Consueto appuntamento con la rassegna dedicata al mondo dei libri a cura della redazione del sito Il passaparola dei libri – Notizie, appuntamenti e curiosità per ogni tipo di lettore!
In questo mese hanno tenuto banco sul gruppo Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri le discussioni legate alla rosa dei finalisti del Premio Strega: i cinque romanzi finalisti sono Due Vite (Neri Pozza) , di E. Trevi, Il pane perduto (La Nave di Teseo) di E. Bruck, Borgo Sud (Einaudi) di D. Di Pietrantonio, L’Acqua Del Lago Non E’ Mai Dolce (Bompiani) di G. Caminito e Il Libro Delle Case (Feltrinelli) di A. Bajani. Leggete il nostro approfondimento e partecipate al sondaggio per votare il vostro preferito, sul nostro gruppo FB.

Incontri con gli autori
Prosegue la nostra collaborazione con il sito Novità in libreria.it che questo mese pubblica le interviste con alcuni dei nuovi nomi del panorama narrativo italiano. Questo mese abbiamo incontrato: Riccardo Piana, emergente autore di Janina (Youcanprint), Domenico Corna, che torna in libreria con Nuvole Al Tramonto (Robin Edizioni) e Vincenzo Corrado, nota penna de La Gazzetta di Mantova, che racconta la sua città di adozione nel suo ultimo libro: Un’Altra Mantova (Editoriale Sometti).
Andar per libri (e non solo)
Ripartono alcune iniziative legate al mondo dei libri, come la sesta edizione di Trovautore in programma a Fiuggi dal 16 al 18 luglio. Dedicata alla piccola e media editoria, la rassegna letteraria ospiterà gli stand di tante case editrici indipendenti che presenteranno le loro novità. Il programma, che prevede incontri con gli scrittori, letture e laboratori sono disponibili sui canali dell’Associazione Culturale Trovautore.
Dal 15 al 18 luglio torna anche Riminicomix, rassegna dedicata al mondo de fumetto e dell’illustrazione. Informazioni e programma sul sito della manifestazione.
Per questo mese è tutto, iscrivetevi al nostro sito per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
Sono passati vent’anni, c’è’ stato un processo in cui sono stati condannati i responsabili delle violenze che subirono i manifestanti alla Caserma “Diaz”, violenze ingiustificabili che fanno orrore. Limitarsi di fatto a parlare di quelle violenze , dimenticando che Genova venne messa a ferro e fuoco dai black- blok e dai centri sociali arrivati da tutta Italia, appare però vistosamente come una mistificazione della realtà. Addossare al governo Berlusconi delle colpe è un altro segno non di buona fede anche se il ministro degli interni Scajola non si rivelò una cima. Sostenere che sia stata la polizia la regista occulta di una vera e propria insurrezione, è un falso storico fondato su una frase di Giorgio Bocca. La violenza eversiva e distruttiva dell’estremismo di sinistra solo i ciechi non riuscirono e non riescono a vederla. Mettere come icona di quel luglio genovese la foto di Carlo Giuliani che tentò di ammazzare un carabiniere, lanciandogli addosso un estintore, è un’altra scelta scellerata perché in Giuliani si vuole vedere solo la vittima e non l’eversore violento. A Genova ci fu chi tentò di celebrarlo, sua madre venne eletta senatrice di Rifondazione comunista che dedicò al figlio la sede del suo gruppo parlamentare al Senato della Repubblica. Il carabiniere ventenne Mario Placanica che sparò per legittima difesa – come venne riconosciuto in tutte le sedi giudiziarie anche internazionali – fu oggetto di un linciaggio intollerabile anche a livello mediatico ed ancora oggi la De Gregorio lo cita in modo non veritiero come fosse stato un pistolero assassino. Io sono anche disposto ad aver pietà per il giovane Giuliani che aveva alle spalle una vita travagliata, ma esigerei una ricostruzione storica non emotiva e unilaterale che racconti la verità complessiva dei fatti. Le vulgate di allora di don Gallo e di Franca Rame oggi non possono reggere. Don Andrea Gallo lo conobbi qualche anno dopo in treno da Genova a Roma. Dopo poco ci mettemmo a parlare e devo riconoscere che, al di là delle sue idee, era una persona molto simpatica. Parlammo anche di Don Bosco perché originariamente era stato salesiano. Provai ad avviare inopportunamente un discorso sul giovane Giuliani così tenacemente difeso dal “prete degli ultimi“, così caro a De Andre’. Ma subito si irrigidì all’improvviso come lo avessi colpito in modo proditorio e il nostro dialogo si interruppe . Mi ero permesso di dirgli che io stavo dalla parte del carabiniere. Anche oggi stare da quella parte sembra ancora difficile. E sono trascorsi vent’anni. Vedremo cosa scriveranno e diranno attorno al 18 /20 luglio, quando ci sarà l’anniversario di quei fatti che portarono alla ribalta personaggi come tal Vittorio Agnoletto che sicuramente verrà intervistato come un reduce di quelle epiche e dannate giornate genovesi.
From July 2 to August 3, at
The
Open air museums
neighborhood. Discover their project with their guided tours.
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Marco Bechis, nato a Santiago del Cile da madre cilena e padre italiano, profondo conoscitore dell’America Latina, ha 20 anni quando viene catturato a Buenos Aires, nel 1977, all’uscita dalla scuola che frequenta per diventare maestro con il sogno di andare a insegnare nel nord del paese ai bambini indigeni.
Marco Bechis è diventato sceneggiatore, regista e produttore, punto di riferimento per chi vuole capire più a fondo queste tragiche vicende.
Nel 1995 l’ex militare -che aveva prestato servizio nel principale campo di concentramento clandestino, l’EMA, ovvero la Scuola di meccanica della Marina- contatta Vertbitsky e inizia a raccontare l’orrore della dittatura e la “guerra sporca” contro gli oppositori o presunti tali. E quello che tutti già sapevano, raccontato da chi aveva perpetrato l’orrore, ebbe l’impatto di un uragano.
C’è poi un’altra pagina nera nella storia della dittatura. Il sistema efficiente e perverso con cui gli aguzzini rubavano alla nascita i bambini delle prigioniere per darli a famiglie delle alte sfere e dei militari. Una doppia morte per le madri, che dopo il parto venivano immancabilmente uccise, mentre i neonati crescevano proprio con chi le aveva eliminate.
Torture, furti di neonati e voli della morte. Che spiegazione si è data di tanta crudeltà?
i personaggi delle quindici storie narrate da Silvia Padulazzi nel suo “La manutenzione dell’Eugenio e altre cose” sono incredibilmente vivi e simpaticamente sfrontati. L’ambiente dove si svolgono questi racconti spazia tra i laghi d’Orta e Maggiore, nei paesi di confine tra l’Italia e la Svizzera ticinese. Ogni capitolo è illustrato dai disegni di Giorgio Rava, poeta e pittore omegnese, narratore e gourmet molto noto. Silvia Padulazzi nella vita si occupa di pubbliche relazioni e comunicazione ed è – oltre che un artista poliedrica – anche counselor life coach con una grande esperienza su questi temi. Conduce laboratori di crescita personale, di autobiografia musicale, linguistici, creativi, di prevenzione al bullismo nelle scuole, per adulti e giovani. Ma è anche, come ama definirsi, una “frivola perdigiorno e cantante”, autrice di canzoni, poesie, testi di teatro civile e narrativa, ha tradotto per Casa Editrice Nord e nel 2020 ha pubblicato il manuale “La zampa che cura. La relazione mediata da Napo e Zoe” per Morphema Editrice. Ha viaggiato molto e ascoltato molte storie: vite vissute, immaginate o desiderate, aneddoti, problemi, perfino quelle che lei chiama “balle colossali”. Poi un bel giorno si è messa a scrivere, andando ad attingere in quell’enorme archivio della memoria. Così, pagina dopo pagina, si sono materializzati di questi racconti che, è quasi scontato, non sono che i primi di una lunga serie.
Autobiografia probabilmente progettata e studiata da tempo, in cui è chiara la volontà di lasciare totalmente libera la cascata della memoria, pur di acchiapparne episodi, ragionamenti, volti, figure e verità, più o meno palesi, capaci di dare un senso profondo ad accadimenti piacevoli o addirittura esaltanti, accanto ad altri di amara e dolorosa disillusione. Un’autobiografia ricca, misurata nei toni e nel racconto. Piombatagli addosso senza dargli possibilità di replica o rifiuto. Richiesta dai fatti – tanti e sempre governati con signorile pacato aplomb – dalla vita, dalle passioni e dalle ragioni del cuore. Ma, come sempre accade, “l’autobiografia di chi ha conosciuto un’ampia proiezione pubblica finisce spesso – scrive bene Nino Aragno – per diventare un pezzo dell’autobiografia della nazione”. E, puntuale, questo accade anche per il libro di Rolando Picchioni. Oltre sessant’anni, si diceva, di vita e di politica. Un tutt’uno. Una passione unica. Che lo prende fin da ragazzino, quando incontra a Dogliani l’allora presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Qualche anno dopo gli esordi, giovanissimo, nelle fila della DC, corrente Dorotea, mentore Emilio Colombo. “A 36 anni – racconta in un’intervista lo stesso Picchioni – ero già in Parlamento, nel Jurassic Park di Montecitorio”. Sottosegretario ai Beni Culturali. Da lì parte una lunga, non facile e insidiosa cavalcata (ben narrata nel libro) fino alla presidenza del “Salone Internazionale del Libro” di Torino, dal 1998 al 2015, quando viene indagato dalla Procura di Torino per peculato, a causa di presunte fatture false emesse dalla “Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura” a favore dello stesso presidente. E proprio qui, alla vigilia dell’inchiesta giudiziaria, s’interrompe il libro. “Non volevo avventurarmi – racconta sempre Picchioni in un’intervista rilasciata al ‘Corriere’ – in una terra incognita”. E ancora Aragno: “L’operazione di memoria individuale diventa l’innesco per mettere a fuoco e interpretare, con il ditacco dei tempi lunghi, fenomeni ancora in attesa di un’analisi disincantata o di una necessaria revisione di giudizio. Sottopelle pulsa costante il rapporto tra politica e cultura. L’idea opposta che di questo rapporto avevano una DC fragile e disattenta e un Pci egemone e monolitico. La parabola che negli anni Novanta e primi Duemila vede una politica disorientata ritrarsi e affidare a corpi intermedi – come la Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura – il ruolo propulsore in quella che è stata appunto una ‘lunga supplenza’ ovvero quel ruolo di snodo e di cerniera fra politica e cultura”. Ma il libro non è solo analisi storica e sociale. E’ soprattutto racconto. Che si dipana, attraverso le vicende di una lunga carriera poltica, nazionale internazionale e piemontese, fra decine di eventi restati nella memoria collettiva e i numerosi incontri con i grandi personaggi della Storia più recente che hanno profondamente segnato un’epoca e la vita stessa di Picchioni: da giovane democristiano emergente nella Torino della Fiat di Vittorio Valletta ad assessore provinciale all’Istruzione e alla Cultura negli anni della grande immigrazione, da presidente del “Teatro Stabile” a deputato e vice-responsabile nazionale “Cultura” per lo Scudo Crociato. Fino a diventare capogruppo Dc e poi presidente del Consiglio Regionale del Piemonte, dove diede vita agli Stati Generali, e vicesindaco di Chivasso. Per non dimenticare il ruolo di direttore esecutivo del “World Political Forum” che portò in Piemonte i grandi della terra. E tante ovviamente, le personalità incontrate durante il suo cammino professionale e citate nel libro. Le più significative: Mikhail Gorbačëv, Papa Giovanni Paolo II, re Juan Carlos, gli scrittori Amos Oz e Javier Cercas, Giulio Andreotti, Vittorio Sgarbi, Franco Zeffirelli, il generale Jaruzelski e Lech Walesa. Senza dimenticare l’incontro nel 1981 con l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini che Rolando Picchioni portò in visita alla Reggia di Venaria ancora in rovina convincendolo a recuperarla. Dietro, la narrazione di “tanta vita vissuta, che offre materiali e prospettive inedite a vicende che paiono ben lontane dall’aver scritto l’ultima pagina”.