CULTURA- Pagina 3

Festa di primavera ai Musei Reali

Un appuntamento per celebrare la riapertura del Giardino di Levante e offrire un’esperienza unica tra bellezza e cultura

 

 È un’esperienza unica tra bellezza e cultura quella che i Musei Reali di Torino offrono al pubblico venerdì 11 aprile 2025.

 

Dalle 17.30 alle 21.00 si celebra la Festa di Primavera, un evento ricco di appuntamenti per festeggiare la riapertura del Giardino di Levante dopo i lavori di restauro finanziati con fondi PNRR.

 

Si inizia alle ore 17.30 con la presentazione istituzionale della statua in marmo che raffigura l’allegoria della Primavera, copia fedele della scultura di Simone Martinez realizzata tra il 1740 e il 1753, una delle Quattro Stagioni destinate al Rondò alfieriano della Reggia di Venaria e trasferite nei Giardini Reali in epoca napoleonica.

 

Dalle ore 18.15, si prosegue con il Gran Ballo Ottocentesco, organizzato dai Musei Reali in collaborazione con la Società di Danza Torinese per rievocare il clima di slancio e coesione sociale che ha dato impulso all’Unità d’Italia. I ballerini, indossando splendide riproduzioni di abiti da ballo risorgimentali, eseguiranno quadriglie, valzer, mazurke e danze figurate sulle più belle composizioni di Giuseppe Verdi e degli Strauss, trasportando il pubblico nell’atmosfera delle grandi feste di Corte ottocentesche.

Nell’esibizione si materializza il gioco delle relazioni sociali e delle regole di etichetta su cui si fondava la vita pubblica della società ottocentesca. Al contempo, prende vita una forma artistica in cui grazia e precisione si fondono con il gusto dell’incontro e del corteggiamento cavalleresco.

 

Completa l’iniziativa un brindisi al tramonto e la visita libera in esclusiva all’Appartamento della Regina Elena, situato al piano terreno di Palazzo Reale, straordinariamente aperto per l’occasione.

 

Il biglietto ha un costo di 10 euro per tutte e tutti, anche per chi possiede l’Abbonamento Musei e le card turistiche, e include l’accesso ai Giardini Reali, la visita libera all’Appartamento della Regina Elena e il brindisi. L’ingresso è gratuito fino agli 11 anni e per le persone con disabilità.

In caso di maltempo, il Gran Ballo di Primavera si terrà nel Salone delle Guardie Svizzere di Palazzo Reale e il brindisi nella Corte d’Onore. 

 

 

Il restauro del Giardino di Levante

I Giardini Reali costituiscono un’area unica per valore monumentale e ambientale e si estendono su una superficie di circa 8,5 ettari. Il Giardino di Levante è stato oggetto di un accurato restauro durato oltre un anno (ottobre 2023-dicembre 2024), finanziato con fondi PNRR, che ha previsto un lotto di lavori e uno di valorizzazione.

La prima parte d’interventi ha interessato diverse componenti, da quella vegetale a quella architettonico-scultorea, dall’impiantistica alla sicurezza e accessibilità.

Per la valorizzazione, l’azione più incisiva ha riguardato il reintegro delle statue delle Quattro Stagioni sui basamenti posti nell’esedra, a corredo della fontana delle Nereidi e dei Tritoni.

Queste sculture, realizzate in marmo di Frabosa, furono scolpite tra il 1740 e il 1753 da Simone Martinez, nipote di Filippo Juvarra, giunto da Roma a Torino nel 1736. Nominato il 22 marzo “Scultore in marmi”, dal 1738 avvia presso la Corte sabauda il Regio Studio di scultura dove, dal 1752, risultano presenti le quattro allegorie. Le statue di Martinez, probabilmente concepite per la Galleria della Regina (detta anche del Beaumont) a Palazzo Reale, furono poi allestite alla Reggia di Venaria nel Rondò progettato dall’architetto Benedetto Alfieri. Nel 1798, quando l’occupazione francese sancì la dismissione di Venaria Reale quale residenza di Corte, si iniziò a lavorare al riarredo delle residenze alla luce del nuovo potere. In particolare, nei Giardini del Palazzo Reale di Torino si operò l’inserimento delle statue delle Quattro Stagioni, che risultano presenti già dal 1811, collocate sui basamenti dove in precedenza forse erano stati posti i Quattro Elementi di Francesco Ladatte e dove rimasero per i due secoli successivi.                                               

Con l’intento di restituire la presenza, storicizzata, delle sculture di Simone Martinez nel contesto del Giardino di Levante, all’interno del progetto PNRR è stata realizzata la copia dell’allegoria della Primavera, una giovane donna dall’aspetto aggraziato, con lineamenti morbidi e una postura elegante, attraverso la digitalizzazione del processo artistico, l’acquisizione di modelli tridimensionali mediante scansioni ad alta risoluzione, la programmazione di robot antropomorfi per lavorazioni complesse e la finitura manuale, elemento imprescindibile per garantire il risultato fedele all’originale.

 

L’appartamento della regina Elena

Situato al piano terreno di Palazzo Reale verso il Giardino, l’appartamento ha sempre mantenuto la funzione di abitazione privata e fu quasi sempre occupato da componenti della Famiglia Reale: nel XVIII secolo, prima dal principe ereditario Vittorio Amedeo Filippo, poi dalle principesse Maria Adelaide e Maria Luisa Gabriella e, intorno al 1789, da Maria Felicita, sorella di Vittorio Amedeo III, principessa che non aveva contratto matrimonio e che rimase a vivere alla Corte paterna. Durante gli anni della dominazione napoleonica fu utilizzato dal Governatore francese di Torino, Camillo Borghese. Al ritorno dei Savoia, nel 1815, dapprima venne lungamente impiegato come foresteria e, nel 1857, ospitò la zarina di Russia Alessandra Fedorovna, vedova di Nicola I, e i Granduchi Costantino e Michele. Tornò poi a essere utilizzato dai Savoia, prima da Umberto e Margherita giovani sposi e poi dal duca d’Aosta Amedeo e dalla seconda moglie Maria Letizia. Infine, nei primi decenni del Novecento, l’Appartamento fu abitato per i soggiorni torinesi dalla regina Elena, moglie di Vittorio Emanuele III, che occupava invece l’attiguo Appartamento del Re, con affaccio sulla Piazzetta Reale. L’Appartamento conserva dunque importanti e stratificati apparati decorativi, risultato degli ammodernamenti e dell’aggiornamento del gusto nei secoli.

 

 

 

 

 

 

 

FESTA DI PRIMAVERA

Musei Reali di Torino (Piazzetta Reale, 1)

Venerdì 11 aprile 2025, dalle 17.30 alle 21.00 (ultimo ingresso ore 20.00)

 

Programma:

17.30: Apertura al pubblico
17.45-18.15: Saluti istituzionali e presentazione della statua della Primavera

Dalle 18.15: Gran Ballo Ottocentesco e animazione storica

Biglietti

Costo: 10 euro, anche per chi possiede l’Abbonamento Musei e le card turistiche. Gratuito fino agli 11 anni e per persone con disabilità.

 

Il biglietto comprende:

Ingresso ai Giardini Reali

Un calice di vino bianco o rosso per il brindisi nel Giardino di Levante

Esibizione di danze ottocentesche

Visita libera all’Appartamento della Regina Elena, al piano terreno di Palazzo Reale

 

Il pubblico potrà scegliere tra un calice di vino bianco o rosso. Dopo il primo calice, incluso nel biglietto di ingresso, sarà possibile acquistare ulteriori consumazioni, esclusivamente tramite pagamenti elettronici e non in contanti.

 

In caso di maltempo, il Gran Ballo di Primavera si terrà nel Salone delle Guardie Svizzere di Palazzo Reale e il brindisi nella Corte d’Onore

 

Dove acquistare:

Presso la biglietteria dei Musei Reali entro le ore 20.00

Online https://www.ticketone.it/artist/musei-reali-torino/musei-reali-festa-di-primavera-3851565/

 

Informazioni: mr-to.eventi@cultura.gov.it

Il segreto dei Templari alle porte di Torino

Un alone di mistero circonda il castello tra storie, leggende e fantasmi. Lo stato piuttosto fatiscente in cui giace fa pensare che il tempo si sia fermato ma quel che resta del maniero ci rimanda alla storia dei Templari e poi a quella dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme.

Intriso di leggende e storia il mistero templare sopravvive a pochi passi da Torino, attorno e dentro il castello medioevale della Rotta a Moncalieri. Una residenza frequentata nel Medioevo, e anche successivamente, da vari Ordini cavallereschi. Leggende sui fantasmi di cavalieri morti in battaglia e giovani donne suicide che si lanciano dalla torre della rocca circolano numerose ancora oggi.

Non solo, ma sotto il castello, sarebbe rimasta una galleria attraverso la quale si poteva raggiungere Moncalieri da una parte e il piccolo borgo Gorra dall’altra. Siamo davanti a uno scenario templare di tutto rispetto in cui affiorano una lapide murale con racconti presumibilmente legati all’epoca delle Crociate e leggende misteriose come quella di una giovane fanciulla giunta dalla Francia per sposare il proprietario del maniero. Un signore ricco e facoltoso ma troppo brutto e deforme per sposarlo. Ma le nozze erano obbligate. Un tal giorno la giovane vola, forse spinta, da una finestra e si sfracella sul ponte levatoio. Leggende che rivivono avvicinandosi alla dimora che, pur decadente e attaccata dalla vegetazione, non ha perso nulla del suo fascino antico. Si trova in aperta campagna, a pochi chilometri da Moncalieri, nella frazione La Rotta, tra la statale e l’autostrada ed è raggiungibile percorrendo un sentiero sterrato e polveroso nelle cui vicinanze scorrono il Po, il Banna e lo Stellone. L’antico edificio aveva una funzione strategica: difendere il ponte sul torrente Banna sul quale passava la strada romana proveniente da Pollenzo. Passò in seguito ai cavalieri Gerosolimitani di Moncalieri che possedevano altri terreni nella zona e che nel Quattrocento ristrutturarono ampiamente l’edificio. I Cavalieri dell’Ordine del Tempio, fondato nel 1118-19, furono presenti in Piemonte e a Torino, secondo gli storici, già nella prima metà del dodicesimo secolo. Con la torre di vedetta, un grande cortile interno, l’ospizio per i pellegrini, la cappella, le stalle, il pozzo, magazzini e sotterranei, il castello presentava le caratteristiche di una “domus” templare e, secondo la studiosa Bianca Capone Ferrari, la Rotta assumeva le sembianze di una casa-forte templare dipendente dalla domus templare di Sant’Egidio di Testona vicino al ponte sul torrente Banna. La Capone scrive che il nome del castello deriverebbe dalla rotta, dalla sconfitta subita dal duca Tommaso di Savoia nella guerra contro i francesi nel 1639 ma già nel Quattrocento veniva indicato come Grancia Rupta dai gerosolimitami di Moncalieri. O forse ancora il nome deriverebbe da una rotta militare antica oppure da rotha (roggia) per la presenza di molti corsi d’acqua che scorrono nella zona. Non si sa quando i templari lasciarono la fortezza ma un documento conservato nell’archivio della città attesta che, verso la fine del Duecento, alla Rotta erano già presenti i Gerosolimitani. Negli anni Ottanta il fortilizio fu restaurato e riportato all’antico splendore. Come detto, le leggende sul castello  sono talmente numerose che hanno suscitato l’interesse di curiosi ed esperti secondo i quali il momento più propizio per “osservare” i fantasmi sarebbe la notte tra il 12 e il 13 giugno.

Filippo Re

Ancora due giorni per votare Agliè  Borgo dei Borghi

Ancora due giorni per votare il comune di Agliè nell’ambito del concorso del “Kilimangiaro”, dedicato al Borgo dei Borghi 2025. Domenica 6 aprile si concluderanno le votazioni online e si eleggerà il borgo vincitore per il 2025. Per sostenere Agliè come vincitore, sarà possibile votare sul sito di Rai Play Link www.raiplay.it/borgodeiborghi. Si tratta di un importante riconoscimento per il comune piemontese, unico selezionato della Regione, che si è distinto per la presenza di un patrimonio storico e culturale che ogni anno attira turisti nei suoi suggestivi vicoli e sentieri naturalistici. La bellezza di Agliè è racchiusa nei suoi piccoli ma preziosi dettagli, che lo rendono uno dei centri più affascinanti del Canavese e del Piemonte, ricco di dimore storiche, una su tutte il castello ducale, Residenza Reale Sabauda protagonista delle Camminate Reali proposte dall’evento #MiMuovo, che attira l’attenzione di cittadini e turisti offrendo anche l’occasione di vedere il centro storico del borgo che, grazie alle costanti opere di restauro, ha conservato la sua bellezza. È circondato da giardini all’inglese e da un grande parco, dove è possibile ammirare fiori rari e alberi secolari. Il castello è stato scelto come set per la nota serie televisiva “Elisa di Rivombrosa”, andata in onda su Canale 5, e della più recente “La legge di Lidia Poët 2” con Matilda De Angelis, su Netflix. Non meno rilevante lo stretto legame che Agliè ha con un autore storico come Guido Gozzano, che qui ha trascorso gran parte della sua vita dedicando delle poesie ad Agliè. La sua residenza estiva, la villa Il Meleto, è visitabile.

“Questa candidatura è un’occasione unica per valorizzare il nostro borgo e tutto il territorio- ha commentato il Sindaco di Agliè Marco Succio – essere l’unico rappresentante della Regione ci carica di responsabilità, ma anche di grande euforia: si tratta di un’opportunità concreta per far conoscere la nostra storia d le nostre peculiarità a livello nazionale, rafforzando così il turismo e l’economia locale. Con il supporto di tutta la comunità, e non solo, possiamo portare Agliè, il Canavese e il Piemonte alla vittoria”.

Le profonde radici storiche del borgo hanno permesso anche lo sbocciare di un turismo enogastronomico rappresentato dalla Sagra del Torcetto e Calici, evento di punta del comune di Agliè. Nel mese di luglio la manifestazione, da tre anni è entrata, insieme a #MiMuovo, nel cartellone del festival della Reciprocità dell’entroterra canavesano, accompagna i visitatori tra le eccellenze gastronomiche del territorio, dai caldi sapori dei vini autoctoni alla maestria culinaria degli chef locali.

“È con entusiasmo che sosteniamo la candidatura di Agliè al prestigioso titolo di Borgo dei Borghi 2025 – ha dichiarato Alberto Cirio, Presidente della Regione Piemonte – questo bellissimo borgo del Canavese, con la sua storia millenaria, la sua bellezza naturale e un ricco patrimonio culturale, rappresenta al meglio l’anima autentica del nostre Piemonte. Si tratta di un’opportunità straordinaria performance conoscere al meglio il nostro territorio, ricco di arte, tradizioni e sapori unici. Sostenere Agliè significa sostenere la nostra cultura e il nostro turismo, le risorse più preziose della nostra terra. Invito i cittadini a partecipare con il loro voto per contribuire a far conoscere maggiormente la bellezza dei nostri luoghi. Insieme possiamo rendere Agliè Borgo dei Borghi 2025”.

Mara Martellotta

Culicchia nuovo direttore del Circolo dei Lettori

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Giuseppe Culicchia è stato nominato nuovo direttore della Fondazione Circolo dei Lettori. Per il triennio 2025-2028 sarà alla guida della direzione culturale e operativa della Fondazione, gestendo le sedi del Circolo dei Lettori a Torino, Novara e Verbania, oltre al Circolo della Musica di Rivoli.
“La scelta di Giuseppe Culicchia è stata dettata dalla sua capacità di coniugare continuità e innovazione, elementi fondamentali per il futuro della Fondazione Circolo dei Lettori, un’istituzione di riferimento in Italia per la produzione culturale, la diffusione del pensiero e la promozione del libro”, sottolinea la Fondazione.
La nomina è stata deliberata dal consiglio di gestione, composto dal presidente Giulio Biino e dai consiglieri Elena D’Ambrogio Navone e Massimo Pedrana, al termine di un processo di selezione avviato con l’avviso pubblico del 2 febbraio scorso. Alla candidatura hanno risposto 40 professionisti di spicco del panorama culturale, editoriale e librario italiano

Le biblioteche storiche di Torino, patrimonio dei cittadini

Il Salone del libro è  importante per Torino, ma anche per l’Italia tutta. L’affluenza e’sempre in aumento e questo vuol dire che leggere è una attività fondamentale a cui non si rinuncia, fortunatamente; attraverso i libri ci arricchiamo, sono uno strumento essenziale per la nostra crescita intellettuale,  morale e spirituale, ogni volume che leggiamo lascia una traccia, sempre.

Torino e’ nota anche per le sue diverse e straordinarie biblioteche e alcune, oltre che rappresentare luoghi di culto per il lettore e lo studioso, rivestono una grande importanza storica e monumentale.

Tra le molte esistenti eccone alcune molto importanti, simbolidella Torino dedita alla cultura e alla formazione.

Biblioteca Reale conserva circa 200.000 volumi, una ricchezza voluta da Carlo Alberto di Savoia-Carignano. La prestigiosa collezione di volumi e disegni importanti come i 13 autografi di Leonardo Da Vinci e il suo Codice del Volo degli uccelli. Nel 1942 venne inaugurata la nuova sede con importanti e preziosi arredi, dopo la Seconda Guerra Mondiale divento’ una biblioteca pubblica. Fanno parte del complesso museale anche il Palazzo reale, L’Armeria, la Cappella della Sindone, la Galleria Sabauda, il Museo di Antichità e i Giardini Reali.

Biblioteca Nazionale Universitaria

Fondata all’incirca nel 1723 per volontà di Vittorio Amedeo II di Savoia che realizzò l’accorpamento della raccolta del Comune, quella della Regia Università e i libri della corona, oggi e’ una biblioteca statale pertinente alla direzione del Ministero della Cultura. Nel 1957 comincio’ l’edificazione della sede attuale, in piazza Carlo Alberto, che terminò nel 1973 con il trasferimento del patrimonio dai locali di via Po, dove si sviluppò il grave incendio del 1904 che distrusse molte delle 4.500 unita’ presenti. Nella collezione attuale troviamo manoscritti in lingua ebraica, in greco, in latino, 1600 incunaboli che ci riportano agli albori della stampa e quindi alle meta’ del 1450, incisioni e disegni di inestimabile valore.

Archivio di Stato

Composto da 4 sezioni e’ risultato di una storia secolare che in origine era il Tesoro di carte dei Conti Savoia risalente al XII  secolo anche se  i primi atti che ne documentarono l’esistenza sono del XIV.

La biblioteca oggi e’ suddivisa in 3 settori: quella antica che custodisce volumi dal Medioevo al 1800, la nuova che contiene libri fino al 1930 circa e la corrente che arriva all’epoca attuale.

Sono conservati anche periodici, riviste scientifiche, dossier e studi culturali italiani e stranieri stampati dal 1593 fino ai giorni nostri.

Biblioteche Civiche Torinesi

Con 18 sedi in citta’ e punti di servizio in  2 ospedali e  3  carceri, le Biblioteche Civiche Torinesi rappresentano un patrimonio  condiviso di saperi e  un ponte tra culture e generazioni. Sono a disposizione oltre 500.000 libri, un tesoro di inestimabile di ricchezza culturale messo a disposizione dei cittadini. Spiccano tra le varie sedi edifici storici come Villa Amoretti, il Mausoleo della Bela Rosin o Andrea della Corte e altri piu’ moderni come il Dietrich Bonhoeffer, Natalia Ginzurg e poi il Bibliobus che sosta ogni giorno in diverse parti della citta’. Oltre alla consultazione e al prestito librario la biblioteca organizza eventi, corsi e laboratori dedicati alle varie fasce d’eta’ e diversi gruppi di lettura.

Centro Studi Piemontesi

La biblioteca  e’ nata nel 1969 in concomitanza con la fondazione del centro stesso che raccoglie volumi relativi alla cultura piemontese come la sua storia, la letteratura, il teatro, l’economia, l’arte, la civilta’.  La racconta e’ di circa 18.000 volumi moderni e 400 edizioni antiche, con un catalogo in costante aggiornamento anche in digitale su cui sono gia’ stati caricati 8.000 libri. E’ articolata in differenti fondi particolari legati ai maggiori  donatori come Mario Becchis o Renzo Gandolfo.

Centro Gobetti

Con una collezione, tra monografie e opuscoli, di 75.000 testi il centro e’ specializzato su alcune figure e correnti della cultura e della politica italiana del Novecento, sulla vicenda nazionale dall’Unità ai giorni nostri e sulla storia del pensiero politico contemporaneo. E’ un punto di riferimento per gli studiosi dell’antifascismo in chiave liberaldemocratica, per i cultori del pensiero di Piero Gobetti, Ada Prospero e Norberto Bobbio. Dal 1998 il centro e’ inserito nel Sistema Bibliotecario Nazionale e nel 2016 alcuni dei fondi librari sono stati trasferiti al Polo al ‘900 insieme a una parte della sua biblioteca generale.

Maria La Barbera

Ti bacio ancora e ancora: Il tempo perduto di Natalia e Leone Ginzburg

Oggi, alle 18:30, il Circolo del Lettori di Torino ospita uno degli ultimi eventi della nona edizione della Biennale Democrazia. L’appuntamento, dal titolo “Ti bacio ancora e ancora: Il tempo perduto di Natalia e Leone Ginzburg”, rappresenta un’occasione imperdibile per riflettere su una delle figure più importanti della letteratura e della cultura italiana: Natalia Ginzburg.

L’evento, introdotto da Alessandro Isaia, vedrà la presentazione di Annalena Benini e si svolgerà in collaborazione con il Salone Internazionale del Libro di Torino. Questo incontro si propone di esplorare la vita e l’opera di Natalia Ginzburg, una delle scrittrici e intellettuali più rilevanti del Novecento italiano, focalizzandosi sul suo rapporto con Leone Ginzburg, un legame che ha segnato profondamente la sua esistenza e la sua carriera.

La scrittrice stessa racconta del suo rapporto con Leone, descrivendolo come il suo opposto: “Leone era il contrario di me. Lui sapeva tutto, tutto di un paese, tutto di tutte le cose, come sono nella realtà. Però gli piaceva molto stare con me. Si divertiva a parlarmi. Siamo stati tre anni al confino, durante la guerra, e lui non aveva amici, non aveva nessuno con cui parlare, ma diceva che non gli importava niente di non avere amici, perché io ero il suo amico, e gli bastava. E così siamo stati molto bene insieme. Molto felici insieme. Io ero felice ogni giorno. Quel tempo mi sembra tanto lontano”.

L’evento si terrà in Via Gianbattista Bogino, 9, e ci sono ancora posti disponibili. È possibile prenotare un biglietto al costo di 5,00 € acquistandolo direttamente in biglietteria.

Un’opportunità per riscoprire la storia di un amore profondo e significativo, che ha influenzato non solo le vite di due persone straordinarie, ma anche la cultura e la letteratura italiane.

VALERIA ROMBOLA’

Dalla Regione arriva “Rafforza cultura” per semplificare finanziamenti e burocrazia

La Regione Piemonte introduce “Rafforza Cultura”, un’iniziativa volta a sostenere il settore culturale semplificando l’accesso ai finanziamenti e riducendo i tempi burocratici per l’erogazione dei contributi regionali.

“Con questa misura innovativa manteniamo una promessa: le associazioni e gli istituti culturali non dovranno più attendere mesi per l’erogazione dei contributi regionali, ma potranno ottenerli in tempi rapidi dopo l’assegnazione, attraverso questa iniziativa che vede il supporto diretto della Regione la semplificazione delle procedure di rendicontazione e un intervento delle banche e delle fondazioni – dichiara il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio – Siamo partiti dalle sollecitazioni che in questi mesi sono arrivate dalle realtà culturali e dal Comitato Emergenza Cultura con cui abbiamo definito i dettagli dell’operazione, per cui ringraziamo anche Finpiemonte, le banche e le fondazioni, e che ci auguriamo possa davvero rispondere alle esigenze di questo settore e delle tante realtà che con il loro impegno e la loro attività arricchiscono l’offerta culturale del nostro territorio”.

Per agevolare l’accesso al credito degli enti culturali privati che beneficiano di contributi regionali attraverso bandi pubblici, la Regione Piemonte ha stanziato ulteriori 400 mila euro, suddivisi in 200 mila euro per ciascuna delle annualità 2025 e 2026. Questa somma servirà a compensare i costi bancari derivanti dall’anticipo delle spese. Ad esempio, un’associazione che riceve un contributo di 20 mila euro per un festival potrà ottenere un’integrazione fino a 400 euro per coprire gli interessi bancari.

Per il 2024, i contributi già assegnati saranno liquidati entro il 15 aprile. Inoltre, a partire dal 2025 e fino al 2027, saranno introdotte nuove modalità semplificate di rendicontazione, alleggerendo il carico burocratico per gli enti più piccoli e garantendo al contempo il controllo sull’uso corretto delle risorse pubbliche.

L’iniziativa è resa possibile grazie alla collaborazione con gli istituti bancari. Finpiemonte ha avviato una call a cui hanno risposto Intesa Sanpaolo e Banca Alpi Marittime, offrendo condizioni di credito agevolate. Intesa Sanpaolo, insieme alla Fondazione Compagnia di San Paolo, ha sviluppato uno strumento finanziario che consente di ottenere finanziamenti senza garanzie personali e con un rating migliorato, riducendo così gli oneri finanziari. Anche Banca Alpi Marittime presenterà prossimamente la propria proposta.

“Con questo provvedimento – aggiungono gli assessori alla Cultura Marina Chiarelli, al Bilancio Andrea Tronzano e il sottosegretario Claudia Porchietto – manteniamo la parola data e diamo un segnale a un comparto che consideriamo strategico per lo sviluppo del territorio. Siamo intervenuti su due leve decisive: da un lato, un contributo integrativo per ridurre gli effetti degli oneri finanziari; dall’altro, una semplificazione vera delle pratiche, che libera tempo e risorse per la progettazione culturale. Sostenere la cultura significa anche renderla sostenibile”.

Questa misura si inserisce nel quadro della Legge regionale 11/2018 e anticipa le linee guida del Programma Triennale della Cultura 2025-2027, attualmente in fase di approvazione, con l’obiettivo di promuovere una cultura diffusa, inclusiva e radicata sul territorio.

“Quella di oggi è una giornata che oserei definire storica per il Piemonte e non solo. Dopo quindici anni di battaglie a salvaguarda della cultura viene messo un punto importante per il futuro del settore. Il percorso che ha portato agli Stati Generali della Cultura e alla conseguente nuova legge del 2018, taglia un traguardo fondamentale per la sopravvivenza e il rilancio delle imprese culturali. Ringrazio il Presidente Alberto Cirio per aver tenuto fede all’impegno preso, tutta la Giunta nelle persone di Marina Chiarelli, Andrea Tronzano e Claudia Porchietto e tutti i dirigenti e funzionari regionali. Un ringraziamento particolare a Compagnia di San Paolo e alle banche che parteciperanno al bando di interesse. Il risultato ottenuto oggi per noi non è la fine di un percorso ma un nuovo inizio. Continueremo a essere le sentinelle della cultura, perché, come si dice, una rondine non fa certo primavera, ma speriamo, come ci ha chiesto il Presidente di poter un giorno cambiare il nostro nome da Comitato Emergenza Cultura a Comitato Progetto Cultura. Perché l’esperienza di questi anni ci dice che istruirsi, agitarsi e organizzarsi permette a tutti noi di essere cittadini attivi nei confronti delle istituzioni e di poter dare il nostro contributo alla risoluzione dei problemi. Questo continueremo a fare, oggi più che mai, in un mondo dove i venti di guerra soffiano impetuosi e rischiano di spazzare via le risorse destinate al bene comune”, dichiara Alessandro Gaido, presidente del Comitato Emergenza Cultura.

“Questa misura cambia l’intera prospettiva per noi associazioni e in particolare per le realtà più piccole nell’intraprendere iniziative senza il timore di rischi per la propria impresa”, sottolinea Gimmi Basilotta, presidente di AGIS – Associazione Generale Italiana dello Spettacolo.

All’evento di presentazione al Grattacielo Piemonte hanno partecipato numerose associazioni culturali, tra cui il Comitato Emergenza Cultura, AGIS, ANBIMA, ARBAGA, ANAI, AIB, Associazione Forum Editoria ETS, Associazione CEP, CNA Piemonte, AIE, ADEI, ALI, SIL e il Coordinamento degli Istituti Culturali di rilevanza regionale.

“La donna della domenica” uno spaccato tutto torinese

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La mostra al Circolo del Design, sino al 9 maggio

Il martedì di giugno in cui fu assassinato, l’architetto Garrone guardò l’ora molte volte.” Ricordate? E poi si andava (era il 1972, all’uscita del libro) a toccare con mano i luoghi in cui la premiatissima ditta Fruttero&Lucentini (classe 1926 e classe 1920, torinesissimo il primo, romano trapiantato con moglie francese il secondo, un’amicizia forte ed eterna) aveva ambientato i tanti episodi del romanzo, scoprendo magari che lo studio – “quella chiavica della sua stanza”, dove si infierì sul poveretto con quel “coso”, “una scultura oscena in pietra”, un’altezza di 29 cm circa e un peso di chilogrammi due e mezzo – del famigerato architetto (“un fallito, un falso invalido di guerra, uno scroccone mantenuto dalla madre e dalla sorella” nell’alloggio di via Peyron, lo stigmatizzano gli autori in una sintesi del romanzo, un unico foglio dattiloscritto appena ritrovato, infilato in uno dei bloc-notes che contengono le prime stesure del romanzo, materiale in corso di riordino nell’archivio di Carlo Fruttero), sporcaccione e perenne intrallazzatore, era sì al fondo di via Mazzini ma che il civico 57 era inesistente.

E poi si andava (era il 1975, all’uscita natalizia del film, da noi la sala dello scomparso Cristallo di via Goito) a ri-toccare con mano in che modo, con l’aiuto di un’altra coppia, i navigatissimi Age&Scarpelli, il lombardo/romano Luigi Comencini avesse riscritto – con la carovana popolata di Marcello Mastroianni, Pino Caruso, Claudio Gora, Aldo Reggiani, una impareggiabile Lina Volonghi con il suo lavatoio e il suo “prato” e l’intera proprietà delle “Buone pere”, insomma il suo “Eden di val Pattonera”, allargata con gli stranieri Jean-Louis Trintignant e Jacqueline Bisset – per il cinema quelle 503 pagine dell’edizione Mondadori, parte interna di quella sovracoperta rossa di mattoni disegnata da Ferenc Pintér. “La donna della domenica” ci regalava, nella doppia veste, escursioni prima di tutto al Balôn (“This is Balôn”, avrebbe sentenziato il mattino insanguinato del sabato l’americanista Bonetto, e altresì guida più o meno da seguire per il proprio guardaroba, “uno dice: “Ha dei calzini alla Bonetto” e l’altro capisce subito come sono”, un Franco Nebbia dietro cui si nascondeva lo studioso Claudio Gorlier, prof d’Università e un tempo compagno di scuola di Fruttero), allo stabile che sta alle spalle di palazzo Lascaris ed era gli uffici del commissario e soci, a quel sedile in riva al Po su cui pensosa siede la prima vittima e a quella balconata della galleria Subalpina in cui trova ancora il tempo di mostrare ad una signora la sua lingua oscena, alle strisce pedonali di via Pietro Micca sulle quali ginocchioni Lello dichiara dinanzi ai passanti tutta le sua passione all’amante Massimo Campi, a quel cubo modernissimo d’acciaio progettato nel 1969 da Sergio Hutter e Toni Cordero che affaccia su corso Stati Uniti (dove le lettere appallottolate e buttate nel cestino lasciano trasparire quella parola “Boost’n” che avrebbe dato il via alle indagini), ben diverso dalla villa sulla collina di Mongreno che Carlo Emanuele I volle per sua figlia Margherita, una selva d’ippocastani e tigli ambientati in un progetto curato dal paesaggista britannico Russell Page, sulla metà del secolo scorso, e ai tempi di Massimo Campi luogo ideale e molto glamour per colazioni e pettegolezzi, ambiente buona e alta borghesia tutta torinese, con Anna Carla Dosio e il commissario Santamaria: per finire, nella dissoluzione dell’enigma della “cativa lavandèra”, balza in tutta fretta giù dal letto del Santamaria, nell’appartamento di corso Galileo Ferraris 75, vista monumento a re Vittorio, la bella signora (ma il lato B, assicurarono, non era quello della Bisset, per evidenti clausole di contratto) al grido di “oh, mipovradona”: e “mipovradona” si sarebbe dovuto intitolare il romanzo – “titolo che per un po’ circolò” dice oggi Carlotta Fruttero, recente autrice di “Alice ancora non lo sa”, mentre per qualche attimo chiacchiera simpaticamente in questa sera di fine marzo e cerca in una valigia piena di ricordi – se l’editore non lo avesse animosamente rifiutato, troppo torinese, troppo invendibile.

Sarà visitabile sino al 9 maggio al Circolo del Design di via San Francesco da Paola 17 (orari lunedi/venerdì dalle 14 alle 19) la mostra, che attorno al romanzo e attorno al film è costruita, “La donna della domenica: una signora città”, in collaborazione con la Fondazione Mondadori, quarto appuntamento di “Archivi d’Affetto”, dedicato “all’amore incondizionato di F&L per Torino”, progetto curato da Maurizio Cilli e Stefano Mirti. La mostra è curata da Domenico Scarpa, grande conoscitore del duo, uno sguardo a due scrittori “visionari e artigiani” e certamente “visivi”, capace di approfondire e scandagliare e trascrivere la realtà di quegli anni, una visuale viva e precisa su vizi privati e pubbliche virtù, i primi “ad affrontare uno spaccato di una città e a farne grande letteratura”. I sette anni di gestazione del romanzo, cresciuta tra Fruttero che scrive rigorosamente a biro e il collega che lo segue o lo anticipa con la macchina da scrivere (se chiedete a Carlotta se sia una favola o no che i due autori si alternassero nella scrittura dei dieci capitoli vi risponderà “sì, non sempre ma tante volte sì, poi discutevano, correggevano, anche si infervoravano, ma mai bisticci, erano piuttosto confronti”), la fila dei cinque foglietti di F. scritti in un alternarsi di biro blu e rossa, una grafia concitata, “tutto viene eseguito in velocità e con parecchie abbreviazioni, a colpi di elenchi e promemoria più che con frasi compiute”, appunti e brevi stesure che si discostano spesso da quello che poi il lettore avrà sotto gli occhi. C’era una impalcatura da costruire, c’era da dare uno sviluppo ai singoli episodi: era lì che interveniva L., “dotato di grande talento per le architetture narrative, a stendere le scalette”: in un suo foglio manoscritto, con tanto di numerazione delle pagine, il visitatore vedrà la struttura e le progressive ristrutturazioni dal secondo al sesto capitolo.

C’è qualcosa di marcio a Taurinopoli”, titolò Marialivia Serini il suo lungo articolo sull’Espresso, 23 gennaio 1972, per sole lire 250 (“Torino – riportando parole della ‘Donna’ – è pronta a captare il male da ogni angolo della terra e la sua funzione è quella di spargerlo in giro per tutto il resto della penisola. Se uno ci fa caso, in ognuno dei flagelli che opprimono la patria ci trova sempre sotto la mano torinese. A cominciare dall’Unità Nazionale”, e via elencando, l’automobile, la radio, la televisione, gli intellettuali di sinistra…), raccogliendo saggiamente personaggi curiosità situazioni impressioni, arrivando a quella data che vedeva la parola fine alla stesura: “il romanzo è venuto su con una scaletta spietata che prevedeva fin dall’inizio come, dove, quando e perché; e il 26 agosto del ’71 sul prato vicino al canale di Loin, gli è stata messa di prepotenza la parola…”. La fine dei personaggi, della protagonista Torino fatta di poche luci e troppe ombre, delle vagonate d’ironia che sono state usate per raccontarcela, la città “lugubre e folle” con le sue piazze alla De Chirico e i suoi viali ampi e ripetitivi, “una città travestita” nelle parole di Anna Carla. L’elenco dei 17 titoli pensati prima che s’arrivasse al definitivo (“Morte per/da scultura”, poteva avere forse un certo suo sapore artistico, ma non tutta la più o meno percettibile ambiguità della “Donna della domenica”), riportato sulla controcopertina di un bloc-notes che contiene svariati episodi dei capitoli VI e VII, tentativi a penna di Fruttero sotto appunti personali e frettolose addizioni e moltiplicazioni, copertine di edizioni straniere – gli spagnoli molto prude che in luogo del fallo di pietra si trincerano dietro un indifferente pestello macchiato di sangue o l’editore di Zagabria che mostra in copertina chissà perché un signore a torso nudo e calvo che occhieggia attraverso un binocolo, pistolone infilato nella cintola -, immagini di una Torino di cinquant’anni fa, con via Garibaldi soffocata da tram e vetture, con piazza Bodoni o piazzetta Reale che rigurgitavano automobili. Una vetrina antica, come quella a cui s’affacciava lo sfacciato architetto Garrone, nella giornata di quell’ultimo martedì.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Jacquiline Bisset nella “Donna della domenica” di Luigi Comencini; alcune pagine dei taccuini di Fruttero e Lucentini; i due scrittori con l’attrice.

Conflitto e non violenza, Giorgia Serughetti alla Casa del Teatro

Giovedì 27 marzo, alle ore 17,30, la Casa del Teatro, nell’ambito della Biennale della Democrazia, ospiterà una lectio magistralis di Giorgia Serughetti, professoressa associata in Filosofia Politica presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano Bicocca dal titolo “Conflitto e non violenza: la sfida della democrazia”. Qual è la differenza tra conflitto e guerra e tra conflitto e violenza? È possibile gestire politicamente le differenze umane, gli antagonismi, le incomprensioni senza cedere all’ingiustizia e alla distruzione?

La lezione risponde a simili interrogativi affrontando le forme e i significati del potere, nella vita personale come in quella pubblica. Propone inoltre una pedagogia dell’eguaglianza come nutrimento della convivenza democratica e via d’uscita della spirale della violenza e della guerra.

L’incontro fa parte del progetto “Convivio esperienze di crescita e conoscenza”, momenti di dialogo e approfondimento legati a specifiche tematiche affrontate dagli spettacoli della stagione teatrale. Infatti, a seguire, alle 19.30, andrà in scena “Il contrario di me. Il cavallo bianco è il cavallo nero”, spettacolo prodotto dalla Fondazione TGR! Terzo capitolo de La Repubblica di Platone, che si ispira al mito del carro e dell’auriga con Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci, anche autori insieme al regista Emiliano Bronzino, e Maria José Revert Signes.

Il ciclo di appuntamenti proseguirà con altri due incontri in collaborazione con importanti istituzioni culturali, giovedì 24 aprile l’appuntamento sarà con Piergiorgio Odifreddi, dedicato al mondo della scienza, e con l’Associazione Centro Scienza Onlus. Successivamente il pubblico potrà assistere all’anteprima dello spettacolo “Albert ed io”, dedicato al grande fisico. Lunedì 19 maggio sarà la volta di Noemi Vola, autrice e illustratrice di grande bravura, che terrà un intervento con cui si anticiperà il debutto dello spettacolo “Sulla vita sfortunata dei vermi” tratto proprio dal famoso libro della scrittrice, edito da Corraini edizioni.

Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani onlus

Corso Galileo Ferraris 266

Tel. 01119740260

 

Mara Martellotta

Le lettere salveranno il mondo

Litteris servabitur orbis è una frase latina di grande importanza. In lingua italiana equivale a “il mondo sarà salvato dalle lettere”.

Durante il periodo oscuro delle leggi razziali l’acronimo di questa frase, ovvero L.S.O, venne usato dall’editore fiorentino ebreo Leone Samuele Olschki per poter stampare i suoi libri. Una lunga storia quella della casa editrice che fondò nel 1886 e tutt’ora attiva con migliaia di titoli in catalogo e molti periodici tra i quali l’Archivio storico italiano, la più antica rivista italiana ancora edita. Leo Samuele Olschki, figlio di un tipografo della Prussia orientale, si era trasferito in Italia seguendo il percorso dei tanti personaggi come Rosenberg & Sellier, Sperling & Kupfer, Hoepli, Le Monnier, Loescher, Scheiwiller, attratti dal sogno di  realizzare nel nostro paese un’attività editoriale. Dopo aver vissuto e lavorato a Verona, Venezia e per tanti anni a Firenze l’emanazione delle leggi razziali del ’38 lo costrinse  all’esilio a Ginevra, dove morì il 17 giugno del 1940. Quell’acronimo, oltre a rimarcare una grande verità e rivendicare il proprio diritto d’autore evitando d’incorrere nella repressione antiebraica che rappresentò una delle pagine più vili della storia italiana, era un grido di libertà e d’avvertimento. ” Dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli esseri umani “, scriveva nella prima metà dell’800 il poeta tedesco Heinrich Heine. Un monito tragicamente anticipatore di quei “roghi di libri” organizzati nel 1933 nella Germania nazista durante i quali vennero bruciati tutti i volumi che non corrispondevano ai canoni imposti dall’ideologia del regime dalla croce uncinata. Quei roghi, pensati per distruggere “lo spirito non tedesco”, vennero organizzati dalla Deutsche Studentenschaft, associazione degli studenti tedeschi. Una follia negazionista che venne salutata da Goebbels, il ministro della propaganda del Terzo Reich come un ottimo modo “per eliminare con le fiamme lo spirito maligno del passato”. Quale fu la logica conseguenza nemmeno la pur pessimistica profezia di Heine poteva lontanamente immaginarlo e tutto il mondo scoprì l’orrore delle persecuzioni, delle deportazioni nei lager e dell’olocausto. Eppure sono in molti ad aver dimenticato la storia, minimizzandola o relegandola negli angoli polverosi della memoria. “Chi nega la ragion delle cose, pubblica la sua ignoranza”, scriveva Leonardo da Vinci mezzo millennio fa. In un tempo cupo e difficile dove si legge sempre meno, dove la cultura viene presentata come un peso e l’ignoranza si accompagna quasi sempre all’arroganza, c’è poco da stare allegri. Un antidoto ci sarebbe ed è racchiuso in quella frase piena di speranza: “il mondo sarà salvato dalle lettere”. A patto che non rimanga solo una frase.

Marco Travaglini