ARTE- Pagina 3

All’ “Environment Park” di via Livorno “Cristallo di Luce” di Diego Scroppo

Una nuova “Luce” per “Luci d’Artista”

Giovedì 13 febbraio, ore 18

E’ stato definito “progetto visionario” per la sua capacità di coniugare mirabilmente materiali come vetro, acciaio ed alluminio, al servizio di una suggestiva rievocazione delle “imponenti forme del paesaggio alpino che caratterizza la ‘landscape’ torinese”. Ad innalzarlo oltre la semplice fisicità del reale, un piccolo (ma neppure tanto) particolare, una “pianta d’ulivo”, simbolo di “resilienza” e “adattamento”, collocata al suo interno quale invito alla riflessione sul rapporto fra uomo e natura.

Parliamo della grandiosa installazione d’arte pubblica “Cristallo di Luce” creata dall’artista torinese Diego Scroppo e curata dall’Associazione “The Sharing”, nata a Torino nel 2003 da un’originale idea di Chiara Garibaldi e oggi punto di riferimento internazionale per la creazione di contenuti artistici legati all’arte digitale. L’opera di Scroppo verrà presentata ufficialmente, alla presenza delle Istituzioni e dei sostenitori del progetto, giovedì 13 febbraio , alle 18, presso l’“Envi Park” (via Livorno, 60), il “Parco Tecnologico” di Torino, che diverrà la sua sede permanente e casa ideale, in quanto luogo della città dove, da oltre vent’anni, si lavora per supportare “Pubbliche Amministrazioni” e imprese nei loro percorsi di sostenibilità ed innovazione culturale. Non solo. “Cristallo di Luce” entrerà, infatti, a pieno titolo, a fare parte della sezione “Luminarie” della rassegna torinese “Luci d’Artista”, consolidando, ancora una volta, lo stretto legame tra “arte contemporanea” e “sostenibilità urbana”. L’appuntamento rientra nel progetto “Accademia della Luce”, un percorso di iniziative e attività che integrano e accompagnano le “installazioni luminose” sul territorio cittadino sin dal 2018, sottolineando quanto la comunione tra il Cristallo” e “Luci d’Artista” avvenga pienamente all’insegna dell’intento condiviso dalla Città e da “The Sharing” di “mettere sempre di più le opere d’arte in diretta relazione con gli spazi cittadini e i propri abitanti”. Afferma lo stesso Scroppo: “Parte della mia arte è stata privatizzata, tolta al pubblico. Ma l’arte deve sempre essere pubblica; paradossalmente non appartiene nemmeno all’autore”. L’arte, dunque, come “gesto condiviso”. E sempre prodotto sotto il segno della più ampia “sostenibilità”.

Dotata di “tecnologia fotovoltaica”, “Cristallo di Luce”, nello specifico, ha infatti una profonda “anima sostenibile”: è in grado di autoalimentarsi e di generare energia, fornendo circa 900 kWh all’anno, sufficienti per ricaricare in una giornata 4 e-bike, 45 laptop a ricarica completa e 200 smartphone. Con questo progetto, “The Sharing” incontra alcuni importanti punti del Sustainable Development Goals (SDG-ONU): il miglioramento dell’efficienza globale nel consumo di risorse e nel tentare di scollegare la crescita economica dalla degradazione ambientale, la riduzione entro il 2030 dell’impatto ambientale negativo pro-capite delle città e l’implementazione di strumenti per lo sviluppo sostenibile del turismo.

Dopo gli studi alla torinese “Accademia Albertina di Belle Arti”, Scroppo, validissimo erede di una ben solida “tradizione monumentale”, mantiene un modo singolare di “fare arte” attraverso “uno stile – si è scritto – modernissino e arcaico al tempo stesso, al pari delle forme che immagina e dei materiali che usa”. Sono visioni che l’artista elabora, imponendosi di osservare il “reale” senza mai restarne del tutto soggiogato; le sue “creature” volano alto, portandoci non poche volte al confronto con certe atmosfere onirico – surrealiste in cui d’improvviso “cose” e “oggetti” si fanno originale pretesto alla messa in piena libertà di sogni, memorie ed emozioni che faticano a rapportarsi con la stessa monumentalità dei progetti. Per la realizzazione del suo Cristallo di Luce”, Scroppo si è ispirato agli antichi obelischi egizi, richiamando la loro “funzione simbolica e spirituale”. Con i suoi sette metri di altezza, “il ‘Cristallo’ incarna un dialogo tra luce e ombra, tradizione e innovazione, rappresentando un microcosmo delle tensioni e delle bellezze del nostro pianeta”. La base, che riproduce l’ombra tridimensionale del monolite, ospita i pannelli fotovoltaici, creando un “paradosso visivo”: è, infatti, nell’oscurità che la luce viene catturata e trasformata in energia.

Dopo la presentazione ufficiale dell’opera, la serata del prossimo giovedì 13 febbraio, sarà arricchita dalla “performance sonora” interattiva Suoni nella luce”ideata da “Diego Scroppo e Sintetica” e curata da “The Sharing”, che permetterà al pubblico di interagire appieno con l’opera.

Per infowww.toshareproject.it

g.m.

Nelle foto: “Cristallo di Luce” e Diego Scroppo

Yto Barrada, Deadhead: sculture, film e tessuti

Fondazione Merz a Torino presenta, da giovedì 20 febbraio a domenica 18 maggio 2025 la mostra dedicata all’artista Yto Barrada intitolata Deadhead, a cura di Davide Quadrio con Giulia Turconi e realizzata in collaborazione con il MAO, Museo di Arte Orientale di Torino.

Il titolo della mostra Deadhead rimanda alla pratica agricola di rimuovere foglie e fiori appassiti da una pianta per stimolare la sua crescita. Riprendendo la metafora di un ritorno all’essenziale per liberare nuove energie, l’esposizione accoglie le opere più rappresentative della ricerca artistica  di Yto Barrada, tra cui film, sculture, installazioni, tessuti e stampe, alcune delle quali appositamente realizzate per l’occasione.

Tra ech8, rimandi e sperimentazioni, Yto Barrada trae ispirazione dalla teoria del coloredell’artista, collezionista e filantropa Emily Noyes Vanderpoel, descritta nel libro Color Problems, a Practical Manual for Lay Student of Color ( New York, 1902). Il volume, pensato per un pubblico femminile,  specialmente sarte, fioriste e decoratrici, mostrava le rivoluzionarie tavole di analisi del colore dell’autrice, dove le immagini degli oggetti sono trasformate e tradotte in griglie geometriche. Attraverso una disposizione sistematica del colore, definita “la musica della luce” Vanderpoel ha creato dei campi relazionali in cui ogni tinta, sfumatura e ombra sono in perfetta relazione con tutte le altre.

Yto Barrada reinterpreta in maniera analoga la storia, attraverso gesti contemporanei legati alla natura degli oggetti esposti. Nella serie Color Analysis, presentata in anteprima al MAO, all’interno della mostra “Trad u/i zioni d’Eurasia 2023/2024”, l’artista propone griglie di velluto tinte a mano in cui applica la tecnica di Vanderpoel, per trasformare immagini che trae dalla collezione personale di Vanderpoel dalle opere selezionate, dalle opere selezionate della collezione d’arte islamica del MAO e da un disegno di Marisa Merz. I pigmenti naturali impiegati nell’opera sono realizzati in “The Mothership”, un progetto artistico ideato da Barrada come un ecocampus femminista per la coltivazione, la produzione e l’apprendimento delle tinture naturali e delle traduzioni indigene radicali perdute, nel suo giardino a Tangeri, in Marocco. La mostra sarà arricchita dalla pubblicazione di un catalogo edito da Hopfulmonster per la Fondazione Merz. La mostra “DEADHEAD” consolida il dialogo tra la Fondazione Merz e il MAO, dove il lavoro di Yto Barrada è stato presentato nell’ambito della mostra collettiva “Trad u/i zioni d’Eurasia 2023/2024”.

Yto Barrada è la quarta artista a ricevere il Mario Merz Prize – Premio Internazionale Biennale ideato con la finalità di celebrare Mario Merz e individuare talenti nell’ambito artistico e musicale attraverso la commissione di un progetto espositivo e di un progetto musicale Alessandro inedito all’artista selezionato per le due categorie di concorso. La stessa edizione ha visto l’assegnazione  per il Premio della Musica a Fusun Köksal, il cui concerto si terrà mercoledì 2 luglio negli spazi della Fondazione Merz.

Il percorso del Mario Merz Prize prosegue con la quinta edizione che, per la sezione arte, ha visto la selezione di 5 finalisti che saranno protagonisti di una mostra collettiva negli spazi della Fondazione, nel giugno 2025. Si tratta di Elena Bellantoni (Italia), Mohamed Bourouissa (Francia-Algeria), Anna Franceschini (Italia), Voluspa Jarpa (Cile) e Agnes Questionmark (Italia).

Yto Barrada è stata recentemente selezionata per rappresentare la Francia alla Biennale di Venezia 2026.

Mara Martellotta

A San Valentino, le “Promesse” diventano… “da marinaia!”

In mostra, alla Galleria “BI-Box Art Space” di Biella, le ironiche e romantiche opere grafiche di Galassika

Fino a sabato 1° marzo

Biella

“Ma come fanno i marinai, mascalzoni ed imprudenti … Sempre in cerca di una bimba da baciar …”, cantavano insieme, più di quarant’anni fa, Lucio Dalla e Francesco De Gregori (perfino loro!), mettendo, ancora una volta, alla berlina quei “poveri marinai”, errabondi “mascalzoni” collezionisti (secondo secolari vulgate) di promesse d’amore mai mantenute e sfacciatamente buttate a mare ad ogni nuovo ormeggio. Ma meno male che almeno a “San Valentino”, festa degli innamorati e delle vere “verità” in amore, ad una brava artista biellese è venuto oggi in mente (par condicio!?) di chiedersi Ma saranno proprio sempre i marinai a non mantenere le promesse? E perche non inserire nel novero dei “pinocchio amorosi” anche le fanciulle? Evviva! Qualcuno finalmente ci prova a sconvolgere desueti “detti popolari” che durano da secoli e che invece necessitano da un bel po’ di un’“aggiustatina di genere”.

 

La brava artista, grafica con fiocchi e controfiocchi, è la biellese Galassika, al secolo Carola Sagliaschi, che in prospettiva per l’appunto della “Festa di San Valentino” ha inaugurato, in questi giorni e fino a sabato 1° marzo, presso la Galleria “BI-Box Art Space” di via Italia 38, a Biella, una personale dal titolo (ancora evviva!) “Promesse da marinaia”. Con quella “a” finale al posto della “o” che fa proprio piacere. Ironica e fantasiosa narratrice, Galassika possiede la maestria di un segno nitido che mai sbeffeggia il reale, pur addomesticandolo in una sequenza di pagine che trasformano le figure (in questa mostra, “gente di mare”) in protagonisti di storie quasi “fumettistiche”, attrici e attori di mondi in cui marinai, marinaie, creature acquatiche e audaci sirene fanno sberleffi alla consueta inamovibile quotidianità per intrecciarsi fra loro in rocamboleschi giochi grafici di singolare originalità. Ogni pagina grafica presente in mostra profuma di “buona scuola”, il segno è rigoroso, quasi ininterrotto nel suo farsi volo immaginario, di attenta percezione alle cose pur sapendo di imbrigliarle in strane giravolte formali cui solo la luce dell’immaginario può dare un senso e una chiave di lettura e d’accesso.

 

In questa serie “marinaresca”, l’artista “esplora – è stato scritto – il tema delle passioni salate, delle promesse sussurrate al vento e del legame fra il mare e l’amore”. Le sue grafiche danno allora vita a un mondo di simil-sirene, marinaie ardimentose con sigarette in bocca che sputano barchette di carta anziché fumo, di marinai ultratatuati, qualcuno dalla lunga barba che ascolta dall’incavo di una conchiglia-cellulare le promesse (mantenute?) della donna amata, altri ancora – marinaio e marinaia – persi in amore, occhi negli occhi e matasse convulse di capelli in cui paiono farsi spazio chele pronunciate di granchi o tentacoli arricciati di polpi indispettiti e grintosi, con mari in burrasca e barche e navi sulle “montagne russe” che fanno da “quinta” teatrale a palchi su cui devi aspettarti possa accadere di tutto. E di più! Anche che vada a quel paese il secolare motto genovese Passàa a punta de Portofin, addio bella che son fantin! Tradotto: “Dopo la punta di Portofino, ciao bella, sono libero!”

 

Parallelamente, sempre fino a sabato 1° marzo, il pubblico potrà visitare sempre alla Galleria “BI-BOx Art Space” anche la mostra Ritratti urbani” con i dipinti di Beatrice Scaramal e le fotografie di Damiano Andreotti, ogni volto con la propria storia. Contestualmente alle mostre, sono inoltre in programma per sabato 15 febbraio, due laboratori a cura di Beatrice Scaramal. Dalle 10 alle 12, un momento pensato per i più piccoli: ogni bambino potrà immaginare e dare vita a un supereroe con poteri speciali, capace di affrontare le difficoltà e superare le sfide, ma con qualità uniche come la gentilezza, il coraggio o l’immaginazione. Alle 18,30 avrà luogo il secondo laboratorio, riservato agli adulti: con l’aiuto dell’artista verranno esplorati colori, forme e parole “per raccontare sfide, sogni nel cassetto o le vittorie più belle, trasformandole in un ritratto urbano unico e personale”. Il costo per partecipare ai laboratori è di 15 Europrenotazioni e info392 516 6749 o info.bibox@gmail.com.

Gianni Milani

Nelle foto: Galassika “Promessa da marinaia”, “Il marinaio innamorato”, Imprevisti di navigazione” e “Senza scampo”

Mattarte partecipa alla XVIII edizione di Modenantiquaria

 

La casa d’Aste e Antiquariato piemontese

 

Modenantiquaria e Mattarte, un connubio vincente in quanto da diversi anni la casa d’Aste e antiquariato piemontese partecipa alla rassegna artistica e di antiquariato modenese.

Mattarte è  una realtà ben radicata sul territorio piemontese ma non solo, con sede a Verolengo, specializzata nella compravendita di Arte e Antiquariato. Fondata negli anni Cinquanta dal visionario Giovanni Matta, uomo di cultura,  appassionato e cultore di antiquariato, sensibile ai cambiamenti del mercato, ora l’attività è  arrivata alla quarta generazione, tramite Pinuccia Matta e Raffaello Lucchese, perito esperto d’arte del Tribunale di Torino.

Modenatiquaria rappresenta una manifestazione internazionale dedicata all’alto antiquariato e, giunta alla sua 38esima edizione, è l’unica rassegna antiquaria a vantare un numero così elevato di edizioni. La sua grande forza è consistita nella sua capacità di rinnovamento , interpretando il cambiamento culturale e sociale, sia a livello italiano, sia europeo, soprattutto nell’ultimo decennio. Non si tratta soltanto di una mostra -mercato a cui partecipano le gallerie italiane e straniere più  blasonate, con oggetti selezionati, ma è  anche una espressione culturale. Durante la manifestazione,  infatti, vengono realizzati gli ormai immancabili talk e simposi d’arte cui vengono invitati i direttori dei maggiori musei storici italiani e stranieri, i giornalisti e famosi antiquari. L’allestimento della mostra è curato da Ruggero Moncada di Paternò ed è  diventato uno dei maggiori punto di forza della manifestazione, insieme al modo in cui espongono gli antiquari. Collezionisti e visitatori vengono  a visitare la mostra non solo per acquistare, ma anche per apprendere una tendenza del gusto espositivo da replicare nelle proprie case.

Per info Modena Fiere 

dall’8 al 16 febbraio 2025

modenantiquaria.it

Mara Martellotta

Arteinfiera per una San Giuseppe “nazionale”

La San Giuseppe compie 76 anni e per la prima volta si fregerà del prestigioso
titolo di Mostra Nazionale a dimostrazione della notevole crescita avvenuta
negli ultimi anni
L’evento si terrà al Polo Fieristico Riccardo Coppo di Casale Monferrato dal
14 al 23 marzo 2025 organizzato dalla società D&N Eventi S.R.L. con il
patrocinio della Regione Piemonte, del Comune di Casale Monferrato, della
Provincia di Alessandria, della Provincia di Mantova, dell’Unione dei Comuni
della Valcerrina, e con la partnership di tante altre realtà territoriali.
In questo contesto torna un appuntamento che ormai è giunto alla
ventottesima edizione: si tratta di Arteinfiera , mostra d’arte contemporanea
curata dal critico ed artista monferrino Piergiorgio Panelli . Nell’edizione
2025,che avrà come sottotitolo “Ombre nell’ombra” saranno invitati sei artisti
con linguaggi e tematiche diverse e saranno : Marco Tulipani pittore di
Mortara, Gian Maria Sabatini di Olivola Monferrato, scultore della pietra da
cantone, Edo Ferraro di Casale Monferrato, fotografo, Francesco Berruti di
Casale Monferrato, Lucia Caprioglio Pittrice di Torino, Filippo Pinsoglio
pittore di Asti. Per l’occasione sarà stampato un depliant catalogo del
progetto.
Arteinfiera è uno degli appuntamenti qualificati che saranno inseriti nel
calendario fieristico che darà spazio al territorio e alla sua cultura,
all’ambietne, alle potenzialità della sua offerta turistica, il tutto all’insegna
del denominatore di FIERA NAZIONALE CULTURA TERRITORIALE
La Fiera Campionaria di Casale e del Monferrato, darà ampio spazio come di
consueto, alle categorie produttive del commercio, dell’agricoltura,
dell’industria e dell’artigianato, confermando la formula che negli ultimi anni
ha sempre portato a presenze di pubblico da record, peraltro di aumento di
anno in anno. Verrà ripetuta la ‘formula’ gradita da visitatori ed espositori:
ingresso gratuito e percorso obbligato a giornali alterni. E anche quest’anno
sarà visitabile il sabato mattina.
Sarà presente, come tutti gli anni, lo spazio dedicato alle “Eccellenze
Enogastronomiche” da sempre momento di grande attrazione in Mostra – con
la Piazzetta del Gusto, la Piazza del Vino, ospitanti le specialità
gastronomiche provenienti da tutta Italia.
A questi appuntamenti si aggiungeranno tante novità con particolare
attenzione alla cultura, al turismo, all’ambiente, nell’ottica della
valorizzazione delle ricchezze del territorio .
Nello stesso periodo in cui si svolgerà la Fiera, non mancherà neppure il
tradizionale Luna Park installato in piazza D’Armi, di fronte al Polo Fieristico
Riccardo Coppo, appuntamento molto atteso ogni anno da giovani e
giovanissimi
Per informazioni ed iscrizioni rivolgersi a
D&N Eventi S.r.l.
Cell. 335/7404114
info@mostrasangiuseppe.it
www.mostrasangiuseppe.it

Al MAO l’antico Giappone dei “venditori di fiori” raccontato da Linda Fregni Nagler

“Hanauri”

Fino al 4 maggio 2025

In una suggestiva atmosfera d’altri mondi e remote culture, si inserisce il nuovo progetto espositivo “Hanauri. Il Giappone dei venditori di fiori” realizzato – all’interno del programma di riallestimento della “Galleria Giapponese” delle  collezioni permanenti – dal “MAO” di Torino e dedicato alla creatività, in ambito fotografico, dell’artista svedese (residente a Milano) Linda Fregni Nagler, già ospite del “Museo” di via San Domenico, nello scorso novembre con la performance “Things that Death Cannot Destroy”. L’evento espositivo, aperto al pubblico fino a domenica 4 maggio 2025, prende spunto e curioso stimolo dal meticoloso approccio di selezione, rielaborazione e riattivazione, da parte della Fregni Nagler (oggi docente di “Fotografia” all’“Accademia Carrara” di Bergamo e presso l’Università “IULM” di Milano) di fotografie giapponesi della cosiddetta “Scuola di Yokohama Shashin”, datata al “periodo Meiji” (1868 – 1912) e consistente in “fotografie all’albumina” colorate a mano da artisti locali, influenzati da fotografi occidentali approdati in quegli anni in Giappone come Felice Beato (fotografo italiano naturalizzato britannico, fra i primi a lavorare in Asia orientale), il barone austriaco Raimund von Stillfried e il vicentino Adolfo Farsari che espatriò in Giappone nel 1873. Le fotografie originali, raccolte nell’arco di vent’anni dall’artista e proposte in mostra al “MAO” per la prima volta, sono affiancate alle opere personali di Linda Fregni Nagler, che ha “rifotografato” le albumine originali, stampandole in “camera oscura” e colorandole a mano con una tecnica simile a quella dell’epoca, dotando le “nuove” immagini di “nuovi” significati e proponendo al pubblico un “nuovo” preciso modo di guardare all’esotismo e all’alterità.

Il soggetto indagato, per l’occasione, al “MAO” è quello degli “Hanauri” o “Venditori di fiori”, una categoria molto apprezzata di ambulanti (“bōtefuri”) nel Giappone dei “periodi Edo (o Tokugawa)”, 1603-1868, e “Meiji”.

In mostra troviamo esposte 26 “albumine” di metà Ottocento, appartenenti alla collezione Fregni Nagler, unitamente a sei grandi “stampe ai sali d’argento”, colorate a mano dall’artista e a 4 “positivi su vetro” visibili attraverso due “visori”.

Accanto a queste opere sono collocate tre xilografie che declinano l’iconografia dei “venditori di fiori”: la rappresentazione dei mesi primaverili – l’illustrazione del mese di aprile di Utagawa Kunisada, proveniente dal “Museo Orientale” di Venezia – “All’ingresso del tempio di Kanda” di Koikawa Harumachi dal “Museo Orientale E. Chissone” di Genova e “Toyokuni III” sempre di Utagawa Kunisada, dalla serie “Sei venditori nelle sere d’estate”, da una collezione privata.

Al centro sempre il “tema floreale”, particolarmente caro ad un Paese che ha saputo inventare con l’arte dell’“Ikebana” (VI secolo d. C.) un “atto di mindfulness” capace di trasformare la disposizione dei fiori “in un’autentica esperienza di introspezione e ricerca” artistica e spirituale. E tema che in rassegna al nostro “MAO” trova anche un’ulteriore declinazione nei preziosi tessuti “kesa” (ocra o arancione, tipici della veste dei monaci buddhisti), risalenti al “periodo Edo”, e nei “kimono” che arricchiscono l’esposizione, uno proveniente da “Palazzo Madama” e due esemplari dal “MAO” di Venezia, oltre a tre “lacche” (oggetti d’arredamento) pregiate e tre “kakemono” (dipinti o calligrafie a rotolo) firmati Yanagisawa KienKawamura Bunpō e Tomioka Tessai (dei periodi “Edo” e “Meiji”) in prestito da una collezione privata.

“Il ‘riallestimento della galleria giapponese’ – sottolineano i responsabili – è inserito nel programma espositivo del ‘MAO’ che, attraverso prestiti provenienti da collezioni di arte asiatica – pubbliche e private, nazionali e internazionali – intende stimolare nuove riflessioni e narrazioni intorno al patrimonio del Museo; ‘Hanauri’ è anche parte del progetto ‘#MAOtempopresente’, che utilizza l’arte contemporanea come mezzo di interpretazione e valorizzazione delle collezioni attraverso l’inserimento di opere contemporanee e produzioni site-specific realizzate all’interno del programma di residenze attivo dal 2022”.

In parallelo al progetto espositivo nelle gallerie, le “tre armature giapponesi” della collezione, datate tra la fine del XVII e la prima metà del XIX secolo, sono state riallestite nella cornice di “Salone Mazzonis”, dove saranno oggetto di un “restauro conservativo” aperto al pubblico a partire dal prossimo gennaio.

Gianni Milani

“Hanauri”

MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Fino al 4 maggio

Orari: da mart. a dom. 10/18; lunedì chiuso

 

Nelle foto: Linda Fregni Nagler “Flower Gardner” e Flower  Seller”, hand colored gelatin silver print, 2018; Particolare allestimento (Ph. Edoardo Piva); Koikawa Harumachi “All’ingresso del tempio di Kanda”, xilografia policroma, XIX secolo

Alle Gallerie d’Italia  una mostra dedicata a “Olivo Barbieri Spazi Altri” 

 

 

Intesa Sanpaolo presenterà al pubblico dal 20 febbraio al 7 settembre 2025 presso le Gallerie d’Italia di Torino una mostra dedicata a “Olivo Barbieri. Spazi altri”, a cura di Corrado Benigni. Si tratta di uno sguardo sulla Cina attraverso le immagini del grande fotografo Olivo Barbieri, realizzate in un arco temporale di trent’anni, che colgono la polarità e i contrasti di un Paese che oscilla tra nette antitesi, frenesia e vuoto, postmodernità e arcaico. Dualismo che caratterizza la stessa arte di Barbieri, uno dei fotografi italiani più innovativi e originali, le cui immagini oscillano tra vero e rappresentazione del vero, tra mondo immaginario e mondo riprodotto.

Non mi ha mai interessato la fotografia, ma le immagini. Credo che il mio lavoro inizi laddove finisce la fotografia” ha affermato Olivo Barbieri.

Fotografie illustrano il percorso artistico dell’artista che, tramite esse, mette in crisi le consuete modalità di rappresentazione per dare vita a nuove narrazioni attraverso esperimenti percettivi continui e incessanti. L’espediente visivo, che sia l’alterazione coloristica dell’illuminazione artificiale, le sfocature della scena o la sovraesposizione, l’uso del rendering, non è mai fine a se stesso.

 

Mara Martellotta

Diamo un calcio alla notturna “Malamovida”

Ai “Murazzi del Po Gipo Farassino”, l’Associazione Culturale “Club Silencio” presenta dieci “Manifesti d’Artista” realizzati “per una notte più sicura”

Mercoledì 29 gennaio, ore 18,30

“Un invito a ripensare la notte come uno spazio di rispetto, incontro e creatività, dove ognuno possa sentirsi sicuro”. Questa la definizione di  “Storie della Buona Notte”, il progetto dell’Associazione Culturale torinese “Club Silencio” (da anni impegnata in progetti esperienziali volti a stimolare la partecipazione attiva dei giovani “under 35” alla vita socio-culturale del territorio), realizzato con il contributo del “Servizio Giovani e Pari Opportunità”, “Conciliazione dei Tempi e Famiglie” e “Città Universitaria” della Città di Torino, che verrà presentato mercoledì 29 gennaioalle 18,30, in Contrada Murazzi (Murazzi del Po Gipo Farassino 23) a Torino; luogo, questo, fra i più iconici della “Movida” subalpina, dove ancora sono nell’aria le gravissime conseguenze occorse ad un giovane studente palermitano, rimasto paralizzato, nella notte fra il 20 ed il 21 gennaio del 2023, dopo essere stato ferito da una bicicletta fatta cadere, per un tragico “gioco criminale”, proprio dall’alto dei “Murazzi” da quattro ragazzi (uno solo maggiorenne all’epoca dei fatti) e da una ragazza, tutti condannati a varie pene dai 6 anni e 8 mesi fino ai 16 anni di reclusione.

Anche alla luce di questo drammatico episodio, nasce “Storie della Buona Notte”, con cui si vuole sensibilizzare – sottolineano gli organizzatori – sul tema delle molestie e del consenso negli spazi pubblici serali e notturni attraverso l’arte”. Focus centrale dell’iniziativa sarà nello specifico, la “prevenzione della violenza di genere”.

Su questa tematica, oggi di particolare e delicata attualità, ha lavorato un gruppo di giovani “under 35” torinesi, assidui frequentatori della “nightlife” cittadina, all’interno di un “seminario” condotto dalla psicologa e consulente sessuale Daniela Piras che ha portato alla trasformazione dei singoli “immaginari” in  dieci “Manifesti d’Artista” firmati da altrettanti “illustratori” fortemente impegnati nel contrasto alle “violenze di genere”.

Ne citiamo due, in particolare, che molto bene sanno raccontare, in un esuberante espressione di colori, di parole – messaggi e di spesse e nitide grafie, quella “mission” di “Arte Sociale” su cui fa leva il progetto di “Club Silencio”: in primis Viola Gesmundo, illustratrice ed “urban artist” di origine foggiana (oggi operante fra Torino e Rotterdam) e la pisana (classe ’89) Ginevra Giovannoni, in arte “Rame 13”, profondamente maturata sul piano dell’impegno artistico, all’interno dell’“EDFCREW – Elektro Domestik Force”, progetto creativo nato a Pontedera nel 2003, oggi la principale “crew” di graffiti italiana specializzata in collaborazioni con Enti Pubblici e Istituzioni Amministrative e Locali, al fine di una positiva rigenerazione, attraverso la “street art”, di determinati ambiti ed ambienti, destinati al recupero di una “bellezza intesa non solo come valore estetico, ma in modo particolare come valore di forte impronta e promozione sociale”.

La serata del 29 gennaio sarà un viaggio tra immagini, parole e suoni: protagonisti l’esposizione delle opere e talk con artisti e rappresentanti della Rete “Safe and Sound”comunità composta da associazioni ed enti locali che comprende sia “organizzazioni” che sensibilizzano sui temi del consenso, diversità e inclusione, sia “enti locali” che organizzano eventi pubblici serali, in particolare rivolti ai giovani, e che durante l’appuntamento approfondiranno il processo creativo e il significato del progetto. Le stesse opere saranno poi messe a disposizione di “Safe and Sound”, che le esporrà nel suo circuito, diventando strumenti attivi per diffondere messaggi di prevenzione negli eventi serali.

“Con Storie della Buona Notte – spiega Beatrice Dema, vicepresidente e responsabile ‘Area Progettazione, Ricerca e Sviluppo’ di ‘Club Silencio’ – abbiamo voluto dare voce ai giovani e alle loro esperienze, creando un percorso di riflessione collettiva che parte dalla consapevolezza per arrivare al cambiamento. Attraverso l’arte e il dialogo, vogliamo trasformare la percezione della notte da spazio di vulnerabilità a luogo di incontro sicuro e inclusivo. Questo progetto è solo un punto di partenza, un invito a costruire insieme una cultura del rispetto e della consapevolezza che possa lasciare un segno tangibile nella nostra comunità”.

 

Per info: “Club Silencio”, corso Massimo d’Azeglio 60, Torino; www.clubsilencio.it

 g.m.

 

Nelle foto: Immagine guida “Storie della Buona Notte” e Manifesti di Viola Gesmundo e “Rame 13”

Luigi Fassi confermato direttore di Artissima

Luigi Fassi è stato confermato direttore di Artissima Fiera Internazionale di Arte Contemporanea per il biennio 2025-2026. Artissima, sotto la direzione di Fassi dal 2022 al 2024, ha consolidato la sua duplice identità: da un lato, una fiera commerciale di taglio curatoriale, rinomata a livello globale, e dall’altro un’impresa culturale, capace di lavorare insieme ai galleristi e agli artisti per sviluppare progetti e concretizzare idee. Durante il suo mandato, Fassi ha rafforzato il ruolo di Artissima come ponte tra Torino, l’Italia e il panorama internazionale dell’arte contemporanea.

Nelle parole del Presidente Fondazione Torino Musei Massimo Broccio, “La Fiera di Artissima in questi ultimi tre anni, sotto la raffinata e colta direzione di Luigi Fassi, ha ulteriormente rafforzato il proprio posizionamento internazionale e l’indiscutibile ruolo di leadership per il sistema dell’arte contemporanea. Era quindi naturale – ed è con grande gioia che il Consiglio Direttivo della Fondazione Torino Musei si è espresso in tal senso – proseguire nell’incarico del direttore per l’ulteriore biennio 2025-2026 come già previsto negli accordi precedenti. Internazionalizzazione, cooperazione, impresa e valore culturale sono le parole chiave che hanno contraddistinto la crescita della fiera sotto la guida di Luigi Fassi e che saranno anche alla base del suo sviluppo nei prossimi anni con un ruolo istituzionale sempre maggiore”.

Luigi Fassi dichiara, “Sono felice di proseguire con impegno ed entusiasmo lo sviluppo della fiera nel biennio 2025-2026, per rispondere sempre meglio alla visionarietà delle proposte delle galleriste e dei galleristi italiani e internazionali che da 32 anni definiscono l’identità unica di Artissima. Altrettanta fiducia e cooperazione crescerà anche con le collezioniste e i collezionisti che considerano Artissima il punto di riferimento per la scoperta di nuovi talenti. Nelle prossime edizioni, Artissima rafforzerà ulteriormente il suo ruolo istituzionale, intensificando la collaborazione con musei, fondazioni e loro direttori, per un cammino condiviso di ricerca e innovazione. Questi due anni rappresentano un’opportunità per crescere ancora come comunità, unendo cuori e menti di chi crede nella libertà dell’arte come chiave per affrontare le trasformazioni del futuro”.

Mara Martellotta

La velocità e lo sconvolgimento del mondo di Marco Longo

Nelle sale della galleria Fogliato, sino al 22 febbraio

L’attimo d’ispirazione è l’immagine fotografica, il paesaggio urbano colto nell’imprimersi di un momento, d’una occasione: poi quella stessa immagine è posta sulla tela, ulteriormente sfocata, frammentata, dissezionata, nella ricerca continua di nuovi movimenti, nell’avventurarsi in percorsi che non lasciano nulla di definito, di stabile nel tempo che viviamo. Tempo di tangibile trasformazione, di accelerazione che non lascia più spazio ad un fermo “hic et nunc”, che si porta appresso la legge del “panta rei” della nostra quotidianità. Siamo travolti, come se continue folate di un vento impetuoso ci avvolgessero e ci trascinassero, come se la natura ci avesse escluso la possibilità di trovare un riparo o un appiglio di salvezza.

Impressioni, suggestioni, ricordi, squarci di vita di un Boccioni modernissimo, pagine scritte da Marco Longo – pressoché settantenne, diplomato al Liceo Artistico e frequenza all’Accademia Albertina torinese, diploma presso la “Scuola Internazionale di Grafica” a Venezia, numerose personali e collettive all’attivo in Italia e all’estero – in questa sua presenza nelle sale della galleria Fogliato (via Mazzini 9, sino a sabato 22 febbraio, da martedì a sabato 10,30 – 12,30 / 16 – 19) che ha per titolo “Direzioni pittoriche”, con la cura di Giovanni Cordero. Una trentina di oli, di differenti dimensioni, suddivisi sotto un triplice sguardo, “My City” e “Manhattan” e “Interior Space”, la Torino di oggi e l’altrove, l’avveniristico e l’antico.

Scrive Cordero nella presentazione in catalogo: “Sono registrati sulla tela momenti effimeri, inafferrabili e fluttuanti che riportano atmosfere sfuggenti perché la manipolazione dell’immagine crea nuovi mondi che non esistono nella realtà ma solo nella nostra percezione psichica.” Una inafferrabilità che trova ospitalità nelle nostre menti e che vive nello scattare di un attimo ma che si fa presenza concreta e realissima sulla tela. E in quell’attimo c’è lo spazio e il tempo di sempre. Non soltanto, dentro i confini di una città ovattata, le nebbie e i vapori che salgono dal fiume (lo scorcio del ponte di piazza Vittorio e gli alberi e la gran massa della Gran Madre sullo sfondo, “My City 1”) o gli asfalti lucidi di pioggia appena caduta, non soltanto le luci riverberate sui marciapiedi o dentro le vetrine che costeggiano le strade, magari esplose fortissime sui corsi della città attraversati da binari o costeggiati da cassonetti e dehors (è lo sguardo che occupa “My City 15”, significativo esempio di bellezza pittorica dalle ragguardevoli dimensioni, cm. 141 x 80,5), non soltanto le lunghissime scie entro cui trova posto lo scorrere incessante e anonimo delle auto, con i fanalini di coda a punteggiare quel buio reso con maestria attraverso la pacatezza del colore, quegli angoli indifferenti di vita in grigio, non soltanto gli innumerevoli punti di sguardo: ogni cosa sembra fuggire, dileguarsi, come a voler lasciare nient’altro che un ricordo di sé dietro i pennelli dell’artista. Ogni cosa sembra farsi sogno e quasi mistero, laddove la presenza umana è annullata e scompare. Città buttate nell’avvenire, in un simbolico vuoto dove s’aggirano fantasmi e rumori che Longo lascia intuire nel suo mare di silenzi.

Un’urbanizzazione dei nostri anni, delle tante costruzioni e delle sfide, delle metropoli e delle periferie, del loro disordine e della loro bellezza, nel loro avventurarsi verso l’alto e nel rimanere chiuse nei tanti quanto insuperabili agglomerati. La direzione “verticale” prende forma tra le costruzioni della Grande Mela – pare d’avventurarsi tra lo sconvolgimento delle architetture inventato da Christopher Nolan in “Inception”, anche se nell’occasione il regista ci portava in terra di Francia -, sguardi soprattutto dall’alto, grazie a quello che un tempo veniva definito “a volo d’uccello”, in un compito di cui si sono appropriati i tanti droni, a dare tutta la vertiginosità e il modernismo, “la metropoli americana come specchio che riflette gli istantanei cambiamenti della società odierna, scena di un palcoscenico instabile, in perenne trasformazione”, uno sguardo che va ben oltre “My City”, perché al suo interno tutto è labirintico, privo di contatti e relazioni, avvolto nel caos frenetico. Longo usa il termine “disorientamento” chiarendo anche quelle non relazioni che scavano nella incomunicabilità e raggelano le personali relazioni con se stessi, che paiono definitivamente annullate.

Ecco che tutto si fa ricordo in “Interior Space”, quale terza prospettiva, un mondo che appare sommerso e come riscoperto da uno Schliemann dei giorni nostri, “quasi pietrificato”, archeologia d’ambiente, tempo antico nelle ampiezze delle fabbriche dismesse e spazi desolatamente vuoti e angosciosi, quasi surreali, specchio di abbandono o di sopravvivenza ormai lasciata alla deriva, un immobilismo che chiude la porta ad un’ultima speranza. Non un’immagine che faccia ogni sforzo per portare con sé un che di positivo: un’immagine bensì di attesa e di incertezza, di gravosa solitudine, di scommessa sul come sarà il nostro futuro. Chiarisce in punta di penna Cordero: “In queste opere aleggia un sentimento di attesa e di sospensione temporale dove l’incertezza del luogo rende tutto misterioso e in questa solitudine esistenziale il vuoto dentro il tutto ci procura confusione e smarrimento.”

Elio Rabbione

Nelle immagini, alcune delle opere di Marco Longo presentate nella mostra “Direzioni pittoriche”.