LA STORIA
E’ il 18 dicembre del 1922. Il fascismo ha da pochissimo tempo effettuato la Marcia su Roma (che probabilmente sarebbe potuta venire spazzata via dalle truppe regie, se il re Vittorio Emanuele III avesse firmato lo stato di assedio) e Benito Mussolini è il capo del governo ma non ancora il padrone delle sorti italiche. In una Torino non ancora fascistizzata, un tramviere, militante comunista, ha uno scontro con un gruppo di squadristi. L’uomo, Francesco Prato, è originario di Valmacca ma vive a Torino, in Barriera di Nizza apre il fuoco e uccide 2 fascisti. Poi riuscirà, nei giorni successivi, a lasciare la città e l’Italia riparando nella Russia dei Soviet. Ma quel giorno e nei successivi 19 e 20 dicembre si scatena la rappresaglia, e perdono la vita 11 persone, mentre una ventina di altri riportano ferite. E in un’intervista apparsa su “La Stampa”, il console della Milizia, Piero Brandimarte, afferma: “Abbiamo voluto dare un esempio, perché i comunisti comprendano che non impunemente si attenta alla vita dei fascisti”. La vicenda viene ripercorsa nel libro di Giancarlo Carcano “Strage a Torino – Una storia italiana dal 1922 al 1971” (che è l’anno della morte di Brandimarte considerato il maggiore responsabile di quei fatti) edito per i tipi de La Pietra di Milano nel 1973.
Massimo Iaretti
(foto archivio)