Un bel libro-guida da sfogliare e leggere per visitare il Piemonte nella stagione dei grandi colori.



Una duplice mostra è ospitata alla galleria d’arte Malinpensa by Telaccia, dedicata a Severino del Bono e Rabarama
Si intitola “Il luogo dell’anima” la mostra dedicata a Severino del Bono, ospitata alla galleria d’arte Malinpensa by Telaccia, insieme a quella dell’artista e scultrice Rabarama.
Cresciuto in un ambito familiare in cui si respirava già l’amore per l’arte, Severino del Bono si avvicina e apprende i metodi della tecnica pittorica grazie al fratello maggiore, pittore amatoriale. Era quello il tempo in cui sceglieva i colori per il fratello, un pittore amatoriale affetto da una forma di daltonismo. Ancora bambino iniziò a usare la pittura ad olio e, a partire dai vent’anni, si sarebbe immerso nella pittura, scegliendo la tecnica dell’acrilico su tela e sviluppando la sua continua e ossessiva ricerca estetica in campo figurativo.
Il suo stile risulta ispirato agli studi sulla luce caravaggesca e all’espressività di Francis Bacon.
Questa esperienza lo porterà a focalizzarsi, a partire dai primi anni Duemila, sulla figurazione, concentrandosi sulla trasfigurazione intellettuale dell’anatomia umana e inserendovi una vena intimistica.
Fondamentale nella sua opera la ricerca intorno al rapporto tra la natura umana e l’artificio tecnico, sulla perdita di identità provocata da metamorfosi bioniche cui sono sottoposti corpi e visi. L’artista utilizza cromie acide che veicolano un senso di irrealtà.
Sono i volti di giovani donne il soggetto prediletto da Severino Del Bono. Queste sono ritratte nell’immobilità ieratica di un algido realismo, ammantate dalla luce della grazia divina e capaci di emanare un’aura di immanente temporalità, che si richiama alla perfezione estetica delle divinità classiche.
Del Bono plasma i tratti fisiologici con la grande abilità escandisce i livelli di luce e ombra, definiti modulando i colori con un’abilità tecnica che nel tempo va perfezionandosi.
L’animo, la psiche e la sua tensione emotiva emergono dalle piccole alterazioni dell’espressione, dettate dalla contrazione delle labbra e dai solchi che solcano la pelle.
“Dietro agli occhi chiusi – spiega l’artista – c’è un chiudersi al di fuori e un aprirsi al dentro”.
Le sue donne danno vita a nuove modalità percettive. Che abbiano gli occhi chiusi o coperti da oggetti, le sue donne rappresentano un tentativo di sfuggire dalla realtà, attraverso l’introspezione e fuggendo dal caos quotidiano. Nei suoi ritratti l’artista coglie un luogo in cui è possibile una silenziosa introspezione.
Lo sguardo delle sue “Dee bendate” viene nascosto e sostituito da vari oggetti simbolici che appaiono in continua metamorfosi e risulta pervaso da una fantasia inesauribile e da una capacità di ispirazione costante in cui lo sfondo dell’opera non invade mai il soggetto, creando un’atmosfera assoluta e una resa prospettica di grande effetto.
Severino Del Bono, servendosi della tempera acrilica su tela, con una magistrale stesura, crea volti di donne iconiche espressi con buon gusto e con una carica emotiva di intenso dialogo pittorico. Le sue immagini sono ironiche e giocate da emozioni e sensazioni continue attraverso le quali Del Bono evidenzia uno stile inconfondibile.
La mostra “Il luogo dell’anima” è ospitata presso la galleria d’arte Malinpensa by Telaccia dal 4 al 15 ottobre prossimi.
MARA MARTELLOTTA
Galleria d’arte Malinpensa by Telaccia
Corso Inghilterra 51.
Orario 10.30-12.30 16-19.
Chiusura il lunedì e i giorni festivi.
Tel 0115628220.
Aprirà al pubblico domani, sabato 1° ottobre, al Museo Storico Nazionale d’Artiglieria presso l’antico Mastio della Cittadella, la mostra Frida Kahlo – Il Caos Dentro. L’esposizione dedicata alla grande pittrice messicana scomparsa 67 anni fa, prodotta da Navigare srl, rappresenta il primo Progetto di valorizzazione da parte di Difesa Servizi S.p.A., società in house del Ministero della Difesa, con lo scopo di rendere fruibile al cittadino l’importante patrimonio storico – culturale dei Musei Militari italiani.
Questa mattina, alla presenza del Generale di Divisione Mauro D’Ubaldi – Comandante della formazione e della scuola di applicazione dell’Esercito, di Luca Andreoli, Direttore Generale di Difesa Servizi Spa, del Console del Messico Alessandra Giani e di Gerardo Demo, Direttore del Museo Mastio della Cittadella, si è svolta la conferenza stampa di presentazione della mostra che ha svelato i contenuti della rassegna disposta su oltre 3.000 metri quadri, occupando tre piani della fortezza sabauda.
“La mostra Frida Kahlo Il Caos Dentro che si inaugura al Mastio della Cittadella , un luogo magico per la città di Torino – ha spiegato il curatore dell’esposizione, Vincenzo Sanfo -, racconta tutto il percorso della vita di Frida Kahlo attraverso una serie di opere uniche, straordinarie, tra cui il dipinto realizzato nel 1938: La ragazza con l’aeroplano, un’opera particolare e di grande significato nella storia di Frida Kahlo, per arrivare fino ai rapporti con Massimiliano d’Austria, alla rivoluzione messicana, gli abiti, la vita, la storia , gli amori di una delle icone del nostro tempo“.
Curata da Vincenzo Sanfo, Maria Rosso, Antonio Toribio Arévalo Villalba, Milagros Ancheita, Alejandra Matiz e Sergio Uribe, la mostra presenta per la prima volta una innovativa area multimediale divisa in 4 sezioni tematiche: La colonna spezzata, con installazione in 3D; Il viaggio infinito, con nature morte e ritratti; Querido doctorcito, proiezione olografica di Frida in scala reale; e Frida privata, selezione di fotografie stereoscopiche che vedono protagonista Frida negli aspetti più intimi della sua quotidianità, ritratta dal celebre gallerista d’arte americano Julien Lévy che conobbe Frida a New York, diventandone amante negli anni ’30.
Frida Kahlo – Il Caos Dentro raccoglie riproduzioni di numerosi dipinti custoditi soprattutto nei musei di Città del Messico e di New York, ma anche un’opera originale di Frida: il delicato autoritratto Piden Aeroplanos y les dan Alas de Petate (1938). Preziosa è anche la sezione fotografica, nella quale si segnalano gli scatti del noto fotografo colombiano, Leo Matiz, intimo amico di Frida, ma anche quelli di altri celebri “sguardi” del suo tempo, tra i quali: Nickolas Muray, Carl Van Vechten, le fotografe Lucienne Bloch, Imogen Cunningham e Lola Álvarez Bravo, della quale si osserva una particolare immagine di Frida Kahlo sul letto di morte.
La mostra è realizzata con il patrocinio di Regione Piemonte; Comune di Torino; Ambasciata del Messico in Italia; CCIAA di Torino; Consolato del Messico a Torino; Consolato del Messico a Milano; Camera di Commercio italiana in Messico, in collaborazione con il Museo Storico Nazionale d’Artiglieria di Torino, Difesa Servizi. La mostra sarà aperta dal lunedì al venerdì ore 9:30 -19:30 e sabato, domenica e festivi ore 9:30 – 21:00. Info, prenotazioni e costi biglietti: https://mostrafridakahlo.it/
La X edizione della fiera dove l’arte è tutta contemporanea, annuncia le novità e i progetti
La manifestazione, in programma dal 3 al 6 novembre 2022, propone le opere di un selezionato gruppo di gallerie sia italiane che straniere e sviluppa, nell’ambito del tema he.art, diversi progetti che animeranno Flashback Habitat, la nuova sede in Borgo Crimea.
Il progetto, con la direzione artistica di Alessandro Bulgini, concretizza l’intento già sviluppato di far entrare l’arte nella quotidianità di ciascuno di noi e di ridare vita a quanto è stato ignorato, trascurato, siano esse opere, luoghi o persone. Con la creazione di Flashback Habitat si innesca un processo di riqualificazione urbana in Borgo Crimea che ha l’obiettivo di rigenerare più di 20.000 mq di spazio attualmente in disuso dato in concessione all’Associazione e immerso in una grande e potente area verde.
Il termine habitat indica il posto in cui “abitiamo”, viviamo e cresciamo, quel luogo inserito in un ecosistema dove interagiamo tra di noi e l’ambiente che ci circonda; Flashback Habitat è quindi l’ambiente dedicato all’arte e alla cultura dove sviluppiamo la nostra creatività e troviamo quel nutrimento essenziale per l’anima, un luogo parte di un ecosistema aperto. L’idea di base dell’hub è di ospitare progetti che possano spaziare tra le arti contemplando l’interazione tra le culture, attraverso la multidisciplinarietà, di creare un luogo dove fruire contenuti, crearne e imparare, dove incontrarsi, discutere e far vibrare energie creative, anche dedicando un’area all’incontro, alla ristorazione e all’acquisto e consultazione di libri.
Sara Lisanti, protagonista di una personale che si inaugura alla libreria Belgravia il 3 ottobre prossimo, salernitana di nascita, risulta un’artista poliedrica, che affianca alle sue opere una specializzazione come trapezista, avendo frequentato la scuola torinese Flic.
L’artista, che ha realizzato opere utilizzando materiali quali il calco di gesso, non si sente totalmente consapevole in merito alle origini della sua arte e non è neanche del tutto convinta che si tratti di vera e propria arte. La considera, piuttosto, un residuo di emozioni che percorrono l’anima e si depositano in una sorta di scrigno. La sua espressione artistica rappresenta, per lei, una cicatrice dell’anima, analogamente a quando il corpo umano viene trapassato da una freccia.
“Suppongo – afferma Sara Lisanti – che questo residuo di emozioni si sia iniziato a sviluppare già al momento della nascita della mia anima quando essa, vergine, ha iniziato a sporcarsi, spaccarsi, ritirarsi, darsi, sporcarsi, spaccarsi, darsi, ritirarsi. Indurirsi.
Le mie opere sono la voce del mio malcontento e rappresentano il racconto della componente che in me “muore” piuttosto che quella che in me vive”.
L’artista ritiene che sia sempre presente un’orma, un’ombra di cordoglio ogni volta che ci si racconta attraverso l’arte”.
In modo originale Sara Lisanti definisce l’essere umano come una “teca di souvenir”, con il passato che, per non essere opprimente, richiede di venire metabolizzato.
La sua attività di artista contemporanea risulta fortemente legata alla sua arte quale trapezista; infatti Sara Lisanti esprime nelle sue opere una concezione del corpo che ella definisce quale “dimora dell’anima cui sono appesi i due occhi che rappresentano lo specchio della spiritualità dell’artista”.
Corpo e anima paiono costituire un tutt’uno, in cui il primo divora la seconda e questa, a sua volta, diventa una sorta di tempio. E, come in tutti i templi, ci si immola e si offrono sacrifici.
Tra le opere più significative dell’artista figura quella intitolata “Clown destino”, che rappresenta una sorta di riconoscimento ironico e, al tempo stesso, doloroso che l’artista riversa nella sua creazione. La lampadina rossa ricorda il naso del clown e il bianco il caso che è presente all’interno del destino, ineluttabile e illeggibile. È un’opera ironica anche nel nome ma,contemporaneamente, capace di denunciare una grande inquietudine da parte dell’artista nei confronti del futuro.
Sprigiona un’energia malinconica simboleggiata dal colore rosso acceso del naso.
Si tratta dello stesso naso rosso che, all’interno di un’altra opera concettualmente compresa in “Clown destino”, si trasforma sia in una sorta di energia solare votata al rispetto e alla protezione dei sentimenti più puri e della propria interiore fragilità, che emerge nel momento in cui ci si libera della propria maschera.
Molto evocative sono le opere comprese all’interno di un concetto chiamato dall’artista “amoreux”. Attraverso lo scotch, utilizzato per creare queste forme antropomorfe, simili a piccoli infantibisognosi di protezione, si ricerca un modo per mantenersi sempre integri, di fronte, comunque, all’inevitabilità del destino umano.
È inoltre una dichiarazione d’amore verso l’intima fragilità, concetto simile all’opera a tutto corpo dell’artista, con un cuore che si mostra al pubblico all’esterno del corpo stesso e, quindi, esposto a possibili ferimenti.
Mara Martellotta
Venerdì 30 settembre ore 17
I RONDONI PALLIDI DI PALAZZO MADAMA: BIODIVERSITÀ, RICERCA E TUTELA
Palazzo Madama – incontro in occasione della Notte dei Ricercatori (cs in allegato)
Sabato 1 ottobre ore 16
IL PRIMO INCONTRO CON LA CINA. Andrea Cavazzuti e Olivo Barbieri in dialogo.
MAO – incontro nell’ambito della mostra 稍息 Riposo! Cina 1981-84
Modera Stefania Stafutti, Università degli Studi di Torino
Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.
Domenica 2 ottobre
稍息 RIPOSO! CINA 1981-84. Fotografie di Andrea Cavazzuti
MAO – chiude la mostra
Lunedì 3 ottobre ore 18
GIÙ I MONUMENTI? UNA QUESTIONE APERTA
Palazzo Madama – presentazione del volume di Lisa Parola (cs in allegato)
Martedì 4 ottobre ore 16
CORSO DI FORMAZIONE DI CULTURA MATERIALE DELL’ASIA
MAO – progetto di collaborazione fra il MAO e StudiUm, il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino (cs in allegato)
Fino al 2 ottobre
“Figlio dei miei tempi e allenato com’ero a cercare oltre gli stereotipi anche in patria, fotografavo una Cina non vista e, quel che è peggio, nemmeno immaginata, quindi invisibile…La Cina mi si presentava come uno straordinario bazar di oggetti, scene e comportamenti non omologati tra i nostri cliché culturali. Per me era irresistibile: gli oggetti in vista, la totale mancanza di privacy, le attività umane messe in scena su un palcoscenico sempre aperto, il paradiso del fotografo”: le parole sono di Andrea Cavazzuti, fotografo filmaker e sinologo milanese, residente in Cina dai primi anni Ottanta e, fino al 2 ottobre prossimo, ospitato al “MAO-Museo d’Arte Orientale” di Torino con una settantina di immagini in bianco e nero, scattate nella Cina degli anni compresi fra l’’81 e l’’84, dialoganti per l’occasione con alcune opere delle collezioni museali. Una Cina in attesa. Paese del dopo Mao e del fallimento della sua “Rivoluzione Culturale”, la Cina dalla “politica delle porte aperte” di Deng Xiaoping “capo architetto” della riforma economica cinese. La Cina della speranza. Di un futuro di passaggio dall’estrema povertà e dai profondi conflitti sociali ad una delle economie dalla più rapida crescita al mondo, senza che il Partito perdesse il controllo sul Paese. Ancora relativamente lontane la protesta ed il massacro di piazza Tienanmen. Con il termine “稍息Riposo”, spiega Davide Quadrio, direttore del “MAO” e curatore della mostra, insieme a Stefania Stafutti, direttrice di parte italiana dell’“Istituto Confucio” dell’Università di Torino e docente ordinaria di “Lingua e Letteratura cinese” del Dipartimento di Studi Umanistici, “abbiamo tradotto gli ideogrammi con cui si invitano i bambini a fermarsi alla fine delle attività ma indicano anche l’attesa, l’aspettare”. Promossa dall’ “Istituto Confucio”, la mostra inaugura una nuova fase di collaborazione fra il Museo di via San Domenico e l’Ateneo torinese, che coinvolgerà in particolare le discipline di studio sull’Asia, con un ampio ventaglio di proposte culturali e formative. “La fotografia, meglio di altri strumenti – sottolinea Stefania Staffuti – restituisce il clima della Cina di quegli anni: un paese ancora povero, ma affacciato su un futuro denso di speranza e animato da un entusiasmo che fa di quel periodo uno dei momenti più interessanti e, a mio avviso, più belli della storia recente di questo complesso paese”.
Donne che rendono omaggio a una gigantesca statua nella provincia di Henan, culla della civiltà cinese, un monaco in meditazione, fanciulle che sorridono felici portando in giro, mano nella mano, abiti di foggia “occidentale d’antan”, uomini – giovani e anziani – che fanno comunella e bevono sorridenti in un pubblico locale: è una Cina “a viso aperto” quella cristallizzata negli scatti di Cavazzuti, una Cina che “mette in piazza”, anche con un’ingente dose di senso dell’umorismo da parte del fotografo, i suoi giganteschi cambiamenti, un Paese che forse non esiste più, ma che è indispensabile conoscere per comprendere la storia e la personalità del “colosso mondiale” di oggi. Lo sguardo dell’artista, affermano i curatori, “è quello di uno straniero senza arroganza: la nostalgia gratuita è messa al bando, così come la trita ricerca dell’esotico. L’occhio di Cavazzutti coglie bellezza, comicità, fascino e stranezze con la freschezza del primo incontro”.
La mostra è completata dalla proiezione di tre docufilm: “Nati a Pechino”, di Olivo Barbieri, Andrea Cavazzuti e Daria Menozzi, 1995; “Bambini” (“Fictional Kids”), di Andrea Cavazzuti, 2000 e “The Warehouse”, titolo originale 臆想仓库, di Andrea Cavazzuti, 2018.
Sabato 1 ottobre, ore 16, al “MAO”, si terrà un vis à vis fra i due fotografi d’alta scuola, Andrea Cavazzuti e Olivo Barbieri su “Il primo incontro con la Cina”. Moderatrice, Stefania Stafutti. Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.
Gianni Milani
“稍息 Riposo! Cina 1981-84”
“MAO-Museo d’Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it
Fino al 2 ottobre
Orari: dal mart. alla dom.10/18
Nelle foto:
– Qingdao, 1981
– Suzhou, 1983
Riprende l’attività con una mostra a ingresso libero, dedicata alla socia pittrice
Si inaugura martedì 4 ottobre prossimo, alle 18, alla Promotrice di Belle Arti di Torino, la mostra dedicata alla socia pittrice Angela Betta Casale. Si intitola “La strada verso l’altrove”, un viaggio immaginario e, al tempo stesso, immaginato. Sarà visitabile dal lunedì al sabato dalle 15.30 alle 19.30, presso la Giardineria Reale al Circolo degli Artisti, in corso San Maurizio 6, a Torino.
Ingresso libero.
Sabato 15 ottobre, sempre alle 16, si terrà la presentazione del libro curato e illustrato dall’artista, dal titolo Città immaginarie e immaginate”.
MARA MARTELLOTTA
Il Circolo degli Artisti di Torino
La Giardineria Reale. Corso San Maurizio 6
10124 Torino
Tel 0118128718
www.circoloartistitorino.it
Dopo il successo della X edizione, The Others Art Fair torna dal 3 al 6 Novembre 2022 nel Padiglione 3 di Torino Esposizioni portando in città un dibattito sempre più inclusivo nel mondo dell’arte, in un confronto tra artisti di generazioni e provenienze differenti, all’insegna della sperimentazione dei linguaggi.
È questo il cuore pulsante di The Others 2022, un intreccio di diversi punti di vista ed espressione di un mondo in costante cambiamento a cui la fiera – fondata da Roberto Casiraghi con Paola Rampini – dà forma concreta attraverso la costruzione di un nuovo spazio espositivo e originale: un display a forma di labirinto.
Un archetipo di complessità e smarrimento ma anche metafora di sfida e astrazione dal mondo, in cui ogni progetto proposto da gallerie o artist run space risulta centrale e non periferico.
Il labirinto sarà così animato da spazi non profit, giovani gallerie e artist run space – da sempre fulcro della manifestazione e trend-setter capaci di anticipare e influenzare il futuro – ma anche gallerie dell’establishment che propongono il lavoro di giovani artisti.
«La scelta del labirinto non deriva soltanto dalla voglia di sperimentazione rispetto alla classica struttura a griglia – commenta Lorenzo Bruni, direttore artistico della fiera – ma soprattutto dal fatto che l’anima di The Others è quella di una piattaforma democratica. Di conseguenza punta a creare un percorso di visita in cui non esiste una posizione svantaggiata rispetto ad un’altra. Creare un display a labirinto vuol dire fuoriuscire dalla logica di inizio e fine di un percorso, per facilitare il concetto dello stare, del condividere, del vivere un’esperienza. L’idea del labirinto, in questo caso, non rimanda al tema del perdersi, bensì all’idea di ritrovarsi in una nuova comunità che si spera non termini con la fine della fiera ma porti a realizzare nuove connessioni». In una società confusa ma implacabile, l’arte mostra la via e il visitatore viene così preso per mano e condotto verso una nuova consapevolezza.
L’undicesima edizione di The Others affronta i più importanti temi d’attualità attraverso i progetti artistici presentati; un’anticipazione è il lavoro dell’artista ucraina Ira Lupu (presentata dalla galleria londinese Darling Pearls & Co.) che accende i riflettori sul rapporto paradossale tra intimità e distanza, connessione e disconnessione, corpo fisico e corpo elettronico raccontato attraverso le esperienze di un gruppo di lavoratrici del sesso online ucraine.
Il board curatoriale di The Others 2022, ancora una volta al femminile, è composto quest’anno da Daniela Grabosch, artista tedesca attiva a Vienna particolarmente attenta alla cultura performativa, da Lydia Pribisova, curatrice alla Kunstalle di Bratislava e redattrice per l’edizione dell’est Europa di Flash Art, e da Marta Orsola Sironi, impegnata sia nella programmazione di co_atto uno spazio non profit a Milano, sia in progetti nomadici che indagano la stretta relazione tra giustizia ambientale e sociale e il femminismo intersezionale.
The Others si riconferma come una piattaforma di incontro e di scambio dal mondo, in merito a quelle che sono le priorità attuali del sistema dell’arte, distinguendosi per la sua vocazione provocatoria, eccentrica e internazionale capace di catalizzare e sprigionare ogni anno nuova energia creativa.
Presentato nella Sala delle Feste di “Palazzo Madama”, il nuovo volume del giornalista e storico Paolo Possamai
Ai piedi dell’altopiano carsico, Trieste è la capitale mitteleuropea per eccellenza, magico punto d’incontro fra la cultura italiana, quella slava e quella tedesca. E’ la città di Svevo, di Saba e dell’irlandese Joyce (che qui visse per sedici anni e qui scrisse e pubblicò tutte le sue opere giovanili), città della Barcolana, “città della bora”, città “inventata” da Maria Teresa d’Austria che a metà Settecento volle farne il porto dell’Impero e città dai celeberrimi Caffè storici, primo fra tutti il “Caffè degli Specchi” (dove esordì come direttore d’orchestra Franz Lehar), nel suggestivo salotto della piazza Unità d’Italia, affacciata al Golfo con vista sul Castello di Miramare e incastonata in un anfiteatro di mirabili architetture, storia e atmosfere ancorate ai fasti dell’Impero Asburgico. Una storia, quella della “piccola Vienna sul mare” tutta legata ai traffici e ai commerci marittimi con l’Oriente. “Una storia rivendicata ogni dove, sui palazzi dei mercanti e delle pubbliche istituzioni, ma anche sui teatri e sugli alberghi con le facciate ricoperte da bassorilievi, i tetti abitati da centinaia e centinaia di statue, i portoni istoriati, i soffitti affrescati sempre con dèi e miti che richiamano all’identità laica, civile, imprenditoriale della città. Una fitta trama di simboli, metafore, allegorie, dalla mitologia con Mercurio (divinità del guadagno e del commercio e..dei ladri), Nettuno (dio dei mari e delle correnti), Ulisse, Giasone e Venere, fino al taglio dell’istmo di Suez”. A parlare è Paolo Possamai, giornalista e scrittore vicentino (una lunga importante carriera giornalistica e di scrittura storica alle spalle), ed oggi direttore di “Nordest Economia”, che nei giorni scorsi è stato ospitato in “Palazzo Madama” a Torino per la presentazione del suo ultimo libro, dedicato per l’appunto a Trieste (e al disvelamento di questa città tanto bella quanto “bizzarra”) dal titolo intrigante di “Nettuno e Mercurio. Il volto di Trieste nell’ ‘800 tra miti e simboli”, Marsilio Editore. L’appuntamento fa parte del ciclo “Monumenta Italiae. Quattro incontri per un patrimonio”, in collaborazione con l’“Associazione Amici della Biblioteca d’Arte dei Musei Civici di Torino – Fondazione Torino Musei”. Dalle pagine di Possamai emerge il volto urbano di una delle città tra le più affascinanti ed atipiche, raccontato per la prima volta attraverso una narrazione mitologica e fotografie inedite realizzate da Fabrizio Giraldi e Manuela Schirra, per spiegare uno degli episodi urbani più significativi del neoclassicismo in Europa. La prefazione è a cura dello storico dell’arte, Giuseppe Pavanello.
Dopo l’incontro con Paolo Possamai, i prossimi appuntamenti di “Monumenta Italiae”, in “Palazzo Madama”, si terranno lunedì 3 ottobre (ore 18) con Lisa Parola, storica dell’arte, autrice di “Giù i monumenti? Una questione aperta” edito da “Einaudi” e lunedì 10 ottobre (ore 18) con Renzo Villa e Giovanni Carlo Federico Villa, direttore di “Palazzo Madama” e docente presso le Università di Bergamo e Udine, autori di “Statue d’Italia. I. Storia della statuaria commemorativa pubblica dal Risorgimento alla Grande Guerra”, per “Silvana Editoriale”.
g.m.
Nelle foto:
– Paolo Possamai
– Cover libro