franco tosi- Pagina 11

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Una continuità illiberale e populista che preoccupa

Di Pier Franco Quaglieni
Il governo giallo-  rosso, secondo Luca Ricolfi, sarebbe un governo di estrema sinistra, sicuramente il più a sinistra della storia repubblicana.
Sarebbe questo il risultato della crisi aperta da Salvini che non ha sbagliato solo i tempi della crisi,ma ha sbagliato  soprattutto nel considerarsi invincibile, manifestando un titanismo inquietante che lo ha portato incredibilmente  a sollecitare persino  i pieni poteri. L’estremismo leghista  potrebbe favorire le diverse anime della sinistra presenti nel Pd e nei 5 Stelle,per non parlare di Leu.
Il fatto che Zingaretti abbia proposto Fico come presidente del Consiglio indica in modo non equivocabile quali siano gli intenti del segretario del Pd che individua nell’esponente della sinistra grillina e ex esponente dei centri sociali  il suo premier. Renzi che ha  incredibilmente favorito l’ipotesi di questo governo rischia di esserne escluso, come i moderati del Pd che usciranno malconci dalla formazione di un governo di questo tipo. Nella storia italiana esso  sarebbe un unicum perché i governi di centro – sinistra con PDS -DS e Margherita avevano un equilibrio politico che il governo  giallo- rosso non avrebbe assolutamente perché la componente della Margherita del Pd verrebbe di fatto ignorata . Se poi pensiamo che c’è chi lavora per creare un governo che completi la legislatura e consenta di eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica  ,avvalendosi di una maggioranza di questo tipo, abbiamo chiari i pericoli a cui siamo di fronte. Salvini si accrediterebbe così  come il politico più stolto e megalomane ,la vera “rana rupta” di cui parlava Fedro ,mente il bue ,anzi il toro ,rischia di diventare l’insieme delle forze che compongono  una maggioranza in cui il rosso sarà il colore prevalente. Ricolfi prevede una politica fiscale fatta di nuove tasse e forse di una patrimoniale e nuovi sbarchi. La demagogia potrebbe essere il collante tra i due o tre contraenti della coalizione a cui guardava Bersani in passato e che si realizzerebbe nei prossimi giorni.
Io mi auguro che Ricolfi sbagli perché queste sono le previsioni propagandistiche della Lega che pure cerca disperatamente un nuovo approccio con i 5 Stelle, consapevole del macroscopico errore politico che ha commesso ,aprendo la prospettiva di un governo fatto da un Pd sconfitto alle elezioni politiche e di un movimento 5 stelle che ha dimezzato i voti alle Europee. L’ingordigia di  Salvini, rivelatosi incapace di qualsivoglia strategia politica, rischia di provocare uno sbandamento a sinistra molto pericoloso anche per gli stessi equilibri europei. Infatti se il governo giallo- verde ci ha isolati  in Europa , quello giallo- rosso finirebbe per marginalizzarci da un’ Europa che non guarda, in larga maggioranza,  a sinistra. Salvini che ha  cercato  di cannibalizzare Forza Italia facendo il pieno di voti,sta incominciando anche a perdere consensi perché i discorsi a torso nudo in spiaggia non possono rappresentare una politica, ma solo propaganda. Se il governo giallo – verde era profondamente illiberale, il nuovo possibile governo, così  come appare dalle trattative e dalle dichiarazioni, neppure considera qualsivoglia politica liberale. Le democrazie illiberali non sono solo quelle a cui guarda con simpatia Salvini, ma anche quelle in cui il populismo di sinistra prevale.La storia ci indica in modo chiaro cosa e’ stato il populismo di destra e quello di sinistra.L’autunno caldo di cinquant’anni fa fu  in Italia una manifestazione di puro populismo di sinistra.
Magari sarà anche un governo discontinuo rispetto  al precedente, ma sicuramente avrà una precisa  continuità illiberale. Bisogna avere il coraggio di denunciare il pericolo che incombe.

L'isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Piersandro Pallavicini “Nel giardino delle scrittrici nude” -Feltrinelli- euro   16,00
 
Cosa fareste se a 60 anni, improvvisamente, ereditaste inaspettatamente una vagonata di miliardi, tanto per capirci, una rendita sicura di due milioni di euro al mese? Se, come la protagonista Sara Brivio, aveste velleità letterarie e qualche sassolino da togliere dalla scarpa, magari fareste come lei. Ed ecco che in questo divertente romanzo di Pallavicini gronda l’ironia sul mondo letterario. La protagonista, infatti, come eredita la montagna di soldi che l’odiato padre si era fatto a sua insaputa inventando il Viagra e il Cialis, si toglie subito un paio di sfizi. Compra una rombante jaguar color “verdone”; ma soprattutto una magnifica casa nel centro di Milano, dove va a vivere con le sue due amiche più care, Elena e Fanny, scrittrici di nicchia e scarso successo. La villa vanta un magnifico giardino in cui le tre si godono il sole nude, leggendo, al riparo dagli sguardi del mondo esterno. Però la soddisfazione più grande per Sara è aver creato un premio letterario col suo nome che mette in palio la bellezza di 500.000 euro; concepito anche per ridicolizzare i soliti noti del jet set editoriale e far vincere, invece, gli eterni esclusi che, come lei e le sue amiche, hanno ottenuto scarsa fama e niente pecunia. Le vicende del premio si intersecano con il lussuoso stile di vita di Sara, che ora può permettersi qualsiasi capriccio. Per esempio, prenotare 3 posti in business (così sta più comoda e tranquilla) per Vienna, alloggiare nella suite deluxe (da 2100 euro a notte) dell’hotel più lussuoso, tutto per gustarsi la migliore Sacher al cioccolato della città. Dietro a questo ci sono però anche le ferite che la vita le ha inferto. Il padre scappato tanti anni prima, mentre lei era incinta e accudiva da sola la madre devastata dal cancro. Poi il disastroso matrimonio con Giorgio -velleità da scrittore ed omosessualità latente- finito con un divorzio, e il sommo dispiacere dell’unica figlia che non la vuole più vedere. Hai voglia a trovare consolazione nei soldi…. Ma nel romanzo scoppiettante, intriso di continui rimandi e citazioni c’è molto di più: personaggi curiosi, a volte estremi, meschinità e pochezza di un certo milieu letterario, e vedrete anche come andrà a finire la seconda edizione del Premio Brivio che fa concorrenza nientemeno che allo Strega. Preparatevi a divertirvi e sorridere.
 
 
Ulrich Alexander Boschwitz “Il viaggiatore” -Rizzoli-   euro 19,00
 
Questo è un romanzo sull’Olocausto, diverso da tutti gli altri, e arriva da molto lontano. Racconta, passo per passo il tentativo di fuga di Otto Silberman, un ricco ebreo che non ha saputo prevedere la catastrofe. Un po’ per ingenuità, un po’ perché non è sempre facile accorgersi delle atrocità intorno a noi, mascherate dapprima da tenui segnali, e poi deflagranti in tragedia di portata storica. La vicenda inizia dopo la drammatica Notte dei cristalli tra 9-10 novembre del 1938, in cui nel pogrom condotto dagli ufficiali del Partito Nazista e dalla Gioventù hitleriana, su ordine di Goebbels, bruciarono e vennero distrutte circa 1500 sinagoghe e case di preghiera ebraiche, migliaia di negozi, case private e cimiteri. Otto Silberman in una notte perde tutto. In casa irrompono teppisti fanatici che distruggono più possibile; la sua azienda gli viene praticamente espropriata in un attimo dall’avido socio ariano; la moglie fugge dal fratello, altro ariano che vigliaccamente negherà ospitalità a Otto. Il romanzo accenna a lager, treni della morte, filo spinato e sterminio; ma lo fa da lontano, inquadrandoli come eventualità remote a cui il protagonista un po’ crede e un po’ non ritiene umanamente possibile. Silberman ha messo in salvo e porta con sé solo una ventiquattrore con ciò che resta del suo patrimonio: 41.000 marchi che potrebbero tornargli utili se riuscisse a passare il confine. Dalla sua ha l’unica fortuna di avere i tratti somatici di un ariano, ma il passaporto denuncia la sua appartenenza alla razza ebraica, da sterminare. Non vi dico di più della sua odissea da un treno all’altro….fino all’epilogo. Ma chi era e che destino ha avuto l’autore? Ulrich Alexander Boschwitz aveva appena 23 anni quando scrisse in poche settimane “Il viaggiatore”. Ne aveva 27 quando morì in una traversata dell’Atlantico su una nave inglese che fu silurata dai tedeschi al largo delle Azzorre. Era nato a Berlino nel 1915, figlio di un commerciante ebreo convertitosi al cristianesimo e morto durante la 1° Guerra Mondiale; mentre la madre apparteneva ad una ricca famiglia di Lubecca. Scappato dalla Germania in seguito alla promulgazione delle leggi razziali nel 1935, ebbe vita breve e difficile. Fu esule in Svezia, Norvegia, Francia e Inghilterra, da dove fu espulso in quanto tedesco e nonostante le radici ebraiche, infine venne deportato in Australia. Nel 1942 si imbarcò su una nave di profughi che rientravano in Europa e lì la sua giovane vita finì negli abissi. Il suo libro rimase chiuso per 80 anni negli Archivi della Biblioteca Nazionale di Francoforte e dobbiamo la sua riesumazione alla lungimiranza di un editore tedesco. Durante il rientro in nave Boschwitz aveva con sé una versione perfezionata del manoscritto, quasi un amuleto, proprio come la valigia del protagonista del romanzo anch’esso in fuga dall’odio razziale.
 
 
Kevin Powers “Un grido nelle rovine” – La nave di Teseo-   euro 19,00
 
E’ un magnifico affresco della guerra civile americana ed uno spaccato di sapore Faulkneriano dello schiavismo di metà 800 quello che Powers ci regala in “Un grido nelle rovine”.
L’autore è nato e cresciuto a Richmond in Virginia nel 1980, si è arruolato nell’esercito a 17 anni ed è stato uno dei giovani soldati inviati in Iraq tra 2004/5. Quell’esperienza gli ispirò nel 2012 il suo romanzo di esordio “Yellow birds”: un caso editoriale internazionale che si è portato a casa premi prestigiosi ed è stato finalista al “National Book Award”. Dopo l’Iraq è tornato a casa nel sud degli Stati Uniti e si è Laureato in Letteratura inglese alla Virginia Commonwealth University.
In “Un grido nelle rovine” dimostra ancora una volta di saper maneggiare la scrittura in modo sublime.   E lo fa raccontando un’altra storia di guerra e violenza, ambientata nel posto in cui è cresciuto, la Contea di Chesterfield in Virginia, all’epoca della sanguinosa guerra civile e dello schiavismo più crudele. La vicenda inizia con le voci che nel 1870 darebbero ancora per viva Emily Reid Levallois, per’altro dichiarata morta dal cancelliere della contea. E chi sarebbe? La figlia del proprietario terriero Bob Reid, cresciuta in un’epoca in cui era dato per scontato che sfruttare, punire, picchiare ed ammazzare gli schiavi fosse cosa del tutto normale. Ed ecco uno spaccato della vita nelle piantagioni dov’era lecito mozzare le dita dei piedi agli schiavi che tentavano la fuga, come accade al giovane Rawls. O si poteva essere spediti, per qualunque inezia, nella terribile Lumpkin’s Jail, la prigione di Richmond in cui erano rinchiusi gli schiavi, ed è proprio lì che finisce anche la giovane Balia, di cui Rawls era innamorato. Bob Reid è tutto sommato un padrone che non vessa più di tanto i suoi subalterni. Di tutt’altra tempra è invece il suo vicino Antony Levallois, uomo spietato, senza scrupoli, pronto a torturare e uccidere per un nonnulla. Quando Reid parte per la guerra, Levallois approfitta della sua lontananza per portargli via tutto. E’ lungimirante e sa bene che le future ricchezze arriveranno, non tanto dalla coltivazione di tabacco e cotone, ma dal progresso, per esempio, dei mezzi di trasporto, supportato da grandi capitali e industria. Il suo disegno è chiaro: usurpa la proprietà di Reid e la rade al suolo per farci passare la futura ferrovia di cui è padrone, gli porta via gli schiavi, seduce e sposa la giovane Emily che appena 12enne si lascia incantare dal suo tono protettivo e paternalistico. E’ decisamente amaro il ritorno di Reid, mutilato di un braccio e zoppo, malato più ancora nell’anima per le brutture a cui ha assistito sui campi di battaglia. Arriva e la sua vita precedente è tabula rasa: Levallois gli ha portato via tutto, figlia compresa….e cosa rimane al reduce sfigurato? La vendetta…

 
 
 

“Cara madamina, la politica non è mai una scelta superficiale”

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di Pier Franco Quaglieni

..

Gentile signora Ghiazza,
Lei non è certo l’unica che forse approfitterà di un’effimera ed improvvisa notorietà per entrare in politica.
Io ricordo, giusto 50 anni fa, dei giovani che si opponevano alla contestazione studentesca che tentarono di sfruttare la situazione per mettersi in politica. Fu un esito deludente, anche se approfittarono persino del cadavere di Jan Palach, il giovane di Praga datosi fuoco come martire della libertà. Il loro esordio fu proprio un corteo al quale partecipai anch’io, in ricordo dello studente cecoslovacco. Poi, in anni successivi, fu il turno di chi cavalcò la protesta  contro l’eccessiva pressione fiscale, ma non riuscì ad approdare al successo elettorale a cui mirava. L’unico che divenne deputato fu Luigi  Arisio, promotore della marcia dei quarantamila alla Fiat, che ebbe dal partito repubblicano il seggio per intercessione dell’avvocato Agnelli. Fu un deputato piuttosto insignificante perché privo di qualsiasi esperienza e cultura politica. Fu eletto per una legislatura, poi Arisio scomparve nel nulla , così come era venuto. Tra il resto a far riuscire la famosa marcia non fu Arisio, ma la stessa Fiat, mobilitatasi nei suoi vertici più importanti, e i quadri che scesero in piazza  contro le intolleranze e le prepotenze  sindacali di quegli anni che stavano uccidendo l’azienda . Non credo che Lei, signora Ghiazza, conosca queste cose perché Lei appare una persona venuta dal nulla, vissuta nel tinello, come Lei stessa dichiara e non più disponibile a tornarvi, dopo un po’ di interviste e di fotografie sui giornali che hanno sollecitato le sue ambizioni. Ho letto le Sue  dichiarazioni, invero un po’superficiali, ai giornali in cui parla di Suo marito e del fine settimana sentimentale appena passato con lui. Lei dev’essere un’ottima “madamina”, forse è  anche piacevolmente  simpatica per le battute che caratterizzano il suo eloquio leggero come una piuma, ma è certo che non  Lei ha esperienza politica di sorta come, ad esempio, gran parte dei detestati grillini no Tav. Lei e’ potenzialmente, mi scusi la battuta paradossale, quasi  una grillina Si’ Tav. La politica richiede impegno e preparazione e non si improvvisa. Questo dovrebbe essere ancora più chiaro oggi che siamo governati da incompetenti. Giuseppe Saragat addirittura imputava a Giovanni Spadolini nato nel 1925,una certa superficialità perché non aveva “sofferto” durante il regime fascista. Eppure Spadolini di politica era esperto, essendo professore di storia contemporanea. Senza andare a quegli estremi, almeno un’aurea via di mezzo sarebbe necessaria .Anche qualche buon libro sarebbe molto utile insieme a qualche studio giuridico di cui molti consiglieri regionali sono del tutto digiuni.  Una scelta antigrillina  consapevole e credibile implica una adeguata preparazione che non si limiti alla  semplice ripetizione di slogan durante una manifestazione di piazza. Lei, registrando il logo senza l’adesione delle altre sei sue amiche, magari forse inconsapevolmente, ha mancato di correttezza verso le sue amiche, ma soprattutto verso i 30 mila torinesi che hanno riempito piazza Castello. Senza di loro, Cara Signora, Lei sarebbe rimasta una signora del tutto sconosciuta. E i torinesi hanno motivo di chiederle il perché del suo gesto che offende la buona fede riposta in Lei e nelle sue amiche.  Non si illuda  semplicisticamente del suo futuro politico. Chi le scrive ha passato la vita a studiare la storia e la politica. Magari creerà una listarella a sostegno di Chiamparino o di qualche altro, magari verrà anche eletta al Consiglio regionale, ma il modo che Lei ha seguito e seguirà,  resterà profondamente scorretto e non porterà nulla di utile alla causa del Tav. Noi ,semplici cittadini, abbiamo avuto fiducia in Lei senza conoscerla, oggi, conoscendola  dobbiamo purtroppo ricrederci. E ci auguriamo di non doverci ricredere anche delle altre sei promotrici. Il successo improvviso, a volte, dà alla testa quasi come l’insuccesso, come una volta mi disse Ennio Flaiano. Lei seguirà la sua strada e riterrà queste parole come lo sfogo di un moralista incapace di realismo. Invece la mia obiezione parte proprio da una cultura machiavelliana carica di realismo che vede nella politica un impegno non improvvisato. Se Lei avesse letto il “Principe”, capirebbe cosa e’  la politica che, a volte, gronda lacrime e sangue e non è mai una scelta superficiale, come oggi sembrerebbe che sia diventata. Essere pro o contro il Tav non giustifica comunque una opzione politica che necessita di scelte di più ampio respiro per riuscire a catalizzare un consenso. Solo Marco Pannella riusciva a raccogliere un consenso su temi specifici, ma Lei, cara Signora, non è neppure lontanamente paragonabile al leader radicale. Dopo la Sua scelta, gentile signora, l’entusiasmo  dei due incontri in piazza Castello e’ evaporato in modo irrimediabile e, nel caso ci fosse un terzo incontro, esso si rivelerebbe a priori un insuccesso. Certi passi falsi si pagano a carissimo prezzo, quando i cittadini si sentono strumentalizzati  e beffati . Spero che il Suo gesto – mi scusi se Le sembro scortese – non si traduca in un successo elettorale. Da quel poco che vedo, di consiglieri non proprio avveduti politicamente l’emicicIo di Palazzo Lascaris e’ già abbastanza ricco, direi persino sovrabbondante. Non c’è bisogno di aggiungere altre voci a quelle che già ci sono. Mi scusi per la franchezza, forse un po’ troppo rude , e gradisca i miei più cordiali saluti .

"Cara madamina, la politica non è mai una scelta superficiale"

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di Pier Franco Quaglieni
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Gentile signora Ghiazza,
Lei non è certo l’unica che forse approfitterà di un’effimera ed improvvisa notorietà per entrare in politica.
Io ricordo, giusto 50 anni fa, dei giovani che si opponevano alla contestazione studentesca che tentarono di sfruttare la situazione per mettersi in politica. Fu un esito deludente, anche se approfittarono persino del cadavere di Jan Palach, il giovane di Praga datosi fuoco come martire della libertà. Il loro esordio fu proprio un corteo al quale partecipai anch’io, in ricordo dello studente cecoslovacco. Poi, in anni successivi, fu il turno di chi cavalcò la protesta  contro l’eccessiva pressione fiscale, ma non riuscì ad approdare al successo elettorale a cui mirava. L’unico che divenne deputato fu Luigi  Arisio, promotore della marcia dei quarantamila alla Fiat, che ebbe dal partito repubblicano il seggio per intercessione dell’avvocato Agnelli. Fu un deputato piuttosto insignificante perché privo di qualsiasi esperienza e cultura politica. Fu eletto per una legislatura, poi Arisio scomparve nel nulla , così come era venuto. Tra il resto a far riuscire la famosa marcia non fu Arisio, ma la stessa Fiat, mobilitatasi nei suoi vertici più importanti, e i quadri che scesero in piazza  contro le intolleranze e le prepotenze  sindacali di quegli anni che stavano uccidendo l’azienda . Non credo che Lei, signora Ghiazza, conosca queste cose perché Lei appare una persona venuta dal nulla, vissuta nel tinello, come Lei stessa dichiara e non più disponibile a tornarvi, dopo un po’ di interviste e di fotografie sui giornali che hanno sollecitato le sue ambizioni. Ho letto le Sue  dichiarazioni, invero un po’superficiali, ai giornali in cui parla di Suo marito e del fine settimana sentimentale appena passato con lui. Lei dev’essere un’ottima “madamina”, forse è  anche piacevolmente  simpatica per le battute che caratterizzano il suo eloquio leggero come una piuma, ma è certo che non  Lei ha esperienza politica di sorta come, ad esempio, gran parte dei detestati grillini no Tav. Lei e’ potenzialmente, mi scusi la battuta paradossale, quasi  una grillina Si’ Tav. La politica richiede impegno e preparazione e non si improvvisa. Questo dovrebbe essere ancora più chiaro oggi che siamo governati da incompetenti. Giuseppe Saragat addirittura imputava a Giovanni Spadolini nato nel 1925,una certa superficialità perché non aveva “sofferto” durante il regime fascista. Eppure Spadolini di politica era esperto, essendo professore di storia contemporanea. Senza andare a quegli estremi, almeno un’aurea via di mezzo sarebbe necessaria .Anche qualche buon libro sarebbe molto utile insieme a qualche studio giuridico di cui molti consiglieri regionali sono del tutto digiuni.  Una scelta antigrillina  consapevole e credibile implica una adeguata preparazione che non si limiti alla  semplice ripetizione di slogan durante una manifestazione di piazza. Lei, registrando il logo senza l’adesione delle altre sei sue amiche, magari forse inconsapevolmente, ha mancato di correttezza verso le sue amiche, ma soprattutto verso i 30 mila torinesi che hanno riempito piazza Castello. Senza di loro, Cara Signora, Lei sarebbe rimasta una signora del tutto sconosciuta. E i torinesi hanno motivo di chiederle il perché del suo gesto che offende la buona fede riposta in Lei e nelle sue amiche.  Non si illuda  semplicisticamente del suo futuro politico. Chi le scrive ha passato la vita a studiare la storia e la politica. Magari creerà una listarella a sostegno di Chiamparino o di qualche altro, magari verrà anche eletta al Consiglio regionale, ma il modo che Lei ha seguito e seguirà,  resterà profondamente scorretto e non porterà nulla di utile alla causa del Tav. Noi ,semplici cittadini, abbiamo avuto fiducia in Lei senza conoscerla, oggi, conoscendola  dobbiamo purtroppo ricrederci. E ci auguriamo di non doverci ricredere anche delle altre sei promotrici. Il successo improvviso, a volte, dà alla testa quasi come l’insuccesso, come una volta mi disse Ennio Flaiano. Lei seguirà la sua strada e riterrà queste parole come lo sfogo di un moralista incapace di realismo. Invece la mia obiezione parte proprio da una cultura machiavelliana carica di realismo che vede nella politica un impegno non improvvisato. Se Lei avesse letto il “Principe”, capirebbe cosa e’  la politica che, a volte, gronda lacrime e sangue e non è mai una scelta superficiale, come oggi sembrerebbe che sia diventata. Essere pro o contro il Tav non giustifica comunque una opzione politica che necessita di scelte di più ampio respiro per riuscire a catalizzare un consenso. Solo Marco Pannella riusciva a raccogliere un consenso su temi specifici, ma Lei, cara Signora, non è neppure lontanamente paragonabile al leader radicale. Dopo la Sua scelta, gentile signora, l’entusiasmo  dei due incontri in piazza Castello e’ evaporato in modo irrimediabile e, nel caso ci fosse un terzo incontro, esso si rivelerebbe a priori un insuccesso. Certi passi falsi si pagano a carissimo prezzo, quando i cittadini si sentono strumentalizzati  e beffati . Spero che il Suo gesto – mi scusi se Le sembro scortese – non si traduca in un successo elettorale. Da quel poco che vedo, di consiglieri non proprio avveduti politicamente l’emicicIo di Palazzo Lascaris e’ già abbastanza ricco, direi persino sovrabbondante. Non c’è bisogno di aggiungere altre voci a quelle che già ci sono. Mi scusi per la franchezza, forse un po’ troppo rude , e gradisca i miei più cordiali saluti .

Quell’Arlecchino di Dario Fo

Dopo la recente inaugurazione nell’ambito di Paratissima, la mostra FO ARLECCHINO_33 volte Dario Fo, curata da Sergio Martin, prosegue il 3 e 4 novembre. Negli spazi della galleria d’arte Volume OTTO di via Pinerolo 8 a Torino, oltre ad ammirare i 33 bozzetti di Dario Fo creati per dare forma allo spettacolo presentato alla Biennale Teatro di Venezia nel 1985 si potrà consultare la documentazione storiografica teatrale e guardare i video sull’Arlecchino di Fo, a cura dei professori e storici del teatro Anna Barsotti e Ferruccio Marotti; ammirare maschere e tabarri, forniti dal laboratorio artigianale Balocoloc di Venezia e Orlando. I mantelli, che caratterizzano l’abbigliamento delle maschere veneziane, sono stati realizzati su bozzetti di Renato Guttuso.

A corredo dell’esposizione FO – ARLECCHINO saranno visibili tre chiavi di lettura della maschera allegorica realizzate da noti pittori e artisti contemporanei: l’illustratore e scenografo Lele Luzzati, con il manifesto “Arlecchino” creato per l’amico Silvio Bastiancich (fondatore del Teatro Bagatto di Torino); il collage “Lotta. Ancora per Dario Fo e Franca Rame” di Pablo Echaurren, pittore, fumettista e scrittore divenuto popolare tra i ragazzi degli anni Settanta per la copertina del best seller Porci con le ali, nonché figlio del più grande pittore surrealista cileno del ‘900, Roberto Sebastian Matta; e ancora un’interessante installazione del pittore, scultore e scenografo Vincenzo Fiorito dal titolo “Scusi per andare dove dobbiamo andare…”.

Era il 1985 quando Dario Fo, drammaturgo, attore, regista, scrittore, pittore, scenografo, Premio Nobel per la letteratura e intellettuale di rango, venne chiamato dalla Biennale Teatro di Venezia curata da Franco Quadri, critico teatrale e direttore artistico, per realizzare uno spettacolo evocativo di uno dei più noti personaggi della Commedia dell’Arte, Arlecchino. La pièce “Hellequin, Harlekin, Arlekin” ovvero “Laboratorio per Arlecchino” con Dario Fo e Franca Rame debuttò il 18 ottobre 1985, trentatré anni fa, al Palazzo del Cinema del Lido di Venezia.

La mostra porta all’attenzione del pubblico i disegni e i bozzetti originali del Premio Nobel per la letteratura, spentosi il 13 ottobre 2016 a 90 anni.  Il curatore è Sergio Martin, amico intimo e collaboratore di Dario Fo e della sua compagna e attrice Franca Rame, nonché cofondatore del Teatro Juvarra e del già Cafè Procope di Torino alla fine degli anni Ottanta, rimasti sotto la sua direzione artistica fino al 2003, mentre l’allestimento è del gallerista e artista Gerardo Di Fonzo.

Bontempi: “sulla sovranità italiana non si transige”

Da rappresentante del Governo non poteva dire altrimenti: “Sulla sovranità nazionale nessuno può transigere né derogare”. Queste le parole del prefetto Massimo Bontempi, direttore della direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, recatosi al confine di Monginevro, in Valle di  Susa dopo gli episodi di sconfinamento di gendarmi francesi e migranti sui quali la Procura di Torino sta indagando. Bontempi si dice  “fiducioso che si troveranno soluzioni e risposte”. Il prefetto ha incontrato il sindaco di Claviere Franco Capra e  gli agenti di polizia che presidiano il confine con la Francia. “E’ una ricognizione per avere un’idea della situazione e dei luoghi, una presa di contatto con la realtà – ha aggiunto – Ho parlato anche  con il questore di Torino, Francesco Messina. Sono state ipotizzate alcune soluzioni, ora sarà il Capo della Polizia e il ministro dell’Interno decidere quali siano le più confacenti”.

“DISTINGUERE BENE TRA PREGHIERE DI INTERCESSIONE E MESSE DI GUARIGIONE”

Maurizio Scandurra approfondisce il documento della Conferenza Episcopale Piemontese su un tema così delicato

Riportiamo per intero questo ampio studio, rilasciato in forma di intervista, dal giornalista Maurizio Scandurra sulle pagine di Aostacronaca.it. Studio riassumibile, fondamentalmente, in una sola domanda: pregare domandando, pregare intercedendo per il bene di terzo, proprio come insegna a fare lo stesso Gesù Cristo nei Vangeli, a chi può dar fastidio?

***

La preghiera che implora il riacquisto della salute è un’esperienza presente in ogni epoca della Chiesa, e naturalmente nel mondo attuale. Ciò che però costituisce un fenomeno per certi versi nuovo è il moltiplicarsi di riunioni di preghiera, alle volte congiunte a celebrazioni liturgiche, con lo scopo di ottenere da Dio la guarigione“.

Esordisce testualmente così il nuovo documento intitolato Disposizioni disciplinari circa le cosiddette ‘messe di guarigione’, approvato all’unanimità dai Vescovi del Piemonte e Valle D’Aosta riuniti in assemblea a Susa (To) il 18 settembre scorso, contenente alcune indicazioni sul tema pronte a entrare in vigore il prossimo 1° ottobre.Tale provvedimento, che sta già facendo discutere prelati e fedeli, è stato ratificato da Monsignor Cesare Nosiglia, Presidente della C.E.P. (Conferenza Episcopale Piemontese) nonché Arcivescovo di Torino. E da Monsignor Franco Lovignana, Segretario del medesimo Ente e altresì Vescovo di Aosta. Un testo destinato a suscitare non poco interesse, sul quale tra i primi interviene Maurizio Scandurra, stimato giornalista e saggista. Ma, soprattutto, cattolico e imprenditore da sempre vicino a Santa Romana Chiesa. Ecco che cosa ha dettagliatamente e appassionatamente raccontato ai nostri microfoni.

Buongiorno, Maurizio, ci illustra questo decreto?

Quando le massime Autorità Ecclesiastiche nazionali e locali adottano misure in qualche modo cautelative, v’è sempre da chiedersi il perché. Ho massima stima e fiducia nell’operato di Loro Eccellenze Nosiglia e Lovignana. In un’epoca storica frastornata e frastagliata da fenomeni del cambiamento in atto quali l’espressione di un disagio per lo più populista o simil tale, che investe indistintamente società e uomo contemporaneo a 360°, logico presupporre che esso possa trovare naturale estensione e sfogo anche in ambito religioso.

Ci spieghi meglio, per favore.

Negli ultimi anni, nella Diocesi piemontese sono fiorite qua e là, un po’ come funghi, alcune realtà di preghiera – spesso e per lo più autonome, senza il timone di un sacerdote a esse preposte, e neanche ufficialmente riconosciute dalle Diocesi competenti – che hanno destato non poche perplessità e altrettanto viva preoccupazione. Al contrario di pochissime altre, invece, in perfetto accordo con Chiesa e Diritto Canonico, guidate da preti esemplari e timorati di Dio, e che per nulla meritano una simile, fuorviante penalizzazione.

Può farci un esempio?

Celeberrimo il caso di Domenico Fiume: 38 anni, alias Padre Gabriele, stando a quando si può liberamente e pubblicamente leggere sul web e dai giornali, vescovo ortodosso metropolita scomunicato dalla Diocesi di Asti. Un uomo divenuto mediaticamente noto nell’ottobre del 2017, anche grazie all’interessamento di importanti tv nazionali, per le frequenti ‘messe’ celebrate nel Santuario Santa Maria Rosa Mistica a Ferrere, Bricco Calosso, ridente località delle colline astigiane. All’interno delle sue affollatissime ‘celebrazioni’, della durata anche di due o più ore, anche molte presunte ‘preghiere di guarigione’, amore e misericordia, a detta di chi vi ha partecipato.

La Curia locale, al tempo, come si comportò?

L’allora Vescovo di Asti, Monsignor Francesco Ravinale, con grande afflizione ma altrettanta e dovuta fermezza, gli ha convalidato la scomunica latae sententiae. Persino la Curia Arcivescovile di Torino, nel 2001, invitava a non seguire Domenico Fiume che, come riportano sempre le cronache dell’epoca, si presentava dotato di carismi speciali. Lo stesso fecero qualche anno dopo persino quattro Vescovi del Friuli-Venezia-Giulia.

Quindi, potrebbe essere questa una delle cause all’origine di un tale provvedimento sulle cosiddette ‘messe di guarigione’?

Premesso che non sta affatto al sottoscritto esprimere giudizi o pareri di sorta e in merito su niente e nessuno, i fatti di cui alla precedente risposta di certo non sono passati inosservati agli occhi attenti e vigili dei Vescovi piemontesi. Ma quel che più conta è il discernimento, frutto del ricorso all’invocazione dello Spirito Santo, cui è necessario rivolgersi nella vita sempre, ma anche e soprattutto in ambito giuridico-ecclesiastico, specie quando ci si trova di fronte a scenari del genere su cui val bene la pena di riflettere in misura oggettiva. E mi spiego.

In che senso?

Le cronache, ahinoi, abbondano di pseudo-dentisti, giornalisti senza titolo che esercitano abusivamente la professione. Lo stesso dicasi per avvocati, ingegneri, medici, insegnanti universitari e quant’altro. Per non parlare anche dei commercialisti: celebri i casi di numerosi VIP e non, ‘allegramente’ barbati da consulenti senz’arte né parte, che semplicemente improvvisavano un mestiere millantando titoli e autorità invece mai conseguite e possedute. Per dirla con l’indimenticato Antonio Lubrano, padre della cosiddetta ‘tv di servizio’, “la domanda sorge spontanea”. O, se si preferisce, come invita sempre il caro Gigi Marzullo, “Fatevi una domanda e datevi una risposta”.

E qual è, dunque, il quesito da porsi, secondo Lei?

Possibile che per l’eventuale mala gestio di pochi, a farne le spese in Italia sia sempre la fascia più debole indifesa: ovvero, la devozione popolare, la fede autentica e perfettamente afferente e aderente alle norme del Diritto Canonico e alle Sacre Scritture?

Che risposta dà invece, Lei, Scandurra?

Leggendo integralmente, e con certosina attenzione, il documento emanato dai Vescovi piemontesi, si ha subito l’impressione di un testo sanzionatorio: e, per certi versi, fortemente limitativo su quelle che Detti Ecclesiastici definiscono ‘messe di guarigione’.

Veniamo al dunque.

Tant’è che, al primo punto dello stesso, si ribadisce il ruolo primo dell’Autorità Vescovile alla Quale, dal 1 ottobre in poi, i sacerdoti di Piemonte e Valle D’Aosta devono riferirsi per richiedere un permesso esplicito – nonché, scritto – per poter programmare celebrazioni liturgiche, con lo scopo di invocare da Dio la guarigione.

Quindi, Lei non è d’accordo?

Est modus in rebus. Pur avendo un pensiero libero e argomentato, com’è pieno diritto di ciascuno nel rispetto di ognuno, ossequio comunque l’autorità dei miei Vescovi. Ma ascolto anche il buon senso e le riflessioni critiche costruttive che lo Spirito Santo, attraverso il discernimento sopracitato, suggerisce al mio cuore e alla mia mente: come fedele, uomo e professionista. Come cristiano. In un momento storico in cui una certa parte del Clero mondiale appare non propriamente agli occhi delle masse – con mio immenso, vivo dispiacere – quale testimone credibile dell’esempio biblico di Cristo, per via delle improbe condotte personali di determinati sacerdoti che divengono preda dei media, adottare forme restrittive che rischiano di colpire invece ingiustamente prelati e ministri del culto di indubbia fede, carisma e altrettanto spiccata onestà potrebbe rischiare di ottenere l’effetto contrario.

Quale, Scandurra?

Di far perdere, come nella migliore delle diaspore, anche quei pochi fedeli che ancora credono giustamente che la Messa, così come l’intera vita di Gesù Cristo, sia un sacrificio d’Amore: che può, quando ciò rientra nell’imperscrutabile Volontà di Dio, anche guarire, proprio come narrano i Vangeli. Nel cuore di ogni celebrazione eucaristica è implicita una potenza di guarigione concretizzata dal Signore per opera dello Spirito Santo. E le preghiere di domanda e intercessione non sono altro che il riconoscimento vivo della inconsistente nullità di una comunità umana senza l’adesione e l’abbandono totale al Dio della Vita nella Santissima Trinità rispettosamente invocata e implorata.

Sia più preciso, per favore. Ci aiuti a capire.

Con piacere. Le vocazioni sono termine pressoché scomparso dal dizionario quotidiano, perché faticano a germogliare. E quelle poche di cui il Signore Gesù ci fa dono non bastano a garantire in moltissimi paesi del Piemonte neanche una Santa Messa pomeridiana feriale alle popolazioni, per lo più anziane, che vi abitano. A ciò si aggiunga che l’età media del Clero italiano riafferma il valore medio statistico nazionale in termini di ‘crisi da sovrainvecchiamento’: si accetti questo termine tout court coniato d’emblée, sic et simpliciter. Gli anni passano per tutti.

Che ci siano sempre meno preti, è un fatto oggettivo.

Se non fosse per via di qualche nuovo sacerdote di provenienza extraeuropea, oppure nato nei Paesi dell’Est, dell’America Latina e quivi ordinato, non sapremmo proprio come fare. E neanche basta a coprire nonché garantire l’esercizio del regolare culto settimanale feriale e festivo il fatto che ai sacerdoti rimasti vengano affidate più parrocchie e chiese anche distanti tra loro. Questo vuol dire che, in molte province del Piemonte, per poter assistere a una Santa Messa tutti i giorni, un fedele deve farsi almeno 70/80 chilometri in auto perché i collegamenti via treno o bus nelle località minori scarseggiano. Peregrinando così da un paese limitrofo all’altro, quando basta. E la Celebrazione Eucaristica rischierebbe, quindi, di trasformarsi in un fatto elitario per pochi eletti dotati di auto o accompagnatore, tradendo di fatto la sua naturale vocazione ecumenica.

D’accordo, ma torniamo alle ‘messe di guarigione’: che cos’è che contesta? E poi, ancora: come questa sua riflessione si lega al tema della nostra intervista?

Forse qualcuno dimentica che il Vangelo è una intera proclamazione di guarigione dalla prima all’ultima frase, dall’inizio alla fine: fatto che equipara in maniera oggettivamente incontestabile, quale minimo comune denominatore, tutti e quattro i frutti dell’opera narrativo-biografica a firma Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Proprio Gesù medesimo ha detto delle cose assolutamente straordinarie sulle preghiere di guarigione: le Sue promesse su questi due aspetti sono grandiose, uniche e così forti, che a un esame non sufficientemente attento e profondo, potrebbero persino apparire esagerate.

Può darci un riferimento ai Testi Sacri, per favore?

Esse sono riassumibili in alcune, grandi macro aree: pregare con fede, pregare con costanza, chiedere al Padre nel Suo nome, come Gesù stesso insegna. Cito a suffragio e riprova di ciò proprio le parole di Nostro Signore: “Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete” (Mt. XXI, 22). E ancora: “Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Lc. XI,9). La costanza è espressione di fede. Quando siamo costanti nel pregare, quasi sempre è perché Dio ci può esaudire, ma solo se quanto chiediamo è confacente alla Sua Volontà. La costanza è espressione di speranza, sia ben chiaro, e in questo è sinonimo perfetto di preghiera affidata e fiduciosa. Ma il punto più importante è un altro…

Quale, Scandurra?

Esso sta nel fatto che Gesù insiste nel far sì che impariamo a chiedere al Padre nel suo nome. Gesù stesso incalza e torna spesso su questo tema più volte, durante l’intero arco della sua vita terrena. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre mio, nel mio nome ve lo conceda” (Gv. XV,16). E di nuovo: “In verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre mio nel mio nome egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv. XVI, 23-24). Il cuore, il fulcro del discorso, però, è quello che viene adesso.

Curiosi di ascoltarlo.

“In verità vi dico: anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualcosa nel mio nome io la farò” (Gv, XIV, 12-17). In tre parole, quali sono le istruzioni che Cristo ha impartito agli apostoli e loro successori? Disposizioni ancora oggi valide anche per la Chiesa da Lui istituita? Eccole: diffondere il Vangelo dandone testimonianza con la fede e le opere sulle orme di Gesù, cacciare i demoni, guarire gli ammalati. Vogliamo forse discuterne? È parola di Dio, mica mia. Quelle che, con terminologia inappropriata, vengono genericamente chiamate ‘messe di guarigione’, servono invece soltanto a implorare fiduciosamente la Misericordia Divina a ristoro delle nostre umane miserie.

Lei, invece, come le definirebbe?

Personalmente, preferisco parlare di ‘Celebrazioni Eucaristiche’ – questo è il solo, corretto nome della Santa Messa propriamente, liturgicamente detta -, seguite da un tempo di adorazione eucaristica con preghiere di intercessione per malati, poveri e sofferenti.

Per favore, approfondisca.

Le Sacre Scritture su questo sono chiare: attraverso lo Spirito Santo, disceso sugli Apostoli nel giorno di Pentecoste, Gesù ha conferito loro molti dei suoi stessi carismi. E poiché, come narra il Vangelo di Matteo, più beati di tutti sono proprio quegli ultimi che diverranno i primi, ciò che unicamente mi preme resti di questa lunga chiacchierata è che bisogna fare un doveroso e fermo distinguo.

Quale, gentilmente?

Un conto sono i cosiddetti ‘santoni’ o presunti tali che in molte parti d’Italia potenzialmente si rifanno a titoli, insegne e investiture religiose mai ricevute o autorizzate da chi di dovere, che meritano tutta la ferma asprezza e l’allontanamento possibile, proprio perché rei di confondere le idee e di annacquare cuore e mente alle moltitudini di fedeli già gravati da mali spesso difficilmente curabili e disgrazie irreversibili anche di tipo economico e professionale, ma che con fare supplice e animo puro tutto sperano affidandosi totalmente comunque a un intervento salvifico della Divina Misericordia mossa a pietà.

Che cosa ne pensa, invece, di alcuni gruppi di preghiera cattolici inclini a forti manifestazioni di fede?

Un altro aspetto è cercare di evitare e prevenire schemi e comportamenti estetizzanti ed esteriorizzanti, eccessivi e potenzialmente fuorvianti, fondati per lo più sull’impatto scenico che essi hanno verso chi vi partecipa, come alcune specifiche ritualità ancora purtroppo in voga presso diverse comunità cosiddette del ‘Rinnovamento dello Spirito’. Preghiera è anche raccoglimento nel silenzio e nel nascondimento.

Fortuna che ovunque non è così.

Certamente. Ben altro conto è invece proibire ai sacerdoti in regola (mi si passi il termine), alla fine della Santa Messa, di poter fare una semplice, devota processione eucaristica così carica di rispetto, a seguito di un tempo di adorazione in perfetto accordo con le norme liturgiche del Diritto Canonico, con il Santissimo Sacramento debitamente esposto in un appropriato e rispettoso ostensorio, passando tra la gente in ginocchio: gente che, con gli occhi spesso densi di sincera emozione e in atteggiamento composto, genuino e riverente di totale abbandono alla potenza di Cristo, unica fonte d’amore e vero Medico della Storia, domanda in preghiera nel cuore, con uno sguardo fiducioso al passaggio di Gesù Eucaristia, con contegno, guarigione e liberazione dai mali fisici, psichici, economici, familiari, morali e sociali che la affliggono. E’ negli ultimi e negli impossibili che Dio continua a rivelare la Sua potenza, secolo dopo secolo.

Che cosa si aspetta, infine, caro Scandurra?

La dematerializzazione imperante in atto nella società che disfalda e altrettanto disgrega a fundamentis le secolari e millenarie tradizioni in valore assoluto sulle quali si arrocca la storia della fede di un popolo, tali sono e altrettanto restino, così come la banda che suona a festa nelle patronali di paese, e il suono immutabile e armonioso delle campane. Le chiese sono piene di statue di Santi con tanto di ostensorio e Santissimo Sacramento scolpiti insieme. Vorrà pur dire qualcosa, no? Santi che sono vissuti in epoche in cui la tenuta di uno Stato e la fermezza e la forza del Credo Cristiano si sono conservati e mantenuti indenni agli attacchi del Maligno più per la commozione intensa strappata al Cuore Misericordioso di Dio: che ha concesso grazie straordinarie e impensabili più per via di un atto di sincera devozione da parte di un laico o un religioso, che non per mezzo di lunghi discorsi e riti cerimoniosi frutto di trafile e fitti formulari, più assimilabili a un atto di forma che non a un gesto di fede autentica.

La sua speranza, qual è?

Evitare che venga indistintamente impedito a tutti i buoni e onesti sacerdoti piemontesi e valdostani di rivolgere un’invocazione accorata ed equilibrata all’esposizione del Santissimo Sacramento. Lasciando libero il cuore di costoro, ispirato dalla grazia dello Spirito Santo, di formulare sul momento una fiduciosa preghiera di domanda e intercessione a nome e per il bene della collettività che rappresentano, con tutte le intenzioni singole e comunitarie: fatto che non può essere in alcun modo ritenuto – e neanche lontanamente equiparato – a una forma di ‘abuso o indebita creatività’, in deroga al Rito della Messa di cui al Messale Romano attualmente vigente.

Certo che no, appare evidente…

Il Vangelo è pieno di lebbrosi, vedove, poveri, malati, samaritani e ultimi di ogni tipo che, senza tanta giurisprudenza ecclesiastica e ridondanti introduzioni formali, soltanto chiedendo prima di tutto con il cuore ricolmo di fede al loro incontrare Gesù sul loro cammino (incontro oggi simboleggiato con la processione eucaristica del Santissimo Sacramento che è Gesù Cristo vivo, presente in mezzo a noi), e poi eventualmente in un secondo momento anche con la voce, e altrettanto così appellandosi alla Misericordia di Dio, ottenevano grazie immense e inestimabili proprio per mezzo di Suo Figlio Gesù.

Per quale motivo?

Rispondo ancora una volta, da ultimo, con le parole di Nostro Signore: la loro fede li ha salvati. L’intervento della grazia presuppone un cuore puro e tutto incline alla fede. Alla fiducia in Gesù. Del resto, anche San Paolo era solito dire: “Tutto posso in Colui che mi dà forza”. Confido pertanto nella buona fede e nel buonsenso dei Vertici della Conferenza Episcopale Piemontese, perché non facciano di tutta un’erba un fascio, ma applichino caso per caso il discernimento che deriva dallo Spirito Santo, evitando contenimenti inutili in tal senso a sacerdoti meritevoli e corretti, testimoni autentici e credibili di Nostro Signore Gesù Cristo in questi difficili tempi moderni.

Disponibile a un confronto con la Conferenza Episcopale Piemontese?

Certo che sì, sono per l’unità e il dialogo che edifica e rafforza. Ben lieto, se il piacere è reciproco e condiviso, di partecipare a un incontro interpersonale con gli ugualmente stimati Monsignor Arcivescovo Cesare Nosiglia e Monsignor Vescovo Franco Lovignana su questo quanto mai più che attuale e primario tema, per il bene della Chiesa.

 

Quanti appuntamenti al Circolo dei lettori

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Grandi ospiti, incontri, una serata-tributo e due festival: ecco il ricco carnet settembrino del Circolo dei Lettori di Torino, sempre più punto di riferimento culturale della città. Al rientro dalle vacanze parte in quarta con tanti appuntamenti non solo nelle sale del Circolo (Via Bogino 9) ma anche in altri luoghi cult di Torino e nella sede di Novara. Tra i tanti ospiti del mese la giornalista Eliana Lotta autrice del best seller internazionale “La dieta Smartfood”, Marco Belpoliti con il 3° volume delle “Opere complete di Primo Levi” (Einaudi) da lui curato, l’economista Carlo Cottarelli, lo psichiatra Vittorio Lingiardi e lo scrittore Enrico Brizzi.

“Wallace Experience. A special Indie night” è il titolo della serata che il Circolo dedica allo scrittore David Wallace suicidatosi 10 anni fa. L’appuntamento è mercoledì 12 settembre dalle ore 18 in poi, con Davide Ferraris, Sara Lanfranco e Francesca Marson che ci guideranno nei meandri della vita e della mente geniale di questo scrittore, per molti un autentico genio contemporaneo. Un’ occasione da non perdere per saperne di più e capire a fondo la depressione e i tormenti dell’autore di “Infinte Jest” e –tra gli altri- “Questa è l’acqua” e “Interviste a uomini schifosi”.

 

Due i festival di questo mese

Dal 26 al 30 settembre “Torino Spiritualità”che quest’anno è dedicato ai “Preferisco di no” pronunciati da chi non vuole soccombere all’opacità dei tempi. Lezioni, dialoghi, letture e spettacoli, laboratori e camminate spirituali per affermare che l’essere umano può anche scegliere al di là del conformismo. La XIV edizione al via il 26 settembre con due ospiti eccezionali. Nella Chiesa di San Filippo Neri, alle 18,30, Asha Phillips -autrice del long-seller “I no che aiutano a crescere”- tiene una lezione su “Il no che unisce”; mentre alle 21 al Teatro Carignano il fondatore di Emergency, Gino Strada, invita a non rassegnarsi alle guerre e alle diseguaglianze con l’intervento dal titolo “Verso una nuova resistenza”. Il programma è davvero vastissimo e affronta più temi, tra i quali: “I no della religione” in cui la negazione si intreccia con la spiritualità; un ciclo di incontri intorno al Diavolo e le sue imprevedibili forme; un altro dedicato alle storie di vite non allineate di artisti, eretici, dissidenti vari e martiri, un altro ancora ai ribelli nei libri. Moltissimi gli ospiti: tra i grandi nomi di richiamo, François Jullien, il parroco di Aleppo Ibrahim Alsabagh, Enzo Bianchi, Vito Mancuso, Alessandro Bergonzoni, Massimo Recalcati, Andrea Riccardi fondatore della comunità di Sant’Egidio, il monaco benedettino Michael Davide Semeraro, la teologa Stella Morra, giornalisti e scrittori.

“Scarabocchi. Il mio primo festival” dal 20 al 23 settembre, nella seconda sede del Circolo dei Lettori, a Novara: 4 intensi giorni di laboratori per grandi e piccini, lezioni ed esperienze per sondare i tanti significati reconditi dello scarabocchio, gesto semplice e spontaneo che esprime molto più di quel che sembra a prima vista. Tra gli ospiti che aiutano a decifrare i nostri scarabocchi il pittore e disegnatore Tullio Pericoli, il matematico Piergiorgio Odifreddi, la Psicologa Anna Olivero Ferraris e l’illustratore Guido Scarabottolo. Inizia a settembre, ma dura fino a maggio, il fiore all’occhiello tra le tante iniziative del Circolo dei Lettori di Torino, “Giorni selvaggi” . Dopo lo strepitoso successo dell’anno scorso si riconferma con la 2°edizione grazie alla quale all’ombra della Mole convergeranno scrittori che rappresentano il meglio della letteratura mondiale. Il primo appuntamento lunedì 10 settembre alle ore 18 è con la scrittrice Premio Pulitzer Jhumpa Lahiri, nata a Londra da genitori bengalesi, cresciuta negli Stati Uniti, ma con lunghi soggiorni anche a Roma. Oggi insegna a Princeton e a Torino parlerà del suo ultimo libro, il primo da lei scritto in italiano “Dove mi trovo”, Guanda editore (che ha pubblicato anche i precedenti 7 libri dell’autrice). Al centro della narrazione la solitudine di una donna sullo sfondo dei tanti luoghi della sua esistenza….strade, negozi, ufficio, bar e la piscina dove «…i pensieri si fondono, filano senza ostacoli…».

Nel palinsesto degli incontri:

-Il 15 settembre lo sceneggiatore e scrittore americano Chris Offutt, dopo l’esordio fulminante della raccolta “Nelle terre di nessuno” (minimum Fax), torna a raccontare il suo Kentucky in “Country Dark”, nel solco della grande tradizione del racconto targato USA.

-8 ottobre sarà la volta di Zadie Smith, quarantaduenne scrittrice saggista britannica che dopo 5 romanzi ambientati a Londra, ora in “Feel free. Idee, visioni e ricordi” (Edizioni Sur) raccoglie 26 articoli e saggi scritti tra 2010-17 che spaziano tra analisi politica, critica culturale, autobiografia e riflessioni.

-25 ottobre in occasione dell’uscita del suo“L’uomo bianco” (Feltrinelli) il giornalista Ezio Mauro porta a Torino un reportage inedito che racconta la radicalizzazione delle paure sconfinanti nel razzismo nel nostro paese.

-16 novembre plana al Circolo lo scrittore inglese Jonathan Coe la cui cifra stilistica è la brillante satira con cui ha descritto il contesto storico-politico del suo paese negli ultimi 30 anni. Nell’ultimo tragicomico romanzo“Middle England” (Feltrinelli) ritroviamo alcuni personaggi de “La banda dei brocchi” e “Circolo chiuso”.

-17 novembre da non perdere è l’appuntamento con la scrittrice canadese rivelazione degli ultimi anni Miriam Toews. Dopo autentiche perle narrative come “In fuga con la zia” o “I miei piccoli dispiaceri”, a Torino presenterà il suo ultimo “Donne che parlano” (Marcos y Marcos), drammatica storia vera di una violenza inaudita e testimonianza della forza femminile.

– e per finire in bellezza ma in date ancora da destinare le scrittrici nostrane Serena Vitale e la sua traduzione del racconto “La mite” di Fëdor Dostoevskij (Adelphi) e Rosella Postorino con “Le assaggiatrici” (Feltrinelli) sulle donne che dovevano assaggiare per prime il cibo destinato Hiltler, scongiurando così i tentativi di avvelenamento.

Laura Goria

 

 

Come dolcificare il cibo e la vita

Come direbbe il Prof. Franco Berrino (epidemiologo ed esperto di correlazione tra cibo e tumori) “Facciamolo scomparire questo zucchero”

Lo zucchero o saccarosio è usato per far sembrare i cibi più buoni, in quanto la loro qualitá è scarsa. Quando mangiamo troppo zucchero, la fame di zucchero continua a salire; sembra un gioco di parole, ma il pancréas, dovendo produrre molto insulina per smaltirlo, viene sollecitato in modo anomalo, portando successivamente il corpo in ipoglicemia; questo fa sì che il nostro organismo si senta debole e stanco, creando irritabilitá, tensioni addominali e alterazioni della flora batterica. Lo zucchero bianco per renderlo bianco è trattato con calce, anidride carbonica, acido solforoso e, poi, viene cotto e più volte raffreddato, cristallizzato e decolorato con carbone animale; in ultimo vengono utilizzati coloranti per renderlo bianco e brillante. Lo zucchero liquido, chiamato anche sciroppo di glucosio, è un gran veleno, ancor più di quello semolato o granulare; essendo sciolto è piú facile da ingerire e va in circolo nel sangue molto più rapidamente, innalzando la glicemia. Lo si trova spesso in bevande gassate, biscotti, fette biscottate, pane, pasta, marmellate, dolci, succhi di frutta ecc…

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Dunque gli zuccheri artificiali andrebbero eliminati dalle nostre diete. È composto di glucosio e fruttosio, che ostacola un buon funzionamento dell’insulina. Tutto questo provoca gravi danni nei bambini soprattutto, esponendoli a malattie come obesità e diabete. La mia professione mi porta a pensare che ad oggi ci sia poca educazione alimentare, soprattutto nelle scuole; bisognerebbe spiegare ai bambini il benessere di un alimento sano, questo per aiutarli a crescere in salute. Esistono alternative allo zucchero bianco; i dolcificanti naturali sono molto più buoni e non hanno effetti collaterali, chiaramente non bisogna esagerare. Vediamo insieme gli alimenti naturali, che potrebbero sostituire gli zuccheri artificiali: Il miele per esempio, contiene meno calorie dello zucchero, ed è un ottimo antibiotico naturale, disintossicante del fegato, antianemico e ricostituente.

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Lo zucchero di canna integrale, sempre meno calorico dello zucchero bianco, ricco di minerali, a completa maturazione viene raccolto e portato direttamente sulle nostre tavole. Attenzione, ricordate che lo zucchero di canna grezzo non va confuso con quello integrale, in quanto quello grezzo subisce un processo di raffinazione, imbrunito con l’aggiunta di melassa e caramello, ottenedo cosí un colorito giallo/beige, al contrario di quello integrale che mostra un colore molto piú scuro ed i suoi cristalli hanno una granulometria disomogenea. Il vero zucchero di canna integrale è molto scuro ed umido. Lo zucchero da barbabietola, integrale, non esiste ed è privo di qualità nutrizionali. Il fruttosio o levulosio è un monosaccaride, i cosiddetti zuccheri semplici, uno dei carboidtrati, come quelli che troviamo nella frutta, nel miele e in alcune verdure; il suo indice glicemico è decisamente piú basso rispetto a quello del saccarosio. Ha un alto potere dolcificante rispetto allo zucchero tradizionale, meno rischioso per i diabetici, ma comunque non consigliabile. Lo sciroppo d’agave, ricavato dalla Linfa dell’ agave blu messicana, dolcifica molto piú dello zucchero bianco ed è indicato per i diabetici, per il suo basso indice glicemico; inoltre contiene una buona fonte di sali minerali e oligoelementi. Il dolce sciroppo di malto d’orzo è un dolcificante naturale, contiene zuccheri a rilascio lento ed una buona percentuale d’acqua, quindi si deve maggiorare la dose per dolcificare. Alimento poco calorico, contiene maltosio, vitamine e minerali. Il maltolo è una sostanza antitumorale, combatte la cistite, proteggere i polmoni come tutti i malti di cereali; il migliore quello di riso. Il malto aiuta anche a tenere a bada il sistema nervoso; utilizzato molto dagli sportivi, proprio per il suo rilascio lento di zuccheri, mantiene costante l’énergia nel corpo. “Lo zucchero addolcisce la vita” (cit.), ma quello giusto

 

Ilaria Chionetti Pininfarina

ilanaturopatia@gmail.com

Riassunto l’operaio licenziato perché malato di Parkinson

Il tribunale del lavoro di Ivrea, ha stabilito che il licenziamento dell’operaio malato di Parkinson è illegittimo. E’ stato così accolto il ricorso presentato da Franco Minutiello, lavoratore di 60 anni di Castellamonte, contro la Teknoservice di Piossasco azienda del Canavese che gestisce la raccolta dei rifiuti. Ammalatosi l’operaio e non potendo trovargli un’altra mansione, la Teknoservice lo aveva licenziato il 16 marzo 2017, per “giustificato motivo”.