IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Sono stato un assiduo frequentatore dal vivo dei concerti di Capodanno di Vienna e di Venezia
Quest’anno mi sono limitato con dispiacere alla televisione. Un concerto senza pubblico – mi diceva già tanti anni fa Massimo Mila – perde parte importante della sua vitalità. Ma certo la pandemia impone anche per i concerti delle regole tra cui la assenza di pubblico o almeno un contingentamento. Alla “Fenice” hanno scelto le mascherine e i distanziamenti tra i concertistici. Lo stesso maestro aveva la mascherina nera alla Zorro. La stessa regola è stata applicata al coro, quasi che il canto con o senza la mascherina sia un particolare trascurabile. Tutto il contrario di Vienna dove non si è vista traccia di mascherine e Muti ha diretto magistralmente. Mi sono commosso ad ascoltare il coro del Nabucco che appare il canto dolente di un popolo calpesto e deriso – uso apposta le parole del nostro inno nazionale – ma che io ho sentito un po’ illusoriamente anche come un canto di speranza, come lo sentivano Verdi e gli uomini del Risorgimento. Preciso che, come abito mentale, scelgo a priori la cautela perché il virus non perdona. Ma mi è venuto anche spontaneo domandarmi perché in Italia ci fossero le mascherine e in Austria no e mi sono chiesto chi abbia sbagliato o se esistano eventuali protocolli che lascino libere scelte in Europa in una materia tanto delicata anche sotto il profilo dell’esempio civico.
Ma soprattutto mi sono domandato dove fosse Franceschini, ministro di una cultura resa muta da provvedimenti assurdi che lasciano perplessi: chiudere i concerti e tenere aperte le chiese e’, ad esempio, una scelta comprensibile nel modo di ragionare clerico – marxista del ministro, ma non della gente normale.
Franceschini o un suo collaboratore non ha pensato di chiedere cosa facevano a Vienna e così l’Italia si è trovata con il bavaglio anche a Capodanno. La Fenice in una Venezia azzoppata e’ cosa internazionale che non può essere lasciata alla decisione burocratica del ministro Speranza o a qualche suo funzionario.
Un ministro inesistente è sempre meglio di un monstrum come la Azzolina, ma l’Italia che ha avuto Verdi, Rossini, Puccini, Mascagni, non può avere Franceschini ministro della cultura. Piuttosto ridateci Bondi. Era più sveglio.
A chi si rivolge il consorzio The W Place?
Il supplemento ideato da Arrigo Levi, Carlo Casalegno e Giorgio Calcagno è in crisi da tempo. Anche Quaranta non scrive più. ”T u t t o libri“ da tempo è illeggibile ed ha anche una grafica piuttosto volgare. Il grande Scardocchia la definiva parte nobile del giornale. Acqua passata. Si tratta di un giornale che sta tornando ad essere la Gazzetta Piemontese di Bersezio. I lettori sono in caduta libera, inarrestabile. Neppure Maurizio Molinari è riuscito a metterci un rattoppo. Una firma nota in Italia e all’estero come Gabriella Bosco andava salvaguardata come un fiore all’occhiello del giornale. Una delle poche autorevoli. E invece anche lei è stata recisa catullianamente dall’aratro dei giornalisti – burocrati. Le “firme“ di certi sprovveduti sopravvivono a tutto, anche perché nessuno le legge. Con Gabriella Bosco il quotidiano torinese perde una firma storica. Il giornale di via Lugaro si sta inabissando verso un 2021 che tutti sperano migliore, persino i ristoratori.



Mi capitò una sola volta di essere correlatore con lui in qualche convegno a Milano. Quando vidi che iniziò persino a parlare nei raduni massonico- sabaudi in provincia di Cuneo, ruppi ogni rapporto. E’ l’ esempio non solo dell’ homo unius libri, ma dell’ unico titolo: il bipartitismo imperfetto, spesso citato a vanvera perché la Dc e il Pc non furono mai il bipartitismo sia pure imperfetto, ma l’inciucio che ha dilapidato lo Stato con la scusa del compromesso storico. Galli è stato il teorico di uno dei periodi storici peggiori della storia Italiana. Poi quando il suo teorema cadde, Galli continuò scrivere come se niente fosse accaduto .Scienziato della politica? Direi proprio di no, in nessun modo. Non scrivo cosa mi disse di lui il grande Nicola Matteucci. Credevo amasse scrivere e pubblicare a dismisura. Purché si parlasse di Galli. Al Centro Pannunzio non lo volli mai. Bobbio fu tassativo . A più di 90 anni continuava a scrivere. Mi dicono si fosse avvicinato alla destra. Come il suo coetaneo Alberoni. Galli fu un Alberoni della politologia. Se i politologi sono questi, non dobbiamo poi troppo lamentarci dei politici “imperfetti”. Quel bipartitismo di Galli fu la rovina d’ Italia, non solo un libro molto citato da chi aveva l’età per leggero nel 1966, quando uscì. Molti lo citarono, senza neppure leggerlo, poi il sistema dei due formi ebbe fine, ma Galli forse non si accorse neppure della fine di un’era geologica. Pace all’anima sua, prolifico autore, noto per il primo titolo. In biblioteca sono almeno trent’anni che l’ho relegato nel piano più alto. Non capì neppure Craxi e il suo disegno politico di ampio respiro.