L’artista impressionista fu profondamente affascinato dall’arte e dalla filosofia giapponese, di cui le ninfee e il giardino di Giverny sono una testimonianza
Il Mao di Torino, in occasione della mostra su Monet ospitata alla Gam di Torino, apre una importante finestra sulle influenze artistiche tra Giappone e Francia nell’Ottocento e sul ruolo del cosiddetto giapponismo nella Francia dell’epoca. Dal 10 novembre al 31 gennaio prossimo sarà visitabile un’inedita esposizione di stampe e dipinti giapponesi. Le riproduzioni di alcune opere di Claude Monet (1840-1926), attualmente esposte alla Gam, dialogheranno con 14 stampe e 2 dipinti giapponesi provenienti da una collezione privata torinese. La maggior parte delle opere sono di Utawaga Hiroshige, un pittore paesaggista giapponese vissuto nella prima metà dell’Ottocento e considerato, insieme a Kitagawa Utamaro e Katsushika Hokusai, uno dei principali innovatori della xilografia giapponese. È stato uno dei primi artisti ad essere apprezzato dagli Impressionisti in Europa.
La grande passione di Monet per l’arte giapponese viene di solito ricondotta a diversi suoi quadri famosi, quali le serie dedicate alle ninfee e ai ponti, e trova conferma nella collezione di oltre 230 stampe giapponesi che l’artista esibiva nella sua abitazione a Giverny. Nel Salon Blue della sua villa era presente, infatti, la “Grande onda al largo di Kanagawa” del celebre Hokusai, di cui il Mao possiede una copia, che esibirà al pubblico, per ragioni conservative, solo fino al 22 novembre. Monet fu appassionato dalla particolare filosofia di vita dei maestri giapponesi, in comunione panteistica e spirituale con la natura, percependo l’esistenza di una risonanza cosmica che abbraccia il creato intero.
Il Giappone divenne per Monet quello fu l’Africa per Picasso e l’Oriente per Matisse. La summa della suggestione giapponese fu il suo giardino di Giverny, con i suoi vialetti nascosti, i salici piangenti, il ponte giapponese sullo stagno delle ninfee, i fiori dalla mille sfumature. Le ninfee divennero, per l’artista impressionista, le icone di un pensiero al di là del dipinto, una visione astratta della natura. Monet, influenzato profondamente dall’arte giapponese, come bene ha osservato Andre’ Masson, seppe far saltare tutte le barriere e demolire l’idea stessa di forma che aveva dominato per millenni. Il mondo fluttuante dell’ukiyo-e e l’estetica orientale impressionarono a tal punto i grandi artisti europei, che a partire dal 1872 fu coniato il termine “japonisme” per descrivere questa nuova tendenza. L’esposizione rappresenta un interessante excursus attraverso le grandi trasformazioni estetiche e stilistiche dell’arte ottocentesca, in un continuum di rimandi visivi tra le opere giapponesi e impressioniste.
Mara Martellotta
Mao, Museo d’arte Orientale, via San Domenico 11.
Tel. 0114436928
(foto: Lorenzo Carrus)