ARTE- Pagina 116

Tatiana Villani: il Manifesto

Flashback, l’arte è tutta contemporaneapresenta The flashback special project Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto

 

Tatiana Villani
Estrusione02#01 (2020)

Inaugurazione mercoledì 24 novembre, alle ore 18.30
 Piazza Bottesini, Torino
e in diretta Facebook (@flashbackfair)

 

Mercoledì 24 novembre alle ore 18.30 si inaugura in piazza Bottesini e in diretta Facebook – @flashbackfair – l’ottavo manifesto di Opera Viva Barriera di Milano, progetto ideato da Alessandro Bulgini, curato da Christian Caliandro e sostenuto dalla fiera d’arte Flashback Estrusione 02#01 di Tatiana Villani (2020).

Per questa ottava puntata, Tatiana Villani presenta un’immagine tratta dal suo progetto Estrusione 35 cm³ (che ha avuto una prima versione nel 2017 in un lago artificiale a Empoli, nell’ambito di Un sentiero di segni / Arte e Ambiente). Nel 2020 la scultura, un cubo trasparente, viene posta sulla superficie del lago di Massaciuccoli (Lucca), facendo emergere la parte che solitamente è sommersa e che rimane sotto il livello dell’acqua. Dunque, elementi naturali come foglie, rami, insetti.

L’installazione e la fotografia documentativa scavano nella realtà del paesaggio, rendendo visibile l’invisibile. In particolare, questa estrusione a Massaciuccoli è avvenuta a inizio settembre 2021, nel canale del porto, vicino all’ingresso di un “chiaro”: l’elemento cubico è stato posto su un “aggallato”, una piccola isola composta da un canneto galleggiante che fluttua sulle acque, un agglomerato molto importante per l’ecosistema della riserva.

L’immagine di Tatiana Villani racconta le preoccupazioni ecologiche di questo momento storico, le trasformazioni continue degli ecosistemi, e come la natura sia in grado di riformarsi e di ricostruirsi. Come le è stato riferito dagli operatori della Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli), con cui l’artista ha stabilito un dialogo, fino al 2010 il lago e la zona palustre erano in sofferenza; le varie realtà che si occupano di quell’ambiente hanno tentato per anni di ripristinare condizioni sostenibili, ma i risultati si sono cominciati a vedere solo a partire dal 2012. Da quel momento, il lago ha cominciato “a fare da solo… Gli ecosistemi naturali, quando sono abbastanza estesi e complessi, hanno una capacità di resilienza che a volte non ti aspetti. È quello che sta succedendo sul lago di Massaciuccoli: dal 2012 è iniziata una lenta ricomparsa di vegetazione sommersa lungo tutta la sponda orientale e meridionale del lago” – commenta Tatiana Villani.

Un nuovo inizio dunque – dal punto di vista sia ecologico, che culturale e sociale – non solo è possibile, ma è già in essere. Come ci testimoniano sia questo manifesto che quelli precedenti affissi in Piazza Bottesini.

 

Tatiana Villani

Nata a Bergamo nel 1974, Tatiana Villani è cresciuta in provincia di Lecce, terra che lascia per proseguire i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dal 2007 al 2011 si trasferisce a Berlino, dove, tra le tante attività, collabora con il progetto internazionale Happenstudio, Platform for Contemporary Art. Èproprio in questi anni che l’artista comincia ad avvalersi di diversi media (pittura, fotografia, installazione, video) per trattare tematiche inerenti all’arte relazionale, alla condizione socio-politica dell’uomo e al suo rapporto con l’ambiente. La sua attività spazia dalle arti visive al teatro, fino alla terapia artistica applicata a varie aree del sociale.

 

Futures moves to the city

5 TALENTI, 5 SPAZI INDIPENDENTI, 5 MOSTRE

Dal 24 novembre 2021 a fine marzo 2022, Torino

(Almanac Inn, Cripta747, Jest, Mucho Mas, Recontemporary)
 
 
Immagini ad uso stampa: https://we.tl/t-2AdxUiJuf9

 

CAMERA e la ricerca, i nuovi talenti e il territorio: sono queste le combinazioni di parole, e di significato, che hanno guidato e guidano il lavoro, oramai quadriennale, del progetto europeo FUTURES Photography del quale il centro torinese fa parte come unico membro italiano del board.
Eleonora Agostini, Matteo de Mayda, Leonardo Magrelli, Giulia Parlato, Silvia Rosi sono i cinque fotografi selezionati quest’anno e coinvolti nelle attività insieme ad oltre altri settanta artisti di diversi paesi europei: hanno partecipato a workshop con fotografi riconosciuti a livello internazionale, sono stati coinvolti in numerosi incontri professionali al festival Futures Photography Festival di Amsterdam e ora, grazie alla collaborazione con cinque spazi indipendenti di Torino, potranno esporre le loro opere da fine novembre a metà marzo 2022.
Le realtà coinvolte in tale processo di cooperazione e sinergia – Almanac Inn, Cripta747, Jest, Mucho Mas e Recontemporary – sono organizzazioni non-profit attive nella promozione di nuovi talenti e linguaggi del contemporaneo nel panorama artistico nazionale e internazionale. A ognuno di loro, CAMERA ha chiesto di ospitare una mostra personale, rispettivamente di Eleonora Agostini, Matteo De Mayda, Leonardo Magrelli, Giulia Parlato e Silvia Rosi, delegando alle singole realtà il rapporto con gli artisti, l’ideazione, lo sviluppo e la produzione dell’esposizione.
Nel corso degli ultimi quattro anni, grazie a FUTURES Photography, – commenta il coordinatore del programma Giangavino Pazzola – CAMERA ha individuato e coinvolto oltre venti giovani artisti non solo in mostre, studio visit e workshop, ma li ha anche connessi con le quindici istituzioni e festival di fotografia europei con i quali il centro torinese ha fondato la piattaforma. In qualità di coordinatore del programma, CAMERA si è dato l’obiettivo di dare spazio comunicativo ai talenti FUTURES e offrire loro occasioni di visibilità, nonché di concorrere alla coesione, crescita e promozione del panorama artistico locale.
Si riporta di seguito il programma e i contenuti delle cinque mostre

Leonardo Magrelli @ Jest

via Bernardino Galliari 15/D, 10125, Torino
Data: 24 Novembre 2021 – 23 Gennaio 2022
Jest è uno spazio dedicato alla cultura fotografica che opera attraverso organizzazione di mostre di autori nazionali e internazionali, corsi e attività didattiche, eventi e presentazioni. Punto di riferimento e luogo di scambio per tutti gli appassionati delle arti visive, Jest interpreta la fotografia sia come mezzo espressivo e narrativo, sia come linguaggio e strumento di comunicazione democratico per la costruzione di una società civile consapevole, critica e partecipe.
Leonardo Magrelli presenta in anteprima il suo lavoro più recente, The Plant, ancora in fase di espansione. La mostra rispecchia la natura potenziale del lavoro in evoluzione, adottando una formulazione aperta, frammentata e combinatoria, che invita lo spettatore a interagire con le immagini, ricomponendole all’interno di pubblicazioni personalizzabili e sempre diverse. Le fotografie perdono così la loro interezza e fissità, per approdare a una dimensione frastagliata dell’immagine, dove sono i singoli dettagli ad alternarsi tra loro, fin quasi all’astrazione.

Silvia Rosi @ Recontemporary

Via Gaudenzio Ferrari 12, 10124, Torino 
Data: 15 dicembre 2021 – 04 febbraio 2022
Nato nel 2018 per esplorare l’impatto delle tecnologie digitali nell’arte contemporanea, Recontemporary ha l’obiettivo di costruire una community attiva e partecipativa, rendendo così più accessibile il linguaggio audiovisivo. Attraverso le mostre, i workshop e i laboratori con le scuole, questa realtà culturale favorisce la collaborazione e il dialogo tra istituzioni e artisti nel panorama internazionale al fine di offrire una visione sempre più completa e aggiornata di una forma d’arte in continua evoluzione.
La mostra di Silvia Rosi presentata negli spazi di via Gaudenzio Ferrari, articolata in tre opere video, ripercorre un tema centrale della ricerca artistica della fotografa: l’esercizio della memoria come metodo di trasmissione di tradizioni, la riproduzione di movimenti, per stimolare il ricordo. Rosi analizza così le origini della sua famiglia e l’esperienza di migrazione dal Togo all’Italia, riprendendo in mano le memorie ancestrali delle sue radici.

Giulia Parlato @ Mucho Mas!

Corso Brescia 89, 10154, Torino 
date: 14 gennaio 2022 – 27 febbraio 2022
Mucho Mas! è un artist-run space fondato nel 2018 da Luca Vianello e Silvia Mangosio. Luogo di incontri e sperimentazione, condivisione e ricerca. Sin dalla sua apertura, Mucho Mas! ha avuto la possibilità di ospitare artisti emergenti e mid-career, nazionali e internazionali, riportando una visione trasversale e sperimentale dell’immagine contemporanea.
Diachronicles (2019-2021) è un progetto di Giulia Parlato che racconta l’assenza di memoria ed il ruolo centrale che l’archeologia, la fotografia e il museo assumono nella fabbricazione della storia collettiva. La mostra si concentra su un approccio più installativo, che racconta il mondo articolato e complesso che l’artista crea attraverso le sue immagini.

Eleonora Agostini @ Almanac Inn

Via Reggio 13, 10153, Torino
date: 4 febbraio 2022 – 27 marzo 2022 
Almanac Inn è un’organizzazione senza scopo di lucro che mira a sviluppare la ricerca artistica di artisti emergenti, promuovere l’arte come mezzo educativo e facilitare gli scambi tra giovani artisti internazionali, il pubblico locale, le istituzioni e i professionisti dell’arte. Fondata come programma parallelo ad Almanac Projects a Londra, la piattaforma viene fornita come una serie di residenze e mostre dirette dalla ricerca critica.
A Study On Waitressing è l’ultimo progetto in cui Eleonora Agostini utilizza la fotografia, il testo e le immagini in movimento come forme di esplorazione sul palco, nel backstage e nella performance. La figura della madre e il suo lavoro di cameriera servono come veicolo per affrontare le preoccupazioni sul visibile e sul nascosto nelle relazioni interpersonali, nonché i ruoli che svolgiamo nella nostra quotidianità.

Matteo De Mayda @ CRIPTA747 

Via Catania 15/F, 10153, Torino
date: 4 febbraio 2022 – 28 febbraio 2022
Cripta747 è un’organizzazione non-profit a supporto della ricerca e dell’arte contemporanea fondata nel 2008 che opera all’intersezione tra pratiche artistiche e dibattiti culturali, offrendo un programma annuale di mostre, residenze, talks ed eventi pensati per favorire il dialogo e lo scambio tra arti visive e altri linguaggi espressivi e restituire al pubblico una visione autentica e inedita. I progetti realizzati negli anni hanno portato a Torino un nuovo modo di raccontare l’evolversi delle realtà contemporanee, attraverso il lavoro di artisti e curatori emergenti, ma anche di importanti figure storiche. Questo approccio fa di Cripta747 una piattaforma un luogo di incontro e di scambio aperto verso l’esterno e la collaborazione per sostenere e promuovere la produzione artistica.
Non c’è quiete dopo la tempesta è una ricerca a lungo termine di Matteo De Mayda che intreccia foto d’archivio e di reportage, immagini satellitari e al microscopio, testimonianze individuali e teorie scientifiche, con l’obiettivo di raccontare la storia della tempesta Vaia e delle comunità da essa colpite. Il progetto analizza quanto è accaduto, ne pondera cause, responsabilità̀, conseguenze, prospettive future, sensibilizzando il pubblico sul tema del cambiamento climatico.
FUTURES (EPP – European Photography Platform) è una piattaforma di ricerca sulla fotografia contemporanea sostenuta dall’Unione Europea e focalizzata nella mappatura e supporto di autori emergenti oltre i confini nazionali.  FUTURES è cofinanziato dal Programma Europa Creativa dell’Unione Europea.

L’artista Francesco Simeti per Casa Giglio

Una nuova opera darte per uno spazio solidale a Torino

 

Sabato 20 novembre, si è inaugurata l’installazione ambientale permanente ideata per Casa Giglio da Francesco Simeti – artista italiano che vive a New York, noto per i grandi wall-paper realizzati mediante collage digitali con cui costruisce paesaggi immaginari popolati da raffinate metafore sociali.

Casa Giglio (via Cappel Verde 2, +39 011 3203371, info@casagiglio.org | www.casagiglio.org) è uno spazio solidale nato nel 2019 allultimo piano del Seminario Metropolitano, nel cuore del centro storico di Torino, per accogliere famiglie di bambini ricoverati allOspedale Infantile Regina Margherita –eccellenza pediatrica riconosciuta a livello europeo -, su iniziativa di Giglio Onlus, associazione di Santena (To) che dal 2002 offre ospitalità gratuita alle famiglie prive di mezzi affinché possano rimanere accanto ai figli durante la degenza. La Diocesi di Torino, proprietaria dell’immobile, ha concesso i locali in comodato gratuito all’associazione Giglio Onlus in cambio delle opere di ristrutturazione e restauro. La realizzazione della struttura ha richiesto due anni di lavori, un cantiere da 500.000,00 Euro sostenuto grazie al crowd-funding, alle donazioni e alle sovvenzioni di istituzioni quali la Fondazione CRT, la Banca d’Italia e Unicredit, e più di recente grazie all’apporto del Programma Housing della Compagnia di San Paolo, che ha consentito di rendere operativa la struttura nell’autunno del 2019. Su una superficie di 800 mq sono stati ricavati 12 appartamenti con spazi e servizi comuni (sala polivalente, cucina e sala da pranzo, lavanderia). La struttura può ospitare 9 famiglie in difficoltà economica e sociale con figli ricoverati e 2 famiglie in stato di emergenza abitativa. Il dodicesimo appartamento è riservato al Custode, che contribuisce alla gestione interna della casa e supporta le famiglie in caso di necessità.

L’opera è una grande wallpaper creato pensando alleterogenea provenienza delle famiglie ospiti della struttura, in arrivo dallItalia e da vari paesi del mondo. Il titolo dellopera, che suona come una filastrocca, “Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità, è dedicato agli ospiti più piccoli di Casa Giglio, per i quali lopera è stata concepita come uno scenario fantastico in cui immergersi: un paesaggio impossibile, risultato di una ricerca darchivio e di un esercizio di ars combinatoria che fa incontrare tradizioni iconografiche di culture ed epoche diverse, specie vegetali e animali di geografie distanti tra loro. Realizzata nellatrio di Casa Giglio, si rivolge alle famiglie chiamate a convivere nei suoi spazi comuni come un messaggio di benvenuto, e al tempo stesso ha lobiettivo di trasmetterne la filosofia e la missione, basata sulla solidarietà e sullaccoglienza, ai visitatori e alla più ampia comunità di persone coinvolte quotidianamente.

Francesco Simeti è uno dei pochi artisti italiani ad aver dato ampio spazio nella propria ricerca allarte pubblica e ai suoi risvolti di utilità sociale. Il suo interesse nei confronti dellarte di pubblico interesse, al di fuori dei luoghi normalmente deputati alla produzione e alla fruizione dellarte, nasce alla fine degli anni novanta a New York durante la partecipazione al programma di sostegno agli artisti emergenti Artist in the Marketplace del Bronx Museum. Lavorare per lo spazio pubblico gli offre la possibilità di approfondire la propria ricerca attraverso il contatto con varie figure e committenti non appartenenti al sistema artistico, nel quale si muove contemporaneamente con crescente fortuna nel corso degli anni. Il progetto per Casa Giglio nasce pensando alla coesistenza tra le diversità che abiteranno la struttura, che accoglierà persone di tante nazionalità, lingue e culture, chiamate a convivere e a condividere spazi, pasti, servizi, momenti ricreativi e culturali anche per lunghi periodi. “Vorrei dice l’artista – che chi abiterà Casa Giglio possa ritrovare in questopera degli elementi appartenenti alla propria cultura che contribuiscano a ridurre il senso di estraneità iniziale, ma soprattutto che possano scoprire e creare insieme alle altre famiglie nuovi punti di riferimento e di condivisione”. Il wallpaper occupa unintera parete dellatrio, coprendo una superficie di 45 metri quadrati, stampata su di un rivestimento speciale in fibra di vetro sul quale trovano posto alcuni elementi aggettanti in ceramica smaltata realizzati nello studio newyorchese dellartista.

Il progetto è il risultato di un percorso condiviso da Giglio Onlus con “a.titolo”, organizzazione che da ventanni promuove il dialogo tra arte e società, nellambito di “Nuovi committenti”, programma per la produzione di opere darte commissionate dai cittadini per i loro luoghi di vita o di lavoro.

“Nuovi committenti” a Casa Giglio è curato da Luisa Perlo e Francesca Comisso per “a.titolo”, con la produzione di Elisa Miotti di “Studio senzatitolo” di Milano, ed è realizzato con il supporto della Fondation de France di Parigi, con il contributo della Regione Piemonte, della Fondazione CRT e dellazienda OM Project di Borgaro.

Nelle foto di Federico Floriani e Paolo Saglia, tre immagini dell’opera di Francesco Simeti per Casa Giglio.

Le astrazioni pittoriche di Franco Tosi in mostra

“Insight – Inside”, alla torinese Galleria “metroquadro” e presso “NH Hotel Santo Stefano” Porta Palatina

Fino al 18 dicembre / Fino al 9 gennaio 2022

“I miei quadri sono stati dipinti utilizzando la scala dell’esistenza e non quella istituzionale”: così diceva il grande Marck Rotcko, pittore statunitense di origine lettone (morto suicida nel 1970) e padre riconosciuto del “Color Field Painting” – pittura come “campo colorato”. Spazi astratti di colore vibrante in cui non v’è traccia di figure umane, ma solo “estasi” totale. Tragedia ed estasi. Arte come vita. Colori come ali essenziali a viaggi verso emozioni assolute. Parole e dimensioni in cui penso possa ben riconoscersi Franco Tosi, bolognese d’adozione (ma nato a Magenta nel ’62), cui la Galleria “metroquadro” di Marco Sassone dedica oggi in contemporanea, a quattro anni dalla sua ultima personale a Torino, due mostre dai titoli estremamente chiari e significativi: l’una “Insight” ospitata nella Galleria di corso San Maurizio e l’altra “Inside” presso gli spazi dell’“NH Hotel Santo Stefano” di via Porta Palatina. La rassegna si articola in tre sezioni: dalle distese di colore della serie dei “Landscapes”, di grandi dimensioni, ai più piccoli “Scratched Fields” fino alla certosina moltiplicazione cellulare della serie cosiddetta delle “Mitosi”. Scive Marco Sassone: “Le tre serie vivono indipendenti, ma tutte e tre si intrecciano nel tentativo di rappresentare le gioie ed i tormenti di quel mistero che è la vita”. In parete troviamo opere, quasi tutte di grandi dimensioni, votate ad una cifra astratta assolutamente controllata (pur con qualche “sgarbo” emotivo) nei ritmi cromatici, logica e analitica all’eccesso, dai verdi più o meno intensi agli azzurri sfumati in un chiaro-scuro che domina le campiture di colore dilatate sulla totalità della tela. L’artista si è diplomato a Bologna all’Istituto “IASA – Istituto per le Arti Sanitarie Ausiliarie” e proprio questo tipo di studi deve averlo indirizzato a concepire il lavoro pittorico come strumento di indagine introspettiva in grado di avvicinare l’artista all’osservatore, nella comune speranza di trovare un senso all’esistere. Ciò che gli interessa non sono dunque, per citare ancora Rotcko, “i rapporti di colore, di forma o di qualsiasi altra cosa, ma solo esprimere le fondamentali emozioni umane”. Introspezione ed interiorità sono, infatti, il leitmotiv dell’intera mostra. “Un modo differente di guardarsi dentro – racconta lo stesso artista – dove il romanticismo dei landscapes , con campiture graffiate e tenui, a loro volta diventano il fluidificante nel quale nascono e si moltiplicano grappoli di cellule. La parte romantica lascia spazio alla ragione, soggettivo e oggettivo si incontrano in un gioco di ruoli dove nulla è più definito”. E allora quegli indefiniti totalitari spazi cromatici vanno a nascondere una singolarissima analisi interiore. Un gioco non semplice di anima e cuore che tende (ci riuscirà?) a coinvolgere e a concepire in un tutt’uno artista e spettatore. Davanti a uno specchio che spesso riflette “le debolezze dell’Io, in una continua ricerca di sé stessi e la paura, forse, di non trovarsi”. O, peggio di trovarsi.

Gianni Milani

 

“Insight – Inside”

Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F, Torino, tel. 328/4820897 o www.metroquadroarte.com

Fino al 18 dicembre

Orari: dal giov. al sab. 16/19

NH Hotel Santo Stefano, via Porta Palatina 19, Torino; tel. 011/5223311 o www.nhsantostefano@nh-hotels.com

Fino al 9 gennaio 2022

 

Nelle foto

–         “Landscape”, oil on dibond, 2020

–         “Landscape – Azzurro”, oil on canvas, 2013

–         “Mitosi #11”, olio on canvas, 2014

“L’impresa di fare cultura. Mario Lattes editore e scrittore”

Presentati ad Alba i tre volumi “Opere di Mario Lattes”, pubblicati per la prima volta insieme, a vent’ anni dalla morte dell’autore

Venerdì 19 novembre

Alba (Cuneo)

Spirito libero ed eclettico, pittore scrittore editore e intellettuale fra i più raffinati del nostro secondo dopoguerra, Mario Lattes(Torino, 1923 – 2001) seppe unire in tutta la sua vita, con grande iltelligenza e creatività, imprenditorialità e umanesimo. Doti che Lattes seppe sfruttare in larga abbondanza e a riconoscimento delle quali è dedicato l’incontro “L’impresa di fare cultura. Mario Lattes editore e scrittore”, organizzato dalla “Fondazione Bottari Lattes” in occasione di “Alba Capitale della Cultura di Impresa 2021”. L’appuntamento sarà anche l’occasione per presentare per la prima volta ad Alba il cofanetto in tre volumi “Opere di Mario Lattes”, edito da “Olschki” e pubblicato lo scorso maggio. L’incontro è per venerdì 19 novembre alle ore 18 al “Pala Alba Capitale”, in piazza San Paolo, e prevede gli interventi di Caterina Bottari Lattes, presidente della “Fondazione Bottari Lattes”, Simone Lattes, amministratore delegato della Casa Editrice, Mariarosa Masoero e Giovanni Barberi Squarotti, coordinatori dei tre volumi in cofanetto. Moderatore il giornalista Roberto Fiori. L’appuntamento sarà trasmesso anche in diretta streaming sui canali Facebook di “Confindustria Cuneo” e “Fondazione Bottari Lattes” e sul canale Youtube di “Confindustria Cuneo”. Per prenotazioni: www.alba2021.confindustriacuneo.it “Mario – sottolinea Caterina Bottari Lattes, moglie dell’artista –  è stato un esempio di creatività anche in ambito editoriale, un editore innovativo e creativo. Nel lavoro alla casa editrice, a cui si dedicava con passione e competenza ammirevoli, ha coniugato efficienza e slanci inventivi che hanno saputo consolidare la ‘Lattes’ nel panorama editoriale italiano. Sono onorata di aver collaborato per diversi anni al suo fianco contribuendo all’evoluzione della casa editrice”.

Il cofanetto che sarà presentato venerdì 19 novembre é suddiviso in tre volumi e riunisce, a vent’anni dalla morte, il complesso degli scritti, editi e inediti di Mario Lattes, permettendo di conoscere per la prima volta nella sua effettiva estensione e nel suo rilievo la presenza di Lattes nella scena letteraria del secondo Novecento. Fortemente voluto da Caterina Bottari Lattes, l’edizione è stata diretta da Giovanni Barberi Squarotti e da Mariarosa Masoero e raccoglie numerosi testi di Lattes che erano andati dispersi nel corso degli anni e un corpus importante di materiale inedito, riuniti grazie a un’attenta revisione portata avanti secondo criteri filologici, anche sulla base delle carte autografe conservate negli archivi personali presso la casa editrice “Lattes” e la “Fondazione Bottari Lattes” (recentemente riordinati e tutelati dalla Soprintendenza). I tre volumi comprendono: 6 romanzi ( “La stanza dei giochi” del 1959, l’inedito “L’esaurimento Nervoso” scritto tra il 1964 e il 1965, “ Il borghese di ventura” del 1975, “L’incendio del Regio” del 1976candidato al Premio Strega 1977, “L’amore è niente” del 1982, “Il Castello d’Acqua” uscito postumo nel 2004 e ora pubblicato nell’ultima redazione messa a punto dall’autore), più di 60 racconti (tra cui la raccolta “Le notti nere”), le poesie, due opere teatrali, la tesi di laurea “Il Ghetto di Varsavia” e i tanti articoli, saggi e recensioni scritti da Lattes per diverse testate italiane, fra le quali “La Gazzetta del Popolo” e la rivista da lui fondata, “Questioni. Ogni volume è accompagnato da un importante corredo di illustrazioni, che comprenderiproduzioni di appunti, manoscritti, dattiloscritti e lettere di Mario Lattes, in cui schizzi e disegni arricchiscono il contenuto, oltre che di opere pittoriche selezionate tra quelle che più hanno attinenza con i temi dei testi affrontati negli scritti.“Opere di Mario”Lattes si inserisce tra le iniziative e i progetti che celebreranno nel 2023 i 100 anni dalla nascita di Lattes, la cui vita e la cui opera rappresentano un unicum nel panorama culturale del secondo Novecento non solo piemontese, e i 130 anni dalla nascita della casa editrice “Lattes”, fondata nel 1893 a Torino dal nonno di Mario Lattes, Simone.

Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it /FB Fondazione Bottari Lattes/ TW @BottariLattes/ YT FondazioneBottariLattes

g.m.

Nelle foto

–         “Opere di Mario Lattes” (Olschki Editore)

–         Mario Lattes

 

“Compagni di viaggio 2” Artisti in mostra in “Palazzo Lomellini”

Fino al 5 dicembre  Carmagnola (Torino)

Una collettiva davvero da lode. Per le opere proposte, realizzate da artisti gravitanti, chi più chi meno, nel panorama dell’arte torinese e piemontese, e per la volontà degli organizzatori di farne, in certo senso, strumento (fra i tanti) per “quel ritorno alla normalità – scrive in cataogo Alessandro Cammarata, assessore alla Cultura del Comune di Carmagnola – che tanto abbiamo atteso”.

Il titolo è “Compagni di viaggio 2” e fa seguito al primo “Compagni di viaggio”,  inventato nell’aprile del 2017 ed ospitato sempre nelle sale del seicentesco “Palazzo Lomellini”, oggi vero epicentro della cultura e dell’arte carmagnolese. Ma non solo. In mezzo alle due collettive, altre rassegne, fino allo stop dettato dall’emergenza pandemica, e quasi tutte curate con un impegno e una passione senza limiti dall’amico Elio Rabbione, presidente dell’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini” nata sette anni fa con l’intento di organizzare eventi espositivi di qualità in collaborazione con le realtà artistiche più significative operanti sul e per il territorio.

Voluta dal Comune di Carmagnola, con il patrocinio di Regione Piemonte, la mostra raccoglie, fino al prossimo 5 dicembreoltre cento  opere, di cui 38 a firma di artisti apparteneni all’Associazione “di casa” (“Amici di Palazzo Lomellini”) e 15 realizzate nell’ambito dell’Associazone torinese “Il Labirinto Artistico” presieduta da Gianfranco Gavinelli. In totale più di cento opere, fra dipinti, disegni, grafiche e sculture. Dietro, un grande e sapiente lavoro di preparazione, la volontà “di riunire – scrive Elio Rabbione – amici pittori e scultori, scovare personaggi nuovi, proporre e scegliere, formare progetti…dare corpo ad un gruppo, ad un catalogo, ad un pubblico da interessare attorno a questo o a quel nome, a questa o a quell’opera”. Compito perfettamente riuscito. Meno semplice il mio, nel citare – gioco forza – alcuni artisti, anziché altri.

Il percorso espositivo richiede infatti buone gambe e spazi di scrittura non concessi. Ma come non soffermarci di fronte al plastico classicismo delle ragazze di Sergio Unia o ai guizzi espressionistici che sono voci dell’anima di Rita Scotellaro? Così come alla perfezione incisoria con cui Xavier de Maistre dà anima e vita a volpi e caprioli in amore, di corsa per boschi “che paiono dolcemente usciti da un mondo di fiabe”; al pari delle fanciulle rese vivide da Giacomo Gullo nella perfezione di arabeschi di segno e colore, alle prese con severi fenicotteri rosa in uno scenario di certosina onirica realtà. Imponente e frutto di non poca pazienza, accanto ad abilità scultoree non comuni, anche il tempio dorico (una parte) dedicato ai Dioscuri nella valle dei templi di Agrigento. L’opera è firmata da Pippo Leocata, in legno di pellet e acrilico, e si inserisce in quell’ormai annoso lavoro per cui l’artista, siciliano d’origine, si autodefinisce “raccoglitore di materiali degni di riutilizzo”.

Un viaggio nel tempo. In braccio alla memoria. Intrigante e di particolare raffinatezza esecutiva nelle trasparenze del gesto liberatorio, l’immagine di “Francy”, olio su tela di Dede Varetto; così come “le spirali dorate” e “i profili e i piumaggi perfetti” di Angela Betta Casale, accanto ai simbolici abbracci arborei di Antonio Presti, agli acciai e ai legni di Mario Mondino e ai colori accesi dell’informalità di Bruno Molinaro. L’iter prosegue citando (a grandi passi – e non me ne vogliano gli artisti non menzionati e pur degni d’interesse) con le opere, pagine di singolare poesia, di Daniela Bertolino, con i “labirinti circolari”  di Isidoro Cottino, i deliziosi acquerelli di Eleonora Tranfo, la “felicità affidata ai colori dei fiori” di Adelma Mapelli e di Mariarosa Gaude, fino al delicato ma intenso e di forte profondità emozionale del femminile ritratto in acrilico di Guglielmo Meltzeid. E via ancora. Con una panoramica che prosegue, in un alternarsi di opere abbondantemente ripaganti le fatiche degli organizzatori.

Gianni Milani

 

 

 

“Compagni di viaggio 2”

Palazzo Lomellini, piazza Sant’Agostino 17, Carmagnola (Torino); tel. 011/9724238 o www.palazzolomellini.com

Fino al 5 dicembre

Orari: dal giov. al sab. 15,30/18,30; dom. 10,30/12,30 – 15,30/18,30

 

Nelle foto

–         Sergio Unia: “Bagnante con cappello”, bronzo, 2017

–         Angela Betta Casale: “Vanità”

–         Dede Varetto: “Francy”, olio su tela, 2020

–         Giacomo Gullo: “Togli le scarpe dal muro”, olio su tela, 2018

–         Pippo Leocata: “Sotto il cielo di Sicilia”, legni di pallet ed acrilico, 2021

Vincenzo Buonaguro e Sèline in mostra alla galleria d’arte Malinpensa by Telaccia

Due artisti capaci di penetrare nel cuore dell’immagine fotografica, dal 17 al 27 novembre

È  dedicata a due artisti fotografici la mostra che la galleria d’arte Malinpensa by Telaccia ospita dal 17 al 27 novembre prossimo, Vincenzo  Buonaguro e Seline.

Vincenzo Buonaguro unisce nei suoi soggetti fotografici, quali quelli intitolati “Polvere di stelle”, “Giorno” e “Spirale”, la spontaneità  dell’immagine alla costante sperimentazione tecnica, unite all’esigenza di comunicare  allo spettatore una rappresentazione intrisa di significati e di sensibilità. L’artista  propone, infatti, un percorso fatto di messaggi provenienti dal mondo della natura e che invitano al suo rispetto, senza tralasciare i suoi veri valori, il tessuto poetico e il vissuto evocati da visioni cariche di simbolismo. Le sue opere fotografiche risultano ricche di fantasia e progettualità, capaci, al tempo stesso, di recuperare una dimensione di narrazione umana e emotiva con cui l’artista conquista il pubblico, invitandolo a scoprire sensazioni uniche. Il contrasto tra pieni e vuoti evidenzia un senso di movimento e tridimensionalità presente nella sua opera e capace di dimostrare una visione fotografica innovativa.

In alcuni lavori di Buonaguro il soggetto pare fuoriuscire dall’opera stessa, costituendo un’interessante modalità espressiva, senza eccessi nella composizione, ma in grado di dimostrare una graduale innovazione tecnica.

La seconda artista in mostra, Sèline  mostra un preciso linguaggio tecnico-stilistico, accompagnato da anni di ricerche e studi, che le hanno permesso di infondere nelle sue opere fotografiche una progressiva intensa spiritualità e abilità espressiva.

Ogni sua rappresentazione  diventa musicalità di immagini in cui il colore incisivo e ricco di vocazione onirica costituisce una forma di componente poetica e di chiarezza cromatica.

Gli alberi presenti nelle sue opere, padroni assoluti e imponenti, si impongono in tutta la loro essenza, vibranti di sentimento e di sensazioni in cui si identifica la loro anima.

L’artista rappresenta la natura che, a causa della manipolazione umana, si è  trasformata, divenendo espressione di un progressivo squilibrio ecologico e di sempre più  numerosi problemi ambientali; proprio la natura medesima diventa nelle sue opere strumento di narrazione attraverso una metafora, a tratti ricca di forza, a tratti vulnerabile. Nelle opere dell’artista emergono a volte dei toni del rosa, un colore che svolge una funzione altamente simbolica, che è quella di evidenziare la perdita della corteccia, paragonabile a quella degli esseri umani messi a nudo e privi di barriere difensive.

L’esplosione cromatica dei verdi brillanti, come nell’opera intitolata “Enigma”, e le loro dissolvenze coloristiche vengono utilizzate con grande effetto, unendosi a un uso della luce assolutamente sorprendente, capace di sprigionare dall’operaun’energia e una spinta vitali.

Nell’ultima serie  i toni di colore si fanno più pacati e caldi, rivelando, con le loro sfumature, contrasti chiaroscurali incisivi, una descrizione autonoma e una tecnica ricercata. La tecnica  su carta fotografica si alimenta di una notevole originalità visiva, in cui l’energia della natura è associata a una densa carica emozionale.

Mara Martellotta 

Galleria d’arte Malinpensa by Telaccia

Corso Inghilterra 51

Orario 10.30-12.30 ; 16-19 ( chiuso lunedì e festivi)

Tel 0115628220

www.latelaccia.it

I mondi di Mario Lattes #1

Ritorna in presenza la mostra dedicata dalla “Fondazione Bottari Lattes” al’eclettico e prolifico artista torinese

Fino a fine gennaio

Monforte d’Alba (Cuneo)

Mostra travagliata come poche altre, quella dedicata alle “opere recuperate” di Mario Lattes – pittore, scrittore, editore e personaggio di spicco nel mondo culturale piemontese, e non solo, del secondo dopoguerra – dalla “Fondazione Bottari Lattes”, aperta per rendergli giusta memoria dalla moglie Caterina nel 2009, a Monforte d’Alba, in via Marconi 16 (tel. 0173/789282). Inaugurata online, causa emergenza sanitaria, il 22 dicembre dell’anno scorso, la rassegna é  stata aperta al pubblico, a seguito del passaggio del Piemonte in “zona gialla”, il 10 febbraio  e da lunedì primo marzo, di nuovo trainata dal passaggio della Regione in “zona arancio”, in visione web. E l’apri-chiudi non s’è fermato. Dal 4 novembre scorso, infatti la retrospettiva è ritornata ad aprire le porte al pubblico, pur  continuando a rimanere visitabile anche on line  sul sito www.fondazionebottarilattes.it , con una pagina di approfondimento sempre aggiornata con nuovi contenuti fotografici e video. In mostra, si diceva, le “opere recuperate” ovvero le “nuove acquisizioni” volte ad arricchire sempre più il patrimonio della collezione permanente. Preziose e “nuove” testimonianze di un dipingere inconfondibile nella suggestione di narrati che nascondono (e non è facile la decifrazione) i “mondi” più segreti e tormentati di Mario Lattes (1923-2001): dai suoi “soggetti onirici” alle “figure archetipe”  popolanti atmosfere surreali condivise da oggetti e presenze simboliche (la farfalla, la conchiglia, l’uovo, la mano) messe lì a far memoria dolorosa in un bagno profondo di risentito e amaro umorismo. Al pari delle sue “marionette” e dei suoi “alter ego” tutt’altro che giocosi e rassicuranti insieme alle nature morte con “cianfruscole” o cianfrusaglie che il pittore amava collezionare e agli studi di volti e personaggi dai  tratti scultorei ed essenziali nella geometrica astrazione delle forme. Una quarantina le opere esposte: dipinti figurativi, ma con valenze fortemente oniriche, dai tratti marcatamente espressionistici, realizzati da Lattes nell’arco temporale che va dal 1959 al 1990. Sono opere mai finora esposte, facenti parte delle nuove acquisizioni recuperate dal fondo di collezionisti privati per accedere al prezioso  patrimonio della pinacoteca a lui dedicata nelle sale espositive al primo e al secondo piano della “Fondazione”, accanto ai molti lavori già in essa presenti. Lavori che raccontano, nella quasi  totalità, il viaggio nei “mondi di Mario Lattes”, come recita il titolo dell’attuale rassegna con l’aggiunta di quell’ “# 1” , teso a connotarsi come prima tappa di una complessa esplorazione che verrà arricchita nel tempo attraverso ulteriori recuperi, resi disponibili al pubblico a più riprese. Articolata in quattro sezioni su progetto di Caterina Bottari Lattes, curata da Alice Pierobon con Chiara Agnello e accompagnata da un testo critico di Vincenzo Gatti, la mostra ci racconta, ancora una volta (ma ogni volta è sempre un cammino nuovo, inatteso e coinvolgente) il tormento,  gravante ma ampiamente accettabile, di dipinti che – al pari dei romanzi e racconti pubblicati da Lattes fra il 1959 ed il 1985- risentono delle vicende e delle ferite dell’anima derivate dal suo essere parte ben senbile e partecipe, sia pure nell’ottica di una laicità mai negata, di quel popolo ebraico vittima di un abominio storico senza pari, sul quale è impossibile calare la fronda dell’oblio. Nell’iter espositivo spiccano alcuni oli su carta intelata, come “Il cardinale” e “Il Re” del ’69, dove il segno anarchico e graffiante pare quasi voler irridere con sarcastico umorismo le immagini del potere; così come quelle “Marionette e manichino” del ’90 che raccontano non di squarci gioiosi legati all’infanzia ma di ricordi che “sono cicatrici di memoria” o come quella spettrale figura de “L’enfant et le sortilege” del ’67, incubo emergente da ragnatele di sogni ed emozioni che sono per Lattes eterne prigioni del cuore. Dice bene Vincenzo Gatti“L’accesso ai mondi di Lattes è insidioso. Occorre adeguarsi alle sue luci e alle sue ombre, intuire l’indefinito pur sapendo che esiste un lato oscuro che non potrà disvelarsi”.

La mostra è realizzata con il sostegno di Regione Piemonte.

g.m.

Nelle foto

–         “Senza titolo”

–         “Il cardinale”, s. d.

–         “L’enfant et le sortilege”, 1967

A Camera riflessioni su potere, sicurezza e controllo sociale

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“Salvatore Vitale. How to Secure a Country +”.  A “CAMERA” negli scatti del fotografo siciliano

Fino al 12 dicembre

Classe ’86, di origini palermitane, Salvatore Vitale è un artista visivo, ma anche editore e docente, residente oggi a Zurigo. E proprio dal risiedere in uno dei Paesi, la Svizzera, noti per essere politicamente e socialmente fra i più sicuri al mondo, deriva il suo interesse ad esplorare le strutture di potere, la mediazione tecnologica e l’influenza di questi elementi nella società. Così, quando nel 2014 gli svizzeri votarono a favore di un’iniziativa popolare federale “contro l’immigrazione di massa”, l’immigrato Vitale sentì il bisogno di mettere mano ad un progetto teso ad esplorare le misure di sicurezza nazionale del Paese che lo ospitava, concentrandosi “su istruzioni, protocolli, burocrazie e soluzioni concrete adottate”, da lui visualizzate in fotografie, diagrammi e  illustrazioni grafiche. Nel 2015, quel progetto dal titolo “How to Secure a Country” riceve un premio dallo “Swiss Arts Council” e oggi ne troviamo testimonianza nella “Project Room” di “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” di Torino. Prima personale dell’artista palermitano in un’istituzione italiana, la mostra è curata da Giangavino Pazzola, con il sostegno della “Fondazione Svizzera per la Cultura Pro Helvetia” in collaborazione con OGR Torino e la Galleria “Ncontemporary” di Milano. Oltre quaranta le opere esposte realizzate con differenti media e appartenenti a due nuclei di lavori, relativi ad altrettante ricerche di lungo periodo realizzate da Vitale a partire dal 2014 sino ad oggi. La maggior parte di esse appartengono alla serie “How to Secure a Country +” (2014 – 2019), racconto quasi didattico, neutro e acritico del sistema di sicurezza nazionale svizzero esplorato dal suo interno. “Articolando il discorso in diversi capitoli, Vitale ricostruisce un quadro esaustivo – sottolineano gli  organizzatori – del sistema di sicurezza di uno stato, portando lo spettatore a riflettere sull’idea di protezione nella relazione tra autorità e individuo”. Incluse nel percorso espositivo, sono anche due opere del progetto “Persuasive System”, ricerca iniziata dall’artista nel 2020, e attualmente ancora in corso, incentrata sul tema dell’influenza della sorveglianza digitale nel controllo sociale degli individui. E proprio in quest’ottica, nella “Corte Est”, antistante l’ingresso principale di OGR Torino, è stata ospitata l’installazione di tre telecamere di sorveglianza che registrano in tempo reale il passaggio delle persone in una area delimitata, e segnalata per mezzo di un segno grafico, in conformità con le direttive europee. Le immagini sono state trasmesse contestualmente in diretta sia sui grandi schermi allestiti nel foyer di OGR (rimossi dopo la prima settimana di mostra) sia in due monitor installati a “CAMERA”, tutt’oggi in funzione, per “rafforzare così l’idea di pervasività della sorveglianza nella vita sociale odierna”. Sempre a “CAMERA” troviamo anche l’installazione di un “video-essay” realizzato per l’occasione da Vitale, con il quale viene messa in scena la rievocazione di un esperimento sociale sul comportamento delle persone. “Combinando immagini fisse e in movimento, filmati d’archivio, dati fattuali e testo, l’opera si avvale della ‘metafora dell’aeroporto’ per svelare i paradossi connaturati alla logica della sorveglianza sistemica, evidenziando la necessità di porre maggior attenzione ai processi di omologazione dei comportamenti collettivi e dei sistemi che regolano la loro formazione”.

A completamento della mostra, Salvatore Vitale terrà un incontro aperto al pubblico il 25 novembre alle ore 18.30 a “CAMERA” e dal 26 al 27 novembre un workshop teorico-pratico, “The Narrative Impulse”, in cui condurrà i partecipanti nella creazione di un progetto narrativo costruito mediante la combinazione della fotografia con media diversi come suono, video, piattaforme social, web, immagini d’archivio. Per informazioni e iscrizioni, www.camera.to

“How to Secure a Country +” rientra nel ciclo di mostre “Passengers. Racconti dal Mondo Nuovo”, programma dedicato da “CAMERA” agli artisti mid-career che maggiormente rappresentano esempi di innovazione del linguaggio visivo contemporaneo.

Gianni Milani

“Salvatore Vitale. How to Secure a Country +”

CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to

Fino al 12 dicembre

Orari: lun. merc. ven. sab. dom. 11/19; giov. 11/21. Mart. chiuso

Nelle foto:

Immagini da “How to Secure a Country +”

“Les italiens” e quella Parigi così viva tra le due Guerre

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“Parigi era viva. De Chirico, Savinio e les Italiens de Paris”: questo è il titolo della mostra che si è aperta il 21 ottobre scorso presso il Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto.

Attraverso settanta opere viene raccontata l’avventura di sette artisti italiani che, arrivati nella Ville Lumière, in momenti diversi, per vivere, lavorare e fondersi in quell’atmosfera artistica di grandi movimenti e di immensi pittori, espongono insieme per la prima volta nel 1928: Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Massimo Campigli, Filippo De Pisis, Renè Paresce e Gino Severini. Parigi, in quegli anni, mantiene intatto il proprio fascino e si conferma capitale dell’arte e delle arti. Montparnasse ha, ormai, definitivamente sostituito Montmartre quale cuore pulsante della vita culturale parigina. Picasso, Braque, Soutine, Pascin, Aragon, Cocteau, Dalì, Man Ray vivono e lavorano nel quartiere, animano le notti alla Cupole e stravolgono l’arte. Modigliani è morto nel gennaio 1920, ma la sua straordinaria leggenda e la forza espressiva delle sue opere continuano a influenzare il mondo culturale parigino. E’ in questo luogo meraviglioso, come definirà Breton la Parigi di quegli anni che les italiens dipingono alla ricerca di conferme e aperti a nuove influenze.

La mostra, divisa in sette sezioni, ci regala, attraverso le tele, gli sguardi diversi e complementari di questi pittori. Les italiens, ciascuno secondo il proprio “sentire” e la propria tecnica e il proprio stile, evocano nei quadri atmosfere classiciste, influenzate dal surrealismo con il quale vengono a contatto a Parigi.

Accompagnato dalle fotografie e dalla musica di quegli anni spensierati, lo spettatore si immerge in un percorso espositivo multiforme che desta in lui emozioni e sensazioni diverse, trasportandolo in mondi lontani, immoti e quasi pietrificati, in vie brucianti di vita, in paesaggi assolati, in ambienti dove il tempo sembra essersi fermato. Stanza dopo stanza, sezione dopo sezione, si incontrano l’ossessiva ricerca e reinterpretazione del mito classico di De Chirico, le immagini surreali e inquietanti di Savinio, le donne dagli occhi grandi che riemergono da qualche dipinto parietale di micenea memoria di Campigli, le pennellate calligrafiche, avvolgenti e malinconiche di De Pisis, le forme cubiste di Paresce, i dolenti Pulcinella di Severini che tanto ricordano gli arlecchini e gli acrobati del Picasso del periodo blu e rosa e le tensioni plastiche di Mario Tozzi.

La parabola de les italiens dura pochi anni. I sette artisti proseguono singolarmente il loro percorso pittorico, seguendo ciascuno una strada diversa. Tuttavia, questo sodalizio segna profondamente la storia dell’arte europea tra le due guerre e rappresenta una testimonianza importante di come gli artisti italiani riuscirono a conquistare Parigi.

Barbara Castellaro

 

PARIGI ERA VIVA DE CHIRICO, SAVINIO E LES ITALIENS DE PARIS (1928-1933) Museo di Arti Decorative Accorsi -Ometto | Torino 21 ottobre 2021 – 30 gennaio 2022

ORARI Martedì, mercoledì e venerdì 10.00-18.00 │ Giovedì 10.00-21.00 │ Sabato, domenica e festivi 10.00-19.00 │ La biglietteria chiude mezz’ora prima │ Lunedì chiuso

INFORMAZIONI PER IL PUBBLICO: Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto Via Po 55 | Torino | 011 837 688 int. 3 www.fondazioneaccorsi-ometto.it info@fondazioneaccorsi-ometto.it