ARTE- Pagina 2

Bar Stories on Camera, la mostra a Torino dal 25 luglio

Sulla parete di un muro inzaccherato e nostalgico di una fredda Bologna di qualche anno fa c’era una frase che recitava “il bar non ti regala ricordi, ma i ricordi ti portano sempre al bar”.

Perchè il bar è sempre stato molto più di un semplice luogo in cui incontrarsi e scambiare qualche idea davanti ad un bicchiere, ma un posto dove si condividono momento di vita che diventano ricordi indelebili, dove si fanno incontri che possono determinare la svolta di una vita, dove si imbandiscono discorsi che sono in grado di fare la differenza nel percorso della nostra esistenza.

Ed è per questo che CAMERA –Centro Italiano per la Fotografia di Torino (Via delle Rosine, n. 18) ha deciso di celebrare questo iconico luogo, a volte vecchio e trasandato, altre volte iper moderno e futuristico portando in scena mostra “Bar Stories on Camera” in esposizione dal 25 luglio fino al 6 ottobre 2024, realizzata in collaborazione con Galleria Campari e Magnum Photo.

Un lungo racconto attraverso immagini del mondo del bar e della cultura della convivialità a partire dagli anni Trenta fino all’inizio degli anni Duemila.

La mostra è divisa in 3 settori diversi e ben distinti: Sharing Moments, Bar Campari e The Icons.

La prima sezione dedicata alla rappresentazione delle atmosfere di luoghi ritratti in tutto il mondo, dove baristi, bartender e musicisti diventano i protagonisti di situazioni di svago e momenti di condivisione: dal rito del caffè all’aperitivo, illuminati dalle luci delle insegne e delle bottigliere.

Nella sezione Bar Campari si ripercorrono le insegne, le vetrine brandizzate e gli allestimenti in locali e in spiaggia, simbolo chiave dell’Italia del Dopoguerra. Queste immagini permettono di ripercorrere la storia degli iconici poster e manifesti pubblicitari della nota azienda, che sono stati in grado di segnare un’epoca in quanto ad innovazione ed originalità. L’ultima sezione-The Icons– mostra la bellezza delle star del cinema– da Marilyn Monroe a Ernest Hemingway– catturati lontano in momenti intimi in cui si concedono un momento di relax nell’atmosfera chiassosa e glamour dell’aperitivo italiano.

Una mostra iconica e celebrativa di un luogo culto per gli italiani, in grado di rendere omaggio alla storia del nostro Paese in modo insolito e inusuale.

 

Valeria Rombolà

Sauze di Cesana, San Restituto tra storia e fede

C’è un segno lasciato dai Re di Francia dentro la bella chiesa di San Restituto a Sauze di Cesana, paese di 240 anime dell’Alta Valle di Susa, sulla strada che sale a Sestriere: un’impronta importante, regale, l’emblema della potenza della monarchia d’Oltralpe. È il Giglio, il simbolo araldico dei sovrani di Francia. Queste terre facevano parte del Delfinato già dalla metà del Trecento e, anche qui, su queste montagne scorreva il sangue scaturito dalle guerre di religione, cruenti e brutali, che tra Cinquecento e Seicento, seminarono morte e odio tra i cristiani.
A quel tempo cattolici e protestanti se le davano di “santa” ragione massacrandosi un po’ in tutta l’Europa. “Ci è difficile immaginare, spiegano i volontari dell’Associazione Amici di San Restituto che si prendono cura della chiesa e aprono le porte ai visitatori, come dovesse essere l’aspetto complessivo della chiesa dopo i violenti scontri del 1574 con i protestanti che si svolsero attorno e dentro l’edificio religioso”. La chiesa, a 1600 metri di altezza, passava di continuo dalle mani dei protestanti a quelle dei cattolici e viceversa.
“I disordini dovevano averla ridotta proprio male tanto che i beni più preziosi furono prontamente messi al riparo”. A cavallo delle Alpi i Re di Francia transitavano sovente da queste parti con i loro eserciti diretti nel cuore della penisola. Non si sa con certezza se qualche sovrano d’Oltralpe sia entrato in questa chiesa ma i segni della presenza francese sono diversi. Per poter ospitare i nuovi convertiti che volevano essere battezzati, Re Luigi XIV decise, verso la fine del Seicento, di ingrandire la chiesa e per tale ragione venne restaurato il fonte battesimale, una grande vasca di pietra quattrocentesca sormontata da una struttura triangolare con ante in legno su cui è scolpito il Giglio di Francia che si può vedere anche sulla parte superiore di un arco dell’ingresso laterale del portico.
La festa di San Restituto, santo patrono della chiesa, (martirizzato al tempo dell’imperatore Diocleziano, (284-305 d.C.) perché testimoniava la propria fede) si tiene l’ultima domenica di maggio ma altrettanto significativa e molto attesa è la festa dell’Assunta il 15 agosto con la Madonna portata in processione da giovane donne vestite di bianco, preceduta, la sera del 14, dalla fiaccolata per le vie del paese sullo sfondo della chiesa sapientemente illuminata insieme al suo piccolo cimitero sulle cui tombe il nome Restituto compare frequentemente. Per oltre un secolo, tra ‘600 e ‘700, i parrocchiani vennero seppelliti sotto il pavimento di legno della chiesa e solo alla fine del Settecento fu allestito il camposanto esterno.
La prima testimonianza di questa chiesa risale al 1065 con la Bolla dell’arcivescovo di Torino Cuniberto. Un tempo era una chiesa-fortezza, circondata da mura massicce e serviva da rifugio per la popolazione in caso di guerre o scorrerie. Nella seconda metà del Cinquecento vennero compiute importanti opere di restauro. All’interno non si trovano molte decorazioni pittoriche. Sulle pareti spicca un affresco che illustra il battesimo di Gesù, secentesco, si vedono tracce di dipinti di inizio Cinquecento, due grandi quadri dell’Annunciazione di fronte al battistero, la Madonna del Rosario, la statua di San Restituto a cavallo e una cornice del ‘700 con ex-voto. “Mettersi in cammino verso la chiesa-santuario di San Restituto, sostengono con orgoglio i responsabili dell’Associazione, rappresenta metaforicamente, oggi come ieri, il viaggio di ogni uomo, la ricerca di felicità e la possibilità di accogliere il dono di salvezza che viene dall’alto.
Significa in sostanza scoprire il senso religioso della vita che conforta e rassicura”. Ad agosto la chiesa, che ospita alcuni concerti serali, è aperta mercoledì e sabato dalle 16.00 alle 18.00, la settimana di ferragosto è aperta tutti i giorni con lo stesso orario. Per ulteriori informazioni: amicisanrestituto@gmail.com oppure telefonare 347-5960960
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Testo e foto di Filippo Re
nelle fotografie:
la chiesa di San Restituto a Sauze di Cesana
interno chiesa
facciata di San Restituto
Fonte battesimale con Giglio di Francia
San Restituto a cavallo

Un viaggio a Oriente

Venerdì 19 luglio

Palazzina di Caccia di Stupinigi (TO)

Una visita guidata per Abbonamento Musei

 

“Un viaggio a Oriente” è una visita alla scoperta di un mondo lontano. In occasione dei settecento anni dalla nascita di Marco Polo, alla Palazzina di Caccia di Stupinigi è in programma un’immersione nei racconti dei grandi viaggiatori per arrivare fino in Cina attraverso la via della seta. Dai paesaggi ad acquerello delle carte da parati alle splendide stoffe, dall’esotica Sala da gioco con le sue chinoiserie ai bizzarri animali del serraglio: l’amore dei reali del l’esotismo è evidente a Stupinigi.

 

INFO

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (TO)

Venerdì 19 luglio 2024, ore 15.45

Un viaggio a Oriente

Visita narrata riservata agli abbonati di Abbonamenti Musei

Prezzo attività: 5 euro

Il biglietto di ingresso è gratuito per gli abbonati di Abbonamento Musei

Info: 800 329 329

www.ordinemauriziano.itwww.abbonamentomusei.it

Giorni e orari di apertura Palazzina di Caccia di Stupinigi: da martedì a venerdì 10-17,30 (ultimo ingresso ore 17); sabato, domenica e festivi 10-18,30 (ultimo ingresso ore 18).

“Mutazioni furtive”. L’arte astratta dello svizzero – langarolo René Mayer

Negli spazi suggestivi della “SAB-Spazio Arte Bubbio” della Langa astigiana

Fino al 18 agosto

Bubbio (Asti)

Mettete un artista di buona scuola. Un artista che è anche figlio d’arte. Mettete che quell’artista sia anche un saggio imprenditore. E mettete che nel cuore porti costante e profondo l’amore per le nostre terre di Langa, tanto da farne, soprattutto nei mesi estivi, luogo del suo “buen retiro”. Dove ormeggiare la “nave dei desideri”, in arrivo dalla non lontana, ma assai diversa sua terra elvetica, in cui nasce oltre settant’anni fa. Mettete tutto insieme e il gioco torna. Eccovi a tu per tu con l’arte e l’umanità – umanità vera e capace di regalare buoni insegnamenti a chi sa e vuole ascoltarla – di René Mayer. Imprenditore e artista svizzero capace, rigoroso e meticoloso che, un bel dì, decide di concretizzare il suo amore per la Langa nientemeno che acquistando a Bubbio, nel Sud del Piemonte, un ex impianto di imbottigliamento abbandonato da decenni, trasformandolo nel “suo” luogo prediletto di lavoro. Lavoro a metà artigiano e per intero artistico. Quella che per anni era stata l’ex Cantina sociale di Bubbio, Langa astigiana, sfugge così dal possibile triste destino di trasformarsi nell’ennesimo Centro Commerciale di zona, per diventare “SAB-Spazio Arte Bubbio”, studio immerso nel silenzio produttivo di un paesaggio da favola e luogo espositivo del lungimirante René. Che qui espone oggi, e fino a domenica 18 agosto, una trentina di sue opere, di grandi dimensioni e tra le sue realizzazioni più recenti, appartenenti alla serie dal titolo – lo stesso dato all’esposizione, curata da Luca Beatrice“Mutazioni furtive”. Cifra stilistica decisamente astratta e, sotto sotto, un po’ “Pop” per la reiterazione di oggetti che sono strumento costruttivo dei suoi lavori, i quadri di Mayer giocano sul gusto acceso, quasi parossistico, del colore steso in ampie campiture alla Kandinsky o in minuti effetti “optical” (Vasarely docet) alla cui base è sottesa un’inventiva e un’abilità artigiana non indifferente. Supportata, in gran quantità da un impensabile e unico oggetto reale ripetuto in modo seriale e dalla forma rotonda. Cosa? Le “fiches” in plastica (!) usate nei “casinò” al posto del denaro. Questo il processo esecutivo dei quadri di Mayer. L’artista affronta il legno del telaio, stende il tessuto e prepara la vernice con operazioni artigianali, poi pone il supporto in orizzontale e utilizza l’acrilico mescolato a pigmenti in polvere e realizza le sue opere strato dopo strato, passaggio dopo passaggio.

 

I “gettoni” da gioco vengono gradualmente coperti da un secondo colore, in modo quasi impercettibile e posizionati sulla tela con certosina precisione. Ma cosa simboleggiano quelle “fiches”? “L’irresponsabilità – spiega Mayer – della nostra civiltà. Noi giochiamo con la Terra come se fosse un casinò, ma in questo gioco saremo sempre perdenti”. Al centro della sua riflessione c’è dunque l’“ambiente” e, allora, le impercettibili “Mutazioni furtive” sono quei piccoli comportamenti quotidiani cui non si presta attenzione ma che invece, a metterli in fila ordinati come “fiches”, risultano la concausa di numerosi ed evitabili disastri. L’artista ci chiama dunque all’autoresponsabilità.  “Mayer– spiega Luca Beatriceci presenta un universo luminoso, colorato, piacevole, i suoi lavori appagano chi è alla ricerca di buona pittura. Potrebbe bastare e invece no, sotto sotto (neanche troppo sotto) ci invita a vigilare utilizzando condotte etiche”. E, attenzione! Per riuscirci, prosegue “non c’è bisogno di una tempesta o di un maremoto, bastano piccoli e colorati gettoni da gioco messi in fila per farci venire il dubbio che si può essere meglio di così”.


Per chi visiterà la mostra, è utile ricordare che, al “SAB” di Bubbio, i quadri di Mayer sono posti in dialogo armonioso con una serie di sculture astratte dai colori accesi, in alluminio laccato e in plexiglass, installate permanentemente nella parte superiore dello “Spazio”, a firma di Quirin Mayer (Zurigo, 1927 – 2020), padre di René. Padre e figlio.

 

Due prestigiose figure dell’arte contemporanea internazionale e “nomi di casa”, figli prediletti della langarola Bubbio, capace, per altro, di restituire loro tutto l’amore su di essa copiosamente riversato dai due grandi “svizzeri”.

Gianni Milani

“Mutazioni furtive”

“SAB-Spazio Arte Bubbio”, Regione Giarone, Bubbio (Asti); tel. 349/5760288 o www.spazioartebubbio.com

Fino al 18 agosto

Orari:  mart. – dom. 10/12 e 15/18

Nelle foto di Enrico Pestalozzi: Immagini dall’allestimento e Mayer al lavoro

Guercino, mostra prorogata al 15 settembre

Proroga confermata fino al 15 settembre per la grande mostra Guercino. Il mestiere del pittore, in corso ai Musei Reali di Torino nelle Sale Chiablese.

Promossa dai Musei Reali in collaborazione con l’Università di Torino e prodotta da CoopCulture con Villaggio Globale International, la mostra che si sarebbe dovuta chiudere il prossimo 28 luglio resterà aperta un mese e mezzo in più e le oltre 100 opere esposte nel percorso curato da Annamaria Bava e Gelsomina Spione potranno dunque essere ammirate durante l’estate.

Guercino, al centro di una rinnovata attenzione e di nuovi studi, è il protagonista della mostra torinese che, grazie ai tanti capolavori riuniti nell’occasione e al taglio originale dell’esposizione, conduce il pubblico a scoprire tecniche, metodi e consuetudini del mestiere del pittore nel Seicento: un grande affresco del sistema dell’arte nel XVII secolo, sotto la guida del talento di quel “mostro di natura e miracolo da far stupir” che fu Guercino, secondo la definizione che ne diede Ludovico Carracci, impressionato dal suo talento.

A partire dal nucleo appartenente alle collezioni della Galleria Sabauda e della Biblioteca Reale di Torino, le opere riunite nell’occasione – con importati prestiti da musei nazionali e internazionali, fondazioni e collezioni private, inclusi due dipinti inediti e le tele che permettono lo straordinario ricongiungimento dopo 400 anni del ciclo Ludovisi  sono altamente significative per il racconto, sviluppato nelle 10 sezioni tematiche tra confronti, parallelismi, testimonianze intorno alla professione del pittore nel Seicento.

Premiata finora da oltre 40.000 ingressi, con un notevole successo di critica e una grande eco su stampa e tv nazionali e internazionali, la mostra può contare sulla generosa disponibilità alla proroga da parte di oltre 30 musei e collezionisti coinvolti – compresi il Museo del Prado di Madrid e il Monastero di San Lorenzo a El Escorial – la Pinacoteca di Cento e, tra gli altri, la Galleria Estense di Modena, che ha acconsentito al prolungamento del prestito del capolavoro forse più iconico del Guercino, “Venere, Marte e Amore”.

Con la proroga sarà esposta anche un’ interessante tela che arricchirà la mostra e potrà attirare la curiosità di quanti l’hanno già visitata.

Entra infatti nel percorso una veduta settecentesca dell’interno della Basilica di San Pietro, opera di Pietro Francesco Garola, ora in Galleria Sabauda, in cui si riconosce una rara immagine del maestoso dipinto del Guercino raffigurante il Seppellimento di Santa Petronilla, sostituito nel Settecento da una copia in mosaico e attualmente conservato ai Musei Capitolini di Roma. 

Prosegue anche il ricco programma di appuntamenti, visite guidate speciali, approfondimenti tematici, aperture serali e laboratori per singoli, gruppi e famiglie.

La mostra ha il patrocinio della Regione Piemonte, della Città di Torino e della Sir Denis Mahon Foundation ed è sostenuta da BPER e NovaCoop.

Glasstress, quando il vetro non è puramente decorativo o funzionale

Negli ambienti della Reggia di Venaria e al Castello della Mandria, sino al 10 novembre

Era il 2009 quando “Glasstress” comparve sulla scena dell’arte contemporanea, evento collaterale alla Biennale veneziana. L’intuizione artistica la si doveva all’imprenditore Adriano Berengo, con la immediatezza di un successo che guadagnò riconoscimenti a Riga e Stoccolma, a New York e a Beirut, alla Wallace Collection di Londra e al Boca Raton Museum of Art in Florida. Una realtà di alto prestigio responsabile anche di molte delle principali mostre di arte del vetro in Italia negli ultimi anni, tra cui la personale dell’artista belga Koen Vanmechelen agli Uffizi fiorentini nel ’22, la prima personale di Tony Cragg a Murano (2021-’22) e l’ultima mostra di Ai Weiwei a Venezia, presso la Basilica di San Giorgio Maggiore, ancora nel 2022. Un successo continuo che ha portato negli anni alla collaborazione di oltre 400 artisti contemporanei e che annovera “Glasstress” tra gli eventi di livello internazionale. Un lavoro di un incessante e sempre più raffinato progredire, “per fornire una piattaforma per rivitalizzare le tradizioni secolari del vetro veneziano all’interno del mondo dell’arte contemporanea, lavorando anche per promuovere una vibrante comunità culturale attraverso collaborazioni e partnership innovative”. Ebbe tra l’altro a sottolineare Philippe de Montebello, ex direttore del Metropolitan Museum di New York: “Per centinaia di anni il vetro è stato considerato da alcuni semplicemente come un medium decorativo o funzionale, ‘Grasstress’ infrange questi costrutti”.

Sino al 10 novembre un doppio appuntamento, alla Reggia di Venaria e al Castello della Mandria, arriva da Venezia “The best of Glasstress”, un’operazione di bellezza portata per la prima volta in Italia al di fuori della laguna veneta, grazie alla ideazione e alla produzione della Fondazione Berengo: nonché ultimo prestigioso appuntamento della direzione di Guido Curto che, con Adriano Berengo, cura la mostra e si congeda dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude dopo la lunga e fruttuosa guida. Una trentina di opere allineate nei vari ambienti dei luoghi scelti e accomunate dalla presenza del vetro come medium espressivo, realizzate dal 2013 ad oggi da grandi artisti contemporanei nel laboratorio e nella fornace di Adriano Berengo sull’isola di Murano.

Nel percorso della mostra trovano spazio il belga Hans Op de Beeck con una natura morta di oggetti fusi, le gigantesche coppe colorate del brasiliano Vik Muniz, gli esperimenti di vetro soffiato a mano dell’inglese Tony Cragg (“Spine Green”, 2021) e del tedesco Thomas Schütte, le teste di vetro fuse all’italiana di Vanessa Beecroft (“Angel”, 2022), l’irlandese Sean Scully con i suoi blocchi totemici e la coreana Koo Jeong A con le eleganti sfere sospese, quest’anno presente alla Biennale veneziana. A fonti storiche reinterpretate in chiave contemporanea appartengono varie opere dell’artista e attivista cinese Ai Weiwei (“Artist As Invidia”, 2022) mentre Koen Vanmechelen utilizza statue marmoree come base per esplorazioni nel vetro (l’eccezionale “Cosmopolitan Fossil I”, 2021, un suggestivo incontro tra marmo di Carrara e vetro); e ancora lo spagnolo Jaume Plensa, la francese Laure Prouvost con la sua teiera dal beccuccio esteso come un naso curioso nelle sue curve (“Forward Looking Teapot by Grandma”, 2017) e l’austriaco Erwin Wurm che si/ci diverte con la borsa dell’acqua calda da cui spuntano un paio di scarpe: pronto il visitatore a chiedersi per dove si muoveranno.

e. rb.

La leggerezza della scultura contemporanea

A Costigliole Saluzzo, si rilancia la prestigiosa location di “Palazzo Sarriod de La Tour”,  con le sculture di tre artisti di respiro internazionale

Fino al 27 ottobre

Costigliole Saluzzo (Cuneo)

Ecco i nomi: Enzo BersezioToshiro Yamaguchi e Carlo D’Oria. Tre artisti, scultori soprattutto, che da anni s’arrovellano, giocano, faticano e gioiscono rincorrendo, ognuno a modo suo (ma con la tenacia di chi sa di ben conoscere il mestiere) le strade più innovative, e a loro più congeniali, dell’idea di un’arte contemporanea pienamente di casa nell’ambito dei processi indefiniti dell’“astratto-concettuale” o dell’“informale”. Passando per un tema comune a tutti e tre: l’“uomo” nelle sue molteplici implicazioni esistenziali e nel suo relazionarsi con il mondo “altro” e con le leggi spesso inascoltate della natura. In linea con questo comune “fil rouge” , ai tre scultori di cui sopra, Costigliole Saluzzo (il paese dei tre castelli, all’imbocco della Valle Varaita) dedica, fino a domenica 27 ottobre, nelle ampie stanze – dagli stupendi soffitti affrescati – del settecentesco “Palazzo Sarriod de La Tour”, antica residenza dei “Saluzzo – Paesana”, una rassegna curata da Cinzia Tesio e resa possibile grazie all’impegno dell’Associazione giovanile “AttivaMente” con l’aiuto, oltreché della civica amministrazione, di numerosi sponsor pubblici e privati (Orari: sab. 15,30/19, dom. 9,30/12,30 e 15/19)

“La scultura – annotano gli organizzatori – dona un’anima ai materiali”. Ecco il perché del titolo “La leggerezza della scultura contemporanea”, laddove per “leggerezza” s’intende quel concetto di “poetica fascinazione” capace di trasformare la “solidità” delle opere realizzate (con materiale vario, dal legno al ferro all’acciaio alle carte e alle argille) in trasparente “involucro” di sensazioni e liriche emozioni in grado di farci riflettere, senza troppo imbrigliarci in terrene banali “verità”, sui “temi di attualità del quotidiano sociale e dei loro intrecci con il mondo nella sua complessità”.

Gli scultori presenti in mostra “formano – spiega Cinzia Tesio – un gruppo eterogeneo per i personalissimi linguaggi espressivi, ma uniti dalla loro passione per l’arte e la materia che li ha portati ad una produzione di forme uniche e affascinanti. Uno spettacolo da vivere con passione. Quella “passione” che ci trasmette, per primo, Carlo D’Oria (Torino, 1970), attraverso opere, prevalentemente realizzate in ferro e in acciaio concentrate sul tema per lui nodale dell’“uomo” e di quel peccato di “egolatria” così imperante ed imperversante ai giorni nostri da fargli scegliere di “abrogare il soggetto – com’ è stato scritto –  di ‘svuotarlo’ e di renderlo appena una sagoma”. Informe nel suo commisurarsi con altre “creature vive, stanche, gobbe, simili nel loro anonimato e paradossalmente uniche”.

Decisamente più rilassanti gli universi plastici del giapponese Toshiro Yamaguchi (Okayama, 1956), che a Costigliole espone una scenografica e originalissima installazione dal titolo “Infinite Butterfly”. La sua produzione, fatta di lavori essenziali e “minimal”, vogliono evocare l’idea del giardino, l’immagine rasserenante di un mondo naturale cromaticamente interpretato attraverso la contaminazione delle antiche monocromatiche “tradizioni zen”, a lui tramandate dagli antichi maestri del Sol Levante, con “mosaici di pietra” dai vividi colori mediterranei maturati nel corso degli ultimi anni, dopo il suo trasferimento in Spagna, a Madrid. Il risultato è un amalgama perfetto di segni e colori di immediata comprensione e di una regolarità compositiva che qualcuno , forse un po’ troppo avventatamente, ha inteso accostare al “neoplasticismo” (“De Stijl”) mondriano.

Allievo alla torinese “Accademia Albertina di Belle Arti” di Torino del grande Sandro Cherchi e lui stesso docente di “Discipline Plastiche” al “Liceo Artistico Statale” della città, Enzo Bersezio (Lesegno – Cuneo, 1943) si muove ancora oggi in una landa operativa non del tutto sgravata dalle lezioni di quell’ “Arte Povera” al cui interno ebbe a muovere i primi passi e che il critico Germano Celant (storico “guru” del movimento) dichiarava manifestarsi essenzialmente “nel ridurre ai minimi termini, nell’impoverire i segni per ridurli ai loro archetipi”. E proprio su questa strada si muovono tuttora, pur seguendo linee compositive del tutto personali, le “installazioni” prevalentemente lignee di Bersezio (che bello quell’“Occhio dei Ciclopi” del 2010!), incentrate anch’esse su diafani giochi di forme arcaiche ed essenziali, “corpi plastici mistilinei … leggeri, aerei e snelli nel loro disporsi nello spazio che li circonda”.

La mostra sarà accompagnata da  una serie di eventi collaterali (musica, incontri, teatro) tesi a promuovere il territorio e le sue eccellenze. Comprese quelle, non poche e di assoluto pregio, di carattere enogastronomico.

Gianni Milani

Per info: Palazzo “Sarriod de La Tour”, via Vittorio Emanuele 103, Costigliole Saluzzo (Cuneo); tel. 0175/230121, info attivamente12024@gmail.com

Nelle foto: “Palazzo Sarriod de La Tour”; Carlo D’Oria “Interferenze misurabili”, acciaio; Toshiro Yamaguchi “Infinite Butterfly”, carte; Enzo Bersezio “L’occhio dei Ciclopi”, legno trattato, 2010

Monferrato: con il progetto Panorama di ITALICS l’arte esce da gallerie e musei

Dal 5 all’8 settembre con un progetto di ITALICS a cura di Carlo Falciani, 62 gallerie esporranno in numerosi punti disseminati tra Camagna, Vignale, Montemagno e Castagnole Monferrato.

Si è tenuta ieri, presso il grattacielo della Regione Piemonte, la conferenza stampa di Panorama Monferrato, un evento che, giunto alla sua 4 edizione, arriva ora in Piemonte.  Le scorse edizioni si sono infatti tenute a Procida (2021), Monopoli (2022) e L’Aquila (2023).

Panorama è un format voluto e condiviso dalle gallerie consorziate in un’ottica di collaborazione con i territori coinvolti, simbolo di un impegno che intende espandersi progressivamente in un programma e in alleanze tese a ribadire la centralità e il ruolo delle gallerie d’arte in un sistema culturale, locale e globale in continua evoluzione.

Italics è una rete associativa che partiva da 11 galleristi, e che ora vanta 74 associati ed è l’unico consorzio di gallerie di arte contemporanea, moderna e antica. Ogni anno si riuniscono in un forum dove si interrogano su come essere più aperti e inclusivi. Ecco dunque un evento dove è la galleria che esce sul territorio.

Anche per questa edizione, i nomi delle gallerie d’arte sono di altissimo livello, dall’internazionale Gagosian ai torinesi Mazzoleni e Franco Noero, così come di grande richiamo sono gli artisti scelti, tra cui Jodice, Pomodoro, Vezzoli, solo per citarne alcuni.

Panorama Monferrato è dunque una mostra diffusa a cura di Carlo Falciani che si snoderà tra Camagna, Vignale, Montemagno e Castagnole dal 4 all’8 settembre 2024.

Ispirata ai principi de La Civil conversazione, opera scritta da Stefano Guazzo e pubblicata nel 1574, la mostra si articola come un percorso a tappe nei quattro paesi del Monferrato da percorrere con lentezza come metafora del cammino di meditazione del visitatore contemporaneo. L’idea è quella di guidare il visitatore in un itinerario alla scoperta di un angolo straordinario d’Italia.

“Il Piemonte ha lunga tradizione di arte fuori dai musei, per esempio nelle vigne, nei paesi” ha dichiarato il Presidente dell’ente turistico Alexala Roberto Cava, “le atl di Alessandria e di Langhe e Roero hanno lavorato insieme per trovare punti di contatto per continuare un’azione che aumenti il numero di turisti dalle nostre parti. Sono turisti a cui interessano vino, cibo ma anche arte. Il turismo si nutre di cultura. E il fatto che la cultura si avvicini al turista, è il modo migliore per far si che il territorio aggiunga un asset fondamentale alla propria offerta”.

L’area è quella che si estende tra le province di Alessandria e Asti fino ai piedi dell’Appennino ligure, tra le Langhe e il Roero e la storica regione lombarda della Lomellina, un paesaggio di colline, dove la terra e la tradizione contadina compongono un patrimonio unico di cultura, storia e tradizioni riconosciuto anche dall’UNESCO. Un contesto da scoprire con lentezza con itinerari artistici che vanno dal Romanico ai percorsi contemporanei con installazioni site-specific e d’arte pubblica, che lo rendono un museo diffuso a cielo aperto.

 

Mariano Rabino, Presidente di Visit Langhe Monferrato Roero ha sottolineato come la regione Piemonte ha messo insieme due aree al di là dei confini amministrativi. Ed ha anche esortato la regione di fare un ulteriore passo avanti, dal momento che sulla base di questa esperienza si può favorire ulteriore aggregazione di differenti enti e territori, per esempio quello alessandrino, per promuovere insieme il territorio.

È possibile consultare qui il programma completo e darci appuntamento nel Monferrato.

Lori Barozzino

Museo Accorsi – Ometto… “Un’estate speciale”

Visite guidate, approfondimenti e attività per famiglie nel “Museo di Arti Decorative” di via Po, a Torino

Appuntamenti nei mesi di luglio e di agosto

“Visite guidate speciali” condotte dal direttore Luca Mana, visite “ a tema”, tour artistici in centro città fino a particolari meditate “visite con letture” e a “laboratori” ad hoc per bimbi e famiglie: la stagione estiva non fermerà le attività, rivolte ai torinesi e ai turisti, del Museo di Arti Decorative “Accorsi – Ometto” di via Po, a Torino. Per “Visite guidate speciali” si intendono, sottolineano dal Museo, “da una parte quelle alla collezione permanente, per far riscoprire le collezioni museali, attraverso racconti inediti e storie d’altri tempi; dall’altra, quelle alla mostra ‘Torino anni ’50. La grande stagione dell’Informale’ in corso fino al prossimo 1° settembre per spiegare, in modo coinvolgente, la stagione dell’‘Informale’ che ha interessato lo sviluppo della scena artistica torinese dal secondo dopoguerra agli inizi degli anni’60”. Ma non solo.

Di grande interesse sarà anche la Visita – Incontro (mart. 16 luglio e mart. 27 agosto, ore 18) “Storie di Famiglie/Accorsi e la nobiltà italiana” che vedrà protagonisti Pietro Accorsi, “re degli antiquari” o “mercante di meraviglie”, e le prestigiose famiglie che hanno acquistato oggetti o hanno fatto arredare le proprie abitazioni dal famoso antiquario torinese (Torino, 1891 – 1982) che, nell’arco della sua lunga e incredibile vita, ha sempre avuto un rapporto privilegiato con la nobiltà non solo piemontese, ma anche italiana, a partire da Umberto II di Savoia, collezionista raffinato, costantemente alla ricerca del pezzo raro che raccontasse la storia di famiglia.

Martedì 23 e martedì 30 luglio (ore 17) si parlerà de “La Chiesa di Sant’Antonio Abate/La sua storia nei secoli”, a partire dal Seicento quando la Chiesa si trovava proprio al posto del “Museo”, in via Po 55: dalle origini, intorno al 1616, del Convento retto dagli “Antoniani”, ai lavori di abbellimento e di riqualificazione della Chiesa a opera di Bernardo Vittone, fino al suo trasferimento all’“Ordine Mauriziano” e al successivo acquisto, nel 1956, da parte dell’antiquario Pietro Accorsi.

Vera chicca, per quanto riguarda, le “Visita a tema”, quella di sabato 13 e 27 luglio, 10 e 24 agosto (ore 16) dedicata a “L’arte della Ceramica a Torino” durante il “Regno Sabaudo”: in occasione del nuovo allestimento della tavola nella “Sala da pranzo” del Museo, si andrà alla scoperta delle maioliche dei Fratelli Rossetti, delle porcellane di Vinovo e delle terraglie di “manifattura Dortu”, attraverso la loro storia, i loro artisti e i loro segreti.

Sarà invece tempo di “Estate a colori” giov. 11, 18 e 25 luglio e ancora giov. 1, 8, 22 e 29 agosto (ore 18,30): in programma visite a tema sul significato pittorico-emozionale del “NERO”, del “ROSSO”, del “GIALLO” e del “VERDE”, analizzando come questi colori siano stati interpretati e trasformati dagli artisti “informali”, da Alberto Burri a Pierre Soulages (il “nero”), da Antoni Tàpies a Emilio Vedova (il “rosso”), dal “giallo” simbolo di luce, energia e spiritualità di Lucio Fontana, Piero Ruggeri e Mattia Moreni fino al “verde”, senso di rinascita e vitalità, di Hans Hartung e Jean Fautrier.

Da non perdere, domenica 7 luglio e 11 agosto(ore 10) il Tour in centro-città “Torino Informale. Artisti e suggestioni”, volto alla scoperta degli artisti che hanno lavorato sotto la Mole tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento e dei luoghi simbolo della grande stagione dell’“Informale”: la “Bottega d’Erasmo” in via Gaudenzio Ferrari, la libreria “La Bussola” di via Po, le cancellate del “Teatro Regio” (“Odissea Musicale”, di Umberto Mastroianni,) e della “RAI”(“Sinfonia” di Franco Garelli), la “Galleria Notizie” di Luciano Pistoi (alle Porte Palatine), saranno solo alcune delle suggestioni della Torino degli anni ’50 che permetteranno di immergersi nell’atmosfera vitale di quel periodo.

“Niente di nuovo sotto il sole” (giovedì 18 luglio e 22 agosto, ore 18) sarà invece una “visita con letture”, dove artisti come Pinot Gallizio, Carol Rama, Piero Ruggeri, Francesco Casorati, Alberto Burri e Lucio Fontana “racconteranno”, attraverso una moltitudine di voci e di testimonianze, il ruolo fondamentale di Torino nel glorioso momento di innovazione e di apertura all’arte internazionale dei favolosi anni ‘50.

Domenica 14 luglio e 25 agosto (ore 15,30), il “Museo” si apre, con il laboratorio “Arte fuori forma”, ai bambini, invitandoli, sulla base delle sensazioni loro suscitate dalle opere esposte, a scoprire  un diverso modo di fare arte, in maniera “non convenzionale”: quadri senza soggetto, realizzati senza colori né pennelli, ma con sacchi, plastica e stoffe. Anche così, in fondo, i piccoli artisti crescono. O hanno modo di iniziare a crescere.

Per info: “Fondazione Accorsi – Ometto”, via Po 55, Torino; tel. 011/837688 owww.fondazioneaccorsiometto.it

g.m.

Nelle foto: “Museo Accorsi – Ometto, Salone Piffetti”, Pietro Accorsi, Luca Mana

Ultima settimana a Torino per la mostra di Toulouse -Lautrec

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 Oltre 27 mila visitatori hanno visitato l’esposizione in corso al Mastio della Cittadella dedicato all’artista più iconico della Belle Époque. Da settembre la mostra sarà a Parma.

 

       Torino – Un successo notevole quello registrato al Museo Storico Nazionale D’Artiglieria – Mastio della Cittadella a Torino, per la mostra dal titolo: Henri de Toulouse Lautrec – Il mondo del circo e di Montmartre. L’esposizione, prodotta da Navigare srl e patrocinata da Regione Piemonte e da Città di Torino, sarà ancora visitabile sino a domenica 21 luglio. Il gradimento del pubblico, non solo piemontese, ha indotto gli organizzatori a prevedere la realizzazione della rassegna a Parma a partire dal 7 settembre.

Il curatore della mostra, lo spagnolo Joan Abelló, che ha immaginato un percorso espositivo suddiviso in 5 sezioni: I manifesti e le illustrazioniLe Donne ed EllesIl circoI ritrattiL’esperienza multimediale, ha consentito ai visitatori di ripercorrere la breve vita e l’attività artistica del giovane aristocratico Henri de Toulouse-Lautrec, riconosciuto come uno degli artisti bohémien più rappresentativi dell’epoca.

Oltre 100 le opere, tra manifesti, illustrazioni e litografie, provenienti da collezioni private spagnole, dedicate al pittore della Ville Lumière di tardo Ottocento. Per favorire l’avvicinamento dei visitatori al contesto storico in cui visse Lautrec, realizzata anche una suggestiva sala ispirata ai camerini dei locali notturni della Belle Époque, realizzata dalla società specializzata Blurred, con una parte multimediale, e con arredi ispirati agli ambienti dipinti nell’opera Al Salon di rue des Moulin.

Dunque, ultimi sette giorni per ammirare, di particolare interesse, le 12 stampe della serie Elles, datate 1952, con ritratti di prostitute del quartiere Montmartre con le quali Toulouse-Lautrec condivideva una particolare quotidianità, avendo scelto di abitare nelle maisons closes parigine per diverso tempo.

 

Domenica 21 luglio calerà il sipario su questa rassegna che ha registrato un grande interesse per gli amanti della Belle Époque, ma l’esposizione riprenderà vita, a partire dal 7 settembre, a Palazzo Dalla Rosa Prati di Parma. A Torino la mostra sarà aperta tutti i giorni, con orario continuato (lun-ven 9:30-19:30; sabato, domenica e festivi 9:30-20:30). Prevendita on-line: www.ticketone.it. Info: www.navigaresrl.com.