Un altro incontro pubblico per informare la cittadinanza sulle attività di realizzazione dell’Interconnector Italia-Francia
Lunedì 10 aprile dalle 11 alle 19, presso la sala dell’ex Pretura in Piazza Conte Rosso ad Avigliana, Terna, gestore della Rete elettrica di Trasmissione Nazionale, incontrerà i cittadini per condividere le informazioni sul progetto e le attività di cantiere previste per la realizzazione dell’interconnessione Italia-Francia. Si è da poco concluso invece l’attraversamento di Sangano su SP589 e il passaggio dei terreni agricoli in prossimità di Bruino, rispettando i tempi scanditi dal programma, in piena collaborazione tra Terna e gli enti locali. Terna continuerà ad organizzare sul territorio altri momenti informativi per i cittadini con l’obiettivo di offrire un aggiornamento continuativo sul progetto.Nei prossimi mesi i lavori coinvolgeranno il Comune di Trana e procederanno in direzione di Avigliana lungo la strada provinciale dei Laghi. Il tracciato proseguirà sulla SP589, attraversando l’area dell’ex Cava Sada e, passando al di fuori del centro abitato di Avigliana, raggiungerà l’autostrada attraverso le due gallerie che conducono allo svincolo di Avigliana Est.Attualmente i lavori di posa del cavo interessano i Comuni di Bruino e Sangano.Per tutta la giornata, i tecnici di Terna saranno a disposizione dei partecipanti per illustrare, attraverso l’ausilio di materiale illustrativo, i dettagli e le motivazioni della nuova infrastruttura.Il collegamento, una volta completato, permetterà di garantire una maggiore continuità di esercizio e contribuirà a ridurre i costi dell’energia elettrica nel nostro Paese.
Lunedì 10 aprile alle ore 17,30 al Circolo della Stampa di Torino (Corso Stati Uniti, 27), in occasione del centenario della nascita, verrà ricordato Bruno CACCIA parlando del libro di Paola BELLONE “TUTTI I NEMICI DEL PROCURATORE. L’omicidio di Bruno Caccia”, edito da Laterza.
Inizierà da Condove (To), giovedì 6 aprile ( ore 21.00, Biblioteca Comunale “Margherita Hack”) il ciclo di proiezioni del docufilm “Partizani. La Resistenza italiana in Montenegro
“Agricolture, cibo e salute” è il titolo dell’incontro dibattito che si tiene giovedì 6 aprile, alle ore 21, al Centro comunale Paluc di Baldissero Torinese.

Roma. Anni Sessanta. In piazza del Popolo, intorno ai tavolini del celebre Caffè “Rosati” o del “Canova”, così come negli spazi della “Galleria della Tartaruga” di Plinio De Martiis (vero “collettore” di giovani promesse dell’arte italiana) o in quella vicina de “La Salita” di Gian Tomaso Liverani – in un clima di grande euforia da boom economico e da felliniana “dolce vita”- era solito ritrovarsi il gotha dell’intellighenzia capitolina, ma non solo.
(alcuni presentati in mostra dallo stesso De Martiis): dai vari Raushenberg ai Cy Twombly -che nel ’57 si trasferì definitivamente nella capitale- fino ai Rothko, all’italoamericano Scarpitta (che poi tornerà a New York con il gallerista Castelli), ai Franz Kline e ai De Kooning. E proprio qui, in questo clima di vulcanica ebollizione e contaminazione artistico-culturale, nasce la cosiddetta “Scuola di piazza del Popolo”, la cui esperienza (fatta di individualità e creatività operative assai diverse) viene, forse un po’ troppo semplicisticamente, catalogata sotto la voce generica di “Pop Art italiana”. Definizione da approfondire, come appare ben chiaro nella bella mostra che alla “Scuola” dedica, fino al prossimo 8 aprile, la Galleria “Accademia” di Torino. Curata da Francesca e Luca Barsi, che dal padre Pietro – raffinato gallerista, mancato nel ‘92- hanno ereditato tutta la passione per l’arte insieme alla storica Galleria aperta nel ’69 in via Accademia Albertina 3/e, la rassegna
ospita una ventina di opere a firma di un poker d’artisti ritenuti i veri iniziatori dell’importante “sodalizio” romano: dalle celebri “Finestre” e “Persiane” di Tano Festa ai singolari “paesaggi anemici” di Mario Schifano, fino agli “argenti” di Giosetta Fioroni (oggi 84ennne, la sola in vita del Gruppo) e alle tele di forte carica politico-simbolica di Franco Angeli. Figure eccentriche, “artisti maledetti”, grazie ai quali – dopo l’ubriacatura dell’informale – alla Biennale di Venezia del ’64 si ufficializzò la nascita della Pop Art italiana. Con tratti assai diversi e autonomi per specificità culturale rispetto alle similari esperienze americane, poiché “la capitale italiana – per dirla con De Martiis – durante gli anni Sessanta è una città aperta sul palcoscenico del mondo, che intrattiene una sorta di rapporto ‘eroico’ con l’America”. Concetto ben chiaro nei contenuti evidenziati in mostra, che superano i semplici fini estetici o banalmente provocatori propri di certa parte della Pop Art americana, per diventare “schermi” – come i quadri di Angeli – attraverso i quali abiurare le immagini del potere, delle dittature (aquile romane, svastiche e quant’altro), così come del più
generico consumismo e della violenza. Spesso mediante quella tecnica della “reiterazione” delle immagini che troviamo anche nei quattro “ritratti argentei” della Fioroni (sue anche le bellissime maioliche policrome di recentissima produzione), progetto per opera unica esposta alla Biennale di Venezia del ’64. Più “oggettuale” in genere la progettualità di Tano Festa, di cui la rassegna presenta anche una suggestiva rivisitazione in chiave pop – sulle orme del mitico Warhol – de “La primavera” del Botticelli. Davvero interessante, infine, il “Paesaggio”, smalto su tela del ’70, di Mario Schifano, leader del Gruppo: paesaggio “appiattito” (altro dalle prime prove pop di “Koka-Kola” del ’61), dove la memoria pare evocare con voluta parsimonia cromatica la rappresentazione di un’inquieta e inquietante natura. Degli stessi anni anche i primi film in 16 mm del “piccolo puma” (così Parise definiva Schifano per la sua eleganza felina), che ne faranno una delle figure centrali del cinema sperimentale italiano.
Si svolgerà domenica 2 Aprile al “Royal Park I Roveri” il DOGGY BAG Trophy di Golf arrivato alla sua 7° edizione e pensato da Edoardo Molinari per aiutare la Doggy Bag Onlus
Renata Guga Zunino, prestigiosa pittrice, scrittrice, poetessa ha respirato sin dall’infanzia il fascino della grande stagione albisolese Anni ’60
esponenti d’avanguardia che resero la cittadina ligure “ l’Atene italiana”.L’innato temperamento e le sollecitazioni culturali l’hanno fatta approdare ad uno stile personalissimo che la distingue, unico artista, per la prerogativa dell’autoritratto sia autonomo che ambientato.Mai si lascia distogliere da questo tema che si esprime attraverso situazioni, visi, corpi che s’intrecciano e mutano di continuo sotto il segno della seduzione tra serietà, enigma e divertissement.
Viene
più o meno piccola statua, sugli aspetti religiosi che vanno al di là della bellezza del manufatto, sulla sua prima sensazione artistica, balza prepotente in primissimo piano, a testimoniare se stessa, quella genuinità da sempre messa in pericolo”, fatto che ad ogni spedizione ci si ritrova di fronte, pericolo che spinge Bruno Albertino a riaffermare come “i nostri studi, i viaggi che compiamo, gli scambi che da sempre sviluppiamo con altri appassionati e studiosi ci dicono la necessità di testimoniare di un’Africa che lentamente si dilegua, travolta dal vortice della globalizzazione, dall’economia di mercato, dalle religioni importate e dal neocolonialismo economico”. Mama Africa è la vetrina dove si sfogliano più di un centinaio di immagini a colori, corredate ognuna da schede composte di dati tecnici, storici e critici – suddivise in vari capitoli, “Bamboline della fertilità”, “Figure di fertilità”, “Il culto dei gemelli”, “Le figure di maternità”, “Maschere femminili”, “Gli antenati mitici” unite a un ricco apparato bibliografico. Interessante lo scenario dei materiali impiegati (dal legno al metallo, dall’avorio alla terracotta e alla pietra) e delle tecniche, di visi e di posture, di composizioni e di forme, di colori e di intarsi.