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Labcube Reale#Green è un compendio del bello e del ben fatto

Prende il via il 2 ottobre 2021 il progetto Labcube Reale#Green, nato dalla collaborazione tra Confartigianato Torino, Camera di commercio di Torino, FabLab Torino,Turn Design Community e la Reggia di Venaria.

L’evento, che gode del Patrocinio della Città di Venaria Reale, della Città Metropolitana di Torino e ha La Stampa come media partner, si inserisce nell’ambito della programmazione 2021 della Reggia di Venaria,  #LaVenariaGreen, dedicata al tema del paesaggio, della sostenibilità e dell’ambiente.

Inoltre, Labcube Reale#Green rappresenta l’evoluzione del progetto Labcube Reale realizzato nel 2019.  

I 10 prototipi saranno esposti a partire da sabato 2 ottobre fino a domenica 5 dicembre, presso il bookshop della Reggia di Venaria, e si ispirano ai temi della sostenibilità, del paesaggio e del green, nonché all’“infinita bellezza” che dà il titolo alla mostra in corso alla Reggia di Venaria.

I prototipi saranno acquistabili solo in un momento successivo all’esposizione.

Labcube Reale#Green è una rassegna collettiva, un compendio del bello e del ben fatto, che ha visto come protagonisti 10 gruppi di lavoro, composti ciascuno da un artigiano e un designer, che si sono cimentati con medium espressivi diversi (carta, ceramica, ferro, tessuti, ecc.) e che hanno realizzato 10 oggetti, fornendo interpretazioni e sguardi differenti sul green.

SAV-Ó è la zuppiera in porcellana che ci aiuta a risparmiare acqua, infatti, dopo aver lavato le verdure la stessa acqua è riutilizzabile per annaffiare le piante, grazie ad un piccolo foro in uno dei manici che trasforma la zuppiera in un inusuale annaffiatoio; la bag  prêt-à-porter, oggetto di design realizzato con materiali selezionati ecologici e sostenibili (carta, cuoio, ecc.) dalle linee morbide ed avvolgenti, con tasche laterali in ambedue i lati; la linea di gioielli “NO TIME TO WAIT” che è il brand della collana formata da quattro elementi composti principalmente da lenti con filtri di colore diverso attraverso cui si potrà ammirare il paesaggio sotto punti di vista differenti; il cappello scultura a tesa larga con vestibilità alla veneziana che omaggia i giardini della Reggia di Venaria che mostrano un disegno ricco di texturediverse: dai prati all’inglese, alle siepi e ai filari di alberi.Completa l’accessorio la tiara rappresentante i filari di alberi; 3Vla fascia di tessuto realizzato con l’utilizzo di filati naturali e sostenibili che intende promuovere il recupero delle bottiglie di vetro e plastica, rivestite ed elevate ad oggetto di design; l’occhio di Gea, una lampada realizzata sfruttando l’espressività e la trasparenza del vetro attraverso la termofusione dei singoli elementi; il progetto Night & Day ispirato alle opere di Maurits Cornelis Escher, una scultura nata per vivere sia in ambienti interni che esterni, si fonde con la natura e la accoglie dentro di sé illuminandola e facendola crescere al proprio interno; SOLL(I)EVAMI il complemento funzionale, posizionato all’ingresso di casa, che può contenere tutto ciò che viene utilizzato all’aria aperta; Rinascita la scultura luminosa in cui la particolare “luce artistica” del neon, modellata da un espertomaestro soffiatore, fa da protagonista sensoriale, nonché visiva; le scarpe Cameo, che offrono la possibilità di produrre e stampare con una propria stampante 3D suole diverse con caratteristiche e colori differenti.

I progetti di Labcube Reale#Green rappresentano 10 sfide alle abilità artigianali che hanno saputo sviluppare il tema green attraverso la realizzazione di 10 prototipi in equilibrio tra passato e futuro, dove la sapienza del maestro artigiano si fonda con la progettazione del lavoro del designer dando vita a 10 oggetti innovativi e di forte impatto estetico.

Infatti, Labcube Reale#Green è nato con l’obiettivo di creare un team di lavoro inedito che ha messo insieme la manualità del saper fare dell’artigiano, esteso alle potenzialità delle tecnologie legate alla sfera della modellazione tridimensionalereale e virtuale, con la creatività e astrazione dei designer.

Dieci gruppi di lavoro con l’obiettivo di fare sintesi tra i saperi e il know how degli artigiani con la creatività del designer in un processo di osmosi e contaminazione dei diversi ambiti conoscitivi: pragmatici ed empirici gli uni, creativi e progettuali gli altri. Una sorta di plusvalore, che il talento artigiano conferisce al mondo del design e viceversa.

Una mostra collettiva capace di coniugare il mondo della bellezza, dell’alta manifattura, delle cose realizzate a regola d’arte con la capacità di trasformare creativamente la materia.

Labcube Reale#Green ha tra gli obiettivi quello di incentivare lo scambio di saperi, orientare all’innovazione, valorizzare il territorio e le sue economie produttive-dichiara Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torinoperseguendo finalità legate alla produzione e alla commercializzazione delle opere create, generando un legame forte con la committenza attraverso la realizzazione di oggetti unici ispirati al tema green e alla mostra della Reggia di Venaria dedicata al paesaggio. Il Progetto punta su sostenibilità e artigianalità evoluta, grazie ad un’importante attività

svolta all’interno dei gruppi di lavoro che ha generato un intreccio di saperi legati alla manualità, al green e alla progettualità: una nuova frontiera dell’artigianalità moderna. Non possiamo nascondere che la crisi ha colpito duramente, mettendo a rischio operativo molte delle nostre aziende, ma gli artigiani hanno anche mostrato grandi capacità di resilienza e questo progetto ne è una prova tangibile. Ora vogliamo contribuire a costruire il rilancio del Paese e a dare un futuro alle nuove generazioni, pronti come sempre a fare la nostra parte con senso di responsabilità e coscienza civica partendo anche da qui, da questo progetto, dalla volontà di mettersi in gioco e creare qualcosa di bello e unico.

Siamo lieti di supportare una nuova edizione del progetto LabCube rinnovando anche quest’anno la proficua collaborazione con la Reggia di Venaria – spiega Dario Gallina, Presidente della Camera di commercio di Torino.Artigianato, turismo e cultura in questi mesi hanno senza dubbio attraversato un periodo molto difficile, ma è significativo che proprio il design, attraverso creatività e progettazione di nuove idee, contribuisca attivamente alla ripartenza del comparto artigiano, con un’attenzione particolare alla sostenibilità, tema ormai imprescindibile per un nuovo sviluppo ed elemento distintivo anche agli occhi del consumatore”.

“Con grande soddisfazione la Reggia di Venaria ospita la terza edizione del progetto LabCube Reale#Green  -conclude Guido Curto, Direttore del Consorzio delle residenze Reali Sabaudeun progetto che negli anni ha visto coinvolti artigiani, designer e maker confrontarsi con la magnificenza della Reggia e dei Giardini di Venaria per elaborare e creare prodotti di merchandising rivolti al grande pubblico dal forte carattere identitario. Gli artisti/artigiani sono stati chiamati ad interpretare il tema portante che ha sostenuto il programma culturale nel 2021: #green, un ricco calendario di appuntamenti che ha accompagnato i visitatori in un percorso tra arte, storia e natura, orientato alla sostenibilità e alla valorizzazione del rapporto tra l’uomo e l’ambiente, fra i quali il ruolo di protagonista spetta alla grande mostra “Una infinita bellezza. Il Paesaggio in Italia dalla pittura romantica all’arte contemporanea”. I prototipi del progetto LabCubeReale#Green verranno esposti nel rinnovato Bookshop della Venaria Reale, il cui impianto stilistico, definito con il supporto del Centro e Conservazione e Restauro La Venaria Reale, rappresenta un inedito e forte richiamo alla natura e all’ambiente, in un’atmosfera che enfatizza ancora di più la tematica Green.  Grazie alla collaborazione con la Camera di Commercio di Torino e Confartigianato Torino la Reggia di Venaria, ospitando il progetto LabCube Reale#Green, si propone ancora una volta come vetrina delle eccellenze artigiane del territorio e luogo delle proposte innovative che quest’ultimo esprime.”

Nello spazio espositivo troviamo i seguenti oggetti:

SAV-Ó realizzato da Laura Malandrino (artigiana) e daRiccardo Vicentini (designer)

Il progetto trae ispirazione dalle tradizionali zuppiere Sabaude in porcellana, ma affronta un tema molto attuale: l’importanza di non sprecare acqua, bene prezioso e non inesauribile.

SAV-Ó ci aiuta a risparmiare acqua con un’attività semplice e quotidiana: il gesto di lavare frutta e verdura, permettendoci di compiere quest’azione in ammollo e non sotto l’acqua corrente. Dopo aver lavato le verdure, è possibile riutilizzare la stessa acqua per annaffiare le piante ed i fiori del nostro balcone o del giardino: infatti uno dei manici di SAV-Ó, nasconde un piccolo foro, che lo trasforma in un inusuale annaffiatoio. Il restringimento sulla bocca superiore del contenitore, consentirà di compiere quest’operazione, senza che frutta e verdura cadano fuori.

Prêt-à-porter realizzato da Giò Gatto (artigiano) e Rosa Palumbo (designer)

La bag Prêt-à-porter è un oggetto di design realizzato con materiali selezionati ecologici e sostenibili (carta, cuoio, ecc.), dalle linee morbide ed avvolgenti, con tasche laterali in ambedue i lati. Un vero e proprio contenitore di contenuti. Il concept creativo richiama l’elemento geometrico della Galleria di Diana fino a farlo diventare la texture della bag. Un effetto optical, con richiamo anche alla corrente optical Art e all’Haute Couture (Chanel – Dior).

Altro elemento identificativo della bag sono i manici in cuoio in cui vengono intarsiate al laser delle foglie. La carta “grattacrespa” è realizzata in esclusiva per Giò Gatto dalla cartiera di Nebbiuno e regalano alla Bag matericità robustezza ed elasticità. Il materiale è parzialmente riciclato e riciclabile al 100%.

NO TIME TO WAIT realizzato da Daniela Cavallo (artigiana) e Gianluca Macchi (designer)

La lotta contro il cambiamento climatico sta diventando sempre più una corsa contro il tempo. Da questo concetto nasce l’idea di “NO TIME TO WAIT”, una linea di gioielli ideata per sensibilizzare gli utenti su uno dei 17 Sustainable Development Goals individuati dall’ONU nel 2015, con un orizzonte di attuazione entro il 2030.

L’oggetto è un capo sfilata, una collana composta da quattro elementi composti principalmente da lenti con filtri colore diverso, attraverso cui si potrà ammirare il paesaggio sotto punti di vista diversi. L’unità della visione, la sovrapposizione delle lenti, darà la completezza del messaggio, “NO TIME TO WAIT”. Dal punto di vista tecnico, la catena sarà in argento e lavorata a mano, a questa saranno collegati i quattro elementi, ognuno composto da due lenti in vetro del diametro di 10 cm, tra le quali sarà interposta una lente colorata su cui verrà incisa una parola diversa. Le incisioni tra le lenti verranno riempite con i materiali scelti in correlazione alle tematiche.

Cappello scultura di Nina Tauro (artigiana) e Arianna Ricossa (designer)

Il concept, un cappello a tesa larga con vestibilità alla veneziana è un omaggio ai giardini della Reggia di Venaria, che mostrano un disegno ricco di texture diverse: dai prati all’inglese, alle siepi e ai filari di alberi. La tela di base del cappello è un colore naturale e vuole essere a livello materico un elemento strutturale, il rimando alle siepi viene reso dalla sovrapposizione di tessuti di

colore diversi che tagliati danno un effetto sfilacciato con diverse sfumature. Completa l’accessorio la tiara rappresentante i filari di alberi. Una stampa 3D che vuole donare ancora più naturalezza grazie alle asimmetrie date dalle diverse altezze. I due elementi separati tra loro sono legati tramite un filo di raso di recupero, che nel cappello forma un motivo fisso mentre nella tiara forma un movimento grazie al fiocco a cascata sul retro.

3V di Lisa Fontana (artigiana) e Monica Oddone (designer)

I 3 Valori #green 3V è una fascia di tessuto “occhio di pernice” o “rombo” realizzata tramite un telaio manuale a 4 licci con l’utilizzo di filati naturali e sostenibili, come i filati di juta indiana (Fibra tessile vegetale ricavata dalle piante del genere Corchorus) o i filati di bambù del Nepal (Fibra tessile vegetale ricavata dalla frantumazione delle parti legnose della pianta). 3V intende promuovere il recupero delle bottiglie di vetro e plastica e la loro trasformazione in vasi che custodiscano un po’ di natura all’interno della casa. Attualmente progettato come pezzo unico, può essere declinato in una famiglia di prodotti con varianti dimensionali (a seconda della capienza della bottiglia) e con varianti cromatiche (legate, ad esempio, al tema delle stagioni).

L’occhio di Gea di Chiara Ferraris (artigiana) e Andrea Vecera (designer)

Gea è una lampada realizzata sfruttando l’espressività e la trasparenza del vetro, attraverso la termofusione dei singoli elementi, schegge di vetro colorate provenienti da scarti di lavorazioni con diverse tonalità, che costituiscono l’iride, cerchio perfetto inscritto in un ellisse opalino ottenuto mediante termoformatura.

GEA nella mitologia greca è la dea primordiale, la madre della terra, origine del mondo, presente un po’ in tutte le mitologie ancestrali dell’essere umano. Luce come mezzo per vedere, intesa come ciò che permette di distinguere le forme, la profondità della realtà, ma anche la luce che emana la verità raggiunta tramite la conoscenza, simbolo di vita fondamento simbolico religioso. Tuttavia, della luce siamo coscienti solo quando questa è assente, poiché senza di essa non siamo più in grado di vedere.

Attraverso l’occhio di Madre Natura nel suo luminoso splendore, acquisiamo coscienza su ciò che ci circonda, una finestra allegorica sul creato e lo stato attuale del mondo.

Night & Day di Claudio Rizzolo (artigiano) e Andrea Scarpellini (designer)

Night & Day è un progetto ispirato alle opere di Maurits Cornelis Escher. È una scultura nata per vivere in ambienti interni come esterni, si fonde con la natura e la accoglie dentro di sé illuminandola e facendola crescere al proprio interno. Night & Day può essere una scultura, una lampada, un giardino, un orto verticale, un gioco di illusioni ottiche, ecc.

Come in un’opera di Esher il pavimento a rombi caratteristico della Reggia si evolve tridimensionalmente in una scala a chiocciola, che a sua volta si ripete in circolo in uno spazio sospeso privo di riferimenti trasformandosi lentamente in uno stormo di uccelli migratori che volano nel cielo.

La scultura ruotando su sé stessa crea un loop visivo ipnotico.

Il concept si può sviluppare in tre step tecnologicamente sempre più avanzati.

1- La scultura grazie ad una lampada led specifica emana la luce necessaria a far crescere la pianta collocata al proprio interno e coltivata mediante la tecnica idroponica. La luce può essere alimentata da un pannello solare.

2- La scultura può ruotare su sé stessa creando un gioco di illusione ottica e grazie a questo movimento collegato ad una dinamo, produce l’energia elettrica necessaria ad accendere la lampada led.

3- La scultura funziona come un vero e proprio sistema eolico e ruota con la spinta del vento che a sua volta produce energia elettrica per illuminare i led.

L’opera è realizzata in lamiera di acciaio corten 15/10 (pretrattato per uso in ambienti interni).  

Il corten è un metallo ma come le piante e altri materiali naturali ha la particolarità di trasformarsi ed evolversi mutando nel colore da un grigio ferro, passando per un arancione vivo fino ad una calda tonalità di marrone che lo ambienta facilmente in ogni contesto.

La sua caratteristica ossidazione superficiale, regolare nel tempo, permette a contatto con le piante di rilasciare i giusti quantitativi di ferro utili a rinforzarle.  

SOLL(I)EVAMI di Nadia Zanconi (artigiana) e Ettore Balbo (designer)

L’idea di base di SOLL(I)EVAMI è quella di avere all’ingresso della propria casa o del posto di lavoro, un complemento funzionale che possa contenere tutto ciò che si utilizza all’aria aperta. In questo caso il benessere parte ancora prima di uscire, avendo in un unico posto e a portata di mano tutto il necessario.

SOLL(I)EVAMI è un complemento d’arredo componibile e versatile che può funzionare da solo o può essere abbinato a uno o più moduli.

Il sistema base è costituito da una cornice portante da fissare alla parete attraverso una speciale staffa e da un elemento di appoggio a pavimento, da un braccio porta bici, da due ripiani e da un sistema appendi abiti. Si potrà modificare di volta in volta l’assetto di SOLL(I)EVAMI in funzione delle diverse necessità e abitudini.

Per esempio, si potrà posizionare la bici in altezze diverse lasciando spazio alle mensole che potranno essere collocate sul livello più basso utilizzandole come comodo porta scarpe o come porta piante, come ripiano per libri o svuota tasche.

Sulla staffa di supporto per il fissaggio a parete di SOLL(I)EVAMI è invece possibile inserire il sistema appendi abiti costituito da due cinghie in pelle alle quali è fissato il tubolare in alluminio per appendere delle grucce.

Camaleo di Giancarlo Berardinelli (artigiano) e Francesco Mansueto (designer)

Le scarpe Camaleo ovvero come produrre e stampare con una propria stampante 3D suole diverse con caratteristiche e colori differenti. La possibilità di scegliere e cambiare la forma e il materiale della suola conferisce a questo accessorio un elevato grado di personalizzazione, che permette di assecondare piùesigenze e molteplici tendenze fashion. La scarpa Camaleo aiuta a vivere esperienze diverse, mantenendo alta la qualità ed il comfort della camminata: dalla passeggiata in centro città alla scampagnata la scarpa potrà essere utilizzata per esigenze diverse. Inoltre, Camaleo, ha una lunga durata, conferita dalla qualità della realizzazione e dalla sua riparabilità. Tutto è creato perché non ci siano sprechi. I materiali di costruzione di base sono tutti ecologici. Il cuoio con cui è realizzata è certificato, la tomaia stessa è realizzata in pellame ecologico ad alta resistenza e durevolezza nel tempo.

Rinascita di Roberto Basso (artigiano), Laura Cerabona e Roberta Caputi (designer)

L’idea progettuale del concept nasce dal desiderio di voler esprimere un messaggio emotivamente impattante volto a sensibilizzare le persone sui temi legati all’ambiente.

Per meglio interpretare questo concetto è stata progettata una scultura luminosa in cui la particolare “luce artistica” del neon, modellata da un esperto maestro soffiatore, fa da protagonista sensoriale, nonché visiva.

Per la base è stato utilizzato il ceppo ramoso dell’albero di fico. Questa pianta è considerata sacra in molte culture e simboleggia la Vita, la forza e la conoscenza, nonché l’asse del mondo che collega la terra al cielo, rivestendo un significato di immortalità e di abbondanza. Sulla sua corteccia rugosa

scorrono delle lacrime rosse a rappresentare la Natura ferita ma dall’interno del tronco vuoto, fuoriescono fasci di luce bianca.

In questo incastro la luce bianca si fonde con quella rossa dando forma a un cuore stilizzato che raffigura la Rinascita.

“La valle dei pollini” Arte, natura e tecnologia

Fino a domenica 7 novembre 2021

L’Associazione Alessandro Marena in collaborazione con la galleria Lara e Rino Costa di Valenza presenta “La valle dei pollini”, mostra dell’artista Theo Gallino

La kermesse segna l’inizio di un nuovo corso per l’Associazione dedicata al gallerista torinese Alessandro Marena prematuramente scomparso nell’estate del 2013. Se infatti nel periodo dell’art week torinese, rimane invariato lo svolgimento della biennale collettiva “The Upcoming Art – da un’idea di Alessandro Marena”, con l’assegnazione del Premio Alessandro Marena a uno degli studenti dell’Accademia Albertina, da quest’anno l’Associazione promuove anche una personale dedicata ad un maestro del territorio.
L’autunno cittadino si arricchisce così di un nuovo ciclo di esposizioni di alto profilo artistico e curatoriale. Di volta in volta, infatti, un nome rappresentativo della scena contemporanea sarà chiamato ad esporre gli esiti più recenti della sua ricerca affiancati da richiami a lavori storici. Grazie a questa iniziativa chi è in fase di formazione, i potenziali futuri talenti dell’arte a cui l’Associazione dal suo nascere guarda con interesse e con spirito mecenatistico, potrà confrontarsi con autori presenti da anni sulla scena per trarne spunti e consigli utili alla propria crescita. La mostra dei maestri, con le attività di approfondimento e fruizione ad essa connesse, rappresenterà per i giovani un momento costruttivo e per il pubblico tradizionale un appuntamento da non perdere per approfondire la conoscenza di carriere dense di riconoscimenti e tuttora in fieri.

“La valle dei pollini” apre i battenti circa un mese prima degli appuntamenti fieristici torinesi dedicati alla creatività nazionale ed internazionale a Villa Sassi, nobile dimora secentesca che recentemente ha subito un profondo e scrupoloso intervento di restyling interno. Su un’area rialzata e curvilinea del secolare parco, che ricorda una gradinata dei teatri dell’antichità, si stagliano una dozzina di installazioni di grande-media dimensione che finemente traducono l’idea di unità tra uomo e natura, artificiale e spontaneo – concetti che potrebbe essere estesi alla dialettica tra ragione ed istinto. Maestria tecnica e condiviso senso di bellezza tra l’autore e il creato fan si che le opere sembrino germinare nella dimensione naturale per evidenziarne il potenziale nascosto.
La rappresentazione plastica dei fragili ed impalpabili piumetti globosi del tarassaco, che tutti conosciamo, in esili sculture provocano un impatto visivo ed emotivo sorprendente tanto più se i filiformi steli in ferro emergono da accumuli di mattoni con calchi di pluriball. Quest’ultima caratteristica è riconducibile alla storia di Gallino e ai suoi esordi, quando utilizzava l’imballo plastico scoppiettante a protezione dei preservativi, simbolo di prevenzione dal virus HIV.

Il riferimento alla natura si mescola alla materia artificiosa e tecnologica come in un continuo richiamo al potere taumaturgico dell’uomo. Questi è partecipe e, nello stesso tempo, ideatore di mondi, installazioni ambientali che raccontano nuove possibili vite, universi immaginifici da rimirare da diversi punti di vista per coglierne appieno la carica espressiva. I fusti filiformi che si allungano verso l’alto, le creazioni in terracotta giammai finite, gli intrecci metallici che riconducono inevitabilmente ad elementi reali dalla forte componente simbolico-spiritualista e i cumuli di mattoni da cui si generano nuove possibili vite, celebrano l’arte quanto la ri-nascita. All’indifferenza alla storia del mondo in cui viviamo Gallino risponde con una narrativa geniale e stimolante che è alla base della stessa creatività dell’uomo.

All’ingresso del percorso espositivo lo spettatore è accolto da un vaso dalle sembianze organiche da cui si ergono le infiorescenze, simbolo della nuova stagione artistica ed umana annunciata dalla “valle dei pollini”. Proseguendo, altri steli nascono da parallelepipedi di terracotta posti sopra cumuli di macerie e mattoni, reliquie di un tempo passato da cui si cerca di risorgere. L’incipit del racconto comprende un grande nido nero avvolto da fili aggrovigliati. Forma apparentemente fuligginosa e plumbea, questo riparo essenziale rimanda al focolare caldo e protettivo, di pascoliana memoria, in cui si generano legami e relazioni.Una “morbida” giara di mattoni, segnata in superficie dal pluriball, fa da contenitore a tre soffioni. Il recipiente incompiuto è una suggestiva scultura che si plasma attraverso il contatto emotivo con l’osservatore.

Se alcuni grandi artisti del passato possono essere chiamati in causa dalla poetica di Gallino, da Medardo Rosso a Fausto Melotti, è innegabile che i risvolti originali, estetici e sostanziali a cui è giunto l’artista lo facciano annoverare tra le voci più interessanti del panorama nazionale.
Durante il periodo di mostra un’opera dell’artista è collocata all’ingresso del monumentale Palazzo della Luce (via Antonio Bertola 40) mentre alcuni lavori della sua produzione meno recente sono esposti a Villa Bria – Gassino Torinese (via Bussolino 149, Gassino Torinese).

 

“La valle dei pollini”
Theo Gallino
a cura di Monica Trigona

Orari della mostra
Tutti i giorni dalle 10 alle 19 su appuntamento scrivendo a: associazionealessandromarena@gmail.com
Ingresso gratuito
Sede
Villa Sassi, Strada al Traforo di Pino 47, Torino

Inaugurazione giovedì 7 ottobre 2021 ore 18-20
Segue cena alchemica realizzata dallo chef di Villa Sassi Alessandro Braga,
liberamente ispirata alla ricerca di Theo Gallino
-posti riservati previa prenotazione: associazionealessandromarena@gmail.com –

 

 

 

Rivarolo: arte e creatività a Villa Vallero

Progetto di arte urbana, decorazione e pittura con gli allievi ed ex allievi del biennio di decorazione dell’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Carlotta Ghioldi, Cristina Garbarini, Fulvio Ioan, Riccardo Rubattino, Coordinamento Prof. Alessandro Fabbris

Inside/Out in questo secondo step approda a Villa Vallero. Nella sede espositiva saranno presentati i lavori dei quattro giovani artisti che hanno svolto la residenza d’artista presso
Casa Toesca nel mese di Luglio.

Fulvio Ioan, Cristina Garbarini, Carlotta Ghioldi, Riccardo Rubattino hanno reinterpretato il concetto e le forme del
decorativo: dopo una analisi del territorio i quattro giovani artisti, alcuni ancora studenti dell’Accademia Ligustica di Belle
Arti di Genova, presentano una serie di opere nate in seguito al soggiorno svolto a Rivarolo Canavese, opere nate
attraverso un dialogo tra territorio, architettura, decorazione e ibridazioni artistiche.

Ioan presenta una grande tela e alcune xilografie, da cui son stati tratti i manifesti che a Luglio sono stati affissi nello
spazio pubblico in occasione della festa patronale di Rivarolo i cui soggetti attingono, attraverso il suo immaginario,
all’Anno Giacobeo.

Garbarini, dopo aver analizzato alcuni elementi decorativi presenti nel tessuto cittadino e in alcuni palazzi storici di
Rivarolo, presenta un grande disegno ed alcune tavole su carta che reinterpretano le forme di volute, modanature,
basamenti, archi.

Ghioldi per la realizzazione delle sue opere ha attinto da uno studio compiuto sui colori dello stemma della città, sulle
piante e sui giardini presenti nel territorio per realizzare due grandi stoffe che si dispiegano dal soffitto al pavimento, i cui
soggetti sono stati rivisti attraverso app di smartphone e glitch generati dai processi di stampa.
Ribattino presenta alcune soluzioni di decorazione pittorica pensati per spazi cittadini con un pattern che attinge
anch’esso da una reinterpretazione di modanature e geometrie architettoniche, frutto di un suo “cammino” compiuto sulle
linee di fettucce appese tra palazzi, balconi e alberi: un esercizio di equilibrismo che pone lo sguardo a diverse
prospettive.

Sempre Rubattino, in occasione dei giorni della mostra, replicherà una performance, organizzando anche un workshop
per i cittadini.

Per informazioni sull’evento:
Areacreativa42 Associazione Culturale
Via Ivrea 42, Rivarolo Canavese (TO)
Tel. 335 122 7609
info@areacreativa42.com

SCHEDA DATI
Progetto a cura di Areacreativa42 in collaborazione con l’Assessorato alla cultura della Città di Rivarolo
Canavese.
Dal 3 al 24 ottobre 2021
Inaugurazione domenica 3 ottobre alle ore 17
Alla presenza degli artisti
Sede della mostra:

VILLA VALLERO, Corso Indipendenza n.68, Rivarolo Canavese (TO)
Orari mostra: sabato e domenica 15-18,30
Per accedere ai locali è necessario presentare il green pass e l’uso della mascherina
Attività collaterali:
3 ottobre ore 15-16,30 workshop di slackline nel parco di Villa Vallero con Riccardo Rubattino
24 ottobre ore 15-17 workshop di pittura e xilografia per bambini e ragazzi
La partecipazione ai workshop è libera previa iscrizione a info@areacreativa42.com
Collaborazioni:
Assessorato alla cultura della Città di Rivarolo Canavese
Accademia Ligustica di Genova, biennio di decorazione

Esterno notte, quando le immagini accendono la città

Torna il grande evento di proiezioni diffuse per le vie e i quartieri di Torino

Giovedì 30 settembre 2021, dalle 21.00 alle 24.00, Torino 

Torna, alla sua seconda edizione, ESTERNO NOTTE, il grande evento di proiezioni diffuse per le vie e i quartieri di Torino, che, nella serata di giovedì 30 settembre dalle 21.00 alle 24.00accenderà di immagini i palazzi, i muri, le finestre, i cortili e i balconi della città. Una città che, per una sera, si trasformerà attraverso le storie, le fotografie, i video che i cittadini e le realtà partecipanti condivideranno durante una vera e propria festa per immagini, di tutti e per tutti.

Il filo conduttore scelto per il secondo appuntamento di Esterno Notte è ‘trasformazioni’, intendendo questo concetto in senso aperto e stratificato. Le trasformazioni come risposta alle sfide del presente, come evoluzione del pensiero e delle dinamiche sociali, come istinto di resilienza e ricostruzione, ma anche come irreversibile processo di alterazione dell’equilibrio che regola i paesaggi naturali e sociali, di fronte al quale l’unica prospettiva possibile è quella di un cambiamento radicale degli stili di vita.

Anche in quest’ottica, Esterno Notte mira a sperimentare nuovi sistemi di condivisione culturale che non siano più solamente digitali ma che permettano una fruizione su larga scala in piena sicurezza.

La seconda edizione di Esterno Notte – commenta il direttore di CAMERA Walter Guadagnini ­– rappresenta il momento in cui la città tutta, le sue realtà istituzionali, le associazioni, i singoli cittadini, si ritrovano in un momento di festa collettiva attraverso la condivisione delle immagini: quello che facciamo tutti i giorni, tutti i minuti con i nostri telefonini in privato, lo facciamo ora in pubblico, inviamo ai nostri concittadini le immagini che amiamo, che ci divertono, che ci rappresentano. Ci auguriamo che diventi una grande manifestazione, alla quale ognuno porta il suo contributo, a seconda delle proprie inclinazioni e dei propri mezzi, come sempre accade nella vita di una città sana.

L’anno scorso CAMERA, nella prima edizione di Esterno Notte organizzata per festeggiare il quinto compleanno della Fondazione, ha voluto ricordare la strada percorsa proiettando uno slideshow di immagini delle quaranta mostre realizzate fino ad allora sulla facciata della chiesa di San Michele Arcangelo in via Giolitti e ha proposto un’installazione multimediale nel suo cortile interno con immagini d’archivio e sonorità diffuse. – continua la curatrice del progetto Monica PoggiOggi invece ci concentriamo sul futuro, sia generazionale che, in un certo senso tecnologico, attraverso la proiezione dei lavori dei trenta giovani che hanno partecipato al corso-concorso di fotografia Reality Shot raccontando, attraverso le fotocamere dei propri cellulari, i quartieri periferici torinesi di Falchera e Mirafiori.

Il progetto Reality Shot, promosso dall’Atc del Piemonte Centrale insieme con la sua società in house Casa Atc Servizi e l’associazione Kallipolis, e diretto dal critico d’arte Luca Beatrice, sarà infatti protagonista delle proiezioni che CAMERA propone nel suo cortile interno (ingresso da Via Giolitti, 35). Oltre ad affrontare il tema della rappresentazione delle periferie, questione imprescindibile nella lettura della società contemporanea ma anche negli sviluppi della fotografia italiana, il progetto sposa appieno il tema delle ‘trasformazioni’. Le immagini realizzate dagli autori a seguito di diverse uscite insieme ai due tutor Simone Mussat Sartor e Maura Banfo, esprimono una varietà di stili e di approcci che ben caratterizza la mutevolezza della fotografia di oggi. Da scatti in bianco e nero in grado di enfatizzare le dinamiche sociali che intercorrono fra gli abitanti di questi quartieri, con un chiaro richiamo alla tradizione della street photography, a scenari stranianti ricostruiti o alterati attraverso strumenti digitali, i lavori proiettati sono in grado di restituire un panorama iconografico sfaccettato e vario.

A Esterno Notte partecipano 80 realtà, con, al momento, 15 privati cittadini (*elenco aggiornato al 23 settembre)

A Pick Gallery – Accademia Albertina di Belle Arti – Acli di Torino Aps – Almanac Inn – Antiloco aps con Il Piccolo Cinema – Associazione Culturale Migma & Liquidstone srl – Associazione Museo Nazionale del Cinema –  Archivio di Stato di Torino – Archivio Superottimisti con Torino Stratosferica – Associazione Gomboc – Atb Associazione Culturale – Bagni Pubblici di Via Agliè con Torino Jazz Festival – Base Scafidi Milia Architetti –  CAMERA con Reality Shot – Casa del Quartiere San Salvario – Comune di Venaria Reale con Reality Shot – Comando provinciale Torino, Vigili del fuoco – Crag Chiono Reisovà art gallery – Cripta747 – Fiaf – Fionda –  Fondazione Circolo dei Lettori – Fondazione Compagnia di San Paolo – Fondazione Mirafiori con Reality Shot – Fondazione Torino Musei – Galleria Febo e Dafne – Galleria Giorgio Galotti – Galleria In Arco – Galleria Peola Simondi – Ideificio Torinese – Ied Istituto Europeo di Design – Il Punto – Istituto Bodoni Paravia – Jest – Luca Pannoli visual artist – Mara dei Boschi – Mazzoleni Art – Mole Antonelliana – Mucho Mas! – Museo A come Ambiente – Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia – Museo della Sindone – Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà – NH Collection Piazza Carlina – Nordic Things – Oggetti Specifici – Orti generali – Paratissima – PAV Parco Arte Vivente – Plastikwombat – Polo del ‘900 – Quartz Studio – Qui in Vanchiglia – Recontemporary – Reflex Tribe aps – Showroom Vanni – Stasis Aps – StreetView Art Gallery con ARCI Antonio Banfo – The Portrait gallery – Unduo – Urban Lab – Van Design Studio – Vernice Fresca in Barriera – Yit Architetti.

Sul sito e sui social di CAMERA sarà disponibile una mappa virtuale dell’evento, che permetterà a chiunque sia interessato di trovare e scoprire tutti i luoghi di proiezione, in una sorta di caccia al tesoro fra le strade della città.

Tutte le proiezioni saranno fruibili gratuitamente, passeggiando per strada o affacciandosi dal proprio balcone.

In occasione del sesto compleanno di CAMERA, venerdì 1 ottobre si potrà visitare la mostra “Walter Niedermayr. Transformations” a titolo gratuito.

Esterno Notte 2 ha ricevuto il Patrocinio della Città di Torino.
Documentazione fotografica in partnership

Le “Suggestioni cromatiche” di Bruno Molinaro tra campi di lavanda e nuvole e nevi

Nell’ex teatro di Palazzo Paesana di Saluzzo, fino a domenica 3 ottobre

 

Immagino che ancora oggi i ricordi che Bruno Molinaro trasmette alle sue tele li si debba ricavare dalle piane e dai monti, dalle distese di colori disseminate attorno a quel piccolo paese di terra friulana che lo ha visto nascere, non lontano dalle sponde del Tagliamento, come da quelli delle estati trascorse sulle rive tirreniche di una cittadina laziale o da una gita in montagna, tra i sentieri che s’addentrano tra i boschi, in qualsiasi stagione, lui ad annotare, quasi a fotografare nella memoria un albero, lo schiudersi di un fiore, l’accendersi di un rosso o di un giallo: poi, è chiaro, la sacralità e la reverenza dell’artista, la frequentazione in più occasioni del giardino di Monet, a Giverny, tra quel pugno di case distese nella minuscola località della Normandia, gli ha riempito gli occhi e la mente, ha fatto il resto. Un amore incondizionato per i piccoli laghi, per gli isolotti di ninfee, per i salici, per le macchie di fiori, per i pontili. E ancora: una vita intera, un lungo percorso di maestri (i corsi della scuola del nudo dell’Accademia Albertina tenuti da Filippo Scroppo) e di mostre in giro per il mondo e di riconoscimenti, di restauri, di tele, di prove nuove, di strade non ancora esplorate e poi ricercate con intelligenza.

Di questo percorso se ne ha un suggestivo tratto nella personale che, anche a festeggiare il suo ottantaseiesimo compleanno, s’è inaugurata – a cura di Angelo Mistrangelo – la scorsa settimana nello spazio dell’ex teatro di Palazzo Saluzzo Paesana, in via Bligny 2 (sino al 3 ottobre, orario: mercoledì giovedì venerdì dalle 15,30 alle 19,30; sabato e domenica dalle 11,30 alle 19,30). Più di trenta opere, una sequenza, quasi un nastro cinematografico di olii su tela ad occupare la prima sala, compatto, incessante, le tempere su cartoncino come prove più recenti nella seconda, poste accanto ad un video che ripercorre pensieri e vicende e opere e a tre altri olii, quasi un segno “più” importante, che tutto raccoglie, dell’attività e delle forme cromatiche di Molinaro, signorilmente unite dentro cornici antiche.

Molinaro è innamorato del paesaggio. Da sempre. Dei “suoi” paesaggi, quelli dell’anima. Dentro una narrazione emozionata e emozionante, lo distende sotto le immagini più suggestive, le forme più differenti, cattura un campo di lavanda capace d’alternarsi all’interno del proprio intenso violaceo di sfumate macchie di verde e di rosati (“Lavanda II”, 2012) come, in un primissimo piano, il rosso intenso di un papavero, interrotto per magia da un accenno di giallo e di verde (“Papaveri”, 2014), come, in “Verso sera” del 2018, distende al di sopra della pianura un grumo di nuvole sospese nel bianco o le rende, quasi in una premonizione, minacciose di tratti nerastri (“Tempesta”, 2019). Come regala a chi guarda i tanti paesaggi innevati, un inseguirsi di pennellate rapide e vibranti, bianche quanto fervide suggestioni, fiabeschi e senza luogo né tempo, silenziosi nelle radure o negli invernali piccoli corsi d’acqua ghiacciati, più netti o qua e là impercettibili nel tremolìo di una bufera, atmosfere impalpabili, sospese, fascinose, più di ogni altro soggetto impressioni e sogni che l’artista porta da sempre con sé. Sogni, certo, ma anche la materia di una realtà che è stata fotografata, prepotentemente tangibile, concreta nell’intero quanto personale panorama artistico.

Dicevamo sopra di prove affrontate di recente e di strade che paiono abbandonare quelle fin qui percorse. Sono le tempere su cartoncino, materiali bagnati e asciugati in un incresparsi grinzoso, riempito di colori ancora una volta sapientemente accostati. Macchie, alternarsi coloristico, un perdersi cromatico tra le pieghe della materia, esplosioni, sbuffi e rivoli, una felicissima intuizione e una ricerca che mostra e dimostra la modernità di Molinaro.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini: “Neve”, olio su tela, 2015; “Giallo e rosso”, olio su tela, 2014; “Rosso III”, tempera su cartoncino, 2016; “Rosso II”, tempera su cartoncino, 2014

Federica Belli: Imagination is an act of rebelllion (2021)

Flashback, l’arte è tutta contemporanea

presenta

The flashback special project Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto

Federica Belli
Imagination is an act of rebelllion (2021)

Inaugurazione: mercoledì 29 settembre, alle ore 18.30
 Piazza Bottesini, Torino
e in diretta Facebook (@flashbackfair)

 

Mercoledì 29 settembre alle ore 18.30 si inaugura in piazza Bottesini a Torino e in diretta Facebook – @flashbackfair – il sesto manifesto di Opera Viva Barriera di Milano, progetto ideato da Alessandro Bulgini, curato da Christian Caliandro e sostenuto dalla fiera d’arte Flashback: Imagination is an act of rebellion di Federica Belli (2021). Il racconto, che mese dopo mese si dispiega in questa settima edizione del progetto Opera Viva Barriera di Milano, prosegue con la sua sesta puntata.

 

La giovanissima artista ligure Federica Belli propone un’immagine che è parte di un progetto complessivo e commenta: “un promemoria di quanto importante sia mantenere viva la nostra capacità di immaginare nuovi scenari e prospettive; (…) un promemoria del fatto che investire nella nostra immaginazione è e deve essere una scelta consapevole, contro corrente. Una forma di ribellione. Quale occasione migliore di oggi per costruire il nostro futuro?”

 

Come le opere precedenti, anche questo manifesto si interroga sul cambiamento, sul mutamento, sulla trasformazione – anche difficile e faticosa, ma sempre stimolante – che stiamo attraversando in questi anni nella nostra vita collettiva e individuale. La fotografia viene individuata dall’autrice come il medium privilegiato per questa riflessione, con la sua capacità di essere manipolata e manipolabile all’infinito e al tempo stesso fedele al dato di realtà, e con la predisposizione a chiamare in causa le dimensioni dell’immaginazione e del sogno, per dare corpo, sostanza e visione alla ribellione creativa, non violenta ma esistenziale, che coinvolga le menti e i corpi, e che è così necessaria al mondo di oggi.

 

Federica Belli

Federica Belli (1998) nasce e cresce nell’entroterra ligure per poi frequentare l’università a Milano. Nel 2018 partecipa a Master of Photography, talent di Sky Arte, come concorrente più giovane. Uscendone vincitrice, collabora con il giudice Oliviero Toscani presso il centro di ricerca creativa FABRICA.  Nell’estate 2019 si sposta a New York per lavorare con il fotografo Chris Buck. In questa occasione diviene contributor e photo editor di Musée Magazine, pubblicazione trimestrale di fotografia fine art per cui crea la rubrica Tuesday Reads.  Tornata in Italia per tenere un TEDx Talk riguardo la fotografia contemporanea, procede con gli studi universitari e si laurea a Milano nel luglio 2020. Da quel momento si dedica a tempo pieno alla fotografia e attualmente collabora con Sky come fotografa ufficiale di produzioni televisive, portando avanti la sua ricerca creativa.

Il cromatismo simbolico di Rolando Rovati

In mostra alla Galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia

La galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia  dedica una mostra personale, aperta fino al 2 ottobre prossimo, all’artista Rolando Rovati, le cui opere sono espressione di un intimo simbolismo, dove la creatività si unisce a una magistrale ricerca di forti valori estetici.

Nei suoi dipinti la calibratura della luce si accompagna ad un preciso rigore formale, capace di suscitare nello spettatore riflessioni e emozioni ricorrenti. Le sue opere sono rese vive dai colori, testimonianza di una fervida fantasia creativa e compositiva, oltre che di un’affascinante resa scenografica, in cui l’elaborazione meticolosa non conosce soste e vive nell’opera attraverso una precisa tessitura grafica e cromatica di grande originalità.

Le opere di Rolando Rovati esprimono una sinfonia suggestiva di rossi e di verdi, capaci di manifestare un originale timbro cromatico e un’armonia ritmica ricca di equilibrio, di spiritualità e di un’altrettanto originale impronta descrittiva.

Le immagini di questo artista esprimono una meticolosità che accompagna la costante elaborazione di forme inedite e di nuove progettazioni strutturali. Il segno pittorico di Rovati, nativo del Bresciano, risulta di forte impatto sia dal punto di vista cromatico sia sotto il profilo materico; i suoi quadri sono vere e proprie finestre sull’anima e mosaici capaci di coniugare antico e moderno, attraverso la valorizzazione della materia, in cui le campiture ottengono un effetto tridimensionale a rilievo. L’artista pare seguire una melodia, che viene tradotta in pittura, capace di catturare lo sguardo dello spettatore attraverso strutture labirintiche, tracciate con segni nitidi e al tempo stesso decisi.

La mostra è visitabile presso la galleria d’arte Malinpensa by LaTelaccia in corso Inghilterra a Torino.

Tel 0115628220.

Orario 10.30-12.30; 16-19. Chiuso lunedì e festivi.

Mara Martellotta 

De Fornaris, 15 opere dalla Fondazione Fico

La Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris, presieduta da Piergiorgio Re, ha ricevuto in questi giorni 15 opere come lascito della Fondazione Ettore Fico, dopo che questa è stata sottoposta nel corso del 2020 alla procedura di liquidazione con la nomina di un commissario da parte del Tribunale di Torino. Lo Statuto della Fondazione Fico prevede infatti, all’art. 12, che “in caso di scioglimento della Fondazione per qualunque causa, il patrimonio sarà devoluto alla Fondazione De Fornaris”.

 

Sono arrivati in via Magenta lavori di Ra di Martino, Luca Trevisani, Luca Pozzi, Petrit Halilaj, Lili Reynaud-Dewar, Mimosa Echard, David Douard, Paola Angelini, Alberto Scodro, Jonas Wijtenburg, Nicolas Milhé, Rossella Biscotti, Alis/Filliol, Gian Maria Tosatti.

 

In particolare, di Ra di Martino entra nelle raccolte De Fornaris “The Focus of Attention” (2010), di Luca Trevisani “Flyinfishing” (2011), di Rossella Biscotti “Ideological Artifact” (2006). Tra i nuovi ingressi anche “Mofocracy” (2014) di Alis/Filliol, “Senza titolo” (2009) e “L’ospite” (2010) di Gian Maria Tosatti.

 

Quando Kṛṣṇa visita Torino. L’esotica mostra al MAO

È piccolissima la mostra “Kṛṣṇa, il divino amante”, adibita presso il MAO di Torino, su questo non c’è dubbio. Ma è altrettanto vero che si tratta di un’occasione imperdibile, quindi, se qualcuno non l’avesse ancora visionata, sarebbe opportuno che si affrettasse, poiché l’esibizione, iniziata lo scorso 28 aprile, terminerà il 26 settembre 2021.

L’esposizione occupa giusto una sala, quella che si trova a destra del Buddha d’ingresso; l’aprirsi di una semplice porta scorrevole ci proietta in una dimensione lontana, vagheggiata, dal sapore speziato, un solo passo ed eccoci nell’esotica India.

Sulle pareti nivee si tagliano quattro dipinti religiosi (“picchavai”) incentrati sulla figura di Kṛṣṇa, il dio indiano generalmente raffigurato con la carnagione blu – Kṛṣṇa o Krishna, lo “scuro”- l’ottava e la più venerata tra le incarnazioni di Viṣṇu, solitamente ritratto mentre suona il flauto.
Alle pitture si affiancano alcuni componimenti poetici, ascrivibili alla corrente della “bachti”, termine che indica la devozione completa e fidente verso la divinità, per immedesimarsi con essa e ottenere la salvazione, un atteggiamento emotivo che stabilisce fra il dio, che è dio di amore e di grazia, e il suo fedele un rapporto diretto a carattere universalistico, ricchissimo di umanità.
Tali componimenti hanno lo scopo di essere chiave di lettura evocativa e di esaltare il concetto tutto indiano di “rasa” ossia un particolare stato emozionale secondo cui una qualsiasi opera visiva suscita nel fruitore un sentimento che non può essere descritto; ci si riferisce all’essenza entusiasmante elaborata nell’opera dall’autore e apprezzata da uno “spettatore sensibile” (“sahṛdaya”, ossia “colui che ha cuore”) in grado di connettersi a tale opera con trasporto.
Una volta entrati nella piccola stanza dobbiamo fare lo sforzo di immedesimarci in un universo fatto di intricati precetti, di numerosissime divinità, in cui la materia e lo spirito, la sensualità e il misticismo fanno parte di un medesimo cosmo.

I quattro “picchavai” – grandi dipinti devozionali su tela, tipici delle scuole del Rajasthan – colpiscono per la quantità di dettagli, per i colori accesi ma armoniosi, per la sinuosità delle forme e per quel peculiare modo di percepire l’amore come qualcosa di totalizzante, che non può dividere l’aspetto fisico da quello spirituale.
Nell’ “Adorazione di Madana Mohanji presso il tempio di Karauli” osserviamo un cielo trapuntato di stelle, che avvolge un’architettura dorata riccamente adorna di lampade elaborate, mentre individui dai ricchi mantelli raggiungono il dio, posto al centro dell’opera, intento a suonare il flauto, come la tradizione iconografica vuole.
Nelle altre pitture, fanno capolino affascinanti fanciulle, vicine al nostro immaginario stereotipato, esse fanno fluttuare con grazia i veli con cui si abbigliano, mentre i gioelli indossati brillano e si confondono con i dettagli floreali di una natura che richiama il sogno.
La tela “Kṛṣṇa suona il flauto omaggiato da due gopi” mostra il dio, inconfondibile per la sua colorazione epiteliale, è posto al centro della composizione, nell’atto di deliziare le giovani mandriane – le “gopi” – con il suono delicato dello strumento. L’opera avvampa di un rosso passionale, reso ancora più avvolgente dall’abbondante utilizzo della foglia d’oro su cotone.
Tre le pitture esposte vi sono ancora “Kṛṣṇa, Rādhā, e le gopi”, in cui dominano i toni del verde, i tratti decisi che definiscono gli occhi truccati delle giovani fanciulle e il brillio delle perle da loro indossate; vi è poi “Gopi in attesa”, in cui l’ “horror vacui” dei dettagli assorbe l’osservatore in un dedalo di foglie, frutti, monili, strumenti musicali e persino un inaspettato uccellino rosso vermiglio.
I quadri affissi sono inscrivibili nell’iconografia delle “Raslila”, immagini dedicate alla giovinezza del dio e in particolare ai giochi amorosi intessuti tra lo stesso Kṛṣṇa e le giovani fanciulle incontrate tra i boschi di Vrindavan; la parola “lila” (“gioco”), nell’ambito della “bhakti”, assume significato simbolico ed esprime lo specifico concetto secondo cui le anime umane sono viste come “amanti” passionali del dio “amato”.

Le “picchavai” sono solitamente esposte all’interno di templi dedicati alla stessa divinità e hanno come tematiche la vita terrena di Kṛṣṇa, gli episodi raffigurati variano nel corso dell’anno, seguendo il calendario delle festività relative al dio.
Tra i versi poetici che accompagnano le iconografie, il più antico risale alla “Bhagavad-gita”, il più importante dei testi sacri della tradizione hindu, che celebra la maestosità del “Beato”, epiteto di Kṛṣṇa; gli altri componimenti invece risalgono al XV-XVI secolo, quando l’India settentrionale è sotto la dominazione islamica.
Come poter gustare a pieno questa breve ma intensa mostra? Forse con l’indicazione di qualche piccola nota.
“Hare Kṛṣṇa Hare Kṛṣṇa/ Kṛṣṇa Kṛṣṇa Hare Hare/ Hare Rāma Hare Rāma/ Rāma Rāma Hare Hare”.
Questa è la ripetizione dei sedici nomi per distruggere il male del Kali-yuga.
Il mantra upaniṣadico predicato nella “Kalisaṃtaraṇopaniṣad”, è praticato in numerose scuole visnuite, soprattutto in quelle conosciute come “gauḍīya”, di origine bengalese. Nel “mahā-mantra” (“mahā” significa “grande”) vengono citate diverse divinità come Hare, Rāma, Bhagavat e Kṛṣṇa, tutte figure appartenenti all’affollato pantheon induista, che vanta ben trentatré milioni di nomi tra dei e dee.

Difficile leggere queste parole senza tramutarle di primo acchito in una nenia priva di significato, che si intrufola fastiosa nella nostra mente e si piazza lì come rumore di sottofondo.
A diffondere questo mantra in occidente è il maestro spirituale indiano A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, fondatore, a partire dal 1966, del “Movimento Hare Kṛṣṇa”, meglio noto come “International Society for Kṛṣṇa Consciousness”. L’associazione ha sede a New York e porta avanti la medesima dottrina della scuola gauḍīya: si tratta di un credo religioso assai complesso, basato sull’idea di una continua e attiva azione missionaria; al centro di tale pensiero vi sono: Kṛṣṇa, inteso come “Bhagavat” (“persona suprema”), e la sua “paredra” Rādhā. “Paredra” è termine di origine greca, traducibile con “chi siede accanto” e va ad indicare una divinità il cui culto è associato a un’altra, generalmente di sesso opposto.
Proviamo ora ad analizzare più da vicino questi pochi versi. Nel “grande mantra” viene citato Kṛṣṇa, qui inteso come avatāra della “Persona suprema”, questa indicata come Viṣṇu; Rāma corrisponde invece all’ avatāra di Kṛṣṇa/Viṣṇu, celebrato nel Rāmāyaṇa, ma può intendere anche Balarāma, il fratello di Kṛṣṇa e avatāra o “espansione” di Kṛṣṇa/Viṣṇu; vi è poi Hare, termine dalle diverse interpretazioni, tra cui quella di “Hari” (il“Fulvo”), epiteto di Kṛṣṇa o “Hara” (“affascinante”) vocativo collegato a Rādhā.
Cari “semplici” monoteisti occidentali, un po’ di confusione, nevvero? Benissimo, ora assaporate questa sensazione di totale caos, moltiplicatela per trentatré milioni e canticchiate un “Hare Kṛṣṇa” a testa in giù, e avrete solo una lieve percezione della complessità della cultura dell’India, meravigliosa e intrigante ma davvero distante da noi.
È opportuno specificare che quando si parla di “cultura indiana” ci riferiamo ad un insieme di sub-culture, assai differenti tra loro e molto arcaiche. Gli studiosi indicano tale bacino culturale come “la più antica civiltà della Terra”, che affonda le sue radici ai tempi dei Veda, i cui testi sembrano risalire dalla prima metà del II millennio al V-IV sec. a.C.
Vediamo di districarci in questo dedalo di tradizioni, divinità e spezie, esplicando per sommi capi le nozioni essenziali per comprendere – almeno un po’ di più – questo mondo così colorato, che ancora oggi rimane avvolto da un’aura di magia mistica, apparentemente impermeabile al grigiore industriale che sta inghiottendo il globo.

Data l’ampiezza della materia, mi affretto a restringere il campo e sottolineo fin da ora che in questa sede vedrò di fornirvi alcune brevi indicazioni riguardanti l’arte indiana, tralasciando, per ovvi motivi, le altre questioni.
L’arte antica del subcontinente indiano comprende le architetture, le sculture e i dipinti dei territori della Repubblica dell’India, del Pakistan, del Bangladesh, dell’Afghanistan, del Nepal, del Bhutan e dell’isola di Sri Lanka; ad oggi l’organizzazione “Archaeological Survey of India” afferma di tutelare all’incirca tremilaseicento monumenti. La maggior parte dei reperti sono architetture e sculture ben conservate, che manifestano con chiarezza le caratteristiche dei vari periodi storici. Della pittura ci rimane invece ben poco, le condizioni climatiche avverse hanno reso i pochi dipinti pervenuti difficilmente classificabili, sia per quel che riguarda la cronologia che lo stile; altre cause che hanno portato alla perdita della produzione pittorica sono state le molte guerre fra regni rivali e, in seguito, le invasioni islamiche.
Quasi la totalità delle opere d’arte indiane antiche può essere classificata come arte religiosa, si tratta di produzioni il cui scopo principale è quello di veicolare significati metafisici. Sculture, monumenti e dipinti si ispirano a tematiche induiste, buddhiste e jainiste.
Buddhismo e Jainismo si diffondono sul territorio a partire dal VI sec. a.C., più complicata è la questione dell’Induismo, che si presenta come un fenomeno articolato e complesso, le cui prime manifestazioni sono riconducibili al culto della Grande Madre, tipico della civiltà della Valle dell’Indo. Alla Grande Madre si affianca successivamente uno sposo; nel periodo Arya, invece, iniziano a fiorire divinità multiple, spesso associate a fenomeni cosmici.

Le diverse filosofie orientali, basate su un rapporto intimo ed emozionale con la divinità, offrono da sempre numerosi stimoli e spunti raffigurativi.
Tali concezioni si incentrano sulla ricerca della soluzione al paradosso dell’esistenza, in base al quale tempo ed eternità, immanenza e trascendenza operano in modo opposto ma come parti integranti di un unico processo. Secondo questo ragionamento la creazione non può essere distinta dal creatore e il tempo diventa comprensibile solo come eternità. Trasponiamo ora il concetto all’ambito artistico, l’esperienza estetica si divide in tre elementi tra loro distinti ma correlati: i sensi, le emozioni e lo spirito.
La produzione artistica indiana non distingue tra materia e spirito, al contrario, attraverso un complesso simbolismo di forme volutamente sensuali e voluttose, fonde insieme i due elementi. In questo modo, il profilo serpentino di una danzatrice diviene espressione del mistero della creazione, e colei che nell’iconografia appare una semplice sposa, diviene in realtà rappresentazione dell’Eterna Madre.
I motivi che ricorrono nell’iconografia indiana sono pochi e semplici: la silhouette femminile, l’albero, l’acqua, il leone, l’elefante. Gli elementi si costituiscono in composizioni elementari ma vigorose, che esprimono vitalità sensuale, energia, realismo e ritmo.
La fase classica dell’arte pittorica indiana è quella del periodo “gupta”. Le produzioni artistiche di tale fase sono caratterizzate da componimenti insieme sereni e spirituali, ma anche energici e voluttuosi.
Particolarmente apprezzate sono le tematiche riguardanti le azioni malevole e benevole e le rispettive conseguenze.
Vi sono poi le miniature, diffuse soprattutto nel periodo “moghul”, d’impronta persiana e gradite particolarmente presso le corti. I soggetti miniati sono di varia tipologia e comprendono ritratti, scene storiche e momenti di vita secolare; lo stile si fa in queste produzioni più drammatico, come testimoniano i dettagli realistici di matrice occidentale.
Verso l’Ottocento la pittura tradizionale è surclassata da opere di stampo sempre più europeo, che devono rispondere ai gusti della nuova classe dominante, gli Inglesi.
Discorso a sé stante si dovrebbe affrontare a riguardo dell’arte moderna e contemporanea, ora incentrata sulla riscoperta di quella che è la più antica delle civiltà, complice di questa rievocazione è l’archeologia, con i molti cantieri adibiti a riscoprire le origini del mondo indiano.

Al contrario dei reperti pittorici, i reperti scultorei sono assai numerosi. Si tratta di sculture in pietra, terracotta, avorio, rame e oro, i soggetti sono i più disparati, tra cui animali, attrezzi agricoli, sigilli, divinità femminili e maschili.
Nel III secolo a.C., con l’affermarsi del Buddhismo e con il conseguente sviluppo di architetture monumentali, la scultura diviene un importante elemento decorativo, le composizioni si fanno affollate, vivaci e ritmiche: si sviluppa lo stile tipico della scultura indiana.
Il dominio musulmano (IX-XIII sec.) obbliga ad alcune modifiche, non solo a livello politico e sociale ma anche artistico e culturale. Le composizioni tendono alla linearizzazione e piano piano la scultura in genere viene messa in subordine rispetto all’architettura.
È proprio l’architettura infatti la tipologia artistica meglio conservata e anche la più conosciuta, un esempio per tutti il maestoso Tāj Maḥal, mausoleo di indescrivibile bellezza, edificato nel 1632 per volere dell’imperatore moghul Shāh Jahān in memoria dell’amatissima moglie Arjumand Banu Begum.
Gli stili storici compaiono a partire dal 250 a.C., quando il re Aśoka si converte al Buddhismo e inizia a dare grande importanza all’architettura religiosa.
L’edificio tipico buddhista è lo “stupa”, una costruzione emisferica o a forma di campana, in pietra, generalmente recintata, adibita a tempio o reliquiario. A partire dal V secolo il gusto comune predilige le decorazioni a bande, mentre le scene che adornano le pareti si gremiscono di figure ad alto rilievo.

I diversi credo religiosi influiscono sulle tipologie costruttive, facendo sì che i vari edifici siano visivamente riconducibili alle filosofie. Gli edifici jainisti sono caratterizzati da alte cupole concentriche edificate in pietre a modiglioni; lo stile indù si contraddistingue per un vasto impiego della decorazione, coperture piramidali, pinnacoli e porte a torre (“gopura”).
A partire dal XIII sec. l’architettura islamica si amalgama con gli elementi locali, dando vita ad edifici cinti da colonnati, balconi sorretti da mensole e riccamente ornati. L’Islam introduce inoltre l’uso dell’arco a tutto sesto, i motivi geometrici, i mosaici e i minareti. L’architettura musualmana e quella indiana si fondono in una sintesi armoniosa, particolarmente individuabile in alcuni stili regionali.
Anche in questo ambito l’occidente, impietoso, scalza le arcaiche abitudini tradizionali, l’influsso eurocentrico porta alla costruzione di imponenti edifici pubblici, industriali e alberghi, strutture che ormai non presentano più nulla delle antiche forme architettoniche. Un caso evidente, e particolare, è quello della città di New Delhi, interamente progettata in stile neoclassico dagli archietetti britannici tra il 1912 eil 1929.
I tempi cambiano, il mercato, l’economia, il consumismo divorano i vecchi mondi, talvolta il misticismo del passato si mescola con l’industrializzazione, e così il luogo dove ancora vengono venerati trentratré milioni di dei è anche il secondo paese al mondo per la produzione di cellulari.
Eccoci dunque, cari lettori occidentali, arrivati alle riflessioni finali di un lungo pezzo, attraverso cui vorrei solo consigliarvi di andare a vedere una mostra che ci conduce in un’altra realtà, non solo culturale o geografica, ma anche temporale. Lasciamoci allora trasportare in un passato di difficile datazione, a metà tra storia e magia, dove sicuramente i telefoni non prendono e il dolce suono del flauto di Kṛṣṇa ci potrebbe accompagne tra gli ombrosi alberi del Vrindavan.

Alessia Cagnotto

 

A tu per tu con Leonardo, una mostra svela i disegni del genio da Vinci E c’è anche il celebre Autoritratto

 

Dal 25 settembre al 3 ottobre i Musei Reali di Torino aprono le porte della Biblioteca Reale per ammirare un’esposizione straordinaria del Codice sul volo degli uccelli e dei 13 disegni

 Architetto, anatomista, pittore, visionario: l’incredibile e poliedrico genio di Leonardo da Vinci torna protagonista ai Musei Reali che dal 25 settembre al 3 ottobre 2021 propongono un’esposizione straordinaria del Codice sul volo degli uccelli e dei 13 disegni, tra i quali anche il celebre Autoritratto. Nell’ambito delle Giornate Europee del Patrimonio e in occasione dell’inaugurazione del nuovo impianto di illuminazione della volta affrescata della Biblioteca Reale, realizzata grazie al sostegno della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, la mostra A tu per tu con Leonardo racconta un insieme di opere di eccezionale valore, che documenta l’attività del grande maestro del Rinascimento italiano dagli esordi della sua carriera a Firenze fino agli studi milanesi dedicati alle macchine, all’anatomia, alle proporzioni e alle espressioni del volto umano, per arrivare al sogno del volo.


Tutti i giorni, dalle 9 alle 20, i visitatori saranno condotti da guide esperte a scoprire da vicino il corpus leonardesco: il lavoro dell’artista e la sua infaticabile ricerca della perfezione affiorano dai tratti vergati con la pietra rossa o nera, a penna o a inchiostro, sfumati con rapidi colpi di pennello o resi voluminosi dai tocchi di biacca. Il disegno, grazie alla sua intrinseca versatilità, che lo rende adattabile sia all’analisi approfondita dei dettagli che a una rapida sintesi formale, è uno dei mezzi espressivi preferiti da Leonardo da Vinci che lo usa per tutto il corso della sua vita. L’esposizione è un’occasione unica per osservare, a distanza di secoli, le tracce del processo creativo che, da un fugace guizzo, concretizza e fissa l’idea sulla carta.

L’esperienza sarà preceduta da un’introduzione alla storia della collezione e alle vicende che hanno determinato l’arrivo a Torino dei preziosi disegni e dalla visita al salone aulico della Biblioteca, progettato dall’architetto regio Pelagio Palagi e affrescato dai pittori Angelo Moja e Antonio Trefogli. L’elegante manica ottocentesca, che oggi ospita migliaia di volumi antichi, è stata infatti oggetto di un intervento da parte dei Soci della Consulta che hanno promosso il rinnovamento dei corpi illuminanti, ora più efficienti e dai consumi contenuti, per valorizzare al meglio l’intero ambiente e mettere in risalto le decorazioni della volta.

 

L’evento avvia una rinnovata modalità di esposizione dell’importante nucleo di opere di Leonardo, le cui possibilità di fruizione pubblica sono condizionate dalle particolari caratteristiche delle opere su carta, particolarmente fragili e sensibili alle variazioni di temperatura e umidità e alla luce, che rendono necessari tempi di esposizione brevi, seguiti da adeguati periodi di riposo conservativo. Considerato il grande interesse del pubblico, infatti, i Musei Reali hanno scelto di concedere più frequentemente ai visitatori l’occasione di ammirare questi capolavori. A partire dal prossimo anno la mostra A tu per tu con Leonardo sarà visitabile tutti gli anni nella settimana di Pasqua nelle date 16-24 aprile 2022, 8-16 aprile 2023, 30 marzo-7 aprile 2024 e 19-27 aprile 2025.

 

“A più di 500 anni dalla sua morte, il talento di Leonardo da Vinci continua ad essere una fonte di illimitata ispirazione. Le sue molteplici intuizioni, opere e invenzioni sono capaci ancora oggi di sorprenderci e influenzarci, testimonianze dell’inesauribile curiosità che ha sempre alimentato la ricerca del grande maestro – spiega Enrica Pagella, Direttrice dei Musei Reali -. Questa esposizione vuole essere una guida per affacciarsi sul mondo di un sommo artista che ha fatto della conoscenza e della sperimentazione una legge di vita”.

 

La storia sabauda della collezione leonardesca ha origine nel 1840 quando il Re Carlo Alberto acquista da Giovanni Volpato, mercante d’arte di origini piemontesi appena rientrato in Piemonte dopo alcuni anni di attività all’estero, 1585 disegni di grandi maestri italiani e stranieri. Fulcro della fortunata acquisizione è la sezione dei tredici disegni autografi di Leonardo da Vinci, fogli eterogenei per soggetto e cronologia, al culmine dei quali si pone l’opera più famosa della raccolta, e uno dei pezzi più noti della sua intera produzione: il Ritratto di vecchio, ritenuto l’Autoritratto del grande maestro.

 

I tredici disegni ripercorrono l’intera carriera artistica del genio da Vinci, dagli esordi intorno al 1480 fino agli ultimi anni di attività, 1515-17 circa, documentando l’intero panorama dei suoi interessi e delle sue sperimentazioni. Alcuni disegni sono in relazione con opere note e celebrate del maestro, dalla Battaglia d’Anghiari alla Vergine delle Rocce; altri ne testimoniano progetti mai realizzati, dai monumenti Sforza e Trivulzio alla statua di Ercole per Piazza della Signoria.

 

Nel 1893 la collezione leonardesca si arricchisce di un altro fondamentale documento, il Codice sul volo degli uccelli, donato ad Umberto I dal collezionista e studioso russo Teodoro Sabachnikoff. Il piccolo quaderno di appunti sul volo, scritto tra il 1505 e il 1506, era stato più volte trafugato e smembrato in seguito alla dispersione dei manoscritti di Leonardo seguita alla morte del loro primo erede e custode, Francesco Melzi, giungendo a Torino a fine Ottocento ancora mutilo di quattro carte. I fogli mancanti sono stati ritrovati sul mercato antiquario nel 1920 dal ginevrino Enrico Fatio, il quale, dopo averli acquistati, li ha donati al Re Vittorio Emanuele III, permettendo così la ricomposizione del prezioso codice. Il manoscritto, oltre a indagare il tema del volo degli uccelli, reca le riflessioni di Leonardo sulla macchina per il volo, sui problemi di meccanica, di idraulica, di architettura, di anatomia, di disegno di figura, intrecciandosi e intersecando questioni cruciali dei suoi studi.

 

Dal 25 settembre, presso il bookshop dei Musei Reali, sarà inoltre disponibile la guida breve alla collezione dei disegni di Leonardo da Vinci, realizzata con il sostegno della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino come strumento di approfondimento delle opere del grande maestro e di supporto alla visita del corpus della Biblioteca Reale.

MUSEI REALI TORINO

www.museireali.beniculturali.it

 

Orari

Da sabato 25 settembre a domenica 3 ottobre 2021, dalle 9 alle 20.

La biglietteria è aperta dalle 9 alle 18.

 

Biglietti

Intero: 20 euro

Ridotto per gruppi con guida privata: 18 euro + prenotazione (non acquistabile on line)

Ridotto per tutti i possessori di Abbonamento Musei, Torino e Piemonte Card, Royal Card: 13 euro

 

I biglietti possono essere acquistati in biglietteria oppure online su www.museireali.beniculturali.it e www.coopculture.it. Per informazioni: info.torino@coopculture.it.

 

L’ingresso alla mostra è in piazza Castello 191, previo ritiro del biglietto e controllo Green Pass presso la biglietteria in piazzetta Reale 1.

 

Accesso con Certificazione verde Covid-19

In ottemperanza alle disposizioni governative previste per tutti i luoghi di cultura italiani (D.L. 23 luglio 2021 n. 105), dal 6 agosto 2021 è richiesta la Certificazione Verde (Green Pass) per accedere al complesso dei Musei Reali, corredata da un documento di identità valido. Le disposizioni non si applicano ai bambini di età inferiore ai 12 anni e ai soggetti con una certificazione medica specifica. In mancanza di Green Pass e di un documento valido non sarà possibile accedere ai Musei e il biglietto acquistato non sarà rimborsato. Per maggiori informazioni sulla Certificazione verde COVID-19 – EU digital COVID consultare il sito www.dgc.gov.it.

Il Green pass non è necessario per l’ingresso ai Giardini Reali e alla Corte d’Onore, salvo che in occasione di eventi in cui siano previsti accredito e prenotazione obbligatoria (concerti, serate musicali).

Rimangono in vigore le prescrizioni di sicurezza anti-Covid: è obbligatorio indossare la mascherina; lungo il percorso sono disponibili dispenser di gel igienizzante, mentre le sale hanno una capienza contingentata nel rispetto della distanza fisica prevista per la sicurezza dei visitatori.