La raccolta di firme per il referendum sull’eutanasia ha registrato un primo, straordinario successo.
Il quesito, estremamente importante su un tema enormemente sensibile e per natura stessa divisivo, ha conquistato una parte del dibattito pubblico. Eppure, più che del merito, si sta discutendo soprattutto dei nuovi strumenti con cui da luglio è possibile raccogliere le sottoscrizioni. Il fatto di aver superato il milione di firme, doppiando largamente le 500 mila necessarie, è di per se una notizia sulla quale riflettere anche se ( come nel caso della richiesta referendaria sulla cannabis) per il momento si parla più della necessità di riformare il sistema di consultazione piuttosto che del merito della questione sulla quale i cittadini saranno chiamati a pronunciarsi. Non che il tema sia secondario, tutt’altro, ma ci saranno altre occasioni per dibattere se e come rendere rivedere il meccanismo referendario, la soglia delle firme, le modalità di raccolta. Per quanto concerne il merito penso che siano maturi i tempi in cui si debba avere la libertà di decidere sulla propria morte. Firmando la richiesta referendaria in molti hanno fatto leva sulla consapevolezza che si tratta di una battaglia di civiltà e di libertà. Il testo prevede una parziale abrogazione dell’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente), che impedisce la realizzazione di ciò che comunemente si intende per “eutanasia attiva” (sul modello olandese o belga). Da qui discende la volontà di far riconoscere la piena libertà di autodeterminazione e di scelta della persona malata, affinché possa decidere consapevolmente di voler porre fine alle proprie sofferenze. Un primo passo di civiltà è stato compiuto grazie all’approvazione della Legge 219/2017 che riconosce il valore del testamento biologico. Dalla sua entrata in vigore una persona può decidere anche per quando fosse impossibilitata a comunicare le sue scelte su quali siano i trattamenti sanitari a cui non vorrà sottoporsi, sulla volontà di interrompere trattamenti in corso e evitare accanimento terapeutico, con la garanzia di ottenere cure palliative e sedazione. Il passo successivo e ulteriore, riguarda la scelta posta al centro dell’iniziativa referendaria. Molte persone gravemente malate oggi non sono libere di scegliere fino a che punto vivere la loro condizione. Non hanno diritto all’aiuto medico alla morte volontaria, al suicidio assistito o accedere all’eutanasia come è invece possibile in Svizzera, Belgio, Olanda, Spagna, Canada e in molti degli stati che compongono gli Stati Uniti d’America. Di fronte ai ritardi del Parlamento che ha continuato a rimandare la riforma necessaria, il referendum è diventato l’unica possibilità per rendere l’eutanasia legale in Italia e, comunque, dibattere e scegliere su un tema rilevante a prescindere da come la si possa pensare, nel rispetto di ogni opinione. Non stupisce nemmeno l’atteggiamento dei partiti, i dubbi, i tanti tentennamenti del Pd e di altri, i no secchi di buona parte della destra, le scelte più nette e favorevoli della galassia di sinistra. Spesso le classi politiche sono molto meno sensibili, aperte e responsabili – e la storia dei grandi referendum del passato è lì a dimostrarlo – di quanto lo siano milioni di cittadini, animati da sensibilità sociali, etiche e culturali ben più profonde e mature (e meno condizionate da calcoli di parte) di chi dovrebbe rappresentarli nelle sedi deputate a compiere scelte importanti come lo sono le assemblee legislative.
Marco Travaglini
È quanto ha sottolineato il presidente del Consiglio regionale del Piemonte Stefano Allasia nell’incontro con il nuovo comandante provinciale di Torino, il generale di Brigata Claudio Lunardo, avvenuto a Palazzo Lascaris. Nato a Udine 53 anni fa, prende il posto del colonnello Francesco Rizzo, che ha assunto l’incarico di capo di Stato maggiore della Legione Carabinieri Lazio. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze della Sicurezza interna ed esterna, Lunardo ha conseguito il Master di secondo livello in Scienze Strategiche e la qualifica di Consigliere giuridico nelle Forze Armate. Prima di giungere a Torino è stato a capo dell’Ufficio Operazioni del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Tra i suoi obiettivi c’è quello di consolidare ulteriormente il rapporto di fiducia con i cittadini, attraverso l’intensificazione delle occasioni di ascolto e dialogo, anche con lo svolgimento di mirate iniziative a sostegno delle fasce più deboli della popolazione.