di Pier Franco Quaglieni
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La morte di Piero Ostellino, giornalista principe, priva il mondo della cultura, in particolare di quella liberale, di uno dei suoi protagonisti più importanti. E’ l’ultimo grande liberale insieme a pochissimi altri come Giuliano Urbani ,con cui Ostellino, insieme a Valerio Zanone, fondo’ il Centro Einaudi, destinato, quest’ultimo, via via ad allontanarsi sempre di più dagli obiettivi dei padri fondatori. Erano gli ultimi anni 60 e il liberalismo subalpino era prigioniero di visioni conservatrici molto limitate e viveva in contemporanea la crisi legata all’esplosione del ‘68 .Il giovane Ostellino, ben più di Zanone, era il maitre a’ penser a cui noi giovanissimi guardavamo .Una sorta di Gobetti ,ma molto più colto e maturo di quello vero già allora molto venerato più che studiato. Era un grande giornalista, ma era anche un uomo di studi severi. La sua cultura era ampia ed approfondita. Come altri giornalisti colti – penso a Bettiza e a Ronchey- aveva girato il mondo, era stato corrispondente del “Corriere “da Mosca e Pechino in anni cruciali. Aveva come direttore riportato all’onor del mondo il “Corriere della sera”, aprendolo anche a firme scomode come Dino Cofrancesco. Fu il vero superamento del degrado del giornale raggiunto con la direzione di Piero Ottone .
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Nel 2010 fu insignito del Premio Pannunzio e fu l’occasione per rinverdire un’amicizia nata tanti prima. Scrisse per un’antologia di scritti in mio onore pubblicati nel 2013 una splendida ed affettuosa prefazione. Venne a Torino al Consiglio Regionale a fare, su mio invito, nel 2012,una straordinaria lectio magistralis sulla cultura liberale . Il testo venne stampato e rappresenta una densa summa del suo pensiero politico. Pochi politici erano presenti, ma tanti docenti e giovani capirono il livello altissimo dell’oratore. Gli piacque che io avessi fatto aprire l’incontro con lui con l’Inno Nazionale, cogliendo anche il taglio risorgimentale del suo essere liberale. Di fronte ai neo falsi liberali che hanno studiato liberalismo al Cepu, Ostellino fu implacabile . E’ stato uno dei tanti torinesi importanti, come Soldati e Dionisotti, costretti ad emigrare oltre la Mole per veder riconosciute le proprie qualità .Una volta mi definì un eroe per essere restato a Torino. Provai un orgoglioso imbarazzo per quelle parole. Torino , città angusta e provinciale, non era fatta per Ostellino che trovo ‘ negli ultimi anni come interlocutore torinese soprattutto ,se non esclusivamente, il Centro Pannunzio. Era anche disgustato di questo paese e viveva sempre più spesso in Francia. Era un giornalista e un politologo di fama internazionale ,non poteva scodinzolare nei salotti e nei tinelli snob di Torino ne’ in quelli dell’Avvocato, ne’ in quelli molto peggiori dei nuovi notabili rozzi, arroganti, arricchiti che comandano in questa città . Ostellino amava la storia, prediligeva i temi alti e sempre meno persone si rivelavano in grado di capirlo, malgrado la chiarezza della sua prosa .Con la sua scomparsa sento che è mancato un fratello maggiore. Non riesco a scrivere di più perché la commozione prevale.
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