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La luce lega il mare azzurro e i vecchi stabilimenti abbandonati

Nelle sale della galleria Malinpensa by La Telaccia, sino al 15 ottobre

È la luce il fil rouge che accomuna e lega la pittura a olio di Cinzia Gorini e le fotografie illividite o a mostrare luoghi abbandonati, fabbriche di un tempo, che stanno nell’ampio mondo artistico di Fabrizio Passera, ambedue gli autori ospitati sino al 15 ottobre nella elegante galleria di corso Inghilterra 51, diretta da Monia Malinpensa (orari: 10,30-12,30 / 16-19, chiusura lunedì e festivi; tel. 011 5628220 / 347 2257267; www.latelaccia.it). Per la pittrice, nelle sue opere “uniche” oppure narrativamente suddivise in due tre quattro sezioni, disposte talune ad occupare uno spazio orizzontale o, a ragion veduta, altrettanto verticale, a farla da padrone è il mare, paesaggi e atmosfere di ricordi e di sogno e di luminose libertà (rappresentato anche nell’abbinamento di sei formelle, 20 x 20 cm ciascuna,”Floating”, 2022) – “nella vasta distesa d’acqua io percepisco calma, una vera tranquillità e una pace rasserenante, in un orizzonte più o meno lontano, una calma che la vita di ogni giorno non consente e ci è negata” -, con i suoi azzurri predominanti, con l’adombrarsi delle onde che s’increspano, con le strisce di differenti colori, di diverse gradazioni, di mutevoli intensità. S’alterna il biancore delle schiume che arrivano a riva (“Blue Splash”, 2022), il moto delle acque che mescola i vari tratti, colpiti da una nuova luce o da un brillìo improvviso, inaspettato, del sole (“Vibrations”, 2025), le superfici appaiate, dove s’incrociano, in una suggestiva scala tonale, le pennellate più azzurre con quelle di un blu più imperioso, solcate qua e là da qualche tratto, ramato o aranciato, arrivato da chissà dove (“Electric Blue”, 2025), i colori pallidissimi di “Soffused Worlds” (2022).

Spiega così il suo mondo l’artista: “Le infinite sfumature del blu sono una tela su cui si dispiegano flussi di pensieri e dove le emozioni si intrecciano prendendo vita. Immaginare le infinite possibilità di intrecciare queste tonalità con frammenti di ricordi di navigazioni verso isole remote e paesaggi marini sconosciuti significa intraprendere un viaggio creativo, che fonde l’etereo con il tangibile.” Un viaggio quindi, un percorso che prende inizio da lontano, una memoria antica, che allinea tappe e risultati ogni volta diversi, laddove un mare non è eguale a un mare, ognuno possedendo una cifra precisa, un elemento, che lo rendono autonomo. Mai si ha l’impressione del déjà vu, mai chi guarda deve allontanare da sé il sospetto di un attimo di confusione. Una pittura che abbraccia pure un immaginifico – o realissimo: andiamo a sbirciare qualche pagina scritta! – mondo letterario, siano le pagine di Melville o di Conrad, di Baricco o di Ernest Hemingway, di Elsa Morante o di Raffaele La Capria, trovando chi lo vorrà un punto di riferimento nelle “Onde” di Virginia Woolf come nel vecchio gabbiano Jonathan Livingstone di Richard Bach. Potrebbe raccogliere tutte quante quelle pagine “Raccontare il mare” di Björn Larsson, pagine che raccolgono scritti e autori, narratori di distese azzurre, uno sguardo legato alle distese nordiche, al Larsson di origini svedesi: non lontano – forse – dall’universo di Gorini, che proprio a Stoccolma, nel 1996, debuttò con una sua prima personale, “Il Silenzio, L’Anima”, dove già indagava su fari e soggetti marini. Mari con le loro bellezze e i misteri, le avventure e i drammi, la serenità e la tempesta, la meraviglia e la cattura dell’attimo. Magari con il piacere di spingersi oltre, nel cuore di quelle sabbiose quanto finissime spiagge che quasi in maniera impercettibile, vasti spazi di un appartato mare del Sud del mondo, si mescolano caldamente con le prime propaggini della rena. Magari con il piacere di confondere il cielo e il mare, con tratti soffusi, rarefatti, impercettibili. Sottolinea, tra l’altro, Monia Malinpensa nella sua presentazione: “Le sensazioni cromatiche che si accendono sulla superficie della tela sono pulsanti di una naturalezza dell’immagine altamente suggestiva, in cui il racconto pittorico acquista una dimensione contemplativa e spirituale costante. Sono opere pittoriche che ci stupiscono e che emergono di un’interpretativa unica attraverso un’espressione dinamica del colore e del segno sorprendente.”

Ancora la luce nelle immagini di Fabrizio Passera – origini bergamasche, personali di notevole successo, finalista del concorso “Combat Prize 2022” e primo premio per la fotografia “La natura del Domani” alla 10a Biennale d’Arte Internazionale a Montecarlo l’anno successivo -, là dove il suo angolo di mostra si sbina, fissando da un lato, al piano superiore della galleria, dodici impressioni dell’isola di Rodi, datate 2023 (unica installazione, dodici cartoline/ricordo che poggiano su uno strato di sabbia sintetica, realissima in quelle tracce bruciate e annerite sparse qua e là, con tanto di indirizzo sul retro, ça va sans dire a Passera stesso, alleggerite da altrettanti francobolli a ricordare le bellezze dell’isola), devastata nella sua vegetazione da uno dei tanti incendi estivi. Gli alberi, ritagliati contro un anonimo cielo bianchissimo e spento, simili ad articolazioni rinsecchite e prive di vita, ritte o contorte, ancora massicce o debolissime, poggiano su una massa terrosa oscura e non più produttiva. Del tutto anneriti, sembrano scheletri, lasciati all’abbandono, esseri ormai inanimati a urlare una denuncia che forse rimarrà inascoltata, sola a esprimere tristezza e dolore, testimonianza rabbiosa, ricordi e visioni luminose di un tempo, emozioni ormai trascorse: “La fotografia di Fabrizio Passera è impegnata a valorizzare luoghi abbandonati e feriti che rinascono grazie alla forza espressiva e alla profonda umanità che l’artista ci guida a scoprire, l’origine e l’identità di un luogo ormai deserto donandone una nuova vita.”

Sono nuovi scenari quelli che si presentano a chi guarda (e con forza ammira), non soltanto la natura devastata dall’uomo ma – ancora forse maggiormente emozionanti – quelle immagini che sono al piano inferiore, di estremo rigore, di suggestioni che tendono ad accavallarsi allo sguardo, di una stupefacente immediatezza, di una tecnica ammirevole, di un eccezionale sentimento del ricordo. Di una ben augurante ricostruzione. Si tratta della serie “OW”, autentica sorgente di luce, amata, studiata, accarezzata o spinta all’eccesso, “dipinta” in quei grumi giallastri che vorrebbero donarle maggior vita, un riverbero, una istantanea presenza. Un susseguirsi di colonne a sorreggere capannoni, di arcate esplose in un ricamo di luci, esempi alti di archeologia industriale, la bellezza di certi fasci di luminosità o l’acqua che ristagnando riflette pareti e scale e ingressi ormai “délabré” o la natura che qua e là compare per riappropriarsi degli spazi perduti. Una sorta di apparizioni, una fabbrica di elettrodomestici che la crisi industriale di una parte dell’Italia – ma quei “momenti” potrebbero essere fissati ovunque – ha reso orfana di macchinari e di prodotti e di materiale umano soprattutto, presenze e ombre scomparse, vere memorie mute, testimonianza dell’animo di un artista che ha la potenza, in un unico scatto, di mostrarti quanto ci sia di Storia e di storie. O le scene, ancora, del “Cementificio”, immaginifica realtà scenografica che imprigiona in se stessa la realissima atmosfera di un tempo. E Passera, con la sua arte, spinge il visitatore alla ricerca di quel tempo perduto.

Elio Rabbione

Nelle immagini: nell’ordine, di Cinzia Gorini “So far so close”, olio su tela, 90×120 cm., 2025 e “Blue Splash”, olio su tela, 30×60 cm., 2022; di Fabrizio Passera “OW 04”, 75×120 cm., 2012 e “OW 03”, 105×105 cm., 2012.

L’Ultima Cena di Fiorenzo Faccin nella basilica di Carutapera in Brasile

Nella notte, ora italiana, è stata inaugurata a Carutapera, in Brasile, nello stato del Maranhão, la grande Ultima Cena affrescata dal maestro Fiorenzo Faccin, originario di Piobesi Torinese, classe 1953. L’opera reinterpreta il capolavoro leonardesco con luci d’ispirazione caravaggesca, e porta in basilica 13 volti di Piobesi, cittadini che lo scorso 12 febbraio si prestarono negli spazi dell’oratorio a un set fotografico per diventare i modelli della scena. Il progetto nasce dal mandato affidato a Faccin per decorare la basilica minore di San Sebastiano, elevata a tale rango nel 2021 con una grande pittura murale collocata nella cupola centrale. L’artista ha disegnato e dipinto personalmente l’intervento misurando con una semicirconferenza di circa 12 metri per 5 d’altezza. La scelta di utilizzare solo raffiguranti piobesini è stata, fin dall’inizio, una volontà di omaggiare il proprio paese d’origine, un ponte simbolico tra le due comunità. L’amministrazione comunale di Piobesi Torinese, da parte del Sindaco Fiorenzo Demichelis: “Orgoglio e sincere congratulazioni al maestro Fiorenzo Faccin per l’eccezionale risultato artistico e per aver saputo trasformare un’idea che unisce popoli e fedi. Con la sua arte, i suoi colori e i volti della nostra gente, Piobesi entra per sempre nella storia della basilica di San Sebastiano e nella memoria della comunità di Carutapera”.

Nei mesi scorsi, Faccin aveva annunciato la realizzazione  di una bozza su tela destinata a essere donata alla parrocchia di Piobesi, un ulteriore segno di restituzione alla comunità che ha partecipato al progetto.

“Ho realizzato con passione quest’opera – racconta il maestro Faccin  – e ho trovato a Carutapera una popolazione fantastica e molto accogliente, e questo non ha potuto che aiutarmi a portare a termine l’impegno con soddisfazione e meraviglia. Una bellissima esperienza poter portare le mie radici a migliaia di km da casa”.

Mara Martellotta

Il cinquantesimo compleanno della galleria Tucci Russo 

Mostra personale di Tony Cragg, dal titolo “GE(SCHICHATE)” e la collettiva “Vue d’ensemble-immaginari in dialogo parte III”

Il 5 ottobre scorso la galleria Tucci Russo ha celebrato i suoi 50 anni di attività e, nello spazio di Torre Pellice, si sono inaugurati una  mostra personale di Tony Cragg, dal titolo “GE(SCHICHATE)” e la collettiva “Vue d’ensemble-immaginari in dialogo parte III”. Nella sede torinese della galleria, è aperta, fino al 31 gennaio 2026, la personale dell’artista Mario Airò, dal titolo “Co-mondo”.
Lisa Di Grazia, per tutti Lisa Tucci Russo, è stata compagna di lavoro e di vita, sin dai primi anni Settanta, di Antonio Tucci Russo, scomparso nel 2023 e figura emblematica della Torino degli anni Sessanta, vicina a poeti e artisti dell’arte povera, prima direttore della galleria di Gian Enzo Sperone e poi, dal 1975, gallerista egli stesso in uno spazio in via Fratelli Calandra, che debuttò con una mostra di Pier Paolo Calzolari. La galleria si sarebbe poi spostata al mulino Feyles nel 1990, in via Gattinara, e nel 1994 negli spazi dell’ex manifattura tessile Mazzonis, a Torre Pellice. Nel 2017 l’apertura di una seconda sede all’interno di un palazzo storico di via Bertolotti, nel cuore di Torino.

“50 anni! Era al di là delle mie capacità – afferma Lisa Tucci Russo – riassumere in un’unica esposizione la storia di una vita, di esperienze vissute e di come l’arte sia stata in grado, fin dalla prima mostra del ’75, di Calzolari, di cambiare il mio pensiero e la mia visione di mondo. Da qui l’idea di diluire nell’arco dei tre anni passati, fino al presente, delle visioni che ho riassunto da un lato nelle tre collettive intitolate ‘Vue d’ensemble: immaginari in dialogo rispettivamente parte I, parte II e parte III’. Le opere hanno dialogato tra loro nelle varie esposizioni, dando sempre una visione di un momento diverso nel lavoro di ogni singolo artista. Contemporaneamente sono state affiancate le mostre personali, negli spazi di Torre Pellice e di Torino, di Jan Vercruysse, Conrad Shawcross, Robin Rhode, Marisa Merz, Daniel Buren, Alfredo Pirri, Gilberto Zorio, Richard Long, Christiane Löhr, Gianni Caravaggio, Mario Airò (attualmente in corso a Torino) e Tony Cragg, che ha inaugurato in contemporanea con la ‘parte III’ di ‘Vue d’ensemble’. Ho vivida memoria della prima mostra con Cragg, nel 1984, di quando Tony dopo un velocissimo viaggio in macchina (7 ore da Wuppertal a Torino) è arrivato per la prima volta nella vecchia sede di corso Tassoni, e mi piace pensare che il titolo scelto dall’artista per questa esposizione sia un omaggio alla galleria per questa speciale occasione. In tedesco ‘GE’ intende una totalità, ‘SCHICHT’ significa ‘un insieme di strati’, metaforicamente una sovrapposizione di eventi, cose accadute che diventano storia: GESCHICHTE”.

“Dopo aver soddisfatto questo mio personale desiderio – continua Lisa Tucci Russo – penso però più concretamente al suo lavoro: STACK (Schicht) è un titolo che lo accompagna fin dalle sue prime opere, che composte da elementi sovrapposti presentano una visione tassonomica del mondo; lui stesso ha affermato di considerare gli oggetti creati dall’uomo come ‘chiavi fossilizzate di un tempo passato che è il nostro presente’. Allo stesso modo, le composizioni di oggetti su pavimenti e pareti, che ha iniziato a realizzare negli anni Ottanta, sfumano il confine tra paesaggi naturali e artificiali, creando il contorno di qualcosa di famigliare in cui le parti che lo compongono sono i relazione con il tutto. Cragg intende la scultura come uno studio di come i materiali e le forme concrete influenzino i modelli delle  oltre idee ed emozioni. La figura umana è l’esempio principale di quello che sembra in definitiva organico e suscita risposte emotive, pur essendo una composizione complessa di molecole, cellule, organi e processi. Il lavoro di Cragg non imita la natura o il suo aspetto, ma si concentra sul perché siamo come siamo. Le opere in mostra, da Riot, del 1987, fino alle più recenti ‘Incidents’, ‘Stand’,’Edge’, ‘Rem’, questa facente parte della recente serie ‘Dream sleepers’, mostra il continuo interrogarsi dell’artista sulla materia, se organica o inorganica, è quindi sul mondo”

Le mostre sono accompagnate in una sala dedicata da una serie di proiezioni che raccontano la storia di Lisa e Antonio Tucci Russo, insieme agli artisti, dal 1985 ad oggi.

Apertura fino all’1 marzo 2026, da mercoledì a domenica 10-13/15-18.30

Mara Martellotta

Malinpensa by La Telaccia: Gorini e Passera, “Oltre il confine dell’orizzonte”

Informazione promozionale

“Oltre il confine dell’orizzonte” è la mostra che inaugura la stagione autunnale della galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia con opere di due artisti: Cinzia Gorini e Fabrizio Passera. La mostra si aprirà il 2 ottobre per concludersi il 15 ottobre prossimo.

“Cinzia Gorini – afferma l’art director Monia Malinpensa – crea una linea pittorica importante su cui sviluppare diversi aspetti di rilievo naturalistico e di essenza umana, facendo risaltare il soggetto grazie a un’energia interiore costante. Il preciso studio del colore, luminoso e ben sfumato, prende corpo grazie a una conoscenza tecnica solida e matura, che rende l’opera intrisa di una propria identità stilistica. Sono opere pittoriche che stupiscono e che emergono da una suggestione unica attraverso un’espressione dinamica del colore e del segno sorprendente. Il progetto è dedicato all’amore per la natura, da cui se ne trae una energia di grande forza contenutistica e propria identità artistica. Il fruitore viene travolto da effetti cromatici straordinari, e da trasparenze uniche, nei giochi chiaroscurali, che sprigionano messaggi contemplativi e poesia visiva ispirata dal rispetto verso la natura”

Nata in Italia nel 1965, Cinzia Gorini ha debuttato a Stoccolma nel 1996 con la sua prima personale “Il Silenzio, l’Anima” con una collezione delle sue prime opere raffiguranti fari e soggetti marini. Nei decenni successivi ha sviluppato il suo stile ormai distintivo, in cui l’idea di navigare verso isole remote aggiunge un elemento di meraviglia, invitando l’osservatore a esplorare l’ignoto attraverso le sue opere astratte. Negli ultimi anni le opere di Cinzia Gorini sono state premiate alla Biennale di Montecarlo del 2021 e del 2023, e i suoi lavori inclusi in prestigiose pubblicazioni d’arte, oltre ad aver preso parte a mostre collettive in Italia e in Francia.

“La fotografia di Fabrizio Passera – ha dichiarato l’art director Monia Malinpensa – è impegnata a valorizzare luoghi abbandonati e feriti che rinascono grazie alla forza espressiva e alla profonda umanità che l’artista ci invita a riscoprire. Attraverso la sua arte egli restituisce valore all’immagine, ricordando le sue radici e trasformandole in un nuovo scenario. La serie fotografica ‘OW’ documenta uno studio di notevole preparazione tecnica, di un lungo lavoro di analisi, sia della luce sia della conoscenza strutturale. L’artista coglie dall’ex fabbrica di elettrodomestici una nuova visione del luogo dove ferma e cattura l’attimo dello scatto con gli occhi e l’animo dell’artista. La bellezza della luce, filtrata con occhio attento e mano sicura, attraversa l’immagine di quello che era una volta”.

Fabrizio Passera è nato in provincia di Bergamo, dove risiede dal 1974. Dopo aver fatto il fotografo di Still Life per circa 10 anni, nel 2022 gli è stato proposto di esporre presso un circolo culturale di Bergamo, in una mostra personale che ha riscosso buon successo tra critici e addetti ai lavori. Una delle fotografie di questa esposizione è stata riproposta a Livorno, in quanto finalista del concorso Combat Prize 2022. Nelle sue opere ricerca l’interpretazione degli spazi urbani e la relazione tra l’architettura e le persone che le vivono, tra l’artificiale e il paesaggio. Gli piace indagare, attraverso la fotografia, l’urbanizzazione e gli effetti che questa produce sulla società è sul paesaggio. È stato premiato col primo premio per la fotografia “La natura del domani” alla decima Biennale d’Arte Internazionale di Montecarlo, organizzato dalla galleria Malinpensa by La Telaccia.

Mara Martellotta

“TRIP 2025 – Festival di arte, design e relazioni urbane” torna a Torino 

TRIP torna a Torino l’11 e 12 ottobre prossimi per la sua seconda edizione, trasformando il Barriera Design District in un laboratorio diffuso di sperimentazione artistica, design emergente e pratiche urbane. Il progetto, curato da Lucrezia Nardi, prevede due giornate consecutive, nell’orario che va dalle 15 alle 19.30, in cui venti location apriranno le proprie porte ospitando mostre, installazioni, performance, talk e interventi site-specific, in un percorso che da EDIT conduce fino ai Docks Dora, attraversando Velvet Studio, sede dell’associazione, Cervino 28, la collezione privata di Stefano Rastrelli e spazi ibridi come EditLoft, che ospiterà due mosse curate da collettivi e curatori ospiti.

Un programma che coinvolge circa quaranta artisti e venti designer, e che intreccia le voci consolidate a quelle emergenti. Sul fronte del design, i progetti di studenti e giovani autori di IAAD dialogano con figure già affermate, in un confronto generazionale che esplora nuove forme di produzione e ricerca. Gli artisti del territorio apriranno studi e spazi espositivi in dialogo con il pubblico. Accanto a loro vi sarà una selezione internazionale che porterà nel Barriera Design District progetti e partecipazioni, tra cui Studio Nucleo, Giorgio Bena, Origami Pop, Plastiz e Testatonda, oltre a momenti di partecipazione collettiva.

Parallelamente al percorso ufficiale, TRIP Beyond valorizza le realtà già attive nel distretto con aperture straordinarie nel weekend: il MEF – Museo Ettore Fico, le gallerie Gagliardi e Domke, Cervino 28, spazi indipendenti come Officine AdHoc, Ad Hoc Voice e Mocambo, che arricchiscono la geografia culturale del quartiere con contenuti propri.

Il pubblico sarà invitato a costruire liberamente il proprio itinerario tra mostre e installazioni, fermandosi poi nei punti di ristoro del quartiere, tra cui Cavaliere, Prunotto, Muro, EDIT, Via Baltea e Baffo Hub, per un drink o una cena. Il festival si apre venerdì 10 ottobre con un opening party al Crack Lab e culmina sabato sera con una festa musicale in terrazzo presso Velvet Studio, occasione di incontro e celebrazione collettiva della seconda edizione di TRIP.

“TRIP nasce come una piattaforma situata e collaborativa – ha dichiarato Lucrezia Nardi, curatrice di Barriera Design Disctrict – capace di attivare il quartiere come spazio di attraversamento e di relazione, in cui arte e design non sono semplici presenze decorative ma strumenti di trasformazione e di riconoscimento”

“TRIP è un’occasione per mettere in dialogo pratiche differenti, dal design all’arte visiva, dai linguaggi indipendenti alle istituzioni, costruendo nuove connessioni culturali” ha dichiarato Ivano Viotto, vicepresidente di Barriera Design District.

Gian Giacomo Della Porta

Fondo Acquisizione Fondazione Arte CRT incrementato per Artissima

Portato a 300 mila euro

Artissima Internazionale d’Arte Contemporanea di Torino promuove, in collaborazione con aziende partner, istituzioni per l’arte e fondazioni, 13 premi, e il fondo d’acquisizione Fondazione Arte CRT. Oltre ai premi storici e a quelli più giovani, che confermano il ritorno in fiera, l’edizione 2025 si arricchisce del Vilnius Residency Prize, nell’ambito del programma Cultura Lituana in Italia 2025/2026. Quattro premi in collaborazione con aziende e partner: premio Illy Present Future, promosso da Illy Caffè dal 2001; Premio Orlane per l’Arte, alla sua seconda edizione, con il supporto di Orlane; Premio Tosetti Value per la Fotografia, promosso da Tosetti Value, il Family office dal 2020; Premio Vanni Artist Room, promosso da Vanni Occhiali dal 2021. Seguono due riconoscimenti dedicati a figure di spicco del mondo dell’arte: il Matteo Viglietta Award, promosso dalla collezione La Gaia dal 2022: il Carol Rama Award, promosso dal 2020 dalla Fondazione Sardi per l’Arte e che quest’anno vede anche la GAM tra i suoi sostenitori.
Sette supporti istituzionali ad artisti e gallerie sono promossi da fondazioni e istituzioni: il Premio Diana Bracco, Imprenditrici ad Arte, nato nel 2023 e promosso dalla Fondazione Bracco, in collaborazione con le Fondazioni De Silva e Diana Bracco, di Milano; Premio Oelle Mediterraneo Antico, promosso dal 2022 dall’omonima Fondazione di Catania; Premio Pista 500, nato nel 2023 in collaborazione con la Pinacoteca Agnelli; Premio ‘Ad Occhi Chiusi’, nato nel 2021 con la collaborazione con la Fondazione Merz; il Premio Ettore e Ines Fico, promosso dal Museo Fico di Torino dal 2010 e Artissima New Entries Fund.

In occasione del suo 25⁰ anniversario, la Fondazione Arte CRT incrementa per il terzo anno consecutivo lo storico fondo d’acquisizione portandolo a 300 mila euro, il più alto budget degli ultimi 12 anni. Queste risorse sono destinate all’acquisizione di opere che andranno ad arricchire le collezioni della GAM e del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Da sempre organo consultivo della Fondazione in materia di acquisizioni, il comitato scientifico della Fondazione partecipa alla scelta delle acquisizioni in fiera, in sinergia con i direttori e i capo curatori del Castello di Rivoli e della GAM, selezionando opere che andranno ad aumentare il valore artistico dei due musei, centri di eccellenza piemontese ed elementi cardine nell’avvicinare all’arte un pubblico esteso ed eterogeneo a livello locale, nazionale e internazionale.

Artissima
Preview giovedì 30 ottobre ore 15-20 su invito
– apertura al pubblico prevista per il 31 ottobre.

Orari d’apertura: 31 ottobre/1 novembre dalle 12 alle 20 – 2 novembre dalle 11 alle 19

Oval Lingotto Fiere Torino – via Giacomo Mattè Trucco 70, Torino

Mara Martellotta

Castello di Rivoli, Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI

Sabato 4 ottobre 2025
Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea aderisce alla Ventunesima Giornata del Contemporaneo, la grande manifestazione promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, con il sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e in collaborazione con la Direzione Generale per la diplomazia pubblica e culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Il tema conduttore dell’edizione 2025 è quello della formazione, intesa come processo ampio e plurale che attraversa educazione, ricerca, scambio di esperienze e saperi.

Sabato 4 ottobre, il Castello organizza un’apertura straordinaria per l’occasione, dalle ore 11.00 alle ore 21.00. Il pubblico potrà visitare gratuitamente il Museo, la Collezione e le mostre in corso, oltre che partecipare alle numerose iniziative che celebrano questa Giornata dedicata alla cultura del contemporaneo.

Ore 11.00
Giovani visioni, con lo sguardo dei ragazzi
 – Teatro del Castello
Giovani visioni è un’opportunità speciale per vedere il Museo e le sue opere attraverso gli occhi dei ragazzi. In occasione della Giornata Amaci, il Dipartimento Educazione ha invitato i partecipanti a presentare gli esiti, video e podcast, dei workshop realizzati in collaborazione con Fondazione TRG Teatro Ragazzi e Giovani nell’ambito di Summer School Teen.
Summer School è la programmazione estiva curata dal Dipartimento Educazione, attiva dal 2010, che offre a tutti l’opportunità di fare esperienza dell’arte attraverso campus settimanali, workshop ed eventi che coniugano arte, teatro, danza, musica e nuove tecnologie.

Ore 11.00, 14.00, 16.00 e 18.00
Visite guidate. Inserzioni e Premio Collective – primo e secondo piano, Edificio Castello

Inserzioni è un programma che invita artiste e artisti a produrre nuove opere in dialogo con le sale del Castello. Gli artisti coinvolti nella prima edizione sono: Guglielmo Castelli, Lydia Ourahmane e Oscar Murillo. Le visite guidate includono anche l’opera di Adji Dieye, vincitrice del Premio Collective 2025 dedicato a giovani artisti. Condotte dalle Artenaute del Dipartimento Educazione, le visite sono una preziosa opportunità per conoscere le molte storie che si intrecciano nelle nuove opere esposte.

Ore 16.00
Nel segno dell’arte: speciale weekend’arte dedicato a nonni e nipoti – terzo piano, Edificio Castello

In linea con il tema della giornata, il Dipartimento Educazione propone un appuntamento speciale del weekend’arte dedicato per l’occasione a nonni e nipoti. La mostra Il Castello Incantato sarà l’occasione per immergersi nel Free Land Scape di Paola Pivi e per sperimentare le innumerevoli forme dell’arte tra le opere di Carla Accardi, Lucio Fontana e Claes Oldenburg. Un pomeriggio all’insegna della condivisione dei saperi, dell’incanto e della bellezza.

Ore 18.30
UNA SCUOLA AL CASTELLO DI RIVOLI – Una nuova idea di formazione – Sala 13, I piano, edificio Castello
UNA SCUOLA AL CASTELLO DI RIVOLI è un progetto di formazione artistica post-laurea con sede al Castello, sviluppato nell’ambito del CRRI, il Centro di Ricerca del Museo. Dal 2024, i partecipanti lavorano collettivamente per destrutturare le proprie discipline e “rallentare la produzione” in uno spirito di dialogo aperto.
Il progetto è oggi alla sua seconda edizione. Durante l’incontro moderato da Marcella Beccaria, Vice Direttrice del Museo, le fondatrici dell’iniziativa Cally Spooner e Lilou Vidal raccontano la loro idea di formazione e presentano la seconda edizione dal titolo ‘Punto di partenza per l’elaborazione critica: Allungamento fino a NOTTURNO’ (30 settembre – 3 ottobre 2025 al Castello di Rivoli, 6 – 9 ottobre 2025 nella città di Torino e dintorni).

Ore 18.00 – 21.00
Apertura straordinaria

Per la Giornata del Contemporaneo, il Museo accoglie il pubblico con un orario esteso aprendo i piani I, II e III dell’edificio Castello fino alle ore 21, nell’ambito della collaborazione con C2C Festival.

Ore 21.00 – 00.30
C2C Festival / Sonorizzazione musicale –  Atrio e spazi esterni Manica Lunga 

C2C Festival, riconosciuto dall’autorevole rivista musicale Pitchfork come “the one-plus-ultra festival of avant-garde eclecticism”, è il festival musicale indoor più grande in Italia ed è considerato uno dei festival di musica avant-pop più apprezzati al mondo. In collaborazione con il Castello, C2C Festival cura un programma di sonorizzazioni degli spazi esterni della residenza sabauda che da 40 anni ospita il Museo d’Arte Contemporanea. L’evento anticipa la 23esima edizione del C2C Festival, che si svolgerà a Torino dal 30 ottobre al 2 novembre 2025.

Ingresso gratuito a tutti gli eventi.
C2C Festival ingresso gratuito previa registrazione sulla piattaforma

Il riflesso di Leonardo-Sebastiano Ferrero e l’enigma di un trittico

Apre al pubblico il 2 ottobre 2025, fino al 3 maggio 2026, la mostra intitolata “Il riflesso di Leonardo – Sebastiano Ferrero e gli enigmi di un trittico rinascimentale” presso la Pinacoteca Albertina di Belle Arti di Torino. L’esposizione mette in luce gli importanti legami storici e artistici tra la collezione della Pinacoteca Albertina, la Tavola Leonardesca del Museo del territorio biellese, le tavole laterali, conservate presso Palazzo La Marmora e la Città di Biella. Il progetto, nato dall’impegno di Francesco Alberti La Marmora e organizzato dalla direzione artistica di Banca Patrimoni Sella & C., approfondisce la storia di un trittico enigmatico che vede protagonista la coppia coeva, su tavola e in scala naturale, della leonardesca “Vergine delle Rocce”, e i due pannelli laterali raffiguranti Sebastiano Ferrero e i suoi figli, illustri committenti e protagonisti del Rinascimento piemontese e lombardo.

Due sono le sale interamente dedicate alle complesse vicende storico-artistiche delle tavole, le cui letture si arricchiscono anche grazie al confronto diretto con alcune opere della collezione della Pinacoteca Albertina, offrendo spunti per nuove suggestioni e interpretazioni. Ne sono esempio alcuni “cartoni gaudenziani”, che ben dialogano nel riflesso di Leonardo. Donati alla Pinacoteca da Carlo Alberto di Savoia nel 1832, i “cartoni”, sono il risultato di un articolato lavoro di bottega, sviluppatosi nel tempo fra Gaudenzio Ferrari, Girolamo Giovenone e Bernardino Lanino, nel vercellese. Rivelano legami con la committenza con la famiglia dei Ferrero, nel ‘500.
Secondo gli studi fino a oggi condotti, proprio il potente Generale delle Finanze Sebastiano Ferrero, potrebbe essere il committente della “Vergine delle Rocce” biellese. È noto un documento redatto nel 1508 che affida la realizzazione di una copia della “Vergine” di Leonardo a Giovanni Ambrogio de Predis, artista vicinissimo al maestro, che ebbe ruolo attivo anche nella realizzazione dell’originale. In quel frangente storico va cercata l’origine della committenza della copia di Biella, la cui datazione e attribuzione sono state per lungo tempo dibattute.

È Francesco Alberti La Marmora, custode attento e appassionato di un variegato patrimonio storico e artistico a ricordarci la storia dell’attribuzione, a Bernardino dei Conti, di tre elementi che costituiscono questo trittico avvenuta per tappe. Nel 1975 è riconosciuto come autore delle tavole laterali (Federico Zeri) e nel 2003 della copia della “Vergine delle Rocce” (Edoardo Villata).

Questa mostra presso l’Accademia Albertina fornisce l’occasione per dare continuità all’esperienza di conservazione condivisa, in quanto nata dalla rinnovata collaborazione tra la Città di Biella e la famiglia Alberti La Marmora, che aveva già acconsentito, nel 2019, di esporre il trittico, ricomposto per la prima volta dopo 500 anni. Grazie a una campagna diagnostica promossa da Banca Patrimoni Sella & C., che utilizza le più recenti tecnologie di indagine scientifica, questa esperienza consente di presentare al pubblico e agli studiosi gli ultimi risultati delle analisi condotte sulla Vergine biellese.

La mostra è visitabile dalle 10 alle 18 tutti i giorni, feriali e festivi, escluso il mercoledì di chiusura, ed è compresa nel biglietto d’ingresso del Museo.

Info: 011 897370 – comunicazione@albertina.academy

MARA MARTELLOTTA

Il MAUTO inaugura il ciclo di “Convergenze”

 In occasione della collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, dal 30 ottobre 2025 all’8 marzo 2026

Il MAUTO accoglie nei propri spazi, da giovedì 30 ottobre prossimo fino all’8 marzo 2026, la mostra “News from the Near Future”, estensione del progetto espositivo allestito nella sede della Fondazione in via Modane, in occasione del 30esimo anniversario della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. La mostra rappresenta il primo atto di una nuova progettualità culturale per il MAUTO, che inaugura un ciclo di collaborazioni con le istituzioni culturali del contemporaneo, nel segno di una visione rinnovata, aperta e intersezionale che caratterizza la nuova energia del MAUTO. Voluta dal bord del Museo e dal presidente Benedetto Camerana, e guidata dal direttore Lorenza Bravetta, questa visione definisce il Museo come una piattaforma di dialogo tra saperi e linguaggi, capaci di affiancare alla propria identità storica una attitudine dinamica, relazionale e critica. La collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, grande protagonista della vita culturale torinese e italiana, e tra le più autorevoli voci del panorama dell’arte contemporanea, segna l’avvio di un percorso condiviso. Il progetto si basa sull’intesa tra queste due istituzioni, che condividono il desiderio di confrontarsi con la complessità del presente attraverso nuovi paradigmi narrativi. Ciò che nasce dalla collaborazione tra queste due istituzioni va oltre la semplice coabitazione, definendo un gesto curatoriale che amplia i codici del racconto museale, che invita il pubblico a nuove forme di lettura e confronto. Questo orientamento si inserisce nel piano strutturale del MAUTO, che oggi è un museo in trasformazione. Le collaborazioni con il contemporaneo, intraprese dalla direzione Bravetta, superano il momento episodico e definiscono la concezione strategica di una visione culturale a lungo termine, capace di iscrivere l’istituzione tra gli attori del presente, connettere nuovi pubblici, innescare nuove domande e riflessioni, ma anche connettere il MAUTO alla città e viceversa; a mettere con condivisione i saperi, creare alleanze e attivare sinergie. Il Museo si propone come interlocutore culturale attivo nella Torino che cambia, in cui le istituzioni si contaminano e costituiscono insieme un’idea di cultura pubblica e plurale.

Mara Martellotta

CAMERA festeggia i 10 anni  con una mostra dedicata a Lee Miller

CAMERA inaugura la stagione autunnale con una grande mostra dedicata alle opere di Lee Miller negli anni 1930-1955. Si tratta di un viaggio in 160 immagini tutte provenienti dai Lee Miller Archives, per riscoprire gli sguardi infiniti della straordinaria fotografa americana.

La nuova mostra aprirà i battenti il primo di ottobre per chiudersi il primo febbraio 2026.

Molte delle immagini esposte sono pressoché inedite, per una chiave di lettura sia pubblica sia intima del suo lavoro è della sua personalità straordinaria. L’esposizione dà il via ai festeggiamenti per i dieci anni di CAMERA, con un programma ampio e articolato, lungo un anno, dedicato al mondo della fotografia nelle sue infinite sfaccettature.
Il percorso espositivo si concentra sull’intensa attività dell’autrice americana tra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento, Lee Miller, ponte ideale tra gli Stati Uniti, la sua terra natale, e l’Europa, dove si trasferisce ancor giovane e dove decide di stabilirsi, prima a Parigi, poi in Inghilterra e quindi in Africa, dove trascorre alcuni anni della sua intensa vita. Di origine statunitense, nasce nello Stato di New York a Poughkeespie, nel 1907, Lee Miller si sposta a Parigi alla fine degli anni Venti con la determinazione di diventare una fotografa, tanto da convincere Man Ray ad accoglierla come assistente nel suo studio.

Da quel momento inizia la sua vera e propria carriera  e continua una vita fatta di incontri e scelte eccezionali. L’avvicinamento al movimento surrealista, l’amicizia prima e il diventare Musa ispiratrice di Pablo Picasso poi, di Max Ernst, Paul Eluard. Strinse rapporti anche con artiste del calibro di Eileen Agar, Leonora Carrigton, Dorotea Tanning, realizzando alcune delle immagini più significative  della storia della fotografia surrealista, contribuendo anche alla scoperta della solarizzazione, una tecnica che lei e Man Ray sfrutteranno al meglio. A metà degli anni Trenta si sposa e si trasferisce in Egitto, realizzando immagini di paesaggio dal sapore enigmatico, per poi tornare in Europa alla vigilia del conflitto mondiale.
Collaboratrice di Vogue, realizza per la più celebre rivista di moda non solo i classici servizi dedicati al mondo della haute couture, ma anche, in coincidenza con l’esplosione della seconda guerra mondiale, immagini inattese che uniscono stile e vita quotidiana nella Londra ferita dai bombardamenti tedeschi.
È al termine della guerra  che Lee Miller realizza i suoi servizi più noti, che coincidono con le tragiche immagini dei campi di concentramento e quelle del disfacimento della Germania nazista, con gli ufficiali suicidi, le fiamme che divorano la dimora estiva di Hitler e le città distrutte.

Una serie di scatti pubblicati ancora su Vogue segnano in maniera indelebile la vita di Lee Miller che, con il nuovo marito Roland Penrose, si ritira dal dopoguerra nella campagna del Sussex, accogliendo lì gli amici artisti, mettendo da parte il suo impegno fotografico fino ad abbandonarlo. Ma anche in queste immagini apparentemente solo familiari si legge il genio sovversivo e ironico di una delle più grandi fotografe del Novecento.

Il percorso della mostra segue un andamento cronologico, che evidenzia una delle principali caratteristiche della vita e dell’opera di lee Miller, la sua inesausta curiosità, il suo continuo desiderio di cambiare, di scoprire aspetti nuovi tanto nella vita quanto nella fotografia.
Le immagini che raccontano il suo breve periodo surrealista appartengono ad un solo triennio, dal 1929 al 1932. In questo breve lasso di tempo Lee Miller passa dall’essere solamente la modella e l’assistente di Man Ray a realizzare opere come “Impasse des Deux Anges”, “Exploding hand” e “Coiffure”, tutte in mostra, fino a lavorare autonomamente nell’ambito della fotografia di moda e a recitare in un film di culto del periodo come “Le sangue d’un poète” di Jean Cocteau.

Nello studio di Man Ray si presentò dicendo “Buongiorno, mi chiamo Lee Miller e sono la sua nuova assistente” e alla risposta del maestro, che le ricordava di non avere alcuna assistente, lei replicò “ Beh, da adesso ne ha una”.

Quando la sua carriera sembrava avviata in questa direzione tra arte, moda e cinema, Lee Miller abbandona tutto e torna negli Stati Uniti, dove rimane per altri tre anni, aprendo uno studio fotografico, nel quale ritrae diverse personalità del cinema e dell’high società statunitense e dove rafforza la sua presenza nel campo della fotografia di moda, collaborando anzitutto con Vogue. Ma tutto questo non basta a Lee Miller che incontra il ricco uomo d’affari egiziano, Aziz Eloui Bey, se ne innamora, lo sposa e i due si trasferiscono in Egitto nel 1934. Una nuova esperienza, altre fotografie  epocali , si rocorda in mostra quella che sembra abbia ispirato René Magritte intitolata “Portrait of space”. Partecipa aduna sorte di cellula surrealista  egiziana che lei metterà in contatto con gli amici europei e, dopo appena tre anni, il sorgere di nuove inquietudini. Lee Miller fa ritorno in Europa nel 1937,incontra isuoi sodali Surrealisti, tra cui le amiche Nusch Eluard, fotografata sorridente di fianco aun’automobile in un bellissimo ritratto, Ady Fidelin, nuova compagna di Man Ray, l’artista Dora Maar, al tempo compagna di Pablo Picasso e conosce l’artista e collezionista Roland Penrose, che di li a poco diventerà il suo secondo marito. Alla voglia dello scoppio della seconda guerra mondiale si trasferisce con lui in Inghilterra, nel 1939, iniziando una nuova stagione di vita e di fotografia.

Cinque anni di guerra, cinque anni di fotografie dopo aver rinunciato a tornare negli Stati Uniti, per continuare a lavorare, volontariamente, nello staff di Vogue a Londra.tra il 1940 e il 1943, le foto straniate della capitale britannica bombardata dai tedeschi ( in mostra anche la sorprendente Fire masks, dove l’abbigliamento di guerra trasforma i soggetti in protagonisti di una scena surreale, poi il desiderio di muoversi e la successiva decisione di entrare afar parte dei reporter al seguito delle armate alleate in Europa, che sarà sempre Vogue a pubblicare, insieme ai servizi di moda.

E se le sue fotografie sono straordinarie, sia quelle più affini al reportage, come nel caso dell’assedio di Saint Malo, sia quelle più misteriose scattate alla fine dellaguerra nell’Europa devastata, ancora più sorprendente risulta la sua capacità di scrittura. Tutte le immagini che escono su Vogue sono accompagnate dai testi della fotografa, che si dimostra anche una valente giornalista.

In poco più di dieci anni Lee Miller ha vissuto un numero sorprendente di vite e non stupisce la conclusione dell’intera vicenda e mostra che si conclude tra l’Italia e la campagna inglese dove lei e Roland Penrose si ritirano, accogliendo gli amici come Saul Steinberg, Max Ernst, Alfred H.Barr Jr., Renato Guttuso, un giovanissimo Richard Hamilton, e mettendo in scena con loro divertenti siparietti che rappresentano l’ultimo contributo della fotografa alla cultura figurativa del suo tempo.

Tutto questo è raccontato in una mostra di 160 immagini, accompagnate anche dalla riproduzione di alcune pagine delle riviste dove sono stati pubblicati i suoi servizi fotografici e giornalistici. L’esposizione è inoltre arricchita da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore e da un programma di iniziative di educazione all’immagine, condivisione e partecipazione rivolte a pubblici diversi per età e formazione.

L’esposizione sarà affiancata dal consueto programma dei Giovedì in CAMERA, la rassegna di incontri e talk che si svilupperà nei mesi di dicembre e gennaio per creare occasioni di scambio culturale, a partire dal lavoro di Lee Miller. Gli appuntamenti coinvolgeranno scrittori, giornalisti ed esperti del settore, con l’intento di esplorare le tematiche esplorate in mostra e attualizzare attraverso la contemporaneità. Il 13 novembre sarà la volta di Walter Guadagnini, direttore di CAMERA e curatore della mostra, per un approfondimento sulla vita e sull’opera della fotografa americana. Tra gli appuntamenti confermati, l’1 dicembre è attesa Francesca Marani, Senior Photo Editori di Vogue Italia, che esplorerà il doppio ruolo di Lee Miller come fotografa e modella capace di muoversi sia davanti sia dietro l’obiettivo. Nel 2026 il programma riprenderà il 22 gennaio con un incontro che vedrà protagonisti Marie Sumalla, Photo Editor del quotidiano francese Le Monde, con Ahmad Halabisaz, fotografa iraniana in esilio in Francia, per riflettere sul tema della fotografia in quanto strumento per testimoniare conflitti, crisi sociali e temi urgenti in continuità con l’attività svolta da Lee Miller durante la Seconda Guerra Mondiale.

CAMERA – via delle Rosine 18, Torino – telefono: 011 0881150

Mara Martellotta