CULTURA- Pagina 26

“La meraviglia della seta e il peltro a Torino”

In Palazzo Madama … andar “per mirabilia” fra la “Sala tessuti” ed il “Gabinetto Cinese”

Dal 22 febbraio 2024 al 28 gennaio 2025

“Palazzo Madama”: è un viaggio di estrema suggestione nell’arte tessile dal XIV al XX secolo, quello proposto dal “Museo Civico d’Arte Antica”, in virtù della rotazione dei manufatti esposti nella “Sala tessuti”, sotto l’attenta curatela di Maria Paola Ruffino e attraverso una nuova scelta di tessuti e abiti “che corre sul filo conduttore della seta”. Di meraviglia in meraviglia, il percorso ci porta dallo splendore delle stoffe tardomedievali e rinascimentali – spesso intessute d’oro, lavorate in Italia e richieste dall’aristocrazia europea, ma non solo – fino al Sette – Novecento, con diversi manufatti (alcuni oggetto di recente restauro e presentati al pubblico per la prima volta) che “aprono la visuale sulla storia della moda e su come la seta ne sia da sempre assoluta protagonista”.

Primo assoluto protagonista, fino all’epoca rinascimentale, il “più ricco e magniloquente dei tessuti”, sua maestà il “velluto”. E fiorentino è il telo dall’iconico motivo a melagrane e fiori di cardo, in oro e cremisi, come fiorentino è anche il più raffinato velluto “ad arabeschi” verdi e argento, di ispirazione orientale, molto vicino a quello prodotto per la sposa di Cosimo de Medici, Eleonora di Toledo, che lo indossa nel celebre ritratto eseguito dal Bronzino intorno al 1545 e conservato agli “Uffizi” di Firenze. Attraverso i modelli a struttura geometrica che caratterizzano le composizioni decorative della seconda metà del XVI secolo, il percorso ci presenta i fiori e le volute del “gusto barocco” per arrivare ai disegni fantasiosi elaborati a Lione per l’abbigliamento nel XVIII secolo. “Grazia e leggerezza dominano il disegno, che unisce elementi del mondo naturale, resi in modo quanto mai naturalistico, ad architetture, cineserie ed esotismi, in composizioni di grande varietà ed effetto”. Altra storia quella che, dalla metà del Settecento, ci si propone attraverso la progressiva semplificazione del “decorato” che accompagna l’affermarsi del “gusto neoclassico”: ecco allora  stoffe in cui i fiori si “miniaturizzano” e si sovrappongono a “sfondi rigati”, lasciando poi le sole righe quali protagoniste. Fra Otto e Novecento, l’iter espositivo ci racconta di richiami e di un ritorno molto evidente di modelli decorativi elaborati nei secoli precedenti e rivisitati dalle manifatture tessili prendendo ispirazione dai manufatti antichi raccolti a livello museale. Questo lungo percorso nella storia del tessuto è illustrato a “Palazzo Madama” non soltanto da teli bidimensionali, ma anche da un gruppo di vesti maschili e femminili, dal Settecento al Novecento, che vanno dalle “marsine” e dai “gilet” ricamati, a una “robe” femminile e a un “caracò” (corpetto) a grandi fiori, fino agli abiti in raso e “taffetas” dai colori accesi e cangianti, concreto preludio a nuove futuristiche visioni del “fashion”e alla riconferma di come “la seta ne sia da sempre assoluta protagonista”.

Ma il viaggio all’interno di “Palazzo Madama” non finisce qui. Dopo la “seta” è meraviglia per occhi e cuore anche l’esposizione, curata da Clelia Arnaldi di Balme, all’interno del “Gabinetto Cinese”, al primo piano del Palazzo, dei 128 oggetti “in peltro” (pezzi piemontesi del Settecento e dell’Ottocento)donati dagli eredi di Attilio Bonci (Lanzo Torinese 1942 – 2022), grande collezionista e studioso della storia del peltro piemontese, attraverso ricerche durate tutta la vita e confluite in un volume del 2005 edito dal “Centro Studi Piemontesi”. Raccolti in bella mostra, troviamo soprattutto oggetti di uso quotidiano (utilizzati nelle case contadine come nelle dimore signorili), dai piatti ai candelieri, dalle teiere ai calamai, fino agli strumenti utilizzati per scopi attinenti alla medicina come le grandi siringhe e gli accessori per i clisteri.

Praticata fin dall’epoca degli antichi Romani, l’arte del peltro (lega composta principalmente di stagno, con l’aggiunta di una piccola percentuale di altri metalli come il rame, il bismuto e l’antimonio) si sviluppa particolarmente a partire dalla fine del Cinquecento, raggiungendo livelli artistici molto alti in Germania, in Inghilterra e in Francia.

In Italia la produzione di peltri si concentra soprattutto in Veneto ed in Piemonte, dove i peltrai sono riuniti in “Corporazione” a partire dal 1634, in seguito alle disposizioni di Cristina di Francia e poi di Carlo Emanuele II (1652). Peltrai – artigiani – fantasiosi artisti. Vedere per  credere!

Gianni Milani

“La meraviglia della seta e il peltro a Torino”

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, piazza Castello, Torino; tel. 011/4433501 o www.palazzomadamatorino.it

Dal 22 febbraio 2024 al 28 gennaio 2025

Orari: lun. e da merc. a dom. 10/18; mart. chiuso

Nelle foto: particolari allestimento “Sala Tessuti” e Peltri “Gabinetto Cinese” (Ph Perottino); “Abito da sera”, Taffetas cangiante, 1932 –’35, dono Giovanna Dal Vesco, 2019

ITCILO. I suoi primo 60 anni di “pensiero innovativo”

Una “storica” mostra fotografica, presente la Ministra Marina Calderone, per dare il via ad un anno di appuntamenti celebrativi dell’“ILO” di Torino

Giovedì scorso 24 ottobre, era presente anche il “Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali”, Marina Calderone, all’inaugurazione della “mostra fotografica” dal titolo significativo “Pioneering learning for social justice”, primo appuntamento delle celebrazioni, che si terranno per un anno intero e ideate in omaggio alla storia del “Centro di formazione dell’Organizzazione internazionale del Lavoro”, nato a Torino nel 1964 (con sede nel “Campus delle Nazioni Unite”, in via Maestri del Lavoro, 10) sulla scia delle iniziative organizzate per il Centenario dell’“Unità d’Italia”, celebrato nel 1961 con la grande “Esposizione Internazionale” dedicata al Lavoro.

A dare il via alla Festa del “Centro”, da sempre “pioniere di soluzioni innovative”, la “Seduta speciale” del Consiglio di Amministrazione, alla presenza del “Direttore Generale” dell’“Organizzazione Internazionale del Lavoro”, Gilbert F. Houngbo, e del “Direttore” dell’“ILO” di Torino, Christophe Perrin.

In oltre mezzo secolo di storia, il “Centro” ha formato “funzionari” e “diplomatici” provenienti da tutto il mondo, proponendo metodologie di insegnamento innovative e corsi all’avanguardia. Un “hub” di innovazione in continua trasformazione, che ha sempre mantenuto fede alla “missione fondante” dell’“ILO”promuovere il lavoro dignitoso in ogni angolo del mondo, coltivando la giustizia sociale per una pace duratura”.

Uno dei nostri punti di forza – ha commentato Christophe Perrin – è la nostra sede a Torino: una città che vanta una profonda tradizione di cooperazione internazionale, innovazione sociale e formazione a tutti i livelli. Torino non è stata solo una casa per il ‘Centro’, ma è diventata parte integrante della nostra identità. Siamo grati ai nostri partner strategici: Governo italiano, Regione Piemonte e Città di Torino, che sin dall’inizio ci hanno accompagnato, riconoscendo l’importanza di questo ‘Centro’ per l’Italia, per l’Europa e per il mondo. Ciò che contraddistingue l’‘ITCILO’ è la sua missione di riunire governi, rappresentanti delle imprese e dei lavoratori, all’interno di un luogo dove diverse prospettive possono trovare ascolto. Questo Centro non è solo uno spazio di apprendimento del presente, ma anche un laboratorio per plasmare il futuro”.

Parole che assolutamente si rispecchiano nei fatti.

Nel 2023, 6.800 persone provenienti da 177 Stati diversi hanno partecipato alle “attività formative” presenziali dell’“ILO”, sia sul “Campus ONU” a Torino che sui progetti di formazione a livello paese. Alla formazione presenziale si affiancano le “attività di apprendimento online” che permettono di coinvolgere 92.000 utenti (di cui 79mila direttamente sull’“e-campus” dell’“ITCILO” e 13mila utenti attraverso piattaforme di formazione gestite dal “Centro”). Infine, non sono da dimenticare le attività di “networking” knowledge sarin” che nel 2023 hanno coinvolto circa 5.600 persone, e quelle di “comunicazione” advocacy” che hanno raggiunto e sensibilizzato oltre 130mila persone sui temi del “lavoro” e dei “diritti umani”.

La mostra

La giornata celebrativa dello scorso giovedì 24 ottobre ha dato il via ad una serie di iniziative tese a non spegnere i riflettori sui gloriosi 60 anni dell’“ITCILO”. Prima fra tutte una bellissima mostra fotografica che vuole ripercorrere la storia del “Centro” attraverso tre suggestivi allestimenti.

Prima tappa, nel cortile, il “Padiglione Africa”

Le immagini raccontano l’evoluzione dei corsi e dei laboratori, ma anche delle metodologie di insegnamento, con un focus sulle tecnologie utilizzate all’epoca e quelle attuali. A partire dai primi laboratori tecnici al “Palazzo del Lavoro” agli innovativi corsi in marketing e comunicazione, che già negli anni Sessanta erano aperti a persone provenienti da tutto il mondo. Negli anni il “Centro” ha messo a disposizione servizi, attività sportive e culturali quali mensa, lavanderia, punto medico, palestre e campi da gioco, eventi musicali, così da rendere più piacevole la vita dei dipendenti e il soggiorno dei partecipanti.

 

Seconda tappa, piano terra, “Piemonte”

Qui troviamo le fotografie “storiche” (in b/n e a colori) dei tanti personaggi famosi che hanno visitato il “Palazzo del Lavoro” e il “Campus”: da un ammirato Alfred Hitchcock che osserva il cantiere dell’opera di Pier Luigi Nervi alla Regina Elisabetta II, accompagnata da Gianni Agnelli durante la visita, nel 1961, all’“Esposizione Internazionale del Lavoro”. E ancora, vari capi di Stato internazionali, presidenti della Repubblica italiana e i segretari generali delle Nazioni Unite.

Terza tappa, primo piano, Il racconto dei Giornali

Una rassegna di articoli giornalistici (“La Stampa” e “Stampa Sera”) che raccontano fatti e avvenimenti riguardanti il “Centro di Formazione”. A cominciare, ovviamente, dalla storica firma a Roma (1964), che diede il via a questa lunga avventura. Che continua nel tempo a grandi e significativi passi.

g.m.

Nelle foto: Il Ministro Marina Calderone fra Christophe Perrin e Gilbert F. Houngbo e foto della Mostra (Alfred Hitchcoch e la Regina Elisabetta II con Gianni Agnelli)

Libri e libri nel segno dei colori nel Medioevo

A Saluzzo, motori accesi per la IV edizione “tutta a colori” della “Festa del libro medievale e antico”

Dal 25 al 27 ottobre

Saluzzo (Cuneo)

Quarta edizione e nuova curatela che passa da Marco Piccat (medievista, tra gli ideatori e fondatori della manifestazione e ottimo lavoro nelle precedenti edizioni) a Beatrice Del Bo (docente all’“Università degli Studi” di Milano)  che affianca Marco Pautasso (segretario generale del “Salone Internazionale del Libro” di Torino”). Nuovissimo anche il tema “I colori nel Medioevo” e l’immagine – guida firmata dall’illustratore bolognese Daniele Castellano che, a grafica rappresentazione del tema, ha voluto illustrare, attraverso un’icona fortemente associata al Medioevo, la diffusione dei colori in quell’epoca: “Un drago variopinto– spiega – che custodisce come un tesoro i pigmenti che si trasformeranno in colori … colori che si spargono nel mondo, dando vita a quella rivoluzione colorata che partì proprio dal Medioevo”. E con una vitale “esplosione di colori” si appresta, dunque, a partire, per il suo quarto anno consecutivo, la “Festa del libro medievale e antico” di Saluzzo (Cuneo), in programma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre, promosso dalla “Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo” e dalla “Città di Saluzzo”, in collaborazione con il “Salone Internazionale del Libro di Torino” e la “Fondazione Amleto Bertoni”.

Cuore della Festa, “Il Quartiere – Casa della Partecipazione” (principale polo socio-culturale della Città), in piazza Montebello 1, dove, al ricchissimo programma di appuntamenti e ai tantissimi ospiti che interverranno (con spazi dedicati alla presentazione di libri, a lezioni magistrali, a spettacoli e performance fino a concerti, mostre, laboratori e proiezioni cinematografiche), si affiancherà, sabato 26 e domenica 27, la “parte espositiva” con “case editrici” specializzate e generaliste e “librerie antiquarie”, provenienti da tutta Italia, che offriranno al pubblico il meglio delle uscite editoriali che raccontano il Medioevo. Foltissimo il gruppone degli ospiti, che intratterranno il pubblico su temi improntati all’“Età di Mezzo”. Ricordiamone solo alcuni: da Licia Troisi (nota scrittrice di fantasy) a Nicola Campogrande (già direttore di “MiTo”) ad Anthony Bale (docente all’“Università di Cambridge”) via via fino al francese Jean-Claude Maire Vigueur (che tratterà dei colori delle città italiane medievali), al medievista spagnolo Igor Santos Salazar, a Marco Piccat e ad Amedeo Feniello (con un thriller ambientato nella Londra medievale), per chiudere, lunedì 28 ottobre (alle 21), con la scrittrice Chiara Valerio, che al Teatro “Magda Olivero” terrà una lezione su Marco Polo e “Il Milione”, a 700 anni dalla morte del grande viaggiatore scrittore ambasciatore e mercante veneziano. E poi ancora: concerti, sfilate in costume e a colori nel centro città, sbandieratori, la proiezione del film cult “Non ci resta che piangere” a trent’anni dalla scomparsa dell’indimenticato Massimo Troisi, mostre, caccia al tesoro digitale (realizzata da “CircolArte”) in giro per il centro storico saluzzese fino all’allestimento, sotto gli spazi dell’“Ala di Ferro” in centro città, dedicato alle “false credenze” sul Medioevo, per sfatare errati luoghi comuni e credenza su quell’epoca. Il tutto sotto il segno di una “Saluzzo a colori”, di un “Medioevo a colori”“Finalmente!”, sbotta compiaciuta la curatrice Beatrice Del Bo“Il verde della Fortuna, del veleno e dell’instabilità; il giallo dei discriminati e dello zafferano; il nero dei lupi e degli omicidi; il rosso delle eretiche, del kermes e delle vesti dell’aristocrazia; l’azzurro dell’acqua, del guado e del manto della Madonna; il bianco della castità e dell’unicorno. Di questo sentiremo parlare nella variopinta Saluzzo”.

Anche quest’anno, alla Festa parteciperanno anche gli “esercizi commerciali” della città esponendo nelle proprie vetrine titoli di libri selezionati sul “tema dei colori”: una “bibliografia medievale” che, a fine manifestazione, confluirà nel “Fondo del libro medievale” in continua espansione, nato nel 2021 con la prima edizione della Festa, custodito dalla “Biblioteca Civica” di Saluzzo “Lidia Beccaria Rolfi” per la fruizione libera e gratuita. Interessante anche la collaborazione stretta, quest’anno, con la “Fondazione Artea” all’insegna della Fotografia. I primi visitatori della “Festa” che acquisteranno libri presso gli espositori al “Quartiere” riceveranno un voucher per un ingresso ridotto alle mostre della “Fondazione” dedicate a due grandi maestri del bianco e nero: “Elliott Erwitt. L’ideale fuggevole” alla “Castiglia di Saluzzo” e “Robert Doisneau. Trame di vita” al “Filatoio di Caraglio”.

La maggior parte degli appuntamenti sono a ingresso libero e gratuiti. Per info e programma in dettaglio: www.salonelibro.it e www.visitsaluzzo.it

Gianni Milani

Nelle foto: Immagine guida di Daniele Castellano; Beatrice Del Bo e immagini di repertorio (ph. Marco Isaia)

L’alta cucina è arte?

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Tra il 24 ottobre e il 3 novembre il bookshop Paint It Black ospita cene con piatti pensati da artisti e creativi. Anche mise en place e sedute sono d’artista, in una sala piena di opere ,tra performance, letture e concerti si svelerà il dilemma

L’alta cucina è arte? Una cosa è certa: agli artisti il cibo e’ sempre interessato la storia dell’arte, lo replica in ogni  epoche è piena e lo dimostrano gli autori contemporanei, coinvolti in un progetto pop up in partenza a Torino. La casa editrice indipendente Paint It Black trasforma infatti la sede del suo bookshop vicino Porta Nuova in un ristorante temporaneo, con non solo mise en place e arredi progettati ad hoc, ma anche piatti immaginati dai creativi. Soltanto dal 24 ottobre al 3 novembre 2024, in occasione della Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea Artissima.
Paint It Black: casa editrice fondata nel 2022, da quest’ anno ha aggiunto anche un bar, per avvalorare la libreria come luogo di incontro e scambio.

GABRIELLA DAGHERO

Al Castello di Marchierù la mostra di preziose tazze e stoviglie

Apertura al pubblico domenica 27 ottobre, l’ultima della stagione 2024, al Castello di Marchierù con visite arricchite dalla mostra di preziose tazze e stoviglie utilizzate un tempo solo dai più fortunati, con degustazione di una “merenda reale” con cioccolata calda preparata dagli esperti Allievi dell’ Istituto Alberghiero Prever ed arricchita dalle GALUPerie conosciute ormai in ambito internazionale pur senza mai tralasciare la vicinanza al territorio pinerolese.

 CASTELLO DI MARCHIERU’ ( Villafranca Piemonte * via S.Giovanni 77)

Visite guidate dai proprietari delle sale del castello, del parco, della cappella gentilizia e delle scuderie settecentesche ( ore 10/11/12*15/16/17 )

Alle ore 16 e 17 in collaborazione con la GALUP, divenuta riferimento nel mondo delle galuperie e del celebre panettone, gli Allievi dell’ Istituto alberghiero Prever di Pinerolo serviranno agli ospiti prenotati la MERENDA REALE, una “ cioccolata calda all’uso antico”

Prenotazione obbligatoria al 3394105153 * segreteria@castellodimarchieru.it (visita e cioccolata)

Contributo visita € 8 / bimbi fino a 10 anni gratis * visita + cioccolata € 15 / bimbi € 5

Torino ed il Piemonte tuttora costituiscono punto di riferimento per gli amanti del cioccolato in tutto il mondo. Qui all’inizio dell’ ottocento si dette vita ai cioccolatini di ogni tipo, e nel 1865, unendo al cacao la nocciola delle Langhe, nacque il “gianduiotto”, così chiamato dal nome della maschera torinese Gianduja, perché messo sul mercato in occasione del Carnevale.

Numerose sono le grandi aziende produttrici nate in questo territorio, ed accanto ad esse esistono in città ottimi artigiani, facendo sì che la provincia di Torino si configuri come il maggior centro italiano di lavorazione del cioccolato.

Fra questi grandi marchi industriali e artigianali spicca la pluripremiata società dolciaria con sede a Pinerolo, conosciuta ormai in ambito internazionale, che ora ha aggiunto alla lavorazione dei celebri panettoni anche quella dei “gianduiotti” assieme alle tradizionali “galuperie”

Ad essa ed agli esperti Allievi dell’ Istituto Alberghiero Prever dobbiamo la possibilità di offrire ai visitatori del castello una tazza di cioccolata calda, un tempo riservata esclusivamente ai più fortunati, che a tal fine utilizzavano preziose tazze e stoviglie come quelle che si potranno ammirare in esposizione.

“Uomo. Professore. Autore”, tutta l’eredità di Tolkien tra editoria, cinema e arte

Alla Reggia di Venaria, sino al 16 febbraio

Oggetti di una vita. Tutti da ammirare. All’inizio, il vecchio baule che aveva
accompagnato il piccolo John Ronald Reuel Tolkien, di soli quattro anni, con mamma
Mabel ed il fratello minore, nel viaggio avventuroso da Bloemfontein in Sud Africa a
Birmingham, nel cuore della vecchia Inghilterra: doveva essere l’occasione di una
visita alla famiglia e divenne il ritrovamento delle proprie radici, per sempre.
Un’occasione e un lutto perché il padre, banchiere, a pochi mesi da quella partenza e
prima di poterli raggiungere, fu colpito da una febbre reumatica che lo condusse,
appena trentanovenne, alla morte. Quel baule è l’inizio di una vita, del passaggio da
un mondo antichissimo ad un mondo nuovo, di un’avventura personale, fatta di libri e
di letteratura, di studi e di insegnamenti, di una passione per la filologia e l’inglese
antico e medio e di un mondo accademico, di un grande attaccamento alla moglie
Edith Bratt e ai quattro figli e ai paesaggi inglesi che Tolkien tanto amava. Non
soltanto quello, certo: lungo il vasto percorso che s’intreccia nelle sale al primo piano
della Venaria dedicato a “Tolkien. Uomo, Professore, Autore” (visitabile sino al
prossimo 16 febbraio: il tutto all’insegna di quel dragone contrapposto a un
leggerissimo paesaggio immersi nella “Middle-heart” di Roger Garland, un olio e
acrilico del 1987) s’allineano manoscritti autografi, lettere, citazioni, fotografie di
famiglia e amici, le testimonianze dell’amicizia con C.S. Lewis, l’autore delle
“Cronache di Narnia”, libretti degli assegni, libri di studio in grande e sempre inseguita
quantità e di lettura, le note a margine che accompagnano il “Giulio Cesare”
shakespeariano, la riproduzione dello studiolo con il tavolo e i fogli sparsi e
l’immancabile pipa, posto nella sua abitazione al 20 di Northmoor Road a Oxford, i
ritratti e le opere d’arte, i contratti e i giudizi altrui sull’autore che aveva rivoluzionato
il mondo e che aveva offerto ai suoi lettori la visione “della terra in un tempo molto
lontano”. Una mostra che ha già alle spalle un lusinghiero successo, che arriva dalla
Galleria d’Arte Contemporanea di Roma e da Napoli, raccogliendo 80 mila visitatori in
ciascuna sede (ma la cifra napoletana qualcuno la dice ben maggiore), portandosi a
casa interrogazioni in sede politica e più di una vistosa lamentela da parte delle
opposizioni al governo (un quotidiano apertamente critico, un eufemismo, semmai
duramente ostile ad esso, scriveva già nel dicembre scorso che era stato il fu ministro
Gennaro Sangiuliano a “imporre” la mostra anche a Venaria), e che proseguirà a
Catania e a Trieste, tappa ultima di un percorso che avrà il suo termine nell’autunno
del ’25.
Un racconto avventuroso che ha la cura di uno studioso e specialista, Oronzo Cilli, con
l’organizzazione e la co-curatela di Alessandro Nicosia, capaci attraverso la propria
autorevolezza e la ricchezza delle raccolte e dei prestiti, “delle tante collezioni che
hanno messo a disposizione i loro patrimoni – dall’Università di Reading, dalla Tolkien
Society, dalla Fondazione Biblioteca Benedetto Croce e dalla Warner Bros Discovery
tra gli altri – di dare vita ancora una volta alla Terra di Mezzo e ad un rinnovato
immaginario e a un nuovo interesse alla prima grande mostra dell’autore in Italia, di
un autore che con la trilogia del “Signore degli Anelli” ha venduto qualcosa come 250
milioni di copie e che pure ha attirato l’attenzione dei Beatles per un film purtroppo
mai realizzato, una mostra che supera certamente ogni altra concepita sinora, Oxford
Parigi Milwaukee, che avevano in sé un contenuto e un carattere più settoriale, che
“hanno raccontato principalmente – sottolinea Cilli – il Tolkien scrittore, sub-creatore e
artista, affiancando l’arte che egli stesso creò per dar immagine alla parola.” Qui, si è
andati ben oltre.
Nel dar corpo alla memoria di un essere immaginifico nel cinquantesimo dalla
scomparsa, si rivendica nelle parole della direttrice di freschissima nomina del
Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, Chiara Teolato, l’importanza della mostra
per una città alle porte di Torino e per un complesso architettonico di maestosa
bellezza, “scenario perfetto: le architetture di Castellamonte e le loro parti affrescate
con storie di dei e di uomini, quelle di Juvarra, con seducenti giochi di luce e ardite
voluttà di stucchi e di marmi sembrano evocare, per esempio, le sale dei palazzi
presenti nel “Signore degli Anelli”, come Gandor, Meduseld e Osgiliath, ormai in
rovina.” Un corollario scenografico che non mette limiti – e divisioni – alle proposte
(ricordiamo che siamo appena usciti brillantemente, con 106 mila visitatori, dalle
bellezze di Caravaggio, di Reni, di Solimena arrivate dalla Reggia di Capodimonte) che
in queste stagioni si succedono, un omaggio “ambientatissimo” a quei volumi “scritti
ieri sulla carta di oggi con l’inchiostro di domani”, incide ancora Nicosia. Una mostra
che, ce da esserne sicuri, raccoglierà le medesime cifre almeno delle tappe
precedenti.
L’Uomo e la sua vita privata, il Professore, accademico tra i più giovani a ottenere la
cattedra all’Università di Oxford e autore di pubblicazioni importanti nello studio della
letteratura, l’Autore, che ha dato vita a “Lo Hobbit” (ricordate? “In un buco della terra
viveva uno hobbit” e Bilbo Baggins appare in una delle ultime sale realissimo nel suo
sorriso e nei suoi abiti) e al “Signore”, attorno alla cui “leggenda” trovano spazio
fantastiche prime edizioni, gli acquerelli originali realizzati da Piero Crida (primo
illustratore delle copertine delle opere tolkeniane edite da Rusconi, sarebbe sufficiente
l’acquerello che è l’immagine di Gandalf a misurarne la grandezza) e le preziose
immagini raccolte sino a oggi da Davide Martini, originario di Imola e innamorato di
quei mondi e del loro autore, direttore artistico del Greisinger Museum, le circa 900
edizioni che arricchiscono i due titoli principali, suddivise in 51 differenti paesi e sparse
qui in numerosi quanto ordinatissimi scaffali, sei ripiani d’altezza, tutto a decretare il
successo per chi può permettersi di agguantare un terzo posto in fatto di lettori, alle
spalle della Bibbia e del Corano.
Una sezione ci trasmette l’eredità dello scrittore, spina dorsale del fantasy futuro,
ricercato e finalmente inseguito dal mondo dei fumetti e dai film d’animazione (di
Ralph Bakshi che nel 1978 regalò una preziosa edizione) e da Hollywood (la trilogia di
Peter Jackson, dove Viggo Mortensen era Aragorn ed Elijah Wood era Frodo, vincitrice
di ben 17 premi Oscar. Un’altra non trascura certo l’amore di Tolkien per l’Italia (“sto
tenendo un diario. Sono innamorato dell’italiano, e mi sento abbandonato senza la
possibilità di cercare di parlarlo! Dobbiamo continuare a studiarlo”, scrive al figlio
Christopher nell’agosto del 1955, anno in cui visita Venezia e Assisi; ci sarebbe
ritornato sette anni dopo per recarsi a Stromboli, Civitavecchia e ancora Venezia). Non
ultima, una delle sezioni più interessanti della intera mostra, i rapporti tra l’autore e
l’editoria italiana, nei nomi di Mondadori e Rusconi e L’Astrolabio: laddove il primo,
nell’ottobre del 1962, attraverso il dattiloscritto di Elio Vittorini (“Inclinerei a scartare:
ma possiamo eventualmente provarci ad acquistare un solo volume come gli editori ci
propongono”) e di Vittorio Sereni (“Ma quando lo faremo? Se c’è tempo per farlo
chiederei un’altra lettura. Ma la conclusione mi sembra già un NO ed escluderei la
possibilità di arrischiare un esperimento”), decidono che per il momento non se ne
farà assolutamente nulla. Documenti anche questi che, a sessant’anni di distanza,
accrescono e lasciano pienamente comprendere il successo immenso di un autore.
Elio Rabbione
Nelle immagini, il ritratto di John R.R. Tolkien e alcuni angoli delle sale della mostra.

Unitre Torino, con il nuovo Anno Accademico ritornano i Caffè Letterari

Unitre Torino è stata la prima di una serie di Associazioni culturali legate alla terza età che dal capoluogo piemontese si sono estese a tutto il territorio nazionale con le attuali 345 sedi e gli oltre 80.000 associati in Italia, di cui oltre 3.500 solo a Torino.

Da un’idea nata in Francia, a Tolosa, presso l’Università delle Scienze Sociali, per iniziativa del prof. Pierre Vellas nel 1973, l’Università della Terza Età, libera e aperta a tutti, senza limiti di scolarità pregressa, è approdata a Torino e si è estesa in tutta Italia.

Sarà inaugurato il 23 ottobre prossimo presso il Cinema Ideal l’Anno Accademico della Fondazione Unitre Torino con tante novità: 23 nuove proposte che portano a 173 il numero dei corsi e a 171 i docenti impegnati, garantendo sempre un elevato livello di qualità della docenza.

Tra le novità di quest’anno vi sono i nuovi Caffè Letterari, organizzati da Giancarlo Bonzo, sulla falsa riga di quelli che sono stati per anni un must del Centro Congressi Unione Industriale quando ne ricopriva la carica di Amministratore Delegato.

Ho accettato con piacere l’invito della professoressa Lucia Cellino, il direttore dei corsi, ad entrare in questo nuovo mondo accademico – ha dichiarato Giancarlo Bonzo, consigliere di amministrazione della Fondazione Unitre Torino – un mondo accademico basato sul volontariato di tutti gli aderenti e ispirato all’Universitas del Medioevo, la cui organizzazione faceva capo agli studenti e in cui i docenti prestavano la loro opera gratuitamente perché ritenevano il sapere un dono”.

E il dono che Bonzo offrirà ai partecipanti di questi incontri è rappresentato dal fascino di un caffè espresso tra i libri, con la possibilità di incontrare e dialogare con alcuni autorevoli scrittori e di acquistarne i libri, promuovendo una formazione e un’informazione permanente nell’ottica di un vero e proprio ruolo sociale sul territorio.

C’è stato subito il sold out dei Caffè Letterari proposti da Bonzo, appena si sono aperte le iscrizioni ai nuovi corsi della Fondazione Unitre Torino.

Sono onorato per il successo della mia proposta e grato ad una eccellenza imprenditoriale del territorio, la Lavazza, che ha sùbito dimostrato ampia sensibilità e collaborazione ad offrire ai partecipanti un caffè di benvenuto prima di ogni appuntamento – ha affermato Bonzo – per diffondere la cultura sul territorio”.

Vi saranno 12 incontri ogni 15 giorni, sempre il lunedì dalle 15,30 presso l’Auditorium “Orpheus” dell’Educatorio della Provvidenza in corso Trento 13.

Saranno coinvolte varie case editrici con un ricco programma a cominciare dal 4 novembre prossimo con Margherita Oggero che presenterà i suoi recenti “Brava Gente” e “Passepartout”.

Successivamente il 18 novembre ci sarà Alessandro Perissinotto con “La guerra dei Traversa”; il 2 dicembre Younis Tawfik “l’ISIS raccontato da mia madre”; il 16 dicembre Luca Ponzi e “L’ultimo padrino”.

Dopo la pausa natalizia il nuovo anno inizierà con Beppe Gandolfo e il suo “Un anno in Piemonte”.

Seguirà il 27 gennaio Marina Rota con “Certe Donne a Torino”; il 10 febbraio Luca Iaccarino con il suo giallo “Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi d’Italia”; il 24 febbraio Paolo Battistel con “L’Arcolaio delle Fiabe”; il 10 marzo Carlo Grande e “La cavalcata selvaggia. L’odissea dei deportati in India”; il 24 marzo Bruno Gambarotta con “Fuori Programma. Le mie memorie dalla Rai”; il 7 aprile Pasquale D’Amore con “La forza dell’intelligenza emotiva: come resettare il cuore quando va in conflitto con la mente” e infine per chiudere questa carrellata letteraria il 28 aprile 2025 con Laura Pompeo con le due edizioni di “Da casa con…”.

Vito Piepoli

“Anatomia di un inizio”

Per i suoi ragguardevoli 300 anni d’età, il “Museo di Antichità” arricchisce con due straordinari reperti il suo percorso espositivo della sezione “Archeologia”

Visibile dallo scorso 17 ottobre

L’evento è sicuramente un prezioso cadeau per la celebrazione del suo terzo centenario. Sotto il titolo di “Anatomia di un inizio. Alle radici dell’Archeologia Scientifica in Piemonte”, il torinese “Museo di Antichità – Musei Reali”, propone, dallo scorso giovedì 17 ottobre, l’interessante ampliamento, a cura dell’archeologa Elisa Panero, del percorso espositivo della sezione “Archeologia a Torino”. Ampliamento reso possibile grazie ad un accordo triennale con il “Museo di Antropologia ed Etnografia” dell’Università di Torino (“MAET”) e al sostegno di “Reale Mutua”, che vede per la prima volta messe a confronto – in un nuovo allestimento progettato dall’architetto Carlotta Matta dei “Musei Reali” –  due straordinarie sepolture, testimonianze di due contesti culturali e geografici molto diversi tra loro: una “tomba neolitica” scoperta a Montjovet, in Valle d’Aosta, e la “mummia” di un giovane uomo rannicchiato, rinvenuta nei pressi di Luxor, in Egitto.

Scoperta nel 1909 in una piccola necropoli a inumazione, scavata dall’egittologo piemontese Ernesto Schiaparelli (1856-1928), direttore dell’allora “Regio Museo di Antichità Greche, Romane ed Egizie” – l’attuale “Museo di Antichità – e “Soprintendente alle Antichità del Piemonte” (“Istituto di tutela” che comprendeva anche la Valle d’Aosta e la Liguria), la “tomba neolitica” di Montjovet, subito “musealizzata” nella sua interezza, proprio cent’anni fa (il 17 ottobre del 1924) fu studiata e pubblicata da Giulio Emanuele Rizzo, professore straordinario di “Archeologia”, e da Mario Carrara, docente di “Medicina Legale” alla “Regia Università” di Torino. Prima “tomba riconosciuta” venne allocata nella nuova sala della “Preistoria Piemontese e Ligure”, a cura di Pietro Barocelli, archeologo dalla “grande modernità professionale”. Riproposta nel secondo dopoguerra, nel riordino museale attuato nel 1949 sotto la direzione del “Soprintendente” Carlo Carducci, negli ultimi 50 anni è stata conservata nei depositi del “Museo di Antichità”: oggi il pubblico dei “Musei Reali” può finalmente ammirarla grazie al nuovo riallestimento.

Secondo, altrettanto importante, reperto, la mummia di un giovane uomo rannicchiato”, fu invece rinvenuta nel 1920 dalla “Missione Archeologica Italiana” diretta sempre da Ernesto Schiaparelli, coadiuvato dall’antropologo Giovanni Marro (1875-1952), nel sito di “Gebelein”a circa 30 chilometri a sud dell’odierna città di Luxor, sulla riva ovest del Nilo. Databile alla “IV dinastia”tra il 2578 e il 2477 a.C., è confluita all’“Istituto e Museo di Antropologia”, oggi “Museo di Antropologia ed Etnografia” dell’“Università di Torino”, fondato nel 1926 proprio per accogliere in un’unica sede le raccolte scientifiche di Marro e gli oggetti provenienti dalle campagne di scavo condotte dalla “Missione” in Egitto.

Sulle due sepolture sono state condotte recenti indagini inerenti alla datazione e al restauro: per la prima, dai “Musei Reali” con l’ “Università degli Studi di Torino” e dell’ “Università di Berna”, in Svizzera; per la seconda, oltre che dal “DBios – Dipartimento Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi” e dal “Museo di Antropologia ed Etnografia” dell’ “Ateneo torinese”, anche dalla “Fondazione Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale”.

Indagini assolutamente interessanti, che “hanno permesso di gettare ‘nuova luce’ su questi resti e ‘nuove considerazioni’ storiche e allestitive, partendo dalla temperie culturale del primo ventennio del Novecento quando, anche in Piemonte, intervenne una ‘svolta decisiva nello studio e nella percezione dell’archeologia’, non più considerata come una ricerca avventurosa, ma una ‘disciplina scientifica volta a rispondere ai bisogni primari dell’uomo’ e a raccontare le storie del suo passato”.

I resti umani – sottolineano ancora gli studiosi – rappresentano qualcosa di fondamentale, in quanto documento di una storia individuale e tassello della storia evolutiva umana”.

Considerazioni che trovano il loro punto di avvio proprio agli inizi del Novecento nel “mondo archeologico piemontese”, gravitante intorno al nostro “Museo di Antichità” e all’attività del direttore d’allora, Ernesto Schiaparelli, insieme a grandi studiosi che, intorno a lui, hanno contribuito a dettagliare pioneristicamente proprio l’Anatomia di un inizio nell’ambito della ricerca archeologico – scientifica.

g.m.

“Anatomia di un inizio. Alle radici dell’Archeologia Scientifica in Piemonte”

Museo di Antichità-Musei Reali, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5212251 o www.museireali.beniculturali.it

Dal 17 ottobre

Orari: dal mart. alla dom. 9/19; chiuso il lunedì

 

Nelle foto: “Anatomia di un inizio”, Credits Edoardo Piva / DB Studio Agency

“Il viaggio delle piante”, al Museo della Frutta Francesco Garnier Valletti

La mostra temporanea “Il viaggio delle piante”, apertasi il primo ottobre scorso e visitabile fino a martedì 26 novembre prossimo è parte della decima edizione di Art Site Fest, e si snoda attraverso la peregrinazione del mondo vegetale. In un’epoca in cui l’uomo non è più al centro della narrazione, l’artista Elizabeth Aro invita il pubblico a riflettere sulla rete di interdipendenze che unisce le diverse forme di vita. Le sue opere diventano uno strumento per esplorare un mondo complesso che sfida le categorizzazioni. Aro riprende la breve e intensa poesia del poeta spagnolo Ramón Jímenez “Radici e ali”, ma che le ali mettano radici e le radici volino. La mostra è idealmente suddivisa in tre capitoli, il primo esplora il tema delle radici, il secondo è dedicato al viaggio e rende omaggio alla biodiversità sudamericana e alla tradizione botanica espressa nei taccuini e nei disegni dei primi esploratori; infine, il terzo capitolo, celebra l’esuberanza della vita vegetale, un inno alla crescita e alla vitalità. Elizabeth Aro è nata a Buenos Aires e risiede a Milano, ha esposto in importanti istituzioni quali il Museo Reina Sofia di Madrid, la GAM di Torino, il Mamba di Buenos Aires e il Macro di Rosario.

Museo della Frutta Francesco Garnier Valletti – via Pietro Giuria 15, Torino

Tel: 011 6708195

Orari: da lunedì a sabato 10-18 / domenica chiuso

 

Mara Martellotta

Con Andrea Ferraris e Andrea Serio, discettando di immaginario resistenziale

«E lei, che è antifascista si può dire dalla nascita, ha mai giocato con suo figlio ai partigiani? Si è mai acquattato dietro il letto fingendo di essere nelle Langhe e gridando attenzione, da destra arriva la Brigata Nera, rastrellamento, rastrellamento si spara, fuoco sui nazi?!

Così caro Stefano, ti regalerò dei fucili. E ti insegnerò a giocare guerre molto complesse, in cui la verità non sta mai da una parte sola, in cui all’occorrenza si debbano organizzare degli otto settembre. Ti sfogherai, nei tuoi anni giovani, ti confonderai un poco le idee, ma ti nasceranno lentamente delle persuasioni. Poi adulto, crederai che sia stata tutta una favola, Cappuccetto Rosso, Cenerentola, i fucili, i cannoni, l’uomo contro l’uomo,la strega contro i sette nani,gli eserciti contro gli eserciti.
Ma se per avventura, quando sarai grande vi saranno ancora le mostruose figure dei tuoi sogni infantili, le streghe, i coboldi, le armate, le bombe, le leve obbligatorie chissà che tu non abbia assunto una coscienza critica verso le fiabe e che non impari a muoverti criticamente nella realtà». Umberto Eco, Lettera a mio figlio,1964.
Così con l’intento di Eco ad Alba, su questa falsa riga, si è svolto il talk tra Andrea Ferraris e Andrea Serio, discettando di immaginario resistenziale nella letteratura di Beppe Fenoglio (Johnny siamo noi…padri e figli, Bella Ciao che partiamo) di trasmigrazione visiva dalla illustrazione al testo scritto e viceversa. Di come la fascinazione del lettore, porti più a conoscere il fatto letterario, che il fatto storico , in senso stretto. O come invece dico qui io ,Fenoglio confluì nelle Penne Nere alpine di Martini Mauri , lui più di sinistra gappista ,  aggregandosi, ai centristi bianchi del Partito d’Azione e di Giustizia e Libertà. Oggi diciamo storytelling, o la narrazione dominante. Ogni tempo ha la sua linguistica, il suo idioletto e le graphic novel, devono oggi ,essere modello di memoria da rinfrescare per gli adulti e modello di sviluppo e formazione per le nuove generazioni.Così domenica 22 settembre 2024 si è svolto il talk tra i due al Palazzo della Banca d’Alba, organizzato dal Centro Studi Beppe Fenoglio dal nome “Le strade del fumetto dalle Alpi al Mar Ligure” con moderazione di Chiara Stival.

Andrea Ferraris è una vecchia conoscenza del torinese.it, Andrea Serio è illustratore e fumettista, direttore della scuola internazionale di comics di Torino ,classe1973 carrarese.Per ricordare i 23 giorni della città di Alba ( 10 ottobre -20 novembre 1944) i suoi disegni esposti fino al 20 ottobre 2024. Duri giorni dall’ esito incerto e ricordando il mio caro nonno paterno Aldo come me, comandante partigiano nella Brigata Matteotti in val Germanasca, in val Chisone e colle del Lys. Riporto dal trattato dei Pikvei Avot (Talmud , ”le massime dei padri”):« Se io non sono per me, chi è per me? E se io sono solo per me stesso,cosa sono? E se non ora , quando?».

Aldo Colonna

Nella foto di copertina:

Autunno 1944, Borgata Fontane (val Germanasca). Il partigiano a destra è Eugenio Juvenal [Archivio famiglia Serafino]