CULTURA- Pagina 144

Altre forme di vita. Il Salone del libro in edizione extra

Da giovedì 14 a domenica 17 maggio quattro giornate di eventi gratuiti in live streaming con ospiti italiani e internazionali

Per la prima volta nella sua storia il Salone Internazionale del Libro di Torino non si potrà svolgere a maggio, a causa dell’emergenza Covid-19. In attesa di tornare nella veste abituale, in autunno o non appena possibile, il Salone ha lavorato a un’edizione straordinaria della manifestazione dedicata alle vittime del virus, ai loro parenti, al personale medico e paramedico che con abnegazione e professionalità sta salvando tante vite. Un grande momento di riflessione e di incontro, dedicato al futuro di tutti noi.

 

Da giovedì 14 a domenica 17 maggio, sul sito del Salone e sui canali social (Facebook, Instagram, Twitter) sarà possibile seguire un ricco programma di eventi in live streaming e interagire con gli ospiti nazionali e internazionali che hanno risposto all’appello lanciato dal gruppo di lavoro del Salone.

 

Quando, mesi fa, è stato scelto il titolo della XXXIII edizione, “Altre forme di vita“, l’obiettivo era di evocare il futuro prossimo. Oggi questo titolo si dimostra una piccola profezia. Stiamo davvero vivendo “forme di vita” che fino a qualche mese fa non potevamo immaginare. Con questa edizione straordinaria, prende il via un percorso di attività online che accompagnerà la grande comunità del Salone, editori e lettori, all’edizione autunnale: presentazioni editoriali, rubriche di approfondimento culturale, e nuovi format per il racconto digitale del Salone e dei suoi progetti.

 

Si parte giovedì 14 maggio con una lezione di Alessandro Barbero in collegamento dalla Mole Antonelliana di Torino. Il programma completo sarà disponibile su salonelibro.it nei prossimi giorni; tra i tanti ospiti confermati: Amitav Ghosh e i ragazzi di Fridays For Future, David Quammen, André Aciman, Javier Cercas, Annie Ernaux, Salman Rushdie, Donna Haraway, Alessandro Baricco, Samantha Cristoforetti, Jovanotti, Vinicio Capossela, Myss Keta, Zerocalcare, Ocean Vuong, Jared Diamond, Paolo Cognetti con Gabrielle Filteau-Chiba, Catherine Camus con Roberto Saviano e Paolo Flores d’Arcais, Luciano Floridi, Roberto Calasso con Tim Parks, Chen Jiang Hong, Bernard Friot, Huck Scarry, Katherine Rundell, Paolo Rumiz, Mariangela Gualtieri, Paolo Giordano, Francesco Piccolo, Fabrizio Gifuni, Linus e tanti altri.

“Premio Lattes Grinzane 2020”: ecco i finalisti

Alla Protezione Civile, nell’anno della pandemia, il “Premio Speciale”

Monforte d’Alba (Cuneo) /  Due giovani scrittori italiani, un tedesco, un israeliano e un turco. Sono i cinque finalisti che si contenderanno il “Premio Lattes Grinzane 2020”, riconoscimento internazionale (promosso dalla Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba), giunto quest’anno alla sua decima edizione e dedicato ai migliori libri di narrativa, italiani e stranieri, pubblicati nell’ultimo anno.

Ed ecco i loro nomi, annunciati nei giorni scorsi: il lombardo (nato a Saronno nel 1981) Giorgio Fontana con la vasta saga famigliare “Prima di noi” (Sellerio), il tedesco Daniel Kehlmann con “Il re, il cuoco e il buffone” (tradotto da Monica Pesetti per Feltrinelli), l’israeliano Eshkol Nevo con “L’ultima intervista” (traduzione di Raffaella Scardi; Neri Pozza), il turco Elif Shafak con “I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo” (traduzione di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani per i tipi di Rizzoli) e la partenopea di Torre del Greco Valeria Parrella con un romanzo ambientato nel carcere minorile napoletano di Nisida, dal titolo “Almarina” pubblicato da Einaudi. Selezionati dalla Giuria Tecnica (presieduta da Gian Luigi Beccaria, linguista, critico letterario e saggista), i cinque libri finalisti saranno ora – e fino ad ottobre – affidati, per la designazione del vincitore, alle oltre venti Giurie Scolastiche diffuse in tutta Italia, da Trieste a Lampedusa, e che vedrà impegnati a Torino gli studenti del Liceo Classico “Massimo D’Azeglio”. Capitolo importante e pagina di grande levatura morale e “storica” per la decima edizione del “Lattes Grinzane”, quello relativo al “Premio Speciale”, da sempre dedicato a un’autrice o a un autore di caratura internazionale che, nel corso del tempo, abbia saputo riscuotere condivisi apprezzamenti di pubblico e di critica e che, nell’anno drammaticamente colpito dalla planetaria emergenza pandemica, viene invece riconosciuto alla Protezione Civile Italiana, cui sarà devoluta la somma di 10mila Euro per il grande impegno profuso nella lotta al terrifico virus. Le giornate dedicate agli scrittori e alla loro premiazione sono programmate per venerdì 9 e sabato 10 ottobre prossimi, nelle Langhe.

Per prendere visione delle motivazioni e delle schede sugli autori, sulla Giuria Tecnica e sulle Giurie scolastiche: https://bit.ly/2Ww8n9V

g. m.

Ecco come votare i “luoghi del cuore”

Vota i tuoi luoghi del cuore. Tutti insieme possiamo salvarli. Dal 6 maggio al 15 dicembre 2020 . 10ª EDIZIONE DEL CENSIMENTO NAZIONALE FAI

 

Il FAI – Fondo Ambiente Italiano in collaborazione con Intesa Sanpaolo lancia la 10ª edizione del censimento “I Luoghi del Cuore” che si svolgerà dal 6 maggio al 15 dicembre 2020 e invita tutti i cittadini, nei piccoli borghi e nelle grandi città, nei paesi meno conosciuti e in quelli più noti, in Italia ma anche all’estero, a votare i luoghi italiani che amano di più e vorrebbero vedere tutelati e valorizzati. Dopo due mesi di isolamento, nella settimana in cui l’Italia timidamente riparte, anche il FAI entra in una nuova fase grazie all’avvio di questa grande campagna nazionale: un’opportunità per ciascuno di noi di esprimere finalmente, quasi fosse un urlo liberatorio, il sentimento appassionato che ci lega al Paese più bello del mondo, lo stesso di cui abbiamo tanto sentito la mancanza. Proprio ora, mentre i musei, i monumenti e i Beni del FAI sono ancora necessariamente chiusi, possiamo continuare a prenderci cura, tutti insieme, del nostro territorio e dei suoi tesori.

 

Saper guardare avanti con speranza e positività è un’attitudine preziosa, e la nuova edizione del censimento de “I Luoghi del Cuore”, l’iniziativa che da diciotto anni permette alle persone di unirsi e di manifestare con un gesto tangibile l’amore per lo straordinario patrimonio d’arte e natura che ci circonda, ci vuole proiettare al di fuori delle nostre mura domestiche, e porre fine a questa prolungata astinenza dal Paese che amiamo. Questo progetto racconta più di ogni altro il desiderio della Fondazione di continuare a occuparsi con slancio e passione dell’Italia e degli italiani, mettendosi in ascolto dei cittadini per ideare e immaginare il futuro insieme: una potente iniezione di fiducia per restituire, diffondendolo, quel sentimento di coesione civile che in questi giorni “sospesi” avvertiamo così intensamente.

 

Grazie a “I Luoghi del Cuore” il FAI incoraggia e stimola ciascuno di noi, anche restando a casa, a fare la differenza ed essere motore di cambiamento per il proprio territorio, unico al mondo per varietà e bellezza. L’augurio della Fondazione è che la partecipazione al censimento sia la più estesa possibile, perché il risultato del gruppo supera sempre la somma dei singoli e diventa potenza, energia e forza creativa che si fa azione efficace: a darne evidenza le storie di impegno civile di tante comunità di cittadini che grazie a questa iniziativa si sono avvicinate o ritrovate con rinnovato entusiasmo, condividendo un obiettivo comune, speranze ed emozioni. Prima ancora che dei luoghi, infatti, questo è il censimento delle persone, che i luoghi li vivono, li amano, li salvano.

 

Dal 2003, anno della sua prima edizione, “I Luoghi del Cuore” è stato eletto da milioni di cittadini a cassa di risonanza per far sentire la propria voce a favore di piccole e grandi bellezze da non dimenticare. I risultati ottenuti sono eccezionali, a dimostrazione della sua valenza sociale ma anche del suo essere strumento concreto e fattivo in grado di accendere i riflettori dell’opinione pubblica su luoghi da salvare, proteggere o semplicemente valorizzare perché poco noti e di contribuire in maniera significativa a cambiarne le sorti. Grazie alla partnership con Intesa Sanpaolo il FAI ha sostenuto e promosso ben 119 progetti di recupero e valorizzazione di luoghi d’arte e di natura in 19 regioni. Nelle nove edizioni realizzate sin qui, grazie a più di 7 milioni di voti ricevuti – di cui più di 2,2 milioni nell’ultima edizione del 2018 – è stato inoltre possibile costruire una mappatura unica e spontanea di oltre 37.000 luoghi dalle tipologie più varie, che interessano oltre l’80% dei Comuni italiani. Alcuni sono stati segnalati da una sola persona, per altri invece si sono mobilitate decine di migliaia di cittadini. E sono più di 800 gli straordinari comitati spontanei che si sono attivati per raccogliere voti, e che hanno perseguito con ineguagliabile tenacia l’obiettivo di offrire un’occasione di rinascita al loro “luogo del cuore”.

 

Quest’anno il censimento si arricchisce di due classifiche speciali. La prima dedicata all’“Italia sopra i 600 metri”, cioè a luoghi che appartengono alle aree interne montane del Paese, di cui la Fondazione si sta occupando anche attraverso il Progetto Alpe e che coprono da sole il 54% del territorio nazionale: zone che sono diventate la periferia del Paese, in sofferenza per la carenza di servizi e infrastrutture che rende le condizioni di vita più difficili, ma anche contraddistinte da una bellezza indiscutibile, spesso intatta e dominata dalla natura, in cui vivono comunità di cui riscoprire la storia, le tradizioni e il potenziale. La seconda è relativa ai “Luoghi storici della salute”, beni architettonici che hanno radici profonde nel nostro passato, e che oggi, a fronte dell’emergenza sanitaria, sono divenuti valorosi presidi a tutela di tutti noi; luoghi che raccontano quanto il benessere di corpo e mente abbia radici antiche nel nostro Paese e una tradizione secolare che spazia dalle terme romane alle farmacie storiche, dagli ospedali nati nel Rinascimento ai padiglioni di fine 800 e inizio Novecento, oggi più che mai in funzione grazie all’instancabile prodigarsi dei medici e del personale paramedico per far fronte all’epidemia.

 

Come di consueto, i luoghi più votati verranno premiati, a fronte della presentazione di un progetto concreto: 50.000 euro, 40.000 euro e 30.000 euro saranno assegnati rispettivamente al primo, secondo e terzo classificato, mentre il luogo più votato via web diventerà protagonista di un video, storytelling o promozionale, realizzato a cura della Fondazione. Per i vincitori delle due classifiche speciali sono in palio complessivamente 20.000 euro. FAI e Intesa Sanpaolo, dopo la pubblicazione dei risultati, lanceranno inoltre il consueto bando per la selezione degli interventi in base al quale tutti i proprietari (pubblici o non profit) e i portatori di interesse dei luoghi che hanno ottenuto almeno 2.000 voti potranno presentare alla Fondazione una richiesta di restauro, valorizzazione o istruttoria sulla base di specifici progetti d’azione.

 

La forza del censimento del FAI non si ferma qui: grazie all’estesa attività di sensibilizzazione che lo caratterizza, la partecipazione all’iniziativa permette di dare risonanza alle richieste delle comunità, creando collegamenti con istituzioni e stakeholder locali: collaborazioni virtuose che in alcuni casi consentono la rinascita di beni in stato di degrado, di abbandono o addirittura a rischio scomparsa, attraverso lo stanziamento di fondi aggiuntivi rispetto a quelli resi disponibili da FAI e Intesa Sanpaolo nell’ambito del progetto.

 

Il FAI chiama a raccolta gli italiani intorno al patrimonio della nazione e indice un nuovo censimento de I Luoghi del Cuore. Così lasciamo per un momento l’io e la sua casa per dedicarci agli altri e ai luoghi che ciascuno predilige. Siamo individui ma anche nodi di un tessuto nazionale di cui siamo parte e che ci protegge (come si è visto con il nuovo temibile virus). Il FAI è una fondazione della società civile sostenuta principalmente da iscritti e sostenitori. Non c’interessa competere per il potere e per la ricchezza, come spesso avviene nella politica e nel mercato; ci preme invece unirci a tutte le istituzioni culturali per cooperare al vero, al bene e al bello della Patria e dei concittadini. Italia ti amiamo”, ha dichiarato Andrea Carandini, Presidente FAI.

 

Dal 2004 Intesa Sanpaolo affianca il FAI in questa iniziativa a favore della tutela e della valorizzazione delle bellezze artistiche e naturali del Paese, ambito che vede il Gruppo impegnato in prima persona. A questo si aggiunge la capillare diffusione sul territorio italiano che asseconda la presenza ben distribuita della Banca in tutte le regioni italiane.

 

Mai come oggi l’appuntamento con I Luoghi del Cuore ci riconduce a un po’ di ottimismo e all’auspicio di tornare presto ad apprezzare in ogni angolo dell’Italia il patrimonio artistico del Paese. Inserire i luoghi della sanità, alcuni veri e propri gioielli architettonici spesso trascurati e degradati, suggella il grande impegno di Intesa Sanpaolo per sostenere il servizio sanitario e la ricerca in questo difficile momento del nostro Paese. Gli ospedali, le case di cura, le farmacie sono testimoni silenziosi di sofferenza e meritano attenzione e tutela. Indicarli e votarli per il restauro è un modo genuino di esprimere la nostra gratitudine ai medici e paramedici che quotidianamente vi lavorano”, ha commentato Gian Maria Gros-Pietro, Presidente Intesa Sanpaolo.

 

 

MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE AL CENSIMENTO

dal 6 maggio al 15 dicembre 2020

  1. Sito www.iluoghidelcuore.it

Data l’emergenza sanitaria, in questa prima fase si voterà esclusivamente on line, utilizzando anche un ampio ventaglio di materiali di condivisione social.

  1. Da quando sarà possibile, la raccolta voti avverrà anche attraverso il canale cartaceo, con moduli di raccolta voti dedicati a ogni luogo del cuore, scaricabili dal sito www.iluoghidelcuore.it

 

Il censimento è realizzato sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il Patrocinio del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.

Anche in questa occasione, Rai conferma l’impegno del Servizio Pubblico radiotelevisivo alla cura e tutela del patrimonio culturale, artistico e paesaggistico italiano con una campagna di sensibilizzazione dal 25 al 31 maggio a sostegno della 10ª edizione de “I Luoghi del Cuore”: una maratona radiotelevisiva di sette giorni in cui si racconteranno luoghi e storie che testimoniano la varietà, la bellezza e l’unicità del Belpaese. Rai è Main Media Partner del FAI e supporta in particolare il censimento 2020, anche grazie alla collaborazione di Rai Responsabilità Sociale.

Celebrare Napoleone? Meglio i moti carbonari

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / A distanza di un anno dal bicentenario della morte di Napoleone, 5 maggio 1821, si sta costituendo sotto la presidenza di Philippe Daverio un comitato nazionale presso il Ministero dei beni culturali per celebrare l’anniversario dell’Imperatore dei Francesi

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A formare il Comitato c’è il Consolato francese di Milano, l’Assessorato alla cultura di Milano, la Biblioteca Nazionale Braidense, ma anche il Centro studi residenze reali sabaude. Lo ha denunciato in un articolo l’assessore regionale lombardo alla cultura prof. Stefano Bruno Galli, storico e docente universitario di chiara fama. E’ giusto valutare a due secoli di distanza con il più assoluto equilibrio la figura di Napoleone che sicuramente, almeno per la Francia, ha rappresentato una pagina importante di storia.

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Anche Manzoni, scrivendo “Il Cinque Maggio” comprese la grandezza dell’uomo che riuscì a conciliare “due secoli l’un contro l’altro armati”, lasciando comunque “ai posteri l’ardua sentenza”.
Oggi, a distanza di due secoli, il momento dell’ardua sentenza  è sicuramente arrivato e il giudizio storico per il Corso non può essere positivo almeno per noi italiani. Se lo si vede sotto un profilo europeo,egli sconquassò l’Europa, imponendo dappertutto l’egemonia francese con la scusa di portare sulle sue bandiere le parole e le idee  della Rivoluzione Francese. Fu responsabile di guerre con milioni di morti, combattute  soprattutto per un suo personale delirio di onnipotenza. Non ci sono dubbi sulle sue grandi doti di condottiero militare capace di entusiasmare i suoi soldati e inventare  strategie e tattiche militari geniali. Si può anche considerarlo uno statista e un legislatore innovativo che contribuì a rinnovare la vecchia Europa. Ma non si può dimenticare che il dominio napoleonico ,specie in Italia, significò un periodo di furti,violenze e saccheggi senza precedenti . Egli è il responsabile del più grande furto di opere d’arte, come scrive Galli, avvenuto in Italia e non solo.

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Furono saccheggiate Milano, Roma, il Vaticano, Parma, Modena, Napoli e tanti altri centri. Il giovane Foscolo che acclamò Bonaparte come un un liberatore ,si convinse quasi subito, dopo il trattato di Campoformio ,che egli era un tiranno. Torino e il Piemonte vennero annessi alla Francia e subirono le stessa spoliazione di opere d’arte ;il re dovette rifugiarsi in Sardegna fino al 1815 durante tutto il periodo napoleonico. Napoleone fece abbattere le porte e una parte cospicua dei bastioni di Torino, salvando solo la cittadella e Palazzo Madama. Per sue utilità fece costruire il ponte in pietra sul Po davanti a piazza Vittorio.  In sintesi si presentò come liberatore d’Italia, ma gli italiani che furono  soprattutto carne da macello per le sue guerre, subirono un regime di stampo giacobino accentratore che peggiorò ulteriormente quando Napoleone divenne imperatore. A partire dal 1796 una parte del popolo italiano si oppose all’invasione francese e diede vita a quelle che vengono definite le insorgenze, quando cominciò la campagna d’Italia napoleonica. Le insorgenze furono numerose in tutta Italia. Comunque, basterebbe pensare al saccheggio e ai furti di opere d’arte,per esprimere un netto parere contrario alla costituzione di un comitato nazionale per il onoranze del bicentenario napoleonico presso il ministero dei Beni Culturali Sicuramente si terranno  delle manifestazioni in Francia ,ma non ha senso che l’Italia celebri un uomo che fu un dominatore senza scrupoli che, tra l’altro,come disse Foscolo,vendette Venezia all’Austria.
E fa specie che uno storico dell’arte come Daverio non si sia accorto della vistosa contraddizione rappresentata dalla sua presidenza al Comitato napoleonico. In ogni caso con le ristrettezze che ci caratterizzano in questi tempi calamitosi, si tratterebbe di una spesa superflua. Se si vuole fare qualcosa, ricordiamo invece  nel 2021 il bicentenario dei moti  carbonari del 1821 che ebbero protagonista il grande patriota Santorre di Santarosa, ingiustamente dimenticato.

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Scrivere a quaglieni@gmail.com

I Gozzano, genealogia di famiglia

Riletture / I Gozzano di Cereseto e la loro discendenza dai Gozani di Casale e di Luzzogno

 

Frutto di un eccellente lavoro di ricerca, è uscito tempo fa, con la bella prefazione di Carlo Alfonso Maria Burdet, il volume di Armano Luigi Gozzano che fiero del cognome che porta, ha ripercorso a partire dal XVI secolo la genealogia dei Gozzano in Piemonte, originari di Luzzogno in Val Strona. Una faticosa ma fruttuosa consultazione di archivi di Agliè, Alessandria e Casale con i comuni limitrofi e degli articoli de” Il Monferrato” hanno portato alla realizzazione di una documentazione storica di grande rilievo ma anche piacevole per la presenza di fotografie di antiche dimore nobiliari con relativi affreschi, in particolare quello settecentesco di Pier Francesco Guala che decora palazzo Gozzani Treville di Casale, oltre ad atti notarili di proprietà, testamenti e certificati di battesimo. Non mancano i vari bellissimi stemmi dei casati tra cui spicca quello originario dei Gozani di Luzzogno con la testa di giovane bianco col gozzo senza banda e fascia obliqua a scacchiera. A conclusione, nelle ultime pagine, molte fotografie di discendenti e, immancabile, l’immagine di Guido Gozzano, i cui genitori Fausto e Diodata erano originari di Agliè, massimo esponente intimista del crepuscolarismo post decadente italiano. L’opera quindi oltre a darci fondamentali notizie storiche diventa occasione di far tornare alla mente il fascino delle poesie del delicato cantore della semplicità degli affetti, degli umili oggetti fuori moda degli interni quotidiani di un piccolo mondo borghese scomparso, rievocato con sottile nostalgica elegia, velata di pudica ironia volutamente colloquiale ma con la raffinatezza di uomo di cultura che cerca rifugio nei ricordi d’infanzia.

Giuliana Romano Bussola

 

Superga, il comandante Meroni e quella Lambretta in via Carpi

Il 4 maggio del 1949 a Superga l’aereo del ‘Grande Torino’ si schiantò a Superga. Ma questo immenso dramma colpì non soltanto il mondo dello sport e la capitale del Piemonte, ma l’Italia ed il mondo intero per la sua dimensione, generò anche mille storie ‘collaterali’, altrettanto drammatiche e ricche di risvolti

Una di queste mi riguarda sia pure indirettamente. A guidare l’aereo che si schiantò a Superga era il comandante Pierluigi Meroni, 34 anni, pilota capace ed abile con un’esperienza maturata nei cieli della seconda guerra mondiale. Lui con la famiglia viveva in via Carpi a Milano.

E qui si intreccia la sua storia con il suo ricordo di Superga: a quell’epoca in via Carpi viveva la famiglia Gindari, il padre Francesco, la madre Tina e la figlia Marisa, che allora aveva diciotto anni. E, dopo la sciagura fu Francesco Gindari ad acquistare la lambretta dalla moglie del comandante che era deceduto in quel di Superga. Spiego subito il nesso: Marisa Gindari ha sposato nel 1972, Marco Iaretti, padre mio e di mio fratello Fabrizio, che era rimasto vedovo di Lucia (la nostra prima mamma, quella biologica che se n’era andata per un brutto male il 12 dicembre del 1969, perché Marisa, per tutto quello che ha fatto per noi è stata una Mamma con la M maiscola, e questa è un’altra storia). Mamma, in più di un’occasione mi ha raccontato di questo episodio e del collegamento tra il nonno Francesco (ma per tutti era Cecco) e  l’episodio della lambretta del comandante Meroni. Tant’è che quando in un giorno alla fine di settembre del 2011, andai a fare una gita a Superga e a rendere omaggio a quella grande squadra (pur da sempre juventino) chiamai mamma al telefono, non ricordando il nome del comandante dell’aereo, e lei mi disse solo ‘Meroni’ e trovai il suo nome sulla stele nel luogo del tragico impatto. Certo adesso, passati gli anni (Mamma Marisa ha terminato il suo cammino terreno pochi giorni dopo nell’ottobre di quel maledetto 2011), mi piacerebbe anche incontrare, parlare, con i figli o i nipoti del comandante Meroni, per saperne di più. Credo che sarebbe un momento ricco e carico di emozione, sia pure a distanza di tanti anni. Chissà.

Massimo Iaretti

(foto di Fabio Liguori)

 

Un’opera da un milione di euro per aiutare Torino

“THE END OF LOVE”: l’artista torinese Manuela Maroli vuole aiutare le persone in gravi difficoltà economiche

 

L’arte a servizio dell’emergenza Covid. Questo il significato del gesto compiuto dall’artista e performance torinese Manuela  Maroli, protagonista di un’iniziativa encomiabile di solidarietà a favore delle persone che, a causa di questa emergenza sanitaria, si sono trovate in ancora maggiori difficoltà economiche.

L’artista, che ha creato in passato un interessante collettivo di artisti dal nome “Svergin_Arte”, ha deciso di mettere in vendita la sua opera intitolata “THE END OF LOVE” al prezzo di  un milione di euro, di cui novecentomila andranno in beneficenza a favore delle persone che si trovano in gravi difficoltà economiche e vivono nella sua città, Torino. Trentamila euro andranno alla galleria e /o all’art dealer e settantamila euro all’artista stessa come compenso per la sua opera.

“Non si tratta di una provocazione – spiega Manuela Maroli –  né, tantomeno, di un tentativo per ottenere visibilità, ma di un vero e proprio “atto poetico” che mi sento di dover tributare alla mia città ed alle persone maggiormente in difficoltà. L’arte rappresenta, infatti, l’ombra enigmatica dell’amore ed è destinata a vivere in eterno”.

L’opera “THE END OF LOVE”, da lei realizzata in occasione di San Valentino, è un’installazione costituita da un rotolo di carta igienica contenente cuoricini rossi, un pezzo unico che ha voluto esprimere, nella volontà dell’artista, la sua riflessione sul sentimento amoroso, proprio in occasione della festa dedicata al patrono degli innamorati, improntata spesso, però, nella società contemporanea ad una sempre più spinta commercializzazione.

Artista dalle mille sfaccettature, Manuela Maroli ha abbracciato nella sua produzione artistica anche la “body art”, convinta che l’arte possa e debba passare attraverso l’utilizzo ed il linguaggio del corpo, che è incapace di mentire, alla stregua di “una lavagna”, alla ricerca del lato oscuro presente in ciascun essere umano. Un messaggio oggi più che mai attuale, in un momento di emergenza da Covid 19, come quello che stiamo ancora vivendo, in cui l’isolamento forzato e necessario, al quale sono state chiamate le persone, ha posto gli esseri umani nudi di fronte alla propria anima. E spesso una simile circostanza può, in molti casi, aver generato paura. In questo caso l’arte, come quella di Manuela Maroli, ha sicuramente avuto ed avrà in futuro un ruolo salvifico.

Mara Martellotta

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria. A cura di Laura Goria

Rowan Hisayo Buchanan  “Innocua come te”   -Codice Edizioni-  euro 19,00

E’ scritto magnificamente questo romanzo di esordio della scrittrice e saggista 30enne dalla genealogia cosmopolita (padre inglese, madre americana per metà giapponese e metà cinese) nata in America e cresciuta tra Londra e New York, dove si è laureata alla Columbia University. Un Dna decisamente interessante che traspare nel libro, che però non è autobiografico.

New York alla fine degli anni 60, protagonista è la giovanissima Yukiko (Yuki), figlia di una coppia di giapponesi (per i quali l’America è una trappola) che decidono di tornare a Tokyo, alle loro radici. Ma Yuki ha appena conosciuto la splendente e spregiudicata Odile e non vuole partire; ottiene di restare promettendo di proseguire gli studi e si trasferisce a casa dell’amica e della madre. Sono gli anni in cui la modella Twiggy impera, la Guerra del Vietnam divampa, e il mondo sta cambiando. Odile sogna una carriera come quella della top model “grissino” e va decisa in quella direzione; Yuki invece ha velleità artistiche e sperimenta -senza particolare successo- pittura e fotografia. Poi la vita accelera e Yuki passa da una relazione squilibrata e umiliante a un matrimonio sonnolento con il rassicurante Edison. Si trasferiscono in Connecticut e mettono al mondo un figlio; ma la vita da casalinga a Yuki va stretta, così li abbandona per seguire i suoi sogni.

Questo è solo uno dei due livelli della narrazione e si interseca con quello della vita del figlio Jay, andando avanti e indietro negli anni. E’ stato cresciuto dal padre amorevole che ha sopperito in parte alla lacuna della figura materna. Lo ritroviamo 35enne gallerista affermato, innamorato della moglie, ma anche padre spaesato “di una piccola sanguisuga”. Alla morte di Edison scopre che ha lasciato la casa del Connectitut a Yuki ed è così che attraversa l’oceano per cercare la madre. Il resto è la storia del tentativo di riallacciare un rapporto, suturare ferite e capire cosa conta nella vita, passando per illusioni e smentite, affetti profondi e senso di responsabilità…

 

Maxim Biller “Sei valigie”  -Sellerio –  euro 15,00

Quella che il critico letterario e scrittore tedesco Max Billier ci racconta è la tragica storia della sua famiglia di ebrei russi scappati dall’Est all’Ovest, e del mistero che aleggia intorno alla morte del nonno. Ripercorre piccoli e grandi odi, dissapori familiari vari e assortiti, e le sei valigie del titolo corrispondono ad altrettante versioni della storia.

Chi ha tradito nonno Schmil, denunciandolo al Kgb e decretandone la condanna a morte tramite impiccagione? Chi lo ha accusato di fare affari al mercato nero, alle spalle del regima sovietico? Ecco il grande segreto di questa famiglia in cui delatore potrebbe essere uno dei 4 figli di Schmil, separati dai caratteri e dalla storia: 2 all’Ovest, uno a Praga, e lo zio Dima rinchiuso per 5 anni in un carcere cecoslovacco. Oppure la spia è stata la nuora Natalia, moglie separata di Dima: bella e provocante in gioventù, ex regista, ex prigioniera in un campo di concentramento, poi donna sfiorita che va incontro a una fine che lascio a voi scoprire.

Ecco le linee della storia di Biller, nato nella Repubblica Ceca nel 1960 da genitori ebrei ucraini emigrati prima in Russia e poi a Praga, dalla quale scapparono dopo l’invasione sovietica. Una famiglia travagliata e un racconto intrigante che si interseca con la Storia, gli anni della cortina di ferro, il mito dell’Ovest e uno strisciante antisemitismo.

 

Angelo Longoni  “Modigliani il principe”  – Scrittori Giunti –  euro  19,00

Longoni -scrittore, drammaturgo e regista- in quasi 600 pagine racconta gli anni parigini del pittore livornese e imbastisce un romanzo basato su fatti e personaggi rigorosamente fedeli alla realtà. Un affresco in cui risaltano la complessità e il fascino di un artista immenso, che la vita non trattò troppo bene. Segnato a 11 anni dal primo episodio di tubercolosi, Modigliani bruciò la sua breve vita convinto di non avere abbastanza tempo per scoprire e manifestare il suo talento; e gli inizi come scultore aggravarono la sua salute con le polveri di gesso.

L’impatto con la Parigi dei primi anni del 900 è traumatico per “il principino”, così chiamato perché all’inizio (quando ancora aveva i soldi della famiglia) alloggiò in una pensione e visse come un benestante. Poi entra in contatto con altri artisti e assimila le regole che governavano l’arte parigina: libertà, bellezza, amore, scandalizzare il perbenismo borghese, avventure sessuali, droghe e alcol. Ed eccolo trasformato in bohemien, bello, talentuoso e maledetto.

Un cardine della sua esistenza furono le donne che lo amarono intensamente; a partire dalla madre, borghese colta che gli insegnò il francese e condizionò le sue scelte culturali.

Poi le amanti che furono fondamentali per comprendere la vita e sviluppare il suo gusto artistico inconfondibile. Le più importanti furono la Diva Kiki de Montparnasse; la poetessa russa Anna  Achmatova, la prima di cui Modigliani si innamorò veramente e con la quale imbastì una relazione mentre lei 19enne era a Parigi in viaggio di nozze.

Ma anche la scrittrice, poetessa e giornalista inglese Beatrice Hastings e la dolce, giovanissima Jeanne Hébuterne, ripudiata dalla famiglia, che con Amedeo dividerà miseria, stanze fredde, gli darà una figlia e alla morte di lui, di nuovo incinta, si suiciderà. Una vita da romanzo, che Longoni racconta con sensibilità e garbo, mettendo a fuoco anche l’originalità dei quadri di Modigliani, poco capiti dai suoi contemporanei. Restio ad aderire alle correnti dell’epoca, (a partire dal cubismo di Picasso, i Fauves e l’avanzare del Futurismo) non voleva essere etichettato se non  come “Modiglianista”, fedele solo a se stesso e…immortale.

Maggio e il Neoclassicismo per la Fontana dei Mesi di Torino

L’ultimo round è arrivato anche per la rubrica della Fontana dei Mesi. Penso questo, aprendo il computer per scrivere della statua del mese di maggio, in programma per la decima uscita, l’ultima della serie. Mi trovo all’ultimo gradino prima di mettere la parola “conclusa” sulla cartellina degli articoli. Uno step che non è più alto, né più basso degli altri, tuttavia questo è per me un momento che fa riflettere

Colgo l’occasione per ripensare alle precedenti uscite e anche alla scorsa rubrica, donne (in nero), apparsa su iltorinese.it l’anno scorso. Penso anche ai luoghi dove mi trovavo quando ho scritto la Fontana dei Mesi in passato e al fatto che sono ormai parecchi giorni che tutti noi non mettiamo naso fuori di casa, se non per le necessità. Ho un ultimo pezzo con voi e continuo doverosamente nello scrivere una rubrica che, a parte la correlazione tra “correnti artistiche” e “statue dei mesi”, porta avanti un messaggio: recatevi al Parco del Valentino a vedere la fontana del Ceppi.

Insomma mi trovo a combinare questo pezzo in un momento particolarmente caldo per tutti noi, in un momento in cui uscire di casa per una passeggiata al parco è proibito e per questo mi scuserete se per questa volta, vi chiederò invece di stare a casa, di non andare al parco, ma piuttosto di riprodurre ad esempio su carta la statua di maggio, la fontana intera oppure la vostra statua preferita e poi di attaccare il foglio sulla porta di casa con la promessa di arrivare fino alla vostra fontana di Torino e godervi il giro, non appena sarà possibile.  Iconiche per maggio le spalle. Poi le braccia; forti tengono accostati al petto quantità di fiori il cui aspetto è quello del culmine del loro splendore, in altre parole non si tratta di boccioli, ma di fiori carnosi.

Tutti sanno che c’è un momento in cui i fiori, così come i frutti, sono così carichi da far desiderare di coglierli. Una spinta che porta con sé un duplice motivo, il desiderio di salvarli, dallo sfiorire o, nel caso dei frutti, dalla via della marcescenza. E la volontà di goderne la compagnia in una sala da pranzo oppure di banchettarne è la seconda ragione che spinge al gesto del cogliere. La nostra statua ne ha con sé sotto le braccia, li porta con sé in quanto allegoria di maggio, il mese in cui la primavera è matura e i fiori sono da cogliere, perché sono nel tripudio della loro breve vita e se ne può sentire l’odore gradevole invitare ad avvicinarci. Ho pensato dunque di parlarvi del Neoclassicimo. Una corrente artistica che deriva dalle riflessioni estetiche del suo tempo, il Settecento, e che è il culmine del periodo precedente, quello Barocco, da cui si stacca nettamente per alcune caratteristiche abbastanza notevoli da permettere la strutturazione di una corrente artistica per così dire a sé stante. I neoclassici si sono liberati dalle ombre del periodo barocco cogliendo la parte matura del periodo precedente, dipingono perciò finalmente senza i forti vincoli prospettici a cui il barocco chiamava. E lo fanno senza nulla togliere all’ambientazione. I soggetti dei neoclassici sono i miti, come ad esempio Giovan Battista Tiepolo dipinge Apollo e Daphne, Briseide e Agamennone e molti altri, ma questa corrente artistica, si potrebbe studiare anche attraverso una selezione delle allegorie che fioriscono in quel periodo. In generale i racconti della mitologia greca e latina, così come i fatti storici, come ad esempio l’incontro tra Antonio e Cleopatra, sono rispolverati, dipinti e scolpiti sull’onda lunga del Barocco, si potrebbe dire del leit motiv barocco, quello di “mettere in scena i personaggi” siano essi dipinti oppure scolpiti.  Poi mi pare che la statua di maggio alla Fontana dei Mesi di Torino sia un po’ come il Neoclassicimo, perché mi dà l’impressione di una donna che si è lasciata indietro le ombre della primavera, in attesa di una prossima estate.  Sono contenta, di riuscire a essere con voi, per un momento, anche in questo difficile periodo.

Elettra Nicodemi

Sul Neoclassicismo Elettra Nicodemi ha scritto anche: Neoclassicismo, dipingere senza le ombre di inizio secolo [https://insidethestaircase.com/2017/05/01/neoclassicismo/] edito Inside The Staircase

Non era una stecca ma nemmeno un filotto

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PAROLE ROSSE  di Roberto Placido / Non ricordo di essere mai ritornato su una “puntata” di Parole Rosse ma questa volta non potevo proprio esimermi. Perché l’avevo promesso a diversi lavoratori del Teatro Regio che non hanno condiviso quanto raccontato in “La stecca” dello scorso 6 aprile. Hanno scritto, sul mio profilo Facebook, alcuni molto gentilmente, avendo un rapporto di stima e cordialità, altri in maniera molto risentita ma comunque civile. Ci ritorno, perché non mi sottraggo mai ad un confronto, per precisare alcune cose e per allargare la questione a tutto il settore della cultura di Torino ed in parte dell’intera regione.

 

Approfondendo l’argomento sono venute fuori cose interessanti, altre curiose ed una sensazione che ho evidenziato in quanto ho già scritto. Andando con ordine, non è vero che i lavoratori hanno rifiutato la cassa integrazione, mi scuso per l’imprecisione, quando l’ho scritto lo erano già. Non lo sapevo né lo sapevano le persone con le quali mi ero confrontato in quanto il provvedimento, le disposizioni lo permettono, è stato retroattivo dal mese di marzo.

Fatta la precisazione vengo agli altri aspetti, più che rifiutare la cassa integrazione, cosa che non è possibile da parte dei lavoratori, dopo ferie ed eventuali permessi, ed in particolare la richiesta, legittima per carità ma che non tiene conto, a mio parere, dei conti del Regio e della situazione straordinaria che stiamo vivendo e cioè di mantenere, nella sostanza, l’intero stipendio attraverso il cosiddetto “smart working”. Richiesta non accolta dal sovrintendente Sebastian Schwarz e che ha fatto risentire alcuni membri delle fondazioni bancarie, ma sulle fondazioni ci torno dopo. Altri enti lirici l’hanno fatto, come La Scala di Milano o come l’ente cagliaritano che si è inventato un corso di inglese, a casa, per gli orchestrali. Capisco che ridurre lo stipendio è sempre un problema e che per alcuni, con impegni, mutui e affitti, rischia di diventare un dramma ma , lo ripeto, non siamo in una situazione normale.

Pretendere o lamentare, in altri settori, che non si può usare la mensa e che bisogna portarsi il mangiare da casa è lo stesso atteggiamento. I lavoratori hanno lottato, per la mensa, per i diritti, per i contratti, per le garanzie ma oggi il problema è difendere il posto di lavoro, superare la drammatica situazione e proporre, con un grande sforzo collettivo, una progettualità e un’innovazione indispensabili alle quali devono dare il contributo anche i lavoratori. In discussione non c’è solo il Regio ma la sopravvivenza dell’intero settore culturale. La stragrande maggioranza delle realtà vive di entrate dagli spettacoli, che al momento si sono azzerate e di, sempre più esigui, contributi pubblici. Un settore esiste se sono presenti dalle più piccole associazioni alle medie fino alle grandi Fondazioni culturali come Regio, Cinema, Stabile. Non può esistere se rimangono in vita solo le più importanti. Allora è necessario uno sforzo collettivo, altri ne hanno già scritto e parlato, di idee, progettualità, capacità di affrontare questa grande e problematica situazione. Bisogna mettere intorno ad un tavolo, evito volutamente i termini Task Force, Cabina di Regia, Comitato di esperti vari, tuti i soggetti, istituzioni, fondazioni, e gli esponenti del mondo della cultura, per affrontare e superare la situazione.

E’ necessaria una grande visione solidaristica che riguardi non solo chi è garantito da un contratto di lavoro con o senza cassa integrazione. Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non uno per uno (cit.). Chiudo, come ho iniziato, con il Teatro Regio. Dopo scambi di commenti, opinioni e lunghe telefonate con alcuni lavoratori ed i loro rappresentanti, i sindacati mi hanno fatto pervenire, li ringrazio, un documento che hanno naturalmente inviato ai vertici della Fondazione Teatro Regio. Documento condivisibile in larghissima parte ma dal quale traspare chiaramente l’assenza di dialogo tra il sovrintendente e le stesse organizzazioni sindacali e questo non va assolutamente bene. Con i lavoratori ci si confronta e ci si scontra ma non si può pensare che gli si comunica solo le intenzioni e decisioni. La situazioni del Regio era già “pandemica” ed atteggiamenti non adeguati alla situazione, da parte di tutti, possono risultare esiziale. Nelle Fondazioni bancarie molti pensano che le risorse vadano destinate per la sanità e per chi fa fatica a sopravvivere e non per quelli che loro considerano “privilegiati”.

Ecco perché bisogna lanciare dei messaggi di chiarezza, comprensione, disponibilità, pur nel sacrificio, atti a superare questo momento. Bisogna aiutare i pochi “amici” veri della cultura presenti nelle Fondazioni bancarie. Così come mi auguro e spero che i vertici del Teatro Regio, a cominciare dal Presidente del Consiglio d’Indirizzo, il Sindaco Chiara Appendino, il Sovrintendente Sebastian Schwarz abbiano presentato alle stesse, al ministero le richieste dei contributi necessari per affrontare i problemi passati e quelli più recenti. Il mondo della Cultura può dimostrare, facendo diventare questo cataclisma un’opportunità, di chiedere non solo contributi, con un atteggiamento, da parte di alcuni, questuante, ma di proporre una grande progettualità innovativa per affrontare le grandi problematiche e cambiamenti che il Covid 19 ha generato. Le associazioni si trovano di fronte al “progetto della vita” nel senso che da esso può dipendere la loro sopravvivenza.