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Prima edizione del premio Gail Cochrane

Giovedì 11 settembre, alle ore 18,30, nella sede di Almanac Inn Aps di corso Novara 39, verrà presentata ufficialmente la prima edizione del premio Gail Cochrane, iniziativa fortemente voluta dalla famiglia in collaborazione con Almanac. La Gail Cochrane Fellowship nasce per onorare la memoria, il pensiero e l’eredità culturale di Gail Cochrane. Gail è oggi una figura di riferimento, appassionata sostenitrice dell’arte contemporanea, mente curiosa e generosa, capace di relazioni autentiche. È stata un’educatrice, una art consultant e art director per numerose istituzioni d’arte e collezioni italiane, distinguendosi per oltre trent’anni come figura pionieristica nel panorama dell’arte contemporanea, e collaborando con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, con la Fondazione Spinola Banna per l’arte, di cui è stata direttrice artistica dal 2005 al 2015. Il premio che porta il suo nome vuole raccogliere il testimone, trasformando il suo spirito in una azione completa rivolta a nuove generazioni di artisti, oltre che rappresentare un nuovo tassello nella crescita di Almanac e una scommessa sul futuro, sull’arte come eredità e possibilità e ponte tra generazioni e mondi. La Gail Cochrane Fellowship si offre a proporre un sostegno reale e tangibile a giovani artisti italiani under 30. La famiglia metterà a disposizione un contributo di 2 mila euro, sommato a un ulteriore premio di mille euro per l’acquisizione di un’opera, e sosterrà una residenza d’artista negli spazi di Almanac Inn e la possibilità di presentare al pubblico la prima rappresentazione del proprio lavoro. Almanac sostiene con entusiasmo questa iniziativa, riconoscendo l’importanza di costruire strumenti solidi per l’avvio di carriere artistiche coerenti alla sua missione. Obiettivo del progetto è quello di costruire un trampolino professionale che permetta agli artisti di muovere i primi passi in Italia, per poi confrontarsi con esperienze internazionali, anche grazie alla presenza di partner e collaborazioni già avviate, come lo spazio a Londra, dove artisti passati da Torino hanno avuto la possibilità di esporre in luoghi di prestigio.

La selezione degli artisti sarà affidata a una giuria prestigiosa, composta da figure di riferimento del panorama artistico contemporaneo: l’artista Stefano Rienti, i galleristi Isabella Bortolozzi e Guido Costa, l’artista Maurizio Vetrugno, la storica dell’arte e curatrice Angela Vettese e la famiglia di Gail Cochrane, la madre Rosangela, i figli e la nipote, oltre al team di Almanac Inn.

Durante l’evento dell’11 settembre, sarà annunciata l’apertura di una biblioteca all’interno di Almanac Inn, una collezione di cataloghi e le pubblicazioni della famiglia Cochrane, in particolare di Gail e della madre Rosangela, grande collezionista, figure centrali nella costruzione di un patrimonio artistico e intellettuale che si desidera rendere accessibile ai giovani curatori e studiosi. La biblioteca sarà uno spazio vivo, in linea con il desiderio di Gail di rendere l’arte un territorio condiviso e compreso da tutti.

“Con la fellowship e la biblioteca intitolate a mia madre Gail, si chiude un cerchio – afferma Andrea Chieli, figlio di Gail Cochrane e fondatore di Almanac Inn –  Fin da bambino ho vissuto in mezzo all’arte, a casa avevamo quadri di: Manzoni, Burri, Fontana, Scarpitta, Paolini e molti altri. Sono tutti nella mia memoria, ma per vari motivi, il patrimonio si è disperso negli anni. Quando io e mia mamma abbiamo cominciato a lavorare con Almanac abbiamo pensato di supportare un talentuoso curatore, allora ragazzo, Guido Santandrea, e mettere a disposizione le nostre competenze per creare qualcosa di duraturo e che contribuisse a non disperdere il patrimonio artistico dei giovani che intraprendono questo percorso. Mia madre, con tutto il suo passato dedicato ai giovani, ha dato il suo contributo, io ho cercato di mettere le mie competenze manageriali affinchè il progetto fosse sostenibile e potesse crescere negli anni. Penso che sia ancora un percorso lungo, ma siamo passati da un piccolo spazio in cui non si pagava l’affitto ad uno spazio di proprietà. L’obiettivo è sempre quello di creare valore non solo economico, ma anche strategico per crescere in competenze”.

Gian Giacomo Della Porta

Due dipinti di Guglielmo Caccia arricchiscono i Musei Reali

DA GIOVEDÌ 11 SETTEMBRE 2025

Le due opere sono state acquisite dalla Direzione Generale Musei a favore dei Musei Reali per celebrare i 400 anni dalla morte dell’artista, e si presentano oggi dopo il restauro eseguito dal Centro Conservazione Restauro “La Venaria Reale”

Da giovedì 11 settembre il percorso di visita dei Musei Reali di Torino si arricchisce di due prestigiosi dipinti a olio su tela di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (Montabone, Asti, 1568 – Moncalvo, Asti, 1625), visibili al pubblico al primo piano della Galleria Sabauda, in uno spazio di grande affluenza situato davanti al bookshop.

 

L’ingresso nelle collezioni dei Musei Reali di queste opere, oggi restituite nella loro originale bellezza, accresce il catalogo di Guglielmo Caccia, uno dei più significativi artisti della cultura tardomanierista tra Piemonte e Lombardia e pittore per eccellenza della Controriforma, di cui nel 2025 si celebrano i 400 anni dalla morte.

 

Le due tele, San Giorgio a cavallo e San Maurizio a cavallo (circa 1620), sono opere di notevole rilevanza già dichiarate di interesse artistico e storico particolarmente importante in seguito al diniego della richiesta di esportazione e ora restituite alla comunità grazie all’acquisizione a trattativa privata da parte della Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura a favore delle collezioni dei Musei Reali – Galleria Sabauda.

 

Le tele provengono dalla chiesa dei Cappuccini di Chieri intitolata a San Maurizio, distrutta all’inizio dell’Ottocento in seguito alle soppressioni napoleoniche. Un manoscritto settecentesco riporta con precisione l’arredo dell’edificio e descrive ai lati dell’altare maggiore “due quadri antichi di ottimo pennello, di S. Maurizio, e di S. Giorgio, vestiti alla militare con croce in petto montati su bei cavalli”. Ai piedi di San Giorgio, patrono di Chieri, uno stemma bipartito rappresenta l’unione tra i Quarini di Chieri e i Ranotto di Torino, rimandando alla committenza del dipinto. Gli stretti rapporti di queste famiglie nobiliari con la corte torinese sono certamente alla base della scelta del Moncalvo per la realizzazione delle opere.

 

Guglielmo Caccia viene chiamato presso la capitale sabauda dal duca Carlo Emanuele I per partecipare alla decorazione della Grande Galleria che univa il Palazzo ducale al Castello (attuale Palazzo Madama) e per altri prestigiosi cantieri di corte e la composizione dei due dipinti mostra interessanti affinità con i modelli collaudati in relazione al grande progetto decorativo perduto con ritratti equestri del duca di Savoia e dei suoi avi.

 

Esempio eccellente della qualità pittorica di Moncalvo, le due tele si inseriscono all’interno del nucleo delle opere della Galleria Sabauda che testimonia la cultura figurativa piemontese e lombarda tardomanierista diffusasi a corte e vanno ad arricchire considerevolmente il corpus dei dipinti di Guglielmo Caccia, a cui è dedicata un’intera sala della Pinacoteca al primo piano di visita, e del quale si conservano anche alcuni disegni di notevole interesse nel fondo della Biblioteca Reale.

 

Il restauro dei due dipinti è stato realizzato dal Centro Conservazione Restauro “La Venaria Reale” (CCR), uno dei principali poli del restauro in Italia, che ha restituito loro una nuova luce, permettendo di apprezzare appieno le raffinate tecniche esecutive dell’artista. Accanto ai due dipinti, è presente anche il filmato realizzato dal CCR per raccontare tutte le fasi dell’intervento.

L’intervento ha rivelato che il San Maurizio presentava dimensioni maggiori, come evidenziato dall’analisi del bordo inferiore, con tracce del nome del santo e di uno stemma gentilizio non più leggibile. Il restauro ha garantito il recupero della uniformità della superficie della tela, permettendo di apprezzare nuovamente la tessitura della caratteristica armatura a losanghe (o a “diamantina”) utilizzata dal pittore per conferire particolare matericità al dipinto.

La rimozione della vernice ingiallita e delle estese ridipinture ha consentito una lettura più chiara e fedele dell’opera, in particolare nei dettagli della battaglia della Legione Tebea sullo sfondo, dove la raffinatezza della tecnica è ora pienamente visibile.

 

La tela con il San Giorgio, invece, presentava segni di alterazioni dovute a precedenti restauri, che avevano modificato la cromia e l’aspetto del dipinto. Il restauro ha coinvolto anche un intervento strutturale sul supporto tessile, la rimozione di vecchie ridipinture e il recupero di dettagli iconografici precedentemente non visibili, come l’orecchio sinistro del cavallo. La nuova lettura cromatica dell’opera ha messo in luce particolari della tecnica esecutiva, come la pennellata fine e parallela, utilizzata dal Moncalvo per le lumeggiature.

 

 

 

Musei Reali di Torino

Galleria Sabauda, primo piano

Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, San Giorgio a cavallo e San Maurizio a cavallo

Ingresso compreso nel biglietto dei Musei Reali

 

Musei Reali di Torino

https://museireali.beniculturali.it

 

Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, San Giorgio a cavallo, 1620 circa, Musei Reali di Torino, crediti fotografici Fondazione CCR La Venaria Reale

“Riprendiamoci la vita”, personale di Paola Agosti

E’ un suggestivo viaggio fotografico alla scoperta dei “movimenti femministi” anni ’70  alla biellese “BI-Box Art Space”

Dal 4 settembre al 19 ottobre

Biella

“Riprendiamoci la vita”. Il titolo della mostra replica in parte il titolo  (“Riprendiamoci la vita. Immagini del Movimento delle donne”, Savelli, ’76) della prima, importante pubblicazione della fotografa e scrittrice torinese Paola Agosti (classe ’47, figlia del magistrato antifascista Giorgio Agosti, fra i fondatori del “Partito d’Azione”), cui la Galleria “BI-Box Art Space” di Biella dedica, nell’ambito del Festival “Contemporanea. Parole e storie di donne”da giovedì 4 settembre a domenica 19 ottobre, una coinvolgente rassegna concepita come una sorta di “viaggio fotografico”, rigorosamente e dovutamente in b/n, all’interno di quel “movimento femminista” anni ’70, capace in allora  di prendere forma impetuosa come forza collettiva tesa a cambiare e a lasciare un segno profondo nella società. Titolo che richiama anche uno dei motti allora più in voga fra le giovani e meno giovani femministe in marcia costante per manifestazioni, cortei e girotondi, fra grida di alta “sorellanza”, e assemblee tenute in ogni dove, in cui spesso risuonavano per l’appunto slogan come La lotta non è finita, riprendiamoci la vita. O Donna è bello, strega è meglio graficamente accompagnato, come ci raccontano alcune foto in mostra, dal tipico “simbolo di Venere” (un cerchio con croce sottostante) fra i vari – il colore viola, la pianta di mimosa e la labrys, l’ascia bipenne simboleggiante forza ed indipendenza e il supergettonato “gesto della vagina” o del triangolo “manuale” – adottati all’interno del “movimento”, straricco di un patrimonio visivo che raccontava (e ancor oggi dovrebbe raccontare) il desiderio e il diritto a quella libertà e a quell’eguaglianza in grado di trasformare profondamente (e in gran parte ci riuscì) la società italiana di quegli anni. Un lascito ereditario importantissimo per le future generazioni (che in parte sembrano oggi averne perso contezza) e che invece per chi, come il sottoscritto, porta ormai il peso del tempo sulle spalle, restano echi remoti ma ancora ben vivi e importanti (quanto importanti, oggi più che mai!) negli occhi e nella memoria.

Complessivamente sono venti le immagini esposte a Biella nelle loro stampe originali “vintage”. Sottolinea il curatore della rassegna Marco Albertaro, studioso di storia della “militanza politica” e docente di “Storia Contemporanea” presso l’Università di Torino: “Agosti restituisce la complessità di un’epoca, con fotografie che documentano manifestazioni, assemblee, cartelli, striscioni e soprattutto i volti delle donne che hanno creduto nella possibilità di una vita diversa, più libera e autodeterminata. Il divorzio, la parità nella famiglia, la tutela della maternità, la possibilità di scegliere per se stesse: per chi oggi è giovane, molti di questi diritti possono sembrare scontati. Ma dietro alla loro conquista c’è stato un lungo percorso collettivo, fatto di battaglie, coraggio e partecipazione. Questa mostra intende creare un ‘ponte generazionale’, offrendo l’occasione di riflettere sul presente a partire da uno sguardo rivolto al passato”. La stessa mostra sarà anche occasione per un successivo incontro con Paola Agosti a “Palazzo Ferrero”, sempre a Biella e sempre nell’ambito del Festival “Contemporanea”, in programma per sabato 27 settembrealle 16,30 (ingresso libero), in cui verrà presentato il suo ultimo libro edito nel 2023 da “Einaudi”, dal titolo “Covando un mondo nuovo. Viaggio tra le donne degli Anni Settanta”. A partire dalla raccolta di fotografie del volume, insieme a Bendetta Tobagi e in conversazione con Daniele Scaglione“l’incontro permetterà di ripercorrere quella che è stata definita la sola rivoluzione riuscita del Novecento, ovvero quella delle donne”. Non solo. L’incontro consentirà anche di tracciare in modo più ampio il ritratto di un’artista impegnata da oltre cinquant’anni e a tutto campo, in chiave non solo estetica ma fortemente socio-politica, su tematiche che nel corso del tempo hanno veleggiato dal mondo femminile e femminista, all’apartheid in Sudafrica, alle condizioni miserevoli delle contadine e dei contadini incontrati sui sentieri langaroli di Nuto Revelli e a quelle, non meno impietose, degli emigrati piemontesi in Argentina; via via fino alla “Rivoluzione dei garofani” (’74) a Lisbona, ai movimenti di protesta contro la guerra del Vietnam, al Cile di Salvador Allende, che fotografa e conosce personalmente, prima del “golpe” dell’11 settembre del ’73. Una vita per la “sua” fotografia. Un mondo di immagini, di storie e ritratti. Di denuncia sociale e incrollabile monito politico in scatti “mai fine a sé stessi, ma indissolubilmente intrecciati al contenuto. Anche quando quest’ultimo è il semplice ritratto di una persona”.

Gianni Milani

“Riprendiamoci la vita. Immagini del Movimento delle donne”

BI-BOx Art Space, via Italia 38, Biella; tel. 3497252121 o www.bi-boxartspace.com

Fino al 19 ottobre. Orari: giov. – ven. 15/19,30; sab. 10/12,30 e 15/19,30

Nelle foto: “Occupazione femminista alla ex-Prefettura di Roma”, 1976; “Manifestazione studentesse femministe”, 1976

LABAR, geniale incisore nella casa – museo di Villadeati

Tra le tante potenzialità dello splendido paese di Villadeati, attraverso il pittoresco paesaggio, la cultura e l’arte, è doveroso annoverare la casa museo di LABAR, geniale incisore, pittore, scultore, che ha collezionato   antichi torchi litografici, tipografici e calcografici   perfettamente funzionanti che  egli usa per le proprie opere che lo rendono uno dei più prestigiosi incisori contemporanei

G R B

“Ritratti…”. 90 e tutti “da incorniciare”

In mostra al “Museo Nazionale del Risorgimento Italiano”, un secolo di grande Fotografia internazionale in arrivo dalla “Collezione Bachelot”

Fino al 5 ottobre

Correva l’anno 1960. Una bellissima, poco più che ventenne e dal sorriso irresistibile Romy Schneider (icona cinematografica della “Principessa Sissi”), accanto a un cinquantenne, un po’ distratto, Luchino Visconti, ammicca divertita al “paparazzo” che la “punta”, benevolmente “minacciandolo” di diventare lei la fotografa e lui, a breve tiro, il bersaglio del suo scatto. Il “povero” malcapitato fotografo è il celebre americano Sanford H. Roth (grande amico e fotografo quasi “personale” di James Dean che considerava Roth e la moglie come una sorta di “genitori adottivi”) e la foto è una delle circa 90, originali, esposte, fino a domenica 5 ottobre, negli spazi del “Corridoio della Camera Italiana” – Museo Nazionale del Risorgimento” di piazza Carlo Alberto (Palazzo Carignano) a Torino. Tutte in arrivo  da Parigi, dalla “Collezione Florence e Damien Bachelot”, fra le più importanti raccolte fotografiche private a livello europeo, rappresentano una suggestiva, protratta nel tempo, “città di ritratti” – secondo la calzante definizione assegnata alla mostra dalla curatrice Tiziana Bonomo (“ArtPhotò”) cui si deve anche, quale immagine guida, la scelta di “Lanesville”, 1958, di Saul Leiter – promossa dall’Associazione Culturale “Imago Mundi” di Torino e titolata, in linea con i soggetti esposti, “Ritratti. Collezione Florence e Damien Bachelot”.

 Una “città di ritratti”, per l’appunto: antologia di volti e figure che sono narrazioni di vite, le più varie e intense, immagini glamour e di umane miserie, di infinite gioie e struggenti dolori, di amori e odi senza fine, uno “sguardo rivolto – ancora Bonomo – alla nostra umanità fatta di miti, di emozioni e di concrete attuali realtà sociali”. Articolato, infatti, in quattro emblematiche sezioni – “Attualità”“Miti”“Società” ed “Emozioni” – l’iter espositivo ci porta dallo scatto iconico (che fece il giro del mondo) del neozelandese Brian Blake, immortalante Pablo Picasso mentre assiste a una corrida con la moglie Jacqueline Roque e Jean Cocteau alla potente capacità documentaria di Lewis Hine, che nella prima metà del Novecento fece dell’arte fotografica uno prezioso strumento di denuncia sociale, ritraendo i volti dei bambini migranti italiani negli States per raccontare la brutalità del lavoro minorile, fino ad arrivare ai toccanti ritratti dei soldati ritratti dal fotoreporter francese  Gilles Caron in Israele, durante la “Guerra dei sei giorni” (giugno, 1967) e in Irlanda del Nord, in occasione  del “The Troubles”, il conflitto fra comunità cattolica e i protestanti dell’Ulster, che durò circa trent’anni. Ma anche scatti meno “impegnativi” come quelli di un’inedita Nan Goldin, fotografa e attivista statunitense, oggi 71enne, con due immagini dedicate a una seducente (classe ’62) Jennifer Jason Leigh, attrice considerata, secondo la Rivista “Harper’s”, una delle dieci donne più belle d’America.

E’ davvero una lunga, suggestiva galoppata attraverso il Novecento della Fotografia fino alla contemporaneità, quella cui ci invita (e l’invito, in ogni istante, è sempre particolarmente ben accetto) dalla rassegna, “attraverso – si specifica in nota – un genere, quello del ritratto, che ben prima dell’era del ‘selfie’ e dei “social”, ha seguito un proprio percorso, riflettendo i mutamenti di costumi, identità e visioni del mondo”. Così, accanto a ritratti di “quotidiana umanità”, regalatici da grandi maestri come Dorothea LangeSaul LeiterWilliam KleinElliot Erwitt e la panamense Sandra Eleta (oggi, a 82 anni, la fotografa forse più famosa a livello internazionale) presente in mostra con “Siembra” (1976) eccezionale “reportage” sulla vita quotidiana degli abitanti e delle “campesinas” di Portobelo, troviamo anche un raro “lightbox” contenente immagini di Brigitte Bardot, firmato dal romano Elio Sorci, fotografo “maximus” della “Dolce Vita” e “cacciatore” super agguerrito delle più note celebrità del “jet set” americano.

Nota interessante: la mostra in naturale armonia con il “Museo”, propone anche in un video un saggio del patrimonio dei 17mila documenti fotografici custoditi. Tra i protagonisti del Risorgimento spiccano i ritratti della Contessa di Castiglione, pioniera nell’Ottocento nell’utilizzo della fotografia come strumento per costruire e diffondere la propria immagine e il proprio fascino. Sottolinea, in proposito, Luisa Papotti, presidente del “Museo”: “La fotografia, inizialmente percepita come surrogato del ritratto pittorico, diventa rapidamente linguaggio autonomo e strumento di propaganda e costruzione dell’identità nazionale. I ritratti di sovrani, patrioti, combattenti non solo eternano i volti del Risorgimento, ma diffondono l’ideale unitario. Esporre questi materiali accanto ai ritratti contemporanei della ‘Collezione Bachelot’ significa restituire continuità al racconto dell’identità attraverso l’immagine”.

Gianni Milani

“Ritratti. Collezione Florence e Damien Bachelot”

Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, piazza Carlo Alberto 8, Torino; tel. 011/5621147 o www.museorisorgimento.it

Fino al 5 ottobre –  Orari: mart./dom. 10/18

Nelle foto: Roth H. Sanford “Romy & Luchino Visconti”, ca. 1960; Brian Brake “Picasso’s Bullfight, Valauris, 1955; Gilles Caron “Israel …” 1967; Sandra Eleta “Siembra”, 1976  

Sabrina Always e Frank Pellizza aprono la stagione del Miit

Una duplice mostra inaugura al Museo MIIT di Torino la stagione autunnale

Mercoledì 10 settembre prossimo al  museo MIIT di Torino si inaugura, con apertura fino al 26 settembre prossimo, la mostra dal titolo “Franz Pellizza… Ok.. Let’s go. Tra figurazione e astrazione”.
La rassegna, curata da Guido Folco, direttore del MIIT, Museo Internazionale Italia Arte, inaugura la stagione espositiva autunnale del museo negli spazi di corso Cairoli 4, concepita come una forma di anteprima del Salone dell’Auto di Torino, che si terrà dal 26 al 28 settembre prossimi. I soggetti delle opere di Franz Pellizza sono le automobili, dalle storiche alle sportive a quelle famose conservate al MAUTO.
Franz Pellizza è un artista che usa la fotografia come espressione artistica dal figurativo all’astratto per creare opere d’arte uniche. I soggetti delle automobili sono quelli di cui l’artista coglie solo un particolare, che poi elabora con varie tecniche, creando, con la digital art, un’immagine di grande impatto.

Giovedì 11 settembre inaugura alle ore 18 la mostra personale di pittura dal titolo “Sabrina Always. Il tempo della luce e del colore”, una selezione accurata di opere dell’artista veneziana che torna a esporre a Torino presentando un percorso artistico suddiviso in sezioni tematiche ( Il tempo della posa, Il tempo di un tramonto, Figurativi), capaci di esplorare vari generi, dalla figurazione alla ritrattistica, dalle pitture naturalistiche alle ricerche su luce e colore , come suggerisce il titolo della mostra.
Sabrina Costantini Always è nata a Venezia il 28 settembre del 1967 e da più di vent’anni lavora nel campo della pittura, del restauro, dell’interior design anche come consulente cromatica, sviluppando una particolare attenzione per la dimensione simbolica dei colori.
La sua esperienza pittorica va dall’applicazione delle tecniche più  antiche, tra le quali l’affresco  e il trompe-l’oeil in stucco veneziano all’impiego dei più innovativi materiali ecocompatibili per superfici murarie. Negli anni 95/97 è stata assistente del pittore, scultore e filosofo Gino De Domenicis durante i soggiorni veneziani a Palazzo Franchini.

Per Sabrina Always ogni dipinto rappresenta un universo da scoprire, il soggetto diventa spunto interiore per raccontare le sensazioni più profonde dell’artista e della realtà. Emerge un’attenta indagine psicologica dalla sua ritrattistica, in cui la posa delle protagoniste, gli sguardi sognanti e penitenti, la profondità della scena, diventano narrazione di una storia, di una vita osservata con sensibilità raffinata.
Oltre alla pittura, anche il disegni diventano strumento privilegiato per cogliere il dettaglio di una figura e Sabrina Always si addentra con sensibilità nella personalità del soggetto, ne delinea i tratti caratteristici, mantenendo sempre un’atmosfera rarefatta che si avvicina al sogno.
Nei soggetti amati dall’artista, come gli alberi, le foglie, i paesaggi e in questa mostra in particolare i tramonti, il sentimento di Sabrina Always assume spesso una prospettiva umana e divina che abbraccia la totalità degli elementi, rendendoli parti di un insieme misterioso. Macchie di pittura danno vita a orizzonti, fiori, rami, chiome di alberi per accompagnare il visitatore in un viaggio interiore. La natura, proprio come nella pittura antica, diventa allegoria e simbolo, immagine di una dimensione che, nell’artista, assume caratteri spirituali e trascendenti.
La notte, il Sole  e la luna , le stagioni incarnano un’idea atavica del ciclo della vita e delle opposte energie del mondo che si completano e confrontano. Nella pittura di Always la natura è  una presenza costante, ideale e concreta al tempo stesso, un’opera d’arte totale nella definizione wagneriana del termine.

La mostra rimarrà aperta fino al 24 settembre prossimo, al Museo MIIT, in corso Cairoli 4.

Orari martedì-sabato 15.30-19.30

Per prenotazioni tel 0118129776

Mara    Martellotta

Vittorio Cavalleri, pittore torinese. Gli estatici colori di Luzzogno 

Vittorio Cavalleri (Torino 1860-Gerbido di Grugliasco 1938), artista nato da Gioacchino e Felicita Angelino dal portamento signorile e dal tratto cortese, si trasferiva a Luzzogno nella stagione estiva dalla regal Torino non per riposare ma per dipingere, trovando spunti pittoreschi nei paesaggi rurali e nelle scene campestri. Cassetta a tracolla e cavalletto sottobraccio, usciva incontro a madre natura, primogenita di Dio, impiegando il tempo in momenti di generosità e devozione con la sua arte piena di grazia, spontaneità e raffinatezza esecutiva.

L’ispirazione che il geniale pittore trasse da questo territorio costituisce l’orgoglio di Luzzogno, fiero di aver contribuito alla sua grandezza artistica. Una traccia importante del Cavalleri è costituita dall’Annunciazione, affresco del 1895 visibile sulla parete sinistra del Santuario della Madonna della Colletta dedicato alla Natività della Vergine, vincolo di fede e spiritualità per l’intera vallata edificato nel ‘600 da un componente della nobile famiglia Gozzano per ex voto suscepto.

L’affresco, alquanto originale, rappresenta la Vergine che riceve l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele, in veste bianca con le ali ferme ed aperte con un giglio in mano. La Vergine, sorpresa, non è raccolta in preghiera come solitamente rappresentata ma è vestita con il tipico costume del paese, intenta a filare la lana con l’arcolaio (il Vindoûl) tra canestri, fusi e gomitoli.

L’apprezzato ritrattista e paesaggista torinese eseguì diverse opere durante il soggiorno nella piccola comunità montana, la “Pazzerella” (ai Laghìtt), l’ “Empirismo” (la Jeta), “Vecchio volpone” (l’Angilòn), “Idillio” (all’Alpe Ruscadlana), “Angelo custode” (la Mariin all’Alpe Ruscadlana), “Madre” nel campo dietro alla chiesa, “Il portico” di fronte alla chiesa, “San Rocco” quartiere sotto al circolo, “Il filo della vita” dalla valenza simbolica sull’emigrazione e “Il turbine”, il più famoso, attualmente esposto al Museo di San Francisco in California. I riconoscimenti e la notorietà giunsero dopo il trasferimento da Torino a Gerbido nella casa dell’allievo pittore paesaggista Mario Gachet nel 1885. Alcune opere furono premiate con medaglia d’oro ai Salons di Parigi nel 1894 mentre, durante un viaggio nella capitale francese, acquistò i migliori pastelli in commercio, introvabili in Italia. Altre opere furono esposte in Vaticano, alla Biennale di Venezia e alla Corte d’Inghilterra.

Nel 1892 fu premiato con medaglia d’argento dalla Società Promotrice di Genova durante le celebrazioni del quarto centenario della scoperta dell’America. Mantenne stretti rapporti con Torino esponendo al Circolo degli Artisti, alla GAM, alla Promotrice di Belle Arti, alla Sede della Stampa, alla Società degli Amici dell’Arte e nel 1908 alla quadriennale con il premio Bricherasio. Sue opere si trovano nelle chiese di Pietra Ligure e Frabosa Serro. Nel Santuario di Oropa eseguì due lunette, “La pace” e “La guerra”. Fu socio dell’Accademia Nazionale, Accademia di Brera e Accademia Albertina di Torino dove si diplomò e insegnò nei corsi serali. Inoltre fu proclamato “Maestro famoso” a livello internazionale.

Letterati ed artisti lo circondarono di grande affetto e stima definendolo “Il Pascoli della pittura” mentre fu descritto nelle opere principali dell’amico fedele Edmondo De Amicis. Nel 1963 il Circolo degli Artisti di Torino organizzò una grande mostra postuma a lui dedicata con 94 opere, “Vittorio Cavalleri nelle collezioni torinesi”. La capacità di rilevare psicologicamente i contorni umani dei personaggi, la luminosità e la freschezza delle dolci pennellate e l’uso della spatola creavano una festa di colori ai suoi dipinti di stampo naturalistico. Vittorio Cavalleri, unitamente a Giacomo Grosso e a Edoardo Calandra e Marco Calderini, fu tra gli illustri esponenti dell’arte pittorica torinese di fine ottocento.
Armano Luigi Gozzano

Il trittico autunnale delle mostre alle Gallerie d’Italia di Torino

Si è concluso il primo semestre del 2025 di Intesa Sanpaolo raggiungendo quota 420 mila visitatori nella rete delle Gallerie d’Italia di Milano, Napoli, Torino e Vicenza e ora viene presentata una stagione autunnale ricca di grandi mostre nell’ambito del cosiddetto “Progetto cultura”, il piano pluriennale delle iniziative con cui la Banca vuole esprimere il proprio impegno per promuovere arte e cultura in Italia.

Il percorso espositivo prenderà il via l’11 settembre alle Gallerie d’Italia di Torino con un progetto firmato dall’artista olandese Erik Kessels. L’installazione multimediale, costruita a partire da oltre 60 mila fotografie provenienti dall’Archivio Publifoto di Intesa Sanpaolo, darà vita a un flusso visivo continuo grazie al supporto dell’intelligenza artificiale. Le immagini, cucite e trasformate, comporranno un ritratto dinamico dell’Italia, dove volti, scene di cronaca, momenti di guerra e politica, lavoratori, sportivi e frammenti di storia si fonderanno gli uni negli altri. L’opera sarà visitabile fino al 7 ottobre.

Dal 9 ottobre al 1° febbraio 2026 sarà poi protagonista una grande retrospettiva dedicata a Jeff Wall, fotografo nato a Vancouver nel 1946 e considerato tra i più influenti della scena internazionale. Da oltre quarant’anni Wall si muove tra documentazione e staged photography, creando immagini che interrogano la società contemporanea. La mostra, dal titolo Jeff Wall. Photographs e curata da David Campany, raccoglierà lavori realizzati dagli anni Settanta a oggi, in dialogo con il realismo ottocentesco e i dipinti di Édouard Manet. Le sue fotografie, pensate e costruite come set, non nascono con intento documentaristico, ma come affermazione della libertà creativa che l’artista rivendica per la fotografia al pari delle altre arti.

A chiudere il trittico sarà, dal 12 novembre, la mostra dedicata a Riccardo Ghilardi, organizzata in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema per i suoi 25 anni e curata da Domenico De Gaetano. L’esposizione, visitabile fino al 1° marzo 2026, offrirà un racconto fotografico ambizioso che attraversa la storia del cinema dalle origini a oggi. Una sorta di lungo piano sequenza composto dai ritratti delle grandi celebrità, con uno sguardo rivolto alla Mole e alle collezioni del Museo, coinvolgendo protagonisti di primo piano del cinema italiano e internazionale.

Mara Martellotta

MAO, Finissage della mostra Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone

 

Il MAO chiude con un weekend di eventi la mostra dedicata all’esplorazione della cultura materiale giapponese attraverso un’ampia selezione di 50 haori e juban – le giacche sovrakimono e le vesti sotto kimono maschili – provenienti dalla collezione Manavello.

MAO Museo d’Arte Orientale

Via san Domenico 11, Torino

Sabato 6 e domenica 7 settembre 2025

Nell’ultimo weekend di apertura della mostra Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone, il MAO Museo d’Arte Orientale lancia un programma di eventi aperti gratuitamente al pubblico.

Sabato 6 e domenica 7 settembre 2025, il museo presenta il catalogo della mostra e propone la proiezione di due capolavori del cinema nipponico degli anni ’50 del regista Yasujirō Ozu.

SABATO 6 SETTEMBRE dalle 12 alle 16 – Presentazione del catalogo e cinema d’autore

La giornata di sabato si apre con la presentazione del catalogo della mostra, edito da Silvana Editoriale.

Il catalogo si sviluppa seguendo passo dopo passo il percorso espositivo e le sue sezioni tematiche, proponendo approfondimenti critici che offrono chiavi di lettura storiche, artistiche e culturali, con particolare attenzione alla complessità iconografica degli abiti esposti e al contesto in cui furono creati e indossati. Ampio spazio è dedicato alle opere degli artisti contemporanei invitati: Kimsooja Royce Ng, Yasujirō Ozu, Tobias Rehberger e Wang Tuo.

Il volume include inoltre saggi a cura di Lydia Manavello, Silvia Vesco e Anna Musini, che approfondiscono temi quali l’estetica maschile nell’abbigliamento giapponese, le dinamiche storiche del periodo Taishō e Shōwa, e il ruolo della moda come veicolo di propaganda, identità e trasformazione culturale.

Il catalogo intende essere anche un strumento di lettura trasversale, che consente di cogliere le interconnessioni tra passato e presente, tra patrimonio materiale e riflessione artistica contemporanea. Un invito a proseguire idealmente il viaggio iniziato in mostra, alla scoperta di un Giappone più complesso e stratificato di quanto spesso le narrazioni canoniche suggeriscano.

Al termine della presentazione, sarà offerto un light lunch a tutti i partecipanti, un momento di convivialità per favorire il dialogo tra esperti, appassionati e visitatori.

Nel pomeriggio, alle ore 14, il programma prosegue con la proiezione del film Inizio d’estate (1951), capolavoro di Yasujirō Ozu che, attraverso la sua poetica delicata e profonda, offre uno sguardo intimo sulla società giapponese degli anni ’50 del Novecento.

L’ingresso è gratuito previa prenotazione al link.

 

DOMENICA 7 SETTEMBRE ore 15 – Viaggio a Tokyo

Domenica 7 settembre alle ore 15 il MAO propone la proiezione del maggiore capolavoro di Ozu, Viaggio a Tokyo (1953). Il film, unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi film della storia del cinema di tutti i tempi, esplora con straordinaria sensibilità i mutamenti della società giapponese nel secondo dopoguerra, dialogando idealmente con i temi di trasformazione culturale e sociale evocati dalla collezione di abiti in mostra ma, al contempo, evocando emozioni universali.

L’ingresso è gratuito previa prenotazione al link.

Si ringrazia Tucker Film per i film Inizio d’estate e Viaggio a Tokyo

HIC sunt Viperae. Breve storia degli animali ai piedi delle Alpi

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso Sabato 6 settembre, dalle ore 15.30

 

Una visita tematica e una conferenza alla scoperta della fauna rappresentata negli affreschi

 

 

Maiali, capre, draghi e scorpioni: nella Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, dedicata al santo protettore degli animali, sono presenti affreschi che rappresentano anche la fauna. Dai maiali, che si trovano spesso nell’iconografia legata a Sant’Antonio per il largo uso che i monaci Antoniani facevano del grasso dei suini per la cura delle malattie cutanee legate al fuoco di Sant’Antonio, alle capre raffigurate nella processione di pastori e ancora scorpioni e draghi sui vessilli dei “carnefici” di Cristo a rappresentare il male.

L’appuntamento di sabato 6 settembre “HIC sunt Viperae” è una visita tematica seguita da una conferenza organizzata in collaborazione con Daniele Pesce, Ente di Gestione delle Aree Protette dei Parchi Reali, alla scoperta della fauna rappresentata negli affreschi e della sua simbologia.

 

INFO

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)

Sabato 6 settembre 2025, dalle ore 15.30 alla chiusura

HIC sunt Viperae

Costo: 7 euro + biglietto di ingresso

Biglietto di ingresso: intero 5 euro, ridotto 4 euro

Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone

Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito

Prenotazione obbligatoria entro il giorno precedente

Info e prenotazioni (dal mercoledì alla domenica):

011 6200603 ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it

www.ordinemauriziano.it

Per ritenere valida la prenotazione attendere una conferma