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Intervista a Virginia Tiraboschi, tra imprenditoria, il ricordo di Olivetti e bellezza

Rubrica a cura di ScattoTorino

Laureata in Economia e Commercio a Torino, Virginia Tiraboschi è una donna colta e raffinata che sa unire l’intelligenza emotiva a quella pratica. Per oltre vent’anni ha ricoperto incarichi prestigiosi nella Pubblica Amministrazione: prima come Responsabile dell’area economico finanziaria del Comune di Ivrea, poi in qualità di esperta di fiscalità locale del Comune di Torino dove per 11 anni è stata Direttore di diverse strutture complesse tra le quali gli Acquisti, l’lCT e il Marketing territoriale in relazione alla promozione dell’evento olimpico. Grazie al suo background professionale e alle attitudini a coordinare progetti complessi di respiro internazionale, la Regione Piemonte l’ha scelta come Direttore Cultura, Turismo e Sport e nel 2017 è stata Presidente della Commissione Turismo di Confindustria Cuneo. Eletta al Senato della Repubblica Italiana nel 2018, è stata anche membro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlati, mentre attualmente è membro della Commissione Industria, Commercio e Turismo.

Poliedrica e curiosa, è stata Amministratore Delegato della San Maurizio 1619 sa, società lussemburghese che gestisce alberghi, ristoranti e centri benessere situati in prestigiose location italiane e destinati ad una clientela sofisticata. Infaticabile, Virginia Tiraboschi è anche un’imprenditrice illuminata nel settore del benessere e della cosmetica oltre che la promotrice di ICO Valley, che sorgerà nell’ex area Olivetti di Ivrea e che avrà l’obiettivo di qualificare il primo sito industriale UNESCO del Novecento con un progetto di formazione accademica e di valorizzazione del Made in Italy nell’era digitale. Un tema, il digital, a lei caro che promuove da tempo con energia anche nel turismo, la più digitale di tutte le industrie, che potrebbe valere ancora di più se riuscisse ad esprimere tutto il potenziale dell’offerta italiana, che è la più vasta in qualità e quantità al mondo. Per scaramanzia non parla di una piattaforma che attraverso una Digital Travel Experience può dare un grande valore alle porte di ingresso secondarie che sono situate in 5.800 comuni italiani con meno di 5.000 abitanti dove è concentrato il 16% del patrimonio culturale. “L’Italia” sottolinea “ha un patrimonio di cultura, arte, siti storici e musei che potrebbe qualificare l’offerta turistica in maniera unica e ineguagliabile a livello mondiale. Il futuro sta anche nel guardare ai 2 miliardi e mezzo di Millennials che nel 2025 comporranno la metà della popolazione mondiale che viaggerà ad ogni latitudine”.

Ci presenta ICO Valley?

“Lo definirei uno Human Digital Hub, perché pone al centro una comunità di uomini e donne con i loro saperi, esperienze e conoscenze, i manager di domani, persone umanamente illuminate e competenti dal punto di vista digitale, che hanno affinato le loro soft skills. Si tratta di un progetto che nasce da una frase che Adriano Olivetti pronunciò davanti ai suoi operai nella fabbrica di Ivrea: “Io voglio che la Olivetti non sia solo una fabbrica, ma un modello, uno stile di vita. Voglio che produca libertà e bellezza, perché saranno loro, libertà e bellezza, a dirci come essere felici! La libertà della quale l’umanità può beneficiare se governa le tecnologie e la bellezza italiana conosciuta nel mondo con il marchio “Made in Italy”, sintesi perfetta di “bello, buono, ben fatto, bel vivere italiano”, di tutto ciò che la PMI produce nel turismo e nell’industria creativa italiana.

Le PMI e gli artigiani, che concorrono per il 90% alla creazione del PIL nazionale, troppo spesso hanno dovuto promuovere in autonomia le eccellenze italiane con modesti risultati perché non adeguatamente supportate dal Sistema Paese; con il digitale possono raggiungere tante nicchie nel mondo, ben 400 milioni di nuovi potenziali consumatori, scalando i mercati internazionali, aumentando la brand awareness del nostro Paese e le esportazioni. Il progetto è ai nastri di partenza ed entro giugno sarà inaugurato il Comitato Promotore che guiderà e coordinerà tutte le attività strategiche nelle sue due componenti principali, la formazione, che sarà sempre più strategica per formare continuamente il futuro capitale umano, e l’industria nazionale del digitale”.

Qual è l’obiettivo di questo Hub per l’eccellenza italiana?

Garantire un’alta formazione accademica in campo digitale e formare il CEO del XXI secolo, un manager che governi la crescita e lo sviluppo nell’interesse della comunità e del suo benessere diffuso, che definisca le politiche produttive in accordo con i territori ai quali restituire ricchezza e progetti di qualità che vedano sempre centrali l’uomo, le tecnologie e l’ambiente. Vogliamo promuovere un nuovo concetto di impresa etica, che può diventare la protagonista della quinta rivoluzione industriale e di un capitalismo dal volto umano che guidi un nuovo rinascimento manifatturiero, valorizzando nel mondo la creatività, l’innovazione e l’artigianalità del Made in Italy attraverso le tecnologie innovative e i servizi digitali”.

Cosa sorgerà all’interno dell’area?

“Ivrea sarà una città laboratorio sostenibile, efficiente e a misura d’uomo in cui sorgerà un’Accademia del digitale per formare i tecnici, i manager e i leader aziendali del futuro. Oggi c’è un gap notevole tra il mondo del lavoro e la formazione universitaria: le imprese cercano figure professionali con competenze digitali che non si riescono a reperire sul mercato. L’Hub vuole colmare questo vuoto e diventare l’ecosistema digitale nel quale i migliori talenti saranno i protagonisti di start up geniali e innovative destinate a diventare imprese robuste, organizzate e strutturate dove si creerà valore attorno all’economia materiale e immateriale, due porzioni di PIL reale che possono far ritornare l’Italia protagonista a livello mondiale del rinascimento manifatturiero”.

Quali sono i valori di questo Hub Made in Italy?

Formazione, che è fondamentale, diffusione di un nuovo modello di industria, valorizzazione di un patrimonio di idee, creazione di modelli innovativi, promozione dell’eccellenza italiana. Secondo noi il futuro potrebbe essere migliore se si guardasse a un nuovo orizzonte sul cui sfondo ci stanno un capitalismo dal volto umano e le élite culturali, politiche e imprenditoriali che guidano il progresso e lo sviluppo secondo un modello che non dovrà mai appiattirsi, ma che dovrà sempre evolversi, creando ricchezza e distribuendola al tempo stesso alla comunità. Olivetti era un manager illuminato che offriva cultura, spazi di libertà, coinvolgimento in progetti innovativi e piani di formazione. È stato un modello unico e visionario che noi abbiamo l’ambizione di voler riproporre per le future generazioni verso le quali abbiamo l’obbligo di consegnare un mondo migliore”.

Perché avete scelto Ivrea e le Aree Olivetti?

“Per me era un dovere restituire alla città dove sono nata un pezzo della fortuna che mi sono conquistata nella vita. Sono contenta che si possa realizzare il progetto qui perché è il centro del Canavese, oltre che il 54° sito italiano Unesco. La zona è facilmente raggiungibile in quanto poco distante da Torino e da Milano, oltre che sulla direttrice dell’autostrada Torino-Aosta che porta verso la Francia e la Svizzera. Gli stabilimenti Olivetti, poi, sono un esempio di architettura industriale tra i più rilevanti in Europa; luoghi di lavoro pensati per l’uomo, ma compatibili con le esigenze economiche e produttive”.

Un altro settore che la vede protagonista è lo skincare

San Maurizio 1619 SkinFood nasce in un monastero italiano del 1619, ora sede del Relais San Maurizio, dove gli antichi saperi dei monaci cistercensi sono stati attentamente conservati e tramandati. Grazie alla nostra expertise abbiamo sviluppato il concetto di nutricosmetica: un programma innovativo che abbina le funzionalità dei principi attivi con la qualità degli ingredienti naturali e i trattamenti curativi nel Daily Beauty Routine Protocol. I protocolli che consigliamo aiutano a coniugare benessere psicofisico e bellezza estetica. Alla base della nutricosmetica San Maurizio SkinFood ci sono i principi della dieta mediterranea – patrimonio immateriale dell’Unesco – nella quale sono valorizzati i principi attivi di frutta, verdura ed erbe aromatiche che implementano l’efficacia dei processi di detersione, idratazione, nutrizione della pelle e rigenerazione cellulare”.

Quali sono i plus di SkinFood?

“La nostra cosmesi è naturale, in quanto senza coloranti e conservanti tradizionali, e funzionale perché la presenza di vitamine, minerali, omega, polifenoli e numerosi antiossidanti compensa le carenze cutanee, favorendo la stimolazione del processo ritmico naturale e apportando micronutrienti a ogni cellula. San Maurizio SkinFood è anche psico-cosmesi in quanto la fitomelatonina, un estratto oleoso di melatonina vegetale proveniente da piante alpine, genera positività, felicità, sorriso ed energia, nel rispetto del bioritmo naturale.

I sieri e le creme che abbiamo studiato hanno una profumazione gradevole e sono altamente concentrati, hanno la capacità di rivitalizzare ed energizzare le cellule, fungere da antiossidanti protettivi del Dna e preventivi nei confronti dei danni del fotoaging e sono la base ideale per il make-up. Un nostro best seller è una linea a base di tartufo bianco, tubero magico con proprietà lenitive. È un potente antiage che rigenera in profondità e stimola la produzione del collagene dell’elastina, svolge un’idratazione a lunghissimo termine e ha un effetto schiarente grazie ad un enzima che regola la produzione di melanina, contribuendo così all’eliminazione delle macchie cutanee”.

Dove è possibile acquistare questi prodotti top di gamma?

“Stiamo progettando una piattaforma online, ma abbiamo sempre creduto e continueremo a investire anche nelle reti fisiche, perché crediamo fortemente nel contatto diretto con la clientela alla quale ci piace regalare emozioni con offerte personalizzate che coinvolgono i cinque sensi. Nel nostro spazio è possibile vivere un momento di benessere attraverso un trattamento o un massaggio oppure provando le creme, sempre assistiti dal nostro personale altamente preparato. Il flagship store si trova in via Maria Vittoria 41 a Torino, in una zona ricercata ed esclusiva della città, ed è in progetto l’apertura di nuovi Sensi Store in Italia. Lo spazio è accogliente, arredato con elementi naturali, colori tenui e rilassanti. Abbiamo ricreato in città un luogo di benessere molto riservato dove ci piace accogliere la clientela con discrezione e simpatia. Le nostre referenze sono anche rivolte al pubblico delle strutture ricettive di nicchia e a centri benessere per i quali abbiamo ideato un Welcome kit per il cliente”.

Torino per lei è?

“Come Amministratore Delegato della San Maurizio 1619, dal 2014 al 2018 ho viaggiato moltissimo, ma il mio cuore è rimasto ad Ivrea. Ciò nonostante amo anche Torino, che mi ha dato molto ed è il luogo in cui vivo. È elegante, per certi aspetti difficile, e per relazionarsi con le persone occorre avere uno stile sabaudo, ma è la città delle più grandi incubazioni progettuali perché ha una grande capacità creativa e innovativa. Qui nascono idee importanti che poi altri fanno proprie, ma tutto è rimediabile. Non voglio pensare ad una Torino subalterna a Milano perché oggi più che mai credo che il pensiero laterale che proviene dalla community e favorisce la capacità di innovare e di creare sia vincente in quanto diverso da quello del XX secolo, che oggi non è più adattabile al futuro”.

Un ricordo legato alla città?

“A 14 anni venni a Torino per studiare al Liceo linguistico Cadorna. Provenivo da una cittadina di provincia ed ero timida, disorientata e al tempo stesso un po’ ribelle. Dopo un mese mi tinsi da sola i capelli di color biondo platino e la mia insegnante di latino mi redarguì e mi impose di mettere una bandana. Allora non era di moda come oggi e dovetti rimanere così per quasi un mese, vergognandomi incredibilmente”.

Coordinamento: Carole Allamandi

Intervista: Barbara Odetto

Così è la fine

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni /A “Carta Bianca” ho ascoltato le opinioni di Oscar Farinetti e di Arrigo Cipriani, due nomi che rappresentano, in misura differente per tradizione e stile, la ristorazione italiana anche a livello internazionale.

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Malgrado le evidenti assurdità di norme caotiche e nello stesso tempo molto costrittive, Farinetti si è dichiarato ottimista e soddisfatto dell’ operato del governo, ignorando gli errori, anche quelli più marchiani, commessi  nella fase  fase 1  e nella fase 2.
La fedeltà politica perinde ac cadavere porta Farinetti ad accettare tutto, compresa la regolarizzazione di 650 mila immigrati, sottovalutando la crisi profonda e forse irreversibile delle nostre imprese turistiche e ricettive. Ha sostenuto senza distinguo che a maggior ragione oggi bisogna accogliere tutti, come se la pandemia non esistesse. Cipriani da uomo libero  ha parlato  senza peli sulla lingua e ha evidenziato   chiaramente l’ impossibilità da parte della stragrande maggioranza dei ristoratori di riaprire i loro locali ed è arrivato  addirittura a paventare  un’uscita dalla Ue della Germania così come ha fatto la Gran Bretagna. Da uomo abituato a ragionare in termini internazionali  ha collocato la crisi italiana nella dimensione esatta della sua gravità anche rispetto all’Europa. Farinetti è uomo che proviene dall’apparato politico e non si è mai discostato dall’ambito provinciale in cui è nato e cresciuto. Arrigo Cipriani è il moderno Marco Polo che ha portato la cucina e soprattutto l’ospitalità veneziana e italiana nel mondo e ragiona senza vincoli politici. Il fatto incontestabile è che i distanziamenti imposti a tutta Italia  senza discernimento impediranno ai locali di aprire o li costringeranno a fallire dopo aver riaperto. Così sarà la fine dice Cipriani, ricordando che dal ‘43 al ‘45 il suo Harry’s era diventato un bivacco del marò della X Mas repubblichina. Dopo l’occupazione fu possibile riprendere il lavoro e rinascere. Oggi questa ipotesi è molto dubbia e anche l’ex Sindaco di Venezia Massimo Cacciari si detto è d’accordo con Cipriani. Il povero Farinetti  con il suo ottimismo leibniziano  vedremo cosa saprà inventare per salvare Eataly.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com
(foto vvox.it)

Cronache della peste. L’italiano sano

Esco malvolentieri, mi dice al telefono il Gianni. Non che abbia paura di sta fuffa del corona virus… a me ste fole non le possono dar da bere… È che mi dà fastidio la gente…

Tutti questi con guanti e mascherine, che camminano strisciando lungo i muri… come neppure nella peste del ‘300…i vecchi terrorizzati. E i giovani peggio ancora… Un popolo di… Ma che dico… Questo non è più un popolo. E forse non lo è mai stato…

Condivido. L’ ho scritto sino a nauseare i miei pochi lettori (magari fossero i fatidici 25…) lo spettacolo degli italiani in questi mesi è stato, e continua ad essere indegno. E anche indecente. Con delle eccezioni, però…

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Sotto le macerie della politica si registrano nuovi movimenti

Il nulla cosmico che sta caratterizzando la scena politica è ormai imbarazzante, inaccettabile.

Con la scusa dell’emergenza si sono affidati i pieni poteri ad una squadra di dittatorelli dello Stato Libero di Bananas che hanno evidenziato limiti imbarazzanti. Ma il fatto stesso che l’opposizione non sia stata in grado di contrastare questa deriva dimostra l’assoluta inconsistenza dell’intero centrodestra…

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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Cathleen Schine  “Io sono l’altra”  -Mondadori –  euro  19,00

Identiche, eppure diverse, unite ma anche in conflitto: è questo il nocciolo duro della vita delle gemelle omozigoti Lauren e Daphne. Una l’esatta copia dell’altra: capelli rosso fiammante, pelle eburnea, apparentemente indistinguibili tanto che possono scambiarsi le vite e ingannare tutti. Però questa è solo la superficie, perché nell’intimo covano sentimenti contrastanti. Tanto per cominciare Lauren è nata prima di Daphne e odia questo breve strappo temporale che le rinfaccia “Tu hai vissuto 17 minuti senza di me. Io non ho mai vissuto senza di te”.

Inizialmente sono unitissime, tanto che da piccole sviluppano un loro esclusivo linguaggio incomprensibile agli altri. Un bel giorno il padre porta a casa un dizionario e, senza saperlo, segna il loro destino e scatena la loro rivalità. Entrambe sviluppano un immenso amore per le parole che però finirà per allontanarle.

Dapprima una fa la giornalista e l’altra la maestra d’asilo che scrive poesie. Poi le loro carriere si definiscono meglio e decollano. Diventano entrambe esperte linguiste, curano rubriche dal tono opposto, entrano in competizione e sposano due uomini che sembrano più che altro un pallido corollario alle loro esistenze.

Crescendo, quello che era stato un rapporto esclusivo vira in incomprensioni e conflitto: Lauren e Daphne ingaggeranno un’accesa battaglia professionale ed affettiva.

E’ pieno di verve questo romanzo di Cathleen Shine che, con toni leggeri, mette a nudo temi alti e profondi, ritrovando in parte la magia del suo libro di esordio “La lettera d’amore” del 1995.

Il titolo originale di “Io sono l’altra” è “The Grammarians” e rende meglio l’idea di quello che ha ispirato l’autrice: scrivere una satira sulla sfida realmente esplosa tra due gemelle con rubriche simili su giornali rivali. Ambientata a New York negli anni 80, che la Shine conosce bene perché era una giornalista del “Village Voice” e poi editor a Newsweek. Un tema affascinante sul quale innesta quello ancora più intrigante dei gemelli e del loro rapporto unico.

 

 

Donato Carrisi  “La casa delle voci”   -Longanesi-   euro  22,00

Inizia con un incendio e i confusi ricordi una bambina questo coinvolgente e raffinato ultimo libro del re italiano del thriller Donato Carrisi… e non vi molla più; enigmatico fino all’ultima pagina, senza delitti ma con tanto mistero.

Al centro della vicenda c’è l’ipnotista Pietro Gerber: la sua specialità è ipnotizzare bambini dal vissuto difficile, aiutarli a riportare a galla traumi ed emozioni che ne hanno segnato le vite, svelare le ragioni più profonde dei loro comportamenti e risolvere così anche intricati casi giudiziari.

Siamo a Firenze dove Gerber, conosciuto come “l’addormentatore di bambini”, è il migliore nel suo campo; consulente della polizia, collabora spesso con l’esperto magistrato, in odor di pensione,  Anita Baldi.

La sua vita viene sconvolta dalla telefonata di una fantomatica collega australiana che

dall’altra parte del mondo gli chiede di seguire una paziente adulta. Si chiama Hanna Hall, è una donna trascurata e apparentemente insignificante, tormentata dall’idea di aver commesso un  terribile omicidio. Dalle prime sedute di ipnosi tornano a galla elementi inquietanti dal lontano passato di Hanna: come le 5 regole che la piccola “principessa” di 10 anni doveva rispettare per non essere rintracciata dal mondo. Così le hanno insegnato i genitori in continua fuga, arroccati per brevi periodi in casali fatiscenti e in aree abbandonate. Gi estranei li inseguono perché vogliono la piccola cassa con inciso il nome Ado che loro si portano dietro in ogni spostamento. Ma chi è davvero Hanna? Cosa c’è di tanto terribile nel suo passato? Quanto è pericolosa e come sconvolgerà la vita di Pietro Gerber?

Carrisi fa centro ancora una volta con una storia mozzafiato in cui l’alchimia miscela bambini rapiti in fasce o dati in adozione, vite spezzate e famiglie divise, ospedali psichiatrici abbandonati, follia e desiderio di maternità e tanto altro ancora che l’ipnotista riesce a strappare dalla nebbia di ricordi confusi e dolorosi per riportare a galla passati indicibili.

 

 

Isaac Bashevis Singer  “Il ciarlatano”  – Adelphi-  euro  20,00

E’ un piccolo capolavoro questo romanzo dello scrittore polacco Isaac Bashevis Singer (1902-1991) nato in una famiglia di rabbini, diventato cittadino americano nel 1943 e Premio Nobel per la Letteratura nel 1978.

Il ciarlatano in questione è il velleitario Hertz Minsker, personaggio che in più punti troverete irritante e inconcludente ai massimi livelli, spietato nella sua insensibilità verso i sentimenti altrui, Don Giovanni incallito, ma in qualche modo irresistibile.

La storia è ambientata nel 1940 e racconta le vicende di un gruppo di ebrei polacchi scampati alla furia di Hitler, sbarcati a New York con il miraggio di una vita migliore. C’è che ha avuto successo, come Morris  Kalisher, ebreo devoto e bigotto che, in poco tempo, ha fatto fortuna investendo oculatamente nel fiorente mercato immobiliare. E’ sposato con Minna, che per lui -e la sicurezza economica- ha abbandonato marito e figli, cova sogni di gloria come poetessa, ma di fatto è alquanto ignorante e infingarda.

La sua strada incrocia quella del “ciarlatano” per eccellenza. E’ Hertz Minsker, povero in canna, senza un lavoro, sedicente filosofo e cabalista, per anni ha vagato da una capitale all’altra senza mai concludere qualcosa, eterno studente mai laureato che, si dice, stia lavorando a un capolavoro che però non vedrà mai la luce. La sua unica abilità è riuscire a scroccare denaro e ospitalità ad amici ricchi come Morris –che per lui stravede ritenendolo un genio- oppure campare alle spalle delle donne che riesce a fare innamorare di sé.

E’ sposato con Bronia che per fuggire con lui ha lasciato marito e figli, senza mai perdonarselo. Ma a Hertz non basta, perché la sua vera specialità è sedurre le donne, compresa quella del suo amico, Minna, che per lui perde la testa e soffoca di gelosia. Hertz non può fare a meno delle avventure, di tramare tradimenti, accendersi di passioni fulminanti che si stemperano in pochi attimi. E molte saranno le vittime che miete durante il suo cammino, sempre sfruttandole e abbandonandole per nuovi miraggi, stravolgendo le loro esistenze senza pietà

Tutto raccontato con la maestria e l’acume di un grandissimo scrittore come Singer.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vita di Barriera

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PAROLE ROSSE  di Roberto Placido / Nelle ultime settimane diversi articoli ed interventi, l’ultimo sul Corriere Torino di sabato 9 maggio 2020 a firma di Paolo Coccorese, si sono occupati della situazione in Barriera di Milano ed in Borgata Aurora, due dei quartieri più problematici di Torino.

L’intervista del Corriere mi ha fatto ricordare un comizio, si facevano ancora, per le elezioni europee del maggio del 2009, in Piazzetta Cerignola. Prima di iniziare, ero insieme all’allora Sindaco Sergio Chiamparino e mi sembra Sergio Cofferati, alcuni cittadini che mi conoscevano, essendo cresciuto in quel quartiere, con un fare accorato e già allora disilluso mi segnalarono tutti i problemi di convivenza e di abbandono.

Mi pregarono di fare un breve giro con loro, Via Montanaro, Via Sesia e le altre vie intorno al mercato di Piazza Foroni. Ed era chiaro agli occhi di chiunque, tranne di chi non voleva vedere, che non vedeva da anni e che ha continuato a non vedere fino ai giorni nostri. Pipì ed escrementi sulle soglie dei portoni, mini atti vandalici diffusi, una concentrazione di extracomunitari in parte dediti a traffici illeciti, spaccio ed altre cose simili. La sinistra incominciò a pagare elettoralmente quel distacco da quella che era sempre stato una parte molto forte del suo insediamento politico ed elettorale in città. Qualche anno dopo ritorno in Via Montanaro con una cara amica giornalista milanese che doveva fare un servizio per il Foglio, un sabato mattina affollato ed assolato, ci ritroviamo davanti alla sede del Partito Democratico, storica sezione di quel quartiere dal Partito Comunista Italiano fino al PD, e ricordo che ebbi da dire molto bruscamente con alcuni nigeriani che non volevano che fotografassi la “casa dello spaccio”, il retro di un palazzo di ringhiera interamente abitato da extracomunitari. Potei verificare la situazione che, se possibile, era peggiorata e cosi nel tempo quando ci ritornai su invito di alcuni ambulanti. Quando ci fu il tracollo elettorale della sinistra, a favore dei cinque stelle prima e della destra poi, non fui assolutamente sorpreso, anzi! Quei cittadini erano stati fin troppo pazienti e generosi verso la sinistra. La differenza era lampante tra gli anni della mia infanzia e prima adolescenza, fine anni ’60 e ’70, dove ci furono investimenti in case, scuole, servizi, verde pubblico ed i vari piani di recupero delle periferie della fine degli anni ’90 e primo decennio del nuovo millennio. Tra Avventure Urbane, uno dei progetti più fantasiosi, ed investimenti di soldi pubblici fatti di tante parole ed immagine e poca sostanza sui problemi veri. Come mi disse un caro amico e compagno che lì ci vive da sempre, “l’atteggiamento e l’approccio di “questi” è di chi pensa che in Barriera abbiamo l’osso al naso e ci deve spiegare come dobbiamo viverci”.

Ci siamo detti e ricordato che noi eravamo orgogliosi di abitarci. Tornando a quanto è stato scritto in questi giorni la sorpresa di leggere che c’è chi ora, a sinistra, storce il naso con l’atteggiamento classico della sinistra fighetta, di quella “gauche caviar” che tanti danni ha fatto e continua a fare, per la presenza dei blindati di esercito e carabinieri. Certo che non si risolve solo con quelli ma prima bisogna garantire un minimo di legalità. Gli assembramenti prima durante e dopo le limitazioni per il Covid 19 erano e sono principalmente di spacciatori e loro amici. Avere permesso certe concentrazioni senza controllo è una delle principali responsabilità. Non è un problema di ”abitabilità”, gli extracomunitari che si sono inseriti, come i meridionali immigrati allora, hanno un livello di adattamento e sopportazione superiore a chi spesso ne parla e chiedono solo di potere lavorare e vivere in pace tranquillamente nel rispetto delle regole. I primi ad essere danneggiati sono proprio loro. Alla “Barriera” ci sono affezionato e lì c’ho lasciato il cuore da quel lontano 14 luglio 1967 quando arrivai a Torino con la mia famiglia e come tanti altri andammo ad abitare in quel quartiere popolare. Così quando leggo in cronaca dei giardini di Via Padre D’Enza, dove ho frequentato la scuola media, mi scatta un moto di rabbia per l’abbandono in cui da decenni versa la “Barriera”. Senza un piano serio di investimenti in lavoro, servizi, asili e legalità la situazione non potrà che peggiorare. Mi sono soffermato a parlare del passato perché è impossibile parlare del presente in quanto l’attuale amministrazione, dopo avere fatto lì il pieno di voti, semplicemente non ha fatto nulla. Il prossimo anno ci saranno, almeno sono previste, le elezioni amministrative per eleggere il Sindaco e rinnovare il Consiglio Comunale ed i quartieri popolari faranno la differenza e se ne ritornerà a parlare. Urge un piano vero per quei quartieri. Alla sinistra è evidente che non possono bastare centro, collina e crocetta.

L’Italia ha bisogno dell’Iri. Chi impedisce la ripresa è complice della mafia

COMMENTARII di Augusto Grandi / Non si può pretendere che il compagno Sergio Cofferati conosca la storia. O, se la conosce (perché la conosce), che abbia la correttezza di raccontarla tutta, compresa la parte per lui scomoda.

Così va in tv, dai compagni di Rai News 24, e spiega che l’Italia, per ripartire, avrebbe bisogno dell’Iri, l’Istituto per la ricostruzione industriale. Perché fu l’Iri – spiega Cofferati – a trainare la ripresa italiana dopo la fine della guerra.

Dimenticando che l’Iri fu creato nel 1933 per far ripartire l’Italia dopo la crisi mondiale del ‘29 e per sopperire alla cronica incapacità degli industriali italiani. Ovviamente neanche una parola di precisazione da parte della giornalista Rai. Ad impossibilia nemo tenetur…

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L’Italia ha bisogno dell’Iri. Chi impedisce la ripresa è complice della mafia

L’Europa boccia gli aiuti a pioggia ai conigli italiani

COMMENTARII  di Augusto Grandi / Un segnale è solo un segnale. Però, quando arriva dalla Corte Costituzionale tedesca vale un po’ di più. Perché le perplessità sull’impiego dei fondi della Bce non toccano soltanto i giudici ma coinvolgono la popolazione dell’intera Germania e di altri Paesi dell’Unione europea.

Difficile dar torto ai tedeschi quando l’Italia del lìder minimo e dei dittatorelli vuole utilizzare i fondi europei non per rilanciare il Paese ma per una serie di interventi a pioggia che costano tantissimo e non risolvono nulla.

Di fronte alla disoccupazione crescente, di fronte al dilagare di richieste di reddito di divano, di fronte all’esercito di immigrati che affollano le casse dei supermercati con i buoni pasto da 25 euro “offerti” dal contribuente italiano, cosa vuol fare il governo dei dittatorelli dello Stato Libero di Bananas? Regolarizzare altri 600mila clandestini, con tutto ciò che concerne in termini di costi aggiuntivi…

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L’Europa boccia gli aiuti a pioggia ai conigli italiani: non creano futuro

La Cuoca Insolita propone: crêpes alle fragole per la Festa della Mamma

Si avvicina la Festa della Mamma. Cosa c’è di più gradito di una bella sorpresa, buona e anche light?

In questa ricetta di crêpes alle fragole e crema pasticcera “vantaggiosa” (e capirete subito perché la ho chiamata così), la parte ai fornelli si può fare con la mamma all’ultimo, così non ci sono pericoli, se i bambini sono ancora piccoli. Se invece qualche papà vuole mettersi ai fornelli, alla Mamma non resterà che assaggiare! Allora buon divertimento a tutti e auguri a tutte le Mamme!

Tempi: Preparazione 30 minuti;

Cottura 30 minuti;

Attrezzatura necessaria: Terrina rotonda a bordi alti, frusta a mano o elettrica, paletta da cucina, padella antiaderente diam. 20, casseruola piccola

Difficoltà (da 1 a 3): 2

Costo totale: 5 €

Ingredienti per 8 minicrêpes (da 18 cm diam):

Per le crêpes (25-30 g cotte ciascuna):

Per la crema pasticcera vantaggiosa:

  • Latte di soia – 250 g
  • ½ uovo miscelato (25-30 g circa)
  • Farina di grano 00 o di riso – 25 g
  • Eritritolo – 25 g
  • Zucchero – 15 g (meno di ½ cucchiaino da caffè)
  • Vanillina – ½ bustina
  • Curcuma in polvere – 1 punta

Per guarnire:

  • Fragole fresche – 400 g

Zucchero o eritritolo a velo – 1 cucchiaino

Perché vi consiglio questa ricetta?

  • Rispetto alla ricetta preparata con ingredienti tradizionali, Kcal -25%, Grassi -50%.
  • Usando nella crema pasticcera l’uovo intero invece che solo i tuorli, si riduce dell’83% la quantità di grassi saturi, a vantaggio di un buon controllo del colesterolo!
  • Grazie all’eritritolo (è un dolcificante a zero calorie e zero zuccheri semplici) possiamo usare meno della metà dello zucchero. Se non avete l’eritritolo, usate 35 g  di zucchero in tutto per questa ricetta.
  • Adatta anche in caso di allergia o intolleranza a latte e glutine.

Approfondimenti e i consigli per l’acquisto degli “ingredienti insoliti” a questo link: https://www.lacuocainsolita.it/ingredienti/).

In caso di allergie…

Allergeni presenti: Cereali contenenti glutine, uova, soia

Preparazione

FASE 1: LE CRÊPES

Mettete nella terrina la farina e versate il latte poco alla volta mentre mescolate con la frusta. Solo quando tutta la farina sarà sciolta, finite di versare il resto del latte, salate, aggiungete l’olio e amalgamate. Lasciate riposare coperto a temperatura ambiente per almeno mezz’ora. Vedrete che l’impasto sarà diventato più denso e corposo.
Scaldate a fuoco sostenuto la padella antiaderente con un filo di olio, che dovrà essere distribuito su tutta la superficie. Versate mezzo mestolo di pastella (circa 50 g) nella padella calda e distribuite velocemente inclinando in più direzioni. Fate cuocere per circa 3-4 minuti, quindi girate la crêpe con la paletta da cucina e fate cuocere dall’altro lato per ancora un paio di minuti.

FASE 2: LA CREMA PASTICCERA VANTAGGIOSA

Se avete qualche dubbio su come preparare la crema pasticcera vantaggiosa, andate su questo link (https://www.lacuocainsolita.it/crepe-alle-fragole-per-la-festa-della-mamma-la-cuoca-insolita/) e troverete la video ricetta.

Frullate insieme il bianco e il rosso dell’uovo. Versate la quantità necessaria in una ciotola, aggiungete eritritolo e zucchero e battete il composto con la frusta elettrica o a mano. Se diventa troppo chiaro, potete aggiungere un pizzico di curcuma (pochissima alla volta), finché otterrete un colore lievemente giallo. Ora amalgamate farina e vanillina, mescolando bene e poi aggiungete solo una piccola parte di latte freddo e mescolate ancora. Scaldate il latte che vi era rimasto con la scorza di limone e, quando è molto caldo, unite il composto di uova e farina, abbassate il fuoco al minimo e mescolate senza sosta con la frusta fino a quando si formerà la crema (2 minuti circa). Lasciate raffreddare completamente, mantenendo coperto.

FASE 4: IL MONTAGGIO DELLE CRÊPES

Mettete in ogni crêpe, su una metà, circa la crema e le fragole tagliate a fettine sottili. Chiudetela a metà e date una spolverata di eritritolo a velo (o zucchero a velo) per decorazione.

Chi è La Cuoca Insolita

La Cuoca Insolita (Elsa Panini) è nata e vive a Torino. E’ biologa, esperta in Igiene e Sicurezza Alimentare per la ristorazione, in cucina da sempre per passione. Qualche anno fa ha scoperto di avere il diabete insulino-dipendente e ha dovuto cambiare il suo modo di mangiare. Sentendo il desiderio di aiutare chi, come lei, vuole modificare qualche abitudine a tavola, ha creato un blog (www.lacuocainsolita.it) e organizza corsi di cucina. Il punto fermo è sempre questo: regalare la gioia di mangiare con gusto, anche quando si cerca qualcosa di più sano, si vuole perdere peso, tenere a bada glicemia e colesterolo alto o in caso di intolleranze o allergie alimentari.

Tante ricette sono pensate anche per i bambini (perché non sono buone solo le merende succulente delle pubblicità). Restando lontano dalle mode del momento e dagli estremismi, sceglie prodotti di stagione e ingredienti poco lavorati (a volte un po’ “insoliti”) che abbiano meno controindicazioni rispetto a quelli impiegati nella cucina tradizionale. Usa solo attrezzature normalmente a disposizione in tutte le case, per essere alla portata di tutti.

Calendario corsi di cucina ed eventi con La Cuoca Insolita alla pagina https://www.lacuocainsolita.it/consigli/corsi/

ArteFaBene, 3 fantastiche donne trasformano l’arte in solidarietà

Rubrica a cura di ScattoTorino

Cosa accomuna, oltre ad una lunga amicizia e ad una stima profonda, la pittrice Sabrina Rocca, l’avvocato Maria Irma Ciaramella e la curatrice di mostre d’arte contemporanea Monica Trigona? Sicuramente il fatto che sono donne sensibili e poliedriche, attente al contesto nel quale vivono e animate dalla voglia di supportare chi, in uno scenario delicato e complesso come quello scaturito dalla pandemia, ha perso la stabilità economica. Distanti per il lockdown, ma vicine nel cuore, le tre professioniste hanno ideato un progetto benefico che unisce l’estro creativo alla solidarietàARTEfaBENE. Dall’1 al 16 maggio è possibile fare un’offerta di 50,00€ o multipli per acquistare una o più opere tra quelle donate dai 59 artisti che hanno aderito pro bono all’iniziativa. Sul sito artefabene.it è possibile visionare e comprare le riproduzioni su carta delle loro opere, del formato di 30x40cm, tutte numerate e firmate. Il ricavato, spiegano le tre ideatrici in questa intervista corale, viene totalmente devoluto al progetto Fa bene a Casa che rientra nell’ambito della Caritas e serve a supportare, attraverso cibo e assistenza, le tante famiglie che in questo momento hanno difficoltà economiche. Perché, come sosteneva Madre Teresa di Calcutta e come si legge sul sito del progetto: “Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore”.

Come è nato Artefabene?

Maria Irma Ciaramella: “L’iniziativa è merito della sensibilità di Sabrina. Oltre ad essere una brava artista, sin dagli albori nei suoi quadri ha sempre proposto un forte messaggio sociale e politico, inteso come prendersi cura dei temi della polis. Sabrina ha ragionato sul fatto che a causa del lockdown molte famiglie non hanno più un reddito e non possono provvedere alle esigenze primarie. Il suo merito è stato intercettare il problema prima di altri e chiedersi come avrebbe potuto essere un moltiplicatore di interventi con la sua arte. Monica ed io abbiamo accolto con entusiasmo la sua iniziativa ed anche la comunità artistica torinese ha risposto immediatamente alla call to action”.

Sabrina Rocca: “Ho contattato Irma e Monica perché sapevo che avevano la giusta sensibilità per capire la mia idea. Monica ha selezionato gli artisti torinesi ed entrambe si sono attivate per trovare chi potesse aderire al progetto”.

Monica Trigona: “Abbiamo collaboratori che partecipano pro bono all’iniziativa: Martine Rollandin e Marco Zoccali si occupano della comunicazione e dei social media, Stefano Rocca cura la parte grafica del sito, Arti Grafiche Parini è lo sponsor tecnico che offre la stampa gratuita delle opere e il Circolo Culturale Azimut ha da subito condiviso il progetto sui suoi canali”.

Il mondo dell’arte come ha risposto alla chiamata?

Monica Trigona: “L’idea di Sabrina all’inizio mi ha spaventata perché i tempi erano stretti e gli artisti torinesi tanti, per cui bisognava fare una selezione rappresentativa tra coloro che sono conosciuti e le nuove leve. Ognuna di noi ha stilato una lista e successivamente li abbiamo contattati e documentati sulla finalità del progetto. Tutti, conoscendoci da tempo, hanno risposto con entusiasmo e in una settimana abbiamo avuto 59 adesioni, più di quante ci saremmo aspettate. Gli autori hanno selezionato l’immagine di una loro opera e ce l’hanno inviata”.

Sabrina Rocca e Monica Trigona

Quali artisti hanno aderito?

Monica Trigona: “Li elenco in ordine alfabetico: Leandro Agostini, Salvatore Astore, Matteo Baracco, Alice Belcredi, Enzo Bersezio, Davide Binello, Ovidio Boc, Davide Bramante, Francesco Brugnetta, Maurizio Cilli, Corina Cohal, Gianni Colosimo, Costanza Costamagna, Claudio Cravero, Vanni Cuoghi, Serena De Bianchi, Enrico De Paris, Pier Tancredi De-Coll’, Matilde Domestico, Enrico Fabbri, Richi Ferrero, Max Ferrigno, Lorena Fonsato, Daniele Galliano, Theo Gallino, Luca Gastaldi, Gec, Massimo Ghiotti, Ferdi Giardini, Piero Gilardi, Carlo Gloria, Ezio Gribaudo, Pablo Jins, Le Scapigliate, Paolo Leonardo, Luigi Mainolfi, Cristina Mandelli, Mia Mari, Calogero Marrali, Livio Ninni, Johannes Pfeiffer, Moreno Pisapia, Giovanna Preve, Pier Luigi Pusole, Sergio Ragalzi, Giorgio Ramella, Erika Riehle, Sabrina Rocca, Luigi Rocca, Gianni Romeo, Alessandro Sciaraffa, Diego Scursatone, Francesco Sena, Stefano Sogno Fortuna, The Bounty Killart, Roberta Toscano, Luisa Valentini, Gabriele Zago, Salvatore Zito”.

Sabrina Rocca: “Desideriamo ringraziare anche Paola Gribaudo, Presidente della Accademia Albertina di Belle Arti, per il suo costante supporto e ricordiamo che molti artisti che aderiscono al progetto provengono dall’Accademia”.

A chi viene devoluto l’acquisto delle stampe?

Maria Irma Ciaramella: “Tutte le immagini sono state caricate sulle pagine Facebook e Instagram e sul sito artefabene.it. Collegandosi a uno di questi canali è possibile scegliere una o più stampe del medesimo autore o di più autori. Ogni opera ha il valore di 50,00€ e la donazione viene fatta direttamente in favore del programma Fa Bene a Casa, per cui i benefattori hanno la garanzia che le somme donate giungono integralmente e immediatamente all’ente che, a sua volta, fornisce cibo e assistenza a chi, oggi più che mai, ha bisogno di aiuto. Desideriamo sottolineare che il comitato spontaneo di ARTEfaBENE si è fatto carico di tutte le spese di organizzazione e coloro che collaborano all’iniziativa lo fanno pro bono e senza chiedere alcun compenso, neppure a titolo di rimborso spese”.

Ricordiamo le modalità di pagamento?

Maria Irma Ciaramella: “Il bonifico bancario deve essere effettuato in favore del Comitato Promotore S-NODI Gabriele Nigro di cui segnalo l’Iban: IT 65 M 06305 01000 000110144546. Nella causale del versamento occorre indicare ARTEFABENE – nome e cognome dell’artista del quale si è scelta la stampa e, se si effettuano donazioni per più stampe dello stesso artista, bisogna evidenziare il numero delle stampe. Se invece si acquistano opere di artisti diversi, è importante segnalare i nomi e i cognomi di ognuno”.

Fino a quando è possibile effettuare le donazioni?

Sabrina Rocca: “L’iniziativa dura dall’1 al 16 maggio e ad oggi abbiano già avuto tante adesioni che ci rendono felici”.

Anche il settore artistico sta vivendo uno stato di crisi. Come immaginate lo scenario post Covid-19?

Monica Trigona: “Dando uno sguardo alla storia, che ha tanto da insegnarci, si evince che agli inizi del Cinquecento l’arte, in un periodo di grande crisi economica e politica, stava cambiando a favore di un’attitudine scientifica. Da Leonardo a Bramante, da Michelangelo a Sansovino, tutti svolgevano un’attività completa che spaziava dall’arte all’architettura sino all’ingegneria e agli apparati scenografici. Nella fase successiva al Covid-19 mi piacerebbe prevedere un impegno degli artisti pari a quello di altri interlocutori nell’ambito della macchina economica. Poi si ricomincerà ad aprire i musei e a vendere le opere, ma il sistema del mercato dell’arte era già in crisi prima della pandemia e la macchina andrà più lentamente di altre. Come nel Cinquecento, vorrei che l’artista contemporaneo fosse polivalente e contribuisse alla ricostruzione economica del Paese, anche perché molti di loro oggi sono dei mediatori in quanto conoscono argomenti che esulano dall’arte in senso stretto”.

Maria Irma Ciaramella: “In queste settimane che hanno visto tanti di noi rimanere a casa, tra i pochi strumenti che ci hanno consentito di nutrire l’anima ci sono la cultura e l’arte in tutte le loro declinazioni. I musei hanno condiviso tour virtuali, la musica è stata vicina alle persone e artisti come Sabrina e Valerio Berruti hanno promosso iniziative benefiche importanti. La politica dovrebbe trarre spunto da questi esempi e tenere presente l’importanza cruciale che la cultura e l’arte hanno avuto in questo periodo”.

Torino per voi è?

Sabrina Rocca: “Amore. Qui ci sono i miei affetti e la mia storia. Qui ho iniziato la mia carriera e non a caso l’opera che ho scelto per ARTEfaBENE – Amore, un superpotere – è dedicata a Torino”.

Sabrina Rocca con la sua opera "Amore - Un Superpotere"
Sabrina Rocca con la sua opera “Amore , un superpotere”

Maria Irma Ciaramella: “Non sono Torinese, ma per me questa è una città meravigliosa. È la mamma adottiva, una donna bellissima, schiva e molto intelligente che non vuole primeggiare e si nutre del suo merito senza aver bisogno di trattenere i suoi ammiratori. È una lei che non ama sedurre, ma di fatto seduce tantissimo e ti tiene legata a sé perché è meravigliosa, piena di bellezze e di talenti. Sarebbe importante se riuscissimo ad essere consapevoli della forza incredibile che Torino esprimere e può esprimere”.

Monica Trigona: “Per me è la città del cuore, un laboratorio eccezionale di idee che non riguardano solo il campo artistico perché qui pullulano molte iniziative private legate a differenti campi d’azione. Sono stata parecchi anni all’estero e quando pensavo a Torino sentivo la nostalgia del fermento che si respirava qui e che riguardava tutti i settori”.

Un ricordo legato alla città?

Sabrina Rocca: “Tredici anni fa vinsi il concorso del Circolo Culturale Azimut ed esposi una personale davanti al Municipio di Torino. Quel momento è stato intenso e mi ha resa consapevole della mia arte. Grazie all’affetto di chi mi amava, agli amici e ai supporter proprio lì, nel cuore della città, ho capito che il mio lavoro riscuoteva critiche positive”.

Maria Irma Ciaramella: “Avevo 7 anni e arrivavo dal Sud del mondo con il mare negli occhi. Era autunno inoltrato e qui faceva molto freddo. Ricordo la prima nevicata e Torino mi sembrava incantata e cristallizzata come nelle fiabe”.

Irma Ciaramella

Monica Trigona: “Ricordo una mostra del 2007 alla Promotrice delle Belli Arti in cui mi ero occupata della schedatura di 120 opere di Tabusso. È stata la prima e l’ultima grande mostra di questo Maestro torinese che conoscevo poco, perché era fuori dalle mie corde. L’ho scoperto approcciandomi nel lavoro di schedatura e mi sono appassionata alla sua arte e alla persona. Fu un lavoro emozionante perché alcune opere erano prestiti di collezionisti che vivevano in Piemonte e per la prima volta mi ritrovavo a maneggiare le tele e i loro trascorsi”.

Coordinamento: Carole Allamandi

Intervista: Barbara Odetto