Alla torinese Libreria “Belgravia” presentazione dei libri e delle finaliste in gara. Giovedì 9 luglio, ore 18
E’ un appuntamento di mezzo. Fra la selezione dei libri in gara, avvenuta nei mesi scorsi, e la cerimonia di premiazione di quello cui andrà la vittoria della prima edizione del “Premio Biennale Mario Lattes per la Traduzione” dedicato quest’anno alla Letteratura in ligua araba tradotta in italiano e che si terrà sabato 18 luglio prossimo, alle ore 18, al Castello di Perno, nel cuore delle Langhe cuneesi.
L’appuntamento di mezzo tutto torinese è, invece, per giovedì 9 luglio, alle ore 18,30, negli spazi della Libreria “Belgravia” (via Vicoforte 14/D), con lo scopo di raccontare ai lettori proprio quei romanzi e quelle cinque finaliste traduttrici in gara, proponendo così un momento di riflessone sulla narrativa araba contemporanea.
L’appuntamento è a ingresso libero fino a esaurimento posti, nel pieno rispetto delle normative di sicurezza per l’emergenza Covid-19. La prenotazione è consigliata: libreria.belgravia@gmail.com.
All’incontro – condotto da Jolanda Guardi, docente di Letteratura Araba all’Ateneo torinese – parteciperanno, insieme a Caterina Bottari Lattes ( presidente della Fondazione di Monforte d’Alba ) e a Mario Guglielminetti ( direttore marketing della stessa Fondazione ), alcuni membri della Giuria stabile che hanno selezionato i cinque libri finalisti, ovvero Anna Battaglia (docente di Lingua francese all’Università di Torino e traduttrice, tra le diverse opere, di “Oiseaux” di Saint-John Perse), Mario Marchetti (traduttore di lungo corso dal francese e dall’inglese per le case editrici “Einaudi” e “Bollati-Boringhieri”, nonché presidente del “Premio Italo Calvino” e autore di saggi e recensioni) e Antonietta Pastore (scrittrice e traduttrice dal giapponese, cui si deve la traduzione di numerose opere di Haruki Murakami e di autori come Soseki Natsume, Kobo Abe, Yasushi Inoue).
Cinque, si diceva, le traduttrici finaliste (podio tutto in rosa) selezionate dalla Giuria stabile del Premio: Maria Avino, traduttrice di “Morire è un mestiere difficile” del siriano Khaled Khalifa (Bompiani, 2019); Samuela Pagani, traduttrice di “Corriere di notte” della libanese Hoda Barakat (La nave di Teseo, 2019); Nadia Rocchetti, per il “Viaggio contro il tempo” della libanese Emily Nasrallah (Jouvence, 2018); Monica Ruocco, per “Il suonatore di nuvole” dell’iracheno Ali Bader (Argo, 2017) e Barbara Teresi per “Una piccola morte” del saudita Mohamed Hasan Alwan (E/o, 2019).
“Con questo nuovo Premio, la Fondazione spiega Caterina Bottari Lattes – intende promuovere la conoscenza di culture e autori meno noti al pubblico italiano e incoraggiare la traduzione in italiano delle loro opere letterarie più significative per qualità letteraria e profondità di contenuti, riflessioni, testimonianze. Il tutto nella piena consapevolezza che la traduzione non si risolve in una semplice trasposizione di parole da una lingua all’altra e nello spostamento di un segno linguistico da un codice all’altro, ma è invece una disciplina che sa trasferire pensieri e concezioni tra culture diverse, con le quali il traduttore instaura un profondo legame”.
Realizzato dalla “Fondazione Bottari Lattes”, il “Premio biennale per la Traduzione” è dedicato sempre alla figura di Mario Lattes ( editore, pittore e scrittore scomparso nel 2001, che seppe confrontarsi con intellettuali di fama internazionale ) e vede la fattiva collaborazione dell’“Associazione culturale Castello di Perno”, del Comune di Monforte d’Alba, insieme al contributo di Fondazione CRC e Banca d’Alba e al patrocinio di Mibact, dell’Unione di Comuni “Colline di Langa e del Barolo” e di “S. Lattes & C. Editori”.
Info: tel. 011/19771755 – 0173/789282 – book@fondazionebottarilattes.it, eventi@ fondazionebottarilattes.it –
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g. m.
Giolitti era contrario all’intervento perché riteneva che si potesse ottenere “parecchio“ dall’Austria attraverso le trattative diplomatiche. Forse era inevitabile quell’intervento in guerra, al di là del compimento del Risorgimento con la quarta guerra di indipendenza. Ma certamente l’Italia, pur vittoriosa nel 1918, uscì sconvolta da quella guerra. La crescita di benessere realizzata durante i governi giolittiani si era fermata. Divampava nel Paese un forte disagio sociale. La guerra aveva toccato quasi tutte le famiglie e la spagnola aveva mietuto le stesse vittime delle trincee.

L’occasione si è presentata dopo aver conosciuto il libro della Volpi che ha accettato di scrivere un racconto con un inedito caso da risolvere.
come accadrà con Travaglio ed altri. Di questo Gino era ben consapevole, aveva scrupoli morali precisi che gli facevano molto onore. Apostolo fu sempre molto attento ed equilibrato, direi sempre equo e prudente. Non cercò mai lo scoop. E questo è un merito che lo distingue e fa di lui un maestro di giornalismo. Mi è stato anche vicino per anni per il Centro Pannunzio che non poteva frequentare, ma che sentiva vicino alle sue idee di liberal- socialista. Si è molto dedicato alla tutela dei giornalisti ricoprendo cariche nazionali nell’Ordine fino a tarda età, malgrado una malattia lo avesse debilitato. Era un uomo di animo gentile e disponibile con cui si poteva parlare. Sarebbe giusto celebrarlo come attore e giornalista. La sua gentilezza era quasi inversamente proporzionale alla sua corporatura imponente. Di lui mi parlò molte volte assai bene Ferruccio Borio che fu redattore capo della Cronaca della “Stampa” e anche il comune amico Edo Ballone. Un mondo giornalistico che non esiste più perché quello stile è evaporato. Oggi ci sono, come diceva Salvatore Tropea in anni passati, soprattutto persone a libro paga che imperversano e screditano il vero giornalismo.
Progetto Cantoregi presenta a Racconigi il nuovo romanzo storico di Alec Ronchi, pseudonimo di Andrea Piovano. Sabato 4 luglio, ore 18,30. Racconigi (Cn)
Scrive Quaglieni: “Il merito di Pannunzio fu essenzialmente quello di stimolare e riunire in modo continuativo il contributo di filosofi, scrittori, politici, artisti, giornalisti e storici, attorno al suo giornale. Fece parlare una lingua nuova in un’Italia ancora provinciale, bigotta, adulatrice dei potenti, attenta alle strizzatine d’occhio, superficiale e goffa”.


