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ANNO DI TRIONFI PER IL SALSASIO

Dopo la vittoria della Coppa Piemonte della Provincia di Torino, prosegue l’avventura dell’Usd Salsasio in Coppa, portando a casa anche la vittoria in campionato e passando così in Seconda Categoria. In campionato i rossoneri hanno trionfato a casa dello SportInsieme Piobesi Torinese con uno straordinario 7 a 0 con triplette di Falconi, Manescotto e rete di Beltrame. Perse invece le ultime due partite, con un 2 a 0 contro l’Atletico Volvera e 1 a 3 in casa contro il Cumiana, quando però ormai il campionato si era già tinto di rossonero. In conclusione dell’ultima giornata di campionato, domenica 20 maggio si è tenuta la premiazione della vittoriosa Salsasio da parte della Delegazione FIGC Lnd di Pinerolo nella persona di Giuliano Miegge. In Coppa Piemonte il Salsasio, squadra rappresentante la provincia di Torino, dopo la netta vittoria contro il Virtus Saluggia con reti di Falconi, Dellunto e Manescotto, i rossoneri hanno poi passato il turno e vinto il triangolare, grazie al pareggio che ha dato la vittoria al Salsasio per via della differenza reti, contro la squadra rappresentate la provincia di Aosta la Montjovet Champdepraz, giocata in casa mercoledì 23 maggio e finita 4 a 4 con goal di Dallunto, Audisio, Falconi e Manescotto. Ora si proseguirà con le semifinali regionali.

Ivan Quattrocchio

GIORGIO BOLOGNESE, LA MUSICA CHE PARLA AL CUORE IN SILENZIO

Dal 20 aprile 2018 ‘2 Luglio’ – edito da Gatto Panceri – il capolavoro strumentale del Compositore e Direttore D’Orchestra che celebra in musica l’universo femminile

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Venerdì 20 aprile 2018 debutta con il capolavoro strumentale ‘2 Luglio’ nel panorama discografico italiano – disponibile in tutte le piattaforme digitali – il nuovo talento pianistico e compositivo della scena classic-pop nazionale, in uscita per ‘Capogiro Records’ (distr. ‘Believe Digital’), storica etichetta indipendente torinese per cui hanno inciso artisti del calibro di Gerardina Trovato e Franco Tozzi, oltre ad aver collaborato negli anni con voci di primo piano quali Rita Pavone, Mario Lavezzi e Piero Chiambretti, tra i tanti.


In qualità di Editore del brano, con la neonata ‘Vivo per Lei Edizioni Musicali’, Gatto Panceri, tra gli hitmakers e cantautori più stimati e rappresentativi del panorama italiano.

Il brano, poco più di tre minuti di vibrante intensità disponibili sul Canale YouTube dell’artista (con il videoclip ufficiale firmato dal regista torinese Anthony Louis, disponibile al link https://www.youtube.com/watch?v=SG8AJbFjetE), “è un omaggio – spiega il raffinato musicista – intenso e appassionato, accorato e delicato insieme al rispetto dell’universo femminile. Un grido silenzioso e avvolgente che invita a guardare alle quote rosa come risorse preziose e inalienabili cui rivolgersi per la completezza del genere umano”. Un canto appassionato, reso con il solo ausilio della voce senza tempo del pianoforte. Il mezzo privilegiato con il quale il ricercato artista torinese (che tradisce, però, origini pugliesi) ha costruito negli anni un credibile percorso anche in veste di stimato compositore, spaziando con equilibrio e altrettanta eleganza dalla musica jazz a quella leggera, prevalentemente strumentale, con estrema facilità ed evidente naturalezza. Perché il titolo evocativo ‘2 Luglio’? “Le cose migliori, si sa, nascono per caso. Il brano nasce quale colonna sonora di un cortometraggio così chiamato – frutto dell’estro creativo della regista Tatjana Callegari – dedicato a un eccidio di eroi della Resistenza, nel lontano 1944. Partigiani, alle cui figure sono particolarmente legato, anche per via del fatto che mio papà ne fece parte, in tempi lontani, regalandomi la libertà di cui ancora oggi posso godere. Io, come anche tanti altri“, ricorda il Maestro, che sottolinea: “Cuore del video è una sequenza in cui una mannaia, animata dalla mano criminosa di un nazista, sta per abbattersi letale su una vita umana, che si fa allegoria e metafora del dramma di migliaia di donne che, quella scena, l’hanno purtroppo già vissuta“.

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Manager per necessità, artista per vocazione”, Giorgio Bolognese reca in sé i geni nobili di una storia importante: quella di un uomo che, oggi, dopo una brillante carriera ultradecennale al vertice di aziende leader di settore, “ricomincia proprio da qui. Dalla musica. Il primo amore, del resto, non si scorda mai“, racconta. La musica che parla all’uomo, alla sua anima. La musica che fa del bene, che cambia le vite, allieta il cammino e alimenta destini altrimenti destinati all’emarginazione. All’abbandono, all’oblio. E’ questa, infatti, la musica che mi interessa” (Giorgio Bolognese). E’ a loro che il Maestro torinese si rivolge, tramite la nobile attività dell’Associazione Onlus ‘Charity4all’, caso unico in Italia di Ente benefico nato al fine di sostenere e promuovere raccolte fondi tese al sostegno degli scopi sociali di altre realtà operanti nel cosiddetto Terzo Settore. Come? Attraverso la rappresentazione e la messa in scena di spettacoli di solidarietà, aventi per protagonista artisti emergenti e non. Giogio Bolognese, inoltre, è stato scelto a Sanremo 2018 come Opinionista del Team di Esperti Professional che tutti i giorni, insieme a una nutrita squadra di volti noti delle sette note tra cui anche i Matia Bazar, lo stesso Gatto Panceri, Andrea Mingardi e molti altri, ha commentato giornalmente il ‘Festival di Sanremo’ dalle pagine di Sanremonews.it, da sempre il portale più amato e seguito durante la kermesse canora italiana per antonomasia. Il brano ’2 Luglio’ sarà disponibile in vendita su tutte le piatteforme digitali a partire dal 20 Aprile 2018. Suonare il rispetto per le donne, oggi, è possibile. Parola di Giorgio Bolognese.

 

GATTO PANCERI SU GIORGIO BOLOGNESE:

 

Le canzoni, sia cantate che suonate, hanno il primario dovere di essere sempre portatrici di valori positivi. Sono per la vita, contro gli omicidi e i femminicidi, contro tutto ciò che non è vita. A volte le note parlano più delle parole, come nel caso di questo brano e del suo autorevole compositore ed esecutore. Brani come ‘2 Luglio’ sono convincenti più di certe parole, anche di più delle stesse parole. La musica è propriamente definita ‘linguaggio universale’ proprio perché priva di confini linguistici. Ho scelto di scendere al fianco del Maestro Giorgio Bolognese per il rilancio italiano della musica di qualità: che, sia chiaro, non è solo quella cantautorale di cui faccio parte, ma abbraccia anche la musica strumentale, le colonne sonore e tutto quanto gira intorno alla magia di un pianoforte, come in questo caso: felice di fare da Editore a questo brano“.

(Gatto Panceri)

 

 

 

A Torino il Salone internazionale del riso

La celebrazione di un alimento completo e prezioso

Il Riso, in greco Oryza, è una pianta erbacea della famiglia delle Graminacee le cui origini ci riportano in Cina nel VI millennio A.C. e costituisce una fonte di cibo per almeno la metà della popolazione mondiale. Ne esistono tre varietà, la indica, japonica quella prodotta nel nostro paese e utilizzata per i risotti – e la javanica. L’italia è il 27° produttore al mondo in coda a molti importanti paesi come l’India, il Vietnam, gli Stati Uniti e ovviamente la terra della Grande Muraglia che detiene il primo posto. Le molte varietà sono legate al tipo di lavorazione a cui il riso viene sottoposto, da quello grezzo a al semi-sbiancato, dal raffinato al camolino fino ai brillati e paraboiled privati delle specificità originarie ma più resistenti alla cottura. E’ un alimento completo che contiene carboidrati, fibre e proteine, un cereale ad alta digeribilità molto indicato, per la bassa quantità di sodio, a chi soffre di ipertensione arteriosa. E’ inoltre privo di glutine, adatto quindi a chi è affetto da celiachia, e nella versione integrale un grande alleato, grazie sue proprietà sazianti, di coloro che sostengono diete dimagranti. La sua azione antistress, dovuta all’alto contenuto di potassio e alle vitamine del gruppo b, e le sue caratteristiche biochimiche, che ne fanno un eccezionale ingrediente nelle ricette di bellezza anti-età, ci confermano che il riso è una risorsa importante che arricchisce con proprietà benefiche la nostra routine alimentare e ci supporta nella preparazione di trattamenti legati alla salute e alla cosmesi. Per celebrare questo alimento e raccontarne più a fondo le peculiarità, si svolgerà a Torino dal 7 al 10 ottobre Sainder – il Salone Internazionale del Riso. Durante la manifestazione ci saranno degustazioni delle più rinomate tipologie di riso accompagnate dagli alimenti che meglio vi si sposano , convegni e presentazioni di libri dedicati. Si potranno acquistare inoltre le varietà del prodotto che più ci piacciono o quelle che non troviamo facilmente nella spesa quotidiana. Un impulso questo a conoscere meglio questo prezioso alimento presente sulle nostre tavole ma anche una spinta ulteriore al suo consumo per le sue proprietà nutrienti, la facilità nella preparazione e i costi contenuti. Come dice un anonimo cinese “Mangia il tuo riso, al resto ci penserà il cielo”.

Maria La Barbera

 

Studiare negli Usa ora è più semplice

Oggi è più facile per i giovani  italiani studiare all’università negli Stati Uniti, con le borse di studio erogate presso le università

Da più di trent’anni Mondo Insieme si occupa, tra i vari programmi, di formule di anno scolastico all’estero in quaranta Paesi nel mondo. Più del 50% degli studenti sceglie gli Stati Uniti come meta d’eccellenza, sia per il forte ruolo esercitato in Italia dai film americani, sia per il fascino da parte della high school nella scelta delle materie, oltre che per il grande risalto del talento sportivo, artistico e musicale, la possibilità di padroneggiare l’inglese e la valorizzazione dei risultati. Il Programma Campus USA nasce grazie al partner americano Go Campus, il cui direttore Francisco Mosca sarà presente agli incontri di presentazione in programma a Milano, Torino, Bologna ed Udine. Go Campus soddisfa le richieste degli ex Exchange Students di tutto il mondo che, al rientro, decidono di proseguire gli studi all’estero e di tutti coloro che hanno sempre desiderato frequentare l’università negli States. In modo particolare risponde all’esigenza di ottenere una borsa di studio per finanziare una parte consistente degli studi che, negli Stati Uniti, durano quattro anni per l’Undergraduate” ed uno e mezzo o due anni per il Master. Le borse di studio arrivano a coprire fino al 70% dei costi annuali di tuition, room and board (studi, vitto e alloggio – garantito in campus). La maggior parte di questi studenti spende all’anno tra i $13.000 e i $18.000. Queste borse di studio non si basano sul reddito, né esclusivamente sul profitto. Tutti possono ricevere una borsa di studio per un “fresh start” nel mondo universitario americano. Le borse di studio sono assegnate dalle università, per le quali la multiculturalità è una priorità, al fine di avere uno scambio di idee e di mentalità. Agli incontri saranno le università stesse a spiegare ai ragazzi perché assegneranno loro delle borse di studio.“Go Campus la scorsa settimana era in Cina, dopo l’Italia andrà in Danimarca – spiega il Responsabile del Reclutamento Internazionale di Go Campus – ed ha organizzato eventi simili in Francia. E’ la prima volta che questo evento viene organizzato in Italia e siamo felici di ospitare tre delle università maggiormente richieste dai nostri studenti negli ultimi anni.

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 Il Menlo College è una Business School californiana situata nel cuore della Silicon Valley, tra San Francisco e San Jose, nella cittadina di Atherton, che si è aggiudicata il terzo posto nella classifica delle 75 città universitarie migliori degli Stati Uniti. É circondato da alcuni dei leader nel settore tecnologico, come Google, Yahoo!, eBay, Facebook, Cisco, Apple, Oracle, Marvell, Intel, HP e tanti altri. A Bologna, per esempio, avremo ospite il padre di una studentessa che frequenta il Menlo College e che è stata nominata da Stanford (che si trova a pochi passi dal Menlo College) “2018 University Innovation Fellow”.

 La Southern Utah University, che ho visitato personalmente il 26 marzo, offre 140 corsi di laurea, 19 master e più di 180 organizzazioni studentesche. Il suo fascino è esercitato anche dai parchi nazionali che la circondano: Bryce, Zion, Grand Canyon, Monument Valley, Arches. Ha 9000 studenti e gli internazionali (2%) provengono da 56 Paesi diversi.

 La Truman State University, infine, è stata insignita come migliore università pubblica del Midwest per ben 21 anni! É conosciuta come la Harvard del Midwest, per intenderci. Si trova nel Missouri, nella cittadina di Kirksville, il cui centro è raggiungibile a piedi. Offre 40 corsi di laurea e 63 minors, tra cui figura anche l’italiano. I nostri studenti vengono di solito assunti come tutor di italiano alla Truman State University.  Agli incontri aspettiamo almeno un centinaio di partecipanti in ogni città, sia liceali in procinto di diplomarsi sia studenti di quarta che giustamente si guardano intorno, sia universitari che si orientano sui master, per non parlare degli sportivi. Negli Stati Uniti lo sport gode di grande importanza e abbiamo delle borse di studio dedicate proprio ai talenti del tennis, calcio, basket, nuoto, atletica, pallavolo, golf e football americano.  

L’obiettivo dell’iniziativa è permettere agli studenti di avere un confronto diretto con le università americane. Spesso infatti, quando ci sentono parlare del loro sistema educativo, dell’eccezionale organizzazione dei campus, delle strutture a disposizione, pensano che sia  ”fin troppo bello per essere vero”. Il sistema universitario americano è molto diverso da quello italiano e coinvolge gli studenti a 360°. Raccomandiamo sempre agli studenti di partecipare attivamente alla vita del campus, sia da un punto di vista lavorativo sia di attività, organizzazioni.

Mara Martellotta

 

 

Anche le statue muoiono (?)

Anche le statue muoiono, senza punto interrogativo, è una delle mostre che la stagione culturale primaverile offre ai torinesi, divisa in tre parti, al Museo Egizio (fino al 9 settembre), ai Musei Reali (fino al 3 giugno) e alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (fino al 29 maggio).

Il segno di interpunzione lo aggiunge la mostra stessa, che interroga il visitatore sui temi del passato, della memoria e della conservazione. La sezione dell’iniziativa ospitata al Museo Egizio, nelle sale del terzo piano dedicate a Khaled Al Assad, il direttore del museo di Palmira ucciso dai militanti dell’Isis due anni fa, non è una esposizione di oggetti antichi, bensì di installazioni d’arte contemporanea nelle quali gli oggetti antichi sono spesso decontestualizzati, presentati sotto una luce fredda, in un alternarsi di stanze bianche e nere.

Non è una mostra in cui la bellezza faccia da padrone, tutt’altro: gli oggetti non si fanno ammirare, ma cercano di parlare con il loro fardello di storia, di secoli che si accumulano, di scorie del tempo di cui si fanno ricettacolo e vittima, come le fotografie di statue palmirene in stile greco romano che ci accolgono, una Medusa urlante di dolore e una divinità con uno strano sfregio che pare una lacrima.Però, attenzione, non si tratta di una mostra che voglia esprimere solo e soltanto un monito e una lamentazione su quell’antico concetto, all’improvviso e prepotentemente tornato a fior di labbra, l’iconoclastia: le statue, dice la mostra, non muoiono soltanto per colpa di fanatismi e ignoranza. Se, infatti, le città di quel Vicino Oriente fratello in Mare Nostrum della nostra Europa cadono sotto i colpi di mazze, bombe e dinamite guadagnandosi le prime pagine dei giornali e la nostra costernazione, tante altre opere d’arte sono andate perdute nei secoli per una quantità di altri motivi: per furto, per rivolte, perché simbolo di un potere odiato – sorte che accomuna gli antichi funzionari egizi alle statue gotiche delle cattedrali francesi sfregiate durante la Rivoluzione, fino alle statue dei dittatori che, ogni tanto, cadono negli schermi delle nostre televisioni tra le ali di folla festante – altre volte per incuria, per dimenticanza.

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O ancora, perché all’elenco delle colpe non manchi quello che si crede il civile Occidente, c’è lo sfregio operato dal viaggiatore che incide il proprio nome, entrando prepotentemente nella storia di un’opera, quello del mercante d’arte che modifica una poco appetibile statua -di per sé già antica – per darle un altro volto, onde renderla più appetibile al mercato, quella del piccolo commercio di contrabbando che smembra i corredi o le grandi campagne coloniali che fanno diventare l’archeologia una corsa all’oro tra nazioni concorrenti, senza esclusioni di colpi. E a volte, anche laddove l’etica è strettamente praticata, dove l’amore per gli oggetti indubbio e le cure le più meticolose, i fenomeni chimici o climatici sfuggono alla perizia del più scrupoloso dei curatori, e i reperti possono improvvisamente mutare, come succede ad alcuni oggetti che, imballati a Parigi, si mostrano in un modo e all’apertura delle casse negli Emirati Arabi hanno cambiato per sempre il loro volto, offrendo ad uno degli artisti autori delle installazioni l’estro di tentare una ricostruzione impossibile e straniante sovrapponendo tra loro fotografie di oggetti diversi. E poi, c’è la beffa più grande, quella del tempo che passa, che ci ricorda che ogni restauro può solamente prolungare la vita e conservare nello stato su cui si è agito un’opera d’arte, non impedire il degrado, né tanto meno portare all’indietro, all’ideale integrità, lucentezza, originalità, un oggetto: in questo senso sì, cento volte sì, anche le statue muoiono. Muoiono al punto che, in una delle installazioni filmate più inquietanti, Ali Cherri pone una domanda ancor più paradossale: ” quello che l’uomo da sempre fa è interrare e seppellire”, questo è il destino di ogni oggetto o corpo, ” che senso ha prendersi cura di una rovina, mettendola in museo in cui più rovina non sarà?”.

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E mentre queste parole, scandite in un mesto arabo sottotitolato, scorrono, appaiono immagini di tombe nelle quali le mani degli archeologi scavano, turbano sonni eterni, dissotterrano sepolture per destinarle alle teche dei musei, dove il defunto, l’uomo, fastidioso memento della nostra natura effimera, passa in secondo piano e tutti gli occhi si concentrano sul tesoro che lo accompagna. La domanda su che senso abbia fare archeologia, che senso abbia strappare alla terra che accoglie tante testimonianze di secoli e vite ormai perdute, che forse vorrebbero soltanto l’oblio. La risposta arriva nelle sale successive, di fronte alle foto dei bassorilievi di Nimrud scomparsi per sempre e immortalati com’erano nel 2001, negli oggetti in materiale povero, ricostruiti a forma di vaso greco ed etichettati come il loro modello, e nella ricostruzione in stampa 3d di alcune delle statue distrutte dall’Isis nelle ultime sale: nessuna di queste opere può sostituire l’originale, può solo suggerirci la forma, l’aspetto, alimentare la nostalgia e il senso di vuoto per quel testimone andato perduto. Ed è nostro dovere indagare la Storia, non lasciare allora che le sabbie coprano la nostra memoria, perché un’umanità smemorata non va lontano o si ripiega nei propri errori: l’importante è ricordare che anche le statue sono fragili, più longeve certo, ma pari a noi, e che non basta esporle, occorre farle parlare.

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Perchè, se c’è una cosa che forse resiste più delle statue e dei monumenti, questa è proprio la parola, scritta e detta, che attraversa i tempi facendosi, come si gloriava Orazio, aere perennius, più durevole del bronzo; e, se anche la lingua, una volta dimenticata, può darsi che taccia a lungo, c’è sempre la speranza che nasca un abile Champollion a rifarci udire voci perdute.

Quando una statua, in un’opera letteraria, parlava, i Greci dicevano che si realizzava la figura retorica della prosopopea e non è un caso che il direttore del Museo Egizio, Christian Greco, abbia più volte ribadito di voler fare del proprio museo (e della mostra che ospita, anche da lui curata) una narrazione continua, una prosopopea: solo in questo modo i poveri resti umani possono stare in esposizione senza morbosità o mancanza di rispetto, solo in questo modo le opere d’arte possono davvero raccontarci una storia.

Altrimenti tutto quello che ci resta è una vuota bellezza, come la statua del dignitario Upuautemḥat, completa e maestosa, alla fine della visita: completa e maestosa, sì, ma dagli occhi strappati, com’era la prassi dei tombaroli antichi, in questo modo privata della vita che le antiche magie egizie avevano voluto insufflarle.

 

Andrea Rubiola

 

 

L’umanità semplice di Pietro Domenico Olivero

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Pur essendo famoso durante la prima metà del 700 come pittore di corte dei Savoia, di Pietro Domenico Olivero non fu mai allestita una mostra monografica; l’occasione viene data ora dal Museo Civico di Moncalvo attraverso la presentazione, ad opera di Aleramo Onlus, di diversi dipinti che denotano la sua tipica vocazione al genere delle “bambocciate”.

 

Accanto alla grande pittura aulica della ritrattistica e all’enfasi dei temi religiosi erano in voga le scenette episodiche intinte di paesaggismo dell’Olivero che venivano richieste dai reali, dalla nobiltà delle ville della provincia e da appassionati collezionisti. Quando nel 1705 morì il pittore di corte, il viennese Seyter protetto dalla Madama Reale Giovanna Battista di Nemours, che aveva istituito nel 1678 l’Accademia di Belle Arti per la protezione degli artisti, il figlio Vittorio Amedeo II si tenne caro il pittore apprezzandone il talento e il vivace temperamento. Dapprima gli furono dati incarichi minori di decoratore di fiori, accostandosi al fiorismo locale di radici fiamminghe e francesi,   in cui si specializzò in particolare Anna Caterina Gili, per la Reggia di Venaria e gli fu assegnato il compito di collaboratore di vedutisti e quadraturisti per affrescare colorite figurine nella veduta, voluta da Juvarra, per l’atrio del Castello di Rivoli, insieme al Michela. Divenne poi il maggiore esponente della pittura macchiettistica riallacciandosi al filone che si era diffuso a partire dal 1625 nella Roma papale ad opera della scuola dei Bamboccianti di via Margutta fondata dall’olandese Pieter Van Laer. Tra i molti generisti fiamminghi e olandesi si erano distinti anche gli italiani Michelangelo Cerquozzi, detto “Pittore di Battaglie”, Carlo Lanfranchi “Il flamenco” e in particolare Jean Miel che, soggiornando a Torino alla Corte di Carlo Emanuele II, aveva diffuso in ambito piemontese i suoi divertenti capricci con succose carnevalate e cacce. Sicuramente l’Olivero tenne conto di questo retroterra, accogliendo e dando una connotazione strettamente torinese alle canzonatorie e spiritose scenette popolane. La sua vena arguta, l’autoironia, per cui non disdegnava di ritrarsi con le proprie deformità, alla pari di un Toulouse Lautrec, la sagace osservazione di ciò che avveniva per strada resero la sua arte una perfetta testimonianza di usi e costumi della vita della città sabauda.

 

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Fiere, mercati, feste religiose e profane, risse di strada, cavadenti, giocolieri, imbonitori, osti, botteghe di ciabattini e di calderai, animano i dipinti freschi e maliziosi con la bonarietà scherzosa di chi si vuole divertire e divertirsi senza dare giudizi morali. Mai superficiale e volgare, però, poiché affiora sempre partecipazione e sensibilità umana, a volte malinconica, che addolcisce lo spirito dissacrante delle precedenti bambocciate romanesche mantenendo un’impronta di eleganza tipicamente piemontese. Significativo fu l’apporto delle incisioni di Jacques Callot esperto di bulino e acqueforti oltre che di decori, tra il raffinato e il grottesco, di tabacchiere e scatoline d’oro e di porcellana, la cui “Fiera dell’Impruneta” del 1620 è stata osservata dall’Olivero nel comporre” La fiera e la festa del santuario di San Pancrazio a Pianezza” del 1724 e “La processione al santuario della Madonna del Pilone” del 1744. Una maggiore finezza di tocco barocchetto si trova nelle sovrapporte della Sala degli Archivi di Palazzo Reale e della Palazzina di Stupinigi in accordo con lo spirito arcadico Juvarriano. Senza dimenticare che Olivero fu anche valente disegnatore come attestano i circa180 disegni, contenuti in un volume del Museo Civico torinese, che erano stati attribuiti erroneamente, nonostante la sua firma, dal mercato antiquario inglese a Jacques Van Laer. Le opere in mostra rendono partecipi delle tradizioni popolari e della parabola della vita quotidiana con rappresentazione dettagliata, sincera e garbata dei soggetti in cui egli si identifica; si sente parte di quell’umanità semplice e vera intenerendosi al cospetto di madri che cullano o allattano infanti mentre vendono la merce nei mercati, gioisce ai giochi dei bimbi e alla vista dell’albero della cuccagna, s’inebria di vino durante la festa dei brentatori, prova lo stesso stupore dei popolani che guardano attraverso il “ mondo nuovo” del pantoscopio usato dagli ambulanti nelle fiere, è orgoglioso dell’eroismo dei soldati nell’accampamento, prega insieme ai fedeli alla festa della Madonna del Pilone. Le immagini riportano una Torino riconoscibile negli usi, costumi e vedute paesistiche ma suggeriscono aperture più vaste superando i limiti strettamente locali allargandoli ai molteplici aspetti di un’epoca di grandi cambiamenti e del sorgere di una nuova coscienza avviata alla modernità.

 

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La sua è una pittura che parla del popolo ma non è pittura incolta poiché, oltre all’ampia conoscenza dei bamboccianti seicenteschi, tiene a mente la cultura figurativa dei grandi maestri del passato con uno spirito assolutamente diverso. Senza arrivare all’alta profondità di pensiero della commedia della vita di Pieter Bruegel troviamo lo stesso brulichio di figurine minute che si affaccendano nelle vedute ma, se nel grande olandese predomina l’amara ironia dell’affannarsi inutile e stolto di un’umanità spaesata guardata con disincanto, nell’artista torinese si coglie un’empatia che unisce armonicamente l’uomo al paesaggio; non più una considerazione dell’assurdità e della follia dell’esistenza ma un’ accettazione tra gioia e malinconia della vita e del lavoro anche se umile. Nel ritratto che presenta il macellaio a braccia conserte fiero del proprio ruolo, in primo piano, lasciando nello sfondo l’animale scuoiato appeso allo stesso modo del famoso dipinto di Rembrandt, sicuramente ricordato, non compare un simbolismo drammatico ma solo un’ispirazione iconografica e un virtuosismo tecnico dell’uso della luce e del colore. Più vicino sicuramente allo schietto realismo della “bottega del macellaio” di Annibale Carracci che coraggiosamente rompeva il tardo manierismo cinquecentesco, ormai l’Olivero nel 700 si sente a suo agio e libero di esprimersi secondo i propri interessi ben accettati da Vittorio Amedeo II che, pur consigliandogli una pittura più nobile, l’accoglieva benevolmente a Corte apprezzando i suoi dipinti di piccoli eventi pieni di poesia. Con lui non ci troviamo di fronte ad un semplice pittore di genere che risolve la pittura in banali e ripetitivi aneddoti, tanto disprezzati con sarcasmo da Salvator Rosa, che pure agli inizi era stato bambocciante, ma ad un vero artista che dà dignità ad un repertorio considerato minore in quanto la valutazione delle opere non deve essere vista attraverso una scala gerarchica di soggetti e temi scelti poiché tutte le poetiche sono legittime se si risolvono e concretizzano in Arte.

 

Giuliana Romano Bussola

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 Museo Civico Città di Moncalvo  7 aprile / 1 luglio 2018 – apertura sabato e domenica dalle ore 10,00 alle ore 18,00 durante la settimana su appuntamento informazioni – 327 7841338

Fallimenti in calo a Nord Ovest e Nord Est

Nel 2017 sono fallite in Italia 12.009 imprese, l’11,3% in meno dell’anno precedente. La regione con  la maggiore diminuzione è il Friuli Venezia Giulia (-25,8%), seguito da Basilicata (-19%), Sardegna (-17,3%), Trentino Alto Adige (-16,9%), Piemonte (-16,2%). Maglia nera invece Lazio, Calabria e Puglia

È il Nord Ovest, con il 12,4% in meno di imprese fallite nel 2017 rispetto al 2016, a trainare la riduzione dei fallimenti in Italia, ma il Nord Est insegue a un’incollatura appena, con -12,2%. È la tendenza registrata dall’Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure d’imprese 2017 realizzato da Cerved, la data-driven company italiana che fornisce, tra l’altro, servizi per analizzare il rischio di credito e l’affidabilità commerciale di clienti, fornitori e partner, come la piattaforma Cerved Credit Suite. È dunque il Nord Italia a fare la parte del leone nella ripresa, ma stando all’indagine Cerved aggiornata a fine 2017, il trend sui fallimenti si è dimostrato particolarmente incoraggiante in tutta la Penisola: lo scorso anno sono fallite in tutto 12.009 aziende contro le 13.532 del 2016, con un calo dell’11,3% e un rafforzamento delle dinamiche positive osservate già nel 2016 (-8,2%) e nel 2015 (-6,1%). Il numero di imprese che hanno portato i libri in Tribunale è ormai tornato dunque ai livelli dei primi anni Duemila; la flessione si osserva in tutte le aree geografiche.

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Nel dettaglio, ecco i dati regione per regione.

Nel Nord Ovest nel 2017 sono fallite 3.504 imprese (-12,4% rispetto al 2016): il Piemonte è passato da 863 fallimenti a 723 (-16,2%), seguito da Liguria, scesa da 275 a 241 (-12,4%) e Lombardia, da 2842 a 2518 (-11,4%). La Valle d’Aosta aumenta le procedure del 22,2%, ma si tratta di numeri esigui, da 18 a 22 fallimenti.

Nel Nord Est si contano 2.264 procedure (-12,2%), con cali più marcati in Friuli Venezia Giulia (da 221 a 164, -25,8%) e Trentino Alto Adige (da 195 a 162, -16,9%), rispetto a Veneto (da 1173 a 1026, -12,5%) ed Emilia Romagna (da 991 a 912, -8%).

Al Centro sono fallite 3.068 aziende, in calo dell’8,9%: diminuiscono con tassi a doppia cifra le procedure in Umbria (-17,2%, da 238 a 197) e nelle Marche (-14,4%, da 417 a 357), a ritmi più contenuti in Toscana (-8,9%, da 1060 a 966) e Lazio (-6,3%, da 1652 a 1548).

Nel 2017 i tribunali hanno aperto 3.173 procedure fallimentari a imprese con sede nel Mezzogiorno, l’11,5% in meno. Le tendenze sono positive in tutta l’area, con riduzioni maggiori in Sardegna (-17,3%, da 323 a 267) e Basilicata (-19%, da 58 a 47). Bene anche la Campania con -14,7% (da 1179 a 1006). L’Abruzzo è sceso da 273 fallimenti a 245 (-10,3%), il Molise da 54 a 48 (-11,1%). La Calabria invece ha visto una riduzione solo del 6,6% (da 272 a 254), la Puglia del 7,5% (da 610 a 564), la Sicilia del 9,3% (da 818 a 742).

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“La fotografia che il nostro Osservatorio restituisce è certamente positiva, e lascia ben sperare –commenta Marco Nespolo, Amministratore Delegato di Cerved -. Il 2017 infatti ha visto la conferma e il consolidamento di alcune tendenze favorevoli in atto e ci aspettiamo dunque un ulteriore miglioramento nel 2018 grazie al rafforzamento dei profili di rischio delle imprese e alla congiuntura macroeconomica positiva. Va da sé, però, che le aziende devono tutelarsi attraverso una corretta gestione del portafoglio crediti, un   fattore di fondamentale importanza per assicurare all’imprenditoria una crescita solida e sostenibile. Esistono ottimi strumenti sul mercato per valutare l’affidabilità commerciale di clienti, fornitori e partner. Ad esempio, con la versione rinnovata e potenziata di Cerved Credit Suite offriamo ai nostri clienti la piattaforma di gestione del credito più avanzata sul mercato e, al tempo stesso, contribuiamo a migliorare lo stato di salute di una parte importante dell’economia reale del Paese”.

 

 

Regioni Fallimenti
  2016 2017 var. a/a
Abruzzo 273 245 -10,3%
Basilicata 58 47 -19,0%
Calabria 272 254 -6,6%
Campania 1.179 1.006 -14,7%
Emilia Romagna 991 912 -8,0%
Friuli 221 164 -25,8%
Lazio 1.652 1.548 -6,3%
Liguria 275 241 -12,4%
Lombardia 2.842 2.518 -11,4%
Marche 417 357 -14,4%
Molise 54 48 -11,1%
Piemonte 863 723 -16,2%
Puglia 610 564 -7,5%
Sardegna 323 267 -17,3%
Sicilia 818 742 -9,3%
Toscana 1.060 966 -8,9%
Trentino A.A. 195 162 -16,9%
Umbria 238 197 -17,2%
Valle D’Aosta 18 22 22,2%
Veneto 1.173 1.026 -12,5%
Totale 13.532 12.009 -11,3%
Fonte Cerved

 

Un anno fa la scomparsa di Bruno Poy

Le parole affettuose dell’ imprenditore che per primo ha azzerato le bollette degli italiani. Il ricordo commosso del giornalista Maurizio Scandurra

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Erano le ore 14.45 del 15 marzo 2017 – esattamente un anno fa – quando scompariva all’Ospedale ‘Mauriziano’, nel cuore del capoluogo piemontese, dopo un male improvviso e incurabile che l’ha spento in soli sette mesi, Bruno Poy. Torinese di nascita ma vercellese d’adozione da sempre, è stato uno degli avvocati italiani più brillanti e preparati di sempre, universalmente riconosciuto competente punto di riferimento indiscusso in tutti gli ambiti del diritto. Attività, quella di legale, cui affiancava un’innata e intensa passione per la res publica sempre contraddistinta da scelte lungimiranti e pionieristiche. E’ stato tra i Fondatori del CCD e poi UDC con Pierferdinando Casini, Rocco Buttiglione e Michele Vietti, Sindaco per 15 anni a Palazzolo Vercellese e Assessore al Comune di Vercelli. A Torino era titolare di un prestigioso studio legale proprio nel cuore della centralissima Piazza San Carlo, nonché Presidente per un decennio della Sezione Piemontese dell’UNCI (Unione Nazionale Cooperative Italiane). Così lo ricordano con affetto e riconoscenza due torinesi illustri. A cominciare da Cristiano Bilucaglia, già eletto ‘Imprenditore dell’Anno’ nel 2015, stimato ingegnere biomedico e informatico pluripremiato dalle associazioni di consumatori e ideatore di ‘ZERO’ (www.scelgozero.it), il primo social utility network della storia che azzera le bollette di proprietà di ‘uBroker Srl’ (www.ubroker.it), neonata milionaria Multiutilities Company torinese: “L’Avvocato Poy era un uomo di forte talento con una grande capacità di ascolto e altrettanto dono di sintesi nell’evidenziare, per ogni argomento, le cose e i punti importanti senza fronzoli e inutili tergiversazioni intorno alle questioni”. Per poi concludere: “E lo faceva in maniera saggia ed equilibrata, lontano da coinvolgimenti personali, con il massimo del garbo e della professionalità e di quel garbo d’altri tempi che lo hanno sempre contraddistinto”. Gli fa eco Maurizio Scandurra, giornalista e scrittore, che di Bruno Poy è stato uno fra gli amici fraterni di sempre: “Una figura super partes, di profonda fede cristiana, legatissimo ai valori del territorio e a quelli che nella vita, come nel lavoro, fanno la differenza. Rispettoso di tutti senza mai giudicare nessuno, era un esempio di equilibrio, dedizione forense e grande attitudine al risultato, dotato com’era di una finissima e illuminata mente giuridica per la quale è stato il legale di molteplici personaggi di primo piano del nostro tempo. Amico dei poveri, degli ultimi, ha rinunciato anche a importanti parcelle quando si trattava di aiutare persone indigenti vittime di ingiustizia. Voglio ringraziare di cuore pubblicamente anche quel grande uomo di Dio che l’ha assistito con intensa preghiera e altrettanta vicinanza continue e costanti sino all’ultimo, il caro Don Adriano Gennari del ‘Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione’, la Onlus di aiuto e assistenza a malati e bisognosi cui l’Avvocato Poy avrebbe voluto dedicarsi intensamente, se solo fosse guarito”, conclude Scandurra.