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Mario Lattes cento anni dopo. Mostra alla Venaria Reale

La reggia ospita una mostra dedicata al noto editore torinese

 

La mostra intitolata “Mario Lattes. Teatri della memoria”, che apre al pubblico giovedì  30 marzo prossimo,  presenta una selezione di più  di una cinquantina di opere dell’intellettuale torinese, tra cui alcune mai esposte prima, allestite all’interno di un percorso che documenta un ampio e recente lavoro di indagine su questa figura e sulla sua attività artistica.

Acuto testimone delle vicende del suo secolo, Lattes interpreta le ambiguità presenti nel ruolo dell’artista,  ricevendone appieno i drammi e le  esaltazioni e filtrando inoltre le emozioni attraverso la sua personale visione della figurazione.

Mario Lattes nasceva a Torino cento anni fa, il 25 ottobre 1923. La sua è stata una figura piuttosto poliedrica di pittore, scrittore e intellettuale dalla variegata vivacità.

Originario di una famiglia ebraica, è stato un personaggio di spicco nel mondo culturale del secondo dopoguerra. Ebreo laico, uomo solitario e complesso, è stato un artista portatore di una vena di umorismo amaro e sarcastico, venato di pessimismo e nostalgia.

Durante il periodo bellico riuscì  a sfuggire alle leggi razziali, unendosi alle truppe alleate in qualità  di interprete.

Come artista partecipò all’Esposizione internazionale d’arte di Venezia nel 1958 e a tre edizioni della Quadriennale di Roma. Ha visto la luce nel 2015 la sua tesi di laurea dal titolo “Il ghetto di Varsavia”, pubblicata per la prima volta a 55 anni dalla sua stesura da Edizioni Cenobio, a cura del professor Giacomo Jori. Il libro è stato presentato in occasione della Giornata della Memoria  il 27 gennaio 2015 presso l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia.

Figura di spicco del Novecento italiano, con le sue opere e il suo dialogo costante con i massimi intellettuali del Paese, ha attraversato interamente il secolo breve.

La mostra alla Reggia di Venaria, curata da Vincenzo Gatti, ha ottenuto il sostegno della Regione Piemonte,  il patrocinio della Città di Torino e di Confindustria Cuneo, realizzata dalla Fondazione Bottari Lattes. Questa non è  la prima esposizione dedicata a Mario Lattes; una dal titolo “Mario Lattes tra pittura eletteratura” è stata allestita all’Istituto Italiano di Cultura di Praga nel 2014.

Già l’11 maggio del 2017 il Comune di Torino gli intitolava un’area  verde,  quella di piazza Maria Teresa, nel Borgo Nuovo.

La mostra rimarrà aperta dal 30 marzo al 7 maggio prossimo.

MARA MARTELLOTTA

Insalata russa classica per Pasqua

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Una golosa e colorata combinazione di verdure e maionese che porta in tavola l’allegria

Un classico per tutte le stagioni che non passera’ mai di moda: l’insalata russa, un antico e autentico sapore che rendera’ la vostra Pasqua davvero “speciale”. Una golosa e colorata combinazione di verdure e maionese che porta in tavola l’allegria, ideale per un giorno di festa.

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Ingredienti:

300gr. di patate

150gr. di carote

200gr. di piselli surgelati

1 uovo e 1 tuorlo ( a temperatura ambiente)

Olio di oliva gusto delicato

Succo di mezzo limone

50gr. di tonno sbriciolato

Sale q.b.

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Cuocere a vapore le verdure tagliate a dadini, lasciar raffreddare. Preparare la maionese. Mettere nel mixer l’uovo intero ed il tuorlo, azionare a bassa velocita’, aggiungere poco a poco l’olio a filo fino a quando la maionese inizia a montare, solo a questo punto aggiungere goccia a goccia il succo di limone filtrato e un pizzico di sale. In una ciotola schiacciare una parte delle patate e delle carote, aggiungere i piselli e mescolare il tutto con parte della maionese, aggiustare di sale, aggiungere il tonno sbriciolato, mescolare nuovamente e sistemare nel piatto di portata. Ricoprire con la maionese rimasta e guarnire a piacere. Serena Pasqua a tutti voi.

Paperita Patty

La meridiana che non segna l’ora

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Torino, bellezza, magia e mistero / Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume?

Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo  3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna lora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli



Articolo 4: La meridiana che non segna lora


Passeggiare per Torino è così, non sai mai che mistero puoi incontrare una volta girato langolo. Se siete per caso nei pressi di Palazzo Reale e svoltate verso sinistra vi ritroverete vicino al Duomo, il principale centro di culto cattolico della città, ma anche lennesimo edificio in cui si nasconde una leggenda da raccontare. Il fabbricato si trova nella zona storica di Torino, quasi adiacente al teatro romano dellantica Julia Augusta Taurinorum. Inizialmente nellarea si ergevano tre chiese paleocristiane, forse edificate sulla base di templi pagani preesistenti, e dedicate a San Salvatore, Santa Maria in Campo e San Giovanni Battista. Le tre chiese vennero demolite tra il 1490 e il 1492, al contrario della torre campanaria che, terminata nel 1469,  non venne minimamente toccata, e resta ancor oggi ben visibile a fianco del Duomo. Il 22 luglio 1491 Bianca di Monferrato, reggente di Casa Savoia, posò la prima pietra delledificio religioso, dedicato a San Giovanni, patrono della nostra città. La costruzione venne affidata ad Amedeo de Francisco da Settignano, il quale vi si dedicò fino alla morte, avvenuta nel 1501. Il Duomo fu completato nel 1505 e nello stesso anno, il 21 settembre, fu consacrato. Durante il Seicento venne portato avanti un progetto di ampliamento della struttura, in modo da creare un ambiente degno per la conservazione della Santa Sindone. Si iniziò con un progetto di Bernardino Quadri, basato su alcune correzioni che egli stesso aveva apportato agli studi precedenti di Carlo di Castellamonte. Tuttavia nel 1667 il compito di concludere ilavori venne affidato a Guarino Guarini, già attivo in molti altri cantieri piemontesi, tra cui la non lontana Chiesa di San Lorenzo. Ledificio si presentava allesterno maestoso ed imponente, allinterno, invece, sbalordiva i visitatori con i preziosi giochi cromatici dei marmi che da neri andavano via via schiarendosi verso lalto. Carlo Alberto I volle impreziosire ulteriormente la costruzione e ordinò a Luigi Cagna di eseguire una copia dellUltima Cena, da porre sulla controfacciata della chiesa, unico punto in cui era possibile ancorare unopera da 900 Kg. Anche il campanile, in forme romaniche, venne in seguito modificato, questa volta per volere di Vittorio Amedeo II, ad opera di Juvarra, che lo sopraelevò di ben 12 m, portando la torre campanaria ad unaltezza complessiva di 60 metri, nel 1720. Il Duomo oggi si mostra come una struttura rinascimentale inconfondibile nel panorama cittadino. Allesterno il bianco marmoreo della facciata principale risplende ai raggi del sole, e il gioco di luci e ombre che si crea rende ancora più visibili gli altri elementi architettonici lì presenti, quali i tre portoni, il timpano che sovrasta  lingresso mediano e le due volute laterali. Linterno, severo, è costruito su pianta a croce latina e diviso in tre navate, lunghe 40 metri, le due laterali di 5,80 m., quella centrale di 9,50 m.

Decorata ai lati da numerose cappelle, a cui lavorarono artisti di pregio, la cattedrale ospita nel transetto destro il grande organo a trasmissione meccanica costruito nel 1874, strumento che ne sostituisce un altro del 1741. Lelemento più discusso del complesso è la Cupola del Guarini, definita da costoloni che si intrecciano frantumando la superficie del soffitto e precisata dalla luce diffusa per mezzo di numerose finestre che emergono curiosamente all’esterno della struttura, dove il tamburo è recinto da una linea sinuosa che racchiude i finestroni. La mirabile opera venne pesantemente danneggiata dallincendio dell11 aprile 1997, ed è stata oggetto di un restauro ricostruttivo di particolare difficoltà; la riapertura al  pubblico risale al 27 settembre 2018. La maestosità delledificio del Duomo nasconde un dettaglio singolare: sulla parete destra -arrivando dalla Piazzetta Reale- appare una meridiana dallaspetto non comune. Si tratta di una meridiana zodiacale, meglio qualificata come planetaria. Essa appartiene alla piùantica concezione di meridiane, utilizzate già tempo addietro dai Babilonesi, dagli Ebrei e dagli Egizi. Questa tipologia di oggetti presenta al posto dei numeri i dodici segni astrologici, poiché la tradizione vuole che ad ognuna delle dodici ore corrisponda linfluenza di un pianeta. Anche laspetto della meridiana è piuttosto insolito, con il quadrante costituito da una croce: lasta verticale è una freccia che punta verso il basso, Capricorno-Cancro; lasta orizzontale congiunge Ariete e Bilancia. I segni ai vertici coincidono con linizio delle stagioni e ne determinano il ciclo: 21 marzo – Ariete; 21 giugno- Cancro; 23 settembre – Bilancia; 22 dicembre – Capricorno. Lasta centrale congiunge il Capricorno, segno di Gesù, con il suo ascendente, il Cancro. Lincrocio delle due assi rappresenta il Cristo, centro dellUniverso.

Tale meridiana zodiacale può anche essere intesa, in chiave esoterico-cristiana, come una sorta di talismano, formato dai quattro elementi da cui è nato tutto luniverso: la terra è il lino in cui è avvolto Gesù; laria è il tempo da lui impiegato per giungere fino a noi; lacqua sono i viaggi che egli ha dovuto compiere; il fuoco è la fiamma energetica della Resurrezione. Le due interpretazioni si sovrappongono e conferiscono una doppia energia alloggetto. Il talismano ha dunque sia forza intrinseca che estrinseca, infatti esso viene caricato dalla fede dei fedeli che venerano la Sindone, e si crea così uno scambio energetico in più direzioni, dallinterno verso lesterno e viceversa, ossia dalla Sindone verso Torino e dalla Sindone verso ciascun fedele. Tuttavia il discorso sui segni zodiacali non termina qui. Larchitetto Enrico Castiglioni (1914-2000), uno dei membri fondatori del CIDA, (Centro Italiano Discipline Astrologiche), intraprese uno studio secondo il quale ad ogni zona torinese sarebbe associato  un elemento zodiacale. Egli divise la mappa della città in una raggiera a dodici quadranti, con centro in piazza Castello, allo scopo di evidenziare il nesso tra la porzione di città selezionata nei vari spicchi, le attività che lì si svolgono e le persone che vi abitano, con le caratteristiche del segno zodiacale corrispondente. Ad esempio allAriete, che è il segno piùmaschile, collegato allelemento fuoco, che a sua volta rimanda a Marte, dio greco della guerra, corrisponde la zona di Madonna di Campagna, territorio caratterizzato dalla presenza di molte industrie metallurgiche. Ed ecco come continua lelenco: al Toro, segno di elevazione dellanima, è affine lasse di Corso Regina Margherita (dove c’è una moltitudine di chiese); ai Gemelli si accorda la zona che va da Corso Francia a Borgata Parella, area propizia per intellettuali, commercianti e occultisti; al Cancro fa riscontro il territorio di Borgo San Paolo; al Leone, segno di comando, spetta la Crocetta, dove sta la crème de la crème della città; la Vergine è in simmetria con  il settore di Porta Nuova, Corso Massimo fino agli ospedali; alla Bilancia soddisfa piazza Maria Teresa, verso Valsalice, luogo in cui è larte a farla da padrone; allo Scorpione, segno magico per eccellenza, aderiscono piazza Castello, via Po e la Gran Madre; al Sagittario compete la Mole Antonelliana; al Capricorno, segno che governa lAldilà, ben si adatta la zona dei cimiteri; all Acquario tocca  la Barriera di Milano: il segno è collegato alla speranza, e nel territorio le molte autostrade possono essere intese come frecce che puntano verso il destino; affine ai  Pesci è la  Falchera, là dove vivono assembramenti di persone semplici ma autentiche. Davanti allo zodiaco ci comportiamo tutti allo stesso modo, come di fronte alloroscopo, nessuno ci crede ma tutti lo leggiamo.

Alessia Cagnotto

La scoperta del capitano

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IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

 

Il capitano Cook nella seconda metà del ‘700 allargò la conoscenza del mondo. 

 Arruolandosi nella Royal Navy il suo obiettivo era non soltanto quello di viaggiare «…al di là di dove chiunque è andato prima, ma fin dove è possibile per un uomo andare». 

Fu il primo ad approdare, con la nave da ricerca Endeavour, in Australia e la pubblicazione dei suoi diari, dove raccontava i propri viaggi e le loro scoperte scientifiche, gli guadagnarono una enorme popolarità.

Durante il terzo dei suoi lunghi viaggi scoprì le Isole Sandwich, ora note come Hawaii.  

Quest’ultima esplorazione finì per costargli cara: dopo essere ripartito il mare in burrasca danneggiò gravemente l’albero di prua e, costretto a tornare all’isola, fu ucciso dagli indigeni inferociti per motivi ancora oggi non completamente chiariti. 

Dagli scritti del buon capitano si legge anche di un’altra, meno letale per lui, scoperta: “L’inflazione rende i ricchi ancora più ricchi e le masse più povere”.  

Eh sì anche un uomo assai poco avvezzo alle speculazioni economiche aveva compreso come l’aumento indiscriminato dei prezzi provochi conseguenze nefaste nella distribuzione della ricchezza. 

Proviamo a riassumere brevemente i meccanismi tramite i quali si realizza questa distorsione. 

I percettori dei redditi più bassi ne spendono una larga parte in beni e servizi “essenziali” per la propria sopravvivenza (e quindi difficili da ridurre in tempi di crisi): si tratta del cibo, delle bollette e del carburante (anche se è pur vero che, almeno in parte, questo potrebbe essere sostituito da un maggiore ricorso ai mezzi pubblici).  

Si tratta proprio dei beni e servizi che hanno subito i maggiori rincari, aumentandone così l’aggravio per tutti, in valore assoluto, ma in termini relativi (in percentuale sul reddito) in particolare per i meno abbienti.  

Un altro elemento che provoca un allargamento delle distanze rispetto a coloro che hanno redditi più elevati è dato dall’utilizzo dei risparmi: quando il loro ammontare è piccolo sono spesso detenuti sui conti correnti, senza alcuna remunerazione, e perciò si deprezzano a causa dell’inflazione (l’utilizzo futuro consentirà di acquistare minori quantità di prodotti e servizi, che nel frattempo saranno stati resi più cari dall’aumento dei loro prezzi).

I maggiori patrimoni hanno, invece, la possibilità di essere investiti in forme più remunerative (seppur rischiose) che (almeno nel lungo termine) proteggono meglio dall’inflazione. 

Le argomentazioni addotte sono nel complesso convincenti anche se non trovano immediata applicazione quando l’animale dell’inflazione esce dalla sua gabbia (spaventando gli investitori). 

Può infatti accadere che, come durante l’anno passato, i timori legati ai rincari dei prezzi possano gravare pesantemente sui mercati finanziari (dove sono investiti grandi e piccoli patrimoni) provocando danni in modo molto “democratico” e risparmiando solo il valore nominale, ma non certo quello reale, delle somme mantenute liquide sui conti. 

E’ pur vero che nel lungo termine gli investimenti più rischiosi (le azioni in particolare) sono quelli che danno i migliori frutti ma occorre non farsi spaventare ed avere tanta pazienza: in caso contrario la redistribuzione della ricchezza premierà solo i più “coraggiosi”. 

E la pazienza è un po’ come il coraggio di don Abbondio: se non lo si ha non ce lo si può certo dare… 

Bisogna a questo punto ricordare che i veri e indiscussi trionfatori in tempi di inflazione sono coloro che devono ripagare i propri debiti ad un tasso fisso. 

E’ questa la situazione di chi ha sottoscritto mutui e finanziamenti ad un tasso di interesse predefinito ma è soprattutto il caso dei più grandi debitori del pianeta: gli Stati sovrani. 

La storia ci insegna che la riduzione dei più grandi debiti (come quelli contratti per finanziare i costi dei conflitti mondiali del secolo scorso) si raggiunge solo grazie ad un tasso di inflazione che sale ben al di sopra del loro costo (gli interessi da pagare) erodendone così il loro valore reale. 

Va anche detto che la tendenza ad una maggiore concentrazione della ricchezza in una minore frazione della popolazione sembra disinteressarsi dell’inflazione ed è più legata alla progressiva perdita di potere contrattuale della forza lavoro, alla “globalizzazione e alla maggiore capacità dei grandi risparmiatori di fare fruttare i propri patrimoni, anche perché le loro oscillazioni non ne mettono a rischio lo standard di vita costringendoli a disinvestire nei momenti meno propizi.

 

Rimane il fatto che l’inflazione, come ricordava Luigi Einaudi, è “la più iniqua delle tasse” ed i suoi effetti si riverberano in modo incontrollato, aumentando il senso di incertezza sul futuro e innescando fenomeni speculativi (i prezzi vengono in qualche caso aumentati anche senza una reale motivazione). 

Ecco perché dobbiamo augurarci, una volta di più, che possano presto venire meno le ragioni che ci hanno condotto a navigare in acque così agitate, prima di essere costretti a tornare, proprio come avvenne al capitano Cook, ad approdi molto scomodi e pericolosi (come ci ha insegnato l’”austerity” degli anni settanta).