ARTE- Pagina 61

A Palazzo Madama un pomeriggio dedicato ai capolavori della miniatura fiamminga

Giovedì 25 gennaio 2024

ore 15.00

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica

Sala Feste

Piazza Castello, Torino

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica propone, in collaborazione con il Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino, giovedì 25 gennaio alle ore 15, un pomeriggio dedicato ai capolavori della miniatura fiamminga del museo.

Dal 2020 il Museo Civico sta lavorando, in collaborazione con l’Università di Torino, alla schedatura, campagna fotografica e studio della propria collezione di codici miniati e miniature ritagliate.

La conferenza apre una finestra sul mondo fiammingo, le cui opere – caratterizzate da una descrizione lenticolare della realtà – tanto influirono sulla produzione figurativa tra Piemonte e Savoia nel XV e XVI secolo.

Le collezioni del Museo Civico d’Arte Antica di Torino comprendono diversi capolavori della miniatura degli antichi Paesi Bassi borgognoni, il più famoso dei quali è senza dubbio il manoscritto delle Ore Torino-Milano. Si prenderà quindi in considerazione la situazione degli studi dopo la pubblicazione del facsimile nel 1996 e l’imponente commento scritto per l’occasione da Anne H. Van Buren. Mentre fino a quel momento sembrava esserci un sostanziale consenso a favore dell’identificazione della mano G come quella di Jan van Eyck, da allora si è cominciato a mettere in discussione questa ipotesi. Inoltre, la pubblicazione di fotografie ad alta risoluzione delle pagine miniate del manoscritto sul sito Closer to Van Eyck, ospitato dall’Institut Royal du Patrimoine Artistique (IRPA, Bruxelles), ha riacceso le discussioni tra gli specialisti. Si affronterà anche la delicata questione delle ridipinture, che distorcono la percezione delle miniature.

Un altro manoscritto affascinante è il Libro d’Ore 446/M, attribuito dagli anni Settanta al pittore e miniatore di Valenciennes Simon Marmion. L’estetica dello “spazio perduto”, con numerose pagine bianche e bordi vuoti, è tipicamente borgognona, così come l’uso della grisaille. Il manoscritto contiene stemmi parzialmente cancellati, che sono riconducibili alla famiglia dei Rolin, grandi servitori dello Stato borgognone.

Infine, si esamineranno due Libri d’Ore di fattura più modesta, realizzati a Bruges negli anni Sessanta del Quattrocento da miniatori della cerchia di Willem Vrelant.

Dominique Vanwijnsberghe ha conseguito il dottorato in storia dell’arte (Katholieke Universiteit Leuven, 1996) ed è responsabile di ricerca presso l’Institut Royal du Patrimoine artistique (IRPA, Bruxelles), dove dirige l’unità di ricerca sulla storia dell’arte e sugli inventari all’interno del dipartimento di documentazione. È stato Visiting Fellow all’Università di Princeton (1997-1998), alla Ruprecht-Karls-Universität di Heidelberg (2003-2004) e alla Section des Sources iconographiques dell’Institut de Recherche et d’Histoire des Textes (CNRS, Parigi/Orléans) (2009). Ha ottenuto l’abilitazione a dirigere la ricerca dall’Università di Lille-III nel 2011. È membro effettivo dell’Académie Royale d’Histoire de l’Art et d’Archéologie de Belgique. I suoi ambiti di specializzazione sono la pittura e la miniatura tardo-medievali nei Paesi Bassi meridionali e la ricezione dell’arte medievale nel periodo moderno.

*Didascalia foto: Miniatore fiammingo, Preghiera nell’orto di Getsemani.

Dalle Très Belles Heures de Notre-Dame de Jean de Berry, codice noto anche come Heures de Turin-Milan, 1380-1450.

Tempera e oro su pergamena, 29,5 x 21,3 cm (con la legatura). Dalla collezione Trivulzio.

Ceduto dalla Città di Milano, 1935

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Un europeo a New York. Da Robert Capa al MoMA, André Kertész e la fotografia americana del dopoguerra

Giovedì 25 gennaio, ore 18.30,Gymnasium di CAMERA

(Via delle Rosine 18 – Torino)

 

 

L’amicizia con Robert Capa, il rifiuto diLife, la grande consacrazione al MoMA di New York. Giovedì 25 gennaio, alle 18.30, incontriamo Walter Guadagnini, direttore artistico di CAMERA e storico della fotografia, per scoprire gli episodi, i rapporti umani e il clima culturale che hanno segnato la seconda fase della vita e della carriera di André Kertész.

Un contratto con l’agenzia fotografica Keystone in tasca, la fama di grande fotografo europeo, l’amicizia con Robert Capa, già noto oltreoceano per i suoi servizi dalla Spagna in guerra: l’arrivo di André Kertész a New York sembra l’inizio di una bella storia. In realtà comincia così un periodo difficile per il grande maestro della fotografia. A causa della diminuzione delle committenze e dalle crescenti tensioni antisemite, nel 1936 Kertész si unisce al gruppo dei tanti intellettuali europei che lasciano il vecchio continente per approdare nel nuovo centro del mondo, la Grande Mela. Sono anni nei quali per diventare famosi bisogna lavorare per Life, per Look o per Vogue. Le raffinate fotografie dell’artista di origini ungheresi, tuttavia non sono apprezzate dalle riviste americane: “Mi hanno detto, le sue immagini parlano troppo”, racconterà lui stesso in un’intervista alla BBC, a proposito di un reportage realizzato per Life e mai pubblicato. Poi, improvvisa la svolta: nei primi anni Sessanta la Biennale di fotografia di Venezia gli dedica una mostra, e il nuovo nume tutelare del MoMA e della fotografia mondiale, John Szarkowski, lo omaggia con una grande antologica, trasformandolo in uno dei padri della street photography, che nel frattempo sta trionfando negli Stati Uniti. L’ultima stagione dell’esistenza di Kertész diventa quella dei riconoscimenti, ma coincide anche con gli anni d’oro della grande fotografia americana di Garry Winogrand e di Lee Friedlander, che tanto devono anche al suo sguardo. Ormai celebrato in tutto il mondo, Kertész conclude la sua vicenda creativa con un’ultima sperimentazione, la fotografia a colori, a cui si avvicina quando è già più che ottantenne, a dimostrazione della curiosità che ha sempre animato la sua personalità.

È consigliato prenotare per l’incontro sul sito di CAMERA.

Il biglietto d’ingresso per l’incontro ha un costo di 3 Euro.


È consigliato prenotare per l’incontro sul sito di CAMERA.

Il biglietto d’ingresso per l’incontro ha un costo di 3 Euro.

Foto:

André Kertész

Riflesso di un grattacielo in una pozzanghera

New York, 1967

© Donation André Kertész, Ministère de la

Culture (France), Médiathèque du patrimoine

et de la photographie, diffusion RMN-GP

Steve McCurry presenta il volume “Devotion. Amore e spiritualità”

Per “Aspettando il Salone”, oggi a Torino 

Mercoledì 24 gennaio 2024, ore 18Gallerie d’Italia – Torino, museo di Intesa Sanpaolo

Maestro internazionale della fotografia contemporanea da oltre cinquant’anni, autore di scatti memorabili dalla grande potenza espressiva, capaci di documentare conflitti, culture, tradizioni e contraddizioni, mettendo spesso al centro la persona, come dimostra il celebre ritratto della ragazza afghana, Steve McCurry arriva a Torino per il ciclo Aspettando il Salone, con il nuovo volume fotografico Devotion. Amore e spiritualità, edito da Mondadori Electa.

Steve McCurry, in dialogo con il giornalista e scrittore Maurizio Crosetti, incontrerà il pubblico mercoledì 24 gennaio 2024 alle ore 18 alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo a Torino (Piazza San Carlo 156). McCurry racconterà il progetto fotografico Devotion, che attraverso oltre 100 immagini (di cui 75 inedite) indaga sulle declinazioni che la devozione assume in diverse aree del mondo: l’amore, la passione, la dedizione all’altro, la lealtà, il sacrificio, l’impegno. Attraverso i ritratti di monaci buddisti, artigiani, bambini intenti a studiare, madri dedite ad assistere i figli, anziani che si supportano a vicenda o di un padre accanto al figlio sdraiato nel letto di un ospedale, McCurry offre al lettore una riflessione intima su come ogni individuo possa dedicare tutto se stesso agli altri o alla fede religiosa.

Aspettando il Salone è il percorso di avvicinamento all’appuntamento primaverile con il Salone Internazionale del Libro di Torino, in programma dal 9 al 13 maggio 2024, che durante il corso dell’anno fa incontrare autrici e autori con la comunità di lettrici e lettori, per dialogare e confrontarsi insieme sui tanti temi di discussione che i libri suscitano.

L’appuntamento è realizzato dal Salone Internazionale del Libro di Torino grazie alla collaborazione con Mondadori Electa e Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo.

Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria al link:

https://milanocivita.eventim-inhouse.de/webshop3/webticket/shop?production=178

A fine incontro seguirà il firmacopie da parte dell’autore, aperto anche al pubblico che non avrà trovato posto in sala.

Il pubblico presente all’incontro, a fine dell’appuntamento potrà visitare gratuitamente la mostra in corso alle Gallerie d’Italia Torino “Luca Locatelli. The Circle”.

Info: salonelibro.itcomunicazione@salonelibro.it.

Il volume e l’autore

Devotion. Amore e spiritualità (Mondadori Electa). Come si esprime la devozione? Nel nuovo volume fotografico Devotion, edito da Mondadori Electa, Steve McCurry risponde a questa domanda offrendo uno sguardo profondo su tutte le possibili sfaccettature che nel mondo può assumere la devozione: l’amore, la passione, la dedizione all’altro, la lealtà, il sacrificio, l’impegno. Attraverso i ritratti di monaci buddisti, artigiani, bambini intenti a studiare, madri dedite ad assistere i figli, anziani che si supportano a vicenda o di un padre accanto al figlio sdraiato nel letto di un ospedale, il fotografo offre al lettore una riflessione molto intima su come ogni individuo possa dedicare tutto se stesso agli altri o alla fede religiosa. Con oltre 100 immagini, di cui 75 mai pubblicate prima, il volume permette al lettore di ripensare al mondo e all’umanità con occhi diversi, svelando il meglio dello spirito umano nei più diversi angoli del pianeta e nelle più disparate situazioni.

Le fotografie di Steve McCurry sono apprezzate e stimate in tutto il mondo e le sue mostre attraggono migliaia di visitatori in Italia come all’estero. Dal momento che il lavoro di Steve McCurry dialoga con persone di diversa origine, religione e cultura, il volume Devotionsarà tradotto in diverse lingue e pubblicato e distribuito in tutto il mondo da editori Francesi, Spagnoli, Inglesi e Tedeschi.

Steve McCurry. È una delle icone della fotografia contemporanea da oltre cinquant’anni. Nato a Filadelfia, Pennsylvania, studia Cinematografia alla Pennsylvania State University e inizia a lavorare come fotografo per un giornale locale. Due anni dopo intraprende il primo di una lunga serie di viaggi in India. Partito portando con sé poco più di una sacca di vestiti e una scorta di rullini, esplora il subcontinente con la sua macchina fotografica. Dopo qualche mese, lascia l’India e si sposta in Pakistan. In un piccolo villaggio incontra un gruppo di profughi afghani che lo convincono a seguirli. Travestito da contadino indigeno, con la barba lunga e il viso segnato da mesi di privazioni passati tra i mujahiddin, McCurry riesce ad attraversare il confine pakistano con i rullini cuciti nella fodera dei vestiti proprio mentre gli invasori sovietici chiudono l’accesso alla stampa occidentale. Le sue fotografie sono tra le prime a mostrare al mondo la brutalità dell’invasione russa. Da allora McCurry ha continuato a puntare il suo obiettivo su svariati Paesi sparsi nei sei continenti. I suoi scatti memorabili documentano conflitti, culture che rischiano di sparire, tradizioni millenarie e contraddizioni contemporanee, senza tuttavia tralasciare quell’elemento umano che ha reso il celebre ritratto della ragazza afghana un’immagine di grande potenza espressiva.

McCurry è stato insignito di alcuni dei riconoscimenti più prestigiosi, tra cui la Robert Capa Gold Medal e il National Press Photographers Award, e può vantare il primato di aver vinto per ben quattro volte il World Press Photo Contest. Di recente la Royal Photographic Society di Londra lo ha insignito della Centenary Medal for Lifetime Achievement. Nel 2019 Steve McCurry è stato inserito nella International Photography Hall of Fame.

Con Mondadori Electa ha pubblicato Una vita per immagini, nominato miglior libro di fotografia dell’anno dal Times, Il mondo nei miei occhi e Bambini del mondo.

Antonio Ligabue alla Promotrice di Belle Arti, una delle mostre più attese di questo inverno torinese

Aperta dal 26 gennaio al 26 maggio prossimo, curata da Giovanni Faccenda, è la prima mostra realizzata dalla Fondazione Augusto Agosta Tota, a quasi un anno dalla scomparsa di quello che fu amico, promotore e studioso dell’artista.

Si tratta di una mostra comprendente 90 opere, di cui 71 dipinti, 8 sculture e 13 disegni provenienti da collezioni private, che illustrano la vita tormentata e la variegata produzione di un artista eccentrico, ma per certi aspetti incompreso, anche se amatissimo dal pubblico.

“Ho curato molte mostre nel mondo, con protagonisti assoluti come De Chirico, Morandi e Picasso – spiega Giovanni Faccenda – Nessuno di loro, però, riesce ad avere quel seguito di pubblico che ha Ligabue, in quanto nell’artista, come nelle sue opere, si attiva una sorta di rispecchiamento da parte di molti visitatori, che riconoscono in lui un uomo emarginato e sconfitto, ma anche una persona che ha preferito l’isolamento a relazioni sociali finte”.

In mostra sono alcuni dei suoi celebri animali, quali “Testa di tigre” e “Ritorno dai campi”.

“Ligabue aveva studiato gli animali da bambino nei musei e si autodefiniva “pittore di animali” – aggiunge Faccenda – L’artista ritrae animali feroci trovando una sorta di identificazione, un suo personale riscatto rispetto a coloro che lo facevano soffrire. La tigre che azzanna, da lui rappresentata, è un autoritratto, carico di quella ferocia che lui stesso non avrebbe avuto il coraggio di esprimere nella vita reale. Negli altri animali da lui rappresentati, quali cani e gatti, rintraccia quella fedeltà che non aveva trovato negli esseri umani”.

Nella mostra sono presenti alcune opere inedite e alcune opere non viste da molto tempo. Autoritratti che contraddistinguono la sua vita come una sorta di diario. In alcuni di questi emerge anche una tempia insanguinata, testimonianza di quando si batteva con una pietra nella convinzione che sarebbe uscito dalla testa il male che lo attanagliava. Il naso aquilino lo rendeva vicino all’immagine di un artista maledetto.

“È fondamentale che venga spazzato il fraintendimento per il quale Ligabue sia considerato un pittore naif – afferma Giovanni Faccenda – si tratta invece di un pittore autodidatta che ha compiuto una lunga ricerca e un altro fraintendimento che deve essere eliminato è quello di un debito nei confronti di Van Gogh, in quanto ne conosceva a stento l’esistenza. Si può considerare Ligabue vicino alla poetessa Alda Merini. Sono stati a lungo emarginati prima di riuscire a conquistare l’attenzione del grande pubblico”.

Ligabue è stato un pittore fuori dagli schemi, un visionario che ha trasformato la sua vita, la psiche e la sua storia tormentata in opere d’arte straordinarie. L’arte, per Ligabue, non era solo una forma di espressione ma una necessità innata che gli ha permesso di affrontare le difficoltà e i dolori della vita, e questa intrinseca esigenza emerge nella potenza dei suoi dipinti, i quali continuano a colpire ed emozionare ancora oggi.

La mostra offre uno sguardo piuttosto approfondito circa l’evoluzione artistica di questo genio visionario, evidenziando la sua appassionata ricerca artistica. Ligabue sapeva come inventare e rinnovare le sue opere utilizzando colori armonici e, allo stesso tempo, vibranti, creando un intenso impatto emotivo. La sua iconografia risulta popolare e raffinata contemporaneamente, e rivela la sua abilità nel trasmettere suggestioni emotive piuttosto pressanti attraverso la tela. Torino diventa così il palcoscenico di questa mostra straordinaria, offrendo al pubblico l’opportunità di immergersi nell’universo unico di Ligabue. L’esposizione, infatti, attraverso inediti e tele rare, offre una panoramica completa della maestria di questo artista, svelando i segreti dietro le sue opere indimenticabili.

 

Mara Martellotta

Liberty Torino capitale, tre passeggiate guidate in città alla scoperta del liberty torinese

In concomitanza con la mostra 

 

La mostra a Palazzo Madama, nelle sale del Museo Civico d’Arte Antica, dal titolo “Liberty . Torino capitale” ha come corollario tre percorsi alla scoperta del liberty a Torino, ovvero tre passeggiate guidate in città che presentano tre aree fortemente caratterizzate da costruzioni sorte durante il periodo del liberty, con esempi di edifici destinati sia a residenza, sia all’istruzione e alla produzione.

Il primo itinerario, intitolato “Liberty in borgo Crimea” vedrà una visita giovedì 14 marzo alle 14.30 e domenica 14 aprile alle 10.30 nell’antico borgo precollinare che vide il suo sviluppo verso la fine del Novecento, specialmente dopo la costruzione del ponte sul Po, dedicato a Umberto I, in occasione dell’Esposizione del 1911. Lungo corso Fiume e le vie adiacenti vennero costruite numerose residenze dell’alta borghesia, con connotazioni liberty ancora oggi ben evidenti.

Il ritrovo sarà in corso Fiume angolo corso Moncalieri.

Venerdì 26 gennaio alle 14.30, domenica 25 febbraio alle 10.30 e venerdì 5 aprile alle 15, con ritrovo in via Cernaia davanti al monumento a Pietro Micca, angolo corso Galileo Ferraris, sarà la volta della visita al nuovo quartiere al posto della Cittadella, all’indomani della cui demolizione Torino conobbe una rapida espansione urbana nell’area vicino al Maschio, che fu salvato dalla distruzione. Nel nuovo quartiere sorsero scuole e palazzi dapprima secondo il modello Umbertino, successivamente con spiccati riferimenti al Liberty.

Giovedì 1 febbraio alle 14.30, venerdì 22 marzo alle 14.30 e giovedì 9 maggio alle 15, vi sarà la visita alla Palazzina Lafleur e la bizzarria del nuovo stile liberty.

La zona intorno all’attuale piazza Peyron e la parte terminale di corso Francia presentano una serie di edifici ispirati allo stile del primo Novecento, con abitazioni e stabilimenti che vennero costruiti secondo quello stile floreale che troverà nella fantasia di Pietro Fenoglio il suo principale interprete, come nella celebre palazzina all’angolo di corso Francia Fenoglio-la Fleur.

Il ritrovo è in piazza Peyron angolo via Bagetti, con gruppi al massimo di 25 persone, per la durata del percorso di visita di 2 ore.

Info e prenotazione 0115211788

Mara Martellotta

Grande successo di pubblico in occasione della doppia inaugurazione al MIIT

 

Museo internazionale Italia Arte

 

Grande successo di pubblico in occasione della doppia inaugurazione presso il museo MIIT, Museo internazionale Italia Arte con due mostre di eccezione dal titolo “Arte sul Po” e “New Art Prize 2024 prima sessione”, il cui vernissage si è  tenuto venerdì 19 gennaio scorso alle 18 nella sede di corso Cairoli 4, a Torino.

In mostra sono una quarantina di artisti contemporanei  che presentano I loro lavori con la curatela del museo MIIT in collaborazione con B.M. Events. L’esposizione  “Arte sul Po”presenta opere di artisti torinesi e non solo che si confrontano con tecniche e materiali diversi, quali olio, acrilico, grafica eacquerello; dall’altra, nell’ambito di “New Art Prize”, emergono opere di valore, di scultura,  pittura e video.

Il New Art Prize edizione 2024 proporrà una selezione accurata di autori che avranno la possibilità di presentare i propri lavorinell’edizione straordinaria  di Italia Arte, presente come media partner al Grand Palais Ephémere di Parigi durante l’artefieraparigina ArtParis ArtFair dal primo al 4 aprile prossimi.

In fase di realizzazione , infatti, i numeri speciali di Italia arte.

Tra le opere in mostra segnaliamo i figurativi di Elisa Borghi e Antonella Elleri, generi tra loro diversi, da reale al fantasy, ma estremamente curati. Seguono i lavori di Paolo Avanzi tra l’astratto e la pop art, per proseguire con le opere di Vito Garofalo, anime colorate ricche di dinamismo, con i lavori di Federica Bertino, Silvana Martino e Maria Elena Ritorto, in cui il colore e la luce diventano protagoniste assolute delle composizioni.

“Si tratta di una mostra che abbraccia generi differenti e stili complessi – spiega il curatore Guido Folco, che ha realizzato l’esposizione in collaborazione con le curatrice Antonella Bovino e Fabiana Macaluso – ma il fil rouge rimane sicuramente l’originalità  e la qualità delle opere presenti in esposizione,  nonché il dialogo internazionale che si sviluppa tra gli autori che provengono da culture e paesi differenti, quali Italia, Cina, Germania, Olanda, Austria, Argentina e Romania”.

 

Doppia inaugurazione venerdì 19 gennaio 2024 e giovedì 1 febbraio 2024 alle ore 18. Esposizione fino al 15 febbraio 2024.

Museo MIIT Torino

Corso Cairoli 4

 

Mara Martellotta

Sguardi plurali su un’Italia plurale, concorso fotografico giunto alla sua seconda edizione

La premiazione e la prima esposizione avranno luogo a Torino nel maggio 2024

 

Torna per la seconda edizione “Sguardi plurali sull’Italia plurale”, un progetto promosso da FIERI, CSC Carbonia della società umanitaria, la Fabbrica del cinema, il Dipartimento di Storia e Civiltà dell’Università di Bologna e Camera, Centro Italiano per la Fotografia, con la collaborazione di Arci nazionale.

Il concorso fotografico intende ancora una volta raccontare l’Italia in una prospettiva plurale e inclusiva, attraverso una raccolta di immagini che siano in grado di esplorare la ricchezza e le sfaccettature di una società sempre più stratificata e interconnessa. La ricerca è quella di un punto di vista che non sia stereotipato, per questo il bando si rivolge a giovani fotografi e fotografe, studenti e appassionati che abbiano un retroterra migratorio, proprio per mettere al centro delle opere una prospettiva troppo spesso ignorata.

La diversità culturale, l’identità, il senso di comunità, ma anche le tante storie del quotidiano che caratterizzano le comunità migranti in Italia. Questo il complesso affresco che Sguardi plurali vuole creare.

Il bando di Sguardi Plurali scadrà il 17 marzo 2024 e si rivolge ad autori e autrici di età inferiore ai 35 anni, nati all’estero e immigrati in Italia da almeno un genitore di origine straniera.

I candidati dovranno inviare un progetto composto da almeno dieci immagini e ambientato in Italia, che possa riguardare molteplici ambiti della quotidianità, in cui emerga la pluralità sociale contemporanea.

Le opere vincitrici e selezionate saranno esposte in una mostra Itinerante che permetterà al pubblico di immergersi nelle storie e nelle esperienze raccontate attraverso le fotografie.

La premiazione e la prima esposizione avranno luogo a Torino nel maggio 2024. La mostra verrà poi esposta a Bologna e Carbonia nell’autunno del 2024 e infine a Milano nella primavera del 2025.

Molti saranno i curatori che valuteranno le opere, dall’antropologo Pietro Cingolani dell’università di bologna, all’antropologa Yassin Dia, da Monica Poggi, curatrice di camera a Viviana Gravano dell’Accademia di Brera, da Wissal Houbabi, artista e performer, a Karim Al Makhtafi e Oleksandra Horobets, vincitori della prima edizione.

L’immagine guida di questa edizione è stata realizzata da Karim El Maktafi, fotografo di origine marocchina nato a Desenzano del Garda, tra i fotografi vincitori della prima edizione di Sguardi plurali, nonché membro della giuria.

La fotografia “They call us second generation” è stata realizzata nel 2019 e rappresenta una situazione di tanti ragazzi e ragazze nati e cresciuti in Italia, ma ancora privi di cittadinanza, descrivendo molto bene il senso di sospensione di chi cresce e vive in un luogo rispetto al quale non è riconosciuta la piena appartenenza.

 

Mara Martellotta

L’omaggio di Torino a Giuseppe Mazzini

Alla scoperta dei monumenti di Torino / Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo

Collocato in via Andrea Doria, angolo via Dei Mille, precisamente sullo spiazzo di confluenza tra le due vie, Giuseppe Mazzini viene raffigurato in una scultura bronzea, seduto in atteggiamento pensoso, avente una mano poggiata a sostenere il capo e l’altra su un pastrano adagiato sulle gambe. Il piedistallo lapideo è ornato da simboli della classicità rappresentati superiormente da due tripodi, collocati ai lati della statua e inferiormente, da pannelli bronzei disposti in sequenza. Nel pannello centrale è rappresentata la lupa capitolina nell’atto di allattare i gemelli, in riferimento alla Repubblica Romana, mentre sui restanti prospetti figurano corone di lauro che circondano i nomi dei principali sostenitori di Mazzini. Il sottostante basamento presenta, anteriormente, dei gradini simmetrici in ascesa verso la scultura. Nato a Genova il 22 giugno 1805 (quando Genova era ancora parte della Repubblica Ligure annessa al Primo Impero Francese), Mazzini è stato un patriota, uomo politico, filosofo e giurista italiano. Costituì a Marsiglia nel 1831 la Giovine Italia, fondata sui principi di “Dio e popolo” e “pensieri e azioni” volti a promuovere l’indipendenza della penisola dagli stati stranieri e la costituzione dell’Italia fondata sui principi della repubblica. Anche se osteggiato dal protrarsi dell’esilio forzato e dai contrasti in patria con la ragione di stato (promossa da Camillo Benso Conte di Cavour e da Giuseppe Garibaldi), Mazzini perpetuò il suo impegno politico che contribuì in maniera decisiva alla nascita dello Stato Unitario Italiano.

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Nello stato riunificato risiedette nell’ultimo decennio della sua vita come “esule di patria”, sotto falso nome; morì a Pisa il 10 marzo del 1872. In Torino come in altre numerose città della nazione, quale atto di riconoscimento al suo impegno, fu eseguito postumo il monumento in suo onore. Per quanto riguarda la città di Torino, nell’intenso programma delle manifestazioni svolte nella città per il giubileo dell’Unità d’Italia, nel 1911, venne istituito un apposito Comitato per erigere un monumento in memoria di Giuseppe Mazzini, distintosi come uno dei principali rappresentanti del Risorgimento italiano. L’iniziativa, promossa dalla Sezione Repubblicana Torinese, sorse in concomitanza alla ricorrenza del quarantesimo anniversario dal decesso del patriota genovese, di cui erano in corso i preparativi per le celebrazioni. Il Comitato sottopose all’Amministrazione comunale la domanda di aderire all’iniziativa ma la proposta venne osteggiata in quanto, si affermava, fosse avanzata da un gruppo partitico; per non pregiudicare l’esito della richiesta venne costituito un nuovo Comitato dichiarante l’estraneità ad ogni questione politica. Nel 1913 l’istanza di questo nuovo Comitato venne favorevolmente accolta dal Consiglio Comunale. Assunse l’incarico per l’ideazione del complesso scultoreo, Luigi Belli, docente presso la regia Accademia Albertina di Belle Arti ed esecutore di significative opere nella città. Belli accettò l’incarico senza richiedere alcun compenso per la sua attività (consapevole forse che sarebbe anche stata la sua ultima opera data l’avanzata età) ma domandò unicamente il rimborso per le spese sostenute nella realizzazione della proposta.

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Nonostante la rinuncia dell’artista, il bozzetto dell’opera venne approvato stimando un importo considerevolmente superiore a quello stabilito per l’esecuzione del monumento, quindi per arginare i limiti economici incorsi, l’Amministrazione concesse una agevolazione per il pagamento del dazio sui materiali, contrattò con il Ministro della Guerra in Roma per l’acquisizione del bronzo necessario ad un prezzo agevolato, mentre il Comitato promosse una pubblica sottoscrizione presso municipi, istituti civili e militari nazionali. Successivamente i modelli in creta a scala reale della statua e di un altorilievo, furono inviati alla fonderia scelta dal Belli, con sede presso Milano, per eseguirne la fusione in bronzo; la statua bronzea ed il relativo modello in gesso, vennero recapitati a Torino, su un carro ferroviario atto al trasporto speciale, l’11 maggio 1917. Il complesso scultoreo fu posto in opera, nonostante fosse privo dell’altorilievo rappresentante la “Libertà” (non consegnata forse a causa di un compenso non corrisposto dal Comitato), figurando ugualmente come un altare alla repubblicana libertà. L’inaugurazione della scultura commemorativa dedicata a Mazzini si svolse il 22 luglio 1917. La cerimonia del monumento si celebrò in presenza di autorità nazionali e cittadine, in una città dall’atmosfera poco festosa a causa della popolazione mobilitata sui fronti della Prima Guerra Mondiale. Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo.

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(Foto: www.museo.torino.it)

Simona Pili Stella

Intervista esclusiva ad Andrea Villa, l’artista dietro il manifesto 1984 su Chiara Ferragni

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Se avete passeggiato, pochissimi giorni fa, per le strade diTorino, esattamente in Via Reggio e in Corso Regio Parco, o avete seguito le ultime notizie sul Web e Social Network riguardanti la città di Torino e la Street Art, sicuramente avrete notato un manifesto d’arte che ha attirato l’attenzione di molti: si tratta di un’opera che raffigura la sagoma e il logo di Chiara Ferragni , la famosa influencer e imprenditrice, con la scritta “Big Sister is watching you” su uno sfondo a tema 1984 di George Orwell.

Quest’ultima impresa artistica, è una conseguenza agli ultimi e attuali fatti che coinvolgono l’imprenditrice digitale e lo scandalo del Pandoro Balocco, venduto nel periodo natalizio2022.

L’opera è un invito alla riflessione che riguarda non soltanto il caso citato.

Il manifesto è firmato da Andrea Villa, artista torinese che si occupa di arte digitale e street art, che ha lasciato un messaggio alla società contemporanea, influenzata dai mass media e dal web, e sul ruolo degli influencer nella formazione dell’opinione pubblica.

 

Abbiamo avuto l’occasione di intervistare in esclusiva Andrea Villa, che ci ha raccontato la genesi e il significato del suo manifesto, il suo stile artistico e i suoi riferimenti culturali, e la sua visione dell’arte di strada a Torino.

1 . Come abbiamo inteso, il tuo manifesto si focalizza sull’opera 1984 di George Orwell, il cui
libro potrebbe essere definito “una denuncia” contro le forze che tendono ad annullare la
libertà e la dignità individuale.In questo caso si parla del mondo dei mass media e del web,
una realtà che potremmo definire un’arma a doppio taglio. Com’è successo a ChiaraFerragni.
Qual è il tuo pensiero in proposito? Cosa ti ha spinto a creare questa tua nuova opera?
Quale messaggio l’artista Andrea Villa vuole lanciare?
 
–Ho deciso ultimamente di concentrare il mio lavoro sui concept culturali, visto che sembra che la scena di street art mainstream sia concentrata perlopiù solamente a seguire i trend del momento. Volevo si parlare di temi attuali, ma con un punto di vista distaccato e analitico. L’ arte deve sempre essere analitica, e mai farsi trascinare dai sentimenti e dalle opinioni di attualità o modaiole. Far ragionare su come funzionano i meccanismi della società moderna è il fulcro del mio lavoro, e non voglio essere politicizzato o riferito ad una determinata parte politica e di pensiero: preferisco lavorare con libertà intellettuale solo su temi che ritengo importanti, senza prese di posizione.
 
2.Come hai scelto il luogo e il momento per esporre il tuo manifesto su Chiara Ferragni? C’è un
significato simbolico o una strategia di comunicazione dietro la tua scelta?
 
–Il luogo l’ ho scelto perchè era in una zona molto frequentata da giovani, ovvero adiacente l’ Università, che è il target di persone che potrebbe capire questo tipo di lavori.
E’ inoltre una zona molto frequentata da pedoni, che così possono vedere bene il mio lavoro, mentre spesso chi usa le automobili non ha tempo di fotografare.

3. Credi che il tuo manifesto possa avere un effetto educativo o critico sulle persone che lo
vedono?
 
–Io cerco solo di dare degli spunti di riflessione, non voglio educare nessuno. Sta allo spettatore analizzare e decidere il suo punto di vista.

· 4. Cosa pensi del ruolo degli influencer nella società contemporanea e del loro impatto sulle
scelte delle persone?
 
–Penso che se decidi di parlare di qualcosa, o lo fai con spirito di amatorialità oppure se sei serio rischi di creare dei danni, poichè ci sono persone che studiano apposta determinati argomenti e non puoi improvvisarti storico, matematico o medico. A meno che tu non sia un divulgatore, ma il confine è labile
·
· 5. Come valuti la reazione del pubblico e dei media alla tua opera? Hai ricevuto critiche o
apprezzamenti?
 
— Soprattutto apprezzamenti, molti mi hanno fatto i complimenti per il testo critico che ho scritto sul mio lavoro. Non credo perchè fosse particolarmente bello, piuttosto perchè penso che nei lavori di street art di alcuni miei colleghi manchi una ricerca concettuale, e basta fare un lavoro analitico minimo per poter “emergere” dai concorrenti.

· 6. Come definiresti il tuo stile artistico e quali sono i tuoi riferimenti culturali e artistici?
 
–Mi riferisco sopratutto alla street art e all’ arte digitale, mi ispiro molto al cyberpunk e al movimento Dada. Rielaborare le immagini che esistono già è il fulcro del mio lavoro.

7. Ultima domanda. La città di Torino, da Artista Street Art, pensi sia “un terreno fertile” per
questa forma d’arte?
 
— Si assolutamente, è una città che mi ha aiutato molto e mi segue molto a livello creativo

 

Ringraziamo Andrea Villa per il suo tempo e per aver realizzato con noi questa intervista.

Cristina Taverniti

“Rose candite e tramezzini volanti”, l’omaggio di Claudia Converso a Bruno Zanichelli

 

 

La mostra intitolata “Rose candite e tramezzini volanti”, a cura di Edoardo di Mauro, sarà ospitata allo Spazio44 da sabato 20 gennaio con finissage il 2 febbraio e vede le opere d’arte di Bruno Zanichelli e Claudia Converso in un perfetto dialogo.

Questa mostra nasce da un libro scritto a quattro mani tra il mese di maggio e i primi di settembre del 1989. “Avevo 23 anni – spiega Claudia Converso – e il sogno di scrivere fiabe da sempre. Bruno compiva 26 anni quando decisi di regalargli un albero di rose e una favola metaforica e autobiografica di noi due, nella speranza che potesse comprendere le cose che a voce non potevo e non riuscivo a dirgli.

Lui fece molto di più. Tornato dalle ferie mi rispose con un romanzo che era la storia della nostra storia e mi rese felice.

Forse ci sono circostanze che, in questo nostro mondo, hanno un destino di morte che contemporaneamente vivono un destino di vita, contro qualsiasi volontà, nostra o di altri. Tutto lascia un segno, dentro e fuori di noi, il testimone c’è sempre, come questo libro, che ne è prova eloquente”.

“Credo che tutto concorra a salvare di noi quello che non deve sparire – aggiunge l’artista Claudia Converso- essere dimenticato.  Ecco perché  il nostro libro oggi è qui, testimone con me, con le sue parole, le sue immagini e la sua musica di quella che ormai per me è una missione, continuare a far sentire la voce di  Bruno e a diffondere la sua arte unica, umilmente, come posso, con confusione, con amore e con passione. Me lo chiese lui poco prima di morire 34 anni fa. Mi lasciò molto del suo materiale scritto, dipinto e pensato. ‘Lo lascio a te – affermò Bruno Zanichelli – perché non finisca in qualche cantina buia, perché continui a girare sempre’ “.

“Questo è quello che faccio ancora oggi con dedizione, lo faccio ancora parlare – precisa Claudia Converso – e dal 20 gennaio lo faccio con questa mostra speciale dedicata a lui, a me, a noi due e a tutti coloro che ci hanno conosciuto in quegli anni”.

Il vernissage e il finissage presenteranno un aperitivo a tema e le suggestioni musicali dei dj del Tuxedo.

 

Mara Martellotta