La galleria d’arte Mazzoleni presenta alla città di Torino l’11 novembre prossimo la scultura “Anatomia umana” di Salvatore Astore, collocata in corso Galileo Ferraris
Giovedì 11 novembre prossimo, alle 18, la galleria torinese Mazzoleni presenterà al pubblico il gruppo scultoreo dal titolo “Anatomia umana” dell’artista Salvatore Astore. Le opere sono state appositamente studiate e realizzate per poter instaurare un dialogo con lo spazio urbano circostante e sono collocate in modo permanente in corso Galileo Ferraris angolo via Cernaia, nel cuore di Torino.
Il progetto espositivo si inserisce all’interno delle ricorrenze del quinto centenario della scomparsa di Leonardo Da Vinci ed è statorealizzato in collaborazione con la Città di Torino, sotto il Coordinamento dell’Ufficio Arte Pubblica e con il patrocinio di Regione Piemonte e della Città Metropolitana di Torino. L’inaugurazione si terrà alla presenza dell’artista e delle istituzioni.
Salvatore Astore, diplomatosi all’Accademia Albertina di Belle Arti, attivo già a partire dagli anni Ottanta sulla scena italiana einternazionale, ha privilegiato i linguaggi della scultura, pittura e disegno, dando vita a una serie di cicli di opere corrispondenti a fasi esistenziali e periodi storici diversi, tutte, però, accomunate da un profondo desiderio di sperimentazione di tecniche e materiali legati al contesto urbano industriale. L’artista risulta particolarmente interessato alla condizione e al destino dell’essere umano.
Dopo una serie di lavori pittorici dedicati alle Anatomie umane e animali, a partire dall’84 Astore ha iniziato a produrre un ciclo di sculture di medie e grandi dimensioni, dapprima realizzate in ferro saldato e verniciato, in seguito in acciaio inox, ancorate alla volontà di creare un vocabolario di forme nuove. Le Calotte, i Container, le “Suture e Forma” inauguravano, così, una straordinaria stagione espositiva dove emergeva l’indagine sulla plasticità della forma, ormai libera dai riferimenti all’arte figurativa, e piuttosto incentrata sull’idea di un rinnovato interesse nei confronti dell’individuo e del suo tempo.
Fondamentale è poi stato per Astore l’incontro con l’artista Sol Lewitt, verso il quale ha sempre mostrato un profondo interesse.Nei lavori di Astore, a partire dalla fine degli anni Ottanta, è diventata più urgente l’esigenza di rafforzare la relazione tra l’opera d’arte e il reale, l’impulso creativo ha iniziato a fare i conti con un processo di forte accelerazione industriale e tecnologica. Nei suoi lavori iniziava a emergere una forte tensione strutturale interna alle opere stesse, unita a una calda organicità, capace di marcare le opere di questo artista dai colleghi del minimalismo oltreoceano.
Presentazione di “Anatomia Umana” di Salvatore Astore, 11 novembre alle 18.
Mara Martellotta
Anche quest’anno la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT ha rinnovato il proprio sostegno ad Artissima – Internazionale d’arte contemporanea, procedendo all’acquisizione di 12 nuove opere realizzate da artisti che andranno a implementare la storica Collezione della Fondazione e saranno concesse in comodato gratuito ai due principali musei torinesi. Cinque lavori selezionati di Micol Assäel, Giuliana Rosso, Francis Offman e Gokula Stoffel saranno destinati ai progetti curatoriali del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, mentre sette opere di Chiara Camoni, Pesce Khete e Davide Sgambaro arricchiranno le proposte espositive della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino.
Ci ha lasciati nel giugno di un anno fa Elisabetta Viarengo Miniotti (Torino 1937-2020). Aveva dipinto per una vita intera, ritagliandosi uno spazio prestigioso e assolutamente meritato nel panorama dell’arte piemontese e non solo. Arte di figurazione, carica di pathos e di singolare forza innovativa nel trasformare il reale in narrazione di segno e colore lasciati correre in vibrante, materica libertà. Per arrivare all’essenza poetica delle cose. Per raggiungere con il cuore ciò che agli occhi non è dato sempre di vedere. Nota soprattutto come artista della stampa incisa, di notevole valore e piacevolezza sono pur anche i suoi oli, così come gli acquerelli e i disegni. A dimostrarlo, ancora una volta, la retrospettiva a lei dedicata nella sala mostre del Collegio “San Giuseppe” di Torino, con la curatela di Alfredo Centra, Donatella Taverna e Francesco De Caria.
cortecce e intrighi di rami e radici”, all’intimità di un “guardarsi dentro” per offrire spazi larghi all’immaginazione e alla poesia.
Fino al 9 novembre



Doppia inaugurazione nei giorni scorsi alla “GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea” di Torino. Con la prima si é inteso presentare il nuovo allestimento delle Collezioni permanenti del “Contemporaneo” alla luce di un rafforzato percorso che mette in mostra 56 opere (molte delle quali mai esposte negli ultimi anni, se non per brevi periodi) a firma di 33 grandi artisti di diverse generazioni, appartenenti alla più blasonata scena artistica dell’avanguardia internazionale: dalla serba naturalizzata statunitense Marina Abramovic, la “nonna della performance art” (sua autodefinizione), al sudafricano William Kentridge, al cubano Kcho, fino al britannico Liam Gillick, solo per citarne alcuni. La seconda, dal titolo “Luigi Ontani. Alam Jiwa & Vanitas”, ha invece focalizzato l’attenzione su oltre 130 opere su carta alle quali l’artista settantottenne di Vergato ha rimesso mano negli ultimi due anni. La personale di Ontani, visitabile fino al 30 gennaio del prossimo anno, a cura di Elena Volpato, è un “meraviglioso” gioiello di istrionica fantasia che non poteva che trovare spazio nella “Wunderkammer” del Museo di via Magegenta.
coerentemente nei decenni successivi, come già dimostrato con la mostra “Strangers. Tra informale e pop dalle collezioni GAM”, realizzata nel 2012. Non solo. Se infatti, fino a pochi decenni fa, era normale, in certo senso, aprirsi in primis all’arte parigina e a quella americana, negli ultimi 25-30 anni nella collezione GAM sono altresì entrate, accanto ad opere di provenienza europea, altre arrivate da culture e linguaggi espressivi estremamente diversi – dalla Cina, da Cuba e dall’Africa ad esempio – ormai itineranti e ampiamente accolte nel più sofisticato circuito artistico globale.
Con “Alam Jiwa & Vanitas” Luigi Ontani porta in mostra 130 opere su carta, che sono una rivisitazione pittorica di disegni a china realizzati fra gli anni Ottanta e Novanta: un affascinate “microcosmo intriso del suo immaginario”, cui già ci aveva abituato con i celebri “tableaux vivants” e con la “Stanza delle Similitudini”. Qui si aggiungono estranianti elementi di “sacro” e “profano”, cui non poco deve avere influito il suo ritiro a Bali durante il periodo del lockdown. “Anche questa mostra – scrive Elena Volpato – è un ambiente-mondo attraversato da un’unica ghirlanda allegorica di innumerevoli figure e significati, sacri e profani, della cultura d’Oriente e d’Occidente”. Il tutto sotto il segno della “Natura dell’anima” (come recita il titolo dal balinese) e della “Vanità”. Segni da scoprire “come una cifra nascosta, tra le sinuose linee dell’opera di Ontani”.
Il 16 novembre 1840 Balzac annunciava a Madame Hanska: “A partire dal momento in cui riceverete questa lettera, scrivetemi al seguente indirizzo: M. de Breugnol, rue Basse n.19, Passy, vicino a Parigi. Sono là, nascosto per qualche tempo (…) Ho dovuto spostarmi molto rapidamente e devo restare là”. Per la sua casa di rue de Batailles, a Chaillot, dove aveva vissuto tra il 1835 e il 1838, aveva utilizzato uno pseudonimo femminile, “Veuve Durande”, “Vedova Durande”, mentre per Passy è diventato Monsieur de Breugnol.
“La mia opera ha la sua geografia come ha la sua genealogia e le sue famiglie, i suoi luoghi e le sue cose, i suoi personaggi e i suoi fatti; come ha il suo stemma, i suoi nobili e i suoi borghesi, i suoi artigiani e i suoi popolani, i suoi politici e i suoi dandys, i suoi eserciti e infine tutto il suo mondo” scrive Balzac. La morte prematura, avvenuta a soli 51 anni, ha impedito a Balzac di unificare l’opera e, probabilmente, di effettuare altre revisioni, altre correzioni.
Le singole vite si trasformano nelle vite degli altri, nelle vite di tutti, nelle nostre vite ed è facile per il lettore ritrovare un po’ di sé nei personaggi e nella complessità delle loro relazioni esattamente come in tutti loro è fortissima l’influenza dell’autore. Scriveva, infatti, Charles Baudelaire: “Insomma in Balzac ciascuno, anche le portinaie, ha del genio. Tutte le anime sono piene fino al collo di volontà…”.
pronuncia al cimitière du Père Lachaise.





