ARTE- Pagina 146

I musei? Svecchiamoli ma lasciamoli musei

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Ormai da diversi anni è invalsa l’insana abitudine di trasformare i Musei, anche quelli più ricchi di opere, talmente carichi che resta difficile visitarli in un giorno, in Mostre a tema.

Di Donatella D’Angelo *
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Queste Mostre, a volte basate sul nulla, oppure per promuovere un personaggio, un artista straniero, si basano su una pletora di curatori, allestitori e responsabili  a vario titolo, decine di collaboratori, arrivando a cifre  talmente elevate che viceversa, con gli stessi importi si potrebbe  restaurare un monumento in degrado.  Pertanto è stata una piacevole sorpresa,  sentire dal neo Direttore di Palazzo Madama a Torino,Giovanni Villa, che è sua intenzione e programma, invertire questa tendenza.
Palazzo Madama, infatti per chi  torinese non è, rappresenta una pregevole quanto curiosa costruzione, tanto da farla definire da Guido Gozzano la “casa dei secoli”, dall’impianto romano,passando dal medioevo, al barocco, al risorgimento al XX secolo.
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Proprio nel secolo appena passato, nel 1934 ,assurse al ruolo di Museo, stante il grande conoscitore di Arte e di Arti, quale fu Giuseppe Bottai, con un  sapiente restauro conservativo, dopo essere stata la dimora delle Madame Reali Cristina di Borbone  e Giovanna Maria Battista di Nemours, quindi a tutti  gli effetti una Dimora Sabauda, tanto da renderla una  consuetudine per i Savoia, organizzarvici soprattutto  feste e matrimoni. Al suo interno vi è ancora il ricco mobilio originale, tanti  dipinti importanti e varie collezioni dalle statue lignee medievali,alle porcellane ,ai bronzi ,ai merletti, ignorate ,sconosciute e non visibili  dalla sovrapposizione forzosa ed un po’ invadente di alcuni allestimenti discutibili, in occasione delle tantissime Mostre, qui allestite nelle varie sale.
E che dire del più iconico dei Musei italiani, il Museo dei Musei, il primo in assoluto, essendo nato da una felice intuizione di Francesco I  de Medici nel 1574 per condividere con i fiorentini la eccezionale ed unica collezione in Europa contenuta nei suoi Uffizi?
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I vari riallestimenti, che assorbono  anziché  esaltare le opere, nonché i forzosi spostamenti di opere, primo fra tutti  il ritratto del Bronzino di Eleonora de Toledo, moglie di Cosimo I de Medici, dalla “sua” Tribuna, una Wunderkammer, concepita dal Buontalenti nel 1581, il cuore degli Uffizi anzi la prima intuizione di quello che poi sarebbe stato un museo ,spostato poi nella Sala 65.
Ora gli Uffizi che sono la più straordinaria  collezione italiana ed i suoi depositi  potrebbero  costituire un  altro Museo, sono diventati lo scenario, chiusura  per  pandemia a parte,  di continue Mostre, che distolgono l’attenzione dal corpo  e dall’anima principale,  le sue rare opere d’arte.
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Molti miei conoscenti attirati dai messaggi  martellanti di Mostre di arte contemporanea, mi hanno confessato di non aver visto i veri Uffizi, anzi di averne un vago  ricordo solo per una lontana gita scolastica, lo stesso succede per Palazzo Madama o per altri importanti luoghi ,depositari di capolavori che rendono l’Italia insieme allo Stato Vaticano, il più importante  Paese d’Arte al  mondo. Premesse queste mie considerazioni, non essendo mai stata una talebana dell’Arte, non rifiuto a priori l’apertura a varie iniziative che possano dare ristoro economico ai Musei, sovente in sofferenza,mi riferisco ad eventi mondani nei saloni delle feste delle varie dimore, palazzi e castelli ,ci mancherebbe sono nati per quello scopo, ma soprattutto  attrarre sponsor della Moda, in tutti i suoi aspetti: abiti, accessori ,gioielli ,acconciature, profumi,un’altra  peculiarità tutta italiana,non dimentichiamoci  mai che fu Caterina de’Medici a portare, a metà del cinquecento in una Francia ancora naive, queste raffinatezze ,oltre la enogastronomia toscana. Non scordiamoci  dei piccoli Musei  privati, a Torino la Fondazione Accorsi, nata dall’idea  di un antiquario che raccolse e riordino’ con grande passione e anche spirito bulimico,  quasi 300 arredi dei più importanti ebanisti piemontesi ,quasi 700 oggetti di complemento  e più di 200 dipinti.
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Nonostante la bellezza e densità, quasi da “horror vacui”, anche qui non sono sfuggiti alla tentazione di fare Mostre, ovviamente costrette in spazi angusti, vizio che spero non venga mai ai fratelli Lastrucci, che senza il supporto di nessuno, hanno creato in via de’ Servi a Firenze,nel Palazzo di Sforza Almeni, uno straordinario percorso propedeutico ed illuminante, didascalico ma non noioso, costituito anche di oggetti curiosi,  alla visita della città dominata   dall’ importante dinastia , città che li sente ancora vicini. Un merito loro  è anche quello della  presenza della cultura enologica, derivata proprio dai Medici, con l’invenzione dei  marchi doc e dagli ottimi vini che si possono anche gustare.
C’è  infatti tanto,  volendo con un po’ di intraprendenza e tanta passione, da mostrare senze le Mostre, i Musei si possono rendere attrattivi e fascinosi, in tanti modi, si possono svecchiare,con tante idee, con tocchi  ed effetti illuminotecnici, con aperture notturne,con aperitivi ,perchè no, insieme al biglietto e tanto altro ancora, ma per cortesia lasciamoli  vivere e respirare della loro stessa Bellezza!
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* Architetto

 The Flashback Special Project Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto

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Flashback, l’arte è tutta contemporanea 

 

 

Mariapaola Infuso ***topia (2021)

 

Inaugurazione mercoledì 30 giugno, alle ore 18.30
piazza Bottesini, Torino
e in diretta Facebook (@flashbackfair)

 

 

 

Mercoledì 30 giugno alle ore 18.30 si inaugura in piazza Bottesini a Torino e in diretta Facebook – @flashbackfair – il terzo manifesto di Opera Viva Barriera di Milano, progetto ideato da Alessandro Bulgini, curato da Christian Caliandro e sostenuto dalla fiera d’arte Flashback, con l’opera ***topia di Mariapaola Infuso (2021).

Dopo la tavola imbandita del progetto senzazioni di Emanuela Barilozzi Caruso e la fila davanti al Multicinema Modernissimo di Napoli fotografata da Erika Nevia Cervo in Utile, questo nuovo racconto in presa diretta – tutto al femminile – del progetto Opera Viva Barriera di Milano prosegue con la sua terza puntata, il manifesto ideato da Mariapaola Infuso.

In questa opera l’artista immagina il cartellone pubblicitario di Piazza Bottesini come una sorta di schermo, su cui è installata un’immagine che a sua volta funziona come un punto di incontro e di fusione. ***topia, infatti, si inserisce sul doppio livello analogico e digitale: al centro del grande rettangolo che sembra un’opera astratta, e che è ottenuto attraverso un collage di immagini digitali del quartiere, è sovrapposta una pellicola che riflette la realtà della rotonda. Oggetto dell’opera è insomma un doppio registro di percezione di Barriera di Milano, secondo un percorso e una riflessione che l’autrice stessa spiega così“***topia è uno spazio connesso a tutti gli altri spazi, un luogo aperto su altri luoghi, la cui funzione è di mettere in relazione gli ambienti e le persone. Un luogo reale dove è permesso riflettersi e concedersi una sosta, una pausa. Una finestra sul quartiere che richiama la partecipazione dell’osservatore alla relazione con l’opera. ***topia è circoscritto da uno specchio che riflette la città, il quartiere, l’osservatore. Uno specchio dove guardarsi, dove guardare, osservare con occhi diversi la realtà. Un luogo per la consapevolezza, per la riflessione e la messa in discussione del mondo d’oggi, della società contemporanea afflitta da un momento storico difficile. Uno spazio esterno ai soliti perimetri del nostro contemporaneo, fuori dalle case e fuori dai musei; per la strada dove tutto accade alla luce del sole”.

Nella teoria della pratica della pop art di Andy Warhol, per esempio, la natura intima della reflection sta non solo nel rispecchiare noi stessi, la nostra identità (in modo da conoscerla e riconoscerla) ma nel rispecchiare la realtà in noi stessi, in modo da riconoscere la realtà stessa e la sua verità: “I’ll be your mirror / Reflect what you are, in case you don’t know /  I’ll be the wind, the rain and the sunset / The light on your door to show that you’re home / When you think the night has seen your mind / That inside you’re twisted and unkind / Let me stand to show that you are blind / Please put down your hands / ‘Cause I see you” (Velvet Underground, I’ll Be Your Mirror, 1967).

 

‘Per strada dove tutto accade alla luce del sole’: questa frase di Mariapaola Infuso potrebbe quasi essere uno slogan di tutto il progetto Opera Viva Barriera di Milano – commentano Alessandro Bulgini e Christian Caliandro –, che da sei edizioni si basa proprio sull’idea di un’arte che fuoriesce dagli spazi espositivi tradizionali e istituzionali, e che si inoltra nello spazio urbano e nel tessuto del mondo.

 

Nata nel settembre del 1995 a Torino, Mariapaola Infuso frequenta il corso di studi in Nuove Tecnologie dell’Arte presso l’Accademia Ligustica di Genova. Il suo metodo espressivo è multidisciplinare e stratificato: fotografia, installazione, video e animazione, ma anche cura per la materia e lo spazio sono la base della sua ricerca artistica. Analizza la flessibilità del medium fotografico per avvicinarsi al mezzo da una grande varietà di angolazioni possibili; scomponendo e riassemblando l’immagine come fosse materia viva. Il lavoro che persegue è quello di investigazione sui lati più fragili e umani della società attuale.

GAM, MAO e Palazzo Madama: San Giovanni al museo

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Per celebrare il Santo Patrono di Torino, i tre musei di FTM propongono ingresso gratuito alle collezioni e apertura straordinaria fino alle 21.

 Un San Giovanni sotto il segno dell’arte: è questa la proposta  per festeggiare il Santo Patrono di Torino.

Nella giornata di  giovedì 24 giugno i tre musei della Fondazione Torino Musei apriranno gratuitamente al pubblico le loro collezioni permanenti e alcune delle mostre in corso con orario prolungato fino alle ore 21: un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati d’arte e per chi desidera trascorrere una giornata all’insegna dell’arte nei tre musei civici.

Per consentire al pubblico una visita in completa sicurezza, nel rispetto delle normative anti-Covid, è consigliata ma non obbligatoria la prenotazione al numero 011 5211788 o via mail a ftm@arteintorino.com.

Cosa si può visitare

Alla GAM | Oltre alle opere custodite nella Galleria del Novecento, alla GAM saranno visitabili gratuitamente le mostre Sul principio di contraddizione, una riflessione sulle opere di Francesco Barocco, Riccardo Baruzzi, Luca Bertolo, Flavio Favelli e Diego Perrone, Ancora Luce. Luigi Nervo, dedicata alla figura e all’opera dell’artista torinese, e Alighiero Boetti, terzo appuntamento del ciclo espositivo nato dalla collaborazione tra l’Archivio Storico della Biennale di Venezia e la VideotecaGAM.

La mostra Viaggio controcorrente. Arte italiana 1920-1945 dalle collezioni di Giuseppe Iannaccone, della GAM e dei Musei Reali di Torino sarà accessibile a pagamento con l’acquisto del biglietto della mostra.

Al MAO | Il pubblico potrà ammirare gratuitamente le opere esposte nelle cinque gallerie dedicate a Cina, Giappone, Asia meridionale e Sud-est asiatico, Himalaya e Islam e visitare le esposizioni temporanee China goes urban, mostra multimediale curata dal Politecnico di Torino e Prospekt Photographers dedicata al fenomeno dell’urbanizzazione cinese e globale, Khrisna divino amante, un’esposizione di dipinti religiosi indiani, e TOAsean Design, progetto realizzato in collaborazione con lo IED Torino e CNA.

A PALAZZO MADAMA | Oltre alla collezione permanente con opere databili dall’Alto Medioevo al Barocco, il pubblico avrà gratuitamente accesso alle mostre Ritratti d’oro e d’argento, che presenta una galleria di preziosi busti reliquiario dal Trecento al primo Cinquecento, e La Madonna delle Partorienti dalle Grotte Vaticane, l’affresco di Antoniazzo Romano esposto per la prima volta dopo un lungo e complesso restauro. Compresa nell’ingresso gratuito anche la visita al Giardino botanico medievale, che ospita la ricostruzione di un giardino di tardo Quattrocento, un’oasi verde nel cuore di Torino.

La mostra fotografica World Press Photo Exhibition 2021 sarà visitabile a pagamento con l’acquisto del biglietto.

In occasione della festività, i musei propongono inoltre le visite guidate:

GAM | ore 16: visita guidata alla mostra Sul principio di contraddizione

ore 18Controcorrente. L’arte tra le due Guerre – visita guidata alla mostra Viaggio controcorrente.

MAO | ore 16: Viaggio nelle new town cinesi – visita guidata alla mostra China goes urban

ore 18: Appuntamento in Museo – Gallerie dedicate a Cina e Giappone – visita guidata alle collezioni.

PALAZZO MADAMA | ore 16: World Press Photo Exhibition 2021 – visita guidata alla mostra

ore 18: Più di un profeta: la figura di San Giovanni Battista attraverso le collezioni – visita guidata a tema.

Costo della visita guidata: 6€ a partecipante. Prenotazione obbligatoria.

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

ORARIO DI APERTURA: dalle 10 alle 21.

La biglietteria chiude alle 20. Prenotazione consigliata ma non obbligatoria

al numero 011 5211788 o via mail a ftm@arteintorino.com 

Camera festeggia il patrono della città con l’ingresso gratuito

CAMERA festeggia il patrono della città di Torino con l’ingresso gratuito per tutta la giornata di giovedì 24 giugno dalle 11.00 alle 21.00 (ultimo ingresso alle 20.30)!

I visitatori potranno immergersi nelle personali Street Life dedicata a Lisette Model e Style and Glamour dedicata a Horst P. Horst (entrambe, fino al 4 luglio): ironica e dissacrante street photographer lei e genio della fotografia di moda lui. Due grandi protagonisti della storia del linguaggio fotografico, due sguardi opposti che convivono nelle sale principali per il format CAMERA Doppia. Se per l’autrice austriaca i soggetti ritratti diventano caricature di sé stessi, emblema di una società goffa e decadente, per l’autore tedesco le proprie modelle rappresentano un’eleganza senza tempo, dai richiami classici e dalla bellezza statuaria.

La mostra dedicata a Lisette Model, a cura di Monica Poggi, è la prima antologica realizzata in Italia. Con una selezione di oltre 130 fotografie, l’esposizione ripercorre la carriera dell’artista sottolineandone l’importanza avuta negli sviluppi della fotografia degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.
Il percorso espositivo della mostra su Horst P. Horst, curato da Giangavino Pazzola, si sviluppa in maniera cronologica e, con una selezione di circa 150 opere di vario formato, prende in considerazione i principali periodi creativi di Horst, ripercorrendone la storia negli snodi fondamentali della sua evoluzione, dagli esordi alle ultime realizzazioni.
Le mostre sono accompagnate da due cataloghi, pubblicati da Silvana Editoriale.

In Project Room sono esposte le opere di Nicola Lo Calzo. Binidittu, (fino al 18 luglio), progetto inedito dell’artista Nicola Lo Calzo (Torino, 1979) che, attraverso il racconto della storia e dell’eredità culturale di San Benedetto il Moro, prende in esame i rapporti fra la storia del colonialismo e l’identità culturale contemporanea.
Nato da schiavi africani agli inizi del Cinquecento nei dintorni di Messina, e poi vissuto come frate minore in Sicilia fino alla sua morte (1589), San Benedetto, detto Binidittu, non solo è stato eletto a protettore sia degli afro-discendenti in America Latina sia dei Palermitani, ma è diventato anche icona di riscatto ed emancipazione a livello mondiale. La mostra, curata da Giangavino Pazzola, è realizzata in collaborazione con la galleria Podbielski Contemporary di Milano.

DOPPIA VISITA GUIDATA IN MOSTRA!
In occasione della giornata di San Giovanni, i mediatori ARTECO vi accompagneranno alla scoperta di Lisette Model e Horst P. Horst con due visite guidate in mostra, alle ore 12.00 e alle ore 18.00.
È obbligatorio prenotarsi sul sito

Ingresso alle mostre gratuito
Costo della visita guidata 5 euro 
Orario visite: 12.00 | 18.00
Prenotazione obbligatoria
Max 10 partecipanti

Saroni, un pittore da non dimenticare. Un percorso lungo quarant’anni

Negli spazi della Galleria del Ponte, sino al 3 luglio

Circa quarant’anni di lavoro. “Che non è facile riassumere, capire e giudicare per la quantità e la specie di problemi messi in campo. In una stagione effervescente, come furono gli anni Cinquanta, ricca di informazioni e suggestioni (alla complicata eredità europea si era aggiunta la spettacolare forse rivoluzionaria novità americana, tanto che ai giovani ambiziosi e desiderosi d’aggiornamento fu giocoforza scommettere su Parigi o New York), Saroni mise a frutto una curiosità ingorda e un talento indiscutibile”.

Così Pino Mantovani presentando la mostra – pronta a  riprendere e magari approfondire il discorso iniziato con la personale del 2001, una trentina di opere tra gli esordi degli anni Cinquanta e i figurativi anni Ottanta – che negli spazi della Galleria del Ponte di corso Moncalieri 3 (sino al 3 luglio, orari dal martedì al sabato, dalle 10 alle 12,30 e dalle 16 alle 19,30) ricorda il trentennale della scomparsa di Sergio Saroni, “un pittore da non dimenticare”. Nato nel 1934, frequenta l’Accademia Albertina (di cui dal 1978 sino alla scomparsa sarà direttore, “con appassionato impegno”) ed è notato da Luigi Carluccio che lo segnala prepotentemente all’ambiente artistico nazionale e internazionale. In sodalizio con Ruggeri Merz e Soffiantino partecipa a varie rassegne, espone negli anni ’55, ’57 e ’59 a “Francia – Italia”, alla Biennale di Venezia nel ’56, ’58 e ’62 e a San Paolo del Brasile nel ’59. In questo stesso anno riceve il premio per un giovane pittore italiano al Carnagie Institut di Pittsburg mentre nel ’63, a Firenze, partecipa alla mostra internazionale della “Nuova figurazione” e due anni dopo è ad Arezzo, per partecipare a “Mitologie del nostro tempo”.

Carluccio aveva visto giusto in quel promettente artista, capace di intraprendere un rigoroso quanto ansioso, ossessivo percorso di ricerca, quasi febbrile, senza posa. “Sullo scorcio dei Cinquanta e in avvio Sessanta la scelta di Saroni è di ‘percorrere una strada della realtà’ e di sviluppare l’interesse per il ‘racconto’”, ricorda ancora Mantovani. Procede l’artista attraverso una “figurazione sempre più analitica e precisa” (l’approdo è l’isola perfetta dell’incisione), guarda da smanioso trentenne a scelte sempre più precise, diviso tra l’allinearsi, seppur criticamente, ai linguaggi artistici della sua epoca o se anche affidarsi a quei legami che dovrebbero ricollegare il pittore alla Storia di ieri: un esempio su tutti, l’interesse per la Mitteleuropa, in special modo per la Vienna con i suoi fermenti di inizio secolo. Una ricerca che è quasi una lotta, avvincente ma altresì logorante, tanta è l’ostinazione. Vincenzo Gatti, in un suo intervento nella presentazione, analizza in stringati quanto incisivi tratti il carattere umano e artistico di Saroni: “Il proverbiale perfezionismo, l’ossessione per il miglior raggiungimento e il tormento che accompagnava questo ricercare, attraverso le prove della vita potevano placarsi nell’intimità del grembo soccorrevole dello studio dove, lontano dalle tempeste, era possibile finalmente trovare una pace che altrove gli veniva negata”.

Tra le opere esposte in galleria, legate agli anni Cinquanta, che meglio mostrano le scelte informali, “Le allegorie del cuore n.3” (1958) e “Natura morta “ (1959); gli animali (i rapaci, gli insetti, “animale morto”) che s’affacciano sugli anni Sessanta; altri passi avanti e guardiamo, tutti oli su tela, “Figura sulla spiaggia” del ’64, “Ragazzo con cane” dell’anno successivo, o “Figura in giardino”. Il “paesaggio” di Saroni, votato per tutta la vita all’incisione, alla ricerca dell’ingentilimento del tratto, sembra quietarsi se si guarda alle “Foglie sullo sgabello”, immerse in una tranquillità rosata, una tecnica mista su carta (1970/71) o al “Paesaggio estivo”, persino alla piccola tragedia del “Passero morto”, acquaforte e acquatinta datata 1964.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, opere di Sergio Saroni esposte nella Galleria del Ponte di corso Moncalieri 3

Scoprire Levis in famiglia a Chiomonte

Domenica 20 giugno 2021 alle ore 16.00, la Pinacoteca Giuseppe Augusto Levis di Chiomonte propone “Scoprire Levis in famiglia”, attività laboratoriali per famiglie con bambini dai 3 ai 12 anni, a cura di ARTECO.  

Fino a ottobre, gli orari della Pinacoteca G.A. Levis sono:

giorni feriali: su appuntamento

sabato e domenica: 15-19

1° domenica del mese visita guidata gratuita 11-13

martedì chiuso

Tariffe

  • Intero € 3,00
  • Ridotto € 1,00 – ragazzi dai 15 anni in su
  • Gratuito – studenti di scuole di ogni ordine e grado (quando in visita insieme alla classe), minori di 14 anni, persone con disabilità e un loro accompagnatore, cittadini residenti a Chiomonte, soci afferenti alle associazioni presenti a Chiomonte, giornalisti, guide turistiche abilitate, possessori carta Abbonamento Musei Torino Piemonte ed eventuali membri di istituzioni con le quali il museo attiva collaborazioni.

Per info e prenotazioni:

Tel. 3474006585 – 3474112008 |  prenotazioni.pinacotecalevis@gmail.com / info.pinacotecalevis@gmail.com

Facebook @PinacotecaLevis  | Instagram @pinacoteca_levis_chiomonte

The Phair, l’arte torna nel Padiglione Nervi di Torino Esposizioni

THE PHAIR E TORINO PHOTO DAYS: L’ARTE CONTEMPORANEA RIPARTE DA TORINO

 

THE PHAIR, la rassegna internazionale dedicata alla fotografia, si terrà dal 18 al 20 giugno nel Padiglione Nervi di Torino Esposizioni e farà da capofila a una settimana in cui verranno messe in rete tutte le iniziative cittadine – programmate da musei, gallerie, fondazioni, spazi pubblici e privati – legate all’immagine

Le opere di artisti molto noti, come Luigi Ghirri, Letizia Battaglia, Paolo Pellegrin, Marinella Senatore, Marcel Duchamp riapriranno la stagione delle fiere d’arte contemporanea e saranno fruibili, finalmente dal vivo, a The Phair, la rassegna dedicata alla fotografia e all’immagine, che si terrà dal 18 al 20 giugno prossimi (preview 17 giugno) nello spazio aulico del Padiglione 3 progettato da Pier Luigi Nervi, a Torino Esposizioni.

Una location emblematica, che contribuisce a fare di questo evento un inno all’italianità che incontra il mondo.  Sotto le volte ardite di questo spettacolare padiglione di 4 mila metri quadrati, già sede di appuntamenti di valore mondiale come il Salone Internazionale dell’Automobile e le Olimpiadi invernali del 2006, saranno ospitate 40 importanti gallerie d’arte contemporanea italiane che lavorano nel nostro paese o all’estero. Vi sarà esposta la ricerca artistica di artisti come Walter Niedermayr, Alberto Garutti, Cesare Leonardi, Nils-Udo, Daniele de Lonti.

“The Phair – dice Roberto Casiraghi, ideatore con Paola Rampini della fiera – è un punto di ripartenza per un settore che ha molto sofferto. La manifestazione, dedicata non solo ai fotografi ma anche e soprattutto agli artisti che si esprimono utilizzando il mezzo fotografico, presenterà a un pubblico nazionale e internazionale la progettualità e la forza delle gallerie italiane”.

Intorno a The Phair Casiraghi e Rampini hanno fatto nascere, grazie al sostegno della Camera di Commercio, “TORINO PHOTO DAYS”, una full immersion della Città nella fotografia. Dal 18 al 20 giugno tutte le iniziative legate all’immagine verranno messe in rete, anche fisicamente con un servizio navette. Sono coinvolte le rassegne in programma al Museo del Castello di Rivoli, Gam Galleria d’arte moderna, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Camera, Fondazione Merz, OGR, Paratissima, La Venaria Reale, TAG Torino Art Galleries, Fondazione Videoinsight® e, naturalmente, The Phair.

“Torino – afferma ancora Casiraghi – si vestirà di un nuovo abito tutto a colori: musei, gallerie, fondazioni, spazi pubblici e privati, faranno vivere la Città di una nuova e più brillante luce. L’arte contemporanea, come tutto il Paese, ha bisogno di ripartire e dobbiamo farlo insieme, ciascuno con il proprio ruolo”.

The Phair è un neologismo che è un manifesto, sintesi di Photography e Fair, un appuntamento annuale dedicato alla fotografia e all’immagine, pensato come evento concettuale prima che tecnico e descrittivo del reale.

Cambio al vertice della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT

Anna Ferrino è la nuova presidente

Dopo dodici anni di Presidenza, Gianaria lascia la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea, vero e proprio braccio operativo della Fondazione CRT che l’ha istituita nel Duemila e ne garantisce tuttora il supporto.

Con Anna Ferrino si è insediato il nuovo consiglio di amministrazione, alla presenza del Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia e del Segretario Generale Massimo Lapucci, che resterà in carica per i prossimi quattro anni: accanto alla Presidente siedono Caterina Bima in qualità di Vice Presidente, Gianni Arnaudo e Marco Giovannini. Confermato Massimo Broccio, già Segretario del Consiglio nei precedenti mandati.

“Esprimo gratitudine al gruppo di lavoro che ci ha preceduto e all’intera struttura perché, grazie al loro contributo, la Fondazione si qualifica quale punto di riferimento per l’arte moderna e contemporanea, sia a livello nazionale che internazionale”, dichiara Anna Ferrino.

La nuova Presidente ha quindi espresso l’intenzione di continuare a “puntare sulla tutela, promozione e valorizzazione dell’arte moderna e contemporanea quale fattore di sviluppo sociale ed economico, da attuarsi in primis attraverso la Collezione, assetto fondamentale per lo sviluppo dei due principali musei di riferimento del nostro territorio, la Galleria d’Arte Moderna di Torino e il Castello di Rivoli”.
“Negli ultimi dodici anni, infatti, la Fondazione ha acquisito oltre 250 importanti opere d’arte dei più rilevanti artisti contemporanei, da Marina Abramovic a William Kentridge, Liam Gillick e Jannis Kounellis, favorendo e indirizzando la programmazione espositiva dei maggiori musei piemontesi”, spiega la Presidente Ferrino, che aggiunge: “La Fondazione intende restare in prima linea per supportare l’intero sistema dell’arte contemporanea a Torino e in Piemonte, attraverso il sostegno ai suoi protagonisti, gli artisti, e ai progetti di residenza loro dedicati, nonché mediante l’erogazione di contributi specifici destinati alle più importanti manifestazioni culturali torinesi, alle fiere e alle gallerie.
“Infine, proseguendo lungo il percorso tracciato nel corso dell’ultimo quadriennio – prosegue Anna Ferrino – ritengo sia fondamentale focalizzarsi sulle progettualità e i servizi di formazione culturale gratuita messi in campo negli spazi OGR, un bacino di indiscussa eccellenza in termini di innovazione culturale che, attraverso programmi come OGR Public Program e OGR You, puntano a coinvolgere ed educare le nuove generazioni, il nostro futuro”.

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La Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT
Ente strumentale della Fondazione CRT, la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea arricchisce e valorizza da oltre 20 anni il patrimonio culturale e artistico torinese e piemontese, sia con l’acquisizione di nuove opere, sia con azioni e progetti per lo sviluppo, il rafforzamento e l’efficienza dell’intero sistema.
La Fondazione ha acquisito complessivamente più di 870 opere di 300 artisti, per un investimento complessivo superiore ai 40 milioni di euro: una delle più importanti collezioni private a livello internazionale, al servizio della collettività. Inoltre, per avvicinare all’arte contemporanea un pubblico sempre più vasto e diffuso, la Fondazione agisce su molteplici fronti: la promozione (con il sostegno al programma Contemporary Art), la fruizione (con il contributo alle più rilevanti manifestazioni del circuito culturale piemontese), la formazione e l’educazione (con i progetti OGR Public Program, OGR YOU e ZonArte).
www.fondazioneartecrt.it

Le “Contaminazioni” invaderanno il cortile di via Vanchiglia 16

“L’importante è comunicare” dice la pittrice Adelma Mapelli

 

L’amicizia, la disponibilità, la voglia di comunicare, il passaparola, tutto ha contribuito al successo. Tutto sembra pronto per un piccolo set cinematografico, ti si spalanca il portone che dà sulla strada e ti pare di immergerti in un attimo in un un mondo altro, diverso, antico, vivacissimo.

Hai davanti il cortile, il lungo ballatoio che gli corre intorno a formare un unico primo piano, un basso fabbricato costruito in anni successivi, un paio d’alberi con altrettante aiuole, molta vita. Via Vanchiglia 16, una costruzione antonelliana, circa la metà del XIX secolo, la Mole e la movida di oggi a due passi. Qualcuno lo ha già avvicinato al cuore di Montmartre, alla comunità del Bateau-Lavoir, forse è un semplice angolo torinese, ritrovato e rinnovato, quello che a tratti sogniamo, un inseguirsi d’atelier, studi aperti, una galleria da pochi mesi trasferitasi, un centro di idee e di sperimentazioni, di attività e di sensazioni che accoglie lo spettatore che lo visita. Con la passione, con la perseveranza e con lo spirito sorridente e battagliero, affettuosamente coinvolgente, che le sono propri “Il Cortile delle Arti” lo ha inventato, a poco a poco, passo dopo passo, incontro dopo incontro, la pittrice Adelma Mapelli. Negli anni ’20 nello stabile aveva posto una fabbrica di forniture per ombrelli e berretti, poi pur continuando l’attività, all’indomani della guerra, molte parti furono convertite in alloggi per ospitare l’immigrazione dalle campagne e dal Sud. A metà degli anni Settanta l’artista inserì il proprio studio tra le pareti di quelli che erano stati sino ad allora gli uffici della fabbrica, aprendo alla pittura e all’acquarello, alla scuola di nudo frequentata da tanti nomi che sarebbero divenuti poi celebri nel mondo artistico torinese e non soltanto, ai numerosi allievi che si sono avvicendati ad apprendere le prime nozioni e ad irrobustire tecniche e prospettive. Poi, in questi ultimi anni, le iniziative e gli eventi organizzati periodicamente, mostre letture musica poesia teatro discipline meditative e molto altro.

“Dopo il lungo periodo di interruzione – ricorda Mapelli, docente di pittura all’UniTre torinese, da sempre organizzatrice di raduni en plein air, creatrice del Museo dell’Acquerello di Montà d’Alba – abbiamo ripreso nel primo weekend di maggio, eravamo tutti un po’ titubanti. Ci piaceva pensare ad un buon gruppo di persone ma non ci speravamo poi tanto. Invece è stato bello vedere il cortile riempirsi, il pubblico, fatto di adulti con i capelli bianchi e di ragazzi soprattutto, provenienti pure da fuori Torino, salire e scendere le scale, entrare negli atelier, chiedere, mostrare interesse, appassionarsi. È stata una festa, e tutti l’abbiamo vissuta come tale”. Dopo quello di maggio un altro appuntamento, “Contaminazioni”, un incontro tra fotografia e pittura inventato al volo in occasione di “The Phair To” da oggi (inaugurazione alle 15, chiusura alle 20) a domenica 20 (con orario ancora dalle 15 alle 20, domani sabato dalle 15 alle 23). “La gente ha voglia di occasioni simili – continua ancora la pittrice – e noi qui, all’interno del cortile, ci scambiamo idee, piccoli progetti che poi vengono ampliati; come invitiamo altri artisti, provenienti dal quartiere e da altre realtà della città, per metterli in contatto con il pittore, con il fotografo, con il musicista. Nascono contatti e nuovi interlocutori, l’importante è comunicare”.

Per questo appuntamento quattro spazi verranno aperti, gli altri saranno coinvolti nuovamente la settimana prossima, probabilmente il 22. Lo studio di pittura del francese Julien Cachki (a Torino dal 1987 e per due anni all’Accademia Albertina, diviso tra reale e virtuale, attraverso le istantanee delle webcam di tutto il mondo usa raccontare un pianeta fatto di frames e immagini effimere che scandiscono lo scorrere del tempo) ospita Silvia Fubini e Gianni Fioccardi mentre la Galleria d’arte contemporanea “Febo & Dafne” di Gabriella Garelli invita alla visita delle opere di Stefano Strangers (classe 1978, un obiettivo puntato sulle tematiche sociali più problematiche del mondo, dallo sfruttamento alle guerre civili, dalle catastrofi naturali ai cambiamenti climatici) e Diego Dominici (le sue maschere, la ricerca della mancanza di comunicazione con se stessi e con gli altri). Claudio Cravero, che inizia a fotografare negli anni Settanta, coltivando sempre di più l’uso della luce naturale, una costante nei suoi lavori che rimandano ai classici della pittura, titolare del laboratorio di fotografia “Hangar Studio” con Gianpiero Trivisano (fotografo dal ’98, s’è dedicato alla moda, alla fotografia realistica e onirica poi, alla street-photography) ospiterà Max Ferrero (“è un fotografo professionista che ama la gente, soprattutto quella che ha storie da raccontare e che gli permette di farlo con la sua macchina fotografica”) e Renata Busettini (“è una dilettante (!) perché il diletto è il motore che sprona il suo desiderio di vedere il mondo attraverso la fotografia”) mentre l’atelier di Adelma Mapelli vedrà inserite le opere fotografiche di Gianluca Garofalo, Alessandra Zanessi e Silvia Finetti, che è insegnante di tecniche pittoriche, ha partecipato a mostre e collaborato con la Circoscrizione 8 e con il Castello di Rivoli, e porta avanti con successo tra tele e fotografie una ricerca artistica che si muove tra figurativo e informale.

 

Elio Rabbione

Nelle immagini: Adelma Mapelli e Claudio Cravero nei loro studi, la locandina di “Contaminazioni” che promuove l’appuntamento dal 18 al 20 giugno e un momento del precedente incontro tra artisti e pubblico nel cortile di via Vanchiglia 16

Torino e i suoi musei. Il Castello di Rivoli

Torino e i suoi musei

Con questa serie di articoli vorrei prendere in esame alcuni musei torinesi, approfondirne le caratteristiche e “viverne” i contenuti attraverso le testimonianze culturali di cui essi stessi sono portatori. Quello che vorrei proporre sono delle passeggiate museali attraverso le sale dei “luoghi delle Muse”, dove l’arte e la storia si raccontano al pubblico attraverso un rapporto diretto con il visitatore, il quale può a sua volta stare al gioco e perdersi in un’atmosfera di conoscenza e di piacere.

1 Museo Egizio
2 Palazzo Reale-Galleria Sabauda
3 Palazzo Madama
4 Storia di Torino-Museo Antichità
5 Museo del Cinema (Mole Antonelliana)
6 GAM
7 Castello di Rivoli
8 MAO
9 Museo Lomboso- antropologia criminale
10 Museo della Juventus

 

7 Il Castello di Rivoli

La collezione di arte contemporanea presente al Castello di Rivoli è sicuramente rivolta agli esperti e ai “dottoroni” della contemporaneità, ma anche ai profani più coraggiosi. A questi prodi consiglio di arrivare a destinazione scarpinando su per la salita –non troppo ripida- che porta fino alla sommità della collina, dove sorge l’ex residenza sabauda e da dove si può godere una splendida vista su Torino. L’edificio, progettato da Juvarra su commissione di Vittorio Amedeo II di Savoia, sorge sulle fondamenta di un castello risalente all’XI secolo.
Nel Seicento, Carlo Emanuele I decise di edificare nel luogo in cui era nato un grande palazzo, il progetto fu seguito da Ascanio Vitozzi e di fatto portato avanti da Carlo di Castellamonte, che però non riuscì a terminare i lavori e lasciò incompleta la parte centrale dell’edificio comprendente l’atrio e gli scaloni d’onore.
All’inizio del XIX secolo la proprietà divenne un onere eccessivo per i Savoia che lo diedero in affitto al Comune di Rivoli, il quale in un secondo momento riuscì ad acquistarlo.
Inizialmente il castello servì da alloggio per le guarnigioni militari e solo nel lontano 1978 l’edificio venne risanato e ristrutturato, e le strutture preesistenti furono messe in relazione con materiali moderni. Nel 1984 il Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli apre al pubblico le sue trentotto sale, la cerimonia d’inaugurazione fu affidata alla mostra “Ouverture”, curata dall’allora direttore del Museo Rudi Fuchs, con l’intento di proporre un modello di collezione internazionale articolata tra gli storici ambienti del primo e del secondo piano.
Il mio consiglio, prima di entrare, è proprio quello di riprendere fiato, fare anche una breve passeggiata attorno all’edificio, guardare giù dal muretto che perimetra la collina e il cortile del castello, giocando a riconoscere le vie e i quartieri della città che dall’alto sembra fatta con i “Lego”.

Ci vuole un particolare stato di rilassatezza per accettare che un cavallo appeso sia in effetti un’opera d’arte e non una maldestra citazione de “Il Padrino”.
Purtroppo riconosco che la quotidianità non mi permette di andare a visionare quanto spesso vorrei le esposizioni temporanee presenti a Rivoli, anche se cerco di non perdermene troppe. Tuttavia, nonostante siano passati alcuni anni, la mostra “mia preferita” rimane “MAdRE” (2014), di Sophie Call. Un doppio percorso, unito e contrapposto giocato sul dialogo di due importanti progetti: “Rachel, Monique” e “Voir la mer”. Ricordo ancora vividamente quanto mi avessero colpito quegli schermi giganti su cui erano proiettati i filmati dedicati alle persone di Istanbul che avevano visto il mare per la prima volta. Erano volti emozionati, segnati dall’incredulità, inondati da un sentimento intenso ed ingombrante come l’acqua che stavano scoprendo, nonostante vivessero in una città circondata dal mare. Un mare azzurro-blu, che accomuna e accoglie ma che può anche travolgere e distruggere, un elemento complesso dunque che chiama in causa emozioni e sentimenti contrastanti. L’opera di Sophie Call è delicata e straziante, volta ad indagare temi quali il distacco, la rottura amorosa e l’intimità. Una delle artiste contemporanee che apprezzo di più, una donna coraggiosa che non teme di esporre opere come “Silenzio”, particolare realizzazione costituita da un’edicola in legno contenente una fotografia alla cui base è applicata una targa in metallo con la seguente incisione: ‹‹ Ogni volta che mia madre passava davanti all’Hotel Bristol, si fermava, si faceva il segno della croce e ci pregava di tacere: “Silenzio, diceva, è qui che ho perso la mia verginità” ››. Ma lasciamo il 2014 e torniamo a noi. Una delle peculiarità del Castello di Rivoli sta nello stretto rapporto che gli artisti riescono ad instaurare con il Museo, specificità che non solo permette agli stessi autori di scegliere quali opere esporre, ma ha comportato la realizzazione di grandi installazioni permanenti ideate dagli artisti appositamente per la Residenza. L’attività museale si fonda su quattro concetti cardine: aderenza all’attività museale, rilevanza internazionale, attenzione alle più attuali ricerche e la selezione di “masterpiece” nella produzione di ciascun artista. Le opere della collezione permanente sono collocabili tra gli anni Sessanta fino ai giorni nostri e sono riconducibili all’Arte Povera, (dalla Transavanguardia al Minimal), alla Body Art e alla Land Art, fino alle più recenti tendenze artistiche.

Visitare il Castello di Rivoli significa mettersi in gioco, costringersi ad aprire la mente ad un mondo diverso e purtroppo troppo spesso distante, è un’esperienza totalizzante, che chiama in causa tutti i sensi e costringe i visitatori a cambiare punto di vista, ad ammettere che non si ha sempre ragione. L’arte contemporanea ci sfida apertamente a fare “tabula rasa” e ad ascoltare altre versioni ed opinioni, attraverso la ricerca di significati che non sono mai quello che sembrano.
Tra la moltitudine di artisti spicca lui, “l’appenditore di banane” più incompreso al mondo, nonché uno degli artisti più ricchi e discussi della scena odierna.
Maurizio Cattelan utilizza nelle sue opere un approccio critico che si muove nella direzione dell’avanguardismo novecentesco, corrente artistica sviluppatasi nel XX secolo, nella convinzione che la vita futura possa acquisire un senso immanente e assoluto e successivamente venga messa in crisi dal capitalismo e dal crollo delle ideologie.
Togliamoci subito il dente e proviamo a dire due parole su quest’ultima opera (“Comedian”) che sembra proprio una costosissima presa in giro. Non ci siamo andati lontano in effetti, poiché l’artista voleva proprio provocare, con l’ennesimo gesto ironico, quel meccanismo inarrestabile che senza troppe riflessioni ha subito riconosciuto il titolo di “capolavoro” ad una banana attaccata con un pezzo di scotch. Ci siamo tutti arrabbiati, ma forse perché ci siamo sentiti colpiti nel vivo: l’opinione comune si è irritata, rifugiandosi dietro frasi cliché che riconoscono l’arte solo nei maestri rinascimentali, barocchi ed ottocenteschi, ossia “quando gli artisti sapevano disegnare”. Ma così ci si dimentica che da Duchamp in poi ciò che conta sono l’idea ed il gesto. L’idea dietro “Comedian”? Azzerare tutte le idee, far emergere il vuoto assurto a meccanica indiscussa, riflettere nichilisticamente sulla condizione dell’oggetto artistico, portato al livello di merce consumistica pagata a peso d’oro secondo quanto imposto dal mercato.

Cattelan da sempre vuole fondere vita e arte, realtà e finzione, attraverso azioni sempre più mass-mediatiche e stranianti come “A perfect Day”, “Hollywood”, “La rivoluzione siamo noi”, la teatrale “Him”. L’artista si comporta secondo lo standard della notizia televisiva, le sue opere fanno scandalo e di conseguenza fanno notizia, trasformandosi in informazioni di tendenza. Lo dimostrano installazioni come “La nona ora”, statua di Giovanni II colpito da un meteorite, esposta proprio in Polonia, presso la Galleria Zacheta di Versavia nel 2001, oppure “L.O.V.E.” acronimo di “libertà, odio, vendetta, eternità”, più comunemente conosciuta come “Il Dito”, una scultura in marmo di Carrara posta di fronte a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa Milanese, che raffigura una mano intenta nel saluto romano con però tutte le dita mozze tranne una, quella del medio. La scultura si trasforma in un gesto irriverente, reso ancora più ironico dallo stile classico e monumentale che dialoga con l’architettura del ventennio del Palazzo Mezzanotte e se la prende con il mondo della finanza. Forse la più scandalosa rimane l’installazione del 2004, “Tre bambini impiccati in Piazza XXIV Maggio”, lavoro decisamente disturbante, costituito da tre manichini di bambini a piedi scalzi e con gli occhi sbarrati, impiccati ad una quercia. Lo stesso autore aveva così controbattuto alle critiche della cittadinanza: “La realtà che vediamo in questi giorni in TV supera di molto quella dell’opera. E quei bambini hanno gli occhi aperti: un invito a interrogarsi”.

A Rivoli ci si imbatte subito nell’ironia dell’artista, poiché dove c’è la biglietteria si trova “Il bel paese, 1994”, un enorme tappeto circolare, gigantografia dell’omonimo formaggio: il lavoro rimanda all’espressione che Dante e Petrarca avevano riferito all’Italia, che qui si concretizza in un tappeto continuamente calpestato e sporcato dai visitatori.
Realizzazione dedicata alla crudeltà umana è “Charlie don’t surf” del 1997, il cui titolo è una citazione del film “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola, relativa alla scena in cui gli americani distruggono un villaggio per poter accedere ad una spiaggia e fare “surf”. Si tratta di una scultura di un bambino seduto ad un banco di scuola, appositamente messo di schiena ed apparentemente diligente, se ci si avvicina ci si accorge che l’innocente è forzatamente immobilizzato da due matite conficcate nelle mani.
Nello stesso anno Cattelan realizza “Novecento”, il celebre cavallo imbalsamato e appeso al soffitto mediante un’imbragatura. Si tratta di un’inedita “natura morta” in cui prevalgono senso di insicurezza, fallimento e impossibilità di azione.

Non c’è quindi sempre da ridere, bensì occorre riflettere. A criticare siamo bravi tutti.

Alessia Cagnotto