E’ dedicata al grande fotografo inglese e al suo interesse per lo sport la mostra autunnale di “CAMERA”
Fino al 13 febbraio 2022

Non si sa quanto lo pratichi. Ma non c’è dubbio che Martin Parr ami davvero a fondo lo sport, nelle sue molteplici e anche più bizzarre espressioni. Dal calcio all’ippica, fino alle corse dei cavalli sulle spiagge irlandesi o al “Tai Chi” per le strade di Shanghai. Sport del cuore è però, e soprattutto, il tennis, quella pallina rimbalzante da racchetta a racchetta su terra rossa, cui artisticamente ha dedicato e dedica maggiore attenzione, cristallizzata in singolarissime immagini fotografiche realizzate (su commissione del “Gruppo Lavazza” a partire dal 2014) frequentando i quattro tornei del “Grande Slam”, di cui sono godibilissima prova i 40 scatti (dei 150 complessivi) portati in mostra a “CAMERA-Centro Italiano per la fotografia” di Torino: un ampio e divertito e divertente percorso fra le opere di un mito assoluto della fotografia contemporanea, visitabile fino al 13 febbraio, in un anno che vede, fra l’altro, il capoluogo subalpino diventare capitale internazionale del tennis con le “Nitto ATP Finals” . Amore dichiarato per gli eventi sportivi, dunque, ma soprattutto attrazione ed irrefrenabile curiosità per tutto il variopinto estroso ridanciano e, a volte un po’ ridicolo, mondo che li circonda e che meglio non poteva sintetizzarsi nel titolo della mostra – “We Love Sports”– curata da Walter Guadagnini con Monica Poggi e realizzata in collaborazione con “Gruppo Lavazza” e con “Magnum Photos”, di cui l’artista inglese di Epsom (classe ’52) è stato presidente dal 2013 al 2017. Scrive Walter Guadagnini, direttore di “CAMERA”: “Lo sport è un tema catalizzatore delle più diverse emozioni, viene raccontato dal fotografo soprattutto attraverso le divise, le coreografie e le tradizioni dei tifosi e degli spettatori, autentici protagonisti di questo rito collettivo”. E, a ragione, aggiunge Francesca Lavazza, Board Member Lavazza Group: “Come ogni grande artista, Martin usa la macchina fotografica per ritrarre la quotidianità delle persone che percorrono le strade parallele ai grandi eventi e ai grandi personaggi. Sono storie intime e particolari, bellissime nella loro unicità, leggerezza e sincerità”. L’evento sportivo, quindi, come occasione per narrazioni di varia umanità, quella che si accalca sulle tribune o a bordo campo, la tifoseria con le sue rituali coreografie, i gadget vistosi e goliardici, le parrucche colorate in tinta con le divise dei propri beniamini, i travestimenti grotteschi, gli abiti eleganti e un po’ snob di chi assiste alle corse dei cavalli o le parures kitsch che più kitsch non si può sfoggiate con la naturalezza dell’incoscienza fino a quella piacevole geometria di cappelli bianchi al “Roland-Garros” del 2016. Questo interessa a Parr. Spettatore di spettatori. Più in basso s’intravvedono gioco e giocatori. Protagonisti di secondo piano. Lì quasi per caso, accettati nell’inquadratura come causa scatenante di un gioco delle parti che è teatro di vita reale. Irreale a tratti, a tratti metafisico. “Con un percorso – sottolineano ancora gli organizzatori – che prende avvio da una selezione di opere in bianco e nero, già sintomatiche della capacità di Martin Parr di raccogliere le contraddizioni dell’Inghilterra dell’epoca thatcheriana, é però attraverso l’elezione del colore a elemento distintivo della sua poetica, utilizzato a partire dalla metà degli anni Ottanta, che Parr sposa l’estetica amatoriale in un arguto gioco di critica, consapevole di far lui stesso parte della società che ritrae con spietato cinismo”. Poco bianco e nero, tanto vivido colore, a concludere la mostra è una sezione gustosissima interamente dedicata alla “vita di spiaggia”, dove i vari hobbies si mescolano con l’ormai meritato riposo.
Le immagini in mostra, e non solo, sono inserite nel volume “Match Point”, edito da “Phaidon”, che include oltre 80 fotografie tratte dal suo lavoro più recente sul tennis, con una selezione di scatti totalmente inediti.
Gianni Milani
“Martin Parr. We Love Sports”
CAMERA-Centro Italiano per la fotografia”, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to
Fino al 13 febbraio
Orari: lun. merc. ven. sab. e dom. 11/19 – giov. 11/21. Mart. chiuso
Nelle immagini
– “Roland Garros”, Paris, France 2016, Martin Parr/Magnum Photos
– “Japan versus South Korea”, Dynasty Cup, Yokohama Stadium, Yokohama, Japan, 1988, Martin Parr/Magnum Photos
La più ampia collezione temporanea mai proposta, che rappresenta, in realtà, una piccola parte dell’ampia collezione di 282 mila pezzi conservata presso il Castello di Barolo (www.wimubarolo.it).
Ospite di casa, la talentuosa illustratrice Elisa Seitzinger, che da anni vive e lavora a Torino e le cui immagini appaiono fortemente ispirate all’arte classica, in un mix di segni e colori di assoluta e rigorosa perfezione linguistica, che richiamano a gran voce anche le icone russe così come i mosaici bizantini. E’ lei, con il suo nitido disegno in cui la filiera agricola è immaginata come una divina figura femminile “che fa maturare con amore e passione il grano attraverso molteplici azioni”, a fare, in certo senso, gli onori di casa ad altri dieci colleghi, illustratrici ed illustratori provenienti da varie regioni italiane, che hanno voluto raccontare per “Barilla” il faticoso ma nobile percorso fra i valori e l’arte della pasta fatta con grano duro selezionato e tutto italiano. Dunque, 11 illustratori per un’ode all’italica verace pasta. E le loro opere si presentano in Palazzo Madama, da giovedì 28 ottobre a lunedì primo novembre, con un titolo che migliore non poteva essere: “Grani D’Autore”. Dopo il successo dell’esordio milanese, con la doppia esposizione alla “Biblioteca degli Alberi” e in “Triennale Milano” e dopo la versione en plein air ospitata a Parma nel mese di settembre, approda per cinque giorni sotto la Mole l’originale mostra “Grani D’Autore: dalla semina al raccolto del grano duro Barilla”, inserendosi all’interno della manifestazione “Buonissima 2021”– che intreccia gastronomia, cultura e creatività – con il sostegno del “Mipaaf” (il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) e la curatela della giovane critica d’arte Maria Vittoria Baravelli. La mostra, vera e propria rassegna esperienziale e immersiva, “vuole essere – dicono gli organizzatori – un dono artistico alla città di Torino, ai suoi abitanti e a tutta l’Italia e omaggiare al contempo un prodotto iconico, divenuto sinonimo della cucina italiana nel mondo: la pasta, in particolare la pasta ‘Grano Duro 100% Italiano’”. Punto di partenza e ispirazione del progetto artistico è l’innovativa visione di prodotto e di filiera riassunta nel cosiddetto “Manifesto del Grano Duro”, un prospetto in dieci punti che contiene gli impegni dell’azienda, e i suoi valori guida. “Manifesto” cui hanno fatto riferimento, a loro modo e con i loro strumenti del mestiere, 11 artisti italiani,
professionisti di calibro internazionale e talenti emergenti, che ne hanno raccontato in illustrazioni uniche e originali la loro visione, attraverso l’utilizzo di linee, forme, simboli e colori ispirati alla nuova pasta. “E sono proprio i colori caldi, dell’azzurro, del giallo e del rosso, ad essere il fil rouge che collega tutte le illustrazioni. I colori del sole che fa maturare il grano, del cielo azzurro d’Italia sotto cui è nata la nuova pasta, e della passione degli oltre 8000 agricoltori e delle numerose persone che rendono possibile produrre la pasta Barilla classica fatta con grano duro 100% italiano”. Capofila, come detto, la torinese Elisa Seitzinger. Con lei, la romana Irene Rinaldi, la palermitana Giulia Conoscenti e la napoletana Andrea Boatta, per continuare con Celina Elmi da Firenze, Emiliano Ponzi da Ferrara, Cristian Grossi (fra i fondatori del laboratorio creativo “Kreativehouse”) da Parma, Ale Giorgini da Vicenza (autore di illustrazioni che cavalcano fumettistica e neofuturismo in chiave pop anni ’80 e ’90) e Massimiliano di Lauro da Lecce, oltre al lirico e talentuoso Alessandro Baronciani da Pesaro e al milanese Francesco Poroli. Ciascuno degli 11 ha rappresentato un punto del “Manifesto” ed i valori che ne stanno alla base: dalla sostenibilità al territorio, dalla sicurezza alla condivisione, e ancora innovazione, tradizione, filiera, responsabilità, collaborazione e molto altro ancora. La mostra potrà essere visitata anche in versione digitale, sul sito Barilla, per offrire agli utenti, ovunque si trovino, una fruizione virtuale e aumentata del progetto: oltre alle opere, online è possibile scoprire le storie degli artisti, il loro pensiero, i grandi temi che stanno dietro al “Manifesto Artistico”. Il sito offre inoltre la possibilità di partecipare a un “tour guidato” virtuale e di scaricare i “wallpaper” delle opere per stampa e riproduzione:
La novità, non da poco, di questa IX edizione di “Flashback, l’arte è tutta contemporanea” è il cambio di sede. La fiera si terrà, infatti, quest’anno nell’antica “Caserma Dogali”, meglio conosciuta come la Caserma di via Asti, ampia location che permetterà di fatto di duplicare gli spazi espositivi per meglio accogliere gallerie e pubblico e per dare maggior respiro alle varie iniziative che la connotano, come le “Flashback exhibition”, i “Flashback talk”, i “Flashback video” e i “Flashback Lab”. Parola d’ordine per l’evento di quest’anno “Zona Franca”, come inno alla libertà espressiva della ricerca artistica, uno spazio libero che accoglie le diversità, un luogo al di là della norma, del consueto, che per queste sue caratteristiche, rappresenta uno spazio di confronto. “Flashback – dichiarano le direttrici Ginevra Pucci e Stefania Poddighe – si è contraddistinto fin dalla nascita come un format innovativo e in divenire che si concentra sulla capacità di guardare a ciò che già esiste, a ciò che è stato trascurato per ribadirne l’esistenza e la forza. Questo è il compito che ci siamo poste e che realizziamo anche grazie a tutte le gallerie e gli artisti che partecipano al progetto. Ci interessa quello che è stato dimenticato. Una modalità di azione fondamentale soprattutto in un momento storico come quello attuale dove la mancanza di memoria e di attenzione minano la costruzione del nostro futuro. Ecco che la nuova sede, una caserma in disuso, s’inserisce perfettamente nel format, uno spazio trascurato denso di storia e significato riafferma con forza la propria attualità per fornirci gli strumenti per comprendere il nostro presente”. Anche l’immagine-guida scelta per il tema di quest’anno si sintonizza con la linea della manifestazione perché si tratta di una fotografia dimenticata, “scartata”, parte di un più ampio progetto di ritrovamento e raccolta dal titolo “Miracoli” dell’artista livornese (oggi residente a Parigi) Enrico Bertelli. In quest’ottica, anche tutte le gallerie partecipanti (30, di cui 13 torinesi) hanno lavorato per presentare opere che, benché siano di periodi storici diversi, abbiano in comune il senso della ricerca e la volontà di riscoprire elementi significativi trascurati. In rassegna troviamo dipinti, sculture, oggetti di design, arredi e gioielli di varie epoche, provenienze e tecniche accomunati dall’attualità del loro significato. Il percorso è davvero lungo e ricco di non poche suggestioni. Si parte da opere datate fra il 1940 e la fine degli anni ’50, a firma di mostri sacri dell’arte “ribelle” alle forme codificate, come quella di Mario Sironi, Gino Severini, Alberto Burri e Giulio Turcato per continuare con la poetica libertà del gesto di Medardo Rosso e con le pagine della “Transavanguardia” di Sandro Chia e Mimmo Paladino. L’iter ci porta poi, solo per citare alcune significative presenze, ai “Tappeti stesi”, olio su eraclite del 1992 di Aldo Mondino a “Shodoshima” di George Rousse presentato dalla torinese Galleria “Photo & Contemporary”, fino – piccola incursione nell’illustrazione – a “La lecon de danse” di Carle Vernet, portata sotto la Mole dalla “Miriam di Penta Fine Arts” di Roma. E come non ricordare Dante nel 700esimo anno dalla morte? A pensarci è stata la libreria antiquaria “Il Cartiglio” di Torino, presentando in fiera la veneziana “Commedia” di Alighieri Dante (1265-1321) –Boccaccio Giovanni (1313-1375), commento di Iacomo della Lana e correzioni di Cristoforo Berardi, del 1477. Da segnalare anche l’opera più antica presente in rassegna, risalente alla dinastia Tang che governò la Cina dal 618 al 907 d. C.: la scultura “Suonatrice a cavallo”, presentata da “Schreiber Collezioni”.