Scuola, con Crt 76 città per 400 talenti neodiplomati

 ECCO LA MAPPA DEI TIROCINI ALL’ESTERO Della FONDAZIONE

 

 giovani crt

Da Barcellona a Londra, da Parigi a Berlino, da Copenaghen a San Pietroburgo: sono alcune delle 76 le città europee in cui 400 studenti piemontesi potranno fare quest’estate, subito dopo la maturità, un’esperienza di lavoro all’estero di tre mesi, grazie al bando “Talenti Neodiplomati” 2016 della Fondazione CRT, che ha investito 1,8 milioni di euro.

 

La mappa delle destinazioni dei Talenti Neodiplomati, “disegnata” in base ai progetti di attivazione dei tirocini oltreconfine da parte di 67 scuole selezionate, include ben 19 Stati: Cipro, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Malta, Russia, Slovenia, Spagna, Regno Unito, Ungheria, cui si aggiungono le “new entry” Bulgaria, Croazia, Estonia, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia.

 

Le città che accoglieranno i ragazzi salgono a 76 (erano 47 lo scorso anno), con un aumento del 65%: “resistono” le classiche mete irlandesi e britanniche come Dublino, Cork, Londra, ma si affacciano sullo scenario del progetto nuove destinazioni come Tallin, Cracovia, Praga, Budapest, oltre a località meno note della Germania, della Slovacchia, della Slovenia e molte altre. Un risultato dovuto alla positiva risposta delle scuole del Piemonte all’invito della Fondazione CRT a innovare la propria progettualità. Sono proprio gli istituti scolastici, infatti, a scegliere le mete e a programmare le esperienze per gli studenti, in linea con uno degli obiettivi del bando Talenti Neodiplomati: promuovere l’apertura internazionale delle scuole e valorizzare le proposte più innovative degli insegnanti.

 

I tirocini, della durata minima di 12 settimane, avranno luogo in enti e aziende che operano all’estero nei più svariati settori: alberghi e ristoranti, boutique, charity shop, aziende informatiche e del settore automotive, aziende ittiche, musei, attività amministrative e gestionali nelle scuole e nelle università. I 400 Talenti Neodiplomati 2016 si aggiungono agli oltre 2.500 “colleghi” che hanno già preso parte al progetto, per un investimento complessivo della Fondazione CRT di oltre 10 milioni di euro in 12 anni.

 

“Talenti Neodiplomati apre l’Europa ai giovani, ed è un motore di innovazione per il nostro territorio – spiega il Segretario Generale della Fondazione CRT Massimo Lapucci –. Questo progetto, da un lato, favorisce la mobilità internazionale dei ragazzi subito dopo le superiori, attraverso un’esperienza di lavoro, di crescita personale e di interculturalità utile per il futuro; dall’altro lato, dà l’opportunità alle scuole di costruire solide reti di partnership europee con istituti, aziende e istituzioni di altri Paesi”.

A questo link è disponibile la mappa dei Talenti Neodiplomati 2016 in Europa:

 

https://www.google.com/maps/d/edit?mid=zafv13u5AoME.kaWheF1ftwEU&usp=sharing

La torre di Intesa Sanpaolo inaugura la stagione culturale

grattacielo nottegrattacielo sanpaolo2Primo appuntamento il 4 maggio con Toni Servillo che leggerà brani da ‘Le piccole virtù, raccolta di testi autobiografici

Natalia Ginzburg, nel centenario della sua nascita, il 14 luglio 1916, è protagonista della rassegna che apre il programma culturale di Intesa Sanpaolo per promuovere l’ auditorium realizzato all’interno del Grattacielo progettato da Renzo Piano. in corso Inghilterra.  L’Auditorium ha 364 posti a sedere e si raggiunge dalla hall con due scale mobili. Primo appuntamento il 4 maggio con Toni Servillo che leggerà brani da ‘Le piccole virtù, raccolta di testi autobiografici, del 1962. Poi, 10 maggio Anna Bonaiuto con pagine di ‘Lessico familiare’, del 1963, e il 18 maggio Lella Costa, impegnata nella lettura di due delle 11 commedie della scrittrice, ‘Ti ho sposato per allegria’ e ‘La parrucca’.

 

(Foto: il Torinese)

2015 da record, il turismo parla straniero e va alla conquista di Torino e del Piemonte

Le statistiche dell’Osservatorio, registrano i nuovi record regionali di arrivi: 4 milioni 700 mila persone (+5,7% sul 2014) e di presenze con 13 milioni 680 mila pernottamenti (+ 4,8%) si devono all’eccezionale traino del turismo estero

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Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio turistico regionale relativi al 2015, presentati al Circolo dei Lettori di Torino dal presidente della Regione, Sergio Chiamparino, e dall’assessore regionale alla Cultura e al Turismo, Antonella Parigi, l’anno appena trascorso è quello della consacrazione del Piemonte come destinazione turistica internazionale. Le statistiche dell’Osservatorio, registrano i nuovi record regionali di arrivi: 4 milioni 700 mila persone (+5,7% sul 2014) e di presenze con 13 milioni 680 mila pernottamenti (+ 4,8%) si devono all’eccezionale traino del turismo estero. A confronto con il 2014 nel 2015 gli stranieri giunti nella nostra regione sono stati 1 milione 884 mila (il 40% del totale) con un incremento del 19,9%, che si sono tradotti in quasi 6 milioni di presenze nelle strutture (+16,4% e il 44% del totale). Un fenomeno importante, che compensa ampliamente la contrazione fatta registrare dai flussi nazionali.

egizio ll“Da presidente – ha detto Sergio Chiamparino – non posso che esprimere grande soddisfazione per i risultati che non sono frutto del destino, ma di un lavoro organizzato, di scelte su cui si deve continuare ad investire. Tutte le Atl vanno bene, e bisogna puntare sull’asse agricoltura- paesaggio e cultura”.

Ma ecco l’analisi dei singoli mercati che hanno prodotto l’affluenza internazionale. I più affezionati al Piemonte restano i tedeschi, giunti in 362 mila, in crescita del 9,1% per un totale di 1 milione 371 mila pernottamenti e una permanenza media di 3,8 giorni. Poi  i francesi con 318 mila arrivi (+28,3%) e 756mila notti (2,4 giorni di permanenza), gli svizzeri con 209 mila arrivi (+10%) e 513 mila notti (2,4 giorni di permanenza), mentre il Regno Unito registra un vero e proprio exploit e con 168 mila arrivi segna un aumento del 34,1% e 638 mila notti (3,8 giorni di permanenza). Unico mercato europeo in flessione è il BeNeLux, che vede scendere a 135 mila gli arrivi (-1%) ma che rimane comunque la terza area per presenze nelle strutture ricettive con 643 mila notti.

VALENTINO3Gli stati Uniti rappresentano, invece, il primo mercato extra-continentale, con arrivi in Piemonte a quota 104 mila (+31,2%) e a cui corrispondono 272 mila pernottamenti (+36%). In termini di crescita percentuale, particolarmente evidente il raddoppio (+96,2%) degli arrivi dalla Spagna che toccano le 58 mila unità, mentre significativo appare anche l’incremento del 35,9% dalla Russia (59 mila arrivi), del 33,7% dall’Austria (47 mila arrivi), del 22,1% dalla Cina (oltre 23 mila arrivi).risorgimento museo

Una  conferma dei successi turistici del Piemonte arriva anche dal progetto “Smart Tourism”, in collaborazione con Vodafone Italia per analizzare le presenze  attraverso lo strumento dei Big Data delle reti di telefonia mobile. Un metodo in grado, ad esempio, di analizzare gli spostamenti nella regione, le aree di permanenza, la frequenza delle visite, i luoghi d’accesso.

Abbinato alla  crescita della domanda,  lo sviluppo dell’offerta: sono più di  196 mila i posti letto offerti dal sistema ricettivo piemontese, 3 mila in più rispetto all’anno scorso che si concentrano soprattutto nel sistema extralberghiero, mentre le varie categorie di alberghi evidenziano una crescita più contenuta attestandosi sugli 84.500 posti letto. Per quanto concerne la stagionalità, il semestre “estivo” segna un +9% negli arrivi e un +7% nelle presenze, mentre i mesi con i picchi maggiori sono stati maggio al +18%e ottobre al +16%. L’assessore Parigi:  “la capacità attrattiva del Piemonte nei confronti dei flussi internazionali ha ormai le caratteristiche di un fenomeno strutturato. Non v’è dubbio che nel 2015 abbiano rivestito un ruolo nelle dinamiche turistiche anche l’Ostensione della Sindone e l’Expo, ma il raffronto con i dati del passato indicano che il Piemonte oggi rappresenta una scelta. Ma guai se ci accontentassimo dei risultati raggiunti e, proprio attraverso le moderne metodologie offerte dalla tecnologia, intendiamo ora acquisire ulteriori elementi di conoscenza del nostro pubblico, come quelli offerti dalla sperimentazione fatta con Vodafone Italia, al fine di sviluppare strategie di marketing in Italia e all’estero”.

(Foto: il Torinese)

 

La saga dei d'Azeglio

d'azeglioUn convegno che si svolge, in due tempi, lunedì e martedì 4 e 5 aprile

Massimo D’Azeglio, uomo politico, pittore e scrittore, ed il nipote Emanuele, ambasciatore in diverse capitali europee, vedono ricorrere quest’anno, rispettivamente, il centocinquantesimo anniversario della morte ed il bicentenario della nascita. Vengono ricordati in un convegno che si svolge, in due tempi, lunedì e martedì 4 e 5 aprile: “I d’Azeglio. Cultura, politica e passione civile”. L’evento si svolgerà nella prima giornata a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte e nella seconda alla Fondazione Einaudi di Palazzo Taparelli d’Azeglio.

Il convegno di studi vedrà il coinvolgimento, oltre che del Consiglio regionale, del Comune di Torino e del Dipartimento Studi storici dell’Università di Torino, dei Musei Reali e del Centro Studi Piemontesi. Per l’occasione, verranno anche ricordati, Roberto d’Azeglio, primo direttore della Galleria Sabauda insieme a sua moglie Costanza Alfieri di Sostegno, fine scrittrice e testimone del suo tempo. La poliedricità e l’impegno civile dei d’Azeglio, dalla politica alla storia, dall’arte al collezionismo, dalla letteratura alla diplomazia e filantropia, consentono una lettura a tutto campo della storia e della società dell’800, tra il Piemonte, l’Italia e l’Europa.

Massimo Iaretti

“Comuni ed Unioni Montane sfide per lo sviluppo”

uncem

Lunedì 4 aprile, alle ore 17.30

Il salone in piazza del Comune di Tavagnasco ospita lunedì 4 aprile, alle ore 17.30, l’incontro “Comuni ed Unioni Montane sfide per lo sviluppo” a cura di Uncem, Bim – Bacino imbrifero montano della Dora Baltea e Comune di Tavagnasco. Sarà l’occasione per fare il punto sulle varie opportunità di sviluppo che si presentano per le aree montane.

Massimo Iaretti

 

Il Regno condiviso, storia sabauda

bandiera piemonte

Proiezione in prima piemontese mercoledì 6 aprile, alle ore 20.45 a Villar Dora in Valsusa

La pellicola “Il Regno condiviso. La Royaume partagà. La storia degli Stati di Savoia” prodotta da Project Images Film e France 3 verrà proiettata in prima piemontese mercoledì 6 aprile, alle ore 20.45 a Villar Dora in Valsusa., al centro sociale comunale di via Pelissero. Seguirà un dibattito di approfondmento sul tema degli Stati di Savoia moderato da Carlo Comoli ed Alberto Ballestrassi, esponenti dell’Associazione cultura Gioventura Piemonteisa, con l’introduzione di Mauro Carena, sindaco di Villar Dora. Interverrà anche Claude Megevanda, presidente dell’associazione “La Salevienne” promotore dell’opera. L’ingresso alla serata è libero.

(Foto: il Torinese)

Massimo Iaretti

 

La storia degli italiani “dimenticati” nel Paese delle Aquile

Un libro di William Bonapace

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tiranese23LEGGI GLI ALTRI ARTICOLI DELLA RUBRICA “IL TIRANESE”: CLICCA SUL LINK vetrina1 SOPRA IL TITOLO

William Bonapace , docente di Storia e Filosofia nei licei e ricercatore presso l’Idos (Dossier statistico Immigrazione), ha rivolto i suoi interessi allo studio dei processi migratori contemporanei e alle vicende balcaniche a seguito delle tragiche guerre degli anni ’90 nell’ex Jugoslavia. Ed ora si cimenta con “Italiani d’Albania” (Città del Sole Edizioni, 2015) nell’intento di far luce sulla storia di quegli italiani che, alla fine della seconda guerra mondiale, quando le frontiere dell’Albania – in poco tempo –  si chiusero ermeticamente al proprio interno, rimasero lì, dopo essere giunti nel Paese delle Aquile per motivi e in tempi diversi. Il libro albaniasarà presentato venerdì 8 aprile, alle18.00, nella Sala Musica del  Circolo dei Lettori di Torino, al numero 9 di via Bogino. A discuterne con l’autore ci saranno Donatella Sasso, storica dell’Istituto Salvemini e Cesare Panizza, dell’Isral, l’istituto per la Storia della Resistenza di Alessandria .Una storia in larga parte dimenticata o volutamente nascosta da parte italiana per celare il passato fascista e la rovinosa ritirata dopo l’8 settembre 1943, per non inficiare i rapporti internazionali del nuovo ordine geopolitico postbellico, ma anche per semplice quanto banale inerzia amministrativa e politica. Nei primi anni ’90, dopo il crollo del regime di Enver Hoxha, decine di migliaia di profughi albania libro1provenienti dall’Albania sbarcarono sulle coste pugliesi in cerca di un futuro migliore, solo in  pochi si accorsero che tra di loro vi erano anche numerosi cittadini italiani abbandonati al di là dell’Adriatico alla fine della Seconda guerra mondiale. Risucchiati nell’oblio della storia e lasciati al loro destino in un Paese che presto si sarebbe chiuso ermeticamente al mondo, essi erano ciò che restava della sconsiderata politica imperiale mussoliniana e il tragico prodotto della Guerra Fredda. La loro drammatica vicenda è rimasta sconosciuta per tutto il periodo del regime totalitario e solo negli ultimi anni, grazie all’impegno degli stessi rimpatriati, è potuta venire alla luce in tutta la sua assurdità. Attraverso la storia del tormentato rapporto tra l’Italia e l’Albania nel corso del XX secolo, il volume di Bonapace intende ricostruire le loro vicende umane, restituendo ai protagonisti la parola, grazie a lunghi e intensi incontri tenutisi in Italia e in Albania, così come recuperando le memorie personali da loro trascritte nel timore che potessero svanire per sempre, e quindi risarcire, almeno in parte, il debito contratto dal nostro e loro paese per quelle mancanze politiche e morali che sono costate la vita a tante persone dimenticate al di là del mare.

Com’è Bio la mia Valle!

vallee bioIL MONDO DEL BIO / Di Ignazio Garau*

GARAU2In Francia, vicino a Valence, posizionata tra Die e Loriol, lungo la Drôme, si estende per 2.000 chilometri quadrati la “Biovallée”, un Biodistretto che persegue l’obiettivo di trasformare il territorio in una vetrina verde, per diventare riferimento europeo in materia di sviluppo umano sostenibile

La transizione ecologica è possibile, è a qualche ora di treno (o d’auto) da Torino, la si sente nell’aria della Drôme, nel luogo dove assume il nome che è anche un marchio territoriale e un programma: Biovallée.

Qui, tra Loriol-sur-Drôme et Die, dove i massicci rocciosi del Vercors rivaleggiano tra di loro in maestosità, amministratori locali e cittadini lavorano da diversi anni per realizzare il primo laboratorio territoriale di una società più sostenibile. Tutti gli attori del territorio sono coinvolti: amministratori locali, associazioni, agricoltori, artigiani, eco-albergatori, imprenditori, ricercatori e cittadini. Tutti gli aspetti economici e sociali della vita della comunità diventano oggetto di intervento con obiettivi precisi da raggiungere in direzione di un’economia più sostenibile. Il progetto è sostenuto dalla Regione Rhone Alpes, dal Dipartimento de la Drôme, dalle Comunità dei Comuni della Val de Drôme, Diois, Pays de Saillans e Crestois. L’Associazione Biovallée riunisce tutti i protagonisti e garantisce la governance delle iniziative.

Sono tornato a Die nello scorso mese di gennaio, in occasione del 14° appuntamento annuale organizzato dall’Associazione ECOLOGIE AU QUOTIDIEN. Il clima e l’accoglienza erano festosi come sempre, il territorio coinvolto e partecipe, molte le volontarie e i volontari che hanno sostenuto l’impegno di organizzare i dibattiti, i convegni internazionali, gli incontri conviviali e, più in generale, la festa. Presente anche una nutrita delegazione di docenti e studenti dell’Università di Lovanio (B), intervenuti per conoscere e indagare su questa esperienza di progetto territoriale. Con me erano presenti delegazioni provenienti, oltre che dall’Italia, dalla Slovenia, dalla Repubblica Ceca, dalla Lettonia, dalla Macedonia e da Cipro, tutte interessate a un confronto sul progetto e sull’esperienza dei Biodistretti.

L’agricoltura biologica è il riferimento da cui è partito il progetto della Biovallée, ma sono tre gli assi su cui ci si muove:

 

Sviluppare il territorio in modo da preservare le risorse naturali (acqua, aria, suolo, la luce del sole, e la biodiversità);

Valorizzare le risorse naturali del territorio per soddisfare le esigenze della popolazione per quanto attiene: acqua potabile, cibo, habitat, salute, energia, qualità della vita;

Costruire un territorio di riferimento che accompagni le innovazioni, identifichi le buone pratiche dello sviluppo sostenibile, le diffonda attraverso la formazione, la cooperazione tra i suoi attori.

 

La metamorfosi del territorio è evidente. Ad esempio la Drôme, il fiume che da il nome al Dipartimento omonimo, affluente alla sinistra del Rodano, è diventato balneabile per il 90%, quando prima era per il 90% vietato alla balneazione: i pesci risalgono nuovamente il corso del fiume, la biodiversità sta riguadagnando terreno, la lontra è ritornata, si sviluppano le attività turistiche (nuoto, canoa, kayak, rafting, pesca, escursioni …).

Una delle realizzazioni più visibili è il Campus Écosite du Val de Drôme, una sorta di gigante bio che si sviluppa su 9 ettari – con una sala conferenze e un incubatore di imprese ecologico, dove è in fase di realizzazione la piattaforma per la distribuzione dei prodotti bio dedicata alla ristorazione scolastica e collettiva.

Un ambiente che si presenta ancora incontaminato, che conta più di 5000 specie di piante e la maggiore densità di cervi, castori, orchidee di tutta la Francia. E’ un territorio che garantisce servizi e offre una qualità della vita notevole per una zona rurale. Sono oltre 1.000 le associazioni attive, sono presenti attività culturali diversificate con cinema, teatri, artisti di strada distribuiti in oltre 100 compagnie, creatrici di spettacoli apprezzati a livello mondiale, che organizzano 15 festival dedicati, un’offerta di attività sportive e per il tempo libero, una forte solidarietà, con oltre il 20% dei posti di lavoro creati nell’economia sociale, con la presenza importante di cooperative edilizie e di consumo.

Per poter partecipare a Biovallée, le imprese e le associazioni devono aderire a una carta dei valori e scegliere tra 55 azioni (impegni ambientali), valorizzate da 1 a 5 punti ciascuna, in modo da raggiungere i 30 punti in tre anni.

Ma sono gli obiettivi che Biovallée si pone per il 2020 che meritano attenzione, ecco i più significativi:

 

Realizzare 15 ecoquartieri

Raggiungere il 20% di risparmio nel consumo di energia

Arrivare a soddisfare il fabbisogno energetico della Biovallée con il 100% di energia da fonti rinnovabili

Ristrutturare il patrimonio edilizio esistente (a partire dal patrimonio pubblico con obiettivo 500 edifici ogni anno di qui al 2020) per ottenere efficienza energetica

Potenziamento del Campus Écosite du Val de Drôme, polo della conoscenza e del sapere, e della formazione tecnica e professionale

Compostaggio del 100% dei rifiuti organici

Stop al consumo di suolo agricolo

Creare una navetta metropolitana leggera per il trasporto merci e passeggeri

Consolidare l’esperienza degli ecoparchi produttivi (attualmente sono 5 con oltre 3.000 occupati)

Sviluppo dell’agricoltura biologica con creazione di filiere locali (50% delle superfici e delle aziende in biologico)

Abbattimento del 50% dell’utilizzo delle sostanze chimiche nell’agricoltura convenzionale

80% di prodotti bio nella ristorazione scolastica

 

Molto interessante anche il progetto “Le réseau des stages StarTer”, che è stato avviato da qualche anno in collaborazione con l’Università Joseph FOURIER di Grenoble. L’obiettivo è quello di incoraggiare i futuri diplomati e laureati a fare il loro stage in un contesto agricolo, offrendogli supporto, assistenza e accoglienza. In particolare, c’è un’azienda agricola di 8,5 ha, che viene messa a disposizione dei giovani perché possano autonomamente sviluppare il loro progetto imprenditoriale e, quindi, decidere il loro futuro percorso professionale. “In questo modo mi dicono i responsabili di Biovallée – aiutiamo le persone che non hanno terra, senza risorse e poca esperienza a diventare agricoltori. Per tre anni, i giovani possono disporre di terreni, attrezzature e mettere il loro progetto e la loro determinazione alla prova”.

Uscire dalla crisi che attanaglia il nostro paese e l’Europa tutta si può, a patto di non rincorrere i mercati finanziari per rassicurarli nella loro volontà di continuare a speculare e di sceglier la valorizzazione delle risorse di ogni territorio, promuovendo l’agricoltura e l’economia sostenibile. E’ necessario ripartire dai territori e la Francia ci fornisce un ottimo esempio, da seguire.

*Presidente ItaliaBio

ciao@italiabio.net

Comune, patrimonio immobiliare: 4,2 miliardi di euro a disposizione della città

Circa 18,8 mila unità edilizie – ricomprese in 1.654 edifici – e 6.410 particelle di terreno, per un valore pari a 4,2 miliardi di euro. Questi i numeri del patrimonio immobiliare della Città di Torino: questi dati sono contenuti nel Popular Financial Reporting del Comune

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di Paolo Pietro Biancone*

Circa 18,8mila unità edilizie – ricomprese in 1.654 edifici – e 6.410 particelle di terreno, per un valore pari a 4,2 miliardi di euro. Questi i numeri del patrimonio immobiliare della Città di Torino: questi dati sono contenuti nel Popular Financial Reporting del Comune, http://www.comune.torino.it/pdf/pfrtorino.pdf. Di questo patrimonio la Città utilizza direttamente 40 immobili che sono destinati all’esercizio delle funzioni amministrative proprie: sedi degli uffici comunali, compresa la sede di piazza Palazzo di Città, e circoscrizionali, magazzini, autorimesse.

Il resto degli immobili viene utilizzato dalla Città per le attività dei diversi servizi: alloggi di edilizia residenziale pubblica, impianti sportivi, strutture destinate ad ospitare servizi sociali, asili nidi, scuole, biblioteche, ambulatori delle aziende sanitarie locali (Asl), Università.

moody'sPer far fronte all’emergenza abitativa, a esempio, la Città si avvale dell’ATC (Agenzia Territoriale per la Casa)che gestisce 11.405 alloggi destinati all’edilizia residenziale. Inoltre la Città utilizza per il medesimo scopo 5.784 alloggi, a cui ne vanno aggiunti ulteriori 624 gestiti da altri enti pubblici (CIT, ecc.), per un totale di 17.813. Al fine di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta sul mercato privato della locazione, la Città ha costituito Lo.C.A.Re. (l’Agenzia sociale comunale per la locazione): nel 2014 l’Agenzia ha contribuito alla sottoscrizione di 376 mediazioni immobiliari, mentre nel primo semestre 2015 ha contribuito a 150 mediazioni.

Oltre 550 sono le sedi scolastiche comunali: 157 destinate a nidi di infanzia, 219 a scuole materne, 110 a scuole primarie, 67 a scuole medie. In particolare, Il Comune ha competenza esclusiva nella programmazione e gestione dei nidi d’infanzia e delle scuole dell’infanzia comunali. Si occupa della programmazione, manutenzione e realizzazione degli edifici destinati alle scuole dell’infanzia, alle scuole primarie e secondarie di primo grado statali. Con le medesime funzioni le Province e le Città Metropolitane si occupano degli istituti di scuola secondaria di secondo grado statali. Le Università invece sono di esclusiva competenza Statale, anche se il Comune di Torino fornisce la maggior parte delle strutture in cui vengono svolte le attività didattiche e amministrative.

Il Comune di Torino ospita l’Università degli Studi di Torino e il Politecnico di Torino a cui afferiscono le diverse Scuole mettendo a disposizione numerose strutture del patrimonio cittadino: in tutto 19 plessi. A cui si aggiungono 39 immobili a disposizione delle Asl (Aziende sanitarie Locali) e 15 al Ministero della Difesa per le Caserme di zona.

Un patrimonio da gestire, che richiede anche impegni di manutenzione ordinaria e straordinaria, ingenti. La sostenibilità di alcuni interventi può essere sostenuta anche grazie a sostegno di finanziatori portatori di interesse, gruppi di cittadini per piccole opere, cordate d’aziende, che sponsorizzano opere di medie dimensioni, fondi sovrani, che finanziano opere di grandi dimensioni.

*Presidente del corso di studi in Professioni Contabili

Coordinatore del corso di dottorato in Business & Management

Università di Torino

“Il Sancarlone” di Arona e l’irriverente Piero Chiara di “Sotto la sua mano”

Per costruire la statua – alta poco più di 23 metri , appoggiata su di un piedistallo di granito dell’altezza di quasi dodici metri, seconda per altezza solo alla Statua della Libertà – furono  richiesti 84 anni di lavoro

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Il 19 maggio del 1698 il cardinale Federico Caccia, arcivescovo di Milano, diede la solenne benedizione al Colosso di San Carlo Borromeo ( conosciuto anche come il Sancarlone o, nel dialetto locale al Sancarlòn), sulla collina del Sacro Monte San Carlo, ad Arona, sul lago Maggiore. Per costruire la statua – alta poco più di 23 metri , appoggiata su di un piedistallo di granito dell’altezza di quasi dodici metri, seconda per altezza solo alla Statua della Libertà – furono  richiesti 84 anni di lavoro. Un’impresa che mise alla prova il talento e la pazienza degli scultori Siro Zanella di Pavia e Bernardo Falconi di Bissone che operarono, con tutti gli aiutanti, sul disegno di Giovanni Battista Crespi, detto “il Cerano”. Un’opera mastodontica, realizzata su un’anima in muratura con lastre di rame battute a martello e riunite utilizzando chiodi e tiranti in ferro, eretta in memoria di San Carlo Borromeo che era nato nel 1538 proprio lì vicino, alla Rocca di Arona.  Quello che da molti viene sancarlone 3considerato tra i massimi riformatori della chiesa cattolica nel XVI secolo,  assieme a Sant’Ignazio di Loyola ed a San Filippo Neri, diventato vescovo e cardinale a ventidue anni, fu eletto cinque anni dopo, giovanissimo, arcivescovo di Milano e si prodigò nell’assistenza materiale e spirituale soprattutto in occasione di flagelli quali carestia e peste. Morì a quarantasei anni, il 3 novembre 1584 (secondo l’uso del tempo, essendo spirato dopo il tramonto, si considera il giorno quattro), fu beatificato nel 1602 e canonizzato nel 1610, a soli 26 anni dalla morte. Il cugino Federico Borromeo, anch’esso arcivescovo dell’arcidiocesi meneghina, più volte citato dal Manzoni ne “I promessi sposi” ( “Fu degli uomini rari in qualunque tempo, che abbiano impiegato un ingegno egregio, tutti i mezzi d’una grand’opulenza, tutti i vantaggi d’una condizione privilegiata, un intento continuo, nella ricerca e nell’esercizio del meglio”) , insieme a Marco Aurelio Grattarola, supervisore dei lavori del Sacro Monte, vollero che l’enorme statua fosse ben visibile dal lago Maggiore. Con il braccio destrosancarlone leggermente teso, benedicente.  E così fu. L’opera era, per altezza, tecnica e materiali utilizzati, in qualche modo simile al mitico Colosso di Rodi, enorme statua del dio Helios, situata nel porto della città greca, considerata – da romani ed ellenici, a quell’epoca-  una delle “sette meraviglie del mondo”. Anche quellastatua era alta circa 32 metri e, secondo l’opinione di alcuni storici, la struttura era costituita da colonne di pietra con delle putrelle di ferro inserite al suo interno, a cui venivano agganciate le piastre di bronzo del rivestimento esterno. Il “colosso di Rodi” restò in piedi per quasi settant’anni, fino a che l’isola greca fu colpita da un terribile terremoto  – nel 226 a.C. – che la fececolosso sancarlone crollare. La sua mole , sdraiata e “ferita”,  fu visibile per diversi secoli, come testimoniò Plinio il Vecchio affermando che “anche a terra la statua costituisce ugualmente uno spettacolo meraviglioso. Pochi possono abbracciare il suo pollice, e le dita sono più grandi che molte statue tutte intere”. Smembrata a più riprese e rifusa a pezzi, fu in qualche modo riciclata con varie destinazioni in diversi punti del sancarlone chiaraMediterraneo. Secondo una leggenda, tra queste, figura anche il lago Maggiore, e più precisamente, la cittadina di Arona che, in epoca romana fu luogo di passaggio verso il passo del Sempione. Il Sancarlone, partendo proprio da questa leggenda,  è diventato – suo malgrado – protagonista di un racconto di Piero Chiara. Lo scrittore luinese, in “Sotto la sua mano” , con una fantasiosa narrazione venata di quell’umorismo anticlericale che spesso lo contraddistinse, immaginò che una parte della materia usata per costruire la testa e la mano della statua derivasse dalla fusione del membro virile del Colosso di Rodi, originariamente destinato ad abbellire il giardino di una casa aristocratica in età romana. Chiara, nel racconto, ricostruisce le peripezie della “parte”, che, finita da una grotta di Akka nelle mani chiara2di un antiquario e poi nella residenza sull’Aventino di un procuratore romano, affondò in un prato durante il trasloco a Pallanza, per riaffiorare nel 1692 e completare così – previa fusione che ne cancellò l’imbarazzante e irriguardosa origine – la statua del Santo.  Come da prassi,  il narratore, consapevole di dover maneggiare la storia con cautela, comprensione e una punta d’ironia, avvolse il tutto in una  dimensione d’incertezza, ricorrendo alle  formule prudenziali del “si dice, correva voce, venne riferito”. L’unica cosa certa è che “il Sancarlone” sta lì, sulla collina, da più di trecento anni e c’è sempre parecchia gente che lo visita, salendo le ripide e strette scale attraverso le quali è possibile raggiungere la testa. Gli occhi, le orecchie del gigante e alcune finestrelle che si aprono sulla veste, permettono di ammirare uno stupendo panorama tra le due riviere, quella piemontese fino a Solcio e quella lombarda, da Santa Caterina del Sasso ad Angera.

 Marco Travaglini