ARTE- Pagina 40

Grande successo di pubblico in occasione della doppia inaugurazione al MIIT

 

Museo internazionale Italia Arte

 

Grande successo di pubblico in occasione della doppia inaugurazione presso il museo MIIT, Museo internazionale Italia Arte con due mostre di eccezione dal titolo “Arte sul Po” e “New Art Prize 2024 prima sessione”, il cui vernissage si è  tenuto venerdì 19 gennaio scorso alle 18 nella sede di corso Cairoli 4, a Torino.

In mostra sono una quarantina di artisti contemporanei  che presentano I loro lavori con la curatela del museo MIIT in collaborazione con B.M. Events. L’esposizione  “Arte sul Po”presenta opere di artisti torinesi e non solo che si confrontano con tecniche e materiali diversi, quali olio, acrilico, grafica eacquerello; dall’altra, nell’ambito di “New Art Prize”, emergono opere di valore, di scultura,  pittura e video.

Il New Art Prize edizione 2024 proporrà una selezione accurata di autori che avranno la possibilità di presentare i propri lavorinell’edizione straordinaria  di Italia Arte, presente come media partner al Grand Palais Ephémere di Parigi durante l’artefieraparigina ArtParis ArtFair dal primo al 4 aprile prossimi.

In fase di realizzazione , infatti, i numeri speciali di Italia arte.

Tra le opere in mostra segnaliamo i figurativi di Elisa Borghi e Antonella Elleri, generi tra loro diversi, da reale al fantasy, ma estremamente curati. Seguono i lavori di Paolo Avanzi tra l’astratto e la pop art, per proseguire con le opere di Vito Garofalo, anime colorate ricche di dinamismo, con i lavori di Federica Bertino, Silvana Martino e Maria Elena Ritorto, in cui il colore e la luce diventano protagoniste assolute delle composizioni.

“Si tratta di una mostra che abbraccia generi differenti e stili complessi – spiega il curatore Guido Folco, che ha realizzato l’esposizione in collaborazione con le curatrice Antonella Bovino e Fabiana Macaluso – ma il fil rouge rimane sicuramente l’originalità  e la qualità delle opere presenti in esposizione,  nonché il dialogo internazionale che si sviluppa tra gli autori che provengono da culture e paesi differenti, quali Italia, Cina, Germania, Olanda, Austria, Argentina e Romania”.

 

Doppia inaugurazione venerdì 19 gennaio 2024 e giovedì 1 febbraio 2024 alle ore 18. Esposizione fino al 15 febbraio 2024.

Museo MIIT Torino

Corso Cairoli 4

 

Mara Martellotta

Sguardi plurali su un’Italia plurale, concorso fotografico giunto alla sua seconda edizione

La premiazione e la prima esposizione avranno luogo a Torino nel maggio 2024

 

Torna per la seconda edizione “Sguardi plurali sull’Italia plurale”, un progetto promosso da FIERI, CSC Carbonia della società umanitaria, la Fabbrica del cinema, il Dipartimento di Storia e Civiltà dell’Università di Bologna e Camera, Centro Italiano per la Fotografia, con la collaborazione di Arci nazionale.

Il concorso fotografico intende ancora una volta raccontare l’Italia in una prospettiva plurale e inclusiva, attraverso una raccolta di immagini che siano in grado di esplorare la ricchezza e le sfaccettature di una società sempre più stratificata e interconnessa. La ricerca è quella di un punto di vista che non sia stereotipato, per questo il bando si rivolge a giovani fotografi e fotografe, studenti e appassionati che abbiano un retroterra migratorio, proprio per mettere al centro delle opere una prospettiva troppo spesso ignorata.

La diversità culturale, l’identità, il senso di comunità, ma anche le tante storie del quotidiano che caratterizzano le comunità migranti in Italia. Questo il complesso affresco che Sguardi plurali vuole creare.

Il bando di Sguardi Plurali scadrà il 17 marzo 2024 e si rivolge ad autori e autrici di età inferiore ai 35 anni, nati all’estero e immigrati in Italia da almeno un genitore di origine straniera.

I candidati dovranno inviare un progetto composto da almeno dieci immagini e ambientato in Italia, che possa riguardare molteplici ambiti della quotidianità, in cui emerga la pluralità sociale contemporanea.

Le opere vincitrici e selezionate saranno esposte in una mostra Itinerante che permetterà al pubblico di immergersi nelle storie e nelle esperienze raccontate attraverso le fotografie.

La premiazione e la prima esposizione avranno luogo a Torino nel maggio 2024. La mostra verrà poi esposta a Bologna e Carbonia nell’autunno del 2024 e infine a Milano nella primavera del 2025.

Molti saranno i curatori che valuteranno le opere, dall’antropologo Pietro Cingolani dell’università di bologna, all’antropologa Yassin Dia, da Monica Poggi, curatrice di camera a Viviana Gravano dell’Accademia di Brera, da Wissal Houbabi, artista e performer, a Karim Al Makhtafi e Oleksandra Horobets, vincitori della prima edizione.

L’immagine guida di questa edizione è stata realizzata da Karim El Maktafi, fotografo di origine marocchina nato a Desenzano del Garda, tra i fotografi vincitori della prima edizione di Sguardi plurali, nonché membro della giuria.

La fotografia “They call us second generation” è stata realizzata nel 2019 e rappresenta una situazione di tanti ragazzi e ragazze nati e cresciuti in Italia, ma ancora privi di cittadinanza, descrivendo molto bene il senso di sospensione di chi cresce e vive in un luogo rispetto al quale non è riconosciuta la piena appartenenza.

 

Mara Martellotta

L’omaggio di Torino a Giuseppe Mazzini

Alla scoperta dei monumenti di Torino / Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo

Collocato in via Andrea Doria, angolo via Dei Mille, precisamente sullo spiazzo di confluenza tra le due vie, Giuseppe Mazzini viene raffigurato in una scultura bronzea, seduto in atteggiamento pensoso, avente una mano poggiata a sostenere il capo e l’altra su un pastrano adagiato sulle gambe. Il piedistallo lapideo è ornato da simboli della classicità rappresentati superiormente da due tripodi, collocati ai lati della statua e inferiormente, da pannelli bronzei disposti in sequenza. Nel pannello centrale è rappresentata la lupa capitolina nell’atto di allattare i gemelli, in riferimento alla Repubblica Romana, mentre sui restanti prospetti figurano corone di lauro che circondano i nomi dei principali sostenitori di Mazzini. Il sottostante basamento presenta, anteriormente, dei gradini simmetrici in ascesa verso la scultura. Nato a Genova il 22 giugno 1805 (quando Genova era ancora parte della Repubblica Ligure annessa al Primo Impero Francese), Mazzini è stato un patriota, uomo politico, filosofo e giurista italiano. Costituì a Marsiglia nel 1831 la Giovine Italia, fondata sui principi di “Dio e popolo” e “pensieri e azioni” volti a promuovere l’indipendenza della penisola dagli stati stranieri e la costituzione dell’Italia fondata sui principi della repubblica. Anche se osteggiato dal protrarsi dell’esilio forzato e dai contrasti in patria con la ragione di stato (promossa da Camillo Benso Conte di Cavour e da Giuseppe Garibaldi), Mazzini perpetuò il suo impegno politico che contribuì in maniera decisiva alla nascita dello Stato Unitario Italiano.

.

Nello stato riunificato risiedette nell’ultimo decennio della sua vita come “esule di patria”, sotto falso nome; morì a Pisa il 10 marzo del 1872. In Torino come in altre numerose città della nazione, quale atto di riconoscimento al suo impegno, fu eseguito postumo il monumento in suo onore. Per quanto riguarda la città di Torino, nell’intenso programma delle manifestazioni svolte nella città per il giubileo dell’Unità d’Italia, nel 1911, venne istituito un apposito Comitato per erigere un monumento in memoria di Giuseppe Mazzini, distintosi come uno dei principali rappresentanti del Risorgimento italiano. L’iniziativa, promossa dalla Sezione Repubblicana Torinese, sorse in concomitanza alla ricorrenza del quarantesimo anniversario dal decesso del patriota genovese, di cui erano in corso i preparativi per le celebrazioni. Il Comitato sottopose all’Amministrazione comunale la domanda di aderire all’iniziativa ma la proposta venne osteggiata in quanto, si affermava, fosse avanzata da un gruppo partitico; per non pregiudicare l’esito della richiesta venne costituito un nuovo Comitato dichiarante l’estraneità ad ogni questione politica. Nel 1913 l’istanza di questo nuovo Comitato venne favorevolmente accolta dal Consiglio Comunale. Assunse l’incarico per l’ideazione del complesso scultoreo, Luigi Belli, docente presso la regia Accademia Albertina di Belle Arti ed esecutore di significative opere nella città. Belli accettò l’incarico senza richiedere alcun compenso per la sua attività (consapevole forse che sarebbe anche stata la sua ultima opera data l’avanzata età) ma domandò unicamente il rimborso per le spese sostenute nella realizzazione della proposta.

.

Nonostante la rinuncia dell’artista, il bozzetto dell’opera venne approvato stimando un importo considerevolmente superiore a quello stabilito per l’esecuzione del monumento, quindi per arginare i limiti economici incorsi, l’Amministrazione concesse una agevolazione per il pagamento del dazio sui materiali, contrattò con il Ministro della Guerra in Roma per l’acquisizione del bronzo necessario ad un prezzo agevolato, mentre il Comitato promosse una pubblica sottoscrizione presso municipi, istituti civili e militari nazionali. Successivamente i modelli in creta a scala reale della statua e di un altorilievo, furono inviati alla fonderia scelta dal Belli, con sede presso Milano, per eseguirne la fusione in bronzo; la statua bronzea ed il relativo modello in gesso, vennero recapitati a Torino, su un carro ferroviario atto al trasporto speciale, l’11 maggio 1917. Il complesso scultoreo fu posto in opera, nonostante fosse privo dell’altorilievo rappresentante la “Libertà” (non consegnata forse a causa di un compenso non corrisposto dal Comitato), figurando ugualmente come un altare alla repubblicana libertà. L’inaugurazione della scultura commemorativa dedicata a Mazzini si svolse il 22 luglio 1917. La cerimonia del monumento si celebrò in presenza di autorità nazionali e cittadine, in una città dall’atmosfera poco festosa a causa della popolazione mobilitata sui fronti della Prima Guerra Mondiale. Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo.

 .

(Foto: www.museo.torino.it)

Simona Pili Stella

Intervista esclusiva ad Andrea Villa, l’artista dietro il manifesto 1984 su Chiara Ferragni

/

Se avete passeggiato, pochissimi giorni fa, per le strade diTorino, esattamente in Via Reggio e in Corso Regio Parco, o avete seguito le ultime notizie sul Web e Social Network riguardanti la città di Torino e la Street Art, sicuramente avrete notato un manifesto d’arte che ha attirato l’attenzione di molti: si tratta di un’opera che raffigura la sagoma e il logo di Chiara Ferragni , la famosa influencer e imprenditrice, con la scritta “Big Sister is watching you” su uno sfondo a tema 1984 di George Orwell.

Quest’ultima impresa artistica, è una conseguenza agli ultimi e attuali fatti che coinvolgono l’imprenditrice digitale e lo scandalo del Pandoro Balocco, venduto nel periodo natalizio2022.

L’opera è un invito alla riflessione che riguarda non soltanto il caso citato.

Il manifesto è firmato da Andrea Villa, artista torinese che si occupa di arte digitale e street art, che ha lasciato un messaggio alla società contemporanea, influenzata dai mass media e dal web, e sul ruolo degli influencer nella formazione dell’opinione pubblica.

 

Abbiamo avuto l’occasione di intervistare in esclusiva Andrea Villa, che ci ha raccontato la genesi e il significato del suo manifesto, il suo stile artistico e i suoi riferimenti culturali, e la sua visione dell’arte di strada a Torino.

1 . Come abbiamo inteso, il tuo manifesto si focalizza sull’opera 1984 di George Orwell, il cui
libro potrebbe essere definito “una denuncia” contro le forze che tendono ad annullare la
libertà e la dignità individuale.In questo caso si parla del mondo dei mass media e del web,
una realtà che potremmo definire un’arma a doppio taglio. Com’è successo a ChiaraFerragni.
Qual è il tuo pensiero in proposito? Cosa ti ha spinto a creare questa tua nuova opera?
Quale messaggio l’artista Andrea Villa vuole lanciare?
 
–Ho deciso ultimamente di concentrare il mio lavoro sui concept culturali, visto che sembra che la scena di street art mainstream sia concentrata perlopiù solamente a seguire i trend del momento. Volevo si parlare di temi attuali, ma con un punto di vista distaccato e analitico. L’ arte deve sempre essere analitica, e mai farsi trascinare dai sentimenti e dalle opinioni di attualità o modaiole. Far ragionare su come funzionano i meccanismi della società moderna è il fulcro del mio lavoro, e non voglio essere politicizzato o riferito ad una determinata parte politica e di pensiero: preferisco lavorare con libertà intellettuale solo su temi che ritengo importanti, senza prese di posizione.
 
2.Come hai scelto il luogo e il momento per esporre il tuo manifesto su Chiara Ferragni? C’è un
significato simbolico o una strategia di comunicazione dietro la tua scelta?
 
–Il luogo l’ ho scelto perchè era in una zona molto frequentata da giovani, ovvero adiacente l’ Università, che è il target di persone che potrebbe capire questo tipo di lavori.
E’ inoltre una zona molto frequentata da pedoni, che così possono vedere bene il mio lavoro, mentre spesso chi usa le automobili non ha tempo di fotografare.

3. Credi che il tuo manifesto possa avere un effetto educativo o critico sulle persone che lo
vedono?
 
–Io cerco solo di dare degli spunti di riflessione, non voglio educare nessuno. Sta allo spettatore analizzare e decidere il suo punto di vista.

· 4. Cosa pensi del ruolo degli influencer nella società contemporanea e del loro impatto sulle
scelte delle persone?
 
–Penso che se decidi di parlare di qualcosa, o lo fai con spirito di amatorialità oppure se sei serio rischi di creare dei danni, poichè ci sono persone che studiano apposta determinati argomenti e non puoi improvvisarti storico, matematico o medico. A meno che tu non sia un divulgatore, ma il confine è labile
·
· 5. Come valuti la reazione del pubblico e dei media alla tua opera? Hai ricevuto critiche o
apprezzamenti?
 
— Soprattutto apprezzamenti, molti mi hanno fatto i complimenti per il testo critico che ho scritto sul mio lavoro. Non credo perchè fosse particolarmente bello, piuttosto perchè penso che nei lavori di street art di alcuni miei colleghi manchi una ricerca concettuale, e basta fare un lavoro analitico minimo per poter “emergere” dai concorrenti.

· 6. Come definiresti il tuo stile artistico e quali sono i tuoi riferimenti culturali e artistici?
 
–Mi riferisco sopratutto alla street art e all’ arte digitale, mi ispiro molto al cyberpunk e al movimento Dada. Rielaborare le immagini che esistono già è il fulcro del mio lavoro.

7. Ultima domanda. La città di Torino, da Artista Street Art, pensi sia “un terreno fertile” per
questa forma d’arte?
 
— Si assolutamente, è una città che mi ha aiutato molto e mi segue molto a livello creativo

 

Ringraziamo Andrea Villa per il suo tempo e per aver realizzato con noi questa intervista.

Cristina Taverniti

“Rose candite e tramezzini volanti”, l’omaggio di Claudia Converso a Bruno Zanichelli

 

 

La mostra intitolata “Rose candite e tramezzini volanti”, a cura di Edoardo di Mauro, sarà ospitata allo Spazio44 da sabato 20 gennaio con finissage il 2 febbraio e vede le opere d’arte di Bruno Zanichelli e Claudia Converso in un perfetto dialogo.

Questa mostra nasce da un libro scritto a quattro mani tra il mese di maggio e i primi di settembre del 1989. “Avevo 23 anni – spiega Claudia Converso – e il sogno di scrivere fiabe da sempre. Bruno compiva 26 anni quando decisi di regalargli un albero di rose e una favola metaforica e autobiografica di noi due, nella speranza che potesse comprendere le cose che a voce non potevo e non riuscivo a dirgli.

Lui fece molto di più. Tornato dalle ferie mi rispose con un romanzo che era la storia della nostra storia e mi rese felice.

Forse ci sono circostanze che, in questo nostro mondo, hanno un destino di morte che contemporaneamente vivono un destino di vita, contro qualsiasi volontà, nostra o di altri. Tutto lascia un segno, dentro e fuori di noi, il testimone c’è sempre, come questo libro, che ne è prova eloquente”.

“Credo che tutto concorra a salvare di noi quello che non deve sparire – aggiunge l’artista Claudia Converso- essere dimenticato.  Ecco perché  il nostro libro oggi è qui, testimone con me, con le sue parole, le sue immagini e la sua musica di quella che ormai per me è una missione, continuare a far sentire la voce di  Bruno e a diffondere la sua arte unica, umilmente, come posso, con confusione, con amore e con passione. Me lo chiese lui poco prima di morire 34 anni fa. Mi lasciò molto del suo materiale scritto, dipinto e pensato. ‘Lo lascio a te – affermò Bruno Zanichelli – perché non finisca in qualche cantina buia, perché continui a girare sempre’ “.

“Questo è quello che faccio ancora oggi con dedizione, lo faccio ancora parlare – precisa Claudia Converso – e dal 20 gennaio lo faccio con questa mostra speciale dedicata a lui, a me, a noi due e a tutti coloro che ci hanno conosciuto in quegli anni”.

Il vernissage e il finissage presenteranno un aperitivo a tema e le suggestioni musicali dei dj del Tuxedo.

 

Mara Martellotta

“Camera” propone Robert Capa e Gerda Taro 

/

 

 

Mentre sono gli ultimi giorni per visitare la mostra dedicata a Andrea Kertèsz, Camera si prepara alle nuove esposizioni dedicate ai grandi protagonisti della storia della fotografia Robert Capa e Gerda Taro, con i graffiti di Saul Steinberg fotografati da Ugo Mulas, promossi a Milano, e la mostra che racconta l’opera di Michele Pellegrino, a partire dal 14 febbraio fino al 2 giugno.

Dopo le esposizioni dedicate all’opera di Dorothea Lange e di André Kertèsz approda a Camera un’altra grande mostra che racconta in 120 fotografie il rapporto professionale e affettivo tra Robert Capa e Gerda Taro, tragicamente interrottosi con la morte della fotografa in Spagna nel 1937. L’intensa stagione di guerra, amore e fotografia è narrata attraverso le fotografie dei due artisti e dalla riproduzione di alcuni provini della celebre valigia messicana, contenente 4500 negativi scattati in Spagna dai due protagonisti e dal loro amico e sodale David Seymour, detto “Chim”.

La mostra è curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi, attraverso le fotografie e la celebre valigia messicana, di cui si persero le tracce nel 1939, quando Capa la affidò a un amico per evitare che i materiali venissero requisiti e distrutti dalle truppe tedesche, ed è stata ritrovata soltanto nel 2007 a Mexico City, permettendo di attribuire correttamente una serie di immagini di cui fino ad allora non era chiaro chi fosse l’autore o l’autrice. Fuggita dalla Germania nazista lei, emigrato dall’Ungheria lui, Gerta Pohorylle e Endre , poi francesizzato André Friedmann si incontrano a Parigi nel 1934 e l’anno successivo si innamorano, stringendo un sodalizio artistico e sentimentale che li avrebbe portati a frequentare i café del QuartoereQuartiere latino ma anche a impegnarsi nella fotografia e nella lotta politica.

Per cercare di allettare gli editori Gerda si inventa il nome di Robert Capa, ricco e famoso fotografo americano arrivato da poco nel continente, alter ego con il quale si identificherà per il resto della sua vita. Anche lei cambia nome e assume quello di Gerda Taro. L’anno decisivo per entrambi è il 1936, quando in agosto si muovono verso la Spagna per documentare la guerra civile tra repubblicani e fascisti. Il mese dopo Robert Capa realizzerà il leggendario scatto del miliziano colpito a morte, mentre Gerda Taro scatterà la sua immagine più iconica, una miliziana in addestramento , pistola puntata e scarpe con i tacchi, da un punto di vista inedito di una guerra fatta e rappresentata da donne.

La mostra di Michele Pellegrino (1967-2023) promossa da Camera e Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, con la curatela di Barbara Bergaglio e un testo di Mario Calabresi, si compone di oltre 50 immagini del fotografo Michele Pellegrino, nato a Chiusa Pesio nel 1924.

Si tratta di una sintetica antologica dell’intero suo percorso creativo, tra montagne, ritualità, volti e momenti del mondo contadino, che narrano la passione dell’artista per la fotografia e la sua terra. Insieme a queste è stato condotto uno studio del paesaggio botanico e una selezione digitale dell’archivio.

La mostra si basa, infatti, sulla catalogazione e digitalizzazione effettuate da Camera sull’archivio del fotografo, acquisito dalla fondazione CRC nell’ambito del progetto Donare.

Mara Martellotta

“Ricordando Fernando Botero. Via Crucis. La passione di Cristo” al Mastio della Cittadella

 

 Dal 20 aprile al 21 luglio 2024

 

Al Mastio della Cittadella, dal 20 aprile al 21 luglio prossimi sarà  possibile visitare una mostra dedicata a uno degli artisti contemporanei più amati, Fernando Botero, scomparso lo scorso settembre all’età di 91 anni.

L’esposizione, intitolata “Ricordando Fernando Botero. Via Crucis. La passione di Cristo”, costituisce un vero e proprio viaggio attraverso le opere dello scultore e del pittore che ha sfidato qualunque pregiudizio rimanendo legato all’arte figurativa classica, proponendo immagini di donne monumentali, seguendo la scuola di Piero della Francesca, in un momento in cui nell’arte emergeva un forte pregiudizio che sarebbe approdato alla pop art.

La mostra ospitata nelle sale del Mastio della Cittadella racchiude un ciclo di opere di Fernando Botero, in cui l’artista fonde la tradizione della storia dell’arte occidentale con elementi contemporanei, mantenendo la sua caratteristica cifra stilistica. In questa esposizione Botero affronta il tema del sacro e il suo sguardo sembra volgersi alla condizione umana, al dolore, all’ingiustizia e alla sofferenza che affliggono il mondo attuale.

La mostra offre un’occasione unica per ammirare le opere di uno dei più  grandi artisti contemporanei,  riflettendo sulle tematiche universali che esse rappresentano.

Per il quotidiano colombiano El Heraldo Fernando Botero è stato il più  famoso artista della storia del paese sudamericano, mentre diversi critici lo hanno considerato un fenomeno commerciale ma, se la riconoscibilità nell’arte è  considerata un valore, pochi sono stati riconoscibili quanto lui nel Novecento. Il moralismo messicano di Diego Rivera, i segni del primitivismo naturalista e naif di Henri Rousseau sono elementi  che, mischiati insieme, convergono in uno, le forme oversize, quel marchio di fabbrica attraverso il quale il pittore sudamericano ha raccontato il mondo, la natura, l’uomo.

Botero chiamava quei volumi “volumi guerrieri”, impegnati nella battaglia quotidiana della vita, volumi esagerati, che esaltavano una bellezza assoluta. “L’arte – affermava Fernando Botero –  rappresenta una tregua spirituale e immateriale dalle difficoltà dell’esistenza umana”. I volti, i doppi, gli animali iniziano a ingrossare a partire dal 1956 quando l’artista, allora ventiquattrenne, realizza un mandolino involontariamente più tozzo e allargato rispetto alle forme ordinarie. Una sorta dicortocircuito  che diventa un punto di arrivo ma anche un punto di partenza, perché Botero inizia a innamorarsi di quelle forme sfalsate che trova sensuali e tende a ingrassare persino il divino. Realizza un famoso ciclo della Via Crucis composto da 27 olii e 34 opere su carta tra il 2010 e il 2011. “Non dipingo donne grosse- affermava l’artista – Ciò che realizzo sono volumi. Quando dipingo una natura morta o un animale lo faccio sempre in modo volumetrico. Lo stesso vale per un paesaggio. Sono interessato alla sensualità della forma. Se dipingo una donna, un uomo, un cane o un cavallo ho sempre questa idea. Non ho affatto un’ossessione per le donne grasse…” Botero è  un artista figurativo, ma non realista, il suo scopo è  quello di rendere tutto più sensuale.  Quasi un ossimoro se si considera  che l’ideale di donna oggi è  l’esatto contrario. L’abbondanza, però,  porta alla mente positività, desiderio e energia”.

Vissuto anche in Italia, dal 1983 a Pietrasanta, negli anni Novantale sue opere conobbero consacrazione con esibizioni al Forte del Belvedere a Firenze, agli Champs-Elysées a Parigi, fino a Park Avenue a New York, fino ad ottenere un museo in suo onore a Bogotà. Negli ultimi anni si trasferisce  a Montecarlo, dove nella sua casa studio realizza piccoli dipinti ad acquerello lontani anni luce dalle mega tele e sculture che lo avevano reso noto.

 

Mara Martellotta

Massimiliano Gissi: “Coriandoli, pennellate e commedia dell’arte”, galleria Malinpensa by La Telaccia

Informazione promozionale

Fino al 28 febbraio prossimo

La galleria Malinpensa by La Telaccia ospita dal 15 al 28 febbraio prossimo la personale di Massimiliano Gissi dal titolo “Coriandoli, pennellate e commedia dell’arte”.

Nato nel 1976 a Torino, da sempre amante del disegno e del colore, l’artista ha frequentato l’Istituto Europeo di Design diplomandosi a pieni voti. Tra i suoi maestri Alex Ognianoff, Gian Cravero e Marco d’Aponte che lo hanno aiutato a crescere nelle tecniche pittoriche. Negli anni successivi ha messo in pratica le sue qualità nei settori più disparati, dalla grafica computerizzata alla colorazione digitale, all’animazione presso la lanterna magica di Torino, al restauro di belle arti, operando nel Duomo di Torino e alla Venaria Reale.

Da sempre affascinato da esoterismo e misteri, ha deciso di approfondire queste tematiche dal punto di vista pittorico. Artista visionario, avverte il colore in maniera molto personale, e le tonalità dolci dei suoi accostamenti virano bruscamente dai colori caldi ai freddi, e viceversa.

L’atmosfera fantasiosa che si respira ininterrottamente nelle opere dell’artista Massimiliano Gissi indica una rappresentazione brillante e decisa che viene sempre abbinata alla comunicazione visiva e simbolica, dando avvio ad un percorso ricco di autenticità immaginativa.

Per l’artista risulta di fondamentale importanza il riciclo dei materiali. Le sue creazioni prendono vita con un estro e un’energia costante, avvalendosi di un’azione dinamica del colore e di un’elaborazione sempre attenta ai dettagli.

La stesura materica, di notevole spessore, e la sicurezza del tratto, brillante e deciso, evidenziano una partecipazione artistica che unisce un serio impegno tecnico ad uno stile altamente espressivo.

L’arte di Massimiliano Gissi è vissuta con un’interpretazione originale e personale, in cui sentimenti e emozioni riescono a dare al fruitore una sensazione unica. Il suo modo paziente di operare e di costruire i suoi personaggi è segnato da un’accurata analisi dei materiali e da una perizia tecnica non comune, determinandone una variegata successione d’immagini cariche di sensazioni.

I personaggi delle sculture di Massimiliano Gissi vivono in un gioco magico in cui la passione e lo spessore lirico si amalgamano perfettamente in colori, forme, segni e simboli dalla straordinaria vitalità compositiva.

Elementi figurali, intrisi di dinamiche vibranti dalla precisa attinenza fantasiosa, attraversano un percorso di qualità e coerenza che riesce a farci sognare.

L’artista esalta la sensazione tattile dei materiali con una fonte inesauribile di creatività e di grande originalità, ottenendo uno spazio vitale di evidente maestria e rara suggestione.

In scena, opere nuove tra cui l’installazione di un teatrino, dove diversi personaggi si raccontano in una dimensione favolistica assolutamente unica che prende vita anche dai sentimenti e dalla sensibilità di Massimiliano Gissi.

L’equilibrio strutturale, lo scambio timbrico e la pregnanza formale ci introducono in una libertà di interpretazione notevole che, guidata da un’espressione inconfondibile, ne determina un’evoluzione sia nella pittura sia nella scultura, in totale armonia compositiva.

L’arte di Massimiliano Gissi apre un dialogo con lo spettatore in continuo rinnovamento, matrice che è alla base della sua ricerca, dove il fruitore entra a far parte di un universo artistico fatto di coriandoli, pennellate e commedia dell’arte.

Mara Martellotta

Bottero, il “papà” della Gazzetta del Popolo

/

Alla scoperta dei monumenti di Torino / Oggi parleremo del monumento dedicato al giornalista e politico italiano Giovanni Battista Bottero, situato in Largo IV Marzo meglio conosciuta come piazzetta IV Marzo. (Essepiesse)

Su un ampio basamento in pietra al lato del giardino, verso il Duomo, si erge la figura in bronzo di Giovanni Battista Bottero. L’uomo è rappresentato in piedi con una redingote abbottonata (abbigliamento che il giornalista usava abitualmente nelle sue giornate di lavoro), mentre nella mano destra tiene una copia del giornale “La Gazzetta del Popolo” 

La statua poggia su un imponente basamento realizzato in prezioso marmo Botticino e sul cui fronte è posizionata una lastra con sopra delle epigrafi dedicatorie che, essendo posta alle spalle del monumento, funge da elemento architettonico di sfondo. In quest’opera è particolarmente ricercato l’effetto di contrasto tra la patina scura del bronzo e il bianco avorio del marmo del basamento.

Giovanni Battista Bottero nacque a Nizza il 16 dicembre del 1822. Dopo aver conseguito nel 1847 la laurea in medicina, decise di dedicarsi alla carriera giornalistica (sua passione fin da quando era ragazzo) e così il 16 giugno 1848 fondò a Torino, insieme allo scrittore Felice Goevan e al medico Alessandro Bottella, il quotidiano “La Gazzetta del Popolo”.Per Bottero gli anni che seguirono furono impregnati di grande passione politica: essendo il quotidiano più diffuso durante gli anni del Risorgimento, egli riuscì tramite il suo giornale a compiere azioni incredibili, come ad esempio far firmare (il 10 settembre 1849) il proclama agli elettori di Bobbio per la nomina a deputato di Giuseppe Garibaldi, oppure lanciare una sottoscrizione (il 14 gennaio 1850) per consegnare una spada d’onore sempre a Garibaldi che all’epoca si trovava in esilio.

Nel 1855, dopo diverse battaglie “mediatiche” portate a termine dal suo quotidiano, Bottero decise di entrare in politica e si presentò nel collegio elettorale di Nizza, dove vinse con 411 voti su 625 votanti; il 27 giugno 1855 entrò nel Parlamento subalpino. Nonostante si affermò come figura politica, nel 1870 decise di abbandonare la sua carriera all’interno del Parlamento per dedicarsi completamente al suo giornale.Prese la direzione del quotidiano nel maggio del 1861 (quando prese il posto di Govean) e mantenne tale posizione fino al 1897. In quegli anni “La Gazzetta del Popolo” fu un punto di incontro per personaggi di grande rilievo: in campo politico seguì un orientamento liberale, anticlericale e monarchico, appoggiando la politica di Cavour e il programma risorgimentale di unificazione italiana. Il quotidiano svolse inoltre una importante funzione sociale propulsiva e di coordinamento nei confronti dell’intero movimento delle società di mutuo soccorso dello Stato sardo.Giovanni Battista Bottero morì il 16 novembre del 1897 all’età di 75 anni.

A pochi giorni dalla sua morte un Comitato di cittadini presieduto da Tomaso Villa, si attivò per la realizzazione di un monumento alla sua memoria e grazie ad una sottoscrizione pubblica nazionale, vennero raccolti i fondi necessari e fu incaricato lo scultore Odoardo Tabacchi, che lavorò all’opera tra il 1898 e il 1899. Il monumento venne concluso nel settembre del 1899 e si decise di collocarlo proprio in Largo IV Marzo, dove vi era la sede della “Gazzetta del Popolo”; su consiglio di Odoardo Tabacchi e del Sovrintendente dei Giardini municipali, venne posizionato nella parte orientale dell’aiuola IV Marzo, proprio di fronte alla sede del quotidiano.Venne inaugurato e ceduto alla città, il 12 novembre del 1899 con una solenne cerimonia a cui parteciparono centinaia di persone.

Anche per oggi la nostra passeggiata “con il naso all’insù” termina qui. Vi aspetto per il prossimo appuntamento con Torino e le sue meravigliose opere da scoprire.

 (Foto: www.museotorino.it)

Simona Pili Stella

Gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

/

12 – 18 gennaio 2024

VENERDI 12 GENNAIO

 

Venerdì 12 gennaio ore 20:30

Trekking urbano tra le LUCI D’ARTISTA. LA DORA, IL PO E LE LUCI D’ARTISTA – 6,7 km: durata 2,5 ore c.ca

Fondazione Torino Musei – Luci d’Artista

Grazie alla collaborazione tra MetroTrail e Fondazione Torino Musei, per la prima volta quest’anno sono stati proposti 4 itinerari di trekking urbano che abbinano Natura e Luci d’Artista 2023, per un Public Program sempre più ecologico e sostenibile. Una guida escursionistica ambientale accompagna i visitatori a scoprire ambienti ecologicamente rilevanti a Torino – come fiumi, parchi, giardini e semplici aiuole – percorrendo impensabili sentieri urbani verdi, punteggiati dalle installazioni di Luci d’Artista. La silente fauna notturna dei fiumi fa da contrasto con le Luci stesse e la vita della città. Alberi monumentali e giardini segreti segnano la riscossa della Natura sulla metropoli.  Le camminate sono lunghe indicativamente dai 6 ai 7 chilometri e durano circa 2 ore e mezza.

Partenza e arrivo da Largo Regio Parco- Lungo Dora Firenze – Lungo Po (Parco Michelotti) – Via Po – Piazza Castello – Piazza della Repubblica – Borgo Dora

Questo trekking urbano ha il pregio di unire le bellezze fluviali dei due maggiori corsi d’acqua di Torino, il Po e la Dora, con le bellezze urbane del Centro e di Vanchiglia. Quante storie portano le acque dei fiumi di Torino, quanti segreti ormai dimenticati e quanta bellezza nel loro scorrere, che nel tempo ha significato anche alimentare l’operosa crescita della città. Tra parchi, ponti, corsi e piazzette nascoste, ci attendono, per lasciarci a bocca aperta, le installazioni di Luci d’Artista.

Oliviero RINALDI – Flammarion – Largo Regio Parco, Italgas (luce ospite)

Luca PANNOLI – L’amore non fa rumore – Biblioteca Geisser, Parco Michelotti

Joseph KOSUTH – Doppio passaggio – Ponte Vittorio Emanuele I

Luigi STOISA – Noi – Via Po

Mario MERZ – Il volo dei numeri – Mole Antonelliana

Luigi NERVO – Vento Solare – Piazzetta Mollino

Marco GASTINI – L’energia che unisce si espande nel blu, Galleria Umberto I

Grazia TODERI – …?… – Piazza della Repubblica

Michelangelo PISTOLETTO – Amare le differenze – Antica tettoia dell’Orologio

Vanessa SAFAVI – Ice Cream Light – Via Borgo Dora

Durata e tariffe: max 2,5 ore Tariffa intero: € 16,00 / Tariffa ridotto (5-15 anni): € 8,00 / Bambini under 5: Free. Minimo 4 persone

Info e prenotazioni:

www.metrotrail.it/luci-dartista

info@metrotrail.it

Tel: +39 342 7530853 (anche WhatsApp)

 

 

SABATO 13 GENNAIO

 

Sabato 13 gennaio ore 11

IL CONCERTO DEL SABATO

Palazzo Madama – con l’orchestra del Liceo Classico Musicale C. Cavour

Nell’ambito della mostra Liberty. Torino Capitale i Servizi Educativi di Palazzo Madama presentano tre concerti a cura delle classi della sezione musicale del Liceo C. Cavour di Torino: i concerti sono a ingresso gratuito e immergeranno il pubblico nelle musiche prodotte a cavallo di Otto e Novecento, con una riscoperta della musica da camera.

Il programma (in allegato) presenterà ascolti tratti dalla musica europea, in un excursus che va dal Barocco all’Ottocento.

Prossimi appuntamenti

Sabato 13 aprile ore 11

Sabato 11 maggio ore 11

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti disponibili

 

 

DOMENICA 14 GENNAIO

 

Domenica 14 gennaio ore 16

IL SOLE, IL SESAMO E GLI AQUILONI. La festa indiana di Makar Sankranti

MAO – attività per famiglie

Passeggiando tra le statue provenienti dall’India e dal Sud-est asiatico, tra rappresentazioni di figure e miti dell’Induismo, scopriremo come si festeggia in diverse parti dell’India – e non solo – la prima festa dell’anno, quando il sole entra nel segno zodiacale del Capricorno e la primavera si avvicina. Nell’attività di laboratorio si potrà sperimentare come costruire un aquilone.

Da 6 anni in su

Prenotazione obbligatorio al 0114436927-8 oppure maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Costo: bambini € 7 per l’attività, adulti ingresso ridotto in museo

 

 

MERCOLEDI 17 GENNAIO

 

Mercoledì 17 gennaio ore 18

Il patrimonio culturale himalayano fra antico e contemporaneo

TSHERIN SHERPA in dialogo con Davide Quadrio

MAO – talk in museo

Il MAO è felice di ospitare la talk dell’artista nepalese Tsherin Sherpa (Kathmandu, Nepal, 1968) in dialogo con Davide Quadrio, direttore del museo, per una riflessione sulla relazione fra il ricco patrimonio culturale della regione himalayana e una sua rilettura e reinterpretazione in chiave contemporanea.

L’evento, parte del programma #MAOtempopresente, che utilizza l’arte contemporanea come medium e motore di interpretazione e valorizzazione del patrimonio museale, sarà anche l’occasione per presentare al pubblico il riallestimento della sezione dedicata alle prestigiose thang-ka tibetane appartenenti alle collezioni permanenti del museo, esposte dopo un delicato lavoro di restauro e consolidamento a cura del Centro di Conservazione e Restauro di Venaria.

Il restauro delle opere è stato reso possibile grazie al generoso contributo di UBI Unione Buddhista Italiana, con cui il museo collabora da alcuni mesi.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili