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Lotta all’Agropirateria e made in Italy a “Parlaconme”

Gli chef, quali ambasciatori del made in Italy, e la lotta all’Agropirateria sono stati i due temi centrali della trasmissione PARLACONME del 21 gennaio scorso su Radiovidanetwork, condotta da Simona Riccio

 

Sono stati gli chef quali ambasciatori del made in Italy e la lotta all’Agropirateria i temi principali al centro della trasmissione PARLACONME, in onda su Radiovidanetwork giovedì 21 ottobre scorso, condotta dall’Agrifood & Organic Specialist Simona Riccio.

Ospiti della puntata sono stati Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione Univerde; Raffaele Trovato, fondatore e Direttore Generale presso l’Associazione IFSE Culinary Institute, Centro di formazione di eccellenza di alta cucina (con sede nello storico castello di Piobesi Torinese), e Gianluca Cornelio Meglio, Direttore generale del CAAT (Centro Agroalimentare di Torino).
“Mi pare fondamentale osservare – ha affermato Alfonso Pecoraro Scanio – che dietro la cucina ci sia sempre il prodotto alimentare che si configura, in Italia, quale materia prima di eccellenza. In occasione, per esempio, della recente Festa di Sant’Antonio Abate, protettore a Napoli degli animali, ma anche dei mestieri legati al fuoco, è stata celebrata la festa dei pizzaioli, ormai divenuto un appuntamento riconosciuto quale patrimonio dell’Unesco, dal gennaio 2018. L’Italia è, inoltre, un Paese che sicuramente può vantare un’agricoltura non solo di eccellenza, ma anche contraddistinta dalla biodiversità, grazie a un territorio geograficamente con queste stesse caratteristiche”.

“L’Associazione “I cuochi della Mole” – spiega Raffaele Trovato che ne è Presidente – è da due anni attiva nel campo della promozione e salvaguardia della cultura gastronomica. Attraverso poi l’IFSE (Italian Food Style Education) nata 12 anni fa, di cui sono stato fondatore, promuoviamo la formazione professionale di cuochi che provengono da tutti i Paesi del mondo, e che imparano ad apprezzare la cucina mediterranea, di cui scoprono i segreti, utilizzando tecnologie che sono esclusivamente italiane, come le materie prime base della preparazione dei piatti. Sono proprio gli chef, oggi più che mai, a essere chiamati a incarnare il ruolo di ambasciatori della italianità dei prodotti alimentari nel mondo, in primo luogo gli quelli italiani che vivono all’estero ma, non da ultimo, anche quelli che operano in Italia e che, in passato, anche se spesso chef stellati, facevano uso nella loro carta, di prodotti agroalimentari provenienti dall’estero. Questo fatto può assolutamente disorientare il turista straniero che in Italia viene a conoscere e gustare la cucina italiana e dimostra l’importanza degli sforzi che compiamo nel tutelare la filiera agroalimentare italiana”.

“Il CAAT – spiega il suo direttore generale Gianluca Cornelio Meglio – è da sempre impegnato nella promozione del territorio e della biodiversità. Oggi più che mai il CAAT, come gli altri Centri agroalimentari d’Italia, sono impegnati nella tutela del made in Italy nel campo della filiera agroalimentare e riescono a ottenere risultati in questo ruolo, essendo un importante anello di congiunzione tra i produttori e i consumatori finali, attraverso un passaggio intermedio fondamentale, rappresentato dai grossisti. Oggi i centri agroalimentari devono collocarsi all’interno di una filiera che risulta profondamente cambiata rispetto al passato, quando esistevano semplicemente i “mercati generali” o anche solo rispetto ai primi anni in cui sono nati. Oggi sono dei veri e propri hub in grado non soltanto di accogliere le merci provenienti dai produttori e le successive contrattazioni con i grossisti ( che riguardano un quantitativo di 600 mila tonnellate annue per un importo di circa 600 milioni di euro annui), ma in grado anche garantire tutta una serie di servizi agli operatori presenti all’interno del centro”.

“Il CAAT – precisa il suo Direttore generale Gianluca Cornelio Meglio – per questa ragione sta promuovendo un progetto di digitalizzazione, capace di affiancare ad un mercato di contrattazioni reali anche quello virtuale online, e che veda protagonisti per primi grossisti, spesso a loro volta eredi di attività tramandate da generazioni. Il nostro Centro Agroalimentare rivolge inoltre una particolare attenzione, da sempre e soprattutto in tempi delicati come questi di pandemia, alla lotta all’Agropirateria, onde evitare di alimentare gli appetiti da parte di organizzazioni che operano nell’illegalità e che potrebbero cercare di inserirsi all’interno della filiera del CAAT. Per questo operiamo in sinergia e con l’ausilio costante delle autorità preposte nella lotta all’Agropirateria”.
“Il CAAT – conclude il Direttore generale Gianluca Cornelio Meglio – da sempre impegnato nella verifica della qualità dei prodotti della filiera agroalimentare alimentare, ha firmato recentemente un accordo di partnership con l’IFSE ( Italian Culinary Institute), fondato e diretto da Raffaele Trovato, per la promozione della cultura del territorio e della biodiversità. Il CAAT, d’altronde, non è un centro agroalimentare rivolto soltanto a destinatari italiani, ma, attraverso i suoi grossisti, capaci di trasferire i prodotti agroalimentari italiani di eccellenza anche all’estero, si è aperto al mondo, conquistando destinazioni lontane, quali Singapore”.

Mara Martellotta

Fauna selvatica, in Regione il punto sui danni

Ieri si sono tenuti due incontri in videoconferenza tra Regione Piemonte, rappresentata dall’assessore all’Agricoltura, Marco Protopapa, e con la presenza in mattinata del presidente regionale Alberto Cirio, per fare il punto sulla situazione dei danni causati all’agricoltura da parte della fauna selvatica, sulla gestione dei rimborsi e delle perizie, sui trasferimenti ai Comprensori alpini piemontesi e agli ATC, Ambiti territoriali di caccia, dei fondi per la copertura dei danni.


Nel 2020 sono oltre 5000 le segnalazioni di danni causati all’agricoltura da fauna selvatica pervenute alle Regione Piemonte, registrando un incremento dei danni rispetto al 2019.

“L’incontro convocato dalla Regione Piemonte è stato un momento importante di confronto,  probabilmente non abituale, dove tutti i presidenti degli Atc e Ca hanno esposto le proprie situazioni e hanno condiviso varie problematiche. – sottolineato l’assessore regionale Protopapa – Nella riunione è stato affrontato il problema della mancanza di guardie venatorie nella gestione della fauna selvatica durante questo periodo emergenziale. In particolare è stato affrontato il tema della particolare presenza dei cinghiali sul nostro territorio e della necessità di contenimento, sia per i danni che causano alle colture sia perché rappresentano un problema grave di sicurezza stradale per i cittadini”.

L’incontro è stato anche occasione per presentare da parte dell’Assessorato regionale all’Agricoltura, la prima bozza del regolamento di disciplina dei contributi per i danni da fauna e le linee guida della gestione del cinghiale, elaborate in seguito al lavoro congiunto con il gruppo di lavoro dei tecnici di ATC e CA.

Gli ambasciatori del cibo made in Italy a “Parlaconme”

I ristoranti e gli chef saranno al centro del programma di giovedì 21 gennaio condotto da Simona Riccio su Radio Vidanetwork

 

La puntata di giovedì 21 gennaio prossimo della trasmissione PARLACONME sulla radio web Radiovidanetwork, ideata e condotta da Simona Riccio, sarà dedicata al tema dei “Ristoranti e gli chef sono gli ambasciatori e garanti del made in Italy nel mondo. Insieme contro l’AgroPirateria”.
Al programma, condotto ogni giovedì dalle 18 alle 19 dall’Agrifood & Organic Specialist Simona Riccio, parteciperanno il 21 gennaio il Presidente della Fondazione Univerde Alfonso Pecoraro Scanio; il Fondatore e Direttore Generale presso l’Associazione IFSE Culinary Institute Raffaele Trovato, e il Direttore Generale del CAAT ( Centro Agroalimentare di Torino) Gianluca Cornelio Meglio.
“Il CAAT – ribadisce il suo Direttore generale Gianluca Cornelio Meglio – riveste un ruolo fondamentale di anello di congiunzione tra la produzione e la distribuzione nel settore agroalimentare. Nel corso della trasmissione affronteremo, tra i vari temi, anche quello del gravoso problema dell’Italian sounding e delle gravi implicazioni che provoca nel contesto agroalimentare, e, sull’altro versante, la realtà che il CAAT rappresenta, vale a dire il naturale connubio tra la filiera agroalimentare e la categoria dei cuochi, in uno sforzo e azione sinergica per la valorizzazione del made in Italy”.
E della categoria dei cuochi Raffaele Trovato è esponente eminente, essendo anche fondatore dell’Associazione IFSE, Italian Food Style Education, una prestigiosa accademia di cucina di alto livello, nata nel 2008 e riconosciuta quale Eccellenza Italiana dal Segretariato Generale della Repubblica. Sede della scuola, che forma i futuri chef seguendo le regole della cucina mediterranea, è il suggestivo castello di Piobesi Torinese, location scelta dallo stesso Raffaele Trovato e oggetto di un attento restauro strutturale e estetico prima di diventare sede dell’IFSE.
La trasmissione PARLACONME sarà in onda giovedì 21 gennaio dalle 18 alle 19, con replica venerdì 22 gennaio dalle 9 alle 10.
Per ascoltare le dirette collegarsi al sito www.vidanetwork.it oppure scaricare l’app.

Mara Martellotta

Nuova disciplina per enoteche regionali e strade del vino

Assessore Protopapa:  “Enoteche e strade del vino e del cibo diventano punto cardine della promozione locale delle eccellenze eno-agroalimentari del Piemonte e del paesaggio rurale”

Il Piemonte si dota di una nuova disciplina del sistema delle Enoteche regionali, Botteghe del vino, Cantine comunali e Strade del vino e del cibo. Lo ha stabilito la Giunta regionale il 15 gennaio su proposta dell’assessore all’Agricoltura e Cibo, Marco Protopapa.

La disciplina è stata approvata dalla Giunta in attuazione dell’articolo42 della legge regionale n. 1/2019, il Testo unico sull’agricoltura e ha l’obiettivo di delineare un nuovo modello di promozione dei vini e delle produzioni agroalimentari sul territorio piemontese.

Vengono individuati otto ambiti territoriali di attività delle Enoteche regionali, caratterizzati da vocazione viticole e denominazioni di origine e sono:

1. Langhe e Roero, 2. Monferrato, 3. Torinese e Monferrato, 4. Alto Piemonte, 5. Doglianese e Alta Langa cuneese, 6. Terre Derthona e Gavi, 7. Saluzzese e Pinerolese, 8. Verbano, Cusio, Ossola.

I primi quattro ambiti si riferiscono ai territori ad alta vocazione vitivinicola e comprendono le aree di azione delle 15 Enoteche regionali attualmente riconosciute, mentre i restanti ambiti non presentano ad oggi alcuna enoteca regionale.

La nuova disciplina permetterà all’interno dello stesso ambito territoriale di avere un coordinamento delle attività promozionali, fino ad oggi svolte da una moltitudine di soggetti con il rischio di dispersione delle risorse. – sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura e Cibo, Marco Protopapa – Le Enoteche regionali e le Strade del vino e del cibo possono infatti diventare i punti cardine della promozione locale delle eccellenze eno-agroalimentari del Piemonte e del paesaggio rurale, con l’obiettivo di migliorare la percezione dell’immagine del Piemonte da parte dei consumatori, dei turisti italiani e stranieri, del mondo dell’informazione. Inoltre l’individuazione di nuovi ambiti nell’Alessandrino, Cuneese, Torinese, nel Vco, vuole essere uno stimolo per migliorare la promozione turistica dei nostri territori”.

La disciplina approvata prevede che le Enoteche regionali siano promotrici non solo dei vini di qualità del territorio di riferimento ma anche dei prodotti agroalimentari di qualità, dei prodotti biologici e tipici locali, e del paesaggio rurale. Enoteche e Strade del vino saranno il punto di riferimento della programmazione promozionale all’interno dell’ambito territoriale coinvolgendo le Botteghe del vino, le Cantine comunali, i Consorzi di tutela vitivinicoli e dei prodotti agroalimentari, i consorzi di tutela dei prodotti tipici, le associazioni di produttori e i Distretti del cibo riconosciuti, gli ecomusei, i soggetti che operano per la valorizzazione delle eccellenze naturalistiche e artistiche-culturali.

Biologico, 4 milioni di euro per la ricerca

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 7 gennaio, sono scattati i 45 giorni di tempo per le Università e gli enti pubblici per prendere parte al bando dedicato ai progetti di ricerca per l’agricoltura biologica.

Lo stanziamento complessivo a disposizione è pari a 4,2 milioni di euro e prevede una copertura fino al 90% della spesa ammessa a finanziamento, sino ad un massimo di 300mila euro a progetto. Ben otto le tematiche di ricerca: miglioramento genetico, riduzione degli input esterni, trasformazione dei prodotti, florovivaismo, piante officinali e piante aromatiche, l’agroecologia, meccanizzazione, sviluppo sostenibile del territorio e tutela ambientale, forestale e paesaggistica.

Con questo bando miriamo al miglioramento delle produzioni biologiche, all’innovazione dei processi produttivi, al trasferimento tecnologico, alla fruizione e diffusione dei benefici e vantaggi dell’agricoltura biologicadichiara il Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe L’AbbateI progetti di ricerca devono tendere al consolidamento e allo sviluppo del settore e, attraverso il coinvolgimento obbligatorio sin dal primo momento di almeno una azienda agricola biologica, avere una applicazione concreta dei risultati sulle realtà produttive. In questo modo, potremo fare davvero innovazione e permettere alle nostre imprese conclude L’Abbatedi creare quel valore aggiunto che può essere determinante per la competitività sui mercati nazionale e internazionale”.

Il progetto di ricerca, della durata non superiore ai 36 mesi, dovrà infatti coinvolgere almeno una impresa agricola biologica o relative associazioni, prevedendo un’attività di sperimentazionepresso le aziende coinvolte, realizzare un video rivolto al mondo della formazione e alla realtà rurale in cui sono sinteticamente raccontate la storia e le fasi cruciali della ricerca, un’ampia diffusione dei risultati, accessibili gratuitamente, attraverso conferenze, pubblicazioni, video, banche dati o software open source. L’Italia è tra i Paesi leader in Europa per l’agricoltura biologica con una estensione dedicata di 2 milioni di ettari, pari a oltre il 15% della superficie nazionale, focalizzata soprattutto nelle regioni del Sud Italia (Sicilia, Puglia, Calabria) e in Emilia-Romagna, e quasi 80.000 operatori coinvolti. Tra i principali orientamenti produttivi: prati a pascolo, colture foraggere, cereali, olivo e vite.

Confagricoltura sui depositi nucleari: “Non solo nel nostro giardino!”

Confagricoltura Piemonte chiede alle istituzioni e al mondo politico una forte presa di posizione per evitare che il territorio subalpino diventi “l’area privilegiata” per lo stoccaggio di scorie nucleari. I siti individuati in regione sono 8, di cui 2 nel Torinese (Caluso-Mazzè-Rondissone e Carmagnola) e altri 6 sono in provincia di Alessandria (Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento, Fubine-Quargnento, Alessandria-Oviglio, Bosco Marengo-Frugarolo, Bosco Marengo-Novi Ligure, Castelnuovo Bormida-Sezzadio). 

Occorre essere chiari: non possiamo pensare di tutelare l’agricoltura di qualità e la memoria del paesaggio trasformando il nostro territorio in area vocata allo smaltimento di scorie nucleari”, dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte. “Nelle zone parco o in quelle tutelate dall’Unesco, le imprese agricole da tempo sono giustamente soggette a una serie di vincoli rilevanti, che però impattano in modo sensibile sulla crescita economica: oggi, a pochi chilometri di distanza da queste aree, si individuano le campagne piemontesi quale luogo ideale per la costruzione di 8 depositi per rifiuti radioattivi. Per questo – aggiunge Allasia – manifestiamo il nostro totale dissenso sulle aree individuate e chiediamo che il ministro dell’ambiente e il ministro dello sviluppo economico riconsiderino l’opportunità delle scelte adottate, confrontandosi con le istituzioni locali”.

Confagricoltura ricorda che in Piemonte ci sono già 3 siti dove hanno sede 4 impianti rappresentativi di tutto il ciclo del combustibile nucleare: impianto ex FN-SO.G.I.N. di Bosco Marengo, impianto EUREX-SO.G.I.N. di Saluggia, Deposito Avogadro di Saluggia e Centrale Nucleare “E. Fermi” – SO.G.I.N. di Trino. A Saluggia, come precisa anche l’Arpa Piemonte, ha sede il complesso industriale Sorin, nel quale sono state svolte in passato attività di produzione di radiofarmaci, di ricerca in campo nucleare e di raccolta di rifiuti radioattivi. Il Piemonte, inoltre, ha la maggior quantità di combustibile nucleare irraggiato a livello nazionale stoccato nel Deposito Avogadro di Saluggia, in una zona caratterizzata da un’alta vulnerabilità dell’acquifero superficiale e soggetta a un forte rischio di inondazione. “Anche per tutti questi motivi – conclude  Allasia – è opportuno che per nuovi siti di stoccaggio di scorie nucleari si guardi altrove. Non si tratta di una chiusura pregiudiziale, ma oggettiva, per cui ci sentiamo pienamente legittimati a dire: non solo nel nostro giardino!”

 

Nuovo format nella filiera ortofrutticola a “Parlaconme”

La trasmissione PARLACONME di giovedì 14 gennaio su Radiovidanetwork, condotta dall’Agrifood Specialist Simona Riccio, tratterà il tema del nuovo format nella filiera ortofrutticola, dal produttore al consumatore

Il nuovo format del reparto ortofrutticolo nel confronti tra produttore, consumatore e GDO costituisce la tematica che sarà al centro della trasmissione PARLACONME, in programma il 14 gennaio prossimo, dalle 18 alle 19, sulla radio web di Carmagnola Radio Vidanetwork, condotta dall’ Agrifood & Organic Specialist Simona Riccio.
Saranno ospiti della trasmissione Giorgio Santambrogio, Ceo del gruppo Vege’, Giorgio Mercuri Presidente del Gruppo Nazionale di Alleanza Cooperative Agroalimentari, e Giorgio De Ponti, professore di Integrated Design al Politecnico di Milano e Product Strategy Manager EPTA.
Giorgio Santambrogio , Amministratore delegato del gruppo Ve’ge’, tratterà delle modalità attraverso cui la distribuzione riesca sempre maggiormente a valorizzare la filiera ortofrutticola, uno dei settori più trainanti nell’ambito di tutto il comparto della vendita e della distribuzione attuali. Il secondo ospite, Giorgio Mercuri, Presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari italiane, impegnato da sempre nel settore agricolo, racconterà il percorso compiuto dal settore ortofrutticolo negli ultimi vent’anni, divenendo il comparto maggiormente sostenibile d’Europa, proprio grazie all’impegno degli stessi operatori ortofrutticoli italiani.
Il professor Giorgio De Ponti affronterà, in tutti i suoi variegati aspetti, i temi della conservazione del prodotto fino alla preziosa fase della riduzione dello spreco alimentare, trattando anche i nuovi concept dedicati ai cambiamenti sociali che la pandemia sta imponendo, sia nella quotidianità, sia nel retail 4.0, rendendo indispensabile il potenziamento della digitalizzazione dei prodotti destinati a quei clienti che seguono l’evoluzione tecnologica dell’informazione.
La trasmissione può essere seguita su radio Vidanetwork www.vidanetwork.it e scaricabile gratuitamente per Ios e Android, su speaker Alexa e Google Home.
La replica il giorno successivo venerdì 15 gennaio alle 9 e il venerdì della settimana successiva, 22 gennaio, alle 22.

Mara Martellotta

“Nuovo tentativo di sdoganare gli OGM”

 

Dopo il voto al Senato un vasto fronte di associazioni si mobilita in vista del voto del 13 gennaio in Commissione Agricoltura della Camera.

 

«Caro direttore, l’approvazione dei decreti sulle New Breeding Techniques (Nbt) costituirebbe un grave attacco alla nostra filiera agroalimentare, al principio di precauzione, ai diritti dei contadini, nonché la violazione della sentenza della Corte Europea di Giustizia che equipara nuovi e vecchi Ogm».

 

È atteso per il 13 gennaio il parere della Commissione Agricoltura della Camera dei 4 decreti proposti dal Ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, che con il pretesto dell’aggiornamento delle misure fitosanitarie, riorganizza il sistema sementiero nazionale, apre la strada alla diffusione degli Organismi Geneticamente Modificati (Ogm) e dei cosiddetti “nuovi” Ogm (ottenuti tramite le New Breeding Techniques – Nbt).

 

Già lo scorso 28 dicembre, in sordina e con una seduta a ranghi ridotti per le festività, la Commissione Agricoltura del Senato ha espresso parere favorevole sui 4 decreti, che permettono di fatto la sperimentazione in campo non tracciabile di varietà di sementi e materiale di moltiplicazione ottenuti con le “nuove tecniche di miglioramento genetico” (Nbt) che, come ha confermato la sentenza del 2018 della Corte Europea di Giustizia, sono a tutti gli effetti Ogm e come tali devono sottostare alle normative europee esistenti in materia.

 

Se la Commissione Agricoltura della Camera prenderà la stessa decisione di quella del Senato, Dop, Igp, vini di qualità, produzione biologica, prodotti dei territori, varietà locali e tradizionali potranno essere contaminate da prodotti ottenuti con le nuove tecniche di genome editing (Nbt) che non saranno etichettati come Ogm e quindi saranno irriconoscibili per i consumatori. Ne risulterà che coloro che vorranno prodotti “Gmo-free” garantiti, per esempio nell’export, rifiuteranno anche i prodotti etichettati come “non-Ogm” per mancanza di certezze. Chi pagherà i danni? Di fatto, con questi decreti, le sanzioni per il rilascio ambientale di Ogm sono esigue e, oltre a non avere funzione deterrente, aprono alla possibilità immediata di sperimentazione in pieno campo.

 

In realtà, ci sarebbe l’obbligo di adeguare la normativa soltanto se si prevedesse di accettare la coltivazione di varietà Ogm, cosa che la legislazione italiana attuale esclude esplicitamente. Scelta che si estende alle nuove tecniche di correzione del genoma, in inglese genome editing, grazie alla sentenza esecutiva della Corte europea di Giustizia che nel 2018 ha stabilito che «Gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi devono essere considerati come Ogm ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18…». La definizione di Ogm nel Protocollo di Cartagena – lo stesso che introduce il Principio di precauzione garante della tutela della nostra salute, del nostro ambiente e della biodiversità – si basa su chiari e inconfutabili criteri. Tutte le nuove tecniche di genome editing prevedono l’introduzione di segmenti di genoma e producono organismi modificati che soddisfano tali criteri. Tuttavia, queste tecniche comportano spesso anche mutazioni indesiderate (off target), rese sempre più evidenti e documentate dalla letteratura scientifica. Infine, i protocolli di genome editing coinvolgono normalmente le stesse tecniche base dei “vecchi” Ogm, responsabili di delezioni e riarrangiamenti non voluti.

 

È grave inoltre che – surrettiziamente e alla chetichella – i decreti proposti aboliscano, insieme al diritto alla risemina, i diritti propri del sistema sementiero contadino, violando così l’articolo 9 del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche e per l’alimentazione e l’agricoltura (ITPGRFA). L’articolo stabilisce che «nessuna disposizione del presente articolo comporta una limitazione del diritto degli agricoltori di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi o materiale di moltiplicazione».

 

Per tutti questi motivi un fronte sempre più ampio di associazioni ambientaliste, organizzazioni dell’agricoltura biologica e contadina, e associazioni di consumatori, denuncia il tentativo del Governo di aprire a nuovi e vecchi Ogm solo per favorire un ristrettissimo numero di imprese, la maggior parte grandi multinazionali, che vogliono ottenere il controllo delle filiere agroalimentari ed intendono mettere agricoltori e consumatori davanti al fatto compiuto, con prodotti brevettati, non tracciabili e privi di certezze qualitative, violando il Principio di precauzione posto a garanzia della salute, dell’ambiente e della biodiversità, per di più in assenza di qualunque analisi d’impatto sul sistema agricolo nazionale.

 

In vista del voto della Commissione agricoltura della Camera le Associazioni lanciano un appello ai decisori politici: «da due decenni siamo mobilitati per tenere i nostri campi liberi da Ogm, mantenere in capo alle aziende la possibilità di produrre le proprie sementi e dare impulso al nostro sistema agricolo. Contrasteremo in ogni sede anche questo maldestro e subdolo attacco alla nostra filiera agroalimentare, la cui competitività deriva da ciò che la biodiversità coltivata è in grado di esprimere; chiediamo l’immediata esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla natura Ogm dei mutanti Nbt ed il pieno rispetto del Trattato sulle risorse genetiche (ITPGRFA) e ci appelliamo ai deputati della Commissione Agricoltura affinché si esprimano contro i decreti, in quanto privi di qualsiasi reale o urgente motivazione. La discussione su scelte strategiche come quelle sugli Ogm e Nbt deve incardinarsi su tavoli trasparenti e partecipati, e al riparo dalle ingerenze delle lobby biotech».

 

Comunicato stampa per conto di: Acu; Aiab; Altragricoltura Bio; Ari; Ass. Agr. Biodinamica; Civiltà Contadina; Coord. Zero OGM; Crocevia; Deafal; Égalité; European Consumers; European Coordination Via Campesina; Fair Watch; FederBio; Firab; Greenpeace; Isde; Legambiente; Lipu; Navdanya; Pro Natura; Slow Food; Terra!; Unaapi; Wwf.

Confagricoltura: investire in ricerca e sviluppo per il mais

E’ fondamentale il rilancio della produzione di granoturco, per rafforzare la filiera e fornire all’industria di trasformazione locale materie prime di qualità per la realizzazione di specialità alimentari sempre più apprezzate dai consumatori”.

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, valuta positivamente le decisioni assunte dal tavolo tecnico ministeriale che si è riunito di recente a Roma, nel quale Confagricoltura ha sostenuto la necessità di potenziare il comparto maidicolo, con strumenti di sostegno che vanno da un diverso utilizzo dei fondi europei all’incentivazione delle coltivazioni attraverso un’adeguata premialità, alla diffusione di pratiche produttive innovative.

È necessario rafforzare ricerca, innovazione e assistenza tecnica”, sostiene il direttore di Confagricoltura Piemonte Ercole Zuccaro, aggiungendo che “l’Università di Torino ha sempre dedicato grande attenzione alla ricerca e alla sperimentazione sul granoturco: con i fondi che l’Europa mette a disposizione per migliorare la sostenibilità delle produzioni occorre individuare percorsi produttivi per specialties in filiera e per rispondere alle sfide ambientali; inoltre è necessario aprirsi senza pregiudizi all’analisi e alla verifica in campo delle potenzialità delle NBT (New breeding technique), cioè cisgenesi e genome editing”.

La coltivazione del granoturco registra una progressiva riduzione degli ettari investiti che, in 15 anni, si sono praticamente dimezzati, favorendo la crescita delle importazioni nel nostro Paese.

Le aziende maidicole italiane sono circa 100.000 e investono meno di 600.000 ettari. Il Piemonte – precisa Confagricoltura – offre un contributo di primo piano alla produzione nazionale, con  15.526 aziende e 137.655 ettari di superficie coltivata. “Si tratta di un dato importante – sottolinea Enrico Allasia – ma nel 2010 le aziende erano 22.896 e gli ettari 170.913. La coltivazione ha subito una pesante battuta d’arresto e per questo occorre provvedere a rilanciarla, per non mettere a rischio le nostre produzioni alimentari di qualità”.

Confagricoltura: “pronti a collaborare al Patto per il Piemonte”

Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte: “Pronti a collaborare  per fare meglio”. Piano di Sviluppo Rurale: finora il Piemonte ha erogato poco più del 60% dei fondi disponibili per il periodo 2014-2020. “Bene la volontà di ridurre drasticamente la burocrazia”.

 

Concordiamo con il presidente Cirio sulla necessità di un Patto per il Piemonte e siamo pronti a impegnarci per costruire e realizzare un piano di rilancio dell’economia che veda l’agricoltura tra i principali artefici della ripresa”. Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, intervenendo sulle dichiarazioni del presidente della Regione Alberto Cirio, condivide gli obiettivi indicati dalla giunta subalpina. “Dobbiamo lavorare tutti insieme – afferma Allasia – per definire un nuovo Programma di Sviluppo Rurale che consenta alle imprese di poter sfruttare completamente e in tempi rapidi tutte le risorse a disposizione”.

Confagricoltura evidenzia che nel periodo di programmazione che si è appena chiuso, pur tenendo presente che le risorse residue potranno essere utilizzate nei prossimi due anni,  la capacità di spesa del Piemonte si è dimostrata assai limitata.

In base ai dati non definitivi al 31 dicembre 2020 elaborati da Agea relativi all’avanzamento della spesa (Pubblica e quota FEASR) effettivamente sostenuta il Piemonte si posiziona al 60,34%, a fronte dell’impegno pressoché totale delle risorse. “Questo significa che il sistema di pianificazione, gestione dei bandi, rendicontazione e collaudi ha funzionato a rilento e che può e deve essere migliorato”, commenta il presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasia.

Apprezziamo l’impegno del presidente Cirio che ha dichiarato di voler ampliare il ricorso alle autocertificazioni e ai controlli ex post per le autorizzazioni e i contributi regionali, al fine di velocizzare snellire il carico burocratico per cittadini e imprese –  ha aggiunto il direttore di Confagricoltura Piemonte Ercole Zuccaro – perché l’agricoltura, che nell’anno del Covid ha continuato a lavorare per assicurare cibo di qualità e materie prime di valore alle industrie agroalimentari locali che hanno potuto mantenere posizioni importanti anche sui mercati internazionali, è pronta a fare la propria parte, con oltre 42.000 imprese agricole attive e 65.000 occupati, nell’interesse del territorio e dei cittadini”.