Torino tra architettura e pittura
1 Guarino Guarini (1624-1683)
2 Filippo Juvarra (1678-1736)
3 Alessandro Antonelli (1798-1888)
4 Pietro Fenoglio (1865-1927)
5 Giacomo Balla (1871-1958)
6 Felice Casorati (1883-1963)
7 I Sei di Torino
8 Alighiero Boetti (1940-1994)
9 Giuseppe Penone (1947-)
10 Mario Merz (1925-2003)
3) Alessandro Antonelli
“Il destino è quel che è, non c’è scampo ormai per me!” questo gridava nel sonno lo scapigliato protagonista del celebre “Frankenstein Junior”, film del 1974 diretto da Mel Brooks, e credo che questa battuta possa riassumere il mio attuale stato d’animo, non tanto dissimile –immagino- da quello delle altre persone. La situazione pandemica si è nuovamente aggravata, dobbiamo resistere e affrontare le difficoltà che si prospetteranno, ancora una volta, e ancora una volta ci tocca sperare “che andrà tutto bene”. Per questo articolo non mi sento di inventare panegirici di fantomatiche gite scolastiche perché anche le persone ottimiste come lo sono io, ogni tanto, hanno bisogno di “accasciarsi” e farsi trasportare dove li porta il vento. O il nuovo DCPM. E poi di vedrà.
In questo pezzo dunque vi chiedo di immaginare quello che già conoscete, ossia lo “skyline” del “nostro” capoluogo piemontese, reso assai riconoscibile da una punta che svetta “tra le montagne,” una costruzione che fino al 1953 è stata la più alta d’Europa, un edificio dalla storia leggermente travagliata e attorno al quale circolano “strane” storie e curiose verità.
Si tratta della Mole Antonelliana, uno dei simboli indiscussi di Torino,
situata nel centro storico della città, in via Montebello, ora sede del Museo Nazionale del Cinema, esposizione unica nel suo genere e conosciuta in tutta Italia. L’edificio è legato al nome del suo ideatore, Alessandro Antonelli (1798-1888), uno dei protagonisti della scena artistica italiana del XIX secolo.
Prima di addentrarmi nell’argomento del giorno gradirei accennare due parole sul Museo Nazionale del Cinema, luogo che amo particolarmente e che ho visitato più volte, soprattutto negli anni dell’Accademia, durante i quali ho approfondito le tematiche della scenografia cinematografica. Al di là degli studi, ho sempre apprezzato “andare al cinema” e vedere come la pellicola rielabori emozioni e sensazioni su cui poi è bello ritrovarsi a riflettere. La nascita del Museo si deve a Maria Adriana Prolo, che nel 1941 immagina un luogo dedicato alla raccolta dei documenti dell’industria cinematografica torinese. Attualmente l’esposizione vanta quasi 1.800.000 opere tra film, documenti d’archivio, fotografie, apparecchi e oggetti d’arte, manifesti, memorabilia del cinema, volumi e registrazioni sonore. Ma è meglio che mi fermi qui, prima di andare fuori tema.
Torniamo dunque a noi.Nella prima metà dell’Ottocento l’architettura, ancora essenzialmente legata al gusto neoclassico, inizia a risentire dell’influsso del “Gothic revival”, come testimoniano gli edifici in stile archiacuto costruiti in questi anni. La ripresa del Gotico favorisce il recupero di diversi elementi architettonici tipici di periodi passati; la riscoperta artistica rende la seconda metà del XIX secolo particolarmente eclettica dal punto di vista urbanistico, grazie proprio alla contaminazione e alla coesistenza tra i vari stili del passato. Tale particolare e polistilistica produzione architettonica non caratterizza solamente i padiglioni delle grandi esposizioni internazionali, ma anche l’edilizia civile, e nei centri urbani inizia a prevalere il criterio di applicare alle diverse tipologie funzionali altrettanti stili, per cui le banche vengono realizzate in stile classico, le abitazioni in stile rinascimentale, le stazioni termali in stile orientaleggiante e gli edifici religiosi in stile medievale.
Alessandro Antonelli è attivo soprattutto in Piemonte, le sue architetture tendono a staccarsi dal dilagante eclettismo e si distinguono per profonda originalità. Si può affermare che la sua opera rifletta quel contrasto, rimasto irrisolto per tutto l’Ottocento, tra il conservatorismo accademico e il progressismo di stampo scientifico.
I progetti maggiormente legati al nome dell’architetto innovatore sono due: la Mole di Torino e la Cupola di San Gaudenzio a Novara, in entrambi i progetti egli sperimenta la tecnica costruttiva con tiranti in ferro nella tessitura laterizia.
Il suo carattere e le sue idee innovative lo portano purtroppo a scontrarsi con clienti e committenti, le incomprensioni fanno sì che molte delle sue opere vengano realizzate parzialmente o comunque con importanti modifiche.
L’architetto nasce a Ghemme, in provincia di Novara, in una famiglia assai numerosa: egli è il quinto di undici figli; il padre notaio e la madre casalinga.
Alessandro frequenta il liceo artistico a Milano, in seguito si iscrive all’Accademia di Brera per poi spostarsi in quella di Torino; una volta conseguita la laurea in Architettura e Ingegneria, per i quattro anni successivi lavora presso gli uffici tecnici demaniali del capoluogo piemontese.
Nel 1828 vince il prestigioso “ Prix de Rome”, in seguito a un concorso indetto dall’Accademia Albertina, tale onorificenza lo porta a recarsi a Roma per una formazione di cinque anni; in questo periodo egli si dedica soprattutto allo studio della geometria descrittiva, sotto la guida del Professore Carlo Sereni, si confronta con le innumerevoli opere presenti in città e inizia a frequentare diversi scultori emergenti. Conosce Berthel Thorwaldsen, con cui stringe un rapporto di solida amicizia e a cui chiederà di collaborare in uno dei suoi primi progetti, la cattedrale di Novara, per l’altare maggiore della chiesa.
Nel 1833 Antonelli fa ritorno in Piemonte. Tra il 1836 e il 1857 egli è professore di architettura, prospettiva e ornato presso l’Accademia Albertina di Torino; nel 1843 sposa Francesca Scaccabarozzi da cui ha due figli, Costanzo che diventerà ingegnere e una giovane fanciulla che morirà prematuramente a soli 19 anni.
Antonelli elabora uno stile funzionale dell’architettura, che lo porta a prestare particolare attenzione al piano di sistemazione urbanistica del centro di Torino, in particolare del quartiere Vanchiglia, dove costruisce la “sua” opera più celebre, la “Mole Antonelliana”, la Casa Scaccabarozzi (meglio nota come “Fetta di Polenta”) e la Casa Antonelli. Contribuisce anche allo sviluppo della città di Novara, con la costruzione della cupola della basilica di San Gaudenzio, della vicina Casa Bossi e con la stesura del progetto di ricostruzione della cattedrale di Santa Maria Assunta.
Nel 1844 inizia l’edificazione della Cupola di San Gaudenzio, a Novara, destinata a completare la basilica eretta da Pellegrino Tibaldi; alla fine dei lavori l’edificio risulta un’arditissima opera, dotata di una base molto ristretta, di appena 26 metri di diametro, ma alta ben 125 metri, ai limiti della resistenza delle strutture. Particolarmente degna di attenzione è anche la parte esterna della cupola, rivestita da cinque ordini di pilastri, colonne, cornici, su cui si imposta la cupolina, a sua volta sormontata da quattro ordini di sostegni, a formare il pinnacolo.
Dopo aver completato il Duomo di Novara, (1861), Antonelli si dedica alla progettazione della Mole torinese. Il cantiere viene aperto nel 1863 e i lavori si protraggono oltre la morte dell’architetto, fino al 1888; inizialmente il progetto è rivolto a erigere una sinagoga, tempio della Comunità Israelita Torinese, ma l’idea non piace e la struttura viene adibita a museo. Il progetto approvato dalla comunità ebraica prevedeva un edificio dell’altezza di 47 metri, ma durante la costruzione Antonelli applica delle modifiche e porta l’altezza a 113 metri. La comunità ebraica non apprezza i cambiamenti progettuali e, anche per non meno importanti motivi economici, decide di chiudere il cantiere.
La Mole è una delle costruzioni più ardite dell’Ottocento, è formata da un massiccio piedistallo a base quadrata, sui cui si innalza una volta a padiglioni a sesto acuto sormontata da una sottile guglia, che raggiunge i 167 metri dal suolo.
Tale edificio evidenzia i presupposti culturali a cui l’architetto fa riferimento per le sue opere: da una parte il linguaggio neoclassico, come dimostrano il fitto reticolato di cornici, colonne e pilastri, presenti anche nella cupola novarese, dall’altra i motivi neogotici e romanici, evidenti soprattutto nel verticalismo della costruzione.
Sono molte le curiosità e le leggende legate a questa costruzione. Secondo la tradizione esoterica la Mole è in realtà un enorme “canalizzatore” di energia positiva, essa assorbe dall’alta guglia energia dal cielo e la distribuisce sul territorio attraverso la base piramidale.
Se l’aspetto esteriore della struttura-simbolo di Torino è assai nota, forse non tutti sanno che l’attuale sede del Museo del Cinema appare in diversi film, tra cui “Porco Rosso” di Hayao Miyazaki dove la Mole compare nella sigla di chiusura del lungometraggio; “Dopo mezzanotte” di Davide Ferrario girato in gran parte all’interno dell’edificio; “Le amiche” di Michelangelo Antonioni, dove, nei titoli di testa si vede la sua guglia spezzata.
Alcuni studiosi hanno voluto sottolineare che la maestria costruttiva di Antonelli è il punto di arrivo di una tecnica antichissima, che parte addirittura dalle cupole romane, più che il punto di partenza di una tecnica e di una scienza nuove ( Gregotti-Rossi, 1957); tuttavia è opportuno sottolineare che l’architetto inserisce anche aspetti innovativi, evidenti specialmente nel costante interesse per il dato urbano.
In generale l’opera di Antonelli pare riflettere quel contrasto, che rimane irrisolto per tutto l’Ottocento, tra il conservatorismo accademico e il progressismo di stampo scientifico.
Negli anni Sessanta dell’Ottocento Antonelli, in qualità di rappresentante dell’Accademia Albertina, viene nominato membro della commissione incaricata di valutare i progetti della facciata della cattedrale di Santa Maria del Fiore, rimasta incompleta dai tempi del Rinascimento; l’architetto decide tuttavia di abbandonare la commissione e di partecipare al concorso come progettista, le sue idee però non piacciono e vengono scartate.
Egli è anche uomo politico, è consigliere regionale e provinciale, ed è, per un periodo brevissimo di appena due mesi, deputato del Regno di Sardegna.
Antonelli si spegne a Torino, nel 1888, a più di novant’anni. Dopo i funerali di rito cattolico, la sua salma è stata sepolta nella tomba di famiglia, posta all’entrata del cimitero del comune di Maggiora.
Non so chi siano i miei lettori, ma non posso terminare questo pezzo senza avvisare i potenziali studenti che si potrebbero inavvertitamente imbattere nella suddetta lettura: pare che la meraviglia architettonica torinese di Antonelli in realtà porti leggermente sfortuna agli universitari e agli scolari in genere, niente di allarmante, solo qualche possibile ritardo nel percorso di studio. Tuttavia, dato il periodo già abbastanza complicato di per sé, perché aggiungere ulteriori preoccupazioni?
Alessia Cagnotto
Forse aveva davvero ragione il semiologo che, potendo scrivere sui giornali, si rivelava intransigente classista nel giudicare sprezzantemente i leoni e i leoncini da tastiera. Io stesso mi diletto da anni a scrivere su Fb e forse ,a volte, mi sono manifestato anch’io un babbeo, lasciandomi andare a giudizi affrettati o ad emozioni non meditate. Ho seguito casualmente su Facebook un dibattito molto animato su diverse pagine dai vedovi di Conte che piangono la sua dipartita politica, attaccando Draghi, quasi fosse possibile fare dei confronti tra l’oscuro avvocato pugliese e un uomo di livello internazionale come l’ex Presidente della BCE che viene considerato l’uomo che difende i ricchi (sic), ignorando le ragioni dei poveri, come se fosse la riedizione del Governo di Mario Monti. In particolare, c’è chi se la prende con chi ha le seconde case, quasi come esse fossero un furto e fosse moralmente e socialmente disdicevole trasferirsi nelle medesime, come prevede il decreto Draghi. Forse costoro dimenticano che fu proprio Conte con un suo decreto a consentire questi spostamenti, senza peraltro sollevare clamori. Si tratta di diritti costituzionali conculcati per mesi senza ragioni che Conte, il fine giurista, alla fine ritenne, bontà sua e del comunista Speranza, di ripristinare. La proprietà privata è ancora garantita dalla Costituzione insieme alla libertà di trasferirsi liberamente. Conte consentì a chi usufruisce di una seconda casa, non necessariamente di proprietà , di trasferirsi a casa sua. Draghi, in linea di continuità con Conte e avendo come Ministro della Salute lo stesso Speranza (che avrebbe dovuto liquidare come ha fatto con Arcuri), ha mantenuto la possibilità di trasferirsi a casa propria che non appare un privilegio, ma un diritto. Io non voglio difendere a priori Draghi e può darsi che, in una maggioranza di Governo con la presenza di grillini, Pd e comunisti, abbia dovuto cedere a Speranza ed alla gravità oggettiva della situazione. In quindici giorni non si cambiano gli errori di oltre un anno. Ma incolparlo di aver replicato un tardivo provvedimento di Conte che consente a molti anziani privi di vaccino – va sottolineato – di cercare di evitare i gravi pericoli di contagio di una grande città, andando al mare (molti anziani avevano da anni l’abitudine o persino la necessità prescritta dal medico di svernare al mare , magari perché affetti da una bronchite cronica), appare una forma di demagogia ed esprime quella invidia sociale che, seminata a larghe mani dai grillini per anni, si manifesta come una delle conseguenze più nefaste e socialmente disgreganti della pandemia. Mieli, da vero storico di razza, sosteneva un anno fa che la pandemia avrebbe creato condizioni sociali migliori e il suo superamento avrebbe addirittura determinato una scossa positiva economica, come accadde dopo le pestilenze del passato. Non è stato profeta degno di fede perché sta emergendo un odio sociale che già devasta la società italiana. Altro che i fessi che sventolavano il tricolore sui balconi e cantavano l’inno nazionale un anno fa. Qui si è arrivati a contestare con linguaggio giacobino il diritto di poter fruire di casa propria , spesso non frutto di facili eredità, ma di sudati risparmi. Per fortuna il devastante Governo più a sinistra della storia italiana ha finito la sua corsa. Oggi Di Maio incredibilmente si dice “liberale e moderato”, peccato che il suo partito abbia sovvertito in modo devastante alcuni valori che neppure il PCI si sarebbe mai sognato di lambire perché molti comunisti con i loro risparmi si erano comprati una seconda casa. Il clima che i grillini hanno creato e che la pandemia ha aggravato è quello dell’invidia sociale nei confronti di quel poco che resta della borghesia, la classe sociale più tartassata e schernita da tutti i sessantottini di 50 anni fa e da quelli di ritorno, ma anche la classe sociale che ha fatto l’Italia e l’ha ricostruita dopo la seconda guerra mondiale. Machiavelli scriveva che la Chiesa con i suoi vizi rendeva gli italiani “captivi “. Questa parola mi è tornata alla mente leggendo certe critiche che rivelano astio, se non odio. Si era detto che bisognava combattere gli odiatori , ma quelli di classe che segnarono cent’anni fa la nascita del PCI e che la saggezza di Togliatti finì di smorzare, sembrano oggi risorti a nuova vita come un frutto avvelenato della devastazione della pandemia e di una ubriacatura politica che riporta tristemente indietro di un secolo i quadranti della storia. Chissà cosa penserebbero di certi dibattiti su Fb i radical – chic che hanno la seconda casa , spesso una villona, a Capalbio. Sarebbe interessante conoscere la loro opinione. Loro e il loro snobismo intollerabile (e non i pensionati che godono di un alloggetto al mare) andrebbero fustigati come una vergogna nazionale sia in tempi normali, sia in tempi di pandemia.
Le ricette metà stataliste e metà regionaliste sono fallite. Come per i tamponi alla fine si è dovuti ricorrere ai centri privati e alla farmacie che sono un presidio diffuso sul territorio, così per il vaccino bisogna andar oltre il burocratismo inefficiente lasciato da Arcuri e bisogna coinvolgere i privati che, di norma, sono esempi di efficienza e di rapidità. I modelli statalisti hanno fallito e qui è in gioco la salute , anzi la vita degli Italiani. La proposta della Fondazione Einaudi per un accesso ai vaccini a pagamento ha una finalità positiva indiscutibile. Snellire le procedure , sollevare il sistema sanitario nazionale, consentire al cittadino che voglia vaccinarsi di farlo sono obiettivi che diventano raggiungibili . Occorre buon senso e pragmatismo.
Ero stato a trovarlo in ospedale e mi trovai di fronte ad un uomo disperato che sentiva lo spettro della morte avvicinarsi inesorabilmente, pur essendo ancora disperatamente legato alla vita . Al tempio crematorio di Torino fui io a commemorarlo e non riuscii a trattenere una profonda commozione, parlando della sua morte crudele e della sua vita esemplare e nello stesso tempo trasgressiva. Era un siciliano di Modica che si era formato ed era vissuto a Torino ,che sentì come la sua città. Allievo del grande civilista Emilio Bachi, amico di Sandro Pertini ed antifascista di grande tempra morale, esercitò l’avvocatura e professò il diritto con grande impegno etico e civile. Credo che molti ex allievi ancora lo ricordino con affetto. Era un uomo di ampia cultura e di vasti interessi, ma era anche un amico che amava stare con gli amici, discutere, animarsi e indignarsi in difesa dei più nobili ideali . Per dirla con Emilio De Marchi, avremmo potuto definirlo” Giacomo l’idealista”. Studioso di storia, scrisse importanti libri, tra cui va citato il saggio sull’’Abbazia di Staffarda. Era anche un bon vivant : quante serate a parlare anche di frivolezze, passando dalle cose più serie ai piaceri della vita, in primis l’amore per le donne. Era il nostro modo di essere seri, non seriosi. Egli sentiva fortemente il valore dell’amicizia come pochi altri: in tutti i momenti difficili , anche quando gli amici fidati erano latitanti, Mino è stato presente. lui apparentemente spesso così distratto. Ricordo le cene alla “Locanda della Posta” di Cavour , le serate a sentire musica al piano bar di via Cesare Battisti, le domeniche a Salice d’Ulzio, ma ricordo soprattutto il suo coraggioso impegno contro il finanziamento pubblico dei partiti nel 1974 e la realizzazione nel 1975 della grande Mostra dei disegni leonardeschi conservati alla Biblioteca Reale di Torino.Lui , Valdo Fusi e Tito Gavazzi riuscirono a sconfiggere le resistenze ministeriali e burocratiche, consentendo al Centro “Pannunzio” di realizzare l’iniziativa più importante dei suoi oltre cinquant’anni di vita. E’ triste dover constatare di non essere riuscito a trovare una sua fotografia. Sicuramente c’è nel mio archivio che mi stanno riordinando ,ma non sono riuscito a trovarla altrove ,un segno dei tempi barbari che viviamo nei quali sono ricordati solo i potenti o i loro servi. Volpini fu un uomo libero senza collare e troppi lo hanno dimenticato .Invece è giusto rendergli omaggio per la grande lezione di libertà che egli ci ha lasciato. Quando seppi della sua morte, ero sulla mia terrazza al mare .Gli dedicai una pianta che vive da vent’anni e che mi ricorda l’amico ogni volta che contemplo il mare dall’alto e immagino di averlo vicino come nei momenti lieti e in quelli tristi perché Volpini è stato uno dei più veri amici che io abbia avuto insieme a Mario Soldati e a Valdo Fusi. Lo sento vicino su quella terrazza sul mare perché Mino ha saputo sempre volare alto anche nei momenti tragici della sua malattia e della sua morte affrontata con la dignità di un laico coerente fino alla fine.

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Poi c’è chi madre vuole diventarlo a tutti i costi, è Alina, amica di Laura dai tempi dell’università, epoca in cui anche lei si diceva contraria alla maternità vista come convenzione sociale.
Dalle sue pagine emerge una passione infuocata e travolgente per la giovane ed elegante storica dell’arte incontrata a Genova, che lo ha trascinato in giro per l’Europa alla ricerca di un quadro. Sarebbe la misteriosa Maddalena del Caravaggio, opera scomparsa dopo la morte del pittore.
E’ un romanzo complesso che intreccia numerose vite sullo sfondo dell’America degli ultimi 60 anni.
Protagonista è il giornalista Marshall McEwan che ha lasciato il suo paese d’origine a 18 anni giurando di non volerci tornare mai più, e a Washington si è costruito una carriera di tutto rispetto come firma di punta.