Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Nick Hornby “Proprio come te” -Guanda- euro 18,00
Protagonista è l’insegnante di lettere 42enne Lucy, alle prese con un matrimonio sfaldato, un ex marito alcolista che cerca faticosamente di rimettersi in piedi e due figli ancora piccoli.
Si dibatte tra conoscenti superficiali, pseudo amiche pettegole e curiose della sua vita sessuale, appuntamenti al buio fallimentari, e la gioiosa fatica di crescere due bambini decisamente simpatici, anche se forse un po’ troppo dediti ai videogiochi.
Poi nella sua vita irrompe una ventata di aria fresca e giovane. Si chiana Joseph, ha 22 anni, è di colore e si arrabatta tra più lavori per sbarcare il lunario. E’commesso in una macelleria (adocchiato dalle donne per il suo sex appeal), fa anche l’allenatore sportivo, ma il suo grande sogno è diventare un deejay.
Per arrotondare e conoscere meglio Lucy (cliente che non lo lascia indifferente) si offre come baby- sitter dei suoi pargoli.
Avrete già intuito che diventerà qualcosa di più, con tutte le remore e le difficoltà incluse nelle differenze tra i due: istruzione, colore della pelle, classe sociale e uno scarto di ben 20 anni che avrà il suo peso.
Ma il romanzo non è solo una storia d’amore.
Hornby è abilissimo nel raccontare un quadro più ampio che sfocia anche nella politica -dal momento che ambienta la vicenda ai tempi del referendum sulla Brexit- e nelle contraddizioni di un paese, nelle divisioni più o meno labili tra classi sociali e nelle spinose questioni razziali.
Otessa Moshfegh “La morte in mano” -Feltrinelli- euro 16,50
“Si chiamava Magda. Nessuno saprà mai chi è stato. Non l’ho uccisa io. Qui giace il suo cadavere” Il romanzo inizia con questo messaggio scritto su un biglietto e lasciato in un bosco, che viene ritrovato dalla 72enne Vesta Gul, durante la sua passeggiata insieme al suo cane Charlie.
Ed è l’avvio di una vicenda a tratti surreale, immaginifica, intrigante e con toni da noir. Da quel momento non avrà più pace la solitaria protagonista, da poco rimasta vedova, che vive in una casa isolata affacciata su un lago, con l’unica compagnia del cane.
La sua fantasia vola e, forse anche per passare il tempo, immagina chi potrebbe essere la Magda uccisa, chi l’autore del delitto e chi del biglietto. Perché lasciarlo sotto alcune pietre in un luogo sperduto nel quale non vi sono tracce di cadaveri?
L’immaginazione di Vesta va a briglia sciolta e delinea i contorni della presunta vittima. Magda potrebbe essere una 19enne arrivata dalla Bielorussia, scappata da una famiglia disfunzionale, che ha avuto relazioni complicate con gli uomini, sospette con le donne, e si è arrabattata tra lavori incerti come commessa di fast food e badante. Di lei ipotizza i passatempi prediletti, gli sport, i cibi, i tratti più salienti del carattere, da quelli positivi a quelli negativi….e via così sulle ali del fantasticare o dell’indagare….
Vesta fa ipotesi anche su chi potrebbe essere l’autore del biglietto, un giovane e smarrito Blake, e su chi l’avrebbe uccisa.
Ma nel romanzo c’è di più, ed è il passato di Vesta all’ombra di un marito ingombrante del quale conserva le ceneri in un’urna che non si decide a gettare nel lago, poi la sua scelta di solitudine, i suoi ricordi ….e altro che scoprirete leggendo.
Questo romanzo dell’autrice del best seller “Il mio anno di riposo e oblio” è stato scritto prima, nel 2015, poi la Moshfegh l’ha lasciato da parte per riprenderlo in un secondo tempo.
Beth Morrey “La seconda vita di Missy Carmichael” -Garzanti- euro 17,90
E’ il primo romanzo dell’inglese Beth Morrey che ha la passione della scrittura da quando aveva 20anni e ha già pubblicato alcuni racconti.
Protagonista è la solitaria 79enne Millicent Carmichael, e la sua quotidianità è fatta di gesti e cose sempre uguali nella casa di Stoke Newington a Londra dove vive. Il marito Leo è morto, l’adorato figlio Ali è finito in Australia, con la figlia Mel i rapporti sono franati dopo un violento litigio.
La sua è una vita ritirata e isolata nel silenzio della casa, che si fa ancora più pesante se paragonato alla vitalità del passato, tra risate, screzi e ondate di vita.
Ora invece le sue giornate sono scandite dai soliti rituali, tra lettura dei necrologi e passeggiate nel parco, tutto condito da rimpianti amari per cose non dette e sentimenti non espressi che però avrebbero fatto la differenza.
A scombussolare questa rigida routine arrivano una dirompente 37enne, Angela, caotica e insolente, che la travolge con un fitto carnet di impegni e l’adozione di un cane. Costretta ad uscire dalla sua comfort zone, Missy scoprirà che la vita può riservare ancora infiniti doni, primo fra tutti un adorabile compagno a 4 zampe che ama incondizionatamente.
Kathy Reichs “Predatori e prede” -Rizzoli – euro 19,00
L’antropologa forense Kathy Reichs, una delle autrici di thriller di maggior successo ci regala un’altra storia mozzafiato.
La sua eroina Temperance Brennan (protagonista anche della serie tv “Bones”), anche lei antropologa forense di inarrivabile bravura, è convalescente dopo aver subito un importante intervento chirurgico, spossata da emicranie e sogni ossessivi.
La figlia è in missione in Afghanistan, il fronte lavorativo è un disastro e col suo compagno le cose non vanno tanto bene.
Eppure lei si ritrova subito alle prese con un nuovo caso sconvolgente.
Uno sconosciuto le ha inviato delle foto che mostrano un cadavere in una sacca mortuaria: una scena raccapricciante in cui il volto della vittima è deturpato, mani e piedi sono stati amputati e il tutto è un orrore di carne e ossa. Perché queste immagini sono state mandate proprio a lei?
Giorni dopo ha luogo il ritrovamento di un cadavere martoriato sullo sfondo della campagna.
Ed ecco i tasselli della nuova indagine, in cui Temperance dovrà muoversi al limite della legalità, un’oscura vicenda in cui emergono collegamenti con vecchi casi di bambini scomparsi. Ma lei è dinamica, caparbia, intuitiva e preparatissima…..tanto che nulla potrà fermarla e voi starete col fiato sospeso.
Quest’anno mi sono limitato con dispiacere alla televisione. Un concerto senza pubblico – mi diceva già tanti anni fa Massimo Mila – perde parte importante della sua vitalità. Ma certo la pandemia impone anche per i concerti delle regole tra cui la assenza di pubblico o almeno un contingentamento. Alla “Fenice” hanno scelto le mascherine e i distanziamenti tra i concertistici. Lo stesso maestro aveva la mascherina nera alla Zorro. La stessa regola è stata applicata al coro, quasi che il canto con o senza la mascherina sia un particolare trascurabile. Tutto il contrario di Vienna dove non si è vista traccia di mascherine e Muti ha diretto magistralmente. Mi sono commosso ad ascoltare il coro del Nabucco che appare il canto dolente di un popolo calpesto e deriso – uso apposta le parole del nostro inno nazionale – ma che io ho sentito un po’ illusoriamente anche come un canto di speranza, come lo sentivano Verdi e gli uomini del Risorgimento. Preciso che, come abito mentale, scelgo a priori la cautela perché il virus non perdona. Ma mi è venuto anche spontaneo domandarmi perché in Italia ci fossero le mascherine e in Austria no e mi sono chiesto chi abbia sbagliato o se esistano eventuali protocolli che lascino libere scelte in Europa in una materia tanto delicata anche sotto il profilo dell’esempio civico.
A chi si rivolge il consorzio The W Place?
Il supplemento ideato da Arrigo Levi, Carlo Casalegno e Giorgio Calcagno è in crisi da tempo. Anche Quaranta non scrive più. ”T u t t o libri“ da tempo è illeggibile ed ha anche una grafica piuttosto volgare. Il grande Scardocchia la definiva parte nobile del giornale. Acqua passata. Si tratta di un giornale che sta tornando ad essere la Gazzetta Piemontese di Bersezio. I lettori sono in caduta libera, inarrestabile. Neppure Maurizio Molinari è riuscito a metterci un rattoppo. Una firma nota in Italia e all’estero come Gabriella Bosco andava salvaguardata come un fiore all’occhiello del giornale. Una delle poche autorevoli. E invece anche lei è stata recisa catullianamente dall’aratro dei giornalisti – burocrati. Le “firme“ di certi sprovveduti sopravvivono a tutto, anche perché nessuno le legge. Con Gabriella Bosco il quotidiano torinese perde una firma storica. Il giornale di via Lugaro si sta inabissando verso un 2021 che tutti sperano migliore, persino i ristoratori.



Mi capitò una sola volta di essere correlatore con lui in qualche convegno a Milano. Quando vidi che iniziò persino a parlare nei raduni massonico- sabaudi in provincia di Cuneo, ruppi ogni rapporto. E’ l’ esempio non solo dell’ homo unius libri, ma dell’ unico titolo: il bipartitismo imperfetto, spesso citato a vanvera perché la Dc e il Pc non furono mai il bipartitismo sia pure imperfetto, ma l’inciucio che ha dilapidato lo Stato con la scusa del compromesso storico. Galli è stato il teorico di uno dei periodi storici peggiori della storia Italiana. Poi quando il suo teorema cadde, Galli continuò scrivere come se niente fosse accaduto .Scienziato della politica? Direi proprio di no, in nessun modo. Non scrivo cosa mi disse di lui il grande Nicola Matteucci. Credevo amasse scrivere e pubblicare a dismisura. Purché si parlasse di Galli. Al Centro Pannunzio non lo volli mai. Bobbio fu tassativo . A più di 90 anni continuava a scrivere. Mi dicono si fosse avvicinato alla destra. Come il suo coetaneo Alberoni. Galli fu un Alberoni della politologia. Se i politologi sono questi, non dobbiamo poi troppo lamentarci dei politici “imperfetti”. Quel bipartitismo di Galli fu la rovina d’ Italia, non solo un libro molto citato da chi aveva l’età per leggero nel 1966, quando uscì. Molti lo citarono, senza neppure leggerlo, poi il sistema dei due formi ebbe fine, ma Galli forse non si accorse neppure della fine di un’era geologica. Pace all’anima sua, prolifico autore, noto per il primo titolo. In biblioteca sono almeno trent’anni che l’ho relegato nel piano più alto. Non capì neppure Craxi e il suo disegno politico di ampio respiro.