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Un weekend a Torino sotto il cielo di Fred

Quest’anno ad iscriversi sono stati ben 430 artisti provenienti da tutta la penisola. Solo 10 sono giunti però alla fase finale divisa in due semifinali e culminante nella finale

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Il fine settimana appena trascorso a Torino è stato all’insegna della musica, quella nuova ed emergente che rendeva omaggio ad un grande maestro torinese, Fred Buscaglione. Ogni due anni prende vita il Festival “Sotto il cielo di Fred” giunto quest’anno alla quarta edizione. Lo scopo del Premio Buscaglione è far emergere nuovi artisti e dare loro la possibilità di farsi conoscere al pubblico e agli addetti ai lavori del mondo della musica. Quest’anno ad iscriversi sono stati ben 430 artisti provenienti da tutta la penisola. Solo 10 sono giunti però alla fase finale divisa in due semifinali e culminante nella finale. A finanziare la manifestazione canora sono stati Avanzi di Balera e la Notte rossa Barbera.  La tre giorni è iniziata giovedì alle Officine Corsare con l’esibizione di Dogomago, Fiorino, Giorgieness, La Municipal e Seo. Di questi sono passati all’ ultima fase solo Fiorino e La Munipal. La prima serata si è poi conclusa con il live degli artisti torinesi Eugenio in Via di Gioia, vincitori del premio della critica alla scorsa edizione. Venerdì è stata la volta degli altri 5 semifinalisti: Albedo, Blindur, Calvino, Le Mura e Lo straniero. La giuria ha fatto passare i primi tre e poi il pubblico ha scelto i due finalisti Albedo e Blindur. Guest star della serata è stato il cantautore sardo Jacopo Incani alias Iosonouncane, il quale ha aperto il suo Mandria Tour proprio a Torino. La serata è stata sold out dopo poco con 200 biglietti venduti in mezz’ora. Per la finale la kermesse si è spostata sabato all’Hiroshima Mon Amour. I primi a salire sul palco sono stati i Blindur con il loro folk rock, esibendosi con due loro pezzi e con una cover di Fred in chiave blues. A seguire Matteo Fiorino che dopo i suoi brani ha messo in scena “Una sigaretta” di Buscaglione con un’ottima interpretazione. I leccesi de La Municipal sono stati i terzi a salire sul palco e hanno presentato una romanticissima “Che bella cosa sei”. A chiudere le esibizioni sono stati gli Albedo con il loro rock dalle sfumature emo. A questo punto la giuria, composta dai rappresentanti di alcuni dei più importanti festival italiani e da esperti provenienti da riviste e webzine del settore, si è riunita per decidere il vincitore. Il pubblico ha potuto così assistere al live di Dente in acustica. Il ritorno sul palco dei presentatori Gigi Giancursi e Ufo degli Zen Circus ha portato i risultati tanto attesi. Ad aggiudicarsi il primo premio di 3000 euro con la partecipazione a 5 festival sono stati i campani Blindur, vittoria meritatissima. Il premio della critica è andato agli Albedo, a Matteo Fiorino il premio King Kong Radio 1 con la possibilità di presentare il suo progetto in radio. La Municipal si è accaparrata il Premio Mei – Sangiorgi, infine il premio La Tempesta nuovamente ai Blindur. A vincere nelle tre serate è stata la musica che ha allietato il pubblico e gli ha permesso di scoprire nuovi talenti che si affacciano nel panorama musicale underground italiano.

Federica Monello

POTATURA DEI PLATANI DI CORSO VITTORIO: DAL 1 MARZO UN MESE DI LAVORI

VITTORIOvittorio colonnaNel tratto compreso tra la stazione di Porta Nuova e corso Vinzaglio/Duca degli Abruzzi
 
 

IL COMUNE DI TORINO INFORMA:

Da martedì 1° marzo 2016 e fino a fine mese si svolgerà la potatura dei filari alberati di corso Vittorio Emanuele II, nel tratto compreso tra la stazione di Porta Nuova e corso Vinzaglio/Duca degli Abruzzi.

I lavori inizieranno con la tratta tra largo Vittorio Emanuele II/corso Galileo Ferraris e corso Re Umberto, prima dal lato sud e poi a ritornare sul lato nord; proseguiranno poi nella tratta tra largo Vittorio Emanuele II e corso Vinzaglio/Duca degli Abruzzi, prima sul lato nord e poi a tornare indietro sull’altro lato del corso. Da corso Re Umberto a Porta Nuova sarà la terza e ultima tratta, prima lato nord, poi lato sud

Si tratta di 122 platani che non venivano potati dal 2006: era assolutamente necessario provvedere.

Per realizzare i lavori in sicurezza è stato necessario, come per ogni filare alberato che si trova lungo assi tranviari, richiedere a Gtt di disattivare le linee elettriche aeree in tensione e pertanto saranno apportate delle modifiche alle linee dei mezzi pubblici nella tratta interessata dalla potatura.

I lavori dureranno per tutto il mese di marzo.

La Città è consapevole dei disagi che si creeranno per gli automobilisti e i passeggeri del servizio di trasporto pubblico, essendo corso Vittorio un asse importante ma le ragioni dell’intervento sono molteplici e legate a:

– la necessità di operare nella stagione più fredda, poiché le piante di specie platano sono vincolati dalla normativa nazionale in materia di contrasto alla diffusione del cancro colorato del platano, che prevede tale modalità.
– La necessità di prevedere l’eventualità di eventi meteo avversi, che impediscano il proseguimento delle lavorazioni per più giorni di seguito.

Nel corso dei lavori verranno rimossi nel corso Vittorio Emanuele II alcuni esemplari di platano, colpiti da cancro colorato (otto in tutto). Sette tagli nella tratta tra corso Inghilterra e piazza Adriano lato nord, un taglio all’angolo con via Morosini lato sud.

Le rimozioni sono la conseguenza di un’ingiunzione del Settore Fitosanitario della Regione Piemonte, l’ente competente per la lotta alla malattia. Il cancro colorato è, infatti, una patologia fungina gravissima specifica del platano, la cui lotta è obbligatoria ed è regolamentata dal DM 17 aprile 1998, poi modificato con DM 29 febbraio 2012, e dalle relative circolari applicative.

Il taglio tempestivo delle piante malate e di quelle limitrofe è obbligatorio per legge e molto importante al fine di ridurre la diffusione della malattia e salvaguardare i viali cittadini di platano. Nelle località dove sono presenti focolai di cancro non è possibile sostituire le piante malate con nuovi alberi per almeno cinque anni.

www.comune.torino.it – foto: il Torinese

A Palazzo Arsenale un incontro dedicato al Generale Govone

Il volume di Franco Contaretti presentato alla Scuola di Applicazione dell’Esercito
ESERCITO BERTO LIBROESERCITO MARZANIESERCITO AULA MAGNA

Presentata nell’aula magna di Palazzo Arsenale la biografia di Giuseppe Govone, generale piemontese fra i più interessanti protagonisti della storia militare italiana del XIX secolo. Il titolo del saggio, “Al servizio dello Stato. Giuseppe Govone (1825 – 1872)” già di per sé anticipa le conclusioni di una ricerca storica puntuale e rigorosa, attraverso la quale si pone l’accento sui valori che hanno ispirato Govone nel corso della propria vita di uomo e di soldato. Ai saluti del Comandante per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito, Generale di Divisione Claudio Berto, e del Presidente del Centro Studi Piemontesi, Giuseppe Pichetto, è seguita una conversazione fra l’autore del saggio, Franco Contaretti, ed  il Tenente Colonnello Marcello Marzani, in servizio presso l’Istituto di studi militari. Annoverato da Piero Pieri fra gli “elementi più intelligenti e vivaci” dell’epoca, Govone fu brillante ufficiale di Stato Maggiore, ideatore di un moderno servizio informativo, acuto reporter di guerra, sagace diplomatico e ottimo comandante. L’ingresso in politica lo proiettò in un mondo inaspettatamente ostile e che, urtando con i suoi principi, lo condusse prima alla follia quindi alla morte a soli 46 anni. Alla presentazione del volume, edito nel 2015 dal Centro Studi Piemontesi e corredato dalla prefazione di Rosanna Roccia ha assistito un folto pubblico di appassionanti, cultori di storia, ed una rappresentanza di ufficiali frequentatori. Fra i presenti Fabrizio Pace, sindaco di Isola d’Asti, città natale del generale Govone. L’iniziativa si colloca nel novero dei progetti volti a migliorare ed ampliare la preparazione culturale dei giovani ufficiali dell’Esercito.

Il Direttore della Venaria Reale alla Scuola di Applicazione dell’Esercito

Mario Turetta parla di leadership agli Ufficiali frequentatori
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L’importanza della leadership nella missione di tutela e valorizzazione del nostro patrimonio culturale è stato il tema conduttore della conferenza tenuta ieri a Palazzo Arsenale da Mario Turetta, direttore del Consorzio di Valorizzazione della Venaria Reale. Dopo il saluto e l’introduzione del Comandante per la Formazione e Scuola di Applicazione, Generale di Divisione Claudio Berto, il dottor Turetta ha analizzato la genesi e l’evoluzione del Polo Reale torinese, realtà che riunisce in un unico grande progetto museale Palazzo Reale, i Giardini Reali, la Biblioteca Reale, l’Armeria Reale, la nuova Galleria Sabauda, il Museo Archeologico e Palazzo Chiablese. Il polo si estende su una superficie di 3 chilometri con percorso espositivo di 55.000 metri e racconta una storia lunga oltre 2000 anni, dal primo insediamento romano cittadino all’unificazione nazionale. Un unicum che conferma la centralità di Torino e del suo patrimonio artistico, architettonico e storico in ambito europeo e mondiale Nel suo intervento dinanzi ai frequentatori dell’Istituto di studi militari Mario Turetta ha affermato che il leader “è colui che riesce a trasformare visioni ed intuizioni in fatti concreti”. Nello specifico settore dell’arte e dellaturetta cultura “una efficace azione di leadership si risolve nella realizzazione di progetti ambizioni e di rilevanza strategica per il territorio”. Dirigente generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Mario Turetta ha ricoperto incarichi chiave a Roma, in Piemonte e Lombardia. Protagonista dell’ingresso a pieno titolo del capoluogo piemontese fra le principali mete turistiche italiane, dal 2013 dirige la Venaria Reale, storica residenza sabauda iscritta nella Lista del Patrimonio dell’umanità dal 1997. Il suo intervento a Palazzo Arsenale si colloca nell’ambito dei “giovedì culturali”, appuntamenti mensili il cui obiettivo è allargare le conoscenze e gli orizzonti di pensiero dei futuri dirigenti militari.

La locomotiva di Pietro Rigosi

locomotiva guccini trenoIl fuochista anarchico Pietro Rigosi, 28 anni, sposato e padre di due bambine di tre anni e dieci mesi, poco prima delle 5 pomeridiane del 20 luglio 1893 si impadronì di una locomotiva sganciata da un treno merci nei pressi della stazione di Poggio Renatico e si diresse alla velocità di 50 km/h, che per quei tempi era notevole, verso la stazione di Bologna. Il personale tecnico della stazione deviò la corsa della locomotiva su un binario morto, dove si schiantò contro sei carri merci in sosta

 

 

“..E che ci giunga un giorno ancora la notizia di una locomotiva come una cosa viva, lanciata a bomba contro l’ingiustizia”. Così termina “La locomotiva”, la più popolare delle canzoni composte da Francesco Guccini, compresa nell’album “Radici” del 1972.  In tantissimi l’hanno cantata, ritmandone le strofe,  ma è difficile stabilire in quanti davvero sanno che questa ballata si riferisce ad un fatto realmente accaduto che vide protagonista il ventottenne anarchico bolognese Pietro Rigosi. Era il 20 luglio 1893 quando Rigosi,aiuto macchinista(per l’esattezza,fuochista) delle Ferrovie del Regno d’Italia, impadronitosi di una locomotiva in sosta, la mise in moto, lanciandola sui binari alla velocità di 50 chilometri all’ora che ,per quei tempi, era davvero notevole. La locomotiva era la “3541”, una delle centotrenta unità della Rete Adriatica; e trainava un treno merci. Quel giorno, durante una sosta nella stazione ferrarese di Poggio Renatico ( attualmente sulla linea Padova-Bologna, ndr)  approfittando della momentanea assenza  di Carlo Rimondini, macchinista titolare, Rigosi – che lavorava in quella stazione- salì sulla locomotiva e la portò a tutta velocità verso Bologna.

 

Venticinque minuti dopo l’allarme la “macchina pulsante  che sembrava fosse cosa viva” entrò alla stazione felsinea e, agli attoniti responsabili della linea ferrata, non rimase che deviarla su un binario morto. Rigosi, passando sugli scambi, comprese la situazione: smise di spalare il carbone, uscì dalla cabina e si arrampicò sul muso della macchina, proprio sotto il fanale, come per prepararsi al sacrificio. Lo schianto contro la vettura di prima classe e i sei carri merci che si trovavano in sosta sul binario tronco fu tremendo, ma l’uomo si salvò: evidentemente l’urto lo fece schizzare via prima che i due veicoli si incastrassero l’uno nell’altro. “Il disastro di ieri alla ferrovia. L’aberrazione di un macchinista“, titolò il quotidiano bolognese “Il Resto del Carlino” del 21 luglio 1893. Nell’articolo si leggeva: “Poco prima delle 5 pomeridiane di ieri, l’Ufficio guccini1Telegrafico della stazione (di Bologna, ndr) riceveva dalla stazione di Poggio Renatico un dispaccio urgentissimo (ore 4,45) annunziante che la locomotiva del treno merci 1343 era in fuga da Poggio verso Bologna. Lo stesso dispaccio era stato comunicato a tutte le stazioni della linea, perché venissero prese le disposizioni opportune per mettere la locomotiva fuggente in binari sgombri dandole libero il passo in modo da evitare urti, scontri o disgrazie. […] Capo stazione, ingegneri e personale del movimento furono sossopra e chi diede ordini, chi si lanciò lungo la linea verso il bivio incontro alla locomotiva che stava per giungere. Non si sapeva ancora se la macchina in fuga era scortata da qualcuno del personale; e solo i telegrammi successivi delle stazioni di San Pietro in Casale e Castelmaggiore, che annunziavano il fulmineo passaggio della locomotiva, potevano constatare che su di essi stava un macchinista e un fuochista. Ma la corsa continuava e la preoccupazione alla ferrovia cresceva […]“.

 

A Rigosi venne amputata una gamba, il viso rimase deformato dalle cicatrici, dovette sopportare una lunga degenza all’ospedale, ma dopo circa due mesi fece ritorno a casa. Nessuno seppe mai il vero motivo del suo folle gesto, ma un cronista della “Gazzetta Piemontese”( che l’anno successivo cambiò nome in “La Stampa”) riportò che, dopo il ricovero, l’uomo si lasciò sfuggire la frase “Che importa morire? Meglio morire che essere legato!”. Queste sue azioni , essendo un anarchico, vennero da molti interpretate come un disperato gesto di protesta contro le difficilissime condizioni di vita e lavoro dell’epoca e contro l’ingiustizia sociale che, a quel tempo, si manifestava in forme inaccettabili. Accadeva così anche nel mondo del trasporto ferroviario, dove le carrozze e i convogli di prima classe erano di gran lusso, mentre per le “classi” inferiori c’erano carrozze completamente fatiscenti e scomode.  La stessa vita dei macchinisti, tra fine ottocento e primo novecento, era durissima. Turni ininterrotti fino a trenta o quaranta ore, esposizione alle intemperie su macchine senza alcuna protezione, disciplina militare. Un lavoro pesante, da rompersi la schiena: una corsa da Venezia a Bologna costringeva il fuochista a spalare anche quaranta quintali di carbone. E la mortalità era altissima: i macchinisti che raggiungevano la pensione erano appena il 10% del totale. Rigosi,in più, si era segnalato per l’indole ribelle e insofferente alla disciplina ferrea che a lui e agli altri  veniva imposta .treno locomotiva guccini

 

La conferma si trova nei registri ferroviari dell’epoca che riportano le “sanzioni” che gli furono comminate in ragione di questa insofferenza all’ambiente lavorativo: “…multa di lire 5 per aver risposto con modo sconveniente al Capo Deposito di Piacenza mentre questi faceva delle giuste osservazioni al suo macchinista;sospensione per tre giorni dal soldo e dal servizio per essere venuto a diverbio col macchinista Baroncini Federico, per futili motivi, tra Mestre e Marano;sospensione dal soldo e dal servizio per giorni tre per aver preso in mala parte una frase detta per ischerzo da un macchinista del Deposito di Milano e non a lui rivolta, provocando così un diverbio, seguito da vie di fatto, in stazione di Piacenza;sospensione dal soldo e dal servizio per giorni due per aver preso parte a un deplorevole alterco sotto la pensilina della stazione di Padova;assente alla partenza del treno 1008 del 7 agosto sebbene avvisato, il giorno prima e avanti alla partenza, dallo svegliatore”. Per il suo gesto, il “ pazzo che si è lanciato contro al treno” non ricevette nessuna pena giudiziaria, ma soltanto un esonero dal servizio in ferrovia per motivi di salute (e non un licenziamento in tronco) e la corresponsione di un sussidio non particolarmente elevato. Però quando, al ritiro del sussidio, lesse il motivo dell’esonero (“buona uscita”), cambiò idea e si rifiutò di firmare. Accettò di ritirare la somma solamente dopo che la motivazione venne sostituita con “elargizione”. Dopotutto, testardamente, era convinto di quella grande forza che “spiegava allora le sue ali”, con  “parole che dicevano “gli uomini son tutti uguali“, fino al punto di compiacersi se, contro ai re e ai tiranni,  “scoppiava nella via la bomba proletaria e illuminava l’ aria la fiaccola dell’ anarchia”. Quindi, la “buona uscita” equivaleva ad un’inaccettabile offesa.

 

Marco Travaglini

SETTIMANA RICCA DI EVENTI A SAN SEBASTIANO PO

san sebastiano po

Mercoledì 10 l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Beppe Bava organizza le celebrazioni per la Giornata della Memoria degli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia

 

Quella che si sta per aprire è una settimana ricca di iniziative per San Sebastiano Po, comune del Chivassese. Martedì 9 febbraio si chiudono i festeggiamenti del carnevale con il pranzo il società alla Società Operaia Colombaro. Mercoledì 10, invece, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Beppe Bava organizza le celebrazioni per la Giornata della Memoria degli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, trucidati in una pulizia etnica alla fine della seconda guerra mondiale dai titini. Sabato 13, poi, parrocchia e circolo culturale organizzano una serata pro oratorio Regina Pacis con la proiezione di fotografie del campeggio 2015, mentre l’amministrazione comunale mette “in campo” l’iniziativa “Thè anziani in biblioteca”. E domenica all’Usr Ancora c’è la tradizionale fagiolata ed in parrocchia si celebra la “Giornata del malato”.

 

Massimo Iaretti

Sulle note di Schindler’s List, danzando sul ghiaccio, lo sport ricorda la tragedia della Shoah

pattinatori shoahI pattinatori azzurri Charlène Guignard e Marco Fabbri ieri ospiti a Palazzo Lascaris “raccontano” la memoria dell’Olocausto

 

Nell’ambito delle manifestazioni per il “Giorno della Memoria” in cui si rievoca il dramma della Shoah, il Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte è stato promosso, mercoledì 3 febbraio, alle 11.oo, nella sala Viglione di Palazzo Lascaris a Torino (Via Alfieri,15) l’incontro dal titolo  “Schindler’s List: lo sport ricorda la tragedia dell’Olocausto”. Charlène Guignard e Marco Fabbri, coppia di danza sul ghiaccio della Nazionale italiana che ha partecipato alle Olimpiadi di Sochi 2014, per la stagione 2015 – 2016,  hanno creato e interpreto un programma libero sulle note delle musiche del film “Schindler’s List” di Spielberg. Una scelta importante, ricca di valori e suggestioni, che contribuisce a trasmettere, anche attraverso l’attività sportiva ed artistica del pattinaggio su ghiaccio, la memoria del dramma dell’Olocausto che ha segnato indelebilmente la storia del Novecento.Il Consiglio regionale del Piemonte, scegliendo la loro danza libera per celebrare il “Giorno della memoria”, ha preso una decisione significativa che vuole sottolineare come l’arte, come lo sport possano contribuire e perpetrare il ricordo, possano aiutare le nuove generazioni a non dimenticare mai le atrocità di cui l’umanità si è macchiata.All’evento sono intervenuti il presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Mauro Laus, il vicepresidente Nino Boeti, gli atleti Charlène Guignard e Marco Fabbri, la loro allenatrice Barbara Fusar Poli, bronzo alle Olimpiadi di Salt Lake City 2002 e campionessa del mondo nel 2001 ed il coreografo Corrado Giordani. Ha moderato l’incontro  Barbara Castellaro, giornalista di ArtOnIce. Durante l’incontro è stato proiettato il filmato del programma degli atleti azzurri.

 

Marco Travaglini

A marzo il nuovo Jazz Club tra concerti e cucina a km zero

 jazz3jazz1jazz2Una nuova formula enogastronomica e di offerta musicale a Torino, una delle città italiane da sempre patria del jazz

 

Il respiro internazionale di Torino si misura anche dal fatto di essere, ormai da molti anni, al pari di città come Milano e New York, sede di un ” jazz club”, di un luogo di culto dove viene suonata musica jazz di qualità. Come Milano vanta il celebre Blue Note in via Borsieri, una  delle vetrine più celebri del jazz internazionale, che può ben competere con il Greenwich Village di New York e con l’omologo a Tokyo, in Giappone, così Torino dagli anni Duemila ha offerto alla classe intellettuale e agli amanti del jazz una sede con ricche proposte musicali jazz.

 

Il Jazz Club di piazzale Valdo Fusi ora si rinnova. La sua nascita risale al 2005 e è stata dovuta all’iniziativa di Fulvio Albano e Gianni Basso, già attivi dal lontano ’82 nel dirigere il circolo ” AT Big Band” prima e poi l’associazione musicale Arsis. Al Jazz Club sono nati la Jazz Orchestra e L’Italian Sax Ensemble,  oltre che il Jazz Club Torino Big Band. In passato il Jazz Club è stato un luogo culto non soltanto per l’esecuzione di concerti jazz, ma anche per l’ascolto dello swing, del lindy Hop e dei concerti della jam session,  oltre a aver proposto giovani talenti molto interessanti.

 

Ora tutto ciò verrà proposto in una veste rinnovata. Il locale, grazie all’iniziativa di alcuni professionisti e amici molto appassionati di jazz, che hanno deciso di operare in maniera fattiva con il layout originario, è oggetto di un restyling che si concluderà nel mese di marzo. Secondo le intenzioni dei nuovi soci, la programmazione musicale dovrà essere mantenuta di alto livello e implementata, così come dovranno essere conservate le posizioni già maturate nel passato dal Jazz Club all’interno del Torino Jazz Festival, nella rassegna Mito e nel Jazz Festival di Avigliana. Un aspetto che sta molto a cuore alla nuova società è rappresentato dalla diversificazione dell’offerta culturale. Il Jazz Club sarà aperto, infatti, cinque giorni la settimana e alcune volte anche al pomeriggio per concerti tardo pomeridiani, in collaborazione con alcune istituzioni culturali cittadine, con cui sono in definizione degli accordi. Nelle due sere più importanti la settimana, coincidenti con il week end, verrà istituito il doppio spettacolo, uno alle 20.30, rivolto al pubblico che gradisce un ascolto di musica jazz tradizionale, il secondo per chi voglia ascoltare un ensemble di lindy hop. La serata del sabato sarà anche dedicata al ballo, con il tradizionale appuntamento,  dalle 23, con il fidelizzato dj Margiotta e il Jazz Dance Club, con possibilità di cenare prima e di assistere alla musica dal vivo.

 

L’offerta gastronomica sarà completamente rinnovata, attraverso una proposta di una cucina a km zero, con prodotti del territorio e un menu che varierà a cadenza quindicinale. Il Jazz Club, grazie a questo restyling anche architettonico, sarà un locale in grado di offrire, inoltre,  uno spazio adeguato per organizzare eventi privati e aziendali. Tra gli sponsor che sostengono questo restyling figura l’azienda cuneese Toso spa.

 

Con il Jazz Club rinnovato Torino si confermerà, come in passato, capitale del jazz. Come non ricordare la celebre esibizione di Louis Armstrong a Torino, che non fu un momento estemporaneo nella vita del capoluogo subalpino, quanto il coronamento di anni di interesse verso una musica che nacque tra gli schiavi neri d’America a fine Ottocento, e che travalico’ sempre la classificazione in un rigido genere musicale? Negli anni Trenta del Novecento il centro di ritrovo un buon numero di amanti del jazz era, infatti, un caffè di piazza Crimea, dove il collezionista Alfredo Antonino proponeva degli “ascolti commentati”, tratti dalla sua ricca collezione di oltre trecento dischi. Anche Cesare Pavese e il musicologo Massimo Mila si interessarono di jazz. A distanza di quasi cent’anni dalle serate musicali in piazza Crimea, gli amanti del jazz potranno, nel rinnovato Jazz Club, godere dell’ascolto di una musica che, come disse George Gershwin, “come la vita, è meglio quando si improvvisa”.

 

Mara Martellotta

Banche in Italia: qualcosa è cambiato

moneyferrareseL’angolo del Private Banker /

 

di Fabio Ferrarese

 

Dal primo di gennaio di quest’anno un’importante riforma, che riguarda il sistema bancario ed in particolare gli eventuali futuri fallimenti degli istituti di credito, è entrata in vigore in Italia: la così detta “bail-in”. L’espressione inglese significa letteralmente salvataggio interno e si contrappone alla precedente logica del bail-out che veniva applicata in precedenza nel nostro Paese e che faceva ricadere sulle finanze pubbliche il costo delle ristrutturazioni bancarie.

 

Il bail-in permette, alla Banca d’Italia, di disporre la riduzione del valore delle azioni e di alcune passività, o la conversione di queste ultime in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà in misura tale da ripristinare un’adeguata capitalizzazione, mantenendo così la fiducia del Mercato.Il provvedimento fa parte di una Direttiva europea che è stata recepita in Italia il 16 novembre 2015 e che è conosciuta sotto l’acronimo BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), la quale introduce in tutti i Paesi Europei regole armonizzate, per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento.

 

La Direttiva fa parte di un più vasto sistema di riforme promosso a livello internazionale, al fine di consentire una gestione ordinata delle crisi attraverso l’utilizzo di risorse del settore privato, riducendo così gli effetti negativi sul sistema economico ed evitando che il costo dei salvataggi gravi sui contribuenti. Che cosa cambia per i clienti delle banche coinvolte?

 

Il regime di bail-in, secondo una precisa gerarchia, coinvolge azionisti e creditori non garantiti, sino al soddisfacimento degli importi necessari per ripianare l’eventuale disavanzo patrimoniale della banca. Tale gerarchia prevede che i primi ad essere coinvolti siano gli azionisti, seguiti dai detentori di obbligazioni subordinate e poi dagli altri obbligazionisti (che in molti casi sono clienti della banca che hanno investito in questi strumenti finanziari i loro risparmi). I depositi ed i saldi di conto corrente potrebbero inoltre essere aggrediti per la parte che eccede i centomila euro per ogni nominativo intestatario degli stessi. In nessun caso gli azionisti ed i creditori potranno però subire perdite maggiori di quelle che avrebbero sopportato nell’eventualità di liquidazione della Banca, secondo le procedure di tipo ordinario (principio del no creditor worse off). 

 

L’argomento è certamente di grande attualità, basti pensare a quanto accaduto nelle ultime settimane a Banca Marche, Carichieti, Popolare Etruria e Carife (azzeramento del valore delle azioni e annullamento delle obbligazioni subordinate) con centinaia di clienti traditi ed impoveriti. Un esempio significativo è quello di Banca Marche, dove la metà dei circa 400 milioni di euro di obbligazioni subordinate sono in mano a clienti privati con scenari devastanti per le famiglie coinvolte.

 

L’applicazione del nuovo regime di bail-in avrà impatti su tutto il sistema bancario italiano e certamente rafforzerà ulteriormente il principio secondo cui la solidità patrimoniale rappresenta un elemento fondamentale nella scelta della banca da parte dei clienti depositanti. Negli ultimi anni alcune realtà hanno attratto i risparmiatori della nostra Penisola con offerte apparentemente vantaggiose, ma che alla fine si sono rivelate per quello che erano.

 

I clienti che intendono depositare i propri danari devono oggi più che mai abituarsi a cercare quegli interlocutori di mercato in grado di dare loro una tutela maggiore. E questa può essere ricercata solo nella capitalizzazione e solidità degli interlocutori. Ma come può un semplice risparmiatore venire a conoscenza della solidità della propria banca? Semplice, basta chiedere di conoscere un coefficiente indicativo di patrimonializzazione e liquidità chiamato common equity Tier 1 Ratio (in sigla CET1). Un consiglio attuale: scegliete sempre banche che abbiamo CET1 molto alti, ne va della vostra serenità futura.

 

Per curiosità ed approfondimenti potete scrivere a fabio.ferrarese@yahoo.it

Piazza Paleocapa terra di addetti al parcheggio abusivi e aggressivi

parcheggiatore abusivoQuesta segnalazione vuole essere un ennesimo appello affinché l’amministrazione comunale, sia quella uscente, sia quella che verrà eletta il prossimo giugno (si spera con maggior vigore e risultati) prenda in seria considerazione il problema della sicurezza in città , senza esclusione di quartieri : centro , periferie, zone ospedali

 

È’ da tempo oramai che si aggirano uomini  nel bel mezzo della piazza a tutte le ore del giorno e della notte. Questi sono soliti stazionare con una borsa a spalla davanti ai bar e ristoranti e appena intravedono un’auto dall’ingresso di Piazza Carlo Felice si affrettano a segnalare i posti per poi aggredire verbalmente e mimando minacce fisiche chi li ignora durante le manovre di parcheggio .

 

L’accento è’ straniero , probabilmente dell’est Europa e il loro atteggiamento è davvero molto inquietante perché oltretutto tentano di non fare parcheggiare le auto occupando fisicamente il posto e il loro fare minaccioso viene ostentato ancora più ferocemente nei confronti delle donne sole, alle quali si avvicinano mentre escono o entrano nella loro auto farfugliando e inveendo , anche visibilmente ubriachi. Urlano insulti di qualunque genere e ricattano i proprietari dei veicoli in sosta dicendo che se non consegnano loro del denaro , rovineranno e sporcheranno l’auto parcheggiata .

 

Questa segnalazione vuole essere un ennesimo appello affinché l’amministrazione comunale, sia quella uscente, sia quella che verrà eletta il prossimo giugno (si spera con maggior vigore e risultati) prenda in seria considerazione il problema della sicurezza in città , senza esclusione di quartieri : centro , periferie, zone ospedali, ovunque il tema dei parcheggiatori abusivi e pericolosi ,per la maggior parte di origine straniera ,è diventato allarme sociale per le strade di Torino.

 

 Clelia Ventimiglia

(Foto: il Torinese)