
LA VERSIONE DI GIUSI /
di
Giusi
La Ganga
Le battute sulle “conversioni” e sulla “ultima ora” di qualcuno si ripetono banalmente, soprattutto nell’imminenza della Leopolda, che, secondo qualcuno, dovrebbe essere una sorta di festa di “quelli della prima ora”. I tempi cambiano, ma alcune costanti della politica italiana ricorrono. In verità, se fossi un “renziano della prima ora”, sarei abbastanza tranquillo, giacché l’attuale Presidente tende a privilegiare molto il suo “cortile di casa”
Ricordate chi erano i “sansepolcristi”? Erano i fascisti della “prima ora”, quelli che avevano costituito a Milano nel 1919, in piazza San Sepolcro, il primo Fascio di combattimento. Durante tutto il ventennio serpeggiò una polemica fra sansepolcristi e quelli “arrivati dopo”. Stessa cosa avvenne durante la Resistenza, con l’esplicita critica (per la verità alquanto giustificata, visto che molti avevano messo in gioco la loro vita) a quanti avevano indossato il fazzoletto rosso il 24 aprile, giusto in tempo per partecipare ai festeggiamenti per la Liberazione.
Le battute sulle “conversioni” e sulla “ultima ora” di qualcuno si ripetono banalmente, soprattutto nell’imminenza della Leopolda, che, secondo qualcuno, dovrebbe essere una sorta di festa di “quelli della prima ora”. I tempi cambiano, ma alcune costanti della politica italiana ricorrono. In verità, se fossi un “renziano della prima ora”, sarei abbastanza tranquillo, giacché l’attuale Presidente tende a privilegiare molto il suo “cortile di casa”
Ma anche nella più tranquilla vita repubblicana ricompare il tormentone della “prima” o dell’”ultima” ora. Quando Craxi diventa segretario del PSI è minoranza nel partito: e i suoi seguaci della prima ora entrano in competizione con quelli che definivano “opportunisti” o “convertiti”, che man a mano ingrossavano le file della corrente autonomista, come si chiamavano i nenniani-craxiani di allora. Rino Formica, con la sua lingua tagliente, liquidava i malumori con una semplice battuta: “se non ci fossero quelli della seconda o della terza ora, saremmo ancora in minoranza e non conteremmo niente”.
Mi sono venuti in mente questi riferimenti storici, perché ancora una volta si ripropongono di fronte al fenomeno Renzi. Le battute sulle “conversioni” e sulla “ultima ora” di qualcuno si ripetono banalmente, soprattutto nell’imminenza della Leopolda, che, secondo qualcuno, dovrebbe essere una sorta di festa di “quelli della prima ora”. I tempi cambiano, ma alcune costanti della politica italiana ricorrono. In verità, se fossi un “renziano della prima ora”, sarei abbastanza tranquillo, giacché l’attuale Presidente tende a privilegiare molto il suo “cortile di casa”.
Essendo solo un sostenitore politico del Presidente del Consiglio, razionalmente consapevole della sua utilità nell’attuale momento storico, vorrei partecipare alla prossima Leopolda semplicemente per ascoltare, imparare e, come si dice, “dare una mano”.
Per dirla con Donat-Cattin, “in Italia la politica è sempre stata politica delle alleanze”. Una costante straordinariamente attuale anche nell’attuale fase politica italiana


STORIE DI CITTA’ / 
All’imbrunire, in centro a Torino. Sono alla “caccia” di un libro editato nel ’99. Entro ed esco dalle librerie, la strada è piena di passanti. Molta allegria e l’imbrunire rende tutto maggiormente magico. Per approssimazione ed errore mi ritrovo in Piazza madama Cristina. 
Accidenti, se sono lì al freddo vuol dire che hanno mercato. Vicino alla sfavillante Torino il degrado delle droghe, nel pieno centro della tristezza. Non posso fare nulla se non descrivere luci ed ombre di questa città. Caro amico, hai ragione: sono un benpensante e non voglio legittimare con il silenzio questa ignominia. Non sono conformista perché non voglio conformarmi a questa realtà. Di ritorno in piazza Vittorio, tanta gente sorridente. Questa la mia Torino. Mi trovo a mio agio, qui.
I partiti contemporanei, tutti i partiti, ormai ridotti a soggetti “post identitari”, “post politici” e forse anche post democratici. Una moda? Un fatto strutturale o un epilogo definitivo ed irreversibile?

Vogliono desertificare le nostre città, vogliono pianificare la nostra esistenza, cancellare i nostri programmi, asfaltare le nostre aspettative, unificare il nostro pensiero, iniettando paura. La miglior reazione è continuare a vivere
L’appello è che da questa tragedia non nasca un danno ancora peggiore, ma al contrario sorga la spinta per una vera collaborazione internazionale che spenga definitivamente e globalmente la cieca logica della violenza