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Al Mao di Torino le impressioni giapponesi dialogano con Monet

monet mole 

L’artista impressionista fu profondamente affascinato dall’arte e dalla filosofia giapponese,  di cui le ninfee e il giardino di Giverny sono una testimonianza

 

Il Mao di Torino, in occasione della mostra su Monet ospitata alla Gam di Torino, apre una importante finestra sulle influenze artistiche tra Giappone e Francia nell’Ottocento e sul ruolo del cosiddetto giapponismo nella Francia dell’epoca. Dal 10 novembre al 31 gennaio prossimo sarà visitabile un’inedita esposizione di stampe e dipinti giapponesi. Le riproduzioni di alcune opere di Claude Monet (1840-1926), attualmente esposte alla Gam, dialogheranno con 14 stampe e 2 dipinti giapponesi provenienti da una collezione privata torinese. La maggior parte delle opere sono di Utawaga Hiroshige, un pittore paesaggista giapponese vissuto nella prima metà dell’Ottocento e considerato, insieme a Kitagawa Utamaro e Katsushika Hokusai, uno dei principali innovatori della xilografia giapponese. È stato uno dei primi artisti ad essere apprezzato dagli Impressionisti in Europa.

 

La grande passione di Monet per l’arte giapponese viene di solito ricondotta a diversi suoi quadri famosi, quali le serie dedicate alle ninfee e ai ponti, e trova conferma nella collezione di oltre 230 stampe giapponesi che l’artista esibiva nella sua abitazione a Giverny. Nel Salon Blue della sua villa era presente, infatti, la “Grande onda al largo di Kanagawa” del celebre Hokusai, di cui il Mao possiede una copia, che esibirà al pubblico, per ragioni conservative, solo fino al 22 novembre. Monet fu appassionato dalla particolare filosofia di vita dei maestri giapponesi, in comunione panteistica e spirituale con la natura, percependo l’esistenza di una risonanza cosmica che abbraccia il creato intero.

 

Il Giappone divenne per Monet quello fu l’Africa per Picasso e l’Oriente per Matisse. La summa della suggestione giapponese fu il suo giardino di Giverny,  con i suoi vialetti nascosti, i salici piangenti, il ponte giapponese sullo stagno delle ninfee, i fiori dalla mille sfumature. Le ninfee divennero, per l’artista impressionista, le icone di un pensiero al di là del dipinto, una visione astratta della natura. Monet, influenzato profondamente dall’arte giapponese, come bene ha osservato Andre’ Masson, seppe far saltare tutte le barriere e demolire l’idea stessa di forma che aveva dominato per millenni. Il mondo fluttuante dell’ukiyo-e e l’estetica orientale impressionarono a tal punto i grandi artisti europei, che a partire dal 1872 fu coniato il termine “japonisme” per descrivere questa nuova tendenza. L’esposizione rappresenta un interessante excursus attraverso le grandi trasformazioni estetiche e stilistiche dell’arte ottocentesca, in un continuum di rimandi visivi tra le opere giapponesi e impressioniste.

 

 Mara Martellotta

 

Mao, Museo d’arte Orientale,  via San Domenico 11.

Tel. 0114436928

 

(foto: Lorenzo Carrus)

Il Natale è un’isola che respira: ascoltate la vostra voce interiore

portici nataleTorino… il primo luogo in cui sono possibile! / di Francesca Petrone

 

 

 Le luminarie, abbaglianti e seducenti, vi ammalieranno, ma vi suggerirei di farvi condurre unicamente dalla vostra luce

 

Dicembre, da noi, è il primo mese dell’anno freddo nei fatti e caldo nelle intenzioni.

 

Ci vestiamo di lana e attendiamo il planetario momento in cui essere più inclini ai festeggiamenti, perché così vuole la tradizione, perché così ci viene riconosciuto di diritto e da calendario.

 

Per strada, capita di ascoltare voci nostalgiche – Vorrei che fosse sempre Natale –

 

Perché? – Perché tutto sembra essere più vivo –

 

La città è il caleidoscopio nelle nostre mani, dove ogni frammento colorato riflette un desiderio per l’avvenire.

 

Mi piacerebbe distrarvi dalle usanze e dai riti più pagani che spirituali e proporvi di farmi compagnia in una passeggiata sotto i portici sabaudi, non per osservare le vetrine, piuttosto spinti dall’idea di calpestare una linea immaginaria che metta in connessione tutto il Globo.

 

Sarà una fredda partenza, ma vi chiederei di spogliarvi di tutto il superfluo per tornare all’essenza.

 

Le luminarie, abbaglianti e seducenti, vi ammalieranno, ma vi suggerirei di farvi condurre unicamente dalla vostra luce.

 

Il rumore straniero di sottofondo vi incuriosirà, ma vi inviterei ad ascoltare solo la vostra voce interiore.

 

L’orologio scandirà la notte più magica dell’anno, quella del Solstizio d’inverno dove tutto in superficie, in natura, è ancora fermo, ma in profondità promettenti semi si preparano ad uscire allo scoperto.

 

L’incantesimo che rende tutto più vitale aleggia nell’atmosfera e a renderlo possibile sono le persone.

 

Il Natale siete voi, un’isola che respira, una terra emersa che ospita restituendo doni meravigliosi.

 

Inspirate ed espirate, inspirate ed espirate ancora, ancora e ancora…….

 

 

I nostri auguri a Sgarbi: "Buona guarigione, Vittorio"

sgarbiUn’ischemia al cuore ha colpito Vittorio Sgarbi mentre era in viaggio in auto da Brescia a Roma. Riuscito l’ intervento di angioplastica nel Policlinico di Modena, dove è ricoverato in terapia intensiva. Il direttore del reparto di Cardiologia dice che il paziente è in buone condizioni e dovrà rimanere a riposo alcuni giorni in ospedale per la convalescenza. Il nostro migliore augurio al critico d’arte è l’intervista che rilasciò in esclusiva al “Torinese” alcune settimane fa, che ripubblichiamo integralmente. Buona guarigione, Vittorio! 

 

INCHIESTA: LA CULTURA A TORINO / 3

 

VITTORIO SGARBI: “TORINO E’ LA CITTA’ PIU’ BELLA D’ITALIA, HA IMPARATO A METTERSI IN LUCE”

 

Negli ultimi 20 o 30 anni, l’unica città che ha puntato seriamente sulla cultura è stata Torino, mi sento di parlare di un nuovo Rinascimento. Forse questa città è partita troppo presto. E oggi vive ancora sugli allori dell’arte povera. L’arte contemporanea è tuttora una peculiarità di Torino, però, occorrerebbe investire maggiormente sulla caratterizzazione delle varie sedi museali, affidando a ciascuna una sua vocazione. Allargherei la  vocazione  di Stupinigi a tutto l’ambito delle arti applicate, per farne una sorta di Victoria and Albert Museum”

 

 

Intervista di Alberto Vanelli con Vittorio Sgarbi per IL TORINESE

 

Negli ultimi anni, Torino è riuscita in gran parte a superare la vecchia immagine stereotipata di “città della Fiat”, scoprendo in sé un’identità nuova, di città culturale. Questa, almeno, è la percezione dei torinesi. Ma qual è l’opinione di chi vede il volto di Torino dal di fuori? Qual è, sul piano culturale, l’immagine di Torino in Italia?

Anche se una persona che conosco ultimamente l’ha trovata un po’ malinconica, io la considero la più bella città d’Italia, sia sul piano dell’urbanistica, sia per quanto riguarda l’ordine delle cose e la capacità di riscatto, dopo il tramonto dell’industria automobilistica. Negli ultimi 20 o 30 anni, l’unica città che ha puntato seriamente sulla cultura è stata Torino. Mi spingo a dire che si tratta dell’unica città italiana che ricorda Parigi. Certo, è meno vitale di Parigi – le abitudini di vita sono quelle che sono – ma il paragone non mi sembra azzardato. Una delle cose interessanti di Torino, poi, è la sua illuminazione. Rispetto ad altre città, che trovo represse, Torino ha imparato a “mettersi in luce”. L’esempio più significativo, in questo senso, è quello delle Luci d’artista, che il sindaco De Luca ha voluto portare anche a Salerno, ma mi riferisco anche all’illuminazione normale, che riguarda piazze e monumenti.

 

Come riassumerebbe, in una parola, la Torino culturale?

Se devo definire ciò che ho visto succedere a Torino negli ultimi 30 anni, mi sento di parlare di un nuovo Rinascimento, che in seguito allo sviluppo dell’arte povera, la grande avanguardia artistica torinese, ha visto la riscoperta della Reggia di Venaria, dell’Egizio, della Galleria Sabauda, di Palazzo Madama, e insieme la moltiplicazione di alcune grandi iniziative culturali: la Fiera del Libro, Artissima, Settembre Musica, il Festival del Cinema, il Salone del Gusto, le mostre. È una città in cui capita sempre qualcosa, e dove una persona curiosa e interessata alla cultura sa di avere degli appuntamenti, in diversi momenti dell’anno.

 

Tutto perfetto, quindi?

Naturalmente no: esistono le potenzialità per fare di più. La pinacoteca Agnelli, per esempio, per il valore che ha, viaggia a basso regime. E anche il castello di Rivoli: un museo straordinario, che meriterebbe un rilancio.

 

L’argomento Rivoli offre lo spunto per una domanda precisa. Vent’anni fa, Torino era uno dei poli mondiali dell’arte contemporanea. E ovviamente lo è ancora: oltre al museo di Rivoli, si possono citare le collezioni della GAM, delle Fondazioni Sandretto e Merz, della nuova Fondazione Fico. E anche le OGR, tra non molto, potrebbero diventare un “luogo” dell’arte contemporanea. Non c’è dubbio, però, che l’arte contemporanea stia vivendo, a Torino, un momento di crisi, che solo la vitalità di una manifestazione come Artissima, con tutti i suoi eventi collaterali, riesce in parte a contrastare. Nella direzione del contemporaneo, intanto, centri come Roma e Milano stanno recuperando posizioni, investendo molte energie e riscuotendo un certo successo. Lei cosa ne pensa?

Forse Torino è partita troppo presto. E oggi vive ancora sugli allori dell’arte povera, nella quale è stata centrale, certo, ma nella quale si è anche fermata. Se dopo l’arte povera non è successo più nulla, è probabilmente perché è venuta a mancare la Fiat. Il senso dell’arte povera stava nella contrapposizione ideologica al mondo del capitalismo e all’industria che, in Italia, ne era il simbolo. L’habitat favorevole all’arte povera era quello del marxismo obbligatorio, dove tutti eravamo di sinistra e non c’era nessun democristiano, anche se la DC vinceva le elezioni. Quella, infatti, era la maggioranza silenziosa. La maggioranza parlante, invece, quella che “contava”, parlava le parole dell’opposizione. La stagione della contrapposizione ideologica, però, a un certo punto, è finita. Già alla metà degli anni ’80, era chiaro che il clima stava cambiando, ed è cambiato definitivamente con l’arrivo di Berlusconi. Le contrapposizioni sono rimaste, certo, ma Berlusconi ha stabilito un’altra polarità: non più la polarità capitalismo/anticapitalismo, ma la polarità spettacolo/politica seria. Per l’arte povera è stata la fine. La chiave di lettura del mondo che ne alimentava l’espressione artistica e culturale, si è spenta con lo spegnimento della Fiat. E oggi, mentre a Torino il peso della Fiat si è ridimensionato enormemente, quella stagione artistica emette gli ultimi fiati…

 

Passando al tema dell’organizzazione museale e delle decisioni da prendere, che cosa si potrebbe fare per rilanciare l’arte contemporanea? Forse le istituzioni dedicate al contemporaneo sono diventate troppe?

L’arte contemporanea è tuttora una peculiarità di Torino. Forse, però, occorrerebbe investire maggiormente sulla caratterizzazione delle varie sedi museali, affidando a ciascuna una sua vocazione. Rivoli torni a essere il simbolo unico e riconoscibile dell’arte contemporanea. La Reggia di Venaria, allo stesso modo, diventi il centro dell’arte antica… E’ un esempio, naturalmente. Allo stesso modo, però, è importante evitare che il singolo museo diventi una sorta di ghetto, nel quale puoi trovare una cosa sola. Occorre mescolare le carte, facendo operazioni analoghe a quella che ho proposto io al presidente De Luca, per ospitare una mostra sul Mantegna al MADRE di Napoli, che è un museo di arte contemporanea.

 

Ha appena citato due importanti residenze sabaude: Rivoli e Venaria. Fra i gioielli che compongono la corona delle residenze dei Savoia, uno – la palazzina di caccia di Stupinigi – è in attesa di idee e soluzioni per un rilancio. Lei cosa farebbe?

Stupinigi è già un museo dell’arredamento. Forse allargherei la sua vocazione a tutto l’ambito delle arti applicate, per farne una sorta di Victoria and Albert Museum. Per i mobili, si partirebbe dalle meraviglie di artisti mobilieri come Piffetti e Bonzanigo. Le massime espressioni dell’arte dell’arredamento italiana, è inutile precisarlo, sono piemontesi. Ma poi ci sarebbe la scultura: un’antologia della scultura tra ‘500 e ‘900. Senza spingersi troppo in là nel tempo, però, per evitare un inutile sovrapposizione all’arte povera. Mi fermerei agli anni ’50, con Fontana, Melotti, Mollino…

 

Nel campo della divulgazione culturale, lei è stato certamente un innovatore. Ha saputo mantenere un alto rigore scientifico, unendolo però a un’efficacissima comunicazione pop, che ha saputo esercitare tanto in qualità di scrittore e organizzatore di mostre, quanto servendosi del mezzo popolare per eccellenza: la televisione. Al di là del suo talento personale, che le consente di catturare il pubblico senza cadere nella facile banalizzazione, non crede che la televisione e ancor più internet – luoghi privilegiati della banalità – abbiano favorito un’eccessiva semplificazione della cultura e del modo di raccontare le forme di espressione artistica?

Il processo che lei descrive, in effetti, è reale. Non a caso, ha avuto delle dirette conseguenze anche nell’ambito specifico delle mostre. Gli esiti, però, anche quando l’arte diventa una materia “popolare”, possono essere positivi. Nel campo della cura delle mostre, in effetti, dopo il poverismo e il celantismo (da Germano Celant, importante storico dell’arte, inventore  della definizione arte povera, ndr), si sono affermate due tendenze. Una è la mia; l’altra è quella di Marco Goldin. Se paragonassimo l’arte all’abbigliamento, potremmo dire che quella di Goldin è la strada standard; la mia è quella dell’alta sartoria. Non tutti possono vestire Prada o Armani. Ci sono anche le confezioni di bassa gamma, che sono comunque rispettabili. La bassa gamma dell’arte, di cui Goldin è un buon interprete, è quella della popolarità facile, ottenuta offrendo un prodotto “arte” che non ha timore della semplificazione: è il caso dell’impressionismo, che Goldin ha riproposto molte volte. L’altra specialità di Goldin è la creazione di un caos accattivante, che trova un esempio perfetto nella mostra dedicata a Tutankhamon, Caravaggio e Van Gogh. Inutile dire che sembra fatta apposta per incontrare il consenso più facile.

 

Nel mio caso, ho seguito una strada diversa. Pur cercando e ottenendo dei risultati di divulgazione, ho voluto mantenere un alto livello. Quelli che mi hanno criticato – per esempio ai tempi della polemica sulla Santa Cecilia di Raffaello alla Venaria Reale – l’hanno fatto in modo chiaramente pretestuoso. Non riuscivano a sopportare la mia invadenza e hanno colpito l’obiettivo sbagliato. Goldin è più criticabile, forse. Ma sicuramente il suo modello di divulgazione, così come il mio, sono inevitabili. L’arte è e deve essere popolare: è predestinata a esserlo. Poi, se si riesce a mantenere alto il livello del rigore, come accade anche in America, molto meglio. Io l’ho fatto anche di recente con la mostra di Bologna (Da Cimabue a Morandi. Felsina pittrice, ndr), e con quella dell’Expo (Il Tesoro d’Italia, ndr), dove, nonostante i contenuti estremamente sofisticati, i visitatori sono stati, negli ultimi fine settimana, quindicimila al giorno. L’arte elitaria e antagonista non esiste più. Occorre essere popolari. Se poi si riesce a esserlo con Mattia Preti a Venaria, come è accaduto qualche anno fa, quando quasi nessuno sapeva chi fosse Mattia Preti, allora è davvero il massimo. In quell’occasione, come ricorderà, per essere “popolari” abbiamo esposto un Caravaggio. Una volta che il pubblico è venuto in mostra, però, si è evitato accuratamente di propinargli la scorciatoia della banalizzazione e delle facili spiegazioni.

 

(Foto: facebook – Vittorio Sgarbi)

 

Auto scacciacrisi? Il mercato europeo va a gonfie vele con Fca che cresce del 18%

500x fiatfiat fca 1I mercati sono tutti in crescita, in particolare Spagna (+25,4%), Italia (+23,5%) e Francia (+11,3%). In ripresa il Regno Unito (+3,8%) dopo il calo di ottobre

 

Mentre si dibatte sull’acquisizione di Pininfarina dall’indiana Mahindra, il gruppo Fca va a gonfie vele: ha venduto a novembre in Europa 68.476 auto, pari a un+ 18,3% dello stesso mese dell’anno precedente. Nel 2015 le immatricolazioni sono state 807.106, con una crescita complessiva del 13,4% sull’anno scorso. Il marchio Fiat segna +19.7% e registra il terzo mese consecutivo di crescita superiore al mercato. I modelli più gettonati sono Panda e 500 che continuano a dominare il segmento A con una quota del 27,5% nel mese. Resta sempre la 500L (da più di un anno)  la vettura più venduta del suo segmento (23,5% di quota nel mese).

 

Complessivamente, considerando tutte le case automobilistiche le immatricolazioni a novembre nella Ue (più Paesi Efta) sono state 1.124.964, cioè il 13,7% in più dello stesso mese 2014. A fornire i dati è l’Acea, l’associazione delle case europee. Negli undici mesi dell’anno in corso sono state consegnate 13.045.791 auto,  quota pari all’8,6% in più dello stesso periodo del 2014. Si tratta del 27/o mese di crescita per il mercato europeo. I mercati sono tutti in crescita, in particolare Spagna (+25,4%), Italia (+23,5%) e Francia (+11,3%). In ripresa il Regno Unito (+3,8%) dopo il calo di ottobre.

 

(Foto: il Torinese)

   

L'INCHIESTA DEL "TORINESE" SULLE PROSPETTIVE CULTURALI DELLA CITTÀ

 

Vanellibiffi gentili fototorino 2015 23mole vittorioLa percezione della città agli occhi dei torinesi, dell’Italia e del mondo e’ completamente cambiata: non solo una realtà industriale e produttiva, ma anche una metropoli apprezzata per il proprio patrimonio architettonico, artistico, paesaggistico ed enogastronomico di qualità . Tutto ciò ha concorso in qualche modo a rendere meno severi gli effetti della crisi economica e sociale di Torino e del Piemonte nell’ultimo decennio

 

A partire dalla metà degli anni ’90 Torino ha iniziato un percorso di riconversione della sua immagine: da città grigia legata esclusivamente all’industria  ad una metropoli dal volto più accogliente , consapevole della sua storia e della sua bellezza .  La città doveva trovare delle opportunità alternative a fronte della ormai prevista crisi dell’industria dell’auto e ciò fu possibile grazie alla straordinaria stagione di concordia istituzionale tra i governi nazionale, regionale e municipale che,  se pur di colore politico differente , hanno collaborato per raggiungere obbiettivi comuni. Nel recupero del patrimonio storico e culturale si sono avviate e realizzate importanti trasformazioni nel territorio , come ad esempio il superlativo recupero della Reggia di Venaria, ed inoltre sono stati promossi con grande successo la Fiera del Libro, il Salone del Gusto, i Giochi Olimpici Invernali 2006, Torino World Design Capital, le celebrazioni dell’Unita’ d’Italia e i grandi rinnovamenti urbanistici come la metropolitana e il passante ferroviario. Con questi mutamenti la percezione della città agli occhi dei torinesi, dell’Italia e del mondo e’ completamente cambiata: non solo una realtà industriale e produttiva, ma anche una metropoli apprezzata per il proprio patrimonio architettonico, artistico, paesaggistico ed enogastronomico di qualità . Tutto ciò ha concorso in qualche modo a rendere meno severi gli effetti della crisi economica e sociale di Torino e del Piemonte nell’ultimo decennio. Su questi temi,  il Torinese ha avviato un’inchiesta sulla situazione attuale e sulle prospettive di rilancio dell’azione pubblica e privata per la valorizzazione culturale e turistica della nostra città e del nostro territorio . Su questo, abbiamo incontrato  Alberto Vanelli (a sinistra nella foto in alto), uno dei protagonisti di questa trasformazione della città , già dirigente dei Beni Culturali della Regione Piemonte e direttore della Reggia di Venaria, che alla luce degli importanti e ambiziosi risultati raggiunti ci ha illustrato il suo punto di vista. Ecco il link all’intervista:

 

http://www.iltorinese.it/vanelli-generazione-imprenditori-creativi-per-aumentare-pil-torino-culturale/

 

Dopo Vanelli abbiamo intervistato Enzo Biffi Gentili (a destra nella foto in alto) , che da decenni si occupa di mostre e iniziative culturali di livello. Dal 2000 è l’anima del Miaoo, il Museo Internazionale delle Arti Applicate, in via Maria Vittoria 5,  nel complesso monumentale di San Filippo Neri:

 

http://www.iltorinese.it/biffi-gentili-torino-cultura-tradita-dibattito-langue-proliferanio-i-fabbriconi-costosi/

 

L’inchiesta proseguirà nei prossimi giorni con altre interviste. Attendiamo anche proposte, commenti e interventi da parte dei nostri lettori

 

IL TORINESE

A CASELLE PRIMO VOLO TORINO-CASABLANCA CON ROYAL AIR MAROC

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Il collegamento serve la comunità marocchina presente in Piemonte (tra le più numerose d’Italia con oltre 60mila cittadini residenti, circa la metà nella sola provincia di Torino

 

E’ atterrato sulla pista di Caselle alle ore 10.27 in punto  il primo volo Torino-Casablanca della compagnia aerea Royal Air Maroc, ripartito poi  alle 11.50 alla volta della città marocchina. Nel primo giorno di operatività il collegamento ha registrato un Load Factor superiore all’80%. Il volo è attivo ogni martedì, giovedì e sabato. Da Torino è possibile, attraverso l’hub di Casablanca, volare nel resto del Marocco e nell’Africa  Subsahariana. 

 

Il collegamento serve la comunità marocchina presente in Piemonte (tra le più numerose d’Italia con oltre 60mila cittadini residenti, circa la metà nella sola provincia di Torino) e le altre comunità africane residenti in regione, oltre che tutti coloro che viaggiano per motivi di business e di turismo. 

 

Ecco le e tariffe: Casablanca da 143 Euro A/R tasse incluse con bagaglio gratis fino a 23 kg.
Africa Subsahariana da 480 Euro A/R tasse incluse con bagaglio gratis fino a 46 kg.

 

Da 55 anni sul mercato, Royal Air Maroc vanta una flotta moderna (età media 7 anni). E’ tra le migliori compagnie operanti sull’Africa Subsahariana ed ha ottenuto il riconoscimento 4-Star Airline SkyTrax 2015. L’attuale  network collega cinque continenti.

Il Museo del Cinema dedica una vetrina a Mario Celso, imprenditore valsusino

È stato l’inventore di uno strumento per raddrizzare la corrente e eliminare lo sfarfallio sullo schermo cinematografico

film cinema

Il Museo Nazionale del Cinema ha dedicato una vetrina permanente, inaugurata lo scorso 14 ottobre, a Mario Celso. Si tratta di un personaggio particolarmente noto ai Valsusini, perché fondatore della Irem, Industria Raddrizzatori Elettromeccanici, da anni leader nel mondo in questo settore. Ma forse non tutti sanno che è proprio questo imprenditore a dare un importante contributo all’innovazione tecnologica applicata al cinema, tanto da meritarsi,  nel 1992, il Premio Oscar Scientific and Technical Award “per il suo lavoro pionieristico nel progetto,  nello sviluppo e nella produzione di apparecchi per l’alimentazione degli archi a carbone, delle lampade Xenon e per gli accenditori usati nella produzione cinematografica”.

 

Nato a  Sant’Antonino di Susa nel 1917, lavorò come fresatore e aiuto recordista,  conoscendo famosi registi quali Goffredo Alessandrini e stringendo amicizia con Mario Soldati. Appassionato fin da ragazzo di elettrotecnica e di cinema, verso la fine degli anni Quaranta riuscì a concretizzare il suo sogno giovanile realizzando il primo raddrizzatore elettromeccanico per archi a carbone utilizzato per le proiezioni cinematografiche. Da questo primo raddrizzatore nascerà un linea completa di prodotti dedicata all’alimentazione e accensione delle lampade a scarica a gas. Dopo la seconda guerra mondiale iniziò la sua carriera imprenditoriale fondando la Irem e brevettando diverse apparecchiature tecnologicamente innovative.

 

A Mario Celso è anche stata intitolata, con una cerimonia tenutasi il 31 maggio del 2013, la nuova centrale idroelettrica Enel di Bardonecchia Rochemolles.  Infatti proprio il fondatore di Irem, con l’obiettivo di produrre energia pulita,  si è anche impegnato nella produzione di piccole turbine idroelettriche per produrre energia dall’acqua,  fonte rinnovabile e facilmente reperibile sul territorio della Val di Susa. Con la passione che ha sempre contraddistinto la sua intera esistenza, ha seguito personalmente la progettazione e l’installazione delle prime turbine idroelettriche,  facendo attenzione ad ogni piccolo dettaglio e studiando le soluzioni più idonee ed efficaci rispetto alla necessità di consumo ed alle caratteristiche del territorio. 

 

Oggi le microcentrali idroelettriche prodotte dalla Irem sono installate in tutto il mondo. L’impianto idroelettrico di Bardonecchia  è entrato in funzione nel 1921. La produzione avviata da Mario Celso, nei decenni, si è, così, arricchita con l’introduzione degli stabilizzatori a pressione, e, a partire dalla fine degli anni Ottanta, Irem ha presentato sul mercato una nuova gamma di prodotti destinati a ottimizzare la gestione degli impianti di illuminazione. Oggi, dopo il conferimento,  nel 1992 a Los Angeles,  del Premio Scientific and Technical Award,  giunge un nuovo importante riconoscimento da parte del Museo del Cinema di Torino. In collaborazione con la famiglia Celso, il Museo ha deciso di dedicare una vetrina a Mario Celso. Accanto alle foto e ai documenti realtivi alla cerimonia di premiazione dell’Oscar sono esposti i diversi modelli delle invenzioni di questo imprenditore valsusino, a partire dal primo  esemplare datato 1946 fino a quello elettronico per lampade allo Xenon, in uso oggi.

 

 Mara Martellotta

Agenda Piemonte a Carmagnola

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“Perché proporre oggi il piemontese, quando alle porte bussano il cinese e l’inglese”

 

Carmagnola, nel cuore del “vecchio Piemonte” ospita domenica 25 ottobre, alle ore 16, nella Biblioteca civica, un importante appuntamento. Si tratta della presentazione dell’Agenda del Piemonte, agenda giornaliera giunta alla sesta edizione che tutti i giorni presenta uno spunto per conoscere la storia e le tradizioni subalpine ed usare la lingua piemontese. E il titolo dell’evento è significativo: “Perché proporre oggi il piemontese, quando alle porte bussano il cinese e l’inglese”. La relazione sarà tenuta dal professore emerito Sergio Maria Gilardino. Poi seguiranno i contributi di Luigi Griva e Milo Julini. Scorrendo le 320 pagine si scopre che la nitroglicerina è un’invenzione piemontese (anzi casalese perché Ascanio Sobrero, il suo inventore, era nato proprio a Casale Monferrato), poi ci sono la Peota, il Bucintoro sabaudo, e personaggi illustri come Marcel Bich, la maglia azzurra della nazionale di calcio e Umberto Tozzi. In campo gastronomico tutti sanno fare il lesso, ma qual è il segreto del grande bollito misto piemontese per tacere i bagnetti della trazione. Il prezzo è di 12 euro con consegna gratuita in tutto il territorio della Repubblica.

 

Massimo Iaretti

CENTRALE DEL LATTE DI TORINO A EXPO 2015

GRAZIE ALL’INIZIATIVA “ECCO LA MIA IMPRESA” 400 ECCELLENZE ITALIANE SI RACCONTANO

 

expo sanpaoloCentrale del Latte di Torino, polo interregionale specializzato nel fresco – latte, yogurt e prodotti derivati distribuiti in tutto il Nord Italia – presenta in Expo Milano 2015 la propria produzione di qualità e la propria storia. L’evento è in calendario venerdì 23 ottobre e sarà ospitato all’interno di “The Waterstone”, lo spazio espositivo di Intesa Sanpaolo in Expo. Grazie all’iniziativa “Ecco la mia impresa”, 400 piccole e medie imprese, espressione del made in Italy d’eccellenza, avranno l’opportunità di utilizzare per un giorno gli spazi messi a disposizione dalla Banca per presentarsi ai visitatori con esposizioni di prodotti o proiezione di filmati, oppure per incontrare buyer e investitori internazionali in eventi riservati.Le aziende sono state selezionate da Intesa Sanpaolo con la massima attenzione alla rappresentatività dei territori e nell’ambito dei settori merceologici affini ai temi di Expo: Food, Fashion, Design e Hospitality.

 

“The Waterstone by Intesa Sanpaolo” è una struttura su due piani di 1.000 metri quadri, realizzata con materiali interamente ecologici e riciclabili e animata ogni giorno con allestimenti multimediali, opere d’arte e un palinsesto di oltre 250 eventi per famiglie e imprese. Centrale del Latte di Torino, presente venerdì 23 ottobre nel Waterstone con un incontro riservato, è nata 1960 e ha conosciuto negli anni un continuo sviluppo, che l’ha portata oggi ad essere un Gruppo interregionale quotato in Borsa. È specializzata nella produzione e commercializzazione di prodotti di alta qualità dell’industria lattiero-casearia (latte e panna nei tipi fresco, a lunga durata e a lunga conservazione, yogurt) e di altri prodotti ultrafreschi come insalate pulite e confezionate pronte per l’uso, delle quali gestisce direttamente la produzione e la vendita. Commercializza inoltre con propri marchi, sempre nel segmento del fresco, prodotti selezionati e confezionati quali uova e derivati, formaggi, pasta e dessert.expo sanpaolo2

 

 

Grazie a un forte radicamento territoriale, attraverso gli stabilimenti produttivi di Torino, Rapallo (GE), Vicenza e Casteggio (PV), con un totale di 260 dipendenti, il Gruppo presidia i mercati del Nord Italia, dove gode di posizioni di leadership per il latte fresco e il latte a lunga conservazione (UHT). La produzione annua è di circa 165 milioni di litri di latte. La catena di lavorazione è rigorosamente controllata con tecnologie avanzate, dalla raccolta del latte all’ingresso in stabilimento, fino al confezionamento, con un sistema di rintracciabilità di filiera controllata. Centrale del Latte di Torino gode di tutte le maggiori certificazioni di qualità ed è stata inoltre, nel 2009, la prima azienda del settore in Italia ad ottenere la Certificazione UNI EN ISO 22000, la norma volontaria più restrittiva per la sicurezza alimentare a tutela del consumatore. I prodotti sono distribuiti attraverso una rete di oltre 170 automezzi refrigerati che giornalmente riforniscono circa 1.600 punti vendita nella Grande Distribuzione e oltre 6.000 negozi al dettaglio. Recentemente il Gruppo ha allargato i propri confini esportando in Cina latte italiano a lunga conservazione e una bevanda di soia ed è tra i primi operatori italiani del settore per volumi esportati in questo Paese.

 

Per maggiori informazioni sull’azienda: www.centralelatte.torino.it 

 

«Con The Waterstone abbiamo sviluppato uno spazio espositivo aperto e coinvolgente, dedicato ai visitatori e alle aziende, in cui le 400 imprese ospiti possono raccontarsi, incontrare altre realtà imprenditoriali, sviluppare e condividere progetti e idee, nonché studiare nuove opportunità di business internazionali – afferma Cristina Balbo, Direttore Regionale Piemonte Valle d’Aosta e Liguria di Intesa Sanpaolo – Da maggio ad oggi, The Waterstone ha ospitato decine di imprese differenti per dimensioni e settori merceologici, ma che condividono una produzione di qualità, l’attenzione alla sostenibilità e una storia imprenditoriale di successo. Expo ci ha insegnato che le nostre aziende hanno bisogno di una vetrina internazionale, e che una banca come la nostra ha il dovere di aiutarle a trovarla. Voglio anche ricordare che, oltre agli eventi con le imprese, il nostro spazio offre appuntamenti con la cultura e con lo spettacolo di elevata qualità.»

Dino Aloi in Tv su France 3

In occasione di un premio vinto a Forte dei Marmi

 

dino 3 aloiLo storico dell’umorismo, vignettista, curatore di mostre e scrittore-editore Dino Aloi  (le cui vignette sono pubblicate anche dal “Torinese”) è stato intervistato dalla rete nazionale francese France 3, in occasione di un premio vinto a Forte dei Marmi. Ecco il link relativo al servizio televisivo. Congratulazioni, Dino!

 

https://www.youtube.com/watch?v=qJoSp3Rdm-Y