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Il MAUTO inaugura il ciclo di “Convergenze”

 In occasione della collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, dal 30 ottobre 2025 all’8 marzo 2026

Il MAUTO accoglie nei propri spazi, da giovedì 30 ottobre prossimo fino all’8 marzo 2026, la mostra “News from the Near Future”, estensione del progetto espositivo allestito nella sede della Fondazione in via Modane, in occasione del 30esimo anniversario della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. La mostra rappresenta il primo atto di una nuova progettualità culturale per il MAUTO, che inaugura un ciclo di collaborazioni con le istituzioni culturali del contemporaneo, nel segno di una visione rinnovata, aperta e intersezionale che caratterizza la nuova energia del MAUTO. Voluta dal bord del Museo e dal presidente Benedetto Camerana, e guidata dal direttore Lorenza Bravetta, questa visione definisce il Museo come una piattaforma di dialogo tra saperi e linguaggi, capaci di affiancare alla propria identità storica una attitudine dinamica, relazionale e critica. La collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, grande protagonista della vita culturale torinese e italiana, e tra le più autorevoli voci del panorama dell’arte contemporanea, segna l’avvio di un percorso condiviso. Il progetto si basa sull’intesa tra queste due istituzioni, che condividono il desiderio di confrontarsi con la complessità del presente attraverso nuovi paradigmi narrativi. Ciò che nasce dalla collaborazione tra queste due istituzioni va oltre la semplice coabitazione, definendo un gesto curatoriale che amplia i codici del racconto museale, che invita il pubblico a nuove forme di lettura e confronto. Questo orientamento si inserisce nel piano strutturale del MAUTO, che oggi è un museo in trasformazione. Le collaborazioni con il contemporaneo, intraprese dalla direzione Bravetta, superano il momento episodico e definiscono la concezione strategica di una visione culturale a lungo termine, capace di iscrivere l’istituzione tra gli attori del presente, connettere nuovi pubblici, innescare nuove domande e riflessioni, ma anche connettere il MAUTO alla città e viceversa; a mettere con condivisione i saperi, creare alleanze e attivare sinergie. Il Museo si propone come interlocutore culturale attivo nella Torino che cambia, in cui le istituzioni si contaminano e costituiscono insieme un’idea di cultura pubblica e plurale.

Mara Martellotta

CAMERA festeggia i 10 anni  con una mostra dedicata a Lee Miller

CAMERA inaugura la stagione autunnale con una grande mostra dedicata alle opere di Lee Miller negli anni 1930-1955. Si tratta di un viaggio in 160 immagini tutte provenienti dai Lee Miller Archives, per riscoprire gli sguardi infiniti della straordinaria fotografa americana.

La nuova mostra aprirà i battenti il primo di ottobre per chiudersi il primo febbraio 2026.

Molte delle immagini esposte sono pressoché inedite, per una chiave di lettura sia pubblica sia intima del suo lavoro è della sua personalità straordinaria. L’esposizione dà il via ai festeggiamenti per i dieci anni di CAMERA, con un programma ampio e articolato, lungo un anno, dedicato al mondo della fotografia nelle sue infinite sfaccettature.
Il percorso espositivo si concentra sull’intensa attività dell’autrice americana tra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento, Lee Miller, ponte ideale tra gli Stati Uniti, la sua terra natale, e l’Europa, dove si trasferisce ancor giovane e dove decide di stabilirsi, prima a Parigi, poi in Inghilterra e quindi in Africa, dove trascorre alcuni anni della sua intensa vita. Di origine statunitense, nasce nello Stato di New York a Poughkeespie, nel 1907, Lee Miller si sposta a Parigi alla fine degli anni Venti con la determinazione di diventare una fotografa, tanto da convincere Man Ray ad accoglierla come assistente nel suo studio.

Da quel momento inizia la sua vera e propria carriera  e continua una vita fatta di incontri e scelte eccezionali. L’avvicinamento al movimento surrealista, l’amicizia prima e il diventare Musa ispiratrice di Pablo Picasso poi, di Max Ernst, Paul Eluard. Strinse rapporti anche con artiste del calibro di Eileen Agar, Leonora Carrigton, Dorotea Tanning, realizzando alcune delle immagini più significative  della storia della fotografia surrealista, contribuendo anche alla scoperta della solarizzazione, una tecnica che lei e Man Ray sfrutteranno al meglio. A metà degli anni Trenta si sposa e si trasferisce in Egitto, realizzando immagini di paesaggio dal sapore enigmatico, per poi tornare in Europa alla vigilia del conflitto mondiale.
Collaboratrice di Vogue, realizza per la più celebre rivista di moda non solo i classici servizi dedicati al mondo della haute couture, ma anche, in coincidenza con l’esplosione della seconda guerra mondiale, immagini inattese che uniscono stile e vita quotidiana nella Londra ferita dai bombardamenti tedeschi.
È al termine della guerra  che Lee Miller realizza i suoi servizi più noti, che coincidono con le tragiche immagini dei campi di concentramento e quelle del disfacimento della Germania nazista, con gli ufficiali suicidi, le fiamme che divorano la dimora estiva di Hitler e le città distrutte.

Una serie di scatti pubblicati ancora su Vogue segnano in maniera indelebile la vita di Lee Miller che, con il nuovo marito Roland Penrose, si ritira dal dopoguerra nella campagna del Sussex, accogliendo lì gli amici artisti, mettendo da parte il suo impegno fotografico fino ad abbandonarlo. Ma anche in queste immagini apparentemente solo familiari si legge il genio sovversivo e ironico di una delle più grandi fotografe del Novecento.

Il percorso della mostra segue un andamento cronologico, che evidenzia una delle principali caratteristiche della vita e dell’opera di lee Miller, la sua inesausta curiosità, il suo continuo desiderio di cambiare, di scoprire aspetti nuovi tanto nella vita quanto nella fotografia.
Le immagini che raccontano il suo breve periodo surrealista appartengono ad un solo triennio, dal 1929 al 1932. In questo breve lasso di tempo Lee Miller passa dall’essere solamente la modella e l’assistente di Man Ray a realizzare opere come “Impasse des Deux Anges”, “Exploding hand” e “Coiffure”, tutte in mostra, fino a lavorare autonomamente nell’ambito della fotografia di moda e a recitare in un film di culto del periodo come “Le sangue d’un poète” di Jean Cocteau.

Nello studio di Man Ray si presentò dicendo “Buongiorno, mi chiamo Lee Miller e sono la sua nuova assistente” e alla risposta del maestro, che le ricordava di non avere alcuna assistente, lei replicò “ Beh, da adesso ne ha una”.

Quando la sua carriera sembrava avviata in questa direzione tra arte, moda e cinema, Lee Miller abbandona tutto e torna negli Stati Uniti, dove rimane per altri tre anni, aprendo uno studio fotografico, nel quale ritrae diverse personalità del cinema e dell’high società statunitense e dove rafforza la sua presenza nel campo della fotografia di moda, collaborando anzitutto con Vogue. Ma tutto questo non basta a Lee Miller che incontra il ricco uomo d’affari egiziano, Aziz Eloui Bey, se ne innamora, lo sposa e i due si trasferiscono in Egitto nel 1934. Una nuova esperienza, altre fotografie  epocali , si rocorda in mostra quella che sembra abbia ispirato René Magritte intitolata “Portrait of space”. Partecipa aduna sorte di cellula surrealista  egiziana che lei metterà in contatto con gli amici europei e, dopo appena tre anni, il sorgere di nuove inquietudini. Lee Miller fa ritorno in Europa nel 1937,incontra isuoi sodali Surrealisti, tra cui le amiche Nusch Eluard, fotografata sorridente di fianco aun’automobile in un bellissimo ritratto, Ady Fidelin, nuova compagna di Man Ray, l’artista Dora Maar, al tempo compagna di Pablo Picasso e conosce l’artista e collezionista Roland Penrose, che di li a poco diventerà il suo secondo marito. Alla voglia dello scoppio della seconda guerra mondiale si trasferisce con lui in Inghilterra, nel 1939, iniziando una nuova stagione di vita e di fotografia.

Cinque anni di guerra, cinque anni di fotografie dopo aver rinunciato a tornare negli Stati Uniti, per continuare a lavorare, volontariamente, nello staff di Vogue a Londra.tra il 1940 e il 1943, le foto straniate della capitale britannica bombardata dai tedeschi ( in mostra anche la sorprendente Fire masks, dove l’abbigliamento di guerra trasforma i soggetti in protagonisti di una scena surreale, poi il desiderio di muoversi e la successiva decisione di entrare afar parte dei reporter al seguito delle armate alleate in Europa, che sarà sempre Vogue a pubblicare, insieme ai servizi di moda.

E se le sue fotografie sono straordinarie, sia quelle più affini al reportage, come nel caso dell’assedio di Saint Malo, sia quelle più misteriose scattate alla fine dellaguerra nell’Europa devastata, ancora più sorprendente risulta la sua capacità di scrittura. Tutte le immagini che escono su Vogue sono accompagnate dai testi della fotografa, che si dimostra anche una valente giornalista.

In poco più di dieci anni Lee Miller ha vissuto un numero sorprendente di vite e non stupisce la conclusione dell’intera vicenda e mostra che si conclude tra l’Italia e la campagna inglese dove lei e Roland Penrose si ritirano, accogliendo gli amici come Saul Steinberg, Max Ernst, Alfred H.Barr Jr., Renato Guttuso, un giovanissimo Richard Hamilton, e mettendo in scena con loro divertenti siparietti che rappresentano l’ultimo contributo della fotografa alla cultura figurativa del suo tempo.

Tutto questo è raccontato in una mostra di 160 immagini, accompagnate anche dalla riproduzione di alcune pagine delle riviste dove sono stati pubblicati i suoi servizi fotografici e giornalistici. L’esposizione è inoltre arricchita da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore e da un programma di iniziative di educazione all’immagine, condivisione e partecipazione rivolte a pubblici diversi per età e formazione.

L’esposizione sarà affiancata dal consueto programma dei Giovedì in CAMERA, la rassegna di incontri e talk che si svilupperà nei mesi di dicembre e gennaio per creare occasioni di scambio culturale, a partire dal lavoro di Lee Miller. Gli appuntamenti coinvolgeranno scrittori, giornalisti ed esperti del settore, con l’intento di esplorare le tematiche esplorate in mostra e attualizzare attraverso la contemporaneità. Il 13 novembre sarà la volta di Walter Guadagnini, direttore di CAMERA e curatore della mostra, per un approfondimento sulla vita e sull’opera della fotografa americana. Tra gli appuntamenti confermati, l’1 dicembre è attesa Francesca Marani, Senior Photo Editori di Vogue Italia, che esplorerà il doppio ruolo di Lee Miller come fotografa e modella capace di muoversi sia davanti sia dietro l’obiettivo. Nel 2026 il programma riprenderà il 22 gennaio con un incontro che vedrà protagonisti Marie Sumalla, Photo Editor del quotidiano francese Le Monde, con Ahmad Halabisaz, fotografa iraniana in esilio in Francia, per riflettere sul tema della fotografia in quanto strumento per testimoniare conflitti, crisi sociali e temi urgenti in continuità con l’attività svolta da Lee Miller durante la Seconda Guerra Mondiale.

CAMERA – via delle Rosine 18, Torino – telefono: 011 0881150

Mara Martellotta

Riapre al pubblico la mostra allo Studio Museo Casorati di Pavarolo

Domenica 28 settembre ha riaperto al pubblico la mostra “Felice Casorati  Designer”, che è stata protagonista la scorsa primavera di un grande successo di pubblico. L’esposizione si arricchisce di un nuovo dialogo tra passato e presente, grazie all’intervento del designer Piergiorgio Robino. Il nuovo percorso infatti propone un dialogo inedito all’interno delle arti applicate associando Felice Casorati al Designer e artista piemontese Piergiorgio Robino.
La mostra rientra nel progetto intitolato “Pavarolo. Borgo Felice. Turismo sostenibile tra arte  e paesaggio”, che è vincitore del bando Territori in luce della Fondazione Compagnia di San Paolo; è visitabile fino al 9 novembre e segue un percorso che comprende lo Studio Museo Felice Casorati, la Veranda di Casa Casorati e la Torre Campanaria di Pavarolo.
Nello studio Museo, sito in via del Rubino 9,  sarà  possibile da parte del pubblico ammirare un tappeto steso sotto il tavolo di Casorati, una sorta di spazio pittorico a terra, e una poltrona contemporanea che dialoga con un cactus scultoreo del maestro. Nella Veranda di casa Casorati, in via Maestra 31, divenuta dal Duemila uno spazio espositivo, sarà avviato un con’fronto tra gli arredi originali progettati da Casorati e le nuove opere di Studio Nucleo create apposta per la mostra. Vi è la serie Assenze, che esplora il rapporto tra spazio reale e spazio virtuale, superficie e profondità,  trasformando la macchina in strumento espressivo. Nella Torre Campanaria di Pavarolo, in via Maestra 2, trovano posto i lavori più recenti del nucleo, tra cui il pezzo ‘Chaise en l’occurrance’.

Il critico Damiano Gullì sottolinea come le ricerche di Casorati possano essere considerate  una forma di proto-design, volumi essenziali e geometrie pure che hanno anticipato la nascita del design italiano. Parallelamente Studio Nucleo ha contribuito negli anni Duemila a legittimare il design da collezione in contesti di gallerie e musei, con un approccio totalmente svincolato dalla serialità produttiva.

Mara Martellotta

Gli Stati Generali dell’Enoturismo a Rosignano Monferrato

Domenica 5 ottobre 2025, Rosignano Monferrato celebra la 30ª edizione di Vendemmia in Arte con un programma che intreccia approfondimento, valorizzazione territoriale e spettacolo. Al centro della giornata: la tavola rotonda dedicata al futuro dell’enoturismo, l’Infernot Wine Festival con la Banca del Vino e, nel pomeriggio, il concerto di Giorgio Conte in trio – Sconfinando Tour 2025 in Piazza XI Settembre (ore 16.00, ingresso libero; in caso di pioggia al Teatro Ideal).

La mattinata si aprirà alle ore 10.00 al Teatro Ideal con la tavola rotonda:
“Vino, mercato ed enoturismo in Monferrato. La tendenza del calo dei consumi in quale modo può incidere sull’enoturismo nei territori del sito Unesco I paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato?”

Un confronto di alto profilo, che vedrà la partecipazione di: Paolo Sabbatini (Università di Torino), Gianpaolo Fassino (Università Piemonte Orientale), Maurizio Gily (Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo), Giovanna Quaglia (Presidente Associazione Paesaggi Vitivinicoli Langhe-Roero e Monferrato), Claudio Coppo (Presidente Consorzio Tutela Vini Colline del Monferrato Casalese – Piemonte Land of Wine), Federico Piemonte (Banca del Vino di Pollenzo). La tavola rotonda sarà coordinata dal giornalista Pier Ottavio Daniele.
Al termine, nel cortile d’onore del Palazzo Municipale, spazio al vino e alla convivialità con l’Infernot Wine Festival: un momento che celebra la tradizione locale e che segna un nuovo patto monferrino con la Banca del Vino di Pollenzo.
La festa proseguirà nel pomeriggio con il concerto di Giorgio Conte in trio – Sconfinando Tour 2025, alle ore 16.00 in Piazza XI Settembre, a ingresso libero.
Durante la giornata si ricorderà quarantennale del Consorzio del Barbesino e sarà inaugurato il murales dedicato al senatore Paolo Desana, padre della legge sulle Denominazioni di Origine Controllata, di cui fu promotore e primo firmatario.

“Questa edizione speciale di Vendemmia in Arte mette in risalto il ruolo dell’enoturismo come risorsa strategica per il Monferrato – ha dichiarato Cesare Chiesa, Sindaco di Rosignano Monferrato – con la presenza di autorevoli voci del mondo accademico, la nascita della sede monferrina della Banca del Vino e il contributo artistico di Giorgio Conte vogliamo offrire una giornata che unisce pensiero, cultura e comunità”.

Mara Martellotta

Spazio Giorgio Tonti, omaggio all’arte e alla libertà di pensiero 

Si è svolta sabato 27 settembre a Sala Monferrato l’inaugurazione dello “Spazio Giorgio Tonti”, pittore e grafico, fondatore nel 1968 dello Studio Zero a Milano, mancato a Sala nel 2021 dopo oltre venti anni di residenza nel nostro paese. Artista eclettico e versatile, Tonti ha attraversato molte avanguardie, sperimentate con libertà di pensiero, tocco originale unico e immediatamente riconoscibile. Attraverso uno straordinario curriculum di oltre cinquanta mostre in ogni parte del mondo, è considerato dalla critica uno degli artisti contemporanei più rappresentativi.

La presentazione del nuovo “Spazio Giorgio Tonti” è stata curata dal sindaco Mario Melotti e dalla figlia dell’artista Alessandra con l’apprezzato intervento della critica d’arte Giuliana Romano Bussola che ha sapientemente tratteggiato le caratteristiche stilistiche delle opere del grande artista e, in particolare, dei quadri esposti nelle due sale completamente ristrutturate dell’ex Asilo Comunale. Le delicate melodie dell’arpa, interpretate da Tera Trivero, hanno accompagnato il percorso artistico che i numerosi presenti hanno dimostrato di apprezzare. Un gustoso buffet, offerto dalla amministrazione comunale, ha completato il piacevole pomeriggio all’insegna della bellezza e dell’arte. L’allestimento è stato curato da “Espressioni” di Asti (Sergio Ollino e Tullio Smaniotto) con il supporto della raffinata grafica di Francesco Gemelli (“Tribe Communication” di Milano).
Ha dichiarato, soddisfatto, il sindaco Mario Melotti: “Lo Spazio Giorgio Tonti arricchisce una già importante offerta artistica e culturale del nostro paese che propone anche un museo dedicato a Nanni Ricordi, l’infernot di S. Francesco, l’antica ghiacciaia comunale e le belle chiese che custodiscono preziose tele e affreschi di Guglielmo Caccia. Ringrazio tutti i professionisti, i consiglieri comunali, gli amici e i volontari che si sono prodigati in questi mesi per la buona riuscita di questo grande evento”.

Al Museo Miit la personale di Sergio Cavallerin

“La disseminazione del segno”, dove a regnare sono i polimeri

Il Museo MIIT, diretto da Guido Folco e sito in corso Cairoli 4, sino al 15 ottobre 2025, ospiterà la mostra “Sergio Cavallerin. La disseminazione del segno” di un artista grande interprete della cultura creativa italiana e internazionale. Poliedrico, ironico, vulcanico, il maestro Sergio Cavallerin ha fatto della professionalità, del rigore la sua cifra stilistica primaria, eccellendo in ogni ambito artistico in un si è impegnato, dal fumetto alla grafica, dell’illustrazione alla pubblicità, fino alla pittura. In mostra sono esposte opere della famosa serie Polimeri,lavori pittorici, creativi e originalissimi, con un’importante valenza ideale. Qui l’artista sperimenta effetti ottici in una declinazione dello spazio abitato da reiterate presenze di personaggi dell’immaginario collettivo, in cui all’improvviso spunta un ospite da scoprire. Sembra quasi che l’autore abbia voluto provocare l’osservatore e la sua spesso distratta fruizione dell’opera d’arte coinvolgendo in un gioco-dialogo di un percorso visivo e mentale. Non tutta l’arte è uguale, sembra volerci dire il Maestro, e deve essere scoperta nel dettaglio per poterne assaporare fino in fondo l’alchimia e la bellezza. Le opere, definite dall’artista Polimeri, riprendono il senso insito nella parola, una ripetizione continua di presenze ed elementi più piccoli uniti attraverso legami indissolubili. Una sorta di simbolica e concettuale visione della società odierna, perennemente interconnessa, in cui ogni elemento si fonde con il tutto.

Ogni polimero di Cavallerin si distingue per una domanda, la cui risposta allude al gioco. Se ci troviamo in un polimero con dei palloni, ci viene chiesto di trovare l’arbitro. Su uno con delle faci su fondo rosso, ci viene chiesto di trovare il martello; se ci troviamo in un altro polimero con degli spinaci, si chiederà di trovare Braccio di Ferro. Ogni polimero è un’opera d’arte, stimolando una riflessione ben oltre la superficie, perché l’artista vuole portarci dentro il senso nascosto dell’enigma. La vera opera non è il quadro in sé, ma il rebus celato dietro la domanda, rivelandosi nel piccolo elemento della risposta, che il fruitore dovrà rielaborare nel senso. Prendiamo il polimero che ci chiede dove sia la mosca bianca, che rappresenta un modo di dire per sottolineare una rarità. La mosca bianca non esiste se non nell’immaginario metaforico, ma diventa simbolo delle cose rare e preziose, come le risposte create da Cavallerin, perché non dipinte ma realizzate su metalli pregiati, oro bianco e argento, da lui stesso disegnate, ritagliate e applicate sulla tela come un diadema incastonato su un qualsiasi oggetto al fine di definire una maggiore pregevolezza e unicità.

Secondo il critico Andrea Baffoni, si tratta dell’inedito regno della Pop Alchimia, qualcosa di mai sperimentato prima e con cui riflettere il senso di entropia contemporanea, un linguaggio dal risvolto esistenziale in cui la centralità è incarnata dalla risposta, in virtù della sua realizzazione in metallo raro. Ogni polimero diventa spazio di indagine individuale e real, un personale cammino iniziatico per arrivare a u a verità che, di fatto, rappresenta il raggiungimento della consapevolezza. I Polimeri di Cavallerin rappresentano personaggi letterari amati e conosciuti da tutti, come Pinocchio e Geppetto, elementi naturali come il Sole e la Luna, simbolo degli opposti e delle energie esistenziali che si completano, animali ripetuti come la mosca, ma con una speranza di cambiamento ideale alla ricerca del loro sempre più raro mutamento.

“Nell’arte di Cavallerin – spiega il direttore del Miit Guido Folco, curatore della mostra – l’aspetto comunicativo passa anche attraverso i cromatismi vibranti e accesi di luce, dal rosso al giallo, dal verde all’arancio, creando un impatto visivo potente, elemento impresso nell’osservatore, come uno spot che lancia un messaggio sempre diverso, ma sempre condiviso dai fruitori dell’opera. Cavallerin è riuscito nell’impresa di raccontare il mondo a modo suo, trasversale alle mode del momento con uno stile definito e maturo, catturando l’attenzione del pubblico attraverso un linguaggio accessibile e diretto, coinvolgente e, contemporaneamente, stimolante”.

Mara Martellotta

Ultima settimana: “Ritratti…”. 90 e tutti “da incorniciare”

In mostra al “Museo Nazionale del Risorgimento Italiano”, un secolo di grande Fotografia internazionale in arrivo dalla “Collezione Bachelot”

Fino al 5 ottobre

Correva l’anno 1960. Una bellissima, poco più che ventenne e dal sorriso irresistibile Romy Schneider (icona cinematografica della “Principessa Sissi”), accanto a un cinquantenne, un po’ distratto, Luchino Visconti, ammicca divertita al “paparazzo” che la “punta”, benevolmente “minacciandolo” di diventare lei la fotografa e lui, a breve tiro, il bersaglio del suo scatto. Il “povero” malcapitato fotografo è il celebre americano Sanford H. Roth (grande amico e fotografo quasi “personale” di James Dean che considerava Roth e la moglie come una sorta di “genitori adottivi”) e la foto è una delle circa 90, originali, esposte, fino a domenica 5 ottobre, negli spazi del “Corridoio della Camera Italiana” – Museo Nazionale del Risorgimento” di piazza Carlo Alberto (Palazzo Carignano) a Torino. Tutte in arrivo  da Parigi, dalla “Collezione Florence e Damien Bachelot”, fra le più importanti raccolte fotografiche private a livello europeo, rappresentano una suggestiva, protratta nel tempo, “città di ritratti” – secondo la calzante definizione assegnata alla mostra dalla curatrice Tiziana Bonomo (“ArtPhotò”) cui si deve anche, quale immagine guida, la scelta di “Lanesville”, 1958, di Saul Leiter – promossa dall’Associazione Culturale “Imago Mundi” di Torino e titolata, in linea con i soggetti esposti, “Ritratti. Collezione Florence e Damien Bachelot”.

 Una “città di ritratti”, per l’appunto: antologia di volti e figure che sono narrazioni di vite, le più varie e intense, immagini glamour e di umane miserie, di infinite gioie e struggenti dolori, di amori e odi senza fine, uno “sguardo rivolto – ancora Bonomo – alla nostra umanità fatta di miti, di emozioni e di concrete attuali realtà sociali”. Articolato, infatti, in quattro emblematiche sezioni – “Attualità”“Miti”“Società” ed “Emozioni” – l’iter espositivo ci porta dallo scatto iconico (che fece il giro del mondo) del neozelandese Brian Blake, immortalante Pablo Picasso mentre assiste a una corrida con la moglie Jacqueline Roque e Jean Cocteau alla potente capacità documentaria di Lewis Hine, che nella prima metà del Novecento fece dell’arte fotografica uno prezioso strumento di denuncia sociale, ritraendo i volti dei bambini migranti italiani negli States per raccontare la brutalità del lavoro minorile, fino ad arrivare ai toccanti ritratti dei soldati ritratti dal fotoreporter francese  Gilles Caron in Israele, durante la “Guerra dei sei giorni” (giugno, 1967) e in Irlanda del Nord, in occasione  del “The Troubles”, il conflitto fra comunità cattolica e i protestanti dell’Ulster, che durò circa trent’anni. Ma anche scatti meno “impegnativi” come quelli di un’inedita Nan Goldin, fotografa e attivista statunitense, oggi 71enne, con due immagini dedicate a una seducente (classe ’62) Jennifer Jason Leigh, attrice considerata, secondo la Rivista “Harper’s”, una delle dieci donne più belle d’America.

E’ davvero una lunga, suggestiva galoppata attraverso il Novecento della Fotografia fino alla contemporaneità, quella cui ci invita (e l’invito, in ogni istante, è sempre particolarmente ben accetto) dalla rassegna, “attraverso – si specifica in nota – un genere, quello del ritratto, che ben prima dell’era del ‘selfie’ e dei “social”, ha seguito un proprio percorso, riflettendo i mutamenti di costumi, identità e visioni del mondo”. Così, accanto a ritratti di “quotidiana umanità”, regalatici da grandi maestri come Dorothea LangeSaul LeiterWilliam KleinElliot Erwitt e la panamense Sandra Eleta (oggi, a 82 anni, la fotografa forse più famosa a livello internazionale) presente in mostra con “Siembra” (1976) eccezionale “reportage” sulla vita quotidiana degli abitanti e delle “campesinas” di Portobelo, troviamo anche un raro “lightbox” contenente immagini di Brigitte Bardot, firmato dal romano Elio Sorci, fotografo “maximus” della “Dolce Vita” e “cacciatore” super agguerrito delle più note celebrità del “jet set” americano.

Nota interessante: la mostra in naturale armonia con il “Museo”, propone anche in un video un saggio del patrimonio dei 17mila documenti fotografici custoditi. Tra i protagonisti del Risorgimento spiccano i ritratti della Contessa di Castiglione, pioniera nell’Ottocento nell’utilizzo della fotografia come strumento per costruire e diffondere la propria immagine e il proprio fascino. Sottolinea, in proposito, Luisa Papotti, presidente del “Museo”: “La fotografia, inizialmente percepita come surrogato del ritratto pittorico, diventa rapidamente linguaggio autonomo e strumento di propaganda e costruzione dell’identità nazionale. I ritratti di sovrani, patrioti, combattenti non solo eternano i volti del Risorgimento, ma diffondono l’ideale unitario. Esporre questi materiali accanto ai ritratti contemporanei della ‘Collezione Bachelot’ significa restituire continuità al racconto dell’identità attraverso l’immagine”.

Gianni Milani

“Ritratti. Collezione Florence e Damien Bachelot”

Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, piazza Carlo Alberto 8, Torino; tel. 011/5621147 o www.museorisorgimento.it

Fino al 5 ottobre –  Orari: mart./dom. 10/18

Nelle foto: Roth H. Sanford “Romy & Luchino Visconti”, ca. 1960; Brian Brake “Picasso’s Bullfight, Valauris, 1955; Gilles Caron “Israel …” 1967; Sandra Eleta “Siembra”, 1976  

“Riprendiamoci la vita”, personale di Paola Agosti

E’ un suggestivo viaggio fotografico alla scoperta dei “movimenti femministi” anni ’70  alla biellese “BI-Box Art Space”

Dal 4 settembre al 19 ottobre

Biella

“Riprendiamoci la vita”. Il titolo della mostra replica in parte il titolo  (“Riprendiamoci la vita. Immagini del Movimento delle donne”, Savelli, ’76) della prima, importante pubblicazione della fotografa e scrittrice torinese Paola Agosti (classe ’47, figlia del magistrato antifascista Giorgio Agosti, fra i fondatori del “Partito d’Azione”), cui la Galleria “BI-Box Art Space” di Biella dedica, nell’ambito del Festival “Contemporanea. Parole e storie di donne”da giovedì 4 settembre a domenica 19 ottobre, una coinvolgente rassegna concepita come una sorta di “viaggio fotografico”, rigorosamente e dovutamente in b/n, all’interno di quel “movimento femminista” anni ’70, capace in allora  di prendere forma impetuosa come forza collettiva tesa a cambiare e a lasciare un segno profondo nella società. Titolo che richiama anche uno dei motti allora più in voga fra le giovani e meno giovani femministe in marcia costante per manifestazioni, cortei e girotondi, fra grida di alta “sorellanza”, e assemblee tenute in ogni dove, in cui spesso risuonavano per l’appunto slogan come La lotta non è finita, riprendiamoci la vita. O Donna è bello, strega è meglio graficamente accompagnato, come ci raccontano alcune foto in mostra, dal tipico “simbolo di Venere” (un cerchio con croce sottostante) fra i vari – il colore viola, la pianta di mimosa e la labrys, l’ascia bipenne simboleggiante forza ed indipendenza e il supergettonato “gesto della vagina” o del triangolo “manuale” – adottati all’interno del “movimento”, straricco di un patrimonio visivo che raccontava (e ancor oggi dovrebbe raccontare) il desiderio e il diritto a quella libertà e a quell’eguaglianza in grado di trasformare profondamente (e in gran parte ci riuscì) la società italiana di quegli anni. Un lascito ereditario importantissimo per le future generazioni (che in parte sembrano oggi averne perso contezza) e che invece per chi, come il sottoscritto, porta ormai il peso del tempo sulle spalle, restano echi remoti ma ancora ben vivi e importanti (quanto importanti, oggi più che mai!) negli occhi e nella memoria.

Complessivamente sono venti le immagini esposte a Biella nelle loro stampe originali “vintage”. Sottolinea il curatore della rassegna Marco Albertaro, studioso di storia della “militanza politica” e docente di “Storia Contemporanea” presso l’Università di Torino: “Agosti restituisce la complessità di un’epoca, con fotografie che documentano manifestazioni, assemblee, cartelli, striscioni e soprattutto i volti delle donne che hanno creduto nella possibilità di una vita diversa, più libera e autodeterminata. Il divorzio, la parità nella famiglia, la tutela della maternità, la possibilità di scegliere per se stesse: per chi oggi è giovane, molti di questi diritti possono sembrare scontati. Ma dietro alla loro conquista c’è stato un lungo percorso collettivo, fatto di battaglie, coraggio e partecipazione. Questa mostra intende creare un ‘ponte generazionale’, offrendo l’occasione di riflettere sul presente a partire da uno sguardo rivolto al passato”. La stessa mostra sarà anche occasione per un successivo incontro con Paola Agosti a “Palazzo Ferrero”, sempre a Biella e sempre nell’ambito del Festival “Contemporanea”, in programma per sabato 27 settembrealle 16,30 (ingresso libero), in cui verrà presentato il suo ultimo libro edito nel 2023 da “Einaudi”, dal titolo “Covando un mondo nuovo. Viaggio tra le donne degli Anni Settanta”. A partire dalla raccolta di fotografie del volume, insieme a Bendetta Tobagi e in conversazione con Daniele Scaglione“l’incontro permetterà di ripercorrere quella che è stata definita la sola rivoluzione riuscita del Novecento, ovvero quella delle donne”. Non solo. L’incontro consentirà anche di tracciare in modo più ampio il ritratto di un’artista impegnata da oltre cinquant’anni e a tutto campo, in chiave non solo estetica ma fortemente socio-politica, su tematiche che nel corso del tempo hanno veleggiato dal mondo femminile e femminista, all’apartheid in Sudafrica, alle condizioni miserevoli delle contadine e dei contadini incontrati sui sentieri langaroli di Nuto Revelli e a quelle, non meno impietose, degli emigrati piemontesi in Argentina; via via fino alla “Rivoluzione dei garofani” (’74) a Lisbona, ai movimenti di protesta contro la guerra del Vietnam, al Cile di Salvador Allende, che fotografa e conosce personalmente, prima del “golpe” dell’11 settembre del ’73. Una vita per la “sua” fotografia. Un mondo di immagini, di storie e ritratti. Di denuncia sociale e incrollabile monito politico in scatti “mai fine a sé stessi, ma indissolubilmente intrecciati al contenuto. Anche quando quest’ultimo è il semplice ritratto di una persona”.

Gianni Milani

“Riprendiamoci la vita. Immagini del Movimento delle donne”

BI-BOx Art Space, via Italia 38, Biella; tel. 3497252121 o www.bi-boxartspace.com

Fino al 19 ottobre. Orari: giov. – ven. 15/19,30; sab. 10/12,30 e 15/19,30

Nelle foto: “Occupazione femminista alla ex-Prefettura di Roma”, 1976; “Manifestazione studentesse femministe”, 1976

A The Others in arrivo 57 espositori da tutto il mondo

THE OTHERS ART FAIR – XIV EDIZIONE

The future is here, right now!

 

30 ottobre – 2 novembre 2025

International Training Centre of the ILO

Viale Maestri del Lavoro, 10 – Torino

www.theothersartfair.com

The Others Art Fair svela l’immagine guida della XIV edizione e annuncia i 57 espositori che parteciperanno alla fiera in programma a Torino negli spazi dell’ITCILO dal 30 ottobre al 2 novembre 2025, dando vita a costellazioni di pratiche che invitano a comprendere, e non soltanto a immaginare, l’arte che verrà.

 

Dopo l’anticipazione di luglio delle sei gallerie che interagiranno con le suite – A.MORE Gallery, Antonio Colombo Arte Contemporanea, Artra, Contour Art Gallery, Galleria Davide Di Maggio e Gaze-Off – e le novità sui focus dedicati a performance, video d’arte e opere sonore, The Others rivela non solo i nomi degli espositori provenienti sia dall’Italia che dall’estero – tra cui Slovacchia, Spagna, Perù, Cuba, Lituania, Francia, Svizzera, Argentina e Portogallo – ma anche tre percorsi trasversali che emergono nei loro progetti e che diventano chiavi di lettura per questa edizione: la soglia e la città, il viaggio e l’interculturalità, il corpo e gli inganni della visione.

 

A guidare questo processo è il direttore artistico Lorenzo Bruni, curatore indipendente con una lunga esperienza internazionale, affiancato da un board curatoriale composto da Caterina Angelucci, Carolina Ciuti, Lýdia Pribišová ed Elisabetta Roncati, le quali approfondiranno i temi di questa edizione per mezzo di focus, visite guidate e tavole rotonde. Un gruppo che ha lavorato insieme per mantenere fede alla vocazione di The Others: essere un laboratorio critico e relazionale più che un semplice appuntamento fieristico.

 

Per il secondo anno consecutivo, The Others trasformerà il Campus dell’ITCILO in un organismo culturale vivo: un luogo dove realtà internazionali mettono in dialogo tecniche tradizionali e algoritmi, corpo e città, memoria e futuro. Visitare The Others significa confrontarsi con un mosaico ricco di spazi non profit, gallerie emergenti e consolidate, artist run space e home gallery che, insieme, confermano la vocazione della fiera: generare opere e pratiche capaci di dialogare non solo con lo spazio fisico che le accoglie, ma anche con le tensioni del nostro tempo.

 

IL CONCEPT DELL’IMMAGINE GUIDA 2025 – “Allegoria del futuro

L’immagine guida della XIV edizione di The Others porta la firma di Simone Rotellanoto illustratore e grafico pubblicitario torinese, riconosciuto per uno stile distintivo, frutto di una rigorosa ricerca tra combinazioni di colori e punti di vista cinematografici. Per la fiera, Rotella ha realizzato “Allegoria del futuro”: un’illustrazione evocativa dal tono distopico che reinterpreta in chiave creativa il tema centrale di questa edizione, “The future is here right now”. L’immagine ritrae infatti tre figure di età diverse, due umane e una robotica, che si alternano in modo ciclico, suggerendo un percorso evolutivo nel tempo. «L’ispirazione mi è venuta osservando un quadro di Tiziano di metà ‘500, in cui tre teste maschili simboleggiano rispettivamente: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia – racconta l’artista – Da qui una domanda mi è sorta spontanea: “Siamo pronti per cosa ci riserva il futuro? Le sfide tecnologiche ed i suoi nuovi ed imprevedibili orizzonti?”. Utilizzando un androide come simbolo di “maturità”, ho voluto immaginare visivamente una premonizione quasi aristotelica del cammino che l’uomo intraprenderà nei prossimi anni».

 

PROGETTI ESPOSITIVI – TEMI E PERCORSI

57 espositori animeranno la palazzina dell’ITCILO con proposte elaborate appositamente per l’occasione articolate in tre grandi macro-aree che diventano chiavi di lettura dell’edizione 2025

“L’arte del Giardino pittoresco” al Giardino Botanico Rea

Fino a venerdì 17 ottobre sarà visitabile, presso il Giardino Botanico Rea di San Bernardino di Trana, la mostra dal titolo “L’arte del giardino pittoresco”, da un’idea di Alessandra Maritano, Maria Luisa Reviglio della Veneria e Sabina Villa, con il patrocinio del Comune di Trana, Città Metropolitana di Torino, Consorzio Vittone e per iniziativa del Centro Arti e Tradizioni Popolari, Amici della Sacra di San Michele, Giardino Botanico Rea, UNIVOCA, in collaborazione con Turismo Torino e Provincia.

La locuzione “giardino pittoresco” designa  una particolare tipologia di giardino, quella che noi definiamo “all’inglese”. La passeggiata è il suo cuore pulsante, il percorso iniziatico che il visitatore deve compiere per scoprire il luogo in cui si trova e, forse se stesso. A questo percorso romantico e peculiare è dedicata questa mostra. L’iniziativa nasce da un’idea di Alessandra Maritano che ha voluto far conoscere un percorso di ricerca compiuto da Maria Luisa Reviglio della Veneria e Sabina Villa, incentrato sulla moda del giardino pittoresco, nato in Inghilterra e approdato a metà del Settecento in Germania, Francia e, per ultimo, in Italia, a seguito di una moda culturale favorita da intellettuali ed eruditi e da una imponente divulgazione teorica. La mostra a pannelli è stata accolta con grande interesse dal Giardino Botanico Rea, dalla responsabile Liliana Quaranta e dal Comune di Trana.

L’amministrazione comunale di Trana è lieta di sostenere l’iniziativa “A spasso nel Giardino pittoresco…un per orso romantico”, ospitata al Giardino Rea. La mostra valorizza il patrimonio naturale e paesaggistico che parla di bellezza, natura e conoscenza, restituendo al visitatore le emozioni di un viaggio nella storia dell’arte dei giardini.

“Il Giardino Rea conferma così il proprio ruolo di presidio culturale e scientifico – spiega la Sindaca Cinzia Pachetti – nodo vitale all’interno della rete internazionale dei Giardini e degli Orti Botanici, luogo di ricerca, incontro e sperimentazione aperto a tutti. Con questa iniziativa il Comune ribadisce l’importanza di promuovere il dialogo tra natura e cultura, affinché il Guardino continui a essere un punto di riferimento per la comunità locale e per i tanti visitatori che lo seguono come spazio di conoscenza, meraviglia e condivisione”.

La mostra sarà visitabile dal lunedi al venerdi, dalle 9 alle 12  e dalle 13 alle 17. Sabato chiuso, domenica dalle 14 alle 18.

Mara Martellotta