ARTE- Pagina 73

“Hic sunt dracones”… là dove l’arte è tutta da scoprire. Ultimo giorno

Alla GAM di Torino le opere di Chiara Camoni e dell’“Atelier dell’Errore”

Dal 3 novembre al 12 marzo 2023

Arte moderna. Contemporanea. Forse. O forse no. Forse, arte antica. Antica ancor di più di quella “consacrata” come antica. Graffiti. Accumuli di graffiti. Accumuli di segni e colori che esplodono in casuali informalità. Volontà di evasione. Di distruzione. E ricostruzione. Lavori su cui perdersi in intrecci labirintici dal  bandolo difficile da sbrogliare. Ma lavori che ti tengono lì, in sospeso, per lasciarti senza parole. Né esatte spiegazioni. Solo dubbi. Pur se benefici. Dubbi benefici aperti a interpretazioni mai certe ma capaci di vincolarti emotivamente, e a doppio filo, all’opera che hai davanti. Che è arte senza tempo. Senza un perché. In continuo divenire. Significativo, in tal senso, lo stesso titolo dato alla rassegna presentata alla “GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea” di Torino da giovedì 3 novembre a domenica 12 marzo 2023“Hic sunt dracones” (dal latino, “Qui ci sono i draghi”) o “leones” “leoni”), espressione tecnicamente associata alle carte geografiche antiche per indicare le zone ancora inesplorate dell’Africa. Spazi sconosciuti. Immaginari e misteriosi. Realtà altre.

In cui ben si ritrovano, per narrazione e linguaggio, i lavori di Chiara Camoni (origini piacentine, oggi operante e residente sulle colline della Versilia) e del collettivo “Atelier dell’Errore” (nato tredici anni fa a Reggio Emilia come laboratorio di arti visive a sostegno della Neuropsichiatria infantile), messi a confronto nelle sale della “GAM” con la curatela di Elena Volpato“L’esposizione – scrive Elena Volpato –   riconosce la presenza di un pensiero metamorfico nell’arte contemporanea o, quanto meno, nei suoi territori più fertili, quelli distesi a cavallo del suo confine estremo, dove i cartografi un tempo avrebbero lasciato scritto il loro avvertimento e disegnato draghi d’ogni specie e forma”. Pensiero metamorfico come “pensiero che giunge da fuori, come un soffio d’ispirazione, che modifica la natura di colui che lo accoglie e gli dona la capacità di leggere simbolicamente, in filigrana, ogni aspetto del reale; di guardare ogni forma nella sua continua possibilità di trasformazione e analogia con altre forme.

Significa saper guardare una cosa, riconoscerla, e allo stesso tempo vedere in essa anche ciò che solo apparentemente non è. È un pensiero che genera draghi e, allo stesso modo ispira opere che rifuggono da ogni classificazione, che esorbitano da ogni griglia, che tengono insieme più immagini, più tempi, più momenti”. E i più svariati materiali: terrecotte, lana di pecora (“Le leonesse”), ferro, legno, erbe e fiori secchi, ma anche ceramica, porcellana terzo fuoco, ottone, rame, argento, vetro e molt’altro ancora. Le opere della Camoni rifuggono da ogni griglia o classicazione e sono create a partire da oggetti trovati o da materiali naturali in un “processo di sorellanza” in cui vengono artigianalmente coinvolte numerose persone, in una sorta di “comunità temporanee di condivisione spaziale, emotiva e spirituale”. Lavorare al di fuori delle regole, del pensiero comune, dell’artistically correct: Camoni e l’“Atelier dell’Errore”, lavorano in tal senso in modo parallelo, sotto la guida della stessa visionarietà creativa. L’alterità, la loro stella polare. “L’‘Atelier dell’Errore’ – spiega ancora Elena Volpato – lo fa per costituzione, raccogliendo sotto la direzione di Luca Santiago Mora la maestria di giovani artisti, con tratti neurologici atipici, con una naturale predisposizione al soffio errante di quella che gli antichi chiamavano follia: forma principe del pensiero metamorfico.

Chiara Camoni è invece in naturale connessione con principi altri rispetto a ogni nostra ortodossia culturale, è legata alle matrici del prima. Depone la tradizione degli antichi maestri per ricordare gesti creativi ancor più antichi, iscritti nelle nostre origini, così come nella natura”. In occasione della mostra, venerdì prossimo 4 novembre (ore 10,30), si terrà alla “GAM”, la performance “La Distruzione Bella” realizzata da Chiara Camoni e dal suo “Centro di Sperimentazione”. Il lavoro vedrà la fusione di gioielli e piccoli oggetti in metallo per creare un passaggio dalla forma all’informe e dare vita a nuove sculture gioiello. Il pubblico è invitato a intervenire con bijoux, piccoli oggetti in metallo, qualche pezzo di argenteria per vedere il proprio oggetto cambiare sotto l’azione del fuoco in un processo di metamorfosi e ricomposizione. Seguirà colazione.

Gianni Milani

“Hic sunt dracones””GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea”, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it

Fino al 12 marzo 2023

Orari: mart.-dom. 10/18, chiuso il lunedì

Nelle foto:

–       Atelier dell’Errore: “Black Atlas”, video, 2021, Ph. Roberto Marossi

–       Chiara Camoni: “Le leonesse”, part., terracotta, lana di pecora, Ph. Luca Vianello e Silvia Mangosio

–       Atelier dell’Errore: “Volpe Ganesha colorata”, tecnica mista, 2021, Ph. Roberto Marossi

–       Chiara Camoni: “La Distruzione Bella”, video still, 2022

“Monogatari”. Al “MAO” l’“intima” videoinstallazione dell’artista Massimo Grimaldi

Dal 9 marzo al 7 maggio

“Monogatari”: dal giapponese ( 物語 ) all’italiano “Racconto”. E’ questo il titolo della videoinstallazione realizzata da Massimo Grimaldi (classe 1974, tarantino d’origine ma residente e operante a Milano) e prodotta dall’Associazione “Snaporazverein” in collaborazione con “Zero…, Milano”, che inaugura, giovedì 9 marzo e fino a domenica 7 maggio, il quarto appuntamento del ciclo di performance che “abitano” il “t-space X MAO”. Su due schermi appaiati, l’opera proietta un reportage fotografico realizzato in Giappone tra il 2017 e il 2018, dove l’artista ha vissuto per alcuni mesi grazie al premio “On Demand by Snaporazverein”.

Durante il soggiorno a Tokyo, Kyoto e Osaka l’artista ha potuto approfondire la conoscenza di una cultura che, nel suo rigore formale e nelle sue strutture simboliche, sente come elettivamente affine. Scopo dell’opera non è tanto il “narrare una storia”, quanto piuttosto rendere visibile “quell’intimo legame che si produce con un luogo – e con le persone che lo abitano – quando è finalmente superata la presunzione di averlo già compreso e di saperlo descrivere”. Secondo Grimaldi “non può mai davvero essere raccontato il fascino di un paesaggio che appare nuovo ed esotico: è sempre quest’ultimo a raccontare la fascinazione di chi lo guarda”. Il lavoro compiuto dall’artista è dunque da considerarsi come una sorta di “costruzione affettiva”, al pari di quanto realizzato in passato con i reportage fotografici sugli ospedali della “ONG EMERGENCY”, che prima ancora di descrivere la loro attività erano soprattutto degli “autoritratti” del modo con cui l’artista si relazionava ad essi, alle loro persone, ai loro paesaggi.

La videoinstallazione di Grimaldi si arricchisce inoltre, nello spazio espositivo del “MAO”, della contestuale presenza dell’artista di “ikebana” o “kadō”  (“via dei fiori”) Nami Kodama che, sovrapponendo la propria silhouette alle immagini proiettate, “ne rifrange e ne stratifica ulteriormente la percezione”. Di tutto rispetto è il curriculum espositivo di Massimo Grimaldi che nel 2009 ha esposto anche al “Castello di Rivoli”. A seguire ricordiamo anche la sua presenza al Museo di “Villa Croce” a Genova (2012), alla “Team Gallery” di New York (2011/2013), al “West The Hague” a L’Aia (2014) e, più volte, a “ZERO…,” Milano. Le sue opere sono state presentate anche in numerose mostre collettive, fra cui “Italics” a Palazzo Grassi, Venezia, “MCA”, Chicago (2008-2009), e la “50ma Biennale di Venezia” (2003). Nel 2009 Grimaldi ha vinto anche il concorso internazionale “MAXXI 2per100”, utilizzando il premio per la costruzione del “Centro Pediatrico” di EMERGENCY a Porto Sudan.

Come di consueto, nello spazio del “t-space” al “MAO” i visitatori potranno anche gustarsi una tazza di tè selezionato da Claudia Carità (“The Tea Torino”) che, per l’occasione ha scelto “tè verde Genmaicha” o “tè di riso integrale”, ottenuto con il tè verde e il riso tostato,  conosciuto anche come “tè del popolo”, poiché il riso serviva da riempitivo e riduceva il prezzo del tè, rendendolo storicamente più disponibile per i giapponesi più poveri. Scelto come bevanda durante i periodi di digiuno anche religioso, tè e riso erano combinati nella proporzione di 1:1. Oggi il “Genmaicha” è apprezzato da tutti i segmenti della società non solo giapponese e il successo di questo tè è anche la risposta all’estro dei produttori che riescono a modulare la complessità aromatica dell’infuso finale scegliendo tra le migliori qualità di tè verde e di riso, oppure addizionando “matcha” o “mocha” (“tè sfregolato”) – varietà di tè verde originaria della Cina imperiale usata durante la dinastia “Sui” – per ottenere l’espressione in tazza del ricercato “umami” o “quinto senso”, gusto delizioso al sapore del glutammato, capace di diffondersi in tutta la bocca, persistente e lievemente acido.

Gianni Milani

“Monogatari”

MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/443693 o www.maotorino.it

Fino al 7 maggio

Orari: mart. – dom. 10/18

Nelle foto:

–       Massimo Grimaldi: alcune immagini della videoinstallazione “Monogatari”

Picasso a Torino: “Il carnet de la Californie”

Inaugurazione venerdì 10 marzo prossimo

In programma allo spazio espositivo della galleria d’arte Elena Salamon in via Torquato Tasso 11

 

Inaugura venerdì 10 marzo prossimo una mostra dal titolo Il Carnet de la Californie di Pablo Picasso, presso la Galleria d’Arte Elena Salamon, in via Torquato Tasso 11, presso la piazzetta IV Marzo.

Le litografie del raro “Carnet de la Californie” di Pablo Picasso (25 ottobre 1881-8 aprile 1973) saranno esposte fino al 29 aprile prossimo, in concomitanza con la celebrazione del cinquantenario della morte di Pablo Picasso, spirito ribelle e geniale, icona della cultura mondiale.

“Ho ritenuto doveroso omaggiare una delle menti più brillanti del XX secolo – spiega la gallerista Elena Salomon – proponendo alcune variazioni sul tema eseguite dal maestro in sole dieci settimane.

Fu profondo il legame di Pablo Picasso con la Costa Azzurra, tanto che egli acquistò una maestosa villa in stile Art Nouveau sulle alture di Cannes, nel quartiere La Californie.

Qui abitò con la sua nuova compagna Jacqueline Roque.

Nell’immenso e luminoso salone, le cui grandi finestre si aprivano su di un giardino particolarmente lussureggiante, il maestro creò il suo atelier.

Le opere in mostra fanno parte del “Carnet de la Californie”, un taccuino di disegni eseguiti in sole dieci settimane tra il novembre 1955 e il 14 gennaio 1956. Furono trasposti in litografia da Mourlot.

Furono settantacinque giorni in cui Picasso creò delle variazioni dei paesaggi d’interni, quindici disegni che ritraevano l’interno del suo studio, sette ritratti di Jacqueline Roque, in veste da odalisca, e tre citazioni di antichi maestri.

Mara Martellotta

 

“Marilyn oltre Marylin” Un incontro a “CAMERA” sulla donna e sulla diva, nelle fotografie di Eve Arnold

Giovedì 9 marzo, ore 18,30

Lavoratrici, madri, bambine, dive, suore, modelle e studentesse: la fotografia di Eve Arnold (Philadelphia, 1912 – Londra, 2012), vera e propria leggenda dell’arte fotografica del XX secolo  – e prima donna dal 1951 a far parte, insieme all’austriaca Inge Morath, della prestigiosa “Magnum Photos”- è a tutti gli effetti un inno all’emancipazione femminile. A lei, “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” di Torino dedica, fino al prossimo 4 giugno, una grande retrospettiva curata da Monica Poggi ed articolata in ben 170 immagini realizzate fra il 1950 e il 1980, in cui occupano un posto di primissimo piano i numerosi servizi che la portarono sui set di film indimenticabili per ritrarre le grandi star del periodo, da Marlene Dietrich a Joan Crawford, fino a Orson Welles e a Marilyn Monroe. Scatti incredibili in cui Eve riesce totalmente a mettere in pratica, nella cristallizzazione di volti più o meno celebri (come in quelli assolutamente sconosciuti), ciò che voleva fortemente ottenere con un semplice clic: conoscere, capire e raccontare.

L’immagine reale e l’anima. Un intento che la porta a stringere incontri di forte empatia con i soggetti da immortalare e che diventano occasione di legame e amicizia davvero profonde con la grande Marilyn, Norma Jeane Mortenson Baker da Los Angeles. Parte di qui l’idea da parte dei responsabili del “Centro” di via delle Rosine 18, a Torino, di dedicare il primo incontro del ciclo de “I Giovedì in CAMERA 2023” (appuntamenti che si sviluppano nell’arco dei mesi di mostra per raccontare la figura di Eve Arnold) proprio alle immagini scattate dalla fotografa americana alla Monroe, diva e icona sempre assolutamente capace di ispirare artisti e fotografi, ma che negli scatti esposti si mostra in uno “spaccato inedito”, quello dell’attrice e della donna che va oltre la diva. “Marilyn oltre Marilyn”. Del resto, fu proprio lei ad  avvicinare la fotografa ad un party nel 1954, dicendole “Se sei riuscita a fare così bene con Marlene (Dietrich), riesci a immaginare cosa potresti fare con me?”. Nel corso dei dieci anni successivi, lavorano insieme in sei diverse occasioni. Gli scatti più noti sono quelli realizzati sul set del film “Gli spostati” (1961), dove Arnold rimane più di due mesi su richiesta della stessa Monroe. Al momento del suo arrivo, l’attrice è appena uscita dall’ospedale per un’overdose, il suo matrimonio con Arthur Miller sta naufragando e il caldo torrido del Nevada rende le riprese ancora più difficili. Uno degli scatti più toccanti la raffigura assorta nel ripetere le sue battute davanti al brullo deserto del Nevada. “Il contrasto morbido dell’immagine crea un velo di silenzio e malinconia. Arnold ha colto l’attrice spogliata di ogni finzione, mostrandone l’umanità e la vulnerabilità”.

 

Protagonista dell’incontro a “CAMERA” sarà Giulia Carluccio, prorettrice dell’Ateneo torinese (dove insegna “Cinema, Fototografia, Televisione e Media Audiovisivi”) fra le maggiori studiose della figura di Marilyn Monroe, che, insieme a Monica Poggi, curatrice della mostra, rifletterà sugli intrecci che la vita e le opere di queste due donne formano con la letteratura, il cinema e la fotografia.

L’incontro è organizzato in collaborazione con “Aiace Torino”. Ingresso al costo di 3 Euro, consigliata la prenotazione: tel. 011/0881150 o www.camera.to o camera@camera.to

g. m.

Nelle foto:

–       “Marilyn Monroe reading ‘Ulisses’ by James Joyce, Long Island, New York, USA, 1955; Credit Eve Arnold / Magnum Photos

–       “Marilyn Monroe in the Nevada desert during the filming of ‘The Misfits’, USA, 1960; Credit Eve Arnold/Magnum Photos

–       “Eve Arnold on the set of ‘Becket’, England, 1963, Ph. By Robert Penn

 

Eve Arnold, ingresso ridotto ai partecipanti di Just the woman I am

CAMERA

Dal 5 al 12 marzo, ingresso ridotto alla mostra

Eve Arnold. L’opera 1950-1980

per i partecipanti alla corsa

CAMERA è felice di partecipare a Just The Woman I Am, in programma il 5 marzo a Torino.
Attraverso un percorso di 5 km in cui correre e camminare insieme, l’evento raccoglie i fondi per la ricerca universitaria sul cancro, promuove la prevenzione, i corretti stili di vita, l’inclusione e la parità di genere.

Dal 5 al 12 marzo, i partecipanti alla corsa potranno accedere alla nuova mostra di CAMERA, Eve Arnold. L’opera 1950-1980, con un biglietto d’ingresso ridotto, presentandosi in biglietteria con la maglietta o il numero di iscrizione.

L’attenzione per la vita e la condizione femminile, del resto, è centrale in tutta la ricerca della grande fotografa americana: i suoi soggetti sono nella maggior parte dei casi lavoratrici, madri, bambine, dive, suore, modelle, studentesse, immortalate senza mai scivolare in stereotipi o facili categorizzazioni, con il solo intento di conoscere, capire e raccontare.

L’esposizione, curata da Monica Poggi e realizzata in collaborazione con Magnum Photos, si compone di circa 170 immagini, di cui molte mai esposte fino ad ora, e presental’opera completa della fotografa americana, leggenda della fotografia del XX secolo, a partire dai primi scatti in bianco e nero della New York degli anni Cinquanta fino agli ultimi lavori a colori, realizzati alla fine del secolo. Le opere selezionate affrontano temi e questioni come il razzismo negli Stati Uniti, l’emancipazione femminile, l’interazione fra le differenti culture del mondo. Anche se la sua fama planetaria è senza dubbio legata ai numerosi servizi sui set di film indimenticabili, dove ha ritratto le grandi star del periodo daMarlene Dietrich a Marilyn Monroe, da Joan Crawford a Orson Welles.

I “Talent FUTURES 2023” Sei gli artisti italiani

Selezionati dalla torinese “CAMERA”

Unica realtà italiana facente parte di “FUTURES(EPP – European Photoraphy Platform), piattaforma di ricerca sulla fotografia contemporanea sostenuta dall’Unione Europea e diretta al supporto e alla promozione di autori emergenti su scala nazionale e internazionale, “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”di via delle Rosine a Torino ha comunicato, in questi giorni, i nomi dei sei “Talent FUTURES”selezionati sul territorio italiano per il 2023. Tutti giovanissimi: vanno dai 37 ai 25 anni, due hanno origini siciliane, con loro un pugliese, un lombardo, un emiliano e una “fanciulla” (la più giovane del sestetto)  che ha invece natali londinesi ma è cresciuta a Caserta e vive oggi a Milano. Ad individuarli, per partecipare al sesto anno di “FUTURES” sono stati Walter Guadagnini, direttore di “CAMERA”, e Giangavino Pazzola, curatore e coordinatore del programma.

Ecco i loro nomi: Andrea Camiolo (Leonforte, 1998), laureato in “Fotografia all’“Istituto Europeo di Design” di Torino e “Master in Fotografia” presso l’“Accademia di Belle Arti” di Catania, è co-fondatore della casa editrice indipendente “DORSOPRESS”; Nicola Di Giorgio (Palermo, 1994), laureato in “Design Grafico” all’“Accademia di Belle Arti” di Palermo e Studi in “Fotografia” all’“ISIA” di Urbino, da quest’anno è docente a “NABA – Nuova Accademia di Belle Arti” di Milano; Zoe Natale Mannella (Londra, 1997), autodidatta, “a partire da una formazione nel mondo della fotografia di moda, rilegge il rapporto tra i canoni della moda e la pratica artistica, ripensando gli stereotipi di genere con una contro narrativa dell’universo femminile”, ha pubblicato su importanti magazine e riviste, fra le quali “Vogue Italia”; Eleonora Roaro (Varese, 1989), laurea in “Fotografia” allo “IED” di Milano e Master in “Arti Visive e Studi Curatoriali alla “NABA” di Milano con scambio “Erasmus” in “Arte Contemporanea” alla “Plymouth University”, dal 2019 è assegnista di ricerca presso l’“Università degli Studi” di Udine; Sara Scanderebech (Nardò, 1985), laurea in “Arti Visive” all’“Accademia di Belle Arti” di Brera, “la sua ricerca si muove tra arte, moda e design”e dal 2017 è responsabile della comunicazione di “Paradise”, concept store Marsèll con sede a Milano; Alessandro Zoboli (Guastalla, 1990), diplomato all’“Istituto Italiano di Fotografia” di Milano, negli ultimi anni ha lavorato a diversi progetti a lungo termine esplorando il rapporto tra il Nord Africa e l’Europa, ha inoltre documentato la pandemia di Covid-19 e la crisi abitativa del 2020 in Italia percorrendo il Paese da Nord a Sud, fotografando la crisi sanitaria e le condizioni di disuguaglianza che caratterizzano le società occidentali, attualmente sta anche lavorando a un progetto a lungo termine nel Regno Unito intitolato “Shine On”, esplorando il volto sfaccettato e sfuggente della Gran Bretagna di oggi.

“Il 2022 – commenta Giangavino Pazzolaè stato per ‘CAMERA’ un anno molto importante perché, a novembre, abbiamo curato l’evento annuale del network ‘FUTURES (EPP – European Photography Platform)’. In questo modo, abbiamo potuto raccontare il nostro punto di vista sul panorama internazionale della fotografia contemporanea, organizzando un programma che includeva alcuni dei protagonisti e delle tematiche principali che attraversano il panorama artistico odierno. Ospitare oltre 150 tra artisti, curatori e direttori provenienti da quasi una ventina di organizzazioni europee – inoltre – è stato un modo concreto di continuare a ragionare sull’idea di costruzione di una comunità aperta, multiculturale, inclusiva che si allarga di anno in anno e si riunisce attorno allo scambio di idee sull’evoluzione del ‘medium’ fotografico nella contemporaneità”.

Oltre a CAMERA, i partner di “FUTURES” sono Bienal Fotografia do Porto, Centre Photographique Rouen Normandie, Copenhagen Photo Festival, Der Greif, FOMU Fotomuseum, FOTODOK, Fotofestiwal Lodz, Fotogalleriet, Fotograf Magazine, ISPP, Organ Vida, PhotoEspaña, Photo Romania Festival, Photo Ireland Foundation, Robert Capa Contemporary Photography Center, Triennale der Photographie, Void.

Per info: “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to / camera@camera.to

 

g. m.

Nelle foto:

–       Talent “FUTURES” 2023

–       Giangavino Pazzola

Festa dell’8 Marzo alla GAM, MAO e Palazzo Madama: tutti gli appuntamenti

Mercoledì 8 marzo 2022

GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA

Mercoledì 8 marzo ingresso gratuito per tutte le donne

alle collezioni permanenti e molte mostre di GAM, MAO e Palazzo Madama.

Inoltre due incontri speciali alla GAM e a Palazzo Madama

e domenica 5, mercoledì 8, sabato 11 e domenica 12 visite guidate a tema

Anche quest’anno la Fondazione Torino Musei celebra la Giornata internazionale della donna proponendo l’ingresso gratuito per tutte le donne alle collezioni permanenti e alle mostre della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, del MAO Museo d’Arte Orientale e di Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica.Dall’offerta sono escluse le mostre temporanee con biglietteria separata. A partire da domenica 5 marzo e fino a domenica 12 marzo i tre musei propongono inoltre visite guidate tematiche, a cura di Theatrum Sabaudiae, e l’8 marzo due conferenze: a Palazzo Madama Textiles are back, speciale donne, legata al riallestimento della nuova sala tessuti, e alla GAM Donne rifugiate: Partecipare per cambiare la narrazione che il Dipartimento Educazione propone insieme all’associazione Mosaico – Azioni per i rifugiati.

Cosa si può visitare:

Alla GAM Ingresso libero a tutte le donne alle collezioni permanenti e alle mostre Alberto Moravia, Ottocento e Michael Snow in Videoteca. Hic sunt dracones a pagamento.
Al MAO ingresso libero a tutte le donne alle collezioni permanenti e alla mostra Lustro e lusso dalla Spagna islamica. Buddha10 a pagamento.
A Palazzo Madama ingresso libero a tutte le donne alle collezioni permanenti e alla mostra Le chiavi della Città nei capolavori di Palazzo Madama.

Tutti gli appuntamenti:

Domenica 5 marzo ore 16.30

DONNE DA RACCONTARE

Palazzo Madama – visita guidata tematica

Con l’avvicinarsi dell’8 marzo, Palazzo Madama vuole omaggiare le donne attraverso un percorso guidato in museo, ispirato a figure femminili che, inaspettatamente, si incontrano fra gli oggetti esposti nelle sale, rivelando singolari biografie. Volti di fanciulle e donne aristocratiche, come Maria Antonietta, Regina di Francia, o legate al mondo dell’arte, come l’attrice e cantante Louise-Rosalie Lefebvre, che affidano a celebri miniaturisti la memoria del proprio essere e apparire: donne le cui vite sono un interessante spunto di conversazione e racconto. Tra leggenda e realtà, le sale e le vetrine dei diversi piani del museo mostreranno oggetti esclusivi adatti a celebrare una data importante.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788prenotazioniftm@arteintorino.com

Domenica 5 marzo ore 16.30

DONNE DA ORIENTE

MAO – visita guidata tematica in occasione della Giornata Internazionale della Donna

Dai corredi funerari della collezione cinese, alle eleganti opere della collezione giapponese, fino alle raffinate decorazioni dell’arte islamica, i visitatori saranno condotti nelle collezioni del MAO in un itinerario dedicato alle svariate immagini e significati sul femminile che figurano nella produzione artistica delle differenti culture d’Oriente.

Prenotazione obbligatoria, disponibilità fino ad esaurimento posti. Info 011.5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com (da lunedì a domenica 9.30 – 17.30).

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788prenotazioniftm@arteintorino.com

Appuntamento 15 minuti prima dell’inizio.

Mercoledì 8 marzo ore 16 – sabato 11 e domenica 12 marzo ore 15

DONNE NELL’ARTE

GAM – Visita guidata tematica

La visita si sviluppa tra le sale della collezione del 900 alla ricerca delle donne che hanno saputo far sentire la propria voce nel panorama artistico italiano e internazionale. A partire dai primi decenni del ‘900 con Nella Marchesini e Antonietta Raphaël, che hanno cercato di emergere in un ambiente artistico prettamente maschile, alle artiste degli anni ‘50 e ‘60 come Carla Accardi e Giosetta Fioroni, Louise Nevelson, Carol Rama, Dadamaino che hanno portato avanti, attraverso il loro lavoro, la riflessione sul ruolo della donna nella società e nell’arte. Diverse per origine, formazione e personalità e stile, queste artiste sono accomunate dal fatto di essere riuscite a imporsi con passione e intelligenza nella realtà artistica del, 900 sfuggendo agli stereotipi e ai clichés di genere.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788prenotazioniftm@arteintorino.com

Mercoledì 8 marzo ore 15

“MAN MANO” e DONNE RIFUGIATE: PARTECIPARE PER CAMBIARE LA NARRAZIONE

GAMEvento in occasione della Giornata Internazionale della donna

Il Dipartimento Educazione della GAM, nell’ambito dei progetti dedicati all’inclusione e accessibilità, insieme al Centro Studi EducArte e all’Associazione Mosaico – Azioni per i rifugiati propone, in occasione della Giornata Internazionale della donna, un pomeriggio di racconto che presenta i risultati del lavoro svolto insieme in questi mesi.

Alle ore 15 sarà inaugurata l’installazione collettiva Man manorealizzata con un gruppo di donne rifugiate e, a seguire in Sala Uno, la conferenza dal titolo Donne rifugiate: partecipare per cambiare la narrazione che vede protagoniste donne rifugiate insieme a rappresentanti istituzionali della Città di Torino.

Seguirà rinfresco

Ingresso libero www.gamtorino.it

Mercoledì 8 marzo ore 16.30

DEE DA ORIENTE

MAO – visita guidata tematica in occasione della Giornata Internazionale della Donna

Spaziando dall’Asia meridionale alla Regione himalayana, l’itinerario si concentra sulle opere d’arte del Museo che rappresentano forme femminili del divino. Un modo per conoscere alcune fra le svariate manifestazioni pacifiche e irate della Dea che caratterizzano induismo e buddhismo.

Prenotazione obbligatoria, disponibilità fino ad esaurimento posti. Info 011.5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com (da lunedì a domenica 9.30 – 17.30).

Appuntamento 15 minuti prima dell’inizio.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788prenotazioniftm@arteintorino.com

Mercoledì 8 marzo ore 17

TEXTILES ARE BACK. SPECIALE DONNE

Palazzo Madama – conferenza con Virginia Bertone, responsabile direttivo, e Maria Paola Ruffino, conservatore Palazzo Madama

La storia, prevalentemente maschile, della produzione tessile ha visto le donne protagoniste nelle arti fiorite nell’ambiente domestico, in particolare il ricamo e il merletto. Attività dapprima dell’aristocrazia, queste arti toccarono ogni strato sociale, costituendo un valore forte comune. L’apprendimento del ricamo è stato per molte ragazze occasione di alfabetizzazione, strumento di affermazione e di racconto di sé. E tramite il recupero delle tecniche del merletto abbandonate, diverse nobildonne in Italia hanno dato vita alla fine del XIX secolo a progetti di solidarietà sociale, volti a offrire alle giovani la possibilità di mantenersi con il proprio lavoro.

Ingresso libero

Prenotazione consigliata: t. 011 4429629 (dal lun. al ven. 09.30 – 13.00; 14.00 – 16.00) oppure scrivere a madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

“Il suonatore” e il “Concerto a due figure” di Antiveduto Gramatica nuovamente uniti

Solo fino a domenica 5 marzo alla Galleria Sabauda

Visibilmente emozionata, Maura Picciau, dirigente della Direzione Generale Musei, giunta appositamente a Torino per la solennità dell’occasione, parla di “fonte di soddisfazione”.

E sottolineando il grande lavoro di trattative e studi che hanno preceduto questa inaugurazione, un lavoro durato più di un anno e mezzo, punta l’attenzione sull’obiettivo del Ministero, ormai ventennale, all’arricchimento dei musei pubblici: consolidato lo scorso anno con una interessante voce di spese per gli acquisti, che ha fatto sì che questo “Concerto a due figure” di Antiveduto Gramatica, dipinto tra il 1608 e il 1612, un olio su tela pressoché quadrato (83 x 88,5 cm) potesse essere ricongiunto al “Suonatore di tiorba” che già fa parte del patrimonio della Galleria Sabauda: “uno dei vertici giovanili dell’attività di Gramatica – affermano i responsabili – per la raffinatezza nella resa delle figure e dei panneggi, la qualità cromatica nelle tonalità dei bruni e dei colori accesi e la rappresentazione degli strumenti musicali”. 

Sottolinea ancora la dirigente “il coraggio e la discrezione” dell’intera operazione, compiuta con “doppio controllo anche quadruplo controllo”, a significare la ricchezza e l’importanza dell’opera, l’urgenza perché essa venisse presto ricongiunta e potesse riformare ottimisticamente un unicum con la tela consorella. “Un’opera importante per la storia dell’arte, e vorrei dire quasi delle arti”, conferma Enrica Pagella Direttrice dei Musei Reali. “Un momento di memoria della città” che viene a far parte di un progetto ben più ampio: “L’incremento dei patrimoni può avvenire per via di donazioni, che attestano il radicamento dell’istituzione nella comunità di riferimento, oppure per via di acquisti, tesi a valorizzare, arricchire e talvolta risarcire o completare la catena di valori storici e artistici che si è sedimentata nel tempo.”

L’interessamento del Ministero è il frutto dell’intuito e degli sforzi appassionati di due galleristi torinesi, Massimiliano Caretto e Francesco Occhinegro, che scoprono il “Concerto” sul mercato dell’antiquariato londinese. La tela è nelle mani di Derek Jones e il punto primo è quello di distogliere la volontà dell’antiquario a voler interpellare un più vasto mercato internazionale. Memori del “Suonatore” e certi di una medesima radice delle due tele a seguito dell’attento studio del critico Gianni Papi, massimo specialista di Gramatica (che ricordiamo ebbe origini senesi, che arrivato a Roma appena ventenne potè già metter su una bottega tutta sua e ospitare i primi passi di Caravaggio nella città dei Papi, che potè godere degli appoggi di una personalità influente come il cardinale Francesco Maria Dal Monte) – tele suddivise assai presto, dal momento che due opere potevano rendere sul mercato assai più di una sola -, forti di ulteriori indagini diagnostiche e della conoscenza di copie posteriori che attestavano l’unicità della composizione, i due galleristi si mettono in contatto con il museo torinese in modo da consolidare una scelta che avrebbe portato al ricongiungimento.

Prima di arrivare agli sviluppi ultimi dell’operazione, risulta estremamente interessante l’ascolto della ricca narrazione da parte di Annamaria Bava, forse la persona che più da vicino ha seguito le tante vicende che interessano le due opere, dell’excursus che inevitabilmente abbraccia in esclusiva “Il suonatore” e abbandona alla piena solitudine artistica il “Concerto”, velocemente scomparso ad ogni conoscenza. Quindi è bene ricordare come “Il suonatore”, giunto a Torino nel 1635 – forse complice un veloce passaggio o una più lunga permanenza in città già una quindicina di anni prima dello stesso Gramatica – tra le diciassette opere volute dai Savoia per le proprie raccolte e passato quindi al patrimonio di Tancredi e Giulia Falletti di Barolo e, alla morte di lei (1864), donato dalla famiglia alla Sabauda, sia stato sino al 1928 attribuito al Caravaggio e che soltanto in quell’anno Roberto Longhi gli abbia ridato l’esatta paternità. Dando poi per buono il riconoscimento di una tiorba per lo strumento nelle mani del musico, allora si identificherebbe in Cesare Marotta il protagonista, pugliese d’origine e coniugato con quella Ippolita Recupito che ci guarda dal “Concerto” e che all’epoca fu una delle voci più apprezzate dalle corti, Mantova Roma Ferrara, dal 1603 stipendiata da Dal Monte. Se al contrario si prestasse voce a quella corrente di esperti che vede nello strumento la rappresentazione di un arciliuto (di una cordatura doppia e di un registro più acuto), allora il protagonista diverrebbe Vincenzo Pinti, conosciuto come il “cavaliere del liuto”.

Le due tele rimarranno affiancate nella sala della Sabauda per una settimana soltanto, sino a domenica 5 marzo, per poi essere nuovamente offerte allo sguardo degli studiosi. Si avranno maggiori notizie ad esempio su quella sigla T94 che è sul retro del “Concerto” (forse un passaggio tra la raccolta Del Monte a quella Torlonia?) o quel numero 1085 che sta alla base della medesima tela, sulla sinistra, certo ai tagli su entrambe le tele e a quei dodici cm mancanti alla base del “Concerto”; forse il tutto da decifrare ponendo a lato un’altra tela, della collezione Lancellotti, quattro musici tra i quali inequivocabilmente si riconosce il Marotta a cui i Savoia nel 1612, data utile per una più esatta datazione del quadro, diedero l’onorificenza di cavaliere.

Dal 9 giugno le due tele saranno al centro di una esposizione – molti i soggetti musicali, non ultime quelle “Muse” che Gramatica, verosimilmente intorno al 1621, realizzò per Vittorio Amedeo I e Cristina di Francia – che prenderà le mosse dalla collezione Falletti di Barolo, ampliando quella sala che racchiude i caravaggeschi e che già oggi mostra sul fondo quel capolavoro che è “L’Annunciazione” di Gentileschi.

Di 350 mila euro è la cifra che il Ministero della Cultura ha versato a mister Jones per l’acquisto e per il fortunato ricongiungimento, lasciandogli l’onere di un tondo 10% di tasse doganali al nostro paese.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Maura Picciau, dirigente della Direzione Generale Musei, e Enrica Pagella, Direttrice dei Musei Reali, durante la presentazione delle due opere di Antiveduto Gramatica; “Il suonatore di tiorba” e “Concerto a due figure” e particolari.

Al Museo di Zara: Il mestiere delle arti in Italia. Capolavori da Palazzo Madama

Narodni Muzej Zadar – Museo Nazionale di Zara

 

2 marzo –  21 maggio 2023

 

Cartella stampa al link: https://bit.ly/mostraZara

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino presenta, dal 2 marzo al 21 maggio 2023, al Narodni Muzej Zadar, il Museo Nazionale di Zara, la mostra Il mestiere delle arti in Italia. Capolavori da Palazzo Madama.

L’esposizione, promossa dall’Istituto Italiano di Cultura Zagabria, con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Zagabria, è dedicata all’eccellenza dello stile italiano, unanimemente ammirato nel mondo, e al suo affondare le proprie radici in secoli di affinamento di ideazione e tecniche in ogni campo delle arti suntuarie, al servizio delle corti e in funzione dei commerci.

La mostra, appositamente progettata per gli spazi e in dialogo con le collezioni del Museo Nazionale di Zara, presenta un centinaio di opere dei Musei Civici di Torino, prevalentemente conservate a Palazzo Madama, espressione delle botteghe e manifatture di tutta Italia dal tardo Medioevo al Settecento, a testimoniarne estesamente la maestria e genialità. Nello specifico sono documentati i vetri di Murano, i rami smaltati veneziani, i bronzetti rinascimentali di area veneta, i ferri cesellati di produzione lombarda, la maiolica centro-italiana, la porcellana di Doccia, Vezzi, Cozzi e Napoli, i tessuti e i merletti, l’ebanisteria, il microintaglio in legno e avorio, le legature decorate.

Palazzo Madama, nato come museo di arti applicate all’industria e inaugurato il 4 giugno 1863, conserva una delle collezioni di arti decorative più importanti d’Europa, concepita in un periodo di forti mutamenti, quando l’esigenza primaria era di raccogliere e di tutelare le memorie patrie e i ritrovamenti archeologici che si andavano susseguendo sul territorio cittadino in costante espansione. Al contempo si sviluppò rapidamente una sezione particolare, quella della Storia del lavoro, che, sull’esempio di un grande museo come il South Kensington di Londra (ora Victoria and Albert Museum), intendeva illustrare la storia delle arti applicate a beneficio degli artisti e degli artigiani che erano invitati a ispirarsi ai manufatti del passato. La presenza a Torino del Regio Museo Industriale Italiano, fondato nel 1862, che assolveva al compito di documentare la storia dell’industria e forniva non solo approfondimenti su materie prime e macchinari, ma disponeva anche di laboratori e aule didattiche, fece sì che il Museo Civico potesse configurare le sue raccolte in senso marcatamente storico-artistico. Queste caratteristiche si accentuarono man mano che si andavano precisando gli ambiti delle collezioni: le sezioni archeologica e preistorica furono via via dismesse, cedute ad altre istituzioni cittadine in cambio di opere di arte decorativa più pertinenti al carattere del museo.

È questa la cornice in cui si è elaborata la scelta di opere da proporre a Zara, secondando precipuamente quanto compiuto per il Museo Civico di Torino da Emanuele Taparelli d’Azeglio (1879-1890), figlio di Roberto, primo direttore della Pinacoteca Sabauda e nipote del più celebre Massimo, pittore, scrittore e politico. D’Azeglio aveva svolto la carriera diplomatica nelle grandi capitali europee (Monaco, Vienna, l’Aja, Bruxelles, San Pietroburgo) e si era poi trasferito a Londra nel 1848. Qui era stato testimone della prima Esposizione universale allestita al Crystal Palace nel 1851 e della nascita della National Gallery e del Victoria and Albert Museum. È nel contesto internazionale del mercato d’arte londinese che aveva preso forma la sua passione collezionistica, di particolare rilevanza per la collezione di maioliche e porcellane italiane e per quella dei vetri dorati e dipinti, la prima donata al museo nel 1874, la seconda depositata nel 1877 e donata poi per lascito testamentario nel 1890.  Rientrato a Torino ed eletto direttore, promosse la crescita delle raccolte di arte decorativa sull’esempio dei grandi musei inglesi, con particolare attenzione alle ceramiche e ai tessuti. Da qui si è principiato per individuare i nuclei storici e narrativi da predisporre nell’allestimento al museo di Zara, concepito in sale che illustrino ciascuna un materiale e le sue declinazioni artistiche, così da offrire un compiuto quadro dell’abilità e intelligenza di artigiani e artisti italiani, offrendo al pubblico la possibilità di comprendere appieno l’avvio della stagione rinascimentale dagli esiti medievali e la deflagrazione del barocco a livello europeo.

Dal primo ambiente che tratta la storia dell’avorio – dalle rotte commerciali, usi e tecniche nel Medioevo ai centri di produzione, dunque gli avori romanici in Italia meridionale per giungere alla bottega degli Embriachi a Venezia fino agli avori torniti del Rinascimento e al virtuosismo asimmetrico barocco – si affrontano poi i temi della tarsia, della microscultura e dei mobili intarsiati accompagnati dalle vicende inerenti gemmecammei e paste vitree tra Medioevo e Neoclassicismo. Il medesimo asse temporale con cui si presentano le legature e si va ad approfondire la storia delle maioliche. A partire dalla “protomaiolica” delle regioni meridionali e la “maiolica arcaica” di quelle centro-settentrionali si giunge a esemplificare quanto compiuto nel Quattrocento nei centri della Toscana, dell’Emilia-Romagna, delle Marche e dell’Umbria, quando i ceramisti italiani innovarono la tradizione islamica facendo uso di motivi decorativi ispirati al repertorio gotico e rinascimentale e altri derivanti dalle porcellane cinesi, e ampliando la tavolozza dei colori. Per poi sottolineare la novità della nascita dell’istoriato, ovvero la colorata pittura di storie sopra la superficie bianca della ceramica. Da qui si passa alla porcellana, narrando le vicende della fabbrica Vezzi di Venezia e Ginori di Doccia, trattando infine il grande tema del ricamo e dei tessuti, a sottolineare quanto nel Medioevo in Europa il ricamo fosse considerato tra le arti più preziose e illustrando tra Quattro e Cinquecento la specializzazione nel ricamo in seta e oro delle maestranze insediate a Venezia, nella Milano degli Sforza, a Genova, Roma, Napoli, Palermo, ove le corti signorili e prelatizie e la ricca aristocrazia commerciale favorirono con la propria committenza la produzione artistica e suntuaria. L’esposizione si conclude con la presentazione di alcuni tessuti scelti dalle raccolte di velluti, che coprono sette secoli di storia, di cui un significativo e splendido nucleo fu già alla Esposizione di Tessuti e Merletti organizzata a Roma nel 1887.

“La storica amicizia fra Italia e Croazia – sottolinea Pierfrancesco SaccoAmbasciatore d’Italia in Croazia –  ha solide e vaste basi nella cultura dei due popoli, particolarmente evidenti a Zara e in altre città croate. Le opere di Palazzo Madama che saranno esposte nel magnifico Palazzo del Rettore di Zara saranno altrettanti messaggeri di bellezza, di saper fare italiano e di rinnovata integrazione fra i due stati e i due popoli nella comune patria europea.”

“La mostra in programma presso il Palazzo del Rettore del Museo Nazionale di Zara espone al pubblico una selezione della più raffinata produzione delle arti applicate in Italia, attraverso i secoli, in uno storico e importante museo croato – afferma Gian Luca BorgheseDirettore dell’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria – l’evento dunque sottolinea la prossimità tra due popoli stretti in una cultura comune e condivisa, che persegue la conciliazione dell’utile con il bello. Agli occhi del pubblico si offre uno specchio del passato ma anche spunti e idee per i mestieri delle arti che hanno un grande avvenire in paesi di antica tradizione come i nostri”.

“È una grande emozione poter presentare, in un museo tanto prestigioso e carico di storia quale quello di Zara, alcuni dei capolavori di una tra le raccolte di arti decorative più importanti d’Europa” dichiara il curatore della mostra Giovanni Carlo Federico Villa, che prosegue “Palazzo Madama, con i suoi duemila anni di vita perno di Torino capitale, accoglie negli ambienti romani e medievali, barocchi e risorgimentali preziose oreficerie, avori, vetri dorati e dipinti, tessuti, maioliche e porcellane che rappresentano l’essenza stessa dell’arte non solo occidentale, quelle arti applicate che sono memoria, identità e proiezione di ogni cultura. E siamo profondamente grati a Sua Eccellenza l’Ambasciatore d’Italia a Zagabria, Pierfrancesco Sacco, e al direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria, Gian Luca Borghese, di aver offerto alla Città di Torino e al suo Museo Civico questa straordinaria opportunità di dialogo in uno dei cuori del Mediterraneo, epicentro del millenario incontro di genti e sapienze artistiche”.

La mostra e il catalogo sono a cura della direzione e conservatoria di Palazzo Madamal’organizzazione è di Glocal Project Consultingil progetto allestitivo di Emilio Alberti e Mauro Zocchetta.

Arte Ucraina alla Fondazione Amendola

Nelle sale espositive di via Tollegno 52, in mostra quattordici artisti ucraini, con un intreccio molto interessante delle loro storie artistiche

 

Dal primo al 15 aprile prossimo sarà visitabile presso la sede della Fondazione Giorgio Amendola, in via Tollegno 52 a Torino, una mostra d’arte contemporanea Ucraina.

L’evento, carico di significati, è promosso con il patrocinio dell’Accademia Albertina di Belle Arti, della Città di Torino, della Fondazione Crt e del Consolato Generale dell’Ucraina a Milano.

“Il concetto di primavera – come risulta ben spiegato nel catalogo della mostra, curato da Oksana Filonenko – è per sua natura connesso al momento del risveglio, della rinascita e della voglia di vivere.

La primavera, nell’Ucraina del 2023,ha un significato ancora piùforte. Molti artisti hanno dovuto interrompere il loro lavoro, molti sono andati a combattere, tanti sono sparsi per il mondo. E la loro arte vive di vita propria. Come i fiori portati dalle onde dei fiumi, come i messaggi trovati nelle bottiglie nel mare, come le persone che s’incontrano sui treni e condividono un pezzo di stradacomune, così le opere di questa mostra si sono incrociate durante il loro percorso espositivo, facendo una tappa del processoinsieme”.


Quattordici sono gli artisti impegnati nella mostra, tra cui l’artista di fama internazionale Ivan Turetskyy, coautore, tra l’altro, dello stemma nazionale ucraino, e il fotografo Andriy Pavlyuk, che lavora con le macchine fotografiche storiche degli anni Venti e adopera la tecnica a stampa con oro e argento, tipica dei vetrai veneziani del Seicento.

 

La mostra dal titolo “Trionfo di primavera” è  visitabile  dal primo al quindici aprile nelle sale espositive della sede torinese della Fondazione Amendola, in via Tollegno 52.

MARA MARTELLOTTA