Si chiude a “Casa Lajolo” la rassegna musicale “La notte, di luci e di note”
Venerdì 13 settembre, ore 20,30
Piossasco (Torino)
Prima protagonista la “kora”. Accompagnata dal ritmo composito delle “cas cas”. E, insieme, altri antichi (poco conosciuti o sconosciuti) strumenti che magicamente regalano suoni e melodie ripescate nel tempo e capaci di riproporre l’avvincente atmosfera delle antiche e profonde, spesso storicamente “calpestate”, terre d’Africa. Sarà il giardino illuminato di “Casa Lajolo” a Piossasco a fare da cornice, venerdì 13 settembre, alle 20,30, a “Suoni d’Africa”, appuntamento di chiusura della rassegna “La notte, di luci e di note” pensata per permettere di vivere, anche di sera, la settecentesca dimora storica gestita da “Fondazione Casa Lajolo” e il suo magnifico giardino a tre gradoni.
Elena Russo e Carla Azzaro le giovani musiciste protagoniste della serata. Torinese, la prima si esibirà alla “kora” (arpa tradizionale africana, suonata dai “griot” – bardi o cantastorie – dell’etnia Mandinka diffusa in Senegal, Gambia, Guinea e Mali), mentre la ragusana Azzaro sarà impegnata alle percussioni africane studiate con due grandi delle “nere” sonorità, Masserigne Fall e Lorenzo Gasperoni.

La promessa degli organizzatori é quella di una serata intensa e carica di emozioni, in cui lasciarsi rapire da note insolite, singolari, cifre poetiche di universi lontani dove perdersi e smarrire i confini di spazio e tempo.
“Suoni d’Africa” condurrà, infatti, “in un’esplorazione – si sottolinea – della musica tradizionale africana, un mondo dove le zucche si trasformano in tamburi e dove ritmi e melodie si intrecciano e svelano i misteri delle ‘cas cas’ e dei ‘caxixi’, della ‘calebasse’ e della ‘kora’”: antichi strumenti ancora assai diffusi in tutta l’Africa occidentale, costruiti a mano o con semplici utensili, usando materiali messi a disposizione dalla natura. “Ne nascono composizioni ed esecuzioni spontanee che costituiscono il richiamo, la cornice e spesso anche l’essenza di feste e celebrazioni e che si prestano naturalmente a fare da sfondo e alternativamente a essere protagoniste di una serata”.
Importante è ancora sottolineare che tutti i concerti organizzati nell’ambito della rassegna “La notte, di luci e di note” nascono in occasione dell’inaugurazione del nuovo “sistema di illuminotecnica”, realizzato grazie al bando “PNRR-Parchi” indirizzato a giardini storici e finanziato dai “Fondi Next Generation EU”, grazie ai quali è stata resa possibile la valorizzazione dei punti più suggestivi del Giardino di “Casa Lajolo”, organizzato “a stanze” e ricco di scenari sempre nuovi.

Le luci richiamano l’attenzione sugli alberi secolari, come il cedro e il pino, giocano con muretti e aiuole, invitando a muoversi tra il piazzale in ghiaia con la collezione di agrumi in vasi, il giardino all’italiana delineato da cordonature e sculture in bosso e affiancato da un boschetto all’inglese delimitato da sette “Taxus baccata”, e poi più in giù, a guardare verso ulivi e alberi da frutto, aprendosi all’ orto-giardino e al frutteto.
Nel biglietto (20 euro, under 25 pagano 15 euro), dopo un calice di vino di benvenuto della “Cantina L’Autin” di Pinerolo, la possibilità di visitare e passeggiare nel giardino illuminato. Acquistando due biglietti (nella stessa data) il terzo è al 50 per cento. Informazioni e prenotazioni dei concerti: info@casalajolo.it.
Per ulteriori info: “Casa Lajolo”, via San Vito 23, Piossasco (Torino); tel. 333/3270586 o www.casalajolo.it
g.m.
Nelle foto: “Casa Lajolo” in notturna, Elena Russo e Carla Azzaro
Con la riapertura dei “Laboratori” – oltre alla “Sala Studio” con le sue 24 postazioni dotate di wi-fi gratuito e la “Caffetteria” diventata ormai un luogo di incontro, condivisione e tempo libero – prende nuovamente avvio anche lo “spazio di ascolto” di “Open”, con percorsi gratuiti di counseling a persone di età compresa tra i 18 e i 26 anni organizzato in collaborazione l’ “Istituto Change – Ecologia delle Comunicazioni nei Sistemi Umani” di via Valperga Caluso, a Torino.
Con il “Laboratorio di scrittura, recitazione, montaggio e registrazione di un podcast” (dall’11 ottobre al 29 novembre) – realizzato in collaborazione con “Fondazione TRG” e tenuto dalla speaker radiofonica e podcaster Francesca Bacinotti e dal conduttore Matteo di Palma – si scoprirà come raccontare storie e comunicarle in maniera efficace per realizzare contenuti originali, mentre con “Fare fotografia” – condotto da Paola Mongelli (dall’8 ottobre al 28 gennaio 2025) – si punterà a immortalare le immagini in modo creativo e personale, oltre allo studio dei lavori di grandi fotografi contemporanei e non.

Una passione narrata oggi, con saggia intelligenza, nelle sale del “Museomontagna” di Torino, in una rassegna (programmata fino a domenica 13 ottobreprossimo) con cui la struttura museale di Piazzale Monte dei Cappuccini inaugura insieme due importanti eventi: la celebrazione dei suoi primi 150 anni di vita e la “Giornata della Memoria”, in calendario, come ogni anno, il prossimo 27 gennaio. Il percorso espositivo (a cura di Guido Vaglio con Roberta Mori e sviluppato in collaborazione con il torinese “Centro Internazionale di Studi Primo Levi”) invita a scoprire il legame ancora poco conosciuto tra lo scrittore torinese e la montagna, nato negli anni dell’adolescenza e tragicamente legato al destino dello scrittore. Fu infatti in Valle d’Aosta, nel villaggio di Amay sul Col de Joux, che fu arrestato dalla milizia fascista, insieme ad altri due compagni della piccola banda di “Giustizia e Libertà”, nel dicembre del ’43, per essere trasferito, come ebreo e partigiano, nel Campo di Fossoli prima e successivamente ad Auschwitz, in Polonia. All’indomani dell’8 settembre 1943, l’espressione “andare in montagna” era infatti diventata sinonimo di una precisa scelta di campo, quella di aderire alla “lotta partigiana”. Sopravvissuto al lager (in quella perfetta tempesta di improbabile “casualità” raccontata nell’iconico “Se questo è un uomo”) e tornato a Torino nell’ottobre del ’45, sarà ancora una volta la montagna a favorire e a consolidare l’amicizia di Levi con altri due protagonisti del nostro Novecento: Mario Rigoni Stern e Nuto Revelli, testimoniata in mostra dalla “pietra” con incisione della poesia“A Mario e a Nuto”, proveniente dalla “Fondazione Nuto Revelli” di Cuneo.
Esemplari anche le “Citazioni” di Levi che accompagnano in mostra il visitatore. Otto parole-chiave in cui si traduce perfettamente l’essenza dell’amore dello scrittore per la montagna che era e sarà sempre per lui: Natura, Materia, Letteratura, Trasgressione,Riscatto, Amicizia, Scelta e Liberazione. In un’unica espressione: la “carne dell’orso”, di cui parla nel bellissimo capitolo “Ferro” da “Il sistema periodico”, quale frase a lui rivolta dal grande amico di vita e di scalate, Sandro Delmastro, durante un rischioso bivacco in quota in pieno inverno. “Il peggio che ci possa capitare – così Sandro – è di assaggiare la carne dell’orso”. Quella carne, molti anni dopo, rimpianta da Levi “poiché, di tutto quanto la vita mi ha dato di buono, nulla ha avuto, neppure alla lontana, il sapore di quella carne, che è il sapore di essere forti e liberi, liberi anche di sbagliare, e padroni del proprio destino”.


