ARTE- Pagina 3

Arte e sacro, la chiesa di San Dalmazzo a Torino

In centro citta’ un gioiello molto antico

Dopo un lungo periodo di chiusura, e’ di nuovo possibile visitare la chiesa di San Dalmazzo, situata tra via Garibaldi, una volta via Dora Grossa, e via delle Orfane.

Costruita nel lontano 1271 e destinata all’assistenza dei pellegrini e alla cura degli infermi, nel tempo la sua struttura subi’ un consistente deterioramento e fu cosi’ che nel 1573, periodo in cui fu affidata ai frati Barnabiti, si decise per una riedificazione. Qualche anno dopo per volere del cardinale Gerolamo della Rovere fu nuovamente restaurata e decorata, anche grazie alle numerose donazioni dei Savoia mentre alla fine dell’800 furono ripresi ulteriormente i lavori che la riportarono al suo stile originario. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu bombardata riportando seri danni al tetto e agli infissi, il suo ultimo restauro risale al 1959.

L’esterno e’ l’unica parte rimasta in stile Barocco con i suoi pilastri di ordine corinzio, i finestroni da cui entra la luce e un timpano semicircolare che avvolge un prezioso affresco. La chiesa, di medie dimensioni, trova la sua bellezza, oltre che nei suoi sorprendenti interni in stile neogotico che catturano subito l’occhio del visitatore, ma anche nella superficie proporzionata che la rende accogliente e affascinante.

Al suo interno lo sfondo e’ quello tipico dello stile gotico caratterizzato dallo slancio verticale, da vetrate colorate, da stucchi, dipinti neo-bizantini di Enrico Reffo e dorature. L’elemento che attira legittimamente l’attenzione e’ la fonte battesimale originale ereditata dalla vecchia chiesa di San Dalmazzo Martire. La struttura e’ a tre navate decorate da edicole, il bellissimo pulpito incorniciato da mosaici e il ciborio a baldacchino.

Spesso la chiesa di San Dalmazzo si fa scenario di concerti di musica, dal gospel alla musica da camera, il prossimo appuntamento? Domenica 15 Dicembre 2024 ore 17:00 TORINO CHAMBER MUSIC FESTIVAL, vibrazioni all’interno di un contesto suggestivo e incantevole.

Per informazioni sugli eventi

www.diocesi.torino.it

Maria La Barbera

Roberto Demarchi: “Hamas e Netanyahu sono i nuovi Erode”

La mostra del maestro Roberto Demarchi, inaugurata giovedì 5 dicembre 2024 alle ore 18, nella sede dell’atelier del pittore in corso Rosselli 11, reca il titolo “Montagna e avvento”.

Roberto Demarchi, pittore astratto , dichiara, a poche ore dell’inaugurazione di questa sua nuova mostra : “ I Vangeli ci narrano che, poco più di Duemila anni or sono, una piccola famiglia di ebrei, per sfuggire alla ferocia che il Potere scatena quando ha paura, lasciò nottetempo Betlemme per trovare rifugio in Egitto. Percorsero quella che allora si chiamava la via Maris ( che tra l’altro passava per Gaza). Subito dopo ci fu la strage degli Innocenti, innumerevoli bambini al di sotto dei due anni furono trucidati perché Erode temeva che tra di loro si celasse colui che, male interpretando le Sacre Scritture, avrebbe potuto prendere il suo posto. I Vangeli, se letti lontano da una esasperazione fideistica, parlano di verità che sopravvivono al Kronos, al microtempo. Ci dicono che l’uomo, con tutta la sua paura e con tutto il suo coraggio di vivere, è sempre lo stesso. I luoghi sono sempre gli stessi, Gaza ieri, Gaza oggi. I trucidatori sono sempre gli stessi, Erode ieri, Hamas e Netanyahu oggi”.

La mostra del Maestro Roberto Demarchi, intitolata “Montagna e Avvento” vuole essere un percorso ispirato all’Avvento e alla montagna ritratta da Cézanne, il tutto reinterpretato con il linguaggio astratto e suggestivo del maestro.

Mara Martellotta

“Questa è pittura”… perdersi nella totale libertà del colore

Il “Forte di Bard” presenta una grande retrospettiva dedicata ad Emilio Vedova fra i nomi più prestigiosi dell’ Arte Informale

Fino al 2 giugno 2025

Bard (Aosta)

Il colore, soprattutto. Il colore su tutto. A imprigionare forme, a dettare le regole irregolari di una dialettica fra gesto, segno e materia che coinvolge lo stesso pittore, diventando prova di forza, corsa a tutto campo, senza limiti né confini fra l’artista stesso e l’opera, concepita come bersaglio (pur sempre calibrato nella sapienza del complessivo rapporto compositivo) di violente emozioni e di impreviste improbabili fantasie. Il colore. La materia. Magma incandescente che avvolge lo stesso pittore. Che si fa colore. Si fa materia. Nel corpo e nell’anima. C’è tutto questo, la potenza del gesto e del segno della pittura di Emilio Vedova (Venezia, 1919 – 2006), al centro della retrospettiva “Questa è pittura” allestita nelle “Sale delle Cannoniere” al valdostano “Forte di Bard”fino a lunedì 2 giugno del prossimo anno.

Promossa dall’“Associazione Forte di Bard”, in collaborazione con “24 Ore Cultura” e “Fondazione Emilio e Annabianca Vedova” (istituita dall’artista con la moglie nel 1998 e attiva dal 2006), la mostra è curata da Gabriella Belli e  “vuole presentare – precisa la stessa Belli – l’opera di Vedova nella sua valenza pittorica, sfuggendo da ogni tentazione di lettura dettagliatamente storica o socio-politica, per indirizzare lo sguardo verso l’eccellenza della sua pittura, che sempre stupisce per la folgorazione del colore e la vitalità della sua materia, espressione tra le più alte dell’Informale europeo”.

Emilio Vedova, per molti “il fratello italiano di Jackson Pollock”, è stato uno degli artisti d’avanguardia più influenti del ‘900. Libero, dissidente, curioso e ribelle (fervente antifascista, partigiano a Roma e sulle colline piemontesi, nonché fra i firmatari nel ‘46 del manifesto “Oltre Guernica” e fra i fondatori del “Fronte Nuovo delle Arti”) ha tradotto nelle sue opere il suo impegno civile. Un intreccio per certi aspetti indissolubile che restituisce il profilo di un artista di altissimo talento e nello stesso tempo dotato di una rara capacità d’essere dentro il “farsi della storia”.

In mostra (che approda in Vallée a quasi cinquant’anni dall’esposizione “Emilio Vedova. Grafica e Didattica” presentata nel ’75 alla “Tour Fromage”, sotto la curatela di Zeno Birolli e dello stesso Vedova) troviamo esposti, 31 grandi dipinti e 22 opere su carta dell’artista veneziano, in maggioranza provenienti dalla “Fondazione Emilio e Annabianca Vedova”. L’odierna retrospettiva “vuole aggiungere – replica Gabriella Belli – un tassello alla conoscenza dell’artista, attraverso un itinerario di approfondimento del suo lavoro diviso in otto tappe, che corrispondono a momenti in cui lo sforzo creativo si dibatte attorno a questioni esistenziali”. La sequenza non è strettamente cronologica, ma va invece a rimarcare, attraverso le sue opere, quei “periodi/episodi” della vita artistica di Vedova strettamente dedicata al mestiere e alla ricerca pittorica, lasciando in ombra il suo pur sempre forte impegno civile e “la sua ben nota, carismatica voce di protesta davanti alle tragedie della storia e agli eventi di cronaca quotidiana”“Questa è pittura”, solo e intimamente pittura, recita bene, dunque, il titolo della rassegna, partendo dagli esordi dell’avventura artistica del pittore : “La nascita di un pittore. I Maestri”, la lezione trasmessa a Vedova dai grandi pittori di quel passato veneziano, alla sua quotidiana portata di mano e di vista, scritto dai vari TintorettoVeronese e Tiepolo, ammirati per poi sfuggirli (ma mai dimenticarli) abbracciando (“Cercare una via”) l’emergente “geometria astratta” di cui troviamo significativi esempi in mostra. Nella terza tappa “Astrazione per sempre”, già si fa luce il passaggio dalle strette “velleità geometriche” al desiderio di una pittura per vocazione “gravida di gesto e materia”, che s’alimenta nell’invenzione dei suoi “Plurimi” (quarta tappa), nuove forme dipinte, legni carichi di materia pittorica e assemblate con cerniere, “inquietanti costruzioni tridimensionali” che “deflagrando dalla parete, invadono lo spazio”. E l’iter prosegue nel continuo “lasciar libero il  segno” fino alle opere più strettamente connesse al suo personale “tragico esistenziale” sublimato in quella esemplare “Vertigine Piranesi” (settima tappa) che pare rievocare le “Carceri” (invenzione di luoghi “insieme inferi e architettonici”) del suo conterraneo, fra gli iniziatori dell’immaginario gotico, Giambattista Piranesi“Circolare infinito” è il titolo dato, infine, all’ottava tappa, con i tre grandi “Tondi”, disallineati al centro della Sala, che gridano tutta “l’irriverenza inquieta e geniale di un artista che ha sempre sfidato sé stesso”. E il mondo intero.

Gianni Milani

“Questa è pittura”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 2 giugno

Orari: mart. e ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19; lunedì chiuso

 

Nelle foto: Emilio Vedova “Al lavoro su ‘Non Dove’”, 1988 (Ph. Aurelio Amendola): “Poemetto della sera”, olio su tela, 1946; “Plurimo – A”, acrilici, pastello su elementi di legno, 1962; “Ciclo”, tecnica mista su tela, 1962

Il Presepe Mondiale di Anja Längst

Informazione promozionale

L’artista bavarese Anja Längst partecipa alla manifestazione dei Presepi a Bardonecchia con il suo “Presepe Mondiale – Dal mistero della Natività al volo degli Angeli”, in mostra presso il suo spazio espositivo “Anja’s Atelier”

 

All’interno della manifestazione diffusa dal titolo “Bardonecchia paese dei Presepi”, che si svolgerà dal 7 dicembre 2024 al 26 gennaio 2025, in cui cento Presepi illumineranno le frazioni di Rochemolles, Millaures, Le Gleise, Les Arnauds e Melezet, oltre che Borgo Vecchio, inaugura la mostra “Il Presepe Mondiale- Dal mistero della Natività al volo degli Angeli” dell’artista bavarese Anja Längst. La mostra sarà visitabile per tutto il periodo della manifestazione e inaugurerà presso l’Anja’s Atelier, in piazza Europa 18 interno cortile, a Bardonecchia. L’orario di visita sarà tutti i giorni dalle 15 alle 19.

L’esposizione, proposta già nel 2003 a Torino nell’atrio della Stazione di Porta Nuova, nell’ambito della quarta edizione di “Piazza dei Presepi”, si rinnova a Bardonecchia mantenendo lo stile e i contenuti cari all’artista.

Oltre a un piccolo presepe in cartapesta, una capanna origami, due presepi in terracotta non dell’artista, un piccolo presepe dipinto con colori acrilici e lo sfondo di un altro Presepe realizzato con una foglia d’oro, l’esposizione vede protagonista un Presepe di maggiori dimensioni alto circa 1,50 metri e largo 2,30 metri, realizzato in legno compensato, dipinto con colori acrilici e che riporta disegni a inchiostro di china e figure in materiale plastico. Il colore rappresentativo dell’opera è il blu, simbolo cromatico che nell’artista richiama sentimenti di pace, di silenzio, di spiritualità, armonia, fiducia e mistero infinito. Inoltre il blu rappresenta il colore delle sue origini, essendo nativa della Baviera, nei pressi del lago Tegernsee.

Il colore blu, nell’ambito della cromoterapia, è una tinta che ha il potere di rallentare il battito cardiaco e di abbassare la pressione ottenendo un rilassamento di tutto il corpo. I simboli all’interno dell’opera sono molteplici e si sovrappongono in un’idea di amore e pace tra gli uomini.

La sfera disegnata che rappresenta il mondo vuole essere il simbolo della convivenza pacifica, oppure la Natività, che rappresenta la possibilità di salvezza per tutta l’umanità, e ancora il veliero che, disegnato in cielo, sembra affrontare il suo mare, l’universo, il desiderio e la sfida di tutti coloro che si lasciano alle spalle il passato alla ricerca di un nuovo inizio.

La mostra di Anja prosegue il percorso che l’artista ha iniziato trent’anni fa, finalizzato ad unire arte e artigianato con quel senso di humour, serenità e un tocco di serietà che sono la cifra stilistica dell’artista bavarese. Dal 1993 Anja ha spalancato le porte del suo Atelier prima in via Des Geneys, vicino alla parrocchia di Sant’Ippolito, a Bardonecchia, e da qui si è spostata al quartiere multietnico di San Salvario, a Torino, in via Belfiore 18. Tanti i bambini, i ragazzi e gli adulti che hanno varcato la soglia del suo inspiratorio per imparare a dipingere e decorare.

Dal 2002 al 2023 ha partecipato anche suo marito Benny Naselli, caricaturista e ritrattista. Dal 2010 si stabilisce nella centrale piazza Europa, a Bardonecchia, e di tanto in tanto si sposta a Torino e nel mondo per esporre le sue opere e i suoi “omini” realizzati su carta e tela.

Anja tiene, presso il suo Atelier, lezioni di pittura su appuntamento.

Per ulteriori informazioni: 349 1256344

 

Mara Martellotta

Pietro Baroni: “J’ai plus de souvenirs que si j’avais mille ans”

Alla Galleria “BI-Box Art Space” di Biella, e per la prima volta in Piemonte, una mostra personale del fotografo milanese 

Fino al 21 dicembre

Fino al 7 dicembre ancora visibile la retrospettiva di Letizia Battaglia

Biella

I suoi “attori” sono uomini e donne della porta accanto. Attori improvvisati, ma ben partecipi del compito assegnatogli. Ritratti in bianco e nero, che ti scuotono dentro, forse più di quanto, scossi, lo siano essi stessi. Immagini che ti imprigionano nella più ingarbugliata rete della comprensione e ti fanno, quasi, stare a distanza per non essere coinvolti in situazioni esistenziali quanto meno inquietanti o, al contrario, ti inducono ad avvicinarti per scorgere in quegli occhi, muti di emozioni sensazioni e passioni, le voragini in cui sono inciampati, rotolando in un fitto buio che nasconde loro vie di fuga e di salvezza. Dice l’artista: “Corpo, identità ed emozioni sono le mie parole chiave”. E qui, di quelle parole, non ne manca una. Sono perfetti, in tal senso, gli scatti del fotografo milanese Pietro Baroni(“Emerging Photographer of the Year” 2017 per “Lens Culture”), instancabile viaggiatore in Paesi e in anime di tutto il mondo, “per raccogliere e respirare – racconta – storie umane”. Scatti ospitati fino a sabato 21 dicembre – per la prima volta in Piemonte, dopo essere stati fra le tante città a New York e a Roma – negli spazi della Galleria “BI-Box Art Space” di Biella. Curata da Irene Finiguerra, la mostra mette insieme 40 opere, di cui una dozzina visibili in formato fotografico e le altre attraverso un video.

Da “I fiori del male” (1857) di Charles Baudelaire il titolo della rassegna: “J’ai plus de souvenirs que si j’avais mille ans – Ho dentro più ricordi che se avessi mill’anni”. Ricordi grevi che per il “poète maudit” si fanno “spleen”, “cupa malinconia”, specchio di uno stato d’animo che è “noia e angoscia d’esistere”. Sentimenti da cui appare ammaliato anche Baroni in foto scattate a persone sconosciute, rintracciate (pensate un po’!) tramite una “call online”.  Persone di diverse etnie, ceto sociale, età, diverse tra loro in ogni modo possibile. Al momento dello scatto, il fotografo ha chiesto loro di concentrarsi sui “loro segreti inconfessabili”, quelli che ognuno custodisce dentro di sé. Il risultato è una serie di volti sofferenti, sorpresi, melanconici, in pena, attoniti, arresi. “Queste opere – commenta Enrichetta Buchli, docente e psicoterapeuta – mostrano un grande potere psichico, quello di toccare profondamente le corde emotive dello spettatore. Impossibile rimanere indifferenti o piuttosto pronunciare il solito vago commento, bello, non bello, mi piace o non mi piace”. Sul giudizio critico non ci piove. Baroni conosce bene il suo mestiere. Baroni è un eccellente artista-fotografo.

Ma i suoi ritratti esigono pur anche un’interpretazione ed una riflessione di tipo psichico e analitico. E a ciò lo stesso Baroni non si sottrae, ben sapendo di farne cifra stilistica che, ancor più, richiama una curiosa interpretazione delle sue opere. Di quei volti “persi”, fra rughe e imperfezioni della pelle, mentalmente gracili su quelle “spalle nude”, indifese, com’è totalmente indifeso il corpo che nell’abito vede solo “apparenza e mascheramento”. Annota ancora Enrichetta Buchli: “Alcuni ritratti sembra cerchino di comunicare con un invisibile altro, ma senza successo, privi di ascolto, di comprensione. Della presenza empatica dell’altro. E’ decisamente originale l’abilità di Pietro nel far percepire questa invisibile presenza dell’altro, un amico, un partner, un collega, un genitore … magari fonte di dolore. Certo non è l’obiettivo della macchina fotografica”. Verissimo! Baroni non cerca redenzioni. Ai suoi personaggi lascia piena libertà di vivere le loro (e delle loro) impenetrabili assenze e frustrazioni.

Fino a sabato 7 dicembre, “BI-Box” ospita contemporaneamente anche un’altra mostra fotografica, dedicata alla grande, di fama internazionale,Letizia Battaglia (Palermo, 1935 – 2022), prima donna fotografa a essere assunta da un giornale italiano (“L’Ora” di Palermo), famosa per aver documentato dal ’74 gli anni di piombo della sua città, scattando foto dei delitti di mafia e di periferie preda di disperazione e criminalità. Suoi gli scatti, acquisiti al processo, all’“Hotel Zagarella”, con gli esattori mafiosi Salvo insieme a Giulio Andreotti e prima fotoreporter (6 gennaio ’80) a giungere sul luogo dell’omicidio di Piersanti Mattarella. “Fotografa della mafia”, ma non solo, come testimoniano le  ventiquattro fotografie esposte a Biella, già parte della rassega “Passione, Giustizia e Libertà” curata e voluta dalla Compagnia “Viartisti Teatro”, ospitata nel 2006 nelle sale del “Museo Diffuso della Resistenza” di Torino, e poi donate alla regista Pietra Selva.

Gianni Milani

“J’ai plus de souvenirs que si j’avais mille ans”

“BI-Box Art Space”, via Italia 38, Biella; tel. 015/3701355 o www.bi-boxartspace.com

Fino al 21 dicembre

Orari: giov. e ven. 15/19,30; sab. 10/12,30 e !5/19,30

Nelle foto: Pietro Baroni “Souvenirs” e parte dell’allestimento della mostra di Letizia Battaglia

Dalla Russia a Chieri… in nome dell’arte

Per tutto il 2025, l’artista russo Lev Nikitin sarà “in residenza” al “Museo del Tessile” chierese

Mercoledì 4 dicembre la presentazione alla Città

Chieri (Torino)

Sarà Chieri la sua seconda casa e il luogo ambientale e culturale, dove trovare nuove, sicuramente importanti, fonti di ispirazione al suo lavoro.

Pittore, scenografo teatrale e fashion designer, è all’artista russo (naturalizzato italiano) Lev Nikitin che la “Fondazione Chierese per il Tessile e Museo del Tessile” ha assegnato la “residenza d’artista”, per tutto l’arco del 2025.

Suo l’“Autoritratto”, riportato in apertura d’articolo. L’immagine è di grande forza di segno e di colore, specchio di inquietanti emozioni tracciate nella ruvida apparenza di un volto che è grido privo di voce, figlio di forti tormenti dell’anima, concretizzati in quel fastidioso “assalto” di insetti – farfalle, falene? – simbolo dell’anima immortale per il mondo greco-romano e di “Resurrezione” per i Padri della Chiesa e nell’arte cristiana dal Medioevo in poi. Lev non sembra quasi accorgersene. Le loro “carezze” o il loro fastidioso ronzare passano inosservate e paiono non attenuare la costante muta angoscia di un oscuro quotidiano.

Nato in Kazakistan nel 1985, Lev Nikitin si è laureato in “Arti Visive” all’“Università di Voronezh”, città non distante dal confine ucraino, nel 2009, per poi diventare docente di “Pittura” all’ “Accademia Tessile di Ivanovo (IGTA)”, a 300 chilometri da Mosca. Nel 2021 ha conseguito la “Laurea Magistrale in Filosofia e Teoria dell’Arte Contemporanea” all’“Istituto Baza” di Mosca. Nel corso della sua carriera ha esposto soprattutto in Russia, ma anche a Taiwan, Finlandia, Montenegro e più recentemente in Italia. Contestualmente, ha lavorato nell’ambito del costume e della scenografia teatrale oltre che nell’industria della moda.

A Chieri, Nikitin ha trovato la sua seconda casa, un rifugio dalla guerra e dalla discriminazione per orientamento sessuale, di cui ha difeso la libertà di scelta attraverso coraggiosi progetti artistici. Nel 2024, pur svolgendo alcune operazioni a titolo volontario per il “Museo del Tessile”, ha collaborato con la “Fondazione” chierese professionalmente, realizzando produzioni sartoriali di scena su commissione del “Cirko Vertigo – Accademia di Circo Contemporaneo”, con sede in Piemonte a Grugliasco e a Mondovì.

Nel 2025 esporrà l’esito di un “progetto artistico” in fieri in una mostra al “Museo del Tessile” di Chieri.

Frattanto, per presentarsi alla cittadinanza, mercoledì 4 dicembredalle ore 15 alle ore 17, terrà un workshop destinato ai bambini dai 6 ai 12 anni.

Adiuvato da Carla Pedrali (modellista e tessitrice), guiderà i più piccoli a realizzare una “corona natalizia” con materiali tessili nella sala studio della “Fondazione” (ingresso: via Giovanni Demaria, 10).

Il laboratorio è gratuito e aperto a 15 bambini fino a esaurimento posti.

Per prenotarsi, scrivere a: prenotazioni@fmtessilchieri.org

g.m.

Nelle foto:

–       Lev Nikitin “Autoritratto”

–       Lev Nikitin

–       Corona natalizia

Due Madonne col Bambino. Gentileschi e Van Dyck a confronto

Due capolavori dalla collezione Corsini” in mostra a Torino

Nell’ambito della rassegna “L’Ospite illustre”

La mostra espone due opere prestigiose di Orazio Gentileschi e Antoon van Dyck, entrambe conservate presso la Galleria Corsini di Roma.

La Madonna col Bambino dipinta a Roma da Orazio Gentileschi intorno al 1610 e la Madonna della paglia di Antoon van Dyck, realizzata a Genova tra il 1625 e il 1627, fin dal Settecento si trovavano a confronto nella “Galleria nobile” di Palazzo Corsini alla Lungara a Roma, la sala destinata ad accogliere i capolavori selezionati dal cardinale Neri Maria Corsini.

Dieci anni circa separano i due quadri, che costituiscono due diverse interpretazioni della cosiddetta “Madonnadel latte”, un’iconografia fortunatissima, nata per visualizzare concretamente il ruolo di Maria come madre di Cristo.

Il quadro di Gentileschi testimonia la novità della rivoluzione di Caravaggio e della pittura “dal naturale”, in cui il tema sacro è trasformato in un momento intimo e quotidiano. L’essenza dell’opera è infatti tutta nell’umanissimo scambio di sguardi tra la madre e il figlio, che allunga la mano per tirarle la veste. Se non fosse per l’aureola e i consueti colori rosso e blu dell’abito, la Vergine potrebbe essere una qualsiasi ragazza del popolo, abbigliata secondo la moda romana dell’epoca, così come il Bambino con il suo sgargiante vestito giallo.

Van Dyck, invece, sulla scia dei grandi maestri del Rinascimento italiano, reinterpreta il tema con una forte densità simbolica, inserendolo nel contesto della Natività. In ossequio ai dettami del Concilio di Trento, evita di mostrare un’immagine “sconveniente”, coprendo il seno di Maria con la testa del bimbo addormentato, ma lasciando la veste abbassata per alludere all’allattamento. Una serie di dettagli sottolinea poi la morte e resurrezione di Cristo: dal viso della Vergine, assorto e malinconico, alla nuvola scura che irrompe nella capanna, fino alle spighe che danno il nome al quadro e i cui steli formano una croce in primo piano.

 

DOVE

Gallerie d’Italia – Torino

QUANDO

Dal 27 novembre 2024 al 12 gennaio 2025

BIGLIETTI

Intero 10€, ridotto 8€, ridotto speciale 5€ per clienti del Gruppo Intesa Sanpaolo e under 26; gratuità per convenzionati, scuole, minori di 18 anni, dipendenti del Gruppo Intesa Sanpaolo, prima domenica di ogni mese

 

“Sensitive Stones”, un’opera di Andrea Caretto e Raffaella Spagna

 

 

Il Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea, sabato 30 novembre prossimo, presenta il progetto “Sensitive stones”, una liloteca Esperienziale, che coincide con l’attivazione dell’opera di Andrea Caretto e Raffaella Spagna, presentata nell’ambito della mostra “Mutual Aid-Arte in collaborazione con la natura”. L’opera del duo artistico Caretto-Spagna è stata presentata nella biblioteca di Rivoli ed è rappresentata da un’installazione interattiva fondata sull’incontro intimo e personale tra soggetti umani e minerali. “Sensitive Stones. Progetto per una litoteca Esperienziale” si compone di una collezione di ciottoli e blocchi di roccia raccolti dagli artisti su vari siti della Val Seriana, in particolare nel territorio di Alzano Lombardo. In seguito levigate e lucidate, queste pietre lisce e lucenti, ma dalla forma inalterata, sono messe a disposizione del pubblico per un prestito temporaneo tramite una modalità simile a quella adottata dai libri in biblioteca.

La coppia artistica Caretto-Spagna coinvolge le persone auspicando che il contatto e l’intimità con questi oggetti, corredati di scatole di legno e taccuini per appunti, generino nel fruitore una relazione di inedita interdipendenza, convivenza e incontro con il mondo animale e i suoi microracconti.

Nel corso dell’attivazione gli artisti raccontano il procedimento di selezione e preparazione delle pietre e invitano a sperimentare i molteplici usi delle rocce, dalla pura contemplazione allo studio fino all’esplorazione di diverse forme di contatto, come il portarle nelle proprie tasche o posizionarle sotto il cuscino per favorire l’incontro notturno con dimensioni inconsce differenti.

Nella giornata di sabato l’attivazione dell’opera è prevista dalle 12 alle 13, dalle 16 alle 17 e dalle 17 alle 18. Ogni sessione è preceduta da una visita guidata alla mostra “Mutual aid. Arte in collaborazione con la natura”, a cura del Dipartimento di Educazione del Museo alle 11, alle 15 e alle 16.

L’appuntamento si inserisce nell’ambito del progetto di public program “Vibrant Natures. On telluric Cosmologies”, a cura di Guido Santanadrea e Marianna Vecellio e nato dalla collaborazione tra Almanac, castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea e Orti generali.

Il programma prosegue la riflessione iniziata con “On decay and rebirth”, realizzato tra febbraio e marzo 2024, mantenendo come base di ricerca i caratteri di complessità, pluralità, coesistenza e reciprocità propri della natura. Fil rouge del percorso lo sviluppo di un pensiero ecologico e di una coscienza ambientale che riposizioni l’umano all’interno della natura, rispondendo all’urgenza di sviluppare politiche di resistenza alle economie di sfruttamento della natura fondate sul superamento dell’opposizione tra oggetto e soggetto, tra natura e cultura, tra umano e non umano.

Offrendo una ridefinizione del concetto di natura come agente attivo e vitale, “Vibrant natures On telluric cosmologies” esplora come artisti e ricercatori di diversi ambiti riflettano sulle possibilità di azione e influenza di entità non umane, ponendole come condizioni necessarie per mettere in discussione le condizioni che hanno condotto all’attuale crisi climatica e ambientale.

 

Mara Martellotta

Galleria Malinpensa by La Telaccia: le donne protagoniste nell’arte

Informazione promozionale

“Le donne nell’arte” sono protagoniste della mostra in programma da martedì 26 novembre al 7 dicembre prossimo presso la galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia. Le quattro artiste dell’esposizione, curata dalla direttrice artistica Monia Malinpensa, sono Alessandra Cardi, Anita Clemente, Ines Tropeani e Luisa Piccoli.

L’artista Alessandra Cardi vive e lavora a Montebelluna, in provincia di Treviso. Senza un’educazione scolastica in ambito artistico ha manifestato già dalla giovinezza una particolare propensione per l’equilibrio di colore delle linee. Il suo istinto la conduce a avvicinarsi all’arte astratta, che sente molto vicina a quel mondo interiore che diventa propulsore creativo quando si avvicina a una tela. Esprime con il suo linguaggio pittorico emozioni profonde, finalizzate a una ricerca interiore altamente riflessiva. I suoi soggetti astratti, che sono caratterizzati da elementi figurativi dal tratto volutamente non compiuto, evolvono in una rappresentazione ricca di dettagli formali e di aspetti simbolici. Il segno incisivo si libera in una astrazione poliedrica di pura espressione in cui l’utilizzo di materiali diversi, quali la corda, regalano all’opera dimensione sensoriale del tutto suggestiva in grado di lasciare spazio di interpretazione allo spettatore.

L’artista Anita Clemente, nata a Milano nel 1977, da sempre attratta dall’arte in ogni sua forma, si approccia al disegno, alla pittura e al genere figurativo. Sentendosi limitata dalla staticità della pittura, si avvicina in momenti più recenti al mondo fotografico e lo riconosce come un mezzo, più che come un fine. Non si limita alla sola rappresentazione figurativa, ma trasforma la materia attraverso interventi di innovativa combinazione e di complessa progettualità, dove è evidenziato un iter che la contraddistingue. Frammenti di fotografie e moduli pittorici si liberano costantemente nelle sue installazioni, giocando con i pieni e i vuoti per creare un aspetto tridimensionale di ampio stile personale. Si tratta di un’artista capace di unire diverse tecniche con una stesura valida e suggestiva che spazia in modo magistrale dal figurativo all’astratto.

 

Ines Tropeani, nata a Montebelluna, in provincia di Treviso, nel 1989, frequenta l’Istituto d’Arte dove si diploma in Grafica Pubblicitaria e Fotografia, per poi iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove si laurea in Discipline e Arti dello Spettacolo. Fotografa e scenografa, unisce l’approccio naturalistico e realistico con una sensibilità speciale e meticolosa nei dettagli, riflettendo una profonda e attenta analisi del soggetto. L’artista ha la capacità di trasformare un semplice paesaggio o elemento naturalistico in una rappresentazione intensa, che vive di emozioni e stati d’animo ricorrenti. La composizione del soggetto fotografico assume un ruolo fondamentale nel suo iter, che si carica di luci e di ombre magistrali in un perfetto connubio.

 

L’artista Luisa Piccoli, nata a Bisceglie, in provincia di Bari, nel 1953, ha conseguito la maturità classica e ha frequentato l’Accademia d’Arte di Bari. È pittrice, scultrice, scrittrice, poeta e scenografa. Utilizza un linguaggio di grande spessore umano e porta alla luce una figurazione di notevole tensione lirica e di poetica creatività, che si distingue rilevante e personale. L’artista concepisce opere sulla condizione umana e sociale con profonda essenza emotiva, offre al fruitore importanti spunti di riflessione e significativi messaggi, sempre con rispettabilità e sentimento. Si tratta di racconti di pura contemplazione che suscitano emozioni, e svolgono una funzione molto impegnativa e simbolica.

 

Mara Martellotta

 

“Destini in discesa” in mostra al Museo MIIT

Il Museo MIIT di Torino, Italia Arte e galleria Folco curano e organizzano dal 25 novembre la mostra “Destini in discesa” in occasione della giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebra, appunto, il 25 novembre. L’inaugurazione della mostra avverrà alle 19.30 e sarà accompagnata, alle 20.30, dalla presentazione del libro di Mariaflora Sartor “Destini in discesa” Golem edizioni. Come recita il titolo dell’esposizione, essa è dedicata al mondo della donna, alle artiste che da sempre dedicano la propria creatività alla figura femminile e alle problematiche che ne hanno segnato e continuano a segnare il percorso esistenziale.

Accanto agli autori contemporanei sarà anche presentata una selezione di opere di autori storicizzati, da Francesco Messina a Novella Parigini, da Marc Chagall a Innocente Salvini, esponenti di fama del Novecento che hanno riservato alla figura della donna un posto primario nella loro produzione. Sono in esposizione, tra gli altri, opere di Marco Barnabino, Federica Bertino, Milena Buti, Patrizia Caffaratti, Liliana Cavigioli, Mariell Chirone Guglielminetti, Michele Di Leo, Laura Fasano, Mattia Fassi, Enrico Frusciante, Vito Garofalo, Maria Pia Giacomini, Francesca Guetta, Barbara Pecorari, Luigia Rinaldi, Anna Rota Milani, Marilena Visini.

La mostra, visitabile in corso Cairoli 4, presso il Museo MIIT, rimarrà aperta fino al 5 dicembre prossimo con orario dal martedì al sabato ore 15.30-19.30

 

Mara Martellotta