Boss di nome… ma non di fatto
Caleidoscopio rock USA anni 60 / Finora in questa rubrica si è sempre parlato di garage rock americano anni Sessanta nella prospettiva di bands, concerti, esibizioni, sessioni di registrazione, managers, talent scouts etc.
Eppure se noi tutti parliamo della memoria e del lascito di questa o quella band… lo dobbiamo al supporto discografico che ha conservato nel tempo quell’elemento così sfuggente e transeunte che è la musica, l’esito sonoro in se stesso. In quella determinata incisione del 1966 o del 1967 veniva fissata una performance ben precisa, che senz’altro differiva dalle centinaia che una determinata band poteva aver lasciato in giro per gli States, ora in un teen club, ora in un frat party, ora in una festa di liceo, ora in occasione di un evento sportivo. Inoltre l’esito dell’incisione poteva essere ben rifinito, ma anche risultare grezzo, sporco, con imperfezioni sia esecutive che tecniche. Dal disco stesso potevano emergere perfino le condizioni scomode (e quasi estreme) cui quella band aveva dovuto far fronte in sede di incisione (per inadeguatezza della strumentazione o delle tecnologie di presa di suono, o per indisposizione dei membri stessi “fuori forma”), sovente imposte dalla necessità di soluzioni “a prezzo stracciato” che obbligavano a tener buono il primo “take” che derivava. Da ciò consegue che ad una storia delle band si può tranquillamente affiancare una fenomenologia delle etichette e delle case discografiche, tanto più se piccole, “meteore”, di breve vita, ancorate al territorio e genuine, in anni in cui il “mercato” ed il “marketing sfrenato” non avevano ancora iniziato a fagocitare tutto il mondo musicale nel suo complesso. Qui parlerò rapidamente di un’etichetta di Tampa (Florida), che ebbe vita breve (nei soli anni 1966 e 1967): Boss (records). Ne era proprietario Charles Fuller (che controllava anche CFP, Tigertown e Fuller) che collaborava in stretta simbiosi con il produttore John Brummage (specialmente per H & H Productions). L’elemento più interessante è il catalogo, che (sebbene limitato) riuscì a sfornare alcuni numeri interessanti, con bands della Florida e non solo. Eccolo:
BOS-002 – The Rovin’ Flames – “I’m Afraid To Go Home” / “I Can’t” (febbraio ’66)
BOS-003 – The Ravens – “Reaching For The Sun” / “Things We Said Today”
BOS-004 – The Berkley Five – “You’re Gonna Cry” (M. Newman, Yubash Music BMI) / “In The Midnight Hour”
BOS-006 – The Trojans – “The Kids Are Allright” / “Leave Me Be” (dicembre ’66)
BOS-007 – The Souldiers – “Would You Kiss Me” / “Lemon Sun” (gennaio ’67)
BOS-008 – The Journey Men – “She’s Sorry” / “Short And Sweet” (McMillan) FulProd Music
BOS-009 – Me And The Other Guys – “Runaround Girl” (C. Dougherty, D. Walton) / “Everybody Knew But Me” (J. Wilson, D. Walton)
BOS-0095 – Purple Underground – “On Broadway” / “Rain Come Down”
BOS-010 – Purple Underground – “Count Back” / “Soon” (agosto ’67)
[I numeri di catalogo #001 e #005 risultano tuttora ignoti].
Così come succedeva per un’infinità di bands, il 1967 fu anno spartiacque (direi quasi letale) anche per molte case discografiche di piccolo cabotaggio, che videro improvvisamente “antiquate” e “superate” le incisioni che in pieno 1966 erano del tutto “alla moda” e di successo nelle classifiche delle radio. L’etichetta Boss ebbe destino identico… e a quanto risulta chiuse i battenti già nell’autunno 1967.
Gian Marchisio
Torino dei miracoli
Torino, bellezza, magia e mistero
Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.
Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli
Articolo 10: Torino dei miracoli
Torino è talmente magica che c’è spazio anche per i miracoli.
Data: 29 aprile 1644. Alla periferia di Torino, in riva al Po, nell’attuale C.so Casale 195, c’era solo un pilone votivo dedicato alla Madonna. Nei pressi si trovava un mulino ad acqua, e lì si stavano dirigendo Margherita Mollar e la figlia di 11 anni. Mentre la madre affidava al mugnaio il sacco di farina, la figlia si allontanò per giocare in riva al fiume. In un attimo la piccola cadde nell’acqua, la corrente la stava trascinando via tra le sue grida spaventate e le urla terrorizzate della madre. Quando tutto sembrava ormai perduto, la mamma della piccola, disperata, non trovò sostegno se non nell’invocare un’altra Madre. Ed ecco il miracolo: una bianca signora comparve sull’acqua, prese per mano la bambina e la accompagnò fino alla riva. Il prodigio ebbe larga eco e per volontà della reggente Maria Cristina di Francia, nello stesso luogo, l’anno seguente venne eretta una chiesa che fu aperta ai fedeli il 25 maggio del 1645, chiamata ancora oggi “Madonna del Pilone”.
Dunque, se i miracoli non avvengono qui a Torino, dove è conservata la Santa Sindone e dove pare sia nascosto il Santo Graal, allora dove dovrebbero avvenire? Andando indietro nel tempo, l’urbe augustea fu sede di un altro avvenimento soprannaturale, conosciuto come il miracolo del SS Sacramento. Siamo nel 1453, la Francia e il Ducato di Piemonte-Savoia sono in guerra, Renato d’Angiò vuole riconquistare il Regno di Napoli e, per nascondere la vera motivazione dello scontro, addita l’unione tra Carlotta di Savoia e il figlio di re Carlo VII, Luigi. Proprio in questo periodo turbolento e tumultuoso, l’esercito piemontese saccheggiò Exilles, senza risparmiare la chiesa del paese, da cui alcuni soldati sottrassero l’ostensorio con l’ostia consacrata. Quegli stessi uomini, il 6 giugno, festa del Corpus Domini, tornarono in città, a Torino, per vendere la merce rubata e ricavarne qualche soldo. Accadde a questo punto che il mulo che trasportava la refurtiva decise di sdraiarsi, facendo così cadere giù dalle borse tutto il bottino: gli oggetti rotolarono rumorosamente a terra, attirando l’attenzione della gente, invece l’ostia consacrata fuoriuscì dal sacco aleggiando nell’aria e risplendendo come un piccolo sole.
Nel trambusto un sacerdote alzò il calice verso l’ostia, e questa si inserì al suo interno, il calice venne portato in processione nella cattedrale di S. Giovanni. Ben undici persone confermarono l’accaduto, firmando un documento ufficiale andato ovviamente perduto. Sul luogo in cui accadde il miracolo venne dapprima eretta una colonna, poi un’intera chiesa, denominata Corpus Domini. Anche l’unica prova tangibile dell’avvenimento è andata distrutta, l’ostia, venerata per anni, fu consumata per ordine della Santa Sede, “per non obbligare Dio a fare un continuo miracolo, conservandola intatta”. Pare che l’avvenimento divino abbia ispirato molti uomini a dedicarsi a Dio e all’aiuto del prossimo; se sia stato per questo motivo o meno, è indubbio che nel XIX secolo il Piemonte abbia dato i natali a religiosi illustri e magnanimi, come Don Bosco, Cottolengo o Cafasso. Proprio a Torino si tenne, nel 1953, il Congresso Eucaristico Nazionale, in cui intervenne colui che in futuro sarebbe stato Papa Giovanni XXIII. Certo queste storie appartengono ad un tempo in cui nessuno avrebbe messo in discussione la veridicità di tali avvenimenti, quando fede e magia impregnavano la quotidianità e davano rapide ed esaustive risposte per quasi ogni cosa, e c’era una frase, un ritornello, un’esclamazione adatta a chiedere aiuti divini o per scongiurare il malocchio.
“Sant’Antòini pien ëd virtù, fame trové lòn ch’a l’hai përdu”, e subito venivano fuori le chiavi, le penne, gli occhiali e tutti quegli oggetti che costantemente “non si vogliono” far trovare; per il meteo valevano i “di’d marca”, decisamente più veritieri ed immediati delle applicazioni sui cellulari; e per essere pronti ad ogni evenienza bastava fare attenzione ai pruriti, per esempio se dava fastidio il palmo della mano destra presto sarebbero arrivati dei soldi, al contrario “sente’l nas a smangè, a l’é quaidun ch’a veul rusé”; attenzione invece ai bambini che sentivano i genitori dire “i-t l’as la schin-a ch’a t’smangia!” E poi badate alle orecchie, “oria drita paròla mal dita, oria manca paròla franca”. Tempi tanto lontani che pure non se ne vanno, perché gli usi si sono radicati nei nostri comportamenti, essi continuano a vivere nei nostri gesti quotidiani, solo che non ne conosciamo il vero significato. Quante volte diciamo “salute” a chi starnutisce, è una semplice reazione di cortesia, no? Affatto, sono dei demoni che solleticano il naso, in modo che l’anima esca dal corpo, e allora ecco l’esortazione di augurio, affinché i satanassi si allontanino e lascino in pace il malcapitato. Possiamo allora giocare a fare meno gli scettici, e finché ci sarà ancora un innamorato pronto a staccare i petali di una margherita chiedendo “m’ama, non m’ama”, la magia sarà con noi, almeno un pizzico, a consigliarci come agire in queste nostre esistenze così razionali.
Alessia Cagnotto
L’isola del libro. Speciale William Faulkner
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria / Un grande applauso alle edizioni “La nave di Teseo” per aver portato in libreria i 6 racconti polizieschi di William Faulkner “Gambetto di cavallo”; autore che vinse il Premio Nobel nel 1950
Un gigante della letteratura americana e mondiale del XX secolo, nato a New Albany (Mississippi) il 25 settembre 1897 e stroncato da una trombosi a Byhalia il 6 luglio 1962.
Gli esordi non furono facili: scrisse poesie, si mantenne facendo svariati lavori e viaggiò tra New Orleans, New York, Parigi. Sposò la fanciulla che aveva amato in gioventù, Estelle Oldham (divorziata da poco), con lei visse a Rowen Oak, che abbandonerà solo per le incursioni nella mecca del cinema. Un matrimonio difficile, dai sentimenti cupi e carente di romanticismo e affetto. Dapprima la sua carriera letteraria sembra un fallimento. Allora, deluso dai rifiuti degli editori, decide di scrivere solo più per se stesso e il risultato è uno dei suoi capolavori, “L’urlo e il furore”.
E’ l’inizio della folgorante esplosione creativa di Faulkner che sfociò nelle grandi opere composte tra fine anni 20 e inizio 30: ci ha lasciato 20 romanzi e 85 racconti, più alcuni testi per il grande schermo. La sua vita fu attraversata anche da difficoltà economiche dovute soprattutto allo stile di vita dispendioso suo e della moglie. Nel 1932 cercò di risolvere la situazione finanziaria lavorando per circa un decennio come sceneggiatore a Hollywood. La sua vita oscillò tra alti e bassi, alcol che gli distrusse il fisico e relazioni con donne più giovani che bruciarono il suo matrimonio.
Ambientò le sue opere nel profondo sud, che trasferì nell’immaginaria contea di Yoknapatawpha, di cui – con incredibile realismo- colse e descrisse in modo indimenticabile la difficile realtà rurale negli anni della Grande Depressione: tra povertà, fatica, sudore di bianchi e neri, pregiudizi, ingiustizie e schiavitù.
Ed ecco l’occasione perfetta per leggere o rileggere alcune sue opere.
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William Faulkner “Gambetto di cavallo. Sei racconti polizieschi” -La nave di Teseo- euro 18,00
Il racconto che dà il titolo alla raccolta fa riferimento a una mossa di scacchi e l’autore lo scrisse nel 49, quasi in concomitanza con il conferimento del Nobel per letteratura. Un’ incursione nel genere poliziesco attraverso sei storie ambientate nell’immaginaria contea di Yoknapatawpha, con protagonista dilettante (sulla falsa riga di Sherlok Holmes) l’avvocato di mezza età Gavin Stevens, procuratore di contea, alle prese con disperata gente comune, miserie, misfatti e misteri. Nella provincia tormentata e bigotta, Stevens attraversa sconfinate lande dove si trova alle prese con crimini locali. Li affronta caparbio e cerca di risolverli attraverso il percorso deduttivo, armato dell’ inseparabile pipa (proprio come Faulkner stesso). Sei vicende in cui scendono in campo famiglie tragiche e disfunzionali, solitudini e rancori, illusionisti e misteriose scomparse e ricomparse, confessioni e sotterfugi.
“L’urlo e il furore” -Einaudi- euro 11,50
E’ il primo grande romanzo di Faulkner pubblicato nel 1929. Racconta tragedie, decadenza e disgrazie dei Compson, una grande famiglia del sud americano alle soglie della Grande Depressione. A narrare questa stirpe, un tempo gloriosa, sono più voci; tra queste spicca quella di Benjamin, ragazzo afflitto da un ritardo cognitivo, che alterna piani temporali differenti tra passato e presente. Perché Faulkner era un maestro nel seguire una cronologia affettiva, prima ancora che temporale, ed abilissimo nell’ammantare i lunghi monologhi interiori di una potentissima forza evocatrice.
“Mentre morivo” -Adelphi- euro 11,oo
E’ del 1930 questo libro che Faulkner scrisse in sole 6 settimane, quando aveva 32 anni; di giorno lavorava come operaio in una centrale elettrica e di notte creava. Ambientato nell’immaginaria contea di Yoknapatawpha è un coro polifonico intorno alla vita, alla morte e al funerale di Addie Bundren, madre di 5 figli e moglie di Anse. E’ il marito che, per rispettarne le volontà, fa costruire la migliore cassa possibile e intraprende un viaggio, tra il folle e il grottesco, su un carretto sgangherato per andare a seppellirla a Jefferson, lontano da casa. Il romanzo scivola nei racconti di 15 voci narranti che hanno fatto parte della vita di Addie, povera donna poco amata. Così com’è vissuta -in solitudine e con il suo orgoglio- rischia di morire senza il conforto dei suoi cari. Persino il figlio prediletto diserta il suo capezzale: l’unica ad assisterla è la compaesana Cora che non vuole farle “…affrontare il Grande Ignoto senza un viso familiare lì a farle coraggio”. Un libro che traccia tanti profili psicologici sullo sfondo dell’ambiente rurale con i suoi usi e le sue chiusure.
“Luce d’agosto” -Adelphi- euro 13,00
Pubblicato nel 1932 fu considerato un capolavoro. E’ un romanzo che mette a nudo la dura realtà di disadattati ed emarginati, e indaga pregiudizi e razzismo. Lo fa attraverso le vicende di una folta pletora di personaggi: dalla povera ragazza incinta che attraversa Alabama e Mississippi per cercare il padre del bambino, a un reverendo ripudiato dalla sua Chiesa, passando per sceriffi, taglialegna, predicatori e negri disperati. Una comunità e un universo composito che si mette in allarme quando si sparge la voce di un brutale omicidio.
“Assalonne Assalonne” -Adelphi- euro 28,00
Questo romanzo del 1936 ruota intorno alla vita e al destino di un uomo assillato dall’incertezza sulla sua identità razziale. Apre scorci di vita sulle piantagioni di cotone e sulla brutalità con cui venivano fustigati i lavoratori neri. E’ la storia del contadino Thomas Stupen che diventa proprietario della piantagione in cui lavora, e di Bon, il probabile figlio. Anche in queste pagine Faulkner sciorina una narrazione multipla per mettere a fuoco una realtà che conosceva molto bene: il modo miope in cui i bianchi degli Stati del Sud consideravano il passato storico e la loro incapacità di fare i conti con la spietata piaga della schiavitù. Una curiosità: tra gli affetti più solidi di Faulkner ci fu quello che lo legò alla sua governante di colore, Callie Bar.
Cesare Romiti. La morale e i profitti
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Cesare Romiti è stato un unicum del mondo economico e industriale italiano. Sia per la sua lunga vita sia per il fatto che da semplice manager è riuscito a diventare imprenditore in proprio. Il suo motto era che la morale di un imprenditore consisteva nel produrre profitti.
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La frase venne criticata anche aspramente come dozzinale perché la morale non poteva consistere nel produrre utili .Una cosa che avrebbe fatto inorridire Benedetto Croce che teneva dialetticamente distinte le categorie dell’etica e dell’utilità. In effetti, nella sostanza, Romiti metteva il dito nella piaga perché il punto era quello di produrre profitti senza i quali un’azienda chiude.
Ma la logica da cui Romiti proveniva era quella delle aziende statali che non necessariamente producevano utili e spesso i loro debiti erano ripianati dallo Stato. Una logica perversa che finì di sfociare nella svendita da parte di Prodi dei gioielli dell’Iri che non vennero privatizzati ,ma vennero dati per pochi soldi a compagnie straniere. A fianco di Romiti ci sono le figure di Gianni e Umberto Agnelli che insieme a lui si giocarono la partita della Fiat, vinta dei confronti dei sindacati (pensiamo alla famosa marcia dei 40 mila) ,ma persa nei confronti del mercato dell’auto. Dopo essere stato presidente succedendo ad Agnelli, Romiti andò in pensione con una buonuscita eccezionale che gli consentì di di diventare imprenditore in proprio con Impregilo ed editore con Gemina. Nella sua vicenda giocò un ruolo fondamentale l’ “eminenza grigia” Enrico Cuccia. Si può discutere su cosa abbia rappresentato per la Fiat e per sé stesso Romiti ma oggi ci appare, all’atto della sua morte, un grande protagonista che aveva saputo in primis amministrare, con indubbie capacità, la sua fortuna. Ebbe la saggezza di non lasciarsi sedurre dalla politica: diceva di non averne le capacità, mentre sicuramente era stato un attento lettore e allievo di Nicolò Machiavelli. Al di là della ruvidezza del tratto, appariva un gran signore con cui ebbi modo di scambiare qualche discorso. Era nel comitato scientifico del Centro Pannunzio, senza mai aver contribuito economicamente a suo favore. Mi mandava spesso libri per la biblioteca e ricordo in particolare una rara edizione di Tocqueville che mi disse che amava molto. Io resto convinto che prediligesse Il ”Principe” e addirittura sono sicuro che sarebbe anche stato un ottimo sindaco di Roma, se avesse accettato l’invito a candidarsi.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com
Piccole riflessioni morali tra laicità e religiosità
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Mario Soldati, una volta, guardando insieme a me, il cielo stellato di una sera d’agosto a Tellaro, mi disse: “Guardiamo in alto alla costellazione dei valori“. Fu una frase detta all’improvviso senza ulteriori approfondimenti, forse poteva essere anche una citazione che non sono mai riuscito a rintracciare. Questa frase mi è tornata in mente l’altra sera quando, nonostante i divieti, ho visto dalla mia terrazza dei fuochi d’artificio che non si sarebbero potuti fare. Ho pensato alla solida costellazione dei valori e agli effimeri colori pirotecnici. Ed ho colto una differenza abissale tra un sistema di valori e la chiacchiera a cui siamo abituati, volta a narcotizzarci privandoci dei punti cardinali dell’ esistenza.
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / L’alleanza tra Pd e 5 stelle nella prospettiva delle regionali non deve preoccupare più di tanto perché i candidati governatori proposti sono tutti assimilabili dalla mediocrità, se si esclude Zaia
L’isola del libro. Speciale Jeffrey Archer
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Da non perdere è la saga creata dal 79enne barone inglese Archer di Weston-super-Mare, personaggio geniale e poliedrico. Dapprima impegnato in politica (tra le file dei conservatori di Margaret Tatcher, è stato membro del Parlamento europeo e per 25 anni deputato alla Camera dei Lord); poi, a 70 anni suonati, si è dimostrato abilissimo nell’intraprendere una seconda carriera come scrittore. Drammaturgo, saggista, autore di racconti e soprattutto romanziere prolifico.
La Saga dei Clifton (in tutto 7 romanzi) sciorina le alterne vicende di due famiglie –Clifton e Barrington- nell’arco di un secolo. L’idea madre era raccontare le vite -dall’infanzia fino ai 70 anni- dei tre personaggi principali: Harry (in cui Archer si identifica in parte) Giles ed Emma (ispirata alla moglie dell’autore).
Prima un breve riassunto del terzo capitolo “Un segreto ben custodito”(dopo “Solo il tempo lo dirà” e “I peccati del padre”), ambientato a Londra nel 1945, con il voto alla Camera dei Lord per decidere chi debba ereditare la colossale fortuna dei Barrington.
Sono in lizza Giles Barrington (figlio legittimo di Sir Hugo Barrington e sua moglie Elisabeth) e il suo presunto fratellastro, nonché miglior amico, Harry Clifton (probabile frutto del flirt tra Sir Hugo e Maisie, moglie di Arthur Clifton).
L’ago della bilancia penderà a favore del figlio legittimo Giles.
Ma ad Harry poco importa della mancata eredità; conta invece che finalmente possa sposare la sua Emma (sorella di Giles) e dedicarsi con successo alla carriera di scrittore. Genitori del difficile, ma dotato, Sebastian, pensano di dargli una sorellina e adottano (non senza fatica), Jessica; la bambina che era stata trovata accanto al cadavere di Sir Hugo Barrington e sua figlia illegittima.
Giles invece è tutto preso dalla politica e dal suo seggio traballante alla Camera dei Comuni; mentre Sebastian subisce un attentato.
“Attento a quel che desideri. La Saga dei Clifton 4” -HarperCollins- euro 12,90
Questo nuovo capitolo della saga si riallaccia agli interrogativi aperti nel libro precedente e vede Harry Clifton e la moglie Emma impegnati a indagare sull’attentato alla vita del loro figlio.
Ma sul tappeto c’è anche un’altra questione: perché il fidato presidente della Compagnia di navigazione Barrington ha dato le dimissioni improvvisamente?
Emma pensa di poterlo sostituire, ma sarà tutt’altro che facile, e mentre arranca in una società maschilista al massimo grado, culla anche il progetto di costruire un nuovo immenso transatlantico.
Intanto la figlia adottiva Jessica trova l’amore, è Clive Bingham rampollo della buona società che chiede di sposarla.
Tutto sembra perfetto… ma ad inquinare le acque ecco apparire una vecchia amica della madre dello sposo che getta pesanti ombre sul matrimonio.
Preparatevi a lotte senza esclusione di colpi e subdoli intrighi per controllare la Compagnia di navigazione guidata da Emma……e arriviamo così alla fine degli anni 60 del 900.
“Più della spada. La saga dei Clifton 5” -HarperCollins- euro 12,90
Siamo negli anni 70 e le strade dei Clifton e dei Barrington continuano a intersecarsi con nuovi colpi di scena. Il potere di Emma vacilla quando una bomba dell’Ira sconquassa il nuovo piroscafo della Compagnia di Navigazione dei Barrington.
Intanto Harry è diventato presidente dell’associazione degli scrittori e lancia una campagna per la scarcerazione di uno scrittore dissidente russo; Sebastian fa una brillante carriera nella City londinese; e Giles Barrington è ministro, però mira a qualcosa di più.
E come sempre sono tanti gli ostacoli che l’autore mette sul cammino dei suoi personaggi.
“Quando sarà il momento. La saga dei Cliston 6” -HarperCollins- euro 12,90
Altri colpi di scena ed esiti inaspettati vi terranno incollati alle pagine del sesto appuntamento con la Saga dei Clifton.
Harry si trova alle prese con un mondo editoriale in cui i colpi bassi tra editori sono solo l’inizio. Lui è più che mai deciso a far liberare dal gulag il dissidente Anatoly Babakov ed ha imparato a memoria il suo libro che cerca di far pubblicare, dapprima a fatica con comparsate in tv e poi con inarrestabile successo..
D’altro canto Sir Gil Barrington si trova davanti a un pesante dilemma: deve scegliere se salvare la sua carriera politica o la donna di cui è innamorato, che è prigioniera oltre la Cortina di Ferro.
E tra le intricate vicende degli altri personaggi, Sebastian Clifton, diventato amministratore delegato della Farthings Bank, deve stare all’erta dalle insidie dei suoi rivali, Sloane e Mellor, che hanno la divorante ambizione di appropriarsi della banca. E poi è attratto da un’affascinante ragazza indiana che però se la deve vedere con i genitori che le hanno già scelto un marito.
E non si fermano qui le sorprese che costellano oltre 500 pagine di puro piacere di lettura.
Un tunnel per far dimenticare il massacro del Nord
COMMENTARII di Augusto Grandi / C’era una volta l’autostrada Asti-Cuneo da completare; e il collegamento del Terzo Valico da realizzare.
C’era una volta un collegamento ferroviario (abbastanza) veloce tra Torino e Venezia, a volte persino con il prolungamento verso Trieste. C’erano una volta le autostrade per raggiungere decentemente la Liguria. Una favola da raccontare ai nipoti, ormai. Perché tutto questo, al governo degli Incapaci, non interessa proprio per niente. Ora l’arma di distrazione di massa è il tunnel tra Calabria e Sicilia.
Un tunnel per far scordare i lavori imposti da De Micheli in piena estate per penalizzare il turismo in Liguria; per far dimenticare i collegamenti ferroviari diretti Est-Ovest cancellati per azzoppare l’economia del Nord; per far dimenticare i ritardi nelle opere infrastrutturali; per non far pensare ai disastri del prossimo autunno quando persino gli italiani riusciranno a capire che l’economia non riparte con gli aiuti a pioggia ma con investimenti strategici. E un tunnel futuribile non è l’investimento prioritario per lo sviluppo economico…
… continua a leggere:
PAROLE ROSSE di Roberto Placido /…Provate voi a lavorar. Questa, con una piccola licenza, è una delle più belle strofe di una delle più famose canzoni del movimento operaio in lotta per la riduzione del lavoro a otto ore giornaliere. Mi è venuta in mente, in questo caldo e strano agosto, leggendo le notizie e le reazioni alla vicenda dei parlamentari e dei consiglieri regionali e comunali che hanno fatto richiesta dei contributi per i lavoratori autonomi con Partita Iva.
Questo fatto che ritengo gravissimo ed ignobile ha fatto venire meno la decisione che avevo preso e cioè di non scrivere nel mese di agosto. La richiesta che hanno presentata è stata giudicata da tutti, interessante al proposito il parere contrario e solitario del famoso giuslavorista Giuliano Cazzola https://bit.ly/2DXVO1q , assolutamente legittima, a causa di un provvedimento fatto con i “piedi”. Ma eticamente e politicamente inopportuna ed inaccettabile. Le scuse dell’urgenza sono infantili in quanto ci voleva una mezz’oretta ad inserire altri limiti. Così in attesa dell’elenco dei richiedenti sono incominciate a trapelare le indiscrezioni sui parlamentari e sui consiglieri regionali. Della Lega e del Movimento cinque stelle i parlamentari mentre per quanto riguarda i consiglieri regionali piemontesi, al momento la cosa riguarderebbe due della Lega, Matteo Gagliasso e Claudio Leone, ed uno del Partito Democratico, Diego Sarno di Nichelino, Torino, e da sempre vicino a Libera ed alle altre associazioni ad essa legate. Intanto si incominciano a delineare i diversi comportamenti e reazioni. Assoluto silenzio da parte degli eletti leghisti, d’altronde la Lega è l’unico partito che ha nel suo funzionamento alcuni tratti leninisti e che ha già fatto sapere che i parlamentari saranno espulsi ed i consiglieri regionali – Zaia in Veneto – non saranno ricandidati. Delle scuse incredibili e mortificanti, la classica toppa che è peggio del buco, da parte del consigliere regionale piddino. E’ stata la mia fidanzata che si esercitava nella sua professione di commercialista, pensavo non mi venissero concessi ed una volta ricevuti i contributi ho sottovalutato la cosa, li ho dati in beneficenza senza specificare estremi e beneficiario e dimenticando che la beneficenza la si fa con soldi propri e non con quelli pubblici, per di più ricevuti nei termini che sappiamo. Non che avrebbe cambiato la situazione ma avrebbe dato un minimo di sostanza a delle dichiarazioni offensive dell’intelligenza delle persone.
A queste dichiarazioni è seguito, in puro politichese, un comunicato dei segretari del PD, regionale Paolo Furia, provinciale di Torino Mimmo Carretta e cittadino di Nichelino, Antonio Landolfi, politicamente, se possibile, anche peggio di quello del diretto interessato. Di fronte ad un fatto del genere ci sono due sole strade, non certo l’autosospensione del diretto interessato che formalmente non ha valore: o il consigliere si dimette o il partito di appartenenza lo espelle. Non è questione di giustizialismo o garantismo ma di avere il senso etico della politica. L’impressione che ne viene fuori è di non capire o non voler capire la gravità dell’azione che è stata compiuta. Queste sono le cose che creano un solco sempre maggiore tra i partiti ed i cittadini e che porterà ad un plebiscito, unica incognita nella situazione del paese sarà quanti andranno a votare, ed a dire si al taglio dei parlamentari nel Referendum di settembre. Una riduzione demagogica, populista e che priverà intere regioni di propri rappresentanti in Parlamento. Ma tornando ai comunicati, a dimostrazione di una situazione in divenire e di qualche pressione che arriva dai territori, ventiquattro ore dopo arriva un altro comunicato, sempre del segretario del PD di Nichelino, che smentendo se stesso, insieme a quello di Moncalieri e di altri circoli, chiedono al consigliere Sarno un gesto chiaro ed inequivocabile. Questa vicenda la ritengo più grave di quella di “Rimborsopoli” che vide un centinaio di consiglieri di due legislature, 2005-2014, ricevere l’avviso di garanzia e poi molti di loro, solo due consiglieri non furono sfiorati dalle indagini, rinviati a giudizio e condannati. La legislatura e lo stesso Presidente Roberto Cota furono segnati da quanto successe.
La questione, ricorderete, fu l’utilizzo delle risorse dei gruppi consiliari in modo improprio e per l’acquisto di cose personali. La vicenda attuale è peggiore di “Rimborsopoli”, siamo di fronte a consiglieri regionali, ancora peggio per quanto riguarda i parlamentari, che percependo oltre settemila euro netti al mese, ecco il perché di quanto indicato nel titolo, presentano una domanda per ricevere un contributo di 600 euro al mese destinati a chi era in difficoltà a causa di una vicenda tragica che ha travolto tutto il mondo, il nostro paese e la nostra regione. Il Piemonte ha pagato fino ad ora un prezzo altissimo con migliaia di morti, un’economia ferita, famiglie in difficoltà e decine di migliaia di posti a rischio. Ecco perché non sono accettabili scuse “pelose”, fantasiose e comunque avvenute dopo essere stati scoperti. Giustificazioni del tipo avrei potuto chiedere un altro contributo e non l’ho fatto da l’idea di chi non ha capito e non vuole capire. Lo stesso, estremo e disperato, tentativo del consigliere regionale del PD di dare vita ad un Comitato che si occupi dei lavoratori in difficoltà per le vicende legate al Covid 19 è surreale. Destinare sei mensilità al costituendo comitato ed invitare altri consiglieri regionali, che non hanno commesso comportamenti ignominiosi a fare lo stesso, ha dell’incredibile e dimenticando sempre che la beneficenza la si fa in silenzio e che quando si siede in un’assemblea legislativa ci si impegna e batte per far varare provvedimenti e leggi che risolvano quei problemi.
Ma la cosa singolare e che mi ha molto sorpreso, è che a presiedere un Comitato che difficilmente realizzerà qualche cosa ed al quale, sono certo, nessun altro consigliere regionale devolverà sei o anche una sola mensilità, si sia prestato una persona che conosco e stimo, l’ex procuratore Giancarlo Caselli. Ammettere una grave azione come quella fatta, odiosa e che ha colpito nel profondo per il modo in cui è avvenuta e per le condizioni di chi l’ha richiesto, dopo essere stati scoperti non è la stessa cosa che farlo prima. Il nostro paese è andato a chiedere solidarietà, contributi, si è ulteriormente indebitato per fare fronte alle necessità reali e non a quelle false di deputati e consiglieri regionali impegnatisi a svolgere il proprio mandato con disciplina ed onore. Di fronte a tutto ciò alle reazioni sdegnate di migliaia e migliaia di persone dalla “galassia”, o come la definisce qualcuno sottovoce la “lobby”, di Libera, Acmos, Benvenuti in Italia nessun comunicato o riflessione su quanto è successo, su come si scelgono i propri rappresentanti o riferimenti. Poteva e può essere l’occasione per riflettere su come assegnare nel modo migliore alloggi e beni confiscati alle mafie, se l’entusiasmo di centinaia di giovani è tutto genuino e spontaneo, come penso lo sia quella della stragrande maggioranza di loro, o se non ci siano anche lì “furbetti in carriera”. Non bastano le figure carismatiche e straordinarie del fondatore o di alcuni sostenitori prestigiosi ed un’azione meritoria a coprire tutto e tutti.