"Perfetti sconosciuti" ovvero se i telefonini svelano le nostre vite segrete

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione
 

Oggi Paolo Genovese sembra tirare le somme di tutto e di tutti, con una perfidia senza mezzi termini e uno spiattellamento che se all’inizio spingono lo spettatore al sorriso e alla risata man mano lo indirizzano verso il soffocamento visivo, con tanto di presa di coscienza da parte di qualcuno, quasi la serata fosse una teca blindata da cui è impossibile uscire

sconosciuti cinema

Metti una sera a cena, avrebbe detto il napoletano Patroni Griffi sul finire degli anni Sessanta, di decennio in decennio Scola prima, tra una terrazza e una cena, Virzì poi a fustigare destra e sinistra vacanziere al mare in Ferie d’agosto sino all’ultima recentissima infornata, con I nostri ragazzi di Ivano De Matteo, Il nome del figlio di Francesca Archibugi e Dobbiamo parlare di Sergio Rubini, per non dire degli ultimi anni fulminati dal Carnage di Polanski . Un excursus che forse dimentica qualcuno ma che si fa forte delle tante occasioni di una semplice cena improvvisata o stabilita, comunque messa lì a far da perfido imbuto pronto a raccogliere le confessioni, l’acidità delle battute, l’esplosione delle parole troppo a lungo tenute nel fondo della gola, gli sfoghi, le menzogne, i giochetti, i sotterfugi multipli, le incomprensioni, le schifezze, le esistenze politicamente corrette. Con Perfetti sconosciuti, oggi, Paolo Genovese sembra tirare le somme di tutto e di tutti, con una perfidia senza mezzi termini e uno spiattellamento che se all’inizio spingono lo spettatore al sorriso e alla risata man mano lo indirizzano verso il soffocamento visivo, con tanto di presa di coscienza da parte di qualcuno, quasi la serata fosse una teca blindata da cui è impossibile uscire. E le boccate d’aria non sono le uscite in terrazza a guardare l’eclisse di luna, anche quelle possono riservare delle sorprese amare.

Insomma, immaginate tre coppie. Ci sono i padroni di casa, Marco Giallini e Kasia Smutniak, lui chirurgo estetico di umili origini (“mamma fruttarola”), psicanalista lei ben piazzata per parte di padre, con una figlia non ancora diciottenne, pulitina ma bisognosa di quattrini e di consigli paterni soprattutto, c’è Valerio Mastandrea che conduce una vita a due con Anna Foglietta sempre più agli sgoccioli, c’è Edoardo Leo, tassista sporcato dal ghiribizzo degli affari, fresco sposo dell’amorevole Alba Rohrwacher. Arriva anche Giuseppe Battiston, due bottiglie in mano ma senza fidanzata, è un po’ influenzata, stasera non verrà, combiniamo per la prossima volta. In questo gruppo compatto, tutto d’un pezzo, specie i maschi che stanno insieme da una vita, calcetto e avventure, le donne sono un’appendice arrivata dopo, immaginate anche che Kasia butti lì il desiderio di fare un gioco, tanto non abbiamo nulla da perdere, non è vero?, mettiamo sul tavolo i nostri cellulari e in viva voce rispondiamo a chiamate, messaggi, whatsapp e quant’altro. La parte minore sarà quella innocua, la maggior parte dei trilli non arriverà mai senza affanni e spiegazioni. Forse sul finire il film allinea innesti oltre il dovuto e l’immaginabile, per la serie ma quanti scheletri hanno ‘sti tipi negli armadi, però Perfetti sconosciuti resta un piccolo capolavoro di scrittura la sceneggiatura è firmata da Filippo Bologna, Paolo Costella, Paola Mammini, Rolando Ravello e dallo stesso Genovese e di meticolosa regia al microscopio come una delle commedie italiane (all’italiana?) più perfette di questi ultimi anni, con un gruppo d’attori che certo smettono di recitare e danno brandelli di vita faticosi e autentici (Leo, Mastandrea e Giallini in testa), senza dubbio mille gradini al di sopra di certa sottoproduzione (non soltanto i cinepanettoni di desichiana memoria) che circola in qualsiasi mese della stagione cinematografica, dandoci la certezza che anche i film italiani belli possono davvero esistere. Tutto è vero, tutto è crudele, mai scontato, quella scatola nera inghiotte tutto e tutto scarnifica. Diceva Gabriel Garcia Marquez che in ognuno di noi esiste una vita pubblica, una privata e una segreta: Genovese ci fa pensare quanto di quest’ultima abbia invaso le nostre esistenze. L’escamotage finale che non anticipiamo e che potrebbe riavvolgere la pellicola per lasciare Battiston sotto le luci di una notte a fare quegli esercizi fisici che lo rimetteranno in forma, non cancella certo tutta la possibilità della serata. Una sorta di “sliding doors” che non riporta i sorrisi e le risate. L’ipocrisia sta al fondo delle scale di casa e la vita continua.

 

 

La città che cambia: il futuro di Torino passa dalla "Spina" di corso Inghilterra

spina grattacielospina viabilità

Mercoledì 10 febbraio verrà infatti aperto un primo tratto del nuovo Viale della Spina su corso Inghilterra. Una  modifica della viabilità  che rappresenta la  prima fase del nuovo assetto del Viale

Nel decennale della metropolitana torinese, un altro evento sta a significare che la città cambia. Mercoledì 10 febbraio verrà infatti aperto un primo tratto del nuovo Viale della Spina su corso Inghilterra. Una  modifica della viabilità  che rappresenta la  prima fase del nuovo assetto del Viale della Spina che, con l’attivazione del sottopasso di Piazza Statuto prevista per giugno consentirà di ridurre il numero dei veicoli in superficie eliminando il traffico lungo la direttrice nord-sud e alleggerendo gli assi di corso Francia e corso Principe Eugenio.

Il traffico che transita in direzione nord verso Piazza Statuto, all’altezza di via Grassi, verrà trasferito sulla nuova carreggiata laterale est di corso Inghilterra, ultimata nei giorni scorsi. In corrispondenza di questa immissione verrà attivato un nuovo impianto semaforico. Questa trasformazione della circolazione veicolare sarà accompagnata dalla riqualificazione della carreggiata laterale ovest di corso Inghilterra dove si potrà circolare esclusivamente in direzione corso Vittorio. Le linee e le fermate del trasporto pubblico non subiranno modifiche.

www.comune.torino.it

Fca premia due stabilimenti piemontesi su 150 al mondo nella "gara" del gruppo

fiat fcaIntanto l’amministratore delegato di Fca Sergio Marchionne è andato in visita allo stabilimento di Cassino, dove la produzione della nuova Giulia inizierà il 15 marzo

Festa in casa Fca: due stabilimenti piemontesi del gruppo, quello di Verrone, nel Biellese, e le storiche Presse di Mirafiori, sono stati premiati da Fca con riconoscimenti che sono stati consegnati al Centro Ricerche Crf di Orbassano .

La gara a livello mondiale ha coinvolto circa 150 impianti in tutto il mondo, con più di 250 i progetti esaminati. Lo stabilimento biellese, dove sono prodotti i cambi della serie C635 che equipaggiano modelli dei vari marchi di Fca, compresa  la Jeep Renegade, la Fiat 500X e l’Alfa Romeo, è stato premiato con il titolo mondiale nella categoria ‘Environment and Energy’. Su scala europea  le Presse di Mirafiori hanno invece conquistato il secondo posto nella categoria ‘Health and Safety’ per un progetto sulla sicurezza dei lavoratori relativo all’allestimento di impianti dal  carattere innovativo. Gli altri stabilimenti che hanno ricevuto i riconoscimenti sono Tychy, Kragujevac, Bursa (Turchia), Frontera (Teksid – Hierro de Mexico), Belvidere (Usa), Funrap (Teksid – Portogallo) e Novi (Comau – Stati Uniti). fca lingotto

Intanto l’amministratore delegato di Fca Sergio Marchionne è andato in visita allo stabilimento di Cassino, dove la produzione della nuova Giulia inizierà il 15 marzo, con due settimane d’anticipo sulla data inizialmente prevista.

(foto: il Torinese)

Record di presenze al Lingotto per le "signore a quattro ruote"

automotoretromoto disabili 2

Al Lingotto  63mila visitatori, circa il 5% in più rispetto allo scorso anno

 

Automotoretrò, la kermesse  delle auto d’epoca, ha portato al Lingotto  63mila visitatori, circa il 5% in più rispetto allo scorso anno. La manifestazione,  era abbinata ad Automotoracing ed è stata meta di tanti collezionisti e addetti ai lavori, così  come semplici appassionati delle vetture e moto d’epoca.

    “Abbiamo avuto un incremento di pubblico e di espositori ed è un dato in controtendenza se si pensa alla crisi economica che sta attraversando il mondo del collezionismo”, dice all’Ansa  Beppe Gianoglio, organizzatore dell’evento. Erano 14 i marchi presenti quest’anno al Salone, che ha anche festeggiato i 50 anni della Lamborghini Miura e del celebre Duetto dell’Alfa Romeo. Altri compleanni quelli dei 70 anni della Vespa e della Cisitalia D46, degli 80 della Topolino e dei 110 anni della Lancia. In mostra anche alcuni prototipi della collezione Bertone, e idee innovative (bella foto) per i motociclisti portatori di disabilita.

Addio a Renato Bialetti, l’“omino coi baffi” della Moka

bialetti1Rese celebri nel mondo le caffettiere “made in Italy”

 

E’ morto, all’età di 93 anni, ad Ascona, Renato Bialetti, considerato il “papà” della caffettiera Moka. Era conosciuto come “l’omino coi baffi“, quello della nota pubblicità di Carosello degli Anni Cinquanta e Sessanta. Vissuto e cresciuto ad Omegna, aveva ereditato l’azienda di famiglia fondata dal padre Alfonso.

 

Quest’ultimo, operaio fonditore in Francia, dov’era emigrato giovanissimo, alla fine della Prima bialetti3guerra mondiale fece ritorno sul lago d’Orta dove, nel 1919, aprì una sua fonderia a Crusinallo di Omegna: la “Alfonso Bialetti & C. – Fonderia in Conchiglia”. Il 1933 fu l’anno dell’invenzione dell’apparecchio che rivoluzionò totalmente il metodo della preparazione del caffè, soppiantando le tradizionali “napoletane”: la moka. Nel 1946,il figlio Renato prese le redini dell’azienda e con una efficace strategia aziendale, valorizzò l’invenzione del padre avviando la produzione su scala industriale delle caffettiere. Ma fu soprattutto la pubblicità a imprimere una svolta.

 

Era il 1953 quando attraverso Carosello venne lanciata l’immagine dell’omino coi baffi, una caricatura dello stessobialetti2 Bialetti, creata da Paul Campani ( che inventò, per la pubblicità , anche Toto e Tata e il famoso “Miguel” del Merendero). Da allora la moka si diffuse rapidamente in tutto il mondo, e la sua produzione raggiunse oltre un milione di pezzi l’anno. Nel 1986 Bialetti cedette l’azienda che portava il suo nome alla Faema e, successivamente, alla famiglia Ranzoni di Brescia. Nel 2013 tornò nella città sul lago d’Orta in occasione delle celebrazioni per l’ottantesimo anniversario della Moka, diventata un oggetto simbolo dell’innovazione e del design italiano, un’icona mondiale, tanto da essere esposta come un’opera d’arte al Moma di New York e alla Triennale di Milano.

 

Marco Travaglini

Premi San Giovanni a Christillin e Comoglio

La locomotiva di Pietro Rigosi

locomotiva guccini trenoIl fuochista anarchico Pietro Rigosi, 28 anni, sposato e padre di due bambine di tre anni e dieci mesi, poco prima delle 5 pomeridiane del 20 luglio 1893 si impadronì di una locomotiva sganciata da un treno merci nei pressi della stazione di Poggio Renatico e si diresse alla velocità di 50 km/h, che per quei tempi era notevole, verso la stazione di Bologna. Il personale tecnico della stazione deviò la corsa della locomotiva su un binario morto, dove si schiantò contro sei carri merci in sosta

 

 

“..E che ci giunga un giorno ancora la notizia di una locomotiva come una cosa viva, lanciata a bomba contro l’ingiustizia”. Così termina “La locomotiva”, la più popolare delle canzoni composte da Francesco Guccini, compresa nell’album “Radici” del 1972.  In tantissimi l’hanno cantata, ritmandone le strofe,  ma è difficile stabilire in quanti davvero sanno che questa ballata si riferisce ad un fatto realmente accaduto che vide protagonista il ventottenne anarchico bolognese Pietro Rigosi. Era il 20 luglio 1893 quando Rigosi,aiuto macchinista(per l’esattezza,fuochista) delle Ferrovie del Regno d’Italia, impadronitosi di una locomotiva in sosta, la mise in moto, lanciandola sui binari alla velocità di 50 chilometri all’ora che ,per quei tempi, era davvero notevole. La locomotiva era la “3541”, una delle centotrenta unità della Rete Adriatica; e trainava un treno merci. Quel giorno, durante una sosta nella stazione ferrarese di Poggio Renatico ( attualmente sulla linea Padova-Bologna, ndr)  approfittando della momentanea assenza  di Carlo Rimondini, macchinista titolare, Rigosi – che lavorava in quella stazione- salì sulla locomotiva e la portò a tutta velocità verso Bologna.

 

Venticinque minuti dopo l’allarme la “macchina pulsante  che sembrava fosse cosa viva” entrò alla stazione felsinea e, agli attoniti responsabili della linea ferrata, non rimase che deviarla su un binario morto. Rigosi, passando sugli scambi, comprese la situazione: smise di spalare il carbone, uscì dalla cabina e si arrampicò sul muso della macchina, proprio sotto il fanale, come per prepararsi al sacrificio. Lo schianto contro la vettura di prima classe e i sei carri merci che si trovavano in sosta sul binario tronco fu tremendo, ma l’uomo si salvò: evidentemente l’urto lo fece schizzare via prima che i due veicoli si incastrassero l’uno nell’altro. “Il disastro di ieri alla ferrovia. L’aberrazione di un macchinista“, titolò il quotidiano bolognese “Il Resto del Carlino” del 21 luglio 1893. Nell’articolo si leggeva: “Poco prima delle 5 pomeridiane di ieri, l’Ufficio guccini1Telegrafico della stazione (di Bologna, ndr) riceveva dalla stazione di Poggio Renatico un dispaccio urgentissimo (ore 4,45) annunziante che la locomotiva del treno merci 1343 era in fuga da Poggio verso Bologna. Lo stesso dispaccio era stato comunicato a tutte le stazioni della linea, perché venissero prese le disposizioni opportune per mettere la locomotiva fuggente in binari sgombri dandole libero il passo in modo da evitare urti, scontri o disgrazie. […] Capo stazione, ingegneri e personale del movimento furono sossopra e chi diede ordini, chi si lanciò lungo la linea verso il bivio incontro alla locomotiva che stava per giungere. Non si sapeva ancora se la macchina in fuga era scortata da qualcuno del personale; e solo i telegrammi successivi delle stazioni di San Pietro in Casale e Castelmaggiore, che annunziavano il fulmineo passaggio della locomotiva, potevano constatare che su di essi stava un macchinista e un fuochista. Ma la corsa continuava e la preoccupazione alla ferrovia cresceva […]“.

 

A Rigosi venne amputata una gamba, il viso rimase deformato dalle cicatrici, dovette sopportare una lunga degenza all’ospedale, ma dopo circa due mesi fece ritorno a casa. Nessuno seppe mai il vero motivo del suo folle gesto, ma un cronista della “Gazzetta Piemontese”( che l’anno successivo cambiò nome in “La Stampa”) riportò che, dopo il ricovero, l’uomo si lasciò sfuggire la frase “Che importa morire? Meglio morire che essere legato!”. Queste sue azioni , essendo un anarchico, vennero da molti interpretate come un disperato gesto di protesta contro le difficilissime condizioni di vita e lavoro dell’epoca e contro l’ingiustizia sociale che, a quel tempo, si manifestava in forme inaccettabili. Accadeva così anche nel mondo del trasporto ferroviario, dove le carrozze e i convogli di prima classe erano di gran lusso, mentre per le “classi” inferiori c’erano carrozze completamente fatiscenti e scomode.  La stessa vita dei macchinisti, tra fine ottocento e primo novecento, era durissima. Turni ininterrotti fino a trenta o quaranta ore, esposizione alle intemperie su macchine senza alcuna protezione, disciplina militare. Un lavoro pesante, da rompersi la schiena: una corsa da Venezia a Bologna costringeva il fuochista a spalare anche quaranta quintali di carbone. E la mortalità era altissima: i macchinisti che raggiungevano la pensione erano appena il 10% del totale. Rigosi,in più, si era segnalato per l’indole ribelle e insofferente alla disciplina ferrea che a lui e agli altri  veniva imposta .treno locomotiva guccini

 

La conferma si trova nei registri ferroviari dell’epoca che riportano le “sanzioni” che gli furono comminate in ragione di questa insofferenza all’ambiente lavorativo: “…multa di lire 5 per aver risposto con modo sconveniente al Capo Deposito di Piacenza mentre questi faceva delle giuste osservazioni al suo macchinista;sospensione per tre giorni dal soldo e dal servizio per essere venuto a diverbio col macchinista Baroncini Federico, per futili motivi, tra Mestre e Marano;sospensione dal soldo e dal servizio per giorni tre per aver preso in mala parte una frase detta per ischerzo da un macchinista del Deposito di Milano e non a lui rivolta, provocando così un diverbio, seguito da vie di fatto, in stazione di Piacenza;sospensione dal soldo e dal servizio per giorni due per aver preso parte a un deplorevole alterco sotto la pensilina della stazione di Padova;assente alla partenza del treno 1008 del 7 agosto sebbene avvisato, il giorno prima e avanti alla partenza, dallo svegliatore”. Per il suo gesto, il “ pazzo che si è lanciato contro al treno” non ricevette nessuna pena giudiziaria, ma soltanto un esonero dal servizio in ferrovia per motivi di salute (e non un licenziamento in tronco) e la corresponsione di un sussidio non particolarmente elevato. Però quando, al ritiro del sussidio, lesse il motivo dell’esonero (“buona uscita”), cambiò idea e si rifiutò di firmare. Accettò di ritirare la somma solamente dopo che la motivazione venne sostituita con “elargizione”. Dopotutto, testardamente, era convinto di quella grande forza che “spiegava allora le sue ali”, con  “parole che dicevano “gli uomini son tutti uguali“, fino al punto di compiacersi se, contro ai re e ai tiranni,  “scoppiava nella via la bomba proletaria e illuminava l’ aria la fiaccola dell’ anarchia”. Quindi, la “buona uscita” equivaleva ad un’inaccettabile offesa.

 

Marco Travaglini

Tutti i film nelle sale di Torino

LE TRAME AL CINEMA A cura di Elio Rabbione

 

INDAGINE FILM1981: Un’indagine a New York – Thriller. Regia di J.C. Chandor, con Oscar Isaac e Jessica Chastain. Il regista dell’apprezzato “Margin Call” racconta le spirale di violenza che poco a poco avvolge Abel Morales, proprietario di una compagnia di trasporti petroliferi, che sta per firmare l’affare più importante di tanti anni d’attività. Mentre la concorrenza cerca in ogni modo di fermarlo, un detective indaga su presunte sue irregolarità fiscali. Mentre Abel continua ad avere una incrollabile fiducia nella giustizia, la moglie, da parte sua, vorrebbe che rinunciasse alla propria integrità morale. Durata 125 minuti. (Classico)

 

L’abbiamo fatta grossa – Commedia. Regia di Carlo Verdone, con Carlo Verdone e Antonio Albanese. Albanese è un attore di teatro che, traumatizzato dalla separazione della moglie, non ricorda più le battute, Verdone è un investigatore privato squattrinato, che vive in casa della zia, cui lui chiede aiuto. Ma non ne fa una giusta. Un dialogo proibito e una valigetta con un milione di euro costringerà la coppia a rocambolesche avventure e improbabili travestimenti. Durata 116 minuti (Due Giardini sala Nirvana, Ideal, Lux, Massaua, Reposi, The Space, Uci).

 

BLANCHETT CAROLCarol – Tra commedia e melodramma. Regia di Tod Haynes, con Kate Blanchett e Rooney Mara. Tratto dal romanzo di Patricia Highsmith (pubblicato nel 1952 con lo pseudonimo di Claire Morgan), è la narrazione della passione tra una donna newyorkese, alle prese con la fine di un matrimonio e l’affidamento della sua bambina, e una giovane impiegata. Grande gara di bravura fra le due attrici (Mara ha vinto il Palmarès all’ultimo festival di Cannes), con certezza in prossima area Oscar. Durata: 118 minuti  (Greenwich 3).

 

La corrispondenza – Drammatico. Regia di Giuseppe Tornatore, con Jeremy Irons e Olga Kurylenko. Amy, una giovane studentessa universitaria, che sbarca il lunario facendo la stuntwoman per la televisione e il cinema, ha una relazione con il suo professore di astrofisica. Improvvisamente, lui scompare e quell’amore diviene l’immagine di quelle stelle che non esistono più ma che noi continuiamo a vedere nel cielo. Solo la tecnologia li tiene legati, sms, skype, dvd, e ancora lettere e fasci di fiori: a raccontarci la speranza dell’eternità di un amore. Durata 116 minuti. (Romano sala 3)

 

Dio esiste e vive a Bruxelles – Commedia. Regia di Jaco Van Dormael, con Benoît Poelvoorde. Un Dio cattivo e antipatico che vive nella capitale belga, ben intenzionato a far digerire all’uomo dispetti e catastrofi, una figlia ribelle che distribuisce ad ognuno di noi la data della propria morte. Uno sberleffo piuttosto scomodo. Durata: 113 minuti (Massimo 2)

 

Doraemon il film: Nobita e gli eroi della vita – Animazione. Regia di Yoshihiro Osugi. Il successo di una saga, questa volta un film da girare tra supereroi dello spazio e alieni che temono per il loro pianeta minacciato dai Pirati dello Spazio. Durata 100 minuti. (The Space, Uci)

 

Il figlio di Saul – Drammatico. Regia di Laszlo Nemes, con Géza Roehring. Nell’ottobre del 1943, nel campo di concentramento di Auschwitz, l’ebreo ungherese Saul fa parte del Sonderkommando, un gruppo di uomini incaricato di accompagnare i deportati appena arrivati ai forni crematori. Quando in un cadavere riconoscerà suo figlio, egli farà di tutto per dargli una onorata sepoltura. Opera prima premiata a Cannes, vincitore del Globe e probabile Oscar quale migliore film straniero. Durata 107 minuti. (Nazionale 2, F.lli Marx sala Chico e Harpo)

 

La grande scommessa – Commedia drammatica. Regia di Adam McKay, con Christian Bale, Ryan Gosling e Brad Pitt. Tratto dal libro “The big short” del giornalista Michael Lewis, il film racconta la storia di alcuni operatori finanziari che avevano compreso la fragilità dei mutui bancari già anni prima della grande crisi del 2008. Un piccolo capolavoro di satira creato con intelligenza di attori e regista, sceneggiatura sovraffollata di parole, relativamente “facile” per quanti con il mondo delle banche hanno poca dimestichezza. Durata: 130 minuti. (Reposi, The Space)

 

joy filmJoy – Biografico, drammatico. Regia di David O. Russell, con Jennifer  Lawrence, Bradley Cooper e Robert De Niro. Una storia vera, la vita di Joy Mangano, i figli e l’ex marito, la madre teledipendente, i parenti, la sua vita a Long Island. Tra ribellioni e intraprendenza, costruisce un impero che vive ancora oggi, nel cui centro sta l’invenzione del “mocio”, comodo straccio/scopa per le pulizie della casa. Il potere della televisione che annuncia urbi et orbi il prodotto determinerà l’enorme successo. Durata 124 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo blu, Massaua, Reposi, Romano sala 1).

 

Il labirinto del silenzio – Drammatico. Regia di Regia di Giulio Ricciarelli. Opera prima di un autore italo/tedesco finora soltanto attore e produttore, è la storia, ambientata a Francoforte, del procuratore Radmann che a tredici anni dalla fine del conflitto cerca una sensibilizzazione dell’opinione pubblica circa le colpe e le responsabilità dei tedeschi durante la guerra, immergendosi nella ricerca di quanti avevano operato nel campo di Auschwitz. Candidato all’Oscar per il miglior film straniero. Durata 124 minuti. (Nazionale 2)

 

BATTISTON FILMPerfetti sconosciuti – Commedia. Regia di Paolo Genovese, con Marco Giallini, Valerio Mastandrea. Giuseppe Battiston, Kasia Smutniak, Alba Rohrwacher. Una cena tra amici, l’appuntamento è per un’elisse di luna, qualcuno decide di mettere tutti i cellulari sul tavolo e di rispondere a telefonate e sms senza che nessuno nasconda qualcosa a nessuno. Un gioco pericoloso, di inevitabili confessioni, che verrebbe a sconquassare le vite che ognuno di noi possiede, quella pubblica, quella privata e, soprattutto, quella segreta. Alla fine della serata, torneranno ancora i conti come quando ci siamo messi a tavola? Durata 97 minuti. (Eliseo rosso, Ideal, Lux 3, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Point Breack – Azione. Regia di Ericson Core, con Edgar Ramirez e Luke Bracey. Remake del non dimenticato film della Bigelow, è la storia di un uomo dell’FBI che riesce a entrare in un gruppo di atleti dello sport estremo, ritenuti essere una pericolosa banda di criminali. Adrenalina allo stato puro, di tutto e di più per chi ama il genere: lanci dal cielo all’interno di caverne, motocross, surf senza se e senza ma, lanci dalla funivia. Durata 116 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci).

 

ponte spieIl ponte delle spie – Drammatico. Regia di Steven Spielberg, con Tom Hanks e Mark Rylance. A cavallo tra i 50 e i 60, in piena guerra fredda, l’avvocato Donovan è incaricato di trattare il rilascio di Gary Powers, abbattuto con il suo aereo U-2 durante un’operazione di sorvolo dell’Unione sovietica. Alla sceneggiatura hanno collaborato i fratelli Coen. Durata: 140 minuti. Papabile agli Oscar. (Lux sala 2)

 

Ppz – Pride and prejudice and zombies – Horror. Regia di Burr Steer, con Lily James e Sam Riley. Tratto dal romanzo di Seth Grahame-Smith che rivisita “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austin. Qui, l’Inghilterra del XIX secolo è atterrita dai non morti: contro di essi combatterà Elisabeth Bennet con le sue sorelle. A un certo punto sarà costretta a decidere se continuare a difendere quelli che ama o seguire l’indimenticabile colonnello Darcy. Durata 108 minuti. (Ideal, Massaua, The Space, Uci)

 

La quinta onda – Fantascienza. Regia di J Blakeson, con Nick Robinson e Chloë Grace Moretz. Basato sul primo libro della trilogia firmata da Rick Yancey, narra di Cassie e della ricerca del fratellino scomparso durante un attacco degli “Altri”, alieni che stanno invadendo il mondo. Dovrà cercare un aiuto in Ben, suo compagno di scuola, oppure in Evan, dalle sembianze umane ma misterioso nei suoi comportamenti che parrebbero avere un qualcosa di stranamente anomalo? Durata 112 minuti. (The Space, Uci)

 

Quo vado – Comico. Regia di Gennaro Nunziante, con Checco Zalone. Da impiegato nell’ufficio provinciale di caccia e pesca a precario: Checco dovrà accettare più di un trasferimento, nazionale o lontano all’estero, per non dover rinunciare al posto fisso. Durata: 86 minuti. (Massaua, The Space, Uci)

 

FILM 2Remember – Thriller. Regia di Atom Egoyan, con Christopher Plummer, Martin Landau e Bruno Ganz. Zev, vecchio ebreo ospite di una clinica e affetto da demenza senile, viene spinto da Max a ricercare e ad uccidere il nazista, arrivato anni prima negli States, che nel campo di Auschwitz ha trucidato le loro famiglie. Il vecchio condurrà a termine il proprio compito: ma non mancheranno sconvolgenti quanto dolorose sorprese. Grande successo all’ultima Mostra di Venezia. Durata 95 minuti. (Romano sala 2)

 

Revenant  – Avventuroso/drammatico.  Regia di Alejandro Gonzales Iňàrritu, con Leonardo Di Caprio e Tom Hardy. Tratto da una storia vera. L’America dei grandi paesaggi e delle pianure sterminate, i pionieri alla ricerca di nuovi confini e delle pelli degli orsi. Uno di questi, Hugh Glass, nel 1823, viene attaccato da un grizzly mentre i suoi compagni lo abbandonano senza armi né cibo: il perfido Fitzgerald (Tom Hardy) gli uccide il figlio che ha avuto da una donna indiana. Di qui la sete di vendetta del protagonista, le imboscate, le uccisioni, gli stenti superati. Di Caprio, finalmente, in odore di Oscar, dopo essersi di recente già assicurato il Globe. Durata 156 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Ideal, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Single ma non troppo – Commedia. Regia di Christian Ditter, con Dakota Johnson e Alison Brie. Cuori nella tormenta, tutti a caccia dell’anima gemella, in una New York che offre mille occasioni. Durata 116 minuti. (Greenwich sala 2, The Space, Uci)

 

Steve Jobs – Biografico. Regia di Danny Boyle, con Michael Fassbender e Kate Winslet. Con la sceneggiatura di Aaron Sorkin (vincitrice di un Globe ma non entrata nella cinquina dei futuri Oscar) basata sulla biografia autorizzata di Walter Isaacson, capace di rimodellare il personaggio in ogni sua sfaccettatura, cogliendo l’essere grande e meschino, impietoso e ambizioso, deluso e pieno di successo, il film è il ritratto, tra il 1984 ed il ’98, dell’uomo che con computer, iPod, iPhone e iPad ha rivoluzionato la storia del mondo. Fassbender (DiCaprio dovrà soprattutto vedersela con lui) e Winslet sono con le loro perfette interpretazioni candidati all’Oscar. Durata 122 minuti. (Ideal)

 

The end of the tour. – Commedia drammatica. Regia di James Ponsoldt, con Jason Segel e Jesse Eisenberg. Lo stato è quello dell’Illinois, era il 1996, David Lipsky, giornalista agguerrito della rivista “Rolling Stone”, passa cinque giorni in compagnia dello scrittore David Foster Wallace in occasione dell’uscita del suo romanzo “Infinite Jest”. Ne dovrebbe nascere un profilo d’autore. L’intervista non fu mai pubblicata, ma dall’incontro di quelle due personalità nacque “Come diventare se stessi”, fedele trascrizione dei dialoghi, delle impressioni e delle confessioni del viaggio di quei giorni. Grande prova d’attori e precisa immagine di un’epoca. Durata 106 minuti. (Nazionale 1)

 

HATEFUL FILM2The hateful eight – Western. Regia di Quentin Tarantino, con Kurt Russell, Samuel L. Jackson, Jennifer Jason Leigh, Tim Roth. All’indomani della Guerra di Secessione, tra le montagne del Wyoming, una tempesta di neve blocca in una stazione di posta una diligenza e nove persone, un cacciatore di taglie con la sua prigioniera da condurre alla forca ed un collega di colore un tempo arruolato a servire la causa dell’Unione, un generale sudista, un boia e un cowboy, un messicano e il conduttore della diligenza, il nuovo sceriffo di Red Rock. Tensioni claustrofobiche mentre qualcuno non è chi dice di essere, sino alla violenza finale. Musiche di Ennio Morricone, già vincitore del recente Globe e prossimo (?) a salire sul podio più alto degli Oscar. Durata 180 minuti. (Ambrosio sala 1 e 3, Centrale v.o., Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Eliseo sala grande, F.lli Marx sala Groucho e Harpo, Ideal, Massimo 1, Reposi, The Space, Uci)

 

TRUMBO FILML’ultima parola – La vera storia di Dulton Trumbo – Drammatico. Regia di Jay Roach, con Bryan Cranston, Helen Mirren, Diane Lane. Negli anni della Hollywood colpita dalla “caccia alle streghe” del senatore McCarthy, lo sceneggiatore Dulton Trumbo è inserito nella “black list” che raggruppa famosi nomi della Mecca del cinema. Perderà il lavoro, vincerà due Oscar lavorando sotto falso nome, verrà riabilitato solo anni più tardi, anche grazie ad attori come Kirk Douglas e a registi come Otto Preminger. Un pezzo di storia americana da vedere e ripensare. Eccellente protagonista Bryan Cranston, candidato all’Oscar. Durata 124 minuti. (Ambrosio sala 2)

 

Il viaggio di Norm- Animazione. Regia di Trevor Hall. Le avventure di un simpatico e combattivo orso, vegano e ballerino, che tra le strade e i grattacieli di New York vuole fermare un bieco costruttore che ha tutte le intenzioni di edificare al Circolo Polare Artico. Durata 86 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Una volta nella vita – Drammatico. Regia di Marie Castille Mention, con Ariane Ascaride. In una classe di una piccola città alle porte di Parigi, si parla di Olocausto e di società attuale attraverso l’invito che l’insegnante fa ai suoi alunni a partecipare ad un concorso nazionale di storia che ha appunto per oggetto gli anni bui del secondo conflitto. Durata 105 minuti. (Massimo 2)

 

Zoolander 2 – Commedia. Regia di Ben Stiller, con Ben Stiller, Owen Wilson e Penelope Cruz. Sequel da molti attesissimo del cult anno 2001, questa volta la coppia di supermodelli bellissimi deve indagare su una serie di morti misteriose. C’è anche Anne Wintour, la ferrea direttrice di “Vogue”, alias Meryl Streep nel “Diavolo veste Prada”. Durata 104 minuti. (Greenwich sala 1, Ideal, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

“Le Tre Rose Nere” verso il Sei Nazioni a Roma

Tre Rose Casale, 11.10.2015

Ad oggi la squadra  monferrina consta di 33 tesserati richiedenti asilo, dei quali 25 abitualmente in campo, 15  di “formazione italiana” dei quali 10 effettivamente italiani e 2 di “formazione straniera”

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Tutto il rugby monferrino casalese è in fibrillazione, in attesa della  partecipazione de  “Le Tre Rose  Nere” (ormai  così ci chiama la stampa nazionale), di Casale, su  invito da  presidente della F.I.R., Alfredo Gavazzi, domenica  prossima, 14 febbraio, ad assistere al match del “Sei Nazioni” Italia- Inghilterra allo stadio Olmpico di Roma.  La partita inizierà alle ore 15.00 e tra il primo ed il secondo tempo la squadra interrazziale de “Le Tre Rose”, capitanata da Fabio Lifredi, prima e, per ora, unica i Italia (e forse nel mondo)  che partecipa ad un campionato “federale” con giocatori “richiedenti asilo”, ma con regolare permesso di soggiorno, uniti ai nostri “vecchi” giocatori di formazione italiana ed italiani, sarà presentata agli spettatori dello stadio e, tramite la televisione, a tutto il mondo!

 

Ad oggi la squadra  monferrina consta di 33 tesserati richiedenti asilo, dei quali 25 abitualmente in campo, 15  di “formazione italiana” dei quali 10 effettivamente italiani e 2 di “formazione straniera”.  La a.s.d. Allenatori:  Luca Patrucco (co-fondatore della a.s.d. Le Tre Rose e della squadra interrazziale di rugby), Governale Liborio, Adinolfi Luigi, Battistotti Alessandro. (più gli allenatori under 12, Vecchio Valentino, Radice Matteo, Frassou Giacomo).

 

Le Tre Rose Rugby rappresenta  tutto il nostro  Monferrato casalese, nata a Rosignano, il paese de “le tre rose”, dove mantiene la “sede legale”, i primi passi li ha  mossi in tutte le scuole del territorio, San Martino di Rosignano, Rosignano, Ozzano, CellaMonte, Ticineto, Frassineto, Occimiano, Cerrina, Murisengo, Pontestura, Casale Monferrato, con l’under 14 che giocava ad Ozzano e la prima squadra sul campo della “Junior” a Casale ed una partita è stata giocata anche a Ticineto, per poi approdare definitivamente al campo del “Ronzone” a Casale nel febbraio 2013, dove mantiene la “sede operativa” ( ad oggi ha anche in affidamento il campo comunale di Cerrina).

 

 Il presidente, Paolo Pensa,  con la presidente della cooperativa “Senape”, Mirella Ruo, porterà in dono al presidente della Federazione Italiana Rugby ed a tutto il Consiglio Federale buon “grignolino”, etichettato con la squadra interrazziale, de “La Spinosa Alta” di Ottiglio e, da parte dell’Amministrazione Comunale di Rosignano Monferrato, i prodotti vinicoli della Cantina Sociale del Monferrato.

 

Quest’anno è iniziato con due fiocchi azzurri: il 12 gennaio è nato “Riad”, erede di MOSTAID Ismail  e, ieri 8 febbraio,  “Christian”, erede di Mortara  Alessandro, con i complimenti alle rispettive signore, Martina e Maria.

 

I nostri giovani leoni dell’under 18 continuano ad essere determinanti alle vittorie del “Novara”. Domenica, Abubakar Alì, Buzzi Alessandro Puma Charlie e Magri Kristian hanno, come detto, dato il loro indispensabile contributo: Abubakar Alì con scorribande sulle ali, Puma Charlie e Buzzi Alessandro  autori di una meta a testa e Magri Kristian è stato riconosciuto “man of the match”.

BIKE SHARING SOTTO LA MOLE, AUMENTANO LE STAZIONI

castello bicibikesharingbike2185 stazioni attive ToBike su tutto il territorio cittadino

 

Nei prossimi mesi verrà ampliato il servizio di Bike Sharing arrivando a un totale di 185 stazioni attive ToBike su tutto il territorio cittadino. Questa è la decisione attuata dalla Giunta comunale su proposta dell’assessore all’Ambiente Enzo Lavolta.

 

Negli ultimi cinque anni – sottolinea l’assessore Enzo Lavolta – il bike sharing ha triplicato il numero di stazioni, raggiungendo oggi il numero di 132 stazioni, e ha ampliato la rete nei comuni a ovest nell’area metropolitana, con l’obiettivo di arrivare a 185 stazioni nei prossimi mesi, coprendo il 70 percento del territorio cittadino”.

 

La Città continuerà la ricerca di nuovi finanziamenti per permettere di coprire tutte le altri parti del territorio cittadino che restano ancora escluse dal Bike Sharing.

 

In relazione ai servizi dedicati alla mobilità su due ruote, l’assessore Lavolta ricorda che “l’Ufficio biciclette della Città di Torino ha realizzato un portale informativo (“Torino in bici”) che offre numerosi servizi ai cittadini e da cui è possibile accedere alla piattaforma Bu.Net realizzata con la collaborazione di 5T”.

 

www.comune.torino.it – foto: il Torinese