a Napoleone. La Corona ferrea è un vero gioiello formato da sei piastre in oro e argento decorate di gemme, zaffiri, smalti, rosette e petali dorati uniti tra loro da cerniere e legate da un anello di ferro. Secondo la tradizione cristiana il ferro fu ricavato da un chiodo con cui fu crocifisso Gesù e per la Chiesa cattolica si tratta di una reliquia che Sant’Elena avrebbe trovato nel 326 d.C. durante un viaggio in Palestina e inserito nella corona del figlio, l’imperatore Costantino. Ancora oggi, una domenica di settembre, la Corona ferrea viene portata in processione per il centro storico di Monza. Il suo valore è simbolico, la sua fama sta nell’incoronazione di grandi personaggi della storia. Tutto ciò è custodito nel Duomo di Monza ma non è questo l’unico tesoro pieno di fascino in cattedrale. La Corona di ferro risplende al centro di uno stupefacente tempietto, a sinistra dell’abside centrale del Duomo: è la celebre cappella di Teodolinda e, quando si accendono le luci, la cappella lascia di stucco chi la guarda. Sulle pareti, affrescate alla metà del ‘400 dai pittori milanesi Zavattari, c’è tutta la storia di Teodolinda in 45 scene di vita, le storie descritte risalgono al VI secolo, all’epoca di Teodolinda, ma i costumi indossati da uomini e donne sono del Quattrocento. Teodolinda era una regina longobarda, bavarese, cattolica, saggia e colta, che decise di fare di Monza la sede estiva del regno longobardo. Si sposò due volte, con Autari che morì un anno dopo le nozze, e poi con Agilulfo, duca di Torino, che convertì al cattolicesimo insieme al popolo longobardo. Esercitò molta influenza sulle scelte politiche del nuovo sovrano a tal punto che gli storici sostengono che le decisioni principali del regno furono prese da entrambi. Il loro figlio, Adaloaldo, fu il primo re longobardo ad essere battezzato cattolico. La regina e suo figlio sono sepolti in un grande sarcofago posto dietro l’altare della cappella. Anche Agilulfo ha il suo gioiello, è la Croce di Agilulfo, custodita nel Tesoro del Duomo.                Filippo Re
nelle immagini
la Corona ferrea
la cappella di Teodolinda
Duomo di Monza

“Feste ebraiche” al Centro Pannunzio. Conferenza con il rabbino capo Finzi

GIOVEDÌ 9 MARZO ALLE ORE 17,30 presso la sede di Via Maria Vittoria 35h a Torino

Ariel FINZI, Rabbino capo della comunità ebraica di Torino, terrà una conferenza sul tema “LE FESTE EBRAICHE”. Introdurrà Pier Franco QUAGLIENI. L’ebraismo prescrive numerose festività, intese come giorni in cui si ricorda un avvenimento particolare o un particolare momento dell’anno. Il termine festività non deve far pensare che tutte queste ricorrenze siano felici: alcuni infatti sono giorni di lutto e digiuno a ricordo di momenti tragici nella vita del popolo ebraico. Sono riferite al calendario ebraico, di tipo calendario lunisolare e non anno solare come il comune calendario. Manifestazione con il patrocinio della Comunità Ebraica di Torino.

“Marilyn oltre Marylin” Un incontro a “CAMERA” sulla donna e sulla diva, nelle fotografie di Eve Arnold

Giovedì 9 marzo, ore 18,30

Lavoratrici, madri, bambine, dive, suore, modelle e studentesse: la fotografia di Eve Arnold (Philadelphia, 1912 – Londra, 2012), vera e propria leggenda dell’arte fotografica del XX secolo  – e prima donna dal 1951 a far parte, insieme all’austriaca Inge Morath, della prestigiosa “Magnum Photos”- è a tutti gli effetti un inno all’emancipazione femminile. A lei, “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” di Torino dedica, fino al prossimo 4 giugno, una grande retrospettiva curata da Monica Poggi ed articolata in ben 170 immagini realizzate fra il 1950 e il 1980, in cui occupano un posto di primissimo piano i numerosi servizi che la portarono sui set di film indimenticabili per ritrarre le grandi star del periodo, da Marlene Dietrich a Joan Crawford, fino a Orson Welles e a Marilyn Monroe. Scatti incredibili in cui Eve riesce totalmente a mettere in pratica, nella cristallizzazione di volti più o meno celebri (come in quelli assolutamente sconosciuti), ciò che voleva fortemente ottenere con un semplice clic: conoscere, capire e raccontare.

L’immagine reale e l’anima. Un intento che la porta a stringere incontri di forte empatia con i soggetti da immortalare e che diventano occasione di legame e amicizia davvero profonde con la grande Marilyn, Norma Jeane Mortenson Baker da Los Angeles. Parte di qui l’idea da parte dei responsabili del “Centro” di via delle Rosine 18, a Torino, di dedicare il primo incontro del ciclo de “I Giovedì in CAMERA 2023” (appuntamenti che si sviluppano nell’arco dei mesi di mostra per raccontare la figura di Eve Arnold) proprio alle immagini scattate dalla fotografa americana alla Monroe, diva e icona sempre assolutamente capace di ispirare artisti e fotografi, ma che negli scatti esposti si mostra in uno “spaccato inedito”, quello dell’attrice e della donna che va oltre la diva. “Marilyn oltre Marilyn”. Del resto, fu proprio lei ad  avvicinare la fotografa ad un party nel 1954, dicendole “Se sei riuscita a fare così bene con Marlene (Dietrich), riesci a immaginare cosa potresti fare con me?”. Nel corso dei dieci anni successivi, lavorano insieme in sei diverse occasioni. Gli scatti più noti sono quelli realizzati sul set del film “Gli spostati” (1961), dove Arnold rimane più di due mesi su richiesta della stessa Monroe. Al momento del suo arrivo, l’attrice è appena uscita dall’ospedale per un’overdose, il suo matrimonio con Arthur Miller sta naufragando e il caldo torrido del Nevada rende le riprese ancora più difficili. Uno degli scatti più toccanti la raffigura assorta nel ripetere le sue battute davanti al brullo deserto del Nevada. “Il contrasto morbido dell’immagine crea un velo di silenzio e malinconia. Arnold ha colto l’attrice spogliata di ogni finzione, mostrandone l’umanità e la vulnerabilità”.

 

Protagonista dell’incontro a “CAMERA” sarà Giulia Carluccio, prorettrice dell’Ateneo torinese (dove insegna “Cinema, Fototografia, Televisione e Media Audiovisivi”) fra le maggiori studiose della figura di Marilyn Monroe, che, insieme a Monica Poggi, curatrice della mostra, rifletterà sugli intrecci che la vita e le opere di queste due donne formano con la letteratura, il cinema e la fotografia.

L’incontro è organizzato in collaborazione con “Aiace Torino”. Ingresso al costo di 3 Euro, consigliata la prenotazione: tel. 011/0881150 o www.camera.to o camera@camera.to

g. m.

Nelle foto:

–       “Marilyn Monroe reading ‘Ulisses’ by James Joyce, Long Island, New York, USA, 1955; Credit Eve Arnold / Magnum Photos

–       “Marilyn Monroe in the Nevada desert during the filming of ‘The Misfits’, USA, 1960; Credit Eve Arnold/Magnum Photos

–       “Eve Arnold on the set of ‘Becket’, England, 1963, Ph. By Robert Penn

 

Donne celebri, il libro. Presentazione a Palazzo Madama

Mercoledì 8 marzo 2023 ore 11

 

Palazzo Reale

Appartamento di rappresentanza, Sala Lavaggio

Piazzetta Reale 1, Torino

 

 

 

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, mercoledì 8 marzo alle ore 11 i Musei Reali presentano il volume Donne celebri nel Gabinetto delle Miniature del Palazzo Reale di Torino (Editris edizioni), pubblicato con il sostegno di Rotary Club Torino Palazzo Reale, Rotary F.R.A.C.H. e Zonta Torino.

Il volume, curato da Lorenza Santa con la collaborazione di Gelsomina Spione del Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino, è dedicato ai ritratti femminili che si conservano nel prezioso Gabinetto delle Miniature dell’Appartamento della regina Maria Teresa, al primo piano del Palazzo Reale.

 

Il Gabinetto delle Miniature è un piccolo e raffinato ambiente rivestito di specchi in cui è incastonata la straordinaria collezione di 232 dipinti di piccolo formato, in gran parte a soggetto dinastico, con ritratti realizzati nel Settecento da Giuseppe Lavy, fino alla serie novecentesca commissionata da Vittorio Emanuele III di Savoia.

 

La sfilata dei ritratti femminili si apre con Caterina di Schiren, moglie del leggendario Beroldo vissuto nell’anno Mille, per concludersi con la seconda regina d’Italia, Elena del Montenegro. A questo nucleo si affiancano ritratti di dame di corte e donne celebri per bellezza e virtù: tra queste Hélène Fourment, moglie di Pieter Paul Rubens, la celebre pittrice Lavinia Fontana ed Elisabetta di Borbone Francia, sposa di Filippo IV di Spagna, dipinte all’inizio del Settecento dall’abate Giovanni Felice Ramelli. La collezione comprende anche le tele del veneziano Giuseppe Nogari, dipinte nel 1740-1742 con soggetti ispirati alla pittura di genere olandese.

 

Il volume presenta 99 immagini di donne, riunite per la prima volta, con una selezione di schede biografiche che ripercorre il filo secolare della storia che le ha viste protagoniste nella famiglia, nella politica e nelle arti. Le ricerche sono state realizzate grazie al contributo di un gruppo di studentesse e studenti del Corso magistrale in Storia dell’Arte dell’Università di Torino.

 

Parte del ricavato della vendita della pubblicazione sarà devoluta al Telefono Rosa di Torino – Centro Antiviolenza e di Orientamento per i Diritti delle Donne.

Il volume è disponibile nel Museum Shop dei Musei Reali, al primo piano della Galleria Sabauda.

 

In occasione della Festa Internazionale della Donna, nei musei e nei luoghi della cultura statali mercoledì 8 marzo l’ingresso è gratuito per le donne.

 

Dal 14 marzo al 6 aprile 2023 il Gabinetto delle Miniature nell’Appartamento della regina Maria Teresa sarà aperto al pubblico con visite accompagnate, comprese nel biglietto dei Musei Reali.

 

Torino, 7 marzo 2023

 

Donne celebri nel Gabinetto delle Miniature del Palazzo Reale di Torino (Editris edizioni)

Disponibile nel Museum Shop dei Musei Reali, al primo piano della Galleria Sabauda

Costo del volume 16 euro

 

Sito internet: museireali.beniculturali.it

 

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Quattro ottave per Gianni Chiostri che espone a Villarbasse

CHIOSTRI CHI?

Ormai sono oltre cinquant’anni che ci conosciamo e, in tempo, abbiamo superato le coppie più fedeli di un tempo e, per questo, è il caso di dire qualcosa di più di questa matita, o meglio del segno ostinato che guizza sul fondo (ormai non più solo) bianco per sorridere e far sorridere insieme quanti la sanno guardare…

Ma c’è un grande incanto in questa semplicità di tracce graffianti e di intenti pulsanti: è la vita, sempre vista con tanto d’occhi sgranati che rimangono ben aperti davanti al mondo, pronti a suggerire di saper meglio vedere, ché ancora c’è un briciolo di poesia anche oggi e, forse, sempre pronta a raccomandare di sperare ancora perché… è difficile che, tra gli inganni, che ogni giorno propina, non ci sia sempre mai una consolazione in più!

 

CHIOSTRI CHE?

Verrebbe da alludere al buddista illustratore di Pinocchio che di Gianni forse era solo uno zio (non un ‘barba’ ché i suoi son fiorentini!) poi però si percorrono chilometri di tratteggi a pennacome quelli che illustravano così dolcemente ogni cosa, prima di arrivare alle calde tracce di sanguigna, e allora ci ricollegano a un passato classico, quasi anelito di rinascenza artistica che forse sa di ambienti altri, ma che sono qui, in Piemonte, ché tutti riprendono nostri luoghi, ben interpretando tante costruzioni rossastre di antiche terre cotte… poi però, molto in fretta, quei tratti si allungano e scorrono in ricci e ripieghi che tanta morbidezza dànno alla vista d’insieme e allora, ecco lì, non c’è più che un sorriso a svelare a tutti la magia di quel suo contagio

Oh meraviglia!

CHICCHE???!!!

Sì ora le vediamo tutte, in questi pochi esempi, aprirsi, presentarsi e offrirsi, come oggetti incantati in una vetrina natalizia in passato, il nostro passato di luci parche (non già di emozioni) e sono lì, l’una accanto all’altra, che esaltano l’una e l’altra per virtù di ognuna… Gianni ama il giardinaggio e noi lo sappiamo bene che ogni suo pezzo è un po’ un piccolo vaso, a volte minore, altre anche un poco maggiore, ma sempre dal contenuto vibrante e pulsante. Impresa unica tra gli asfittici oggetti (oggi li chiamano solo così) che qualcuno osa ancora definire artistici e non sono neppure più artefatti perché né loro né chi dice di averli fatti un’anima non ce l’ha nemmeno più…. Chiostri invece se ne va fischiettando, muovendosi a larghe falcate, e poco importa se qualcuno, cercando di mettere ordine, voglia imporre da destra oda manca le regole del gioco!

MA CHE MI PIGLIA?

Torno indietro in questo parapiglia e, incantato, guardo, tra un verde bottiglia e un azzurro oltremare, le macchie rosso-aranciate delle gote, i cenni alle dita, le mani… e avverto la musica, un suono ch’è musica pura: sarà che viene da altri? Prodigio! No! non è frutto solingo, ma sommatoria di quanto più bello ci sia tra un colore sistemato sul fondo e l’accompagnamento armonioso di una composizione che appena si percepisce, ma che, sappiamo bene, lui la sente così. Così qualche fiocco di neve, così lo sfogliare del vento in autunno, o in estate il conteggiare ritmato delle gocce di pioggia all’avvio d’un temporale, così tantosbocciar di fiorellini tra primule e prunus: lui ama i suoi vasi e lascia sempre un pensiero quando si avventura tra il verde (forma sincopata di vedere o allitterazione?). Non importa, noi ci divertiremo sempre così: siamo nati giovani!

Carlo A. M. Burdet