Rubriche- Pagina 74

Draghi, serve un cambio di passo

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Ci sono ragioni politiche che ci inducono alla benevola cautela nei confronti del Governo Draghi perché esso ci ha liberato da Conte e dal governo giallo-rosso. 

Ciò premesso, sarebbe intellettualmente disonesto non evidenziare che sul tema cruciale della pandemia nulla è  cambiato e che Draghi segue la stessa linea infruttuosa di Conte . Già la riconferma di Speranza ministro della Salute,  espressione di un partitino di poche unità di parlamentari e quindi assolutamente non determinante per la maggioranza, era un cattivo presagio. Ma il discorso fatto ieri davanti alle Camere non dal premier, ma dal suo ministro, rivela una continuità di metodi che allarma. Draghi segue pedissequamente Conte? Il discorso di ieri ci porta a pensare di sì. Eppure la politica di un anno si è rivelata fallimentare sotto tutti i profili . Il Paese potrebbe non reggere una clima da arresti domiciliari che sta provocando gravi guasti alla vita degli Italiani. Draghi si è presentato come la novità. Anche sui vaccini non si vede discontinuità. Tutta la politica dei vaccini va reinventata e Arcuri, per i gravi errori commessi ,va allontanato. Draghi rischia la sua immagine,  se continua a sovrapporre la sua con quella politicamente squalificata di Speranza,responsabile fin dall’inizio della pandemia di errori gravissimi . Draghi deve dare un segnale forte di cambio di passo e identificarsi con Speranza e’ l’esatto opposto di ciò che dovrebbe fare.  E’ persona troppo intelligente è accorta per non coglierlo . Allora viene d’obbligo domandarsi chi protegge occultamente Speranza a cui gli italiani non possono continuare a dare fiducia.  E’ in gioco la nostra vita. E con la vita dei cittadini i politicanti non possono scherzare impunemente. Può suscitare un incendio di rivolta indomabile che travolge tutto il sistema politico e i suoi esponenti.

Gozzini e la vulgata comunista

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Molti hanno centrato l’attenzione sull’offesa all’on.Meloni, che, poco abituata ad usare un linguaggio controllato, forse, come ha detto il prof.Gozzini, ha poca confidenza con i libri.

Gozzini ha detto che non ne ha mai letto uno,sicuramente esagerando. Anch’io ho solidarizzato con Meloni soprattutto come donna insultata pesantemente,pur avendo verso di lei una scarsa considerazione. Lo hanno fatto in molti ,anche il Presidente Mattarella .Chi non lo ha fatto si è rivelato un becero e, se donna, persona spregevole. Val la pena di tornare, a bocce ferme, sul prof. Giovanni Gozzini, figlio del senatore comunista legato al sinistrume fiorentino catto – comunista di La Pira e di padre Balducci, sfociato nel Pci. Gozzini padre e’ passato alla storia per una legge sui carcerati, carica di utopie e di forme demagogiche e dannose. Il figlio non credo passerà alla storia per gli insulti alla Meloni. E’ uno storico contemporaneista di stretta osservanza marxista come molti docenti senesi e non solo ed è stato allievo a Firenze di Ernesto Ragionieri, un capo -scuola che oggi rivela i cascami ideologici della sua opera ormai tramontata. Anche a Torino attorno a Tranfaglia in tempi successivi si formò qualcosa del genere. Come  tutti o quasi i marxisti Gozzini è convinto di una sua superiorità morale assoluta rispetto ai comuni mortali, un po’ come, Eco quando giudicava con parole offensive gli elettori di Berlusconi o altri che non meritano di essere citati, che ironizzarono sulla statura di Brunetta.
Loro sono perfetti anche fisicamente oltre ad essere dotati di un‘ intelligenza superiore. Ma soprattutto si ritengono moralmente esseri superiori e quindi autorizzati a giudicare chi non appartiene alla cellula. E’ ilsolito professore con i jeans o i pantaloni di velluto e con magliomcino e camicia aperta, che rifiuta anche solo l’idea della cravatta come un simbolo borghese.deprecabile. Non escludo che anche nelle sue lezioni porti il discorso sulla politica e sui suoi avversari, gratificandoli secondo un odio antico che viene da lontano. Dei comunisti non ha certo lo stile che aveva Amendola o anche Togliatti che pure con Gide andò giu’ con mano pesante, definendolo un “pederasta degenerato“ e non esito’ a ricorrere in altri casi anche lui alla volgarità, pur essendo il “migliore“. L’opera storica di Gozzini è modesta, anche perché ha fatto l’assessore in Toscana ed ha privilegiato l’impegno politico a quello scientifico per molti anni. E’ stato persino direttore con nomina politica del Gabinetto Vessieux di Firenze , il tempio della cultura borghese dell’ 800, quello che fu diretto tra gli altri da Montale. Quest’anno ha partecipato anche lui alle messe cantate per il centenario del Pci.
Detto tutto questo, lo ritengo una persona non al di sotto di molti docenti universitari italiani, anzi forse un po’ di sopra. Da vero toscano ama il linguaggio a volte scurrile, magari per sentirsi vicini al popolo, malgrado appartenga ad un pa élite privilegiata anche famigliarmente.
Ma il problema vero e’ che certe facoltà non possono continuare ad essere un’ enclave rossa. E’ un diritto che hanno gli studenti quello di poter sentire anche altre voci e non sempre la stessa vulgata che parte da Gramsci e giunge a Gozzini che certamente non è il nuovo Gramsci.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Lura Goria

 

Isabel Allende “Donne dell’anima mia”  -Feltrinelli-   euro 15,00

C’è la storia della sua vita in questa sorta di memoir in cui la scrittrice cilena si mette a nudo e ripercorre le tappe fondamentali della sua esistenza  -privata e professionale- raccontata con la verve prodigiosa e l’entusiasmo che sono tra le cifre più affascinanti della sua personalità.

Parte dall’infanzia, trascorsa in un rigido regime patriarcale.

Nel 1942 la madre Panchita viene abbandonata in Perù dal marito. Si ritrova sola con tre figli piccoli e si rifugia dai genitori in Cile. Così Isabel cresce, per i primi 8 anni della sua lunga vita, col nonno Agústin, per il quale esistevano sacrificio, disciplina e responsabilità. Un nonno inflessibile che lei adorava e che le fornì le armi per non dover mai dipendere dagli altri.

Poi una tranche di vita con lo zio Ramón, console in Libano; nel 1958 una crisi politica e religiosa che minaccia di esplodere in guerra civile e lei a 16 anni torna in Cile dal nonno, mentre i  suoi fratelli entrano all’accademia militare di Santiago.

In 174 pagine la Allende concentra le tappe fondamentali  della sua notevole esistenza: le sue rivendicazioni femministe fin dai tempi dell’asilo, i suoi amori e la convivenza con il terzo marito. Mentre le donne più importanti sono state la madre e la figlia Paula, morta a 29 anni per una malattia rara (tragedia che ha raccontato nel libro “Paula” del 1994).

E non mancano pagine piene di fervore in cui l’innato istinto di ribellione l’ha portata a schierarsi sempre a fianco degli emarginati e dei più deboli.

Un libro magnifico che racchiude molto altro e ci permette di conoscere ancora più a fondo questa splendida scrittrice.

 

Rebecca West  “Quel prodigio di Harriet Hume”   – Fazi Editore-   euro  18,00

Rebecca West è l’autrice della fortunata trilogia degli Aubrey, ed ora Fazi ha pubblicato questo romanzo in cui protagonista è la giovane Harriet Hume, bellissima e talentuosa pianista senza il becco di un quattrino. Personaggio affascinante, fuori dall’ordinario, sospesa tra femminilità a iosa, stravaganza, un tocco di misticismo, e con la sorprendente capacità di leggere nell’animo dell’amato.

Lui è Arnold Condorex, spregiudicato uomo politico, schiavo di un matrimonio di convenienza e irresistibilmente attratto da Harriet.

I due sono diversi e opposti in tutto; lui è decisamente più banale e ordinario, schiavo delle convenzioni, arrampicatore sociale che cerca di smarcarsi in ogni modo dai suoi modesti natali.

Per lui Harriet è una calamita e, tra alti e bassi, una costante della sua vita.

Lei gli legge dentro senza mai giudicarlo o accusarlo, nonostante i suoi intrighi e maneggi, e protegge sempre il loro amore.

Dopo averla scaricata malamente, 6 anni dopo si ritrovano quando lui è diventato un uomo di successo, ma infarcito di mediocrità; mentre lei sprigiona una voglia di vivere e una radiosità sempre più prodigiose….a voi scoprire cosa succederà tra i due.

 

 

Alessia Gazzola  “Costanza e  i buoni propositi”   -Longanesi.   euro 18,60

Questo è il secondo romanzo della scrittrice messinese in cui protagonista non è più l’anatomopatologa Alice Allevi (che tanto abbiamo amato anche nella fiction tv interpretata da Alessandra Mastronardi), bensì una nuova accattivante eroina che abbiamo conosciuto nel precedente romanzo  “Questione di Costanza”.

E’ la 30enne Costanza Macallè: sfavillanti capelli rossi, una specializzazione in anatomia patologica, sogna di lavorare in Inghilterra, ma intanto svolge un lavoro, che le sembra di ripiego, a Verona. E’ li che si è trasferita a vivere con la sorella Antonietta.

Ma la sua vita ha un valore aggiunto: è la piccola Flora che Costanza ha avuto dopo uno scivolone con un certo Marco di cui non ha più saputo nulla e al quale non ha svelato l’esistenza della figlioletta che si sta crescendo da sola.

Costanza a Verona ha ottenuto un assegno di ricerca per un anno presso un Istituto di Paleopatologia, disciplina che nasce dalla medicina ma interseca anche l’archeologia e l’antropologia.

Nel primo dei due libri  leggiamo non solo le tappe del nuovo lavoro di Costanza ma anche come riesce a rintracciare Marco e rivelargli che ha una figlia di 3 anni.

 

In “Costanza e  i buoni propositi”  seguiamo le fasi di riavvicinamento a Marco che vuole riconoscere la piccola Flora, anche se sta per sposarsi con la fidanzata storica, che sembra aver preso abbastanza bene l’inaspettata paternità.

Pagine di vita privata intercalate dalla vicenda professionale che vede Costanza coinvolta nella risoluzione di un caso risalente al 1300: tutto a partire dal ritrovamento della sepoltura di due giovani donne che hanno avuto un destino tragico.

E visto che la Gazzola si riconferma abilissima nell’alternare realtà privata e professionale della sua eroina, vi troverete a tifare per la paleopatologa Costanza, così come vi siete affezionati al personaggio di Alice Allevi.

Il “cattivo maestro” Umberto Eco

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni   Sono passati 5 anni dalla morte di Umberto Eco di cui scrissi un ricordo quando morì che, riletto oggi, mi appare troppo elogiativo. D’altra parte ne scrivevo in morte e dovevo contenere lo spirito critico anche per rispetto a comuni amici che avrei potuto ferire.

Oggi a cinque anni di distanza mi sento più libero e soprattutto dopo aver letto le agiografie pubblicate in questi giorni mi sento in dovere di bilanciare il discorso con una critica più  severa. Eco è stato sicuramente un grande personaggio e uno scrittore di successo , anche se la sua opera è quasi scomparsa dalle librerie, se escludiamo quello che viene considerato il capolavoro : Il nome della rosa.   Quel romanzo ebbe un grande successo perché un film lo “volgarizzo’“ presso un pubblico ampio forse non in grado di capire almeno una parte del libro.  

Oggi Eco appare soprattutto il profeta di una società sessantottina a  cui lui ha dato una certa dignità culturale: egli infatti  intese far tabula rasa della nostra tradizione culturale, di quelli che un tempo si chiamavano i buoni costumi, la meritocrazia, lo studio del latino , il  Cuore di De Amicis, vedendo in Franti l’anticipatore ideale dell’anarchico Gaetano Bresci che assassino’ il re Umberto I a Monza. Firmo’  il vergognoso manifesto contro il commissario Luigi Calabresi che armò la mano dei suoi sicari , esponenti di Lotta Continua istigati da Sofri. Sui giornali di Scalfari e De Benedetti prosegui’ quell’opera propagandistica iniziata sull’”Unità” da Togliatti volta ad egemonizzare la cultura, comprimendo  la libertà di espressione, magari ricorrendo al sarcasmo che disprezza e rifiuta ogni posizione che non collimi con le superiori  direttive dell’ Ideologia. Scrittori come Prezzolini, Zolla, Guareschi, Pound  per lui sono degni di essere messi nel cestino, visto che il rogo ricorderebbe troppo  il Medio Evo. Filosofi come Croce, Gentile e persino  Abbagnano  per Eco sono dei “cani morti” degni di oblìo. Il valore della religione viene considerato insignificante ed i valori morali dei luoghi comuni da calpestare. L’unico valore “eterno” è l’antifascismo, dimostrando  in questo modo una sostanziale incapacità di storicizzare il passato recente e di capire che nella storia umana non c’è nulla di eterno. C’ è chi lo ha definito anche un filosofo, ma in effetti è stato un ideologo piuttosto fazioso, in un  tempo in cui si incominciava a vedere  con una certa evidenza la crisi delle ideologie. Un ideologo sostanzialmente comunista , malgrado si ammantasse di anticonformismo e usasse battute  a volte spiritose e dissacranti che mascheravano la sua vera natura. Cosa rimane vivo di lui ? Molto poco , se escludiamo il romanzo  che fece del semiologo di Bologna una star letteraria . All’ Università contribuì a creare il  DAMS , una sorta di Facoltà ludica quasi del tutto inutile che ovviamente ebbe grande successo e sforno ‘ laureati destinati alla disoccupazione . Oggi la semiologia è morta e di conseguenza anche il suo maestro italiano ha subìto un netto ridimensionamento nella comunità scientifica . Pur avendo contribuito a dar forza al ’68 e alla distruzione della scuola , ad un certo punto si accorse che gli studenti non erano più in grado di scrivere una tesi di laurea e scrisse un curioso libretto in cui insegnava con umiltà  a compilare un lavoro di ricerca  che gli studenti presessantottini erano in grado di affrontare autonomamente. Un contrappasso che deve far riflettere sui cattivi maestri che hanno imperversato in Italia e di cui Eco è sicuramente uno dei più illustri. Nella sua Alessandria continuano a considerarlo un mito locale , un  gigante del pensiero, ma questa valutazione, forse,  non arriva neppure a Casale Monferrato.

Scrivere a quaglieni@gmail.com

Garage rock USA 1966. Discografia minore (parte 1.)

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60/ Il 1966 fu “annus mirabilis” del rock americano anni ‘60, l’incrocio tra influsso della “British Invasion”, forme di garage crudo precorritrici del punk (“protopunk”) e una lenta evoluzione (dalla seconda metà dell’anno) verso i primi pionierismi psichedelici.

 

In buona sostanza un crogiolo di novità e un’ondata musicale che coinvolse tantissimi giovani statunitensi negli anni tra la “high school” ed il “college”. Si apre qui una discografia a puntate che andrà a sondare tutta quell’area del rock USA “minore” composto da bands ed etichette “meteora”, di quel garage rock di nicchia ingiustamente dimenticato ma fortunatamente riemerso nella storia a partire dagli anni ‘80, in primis grazie alle raccolte “Nuggets” e “Pebbles”:

– The Tigermen “Close That Door / Love Me Girl” (Buff Records Inc. B-1005);
– The Snaps “The Voice / Polka Dotted Eyes” (East Coast Records C-1002-X/C-1023-Z);
– The Heard “Laugh With The Wind / Stop It Baby” (Audition Recording 6107);
– The Dominions “Spanish Harlem / I Need Her” (Graves Recording Service GRS-1091);
– The Oceans “She’s Gone / Abilene” (Pla Me Records 804B-1090);
– The Benders “Can’t Tame Me / Got Me Down” (Big Sound 306/815N-3006);
– The Enfields “She Already Has Somebody / I’m For Things You Do” (Richie RI-670);
– Dirty Wurds “Why / Takin’ My Blues Away” (Marina Records 502);
– The Oscar Five “I Won’t Be Your Fool / How I Love You So” (D&C Records DC 24 / L-171);
– Gonn “Blackout Of Gretely / Pain In My Heart” (Emir Records SS-9217-01);
– The Bacardis “This Time / Don’t Sell Yourself” (Midgard Records 844M-2003);
– The New Fugitives “That’s Queer / She’s My Baby” (Glo Records 5241);
– The Illusions “Wait Till The Summer / City Of People” (Michelle Records M-001);
– The Warlocks “Secret Agent Man / Beware” (WR 4548);
– The Embermen Five “Fire In My Heart / Without Your Love” (Studio City Records SC 1053);
– The Amberjacks “Hey Eriq! / Blue Jaunte” (Migliore CR727661-2);
– The Tree Stumps “Listen To Love / Jennie Lee” (Record-Records Inc. 20013);
– The Intruders “I’ll Go On / That’s The Way” (Marlo Records 1545);
– Dee & Tee “Something’s Comin’ / When The Cold Winds Blow” (Coral 62507);
– The Swinging Machine “Comin’ On Back Home / Do You Have To Ask” (S.P.Q.R. 1001);
– Rockin’ Gibraltars “Signed, Sealed And Delivered / Go With Me” (Morgan Records HV-9040);
– Mike’s Messengers “Gone And Left Me / Cause Of All Man-Kind” (El-Ez-De ZTSP 122579-80);
– The Stone Cutters “Mister, You’re A Better Man Than I / Fellow Slave” (Shurfine 022);
– Kit and The Outlaws “Midnight Hour / Don’t Tread On Me” (Blacknight BK-902).

(… to be continued…)

Gian Marchisio

L’indifferenza morale nei confronti dell’aborto

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Ieri sera ho visto un giallo non entusiasmante in Tv, talmente poco entusiasmante che la mia attenzione si è spostata su un elemento del tutto marginale del film: un aborto della giovane figlia della commissaria di polizia, affrontato con una indifferenza morale che mi ha turbato: l’ aborto in sostanza visto come la cosa più normale del mondo, una sorta di contraccettivo a cui ricorrere per correggere gli effetti di una distrazione precedente.

Non voglio sollevare vespai di polemiche perché l’aborto può ancora essere usato come una clava tra credenti e non credenti. Ma voglio invece evidenziare che non è un tema che possa eludere a priori la riflessione morale. E allora mi è tornato alla mente uno dei maestri più cari che ritengo davvero decisivi per la mia formazione:  Norberto Bobbio . Il filosofo che viene considerato il papa laico della cultura italiana del secondo ‘900 come lo fu Croce nella prima metà del secolo scorso , nel 1981 alla vigilia del referendum sulla legge 194 che legalizzo ‘in Italia l’aborto , nel corso di una intervista, ebbe il coraggio di andare controcorrente rispetto a tutto il fronte laico e sollevo’ delle perplessità che mi fecero riflettere e mi portarono a votare in modo diverso da quello che ritenevo, anche se non ebbi mai il coraggio di dichiararlo pubblicamente e questo resta un mio rimorso e un mio atto di viltà . Illuminante fu un lungo colloquio con il filosofo che ebbi sotto casa sua, quando lo stavo riaccompagnando in macchina a casa dopo una conferenza .

Bobbio dopo aver detto che ci si trovava di fronte ad un problema “molto difficile“ perché c’era un conflitto di diritti e di doveri , ribadiva il diritto
fondamentale del concepito, “quel diritto alla nascita sul quale non si può transigere “. Ed ancora : “ Si può parlare di depenalizzazione dell’aborto , ma non si può essere moralmente indifferenti di fronte all’aborto“. Se penso alle posizioni di Emma Bonino e di tutto il movimento femminista di allora devo invece rilevare una sostanziale indifferenza morale di fronte al problema in base allo slogan che il corpo della donna e’ soltanto della donna. Una frase che e’ sicuramente in parte vera, ma non totalmente. Pochi sostenitori della legge 194 riconobbero che abortire rappresentava comunque una tragedia innanzi tutto per la donna. Il Partito comunista ebbe questa posizione che ben si inscerisce nella storia di quel partito La stessa legge 194 ,se applicata interamente,  non era e non è una legge solo abortista ma che prevede interventi preventivi .
Bobbio non invocava ragionamenti religiosi, ma si richiamava ad un’etica esclusivamente laica .
Certo il problema è molto complesso e riguarda anche la mancanza di un’educazione sessuale in primis famigliare e il rigore della Chiesa contro i contraccettivi ribadito da Paolo VI nell’enciclica “Humanae vitae”.
Non mi permetto di dare giudizi, ritengo, ad esempio, che la battaglia di Giuliano Ferrara del 2008 sull’aborto sia stata una farsa un po’ grottesca imbastita su un problema molto serio sul quale l’ultima parola tocca alla donna. Ma certo l’indifferentismo morale dei tempi che viviamo, non è neppure accettabile. Su certe scelte va sempre rispettato il pensiero di tutti che è poi un caposaldo del pensiero laico, almeno di quello di matrice liberale. Ma l’indifferenza disinvolta di fronte alla vita non è facilmente accettabile.  E questo a prescindere da valutazioni religiose che ciascuno di noi, nell’intimo della sua coscienza, può più o meno accogliere.

È mancata Wilma, la vedova di Aldo Viglione

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

E’ un grande dolore la scomparsa della professoressa Wilma Beano, vedova del presidente della Regione Aldo Viglione. Aveva 97 anni

Si sono celebrati i funerali ieri. Era una donna semplice e forte, colta e sensibile che amava l’amicizia vera e sincera . Ho condiviso un percorso bello di vita insieme al Centro Pannunzio di cui Aldo fu dirigente e lei socia per molti anni. Amava viaggiare e condividemmo anche uno straordinario viaggio sui luoghi della Grande Guerra, a Redipuglia si commosse al mio discorso. Alla Risiera di San Sabba e alla foiba di Basovizza condividemmo il pianto. Era il 25 aprile volle che ricordassi la data e io parlai anche di Aldo , partigiano autonomo ( e non giellista ) in valle Pesio dove sboccio‘ il loro amore. Fu un momento toccante per tutti i presenti .
Con l’amico Giovanni Maria Ferraris presidente del Consiglio comunale di Torino e Stefano Morelli che è stato nel Gabinetto di più sindaci di Torino, volevamo ricordare con una lapide, approvata da Comune e Prefettura, Aldo sui muri di Palazzo Lascaris in via Alfieri,  ma meschinità di politici e ottusità di burocrati lo impedirono. Soffri’ perché questo sfregio alla memoria del più grande presidente della Regione caduto nell’adempimento del suo mandato in un incidente d’auto il
3 dicembre 1988 fu davvero un atto poco edificante , per non dire infame. Seppe vivere nel ricordo dello straordinario marito e padre dei suoi due figli, il
medico Giancarlo e l’avvocato Vittorio che ha proseguito nello studio del padre, ma ebbe un’identità tutta sua.  Era stata una docente appassionata di letteratura italiana e latina di
grande livello intellettuale anche se mai esibito. Vale per lei il rovesciamento del detto che dietro ad un grande uomo c’è’ sempre una grande donna. L’ultima volta che la vidi fu in Comune a Torino quando venne in Sala Rossa per un ricordo del comune amico Mario Soldati. Con lei si perde l’ultima nobile traccia di quel socialismo
fatto di grandi ideali disinteressati e di forti passioni. Un mondo scomparso con la morte di Aldo e che lei continuava con dignità e coraggio a rappresentare. E’ sepolta a Morozzo
a fianco ad Aldo. Andrò a rendere omaggio ai miei due grandi amici che hanno rappresentato un motivo ispiratore della mia vita. E’ motivo di orgoglio averli conosciuti. Erano
anime lunghe che ti restano imprigionate nel cuore oltre che nel ricordo.

Le donne e il governo Draghi

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Che il Governo Draghi sia nato con una presenza di donne abbastanza marginale e che tutti i partiti di sinistra – a parole fortemente femministi – abbiano espresso solo ministri uomini, resta un fatto abbastanza curioso . In un Governo lottizzato dai partiti questa responsabilità ricadrebbe quasi interamente sui partiti ,ma in un governo “di alto profilo“  istituzionale che affida al Presidente del Consiglio la proposta dei nomi dei Ministri da sottoporre al Capo dello Stato, risulta difficile incominciare subito con l’attaccare Draghi e lo stesso Mattarella,attribuendo loro scelte maschiliste. Così gli strali si sono rivolti contro i segretari dei partiti che non avrebbero inserito nelle rose di nomi da sottoporre a Draghi delle donne .Zingaretti è stato oggetto di violenti attacchi da parte delle donne escluse e di esponenti femministe di area. E qui ritorna il vecchio discorso delle quote rosa che, applicato al Governo, appare una vera follia in quanto la competenza deve  assolutamente prevalere sulle questioni di genere. Ad esempio, la Ministra delle infrastrutture uscente del Pd ha dimostrato in modo clamoroso una evidente incapacità come tanti colleghi maschi. Un Governo di emergenza nazionale – a meno di essere faziosi o addirittura stupidi  – non può seguire se non criteri di competenza. Ma non va ignorato che esistono donne in politica di buon livello o tecniche di area molto qualificate.

Diventa credibile l’accusa di un accaparramento di posti da parte dei politici maschi, molti dei quali sicuramente non sono eccellenti. Franceschini e Orlando sono politici mediocri che certo non hanno mai  brillato come Ministri, per non parlare di Speranza che andava rispedito a casa d’ufficio. L ’esclusione delle donne del Pd dal Governo ha ridato voce persino a Rosy Bindi che non fa più parte del Partito, malgrado sia stata due volte  Ministro. E’ ricomparsa persino l’ex Ministra Livia Turco a dar man forte alla protesta. Anche la Turco non fu entusiasmante come ministro, anzi ministra, come diceva lei. Restano i posti di viceministro e di sottosegretario che potrebbero compensare le politiche rimaste fuori, ma resta anche, a maggior ragione, la discriminazione. Alle donne solo seconde e terze file. L’argomento è esploso e si è quasi subito sopito. Rimane il problema della parità di genere  che rappresenta uno dei punti essenziali della democrazia perché trova fondamento nell’articolo 3 della Costituzione .

La vicenda rivela un persistente maschilismo proprio in quella parte politica che a parole condanna ogni discriminazione contro le donne.
Qui la pandemia e la crisi economica non c’entrano, c’entra  invece una scelta irreversibile di democrazia e direi anche di civiltà che non può essere elusa dal manuale Cencelli.Anche questo è un segno del degrado di una classe politica fatta di nominati e non di eletti .
La parità uomo- donna ad ogni livello è un qualcosa che le democrazie non possono ignorare e i capi politici  non dovrebbero mai calpestare in modo così vistoso. Non c’è bisogno di essere femministi, per cogliere il grave errore commesso ,a meno di voler sostenere ,dicendo il falso ,che non esistono donne competenti.Berlusconi su tre posti disponibili ha indicato  due donne. Non entro nel merito di quelle scelte, ma sicuramente si tratta di donne ,anche se indossano sempre i pantaloni  ….

Se si vuole storicizzare, va però detto che tutti i governi della seconda Repubblica, salvo il governo Renzi,hanno avuto una media abbastanza ridotta di donne . Un problema che si trascina da tempo, anzi da quando esiste la Repubblica. La parità o addirittura l’eguaglianza aleggia nei discorsi, ma stenta ad essere praticata e la proposta delle “quote rosa“ non è decollata perché è un’offesa  grave all’intelligenza delle donne oltre che al buon senso.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Simonetta Agnello Hornby  “Piano nobile”  -Feltrinelli- 

E’ il seguito di “Caffè amaro”, primo capitolo di una memorabile saga familiare, che nel progetto della scrittrice siciliana si snoderà in una trilogia.

Siamo a Palermo nel 1942, il barone Enrico Sorci è sul letto di morte, mentre in sala da pranzo è riunita la sua numerosa famiglia. Nelle ultime ore che gli restano scorre all’indietro la sua vita, i suoi affetti, le sue mancanze -soprattutto verso la moglie sottomessa e devota che ha trascurato e tradito più volte- …..e riavvolge anche la storia della sua casata.

Una famiglia di ricchi proprietari terrieri sul viale del tramonto, tra anni 40 e 50, tra la fine della guerra e del fascismo, l’arrivo degli americani e l’alzare la testa della mafia.

Il romanzo ruota intorno al piano nobile, quello che nelle ricche famiglie siciliane racchiudeva saloni, cucina e appartamenti del capofamiglia. E’ lì che il barone riuniva a tavola figli, nuore, generi e nipoti, dopo aver fatto smontare tutte le cucine degli appartamenti dei suoi eredi. Una tradizione che contribuisce a tenere uniti i vari nuclei, anche a dispetto di torti, offese, pettegolezzi, tradimenti, segreti, rancori e gelosie.

Il romanzo è un portentoso affresco familiare in cui i vari protagonisti prendono la parola uno alla volta.

Il primogenito Cola è destinato a succedere al padre, ed è bloccato nell’infelice matrimonio con Margherita che tradisce con la cognata Laura, moglie del fratello mezzo pazzo Andrea (che ama picchiarla e umiliarla). Sarà lei il grande amore della vita di Cola e dalla loro liaison nasce il sensibile Carlino: mal sopportato dai fratelli, adorato dalla madre e dal padre che accettano la sua omosessualità.

Di volta in volta prendono poi la parola altri familiari, tra i quali spicca il figlio bastardo che Enrico aveva concepito con una cameriera e mai riconosciuto. E’ il misterioso Peppe Vallo che, dopo aver fatto fortuna in America, torna a Palermo e spia a distanza i Sorci.

La Agnello Hornby si è ispirata a racconti della sua famiglia e a carte ritrovate nella casa avita siciliana, il resto l’hanno fatto la sua fantasia e un’ avvolgente bravura e… curiosità… la foto in copertina è quella della sua mitica nonna Maria.

 

Christopher Bollen  “Un  crimine bellissimo”  -Bollati Boringhieri-  euro  19,00

Lo scrittore 45enne nato a Cincinnati (Ohio, Stati Uniti) dopo lo strepitoso successo del precedente “Orient”, torna con un romanzo legato al mondo dell’arte, ambientato tra New York e Venezia.

La storia è intrigante e ruota intorno a una frode e a due protagonisti in fuga dal loro passato, alla ricerca di un modo facile e veloce per arricchirsi e vivere al top.

Nick Brink è giovane, affascinante, bello, ha avuto un’infanzia avvilente nella profonda provincia americana «.. a 18 anni non ha niente da perdere e pochissimo che gli sarebbe dispiaciuto lasciare». Da 16 mesi è l’amante, o meglio una sorta di toy boy del ricco antiquario Ari che ha 20 anni più di lui ed è protagonista della New York che conta. Insieme vanno alla commemorazione funebre di un loro cliente blasonato, l’anziano Freddy van der Haar, discendente di una delle più antiche famiglie olandesi della Big Apple, morto ufficialmente di overdose, ma in realtà di Aids.

Il suo ultimo compagno è stato Clay Guillory, snello e atletico giovane di colore nato nel Bronx, che ha praticamente fatto da infermiere all’amante; ma si vocifera che l’abbia ammazzato per entrare in possesso della sua eredità.

E’ sul sagrato della chiesa che il destino di Nick inciampa in quello di Clay, e da quel momento le loro vite svoltano.

Nick lascia Ari e plana a Venezia per incontrare Clay che vive nella porzione di palazzo sul Canal Grande ereditata da Freddy. Ma la tanto favoleggiata eredità non esiste: anzi  van der Haar era morto lasciandosi dietro una scia di debiti pesanti come macigni.

Ed ecco che Nick e Clay ordiscono un piano ben congegnato per vendere a un ricco americano gli ultimi esemplari di argenteria coloniale americana ereditati da Freddy, bellissimi…ma clamorosamente falsi.

Il papabile acquirente è Richard Forsyth West, viscido e avido miliardario, che vive a Venezia nella metà più bella di Palazzo Contarini, acquistata proprio da Freddi anni addietro.

Ma West è anche il fasullo personaggio che in passato aveva subdolamente sabotato Clay, mentre partecipava a un prestigioso stage presso la Guggenheim Collection a Venezia e sognava di far carriera proprio in quel museo.

La trama scorre veloce, intervallata da flash back che ricostruiscono il passato dei protagonisti e aiutano a delinearne le  personalità.

Perché questo non è semplicemente il solito thriller, ma parla anche di omosessualità, amore, fedeltà e tradimenti, salite e discese di diverse classi sociali e razza.

 

Simone De Beauvoir  “Le inseparabili”    -Ponte Alle Grazie –  euro 15,00

Questo testo è stato scritto dalla De Beavoir nel 1954, ed è rimasto inedito fino ad oggi. E’ il racconto dell’amicizia-innamoramento tra la scrittrice e pensatrice (tra le più influenti  del 900 e compagna di Sartre) ed Elisabeth Lacoin, detta Zaza.

Ma è anche la denuncia di uno stereotipo dell’immagine e del ruolo della donna nella società perbenista e borghese del secolo scorso.

Il loro legame nasce quando si incontrano sui banchi di scuola; nel romanzo Simone è la timida Sylvie di 9 anni, mentre Zaza è la ribelle e brillante Andrée di 10. Siamo nella Parigi degli anni 20 e le due ragazzine sono di buona famiglia, religiose, amanti  della lettura, sottomesse, infelici ribelli, si contendono il podio di prime della classe e diventano inseparabili. Studiano insieme e si affacciano alla vita, forti anche del loro legame; non fatevi ingannare dal fatto che tra loro si danno del voi, perché così era in uso all’epoca nella buona società francese, cattolica e tradizionalista.

Zaza/Andrée appartiene a una famiglia molto benestante, sorvegliata a vista da una madre che ripete lo schema asfissiante in cui è stata cresciuta …e quello che è un privilegio sociale e culturale finisce per trasformarsi in una trappola che tarpa le ali ad Andrée.

Tra le due quella che cova il sentimento più travolgente, quasi un innamoramento, è Sylvie, che diventa la testimone degli stati d’animo dell’amica, imprigionata dai genitori che la vorrebbero moglie devota di un uomo approvato da loro, madre a tutto tondo e zero interessi alternativi.

Andrée vive di sensi di colpa per l’amore che a 15 anni aveva nutrito per il coetaneo Bernard, baciato con trasporto, salvo sentirsi poi una peccatrice.

Non andrà molto meglio a 20 anni con il giovane Pascal che rifiuta il fidanzamento pur amandola. La storia non finisce bene perché poco prima dei 22 anni, nel 1929, Elisabeth/ Andrée muore stroncata da una malattia fulminante, e a Simone resta il compito di non lasciarla cadere nell’oblio. Ne racconta la storia dando la sua versione: «assassinata» dall’ambiente borghese in cui era cresciuta e che aveva sempre cercato di reprimere la sua unicità.

 

Mario Andreose  “Voglia di libri”   -La nave di Teseo-  euro 18,00

Mario Andreose è uno che di libri se ne intende parecchio essendo stato correttore di bozze, traduttore, redattore e direttore editoriale delle principali case editrici italiane, da il Saggiatore alla Mondadori, fino alla nuova avventura della Nave di Teseo della quale oggi presidente e tra i fondatori insieme a Elisabetta Sgarbi.

La sua è una vita intera trascorsa in mezzo ai libri, ha creato collane prestigiose e in queste pagine ripercorre momenti importanti della sua carriera, a fianco di autori ed editori di gran peso.

Tutto iniziò con il suo battesimo di fuoco come correttore di bozze, poi un percorso in cui ha inanellato cariche come direttore editoriale del Saggiatore, poi del Gruppo Fabbri e in seguito direttore letterario di RCS libri.

Nel suo racconto rivive gli incontri con figure straordinarie come  Alberto Mondadori,

Valentino Bompiani, Alberto Moravia, Leonardo Sciascia, Inge Feltrinelli ed altri protagonisti della scena letteraria.

A Umberto Eco è stato particolarmente legato da una collaborazione lunga 35 anni, nel corso della quale si è consolidata la loro amicizia. E’ a lui che dedica righe in cui rivela la sua “formidabile capacità di lavoro” e svela il processo creativo che ci ha regalato “Il nome della rosa”.

Andreose  ci regala anche i ritratti di grandi personaggi quali T.S.Eliot, Saul Bellow, i pittori-poeti Kandinskij, Klee e de Chirico; rintraccia esordi letterari italiani come quello di John Steinbeck; dedica pagine al genio Giacomo  Debenedetti e a Woody Allen.

Insomma, una mappatura e una preziosa galleria di ricordi e ritratti del dietro le quinte dell’editoria, che oggi sta cambiando incalzata dalla rivoluzione digitale.