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Leumann, il villaggio da fiaba alle porte di Torino

Articolo a cura di Somewhere Events & Tour

Entrare al villaggio Leumann, un quartiere operaio voluto dall’imprenditore svizzero Napoleone Leumann, significa fare un salto nel passato, in una quotidianità fatta di rapporti umani e buon vicinato, lontani dal caos della città e dai mezzi di trasporto. Il villaggio si trova sotto il comune di Collegno, alle porte di Torino, ed è stato costruito alla fine dell’Ottocento, splendido esempio di edilizia industriale, trasformata in arte e completamente integrata nel territorio circostante.

Villaggio Leumann, la storia

L’idea appartiene allo stesso Napoleone Leumann, il quale pensò di far costruire un complesso residenziale intorno al suo Cotonificio, grande e prestigiosa azienda dell’epoca, per gli operai specializzati che vi lavoravano. I lavori furono commissionati all’ingegner Pietro Fenoglio, il quale realizzò questo complesso residenziale tra il 1875 e il 1907. Il complesso, in stile liberty, comprendeva una sessantina di edifici divisi in 120 alloggi abitativi e una serie di strutture che rispondevano alle esigenze e necessità degli abitanti/operai. L’imprenditore infatti, era convinto che per avere buoni operai fosse necessario garantire l’istruzione: così nella scuola del villaggio si insegnavano le attività artigianali oltre alla lingua italiana. Vi era anche un asilo di fronte all’ingresso della fabbrica, un servizio rivoluzionario per l’epoca che divenne poi modello anche per la Fiat.

La crisi degli anni ’70

Successivamente alla crisi degli anni ’70, il cotonificio Leumann chiuse e si temette il peggio per il complesso residenziale. Fortunatamente gli immobili divennero proprietà del comune di Collegno che si fece garante della salvaguardia di questo borgo e dell’assegnazione delle case rimanenti secondo le norme dell’edilizia popolare. Dunque attualmente il villaggio è ancora abitato da alcuni operai del Cotonificio Leumann e da un altro centinaio di famiglie a cui sono state assegnate le abitazioni.

I lavori di restauro del villaggio Leumann

Nel corso degli anni sono stati fatti numerosi lavori di restauro che hanno portato alcuni edifici al loro antico splendore, come la stazione d’epoca (la Torino – Rivoli), la Chiesa di Santa Elisabetta in stile eclettico (Leumann ne commissionò la costruzione per i suoi operai, nonostante lui fosse di religione calvinista), la vecchia scuola elementare e tanti altri edifici storici in stile liberty. Inoltre il villaggio è ulteriormente valorizzato dalle numerose iniziative culturali, sociali e ricreative proposte dall’Associazione Amici della Scuola Leumann, un ente no-profit nato per salvaguardare e valorizzare il territorio.

Il villaggio Leumann è un luogo magico dove si respira un’idea diversa di impresa e di relazioni tra gli uomini, operai ed imprenditori; un concentrato di storia, arte, cultura e vita quotidiana.

Un piccolo borgo rimasto intatto per più di un secolo, in cui ci si immerge in un’atmosfera senza tempo!

 

Risotto “dimagrante” a due colori, pronto in un batter d’occhio

Articolo a cura de La Cuoca Insolita

Chi ha detto che per fare un buon risotto ci vuole tanto tempo? La cucina è uno dei luoghi di casa dove, volendo, si possono spendere tante ore, dove si crea più disordine e dove gli oggetti si possono spostare e sporcare tante volte in uno stesso giorno. Ma se si ottimizzano le attività di preparazione, il tempo quotidiano per cucinare piatti buoni, con ingredienti semplici e magari senza troppi conservanti, il gioco è fatto. Questo risotto ne è un esempio. Provatelo: è fatto con riso integrale (leggete sotto le proprietà) e impiegherete meno tempo di quello necessario per preparavi un piatto di pasta in bianco, con mille vantaggi in più!

Tempi: Preparazione (15 min); Cottura (60 min per il riso integrale);
Attrezzatura necessaria: Pentola da 2 L con coperchio, cestello per cottura a vapore, casseruola da 24 cm, minipimer, tagliere e coltello a lama liscia, cucchiaio di legno.

Ingredienti per il risotto

dosi per 4 persone (4 porzioni da 150 g):

Per cuocere il riso integrale:

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Riso integrale – 200 g (500 g da cotto)
Acqua – circa 500 ml
Alga kombu – 2-3 cm
Sale grosso integrale – 1 cucchiaino

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Per il risotto rosa:

Barbabietola rossa precotta – 100 g
Acqua (o brodo se ne avete) – 250 g
Fecola di patate – 2 cucchiaini
Crema di mandorle bianca – 20 g
Timo – 1 ciuffo
Scorza di ½ limone
Olio e.v.o. – 1 cucchiaio
Sale fino integrale di Sicilia

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Per la crema di sedano rapa:

Sedano rapa cotto – 180 g
Latte di soia (o altro latte se preferito) – 120 g
Sale fino integrale di Sicilia

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Difficoltà (da 1 a 3): 1
Costo totale: 2,35 €

Perché vi consiglio questa ricetta?

In questo risotto non si usa il burro, né altri formaggi. E’ quindi adatto anche in caso di allergia o intolleranza al latte e derivati.
Rispetto ad un risotto preparato in modo tradizionale, questo ha il 33% in meno di grassi, l’81% di grassi saturi in meno e il doppio delle fibre.
Secondo la cucina naturale e macrobiotica, il riso integrale ha proprietà dimagranti e non fa alzare velocemente la glicemia perché è ricco di fibre.
La barbabietola è molto indicata per gli sportivi, perché assicura un’ottima resistenza allo sforzo fisico!
Il sedano rapa ha un’azione diuretica e depurativa. Attenzione però: per la presenza di alcune proteine, il sedano rapa è un alimento potenzialmente allergizzante per quei soggetti sensibili e predisposti alle allergie alimentari.

Approfondimenti e i consigli per l’acquisto degli “ingredienti insoliti” a questo link:). In caso di allergie… Allergeni presenti: soia (il latte di soia si può sostituire con il latte vaccino o con il latte di canapa), frutta a guscio.

Risotto

Preparazione del risotto

I TRUCCHI PER VELOCIZZARE IL LAVORO

Potete cuocere il riso anche qualche giorno prima e conservarlo in frigorifero fino a 5 giorni. Anche il sedano rapa può essere cotto a vapore 4-5 giorni prima e conservato in frigorifero in un contenitore chiuso. Tenete sempre nella dispensa qualche mandorla già a pezzetti (potrà servirvi per tante ricette diverse).

Fase 1: LA COTTURA DEL RISO

Mettete in ammollo l’alga kombu per 5 minuti in poca acqua. Sciacquatela e mettetela nella pentola con il riso (che avrete nel frattempo sciacquato sotto l’acqua corrente, con l’aiuto di un colino) e il sale grosso. Aggiungete l’acqua nella pentola (in genere il doppio di acqua rispetto al volume del riso) e cuocete, coperto e a fuoco molto basso, per il tempo indicato in etichetta (potrebbe essere anche di 1 h). Lasciate riposare in pentola, chiuso, per circa 40 minuti, in modo che l’acqua eventualmente rimasta sul fondo finisca di essere assorbita dal riso. Se non vi ricordate come cuocere i cereali, andate a vedere anche la ricetta del miglio stufato sul blog (https://www.lacuocainsolita.it/miglio-stufato/).

FASE 2: IL RISOTTO ROSA

Pelate la barbabietola, sciacquatela sotto l’acqua, tagliatela a pezzettini e frullatela con l’acqua o il brodo di verdure caldo. Aggiungete al riso cotto nella casseruola e mescolate, mantenendo il calore moderato. In un bicchiere sciogliete la fecola di patate con un dito d’acqua fredda e poi versate nella padella del risotto. Mescolate subito: in meno di un minuto il brodo liquido del risotto sarà diventato cremoso. Spegnete e aggiungete la crema di mandorle, che andrà a creare la mantecatura che di solito si ottiene con il burro. Non cuocete più, se non volete perdere il colore rosa (più cuoce, più il colore tende ad imbrunire). Aggiungete il sale fino, il timo e la scorza di limone (tenetene una parte per decorare il piatto alla fine).

FASE 3: LA CREMA DI SEDANO RAPA

Pelate il sedano rapa e tagliatelo a dadini piccoli di circa 1 cm. Fatelo cuocere a vapore per circa 5 minuti (deve rimanere morbido). Versatelo nel bicchiere del mixer con il latte di soia, frullate tutto insieme al sale. Dovrete ottenere una crema morbida (non deve essere eccessivamente liquida: all’incirca la densità sarà quella di uno yogurt cremoso).

FASE 4: IL PIATTO FINALE

Versate in ciascun piatto (vi consiglio un piatto fondo) il risotto rosa e ponete al centro 2 o 3 cucchiaini di crema di sedano rapa. Cospargete la superficie con un po’ di scorza di limone e qualche foglietta di timo fresco e condite con un filo di olio e.v.o.

TEMPI DI CONSERVAZIONE

Riso integrale cotto: in frigorifero fino a 5 giorni

Il risotto pronto si può conservare in frigorifero una volta pronto, ma quando verrà riscaldato (meglio se in microonde) potrà risultare un po’ scotto. Potete comunque ravvivarlo aggiungendo un po’ di brodo.

Chi è La Cuoca Insolita?

La Cuoca Insolita (Elsa Panini) è nata e vive a Torino. E’ biologa, esperta in Igiene e Sicurezza Alimentare per la ristorazione, in cucina da sempre per passione. Qualche anno fa ha scoperto di avere il diabete insulino-dipendente e ha dovuto cambiare il suo modo di mangiare. Sentendo il desiderio di aiutare chi, come lei, vuole modificare qualche abitudine a tavola, ha creato un blog e organizza corsi di cucina. Il punto fermo è sempre questo: regalare la gioia di mangiare con gusto, anche quando si cerca qualcosa di più sano, si vuole perdere peso, tenere a bada glicemia e colesterolo alto o in caso di intolleranze o allergie alimentari.

Chi è Emanuele Romagnoli, l’organizzatore di Torino Digital Days

Rubrica a cura di ScattoTorino

Sull’home page di digitaldays.it si legge: “Varchiamo insieme la soglia di un nuovo mondo, scopriamo come affrontare le sfide di un futuro che è già iniziato e coglierne tutte le opportunità. Il post digitale è ora e noi ne siamo i protagonisti”. Un vero e proprio manifesto per presentare la mission di Torino Digital Days 2020, l’evento gratuito che si tiene dall’11 al 15 febbraio in varie location della città e che include 90 appuntamenti. Talk, laboratori, eventi, performance, mostre e workshop formano il palinsesto di questa seconda edizione che dalla moda allo sport, dalla mobility all’arte, dal design al food (e non solo) presenta le sfide e le opportunità del mondo digitale. ScattoTorino ha incontrato Emanuele Romagnoli, mente creativa di Torino Digital Days e fondatore di Bonobo Events, l’agenzia di comunicazione che crea eventi in Italia e in Europa e che collabora con Facebook e molti altri colossi dell’economia mondiale. Il suo quartier generale è a Torino e anche lui, come noi, crede nelle potenzialità di questa città e si attiva per farle conoscere.

Emanuele Romagnoli Torino Digital Days

Oltre a Bonobo Events da chi è formato il team di Torino Digital Days?

“La collaborazione con Tandu, Glebb & Metzger e Wacky Weapon è nata in seguito ad una chiacchierata con Federica Toso di Tandu. L’idea di realizzare un festival diffuso sul tema del digital e dell’innovazione ha coinvolto professionalmente ed emotivamente tutti, ed è così che abbiamo deciso di mettere su una joint venture per lo sviluppo del format”.

Torino Digital Days è…?

“Un festival che offre l’opportunità di conoscere o approfondire le dinamiche della filiera del mondo digitale. Si rivolge sia agli operatori del settore, sia agli appassionati ed è un evento diffuso che coinvolge molti soggetti. In questo campo ci sono tante eccellenze che fanno network e durante le diverse giornate possono ampliare la rete dei propri contatti”.

Quali sono i temi dell’edizione 2020?

“Nel 2019 avevamo puntato sul concetto di Digital is real perché era chiaro che il digitale fosse entrato nella vita delle persone. Quest’anno parliamo di Post digitale perché il fenomeno esiste ormai da 30 anni e tutti noi usufruiamo della tecnologia e ne viviamo le conseguenze, sia positive che negative. Chi lavora in questo settore, o chi lo utilizza, sa che bisogna affrontare i cambiamenti digitali in corso. Gli argomenti trattati sono davvero tanti: dal marketing emozionale alla fotogrammetria, dalla realtà virtuale alla casa integrata, dai nuovi social al legame tra food e digital”.

Dove si tiene questo evento diffuso?

“Il format del festival è diverso da quello che era negli Anni ’90, dove tutto si svolgeva in un unico luogo. Le location coinvolte sono numerose. Il 12 e il 13 febbraio Combo ospita il Main Event: si tratta di due giornate dedicate al post digitale, alle sue declinazioni e alle realizzazioni nei diversi settori della società. Le altre sedi – selezionate per le giornate dell’11, del 14 e del 15 – sono Copernico Garibaldi, La Rinascente, Eataly, Toolbox, Mercato centrale, Edit, Circolo del Design e molte altre.

Sul sito ufficiale del festival potete trovare il programma dettagliato di tutte le giornate”.

Chi è il target di Torino Digital Days?

“È un target eterogeneo. Si sono accreditate oltre 5.000 persone e la manifestazione genera interesse sia negli addetti ai lavori sia negli appassionati sia in chi vuole conoscere il mondo digitale. Proprio pensando al pubblico, abbiamo organizzato eventi orizzontali, quindi più fruibili, e verticali cioè dai contenuti altamente specializzati”.

Quali sono i temi del Main Event?

“Il 12 febbraio parliamo di Nuove frontiere e di Movimenti. Partendo dal presente, allarghiamo lo sguardo sullo scenario e sulle prospettive che ci troveremo ad affrontare fino al 2030. C’è anche un focus sulle nuove frontiere del digitale, che esulano dai luoghi e dai Paesi più comuni e riguardano aree geografiche meno note per le loro eccellenze digitali. Cambiamento, come sappiamo, significa nuove opportunità e il digitale ne offre molte nell’ambito del movimento dei corpi, delle idee, delle culture e della comunicazione. I temi del 13 febbraio sono invece Per il tuo bene – ovvero il digitale come impulso per la ricerca scientifica anche in campo medico, con tutti i limiti e i pericoli collegati – e Finalmente liberi che evidenzia come digitale e stile di vita si intrecciano e si legano tra loro, creando nuovi stimoli per il divertimento, le passioni e il tempo libero”.

 Torino Digital Days

Secondo te possiamo ancora fare a meno della tecnologia?

“Non credo perché ormai quasi tutti sono connessi. Penso però che sarebbe utile una pratica di detox e di tutela del suo utilizzo. Chi è nato prima degli Anni ’90 sa cosa vuol dire vivere senza il mondo digitale e quanto sia piacevole una cena o una gita senza il cellulare”.

Torino per te è?

“Con Bonobo Events, l’agenzia che ho fondato, organizzo molti eventi in città e so per esperienza che Torino offre grandi possibilità in tanti settori diversi. Qui le nuove tendenze attecchiscono, anche se negli ultimi anni abbiamo sofferto di scarsa visibilità perché le istituzioni non hanno lavorato in tal senso”.

Un ricordo legato alla città?

“Per me Torino è un’anima incompresa di storia, opportunità e fascino inimitabile. Dopo l’Erasmus a Parigi mi sono reso conto della straordinaria unione di anime che Torino rappresenta, a partire dalla musica, dal patrimonio culturale, da soggetti che creano innovazione…abbiamo davvero tutti gli elementi per essere competitivi. Oltretutto in un contesto con una qualità della vita distintivamente alta, basti pensare alla vicinanza con le Alpi e la Liguria e ad uno tra gli itinerari più famosi a livello mondiale, come le Langhe. Torino è per me posta in un contesto in cui tutto è possibile, se si riesce a guardare oltre l’ostruzionismo che la politica e le istituzioni creano verso chiunque voglia portare idee ed energie. Se in Italia qualcuno riesce ad andare oltre a questo credo possa farcela ovunque, ed è il motivo per cui molti dei miei amici, stanchi di una politica che non fa nulla se non punire e ostacolare, hanno scelto di dedicare il proprio tempo e le proprie energie a progetti al di fuori dei confini italiani. Un gran peccato”.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto

La Collina Torinese: una perla di biodiversità grazie ai funghi

Articolo a cura di IPLA – Istituto per le piante da legno e per l’ambiente.

La Collina di Torino è da sempre stata il polmone verde della Città, un luogo di elevata naturalità a poca distanza dal centro. Questa commistione tra urbanizzazione e natura è un punto di forza del capoluogo piemontese che è certamente una delle aree urbanizzate più verdi d’Europa. Dal 2016 questa difficile convivenza è divenuta ufficialmente elemento di pregio, in quanto il “Parco del Po e della Collina torinese” ha ottenuto il riconoscimento di “Riserva della Biosfera” all’interno del programma MAB dell’UNESCO. Il Programma “Uomo e Biosfera” (MAB – Man and Biosphere) è un’iniziativa intergovernativa lanciata dall’UNESCO nel lontano 1971. Ha come obiettivo la promozione di un concetto di sviluppo strettamente correlato e collegato alla conservazione degli ecosistemi e della diversità biologica e culturale del territorio.

Biodiversità funghi

Quello del “Parco del Po e della Collina torinese” è il primo caso di proposta e riconoscimento di Urban-MAB in Italia. E cioè un comprensorio naturalistico fortemente antropizzato (oltre un milione e mezzo di abitanti) appartenente a un’area geografica con interessante biodiversità. L’area è ricca di corsi d’acqua, tra i quali domina il fiume Po, colline coperte di boschi e con una presenza di specie di flora e fauna assai vasta e diversificata.

La biodiversità e… i funghi

La biodiversità, grazie alle nuove conoscenze scientifiche acquisite soprattutto nell’ultimo decennio, è divenuto un parametro tanto fondamentale quanto ancora troppo poco conosciuto. E i funghi, al pari delle specie vegetali e animali, sono uno dei tasselli fondamentali della biodiversità. Inoltre rappresentano uno degli indicatori biologici più efficaci per valutare la stabilità e l’evoluzione degli ecosistemi naturali e semi-naturali. Tutto ciò assume importanza ancora maggiore in virtù del cambiamento climatico in atto. Malgrado ciò questi organismi viventi, affascinanti e per certi versi ancora misteriosi, nella maggioranza dei casi quando si eseguono approfondimenti di natura scientifica in un dato territorio non vengono considerati.

 

Il vero patrimonio del pianeta? La biodiversità

La biodiversità, anche se come ricordato costituisce una nozione relativamente recente, è il risultato di circa 3 miliardi e mezzo di anni di evoluzione; è il vero patrimonio del Pianeta e di ciascuno di noi. Alcuni, giustamente, la paragonano a un’assicurazione che garantisce la sopravvivenza della vita sulla Terra, con i suoi equilibri dinamici, con i suoi cambiamenti e le evoluzioni continue. Si stima che sulla terra vivano oltre 1 milione di specie di funghi di cui circa solo 72.000 specie sono ad oggi state classificate e descritte.

Come funzionano i funghi?

Dal punto di vista degli equilibri ecologici, i funghi entrano soprattutto nelle dinamiche legate al ciclo del carbonio. Molte specie hanno la fondamentale funzione di decomporre e trasformare la materia organica, rendendo disponibili ai vegetali nuove sostanze nutritive. Al contempo è proprio a spese di molti vegetali che i funghi vivono e si alimentano. Ciò è vero in particolare le specie parassite danneggiano fino a condurre alla morte i propri ospiti; le specie saprofite, nutrendosi a spese di materia organica “morta”, attivano le fasi di decomposizione, favorendo con ciò il prosieguo e la perpetuazione del ciclo. Ma sono certamente i funghi micorrizici, quelli che si “alleano” con le piante, ad essere i migliori amici delle specie vegetali dalle quali ricevono sostanze nutritive.

La Collina torinese e i suoi Funghi – da Moncalieri a Superga a Casalborgone di Igor Boni

Per colmare questa lacuna di conoscenza Igor Boni, attuale Amministratore Unico dell’IPLA – da sempre esperto di tematiche legate ai suoli e appassionato di micologia – ha prodotto una prima check-list dei cosiddetti “funghi superiori” della collina. Il lavoro di raccolta dei dati è iniziato nell’autunno del 2004 ed è proseguito ininterrottamente per oltre 10 anni nei quali sono stati raccolti e classificati migliaia di esemplari in tutte le differenti aree della collina.

Biodiversità - Copertina libro collina torinese
La copertina del libro di Igor Boni

Dai rari prato-pascoli alle ampie superfici a bosco, dalle aree agricole a quelle ruderali e parzialmente urbanizzate, fino ai numerosi parchi pubblici e giardini. Il risultato del lavoro è stato pubblicato da Daniela Piazza Editore nel volume La Collina torinese e i suoi Funghi – da Moncalieri a Superga a Casalborgone. Nel testo sono riportate fotografie e descrizioni delle 350 specie censite, le quali non rappresentano la totalità delle specie fungine della collina torinese ma sono indubbiamente un corposo elenco di sicuro interesse naturalistico, che potrà (dovrà) essere verificato ed incrementato negli anni a venire.

I funghi più citati?

Tra i più frequenti si citano i funghi appartenenti al genere Russula (39 specie), seguiti dai Lactarius (19 specie), i Cortinarius (18 sopecie) e le Amanita (15 specie). Tra i funghi più ricercati ci sono indubbiamente i porcini (Boletus aereus e Boletus aestivalis), l’ovulo buono (Amanita caesarea) e il re dei funghi, il pregiato tartufo bianco (Tuber magnatum).

L’insieme delle specie che caratterizzano un’area, se attentamente monitorato nel tempo, può fornire importanti informazioni sui cambiamenti in atto. Le fruttificazioni di alcune specie sono infatti tipiche solo di alcuni ambienti con determinate caratteristiche; se tali caratteristiche si modificano alcune specie non riusciranno più a giungere a fruttificazione e altre prenderanno il sopravvento. I funghi inoltre sono ottimi bioindicatori, possono cioè essere utilizzati come indicatori dei processi di evoluzione o di degrado in atto. I funghi micorrizici in particolare sono uno strumento fondamentale per comprendere la qualità biologica del suolo e lo stato di salute delle piante e dell’intero ecosistema. Sulla nostra collina i funghi ci indicano una transizione tra un clima submediterraneo sui versanti esposti al sole e un clima montano sui versanti in ombra. Fruttificano a poche centinaia di metri di distanza specie tipiche della macchia mediterranea con altre caratteristiche di ambienti in quota.

Le ricerche sull’ecologia e sulle correlazioni che intercorrono tra ambiente e biodiversità micologica proseguono e proseguiranno. Ma non vi è dubbio che la Collina torinese, da questo punto di vista, rappresenta una perla da conservare e da conoscere.

L’an-cà-da fé, la parola piemontese che rievoca ricordi e storie

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

L’an-cà-da fé. Letteralmente la casa del fuoco. È il nome piemontese del “primitivo locale adibito a cucina nella Bursch, alta Valle Cervo” (Biella). “Nell’an-cà-da fé si viveva: si cucinava, ci si scaldava e ci si riuniva per le vëgge [le vijà, le veglie] quando si raccontavano e si scambiavano ricordi e storie scaturite dall’immaginifico della civiltà alpina”.

(Tavo Burat-Giorgio Lozia, L’an-cà-da fé. L’antica cucina biellese, Biella, De Alessi, 1989)

Sito ufficiale del Centro Studi Piemontesi

Il pianto del bambino… che suono meraviglioso!?

Articolo a cura di Mamme in Sol 

Ogni mamma lo sa: il pianto è il suono più prezioso che il neonato ha per comunicare, anche se non sempre è facile da interpretare! Fin dai primi mesi di vita il bimbo ci sorprende quando usa il pianto in modo appropriato per dire come si sente, dimostrandoci la sua straordinaria abilità comunicativa già presente alla nascita. Senza entrare in particolari scientifici, è ormai ampiamente riconosciuta la capacità dei neonati di percepire stimoli sonori e musicali già in gravidanza, tant’è che molte delle attività a supporto delle mamme si concentrano su questo tema.

Quali sono le cause del pianto del bambino?

Catapultato nel mondo dei grandi, il bambino riceve da subito una grandissima quantità di informazioni, segni, rumori e stimoli che non è abituato a gestire. L’unico modo che ha per esternare le sue sensazioni è lasciarsi andare a pianti disperati, singhiozzi o lamenti. Il pianto del bambino può mettere a dura prova la pazienza dei genitori, oltre a far venir tanti dubbi, specialmente ai papà e alle mamme alle prime armi. Spesso, infatti, si chiedono se dietro al pianto del bambino si celino capricci o bisogni reali, e non sanno come comportarsi.

Le preoccupazioni dei genitori nascono, il più delle volte, dalla convinzione di non essere abbastanza capaci a “capire” il pianto del loro bambino e le sue diverse sfumature, ma è importante ricordare loro che, con un piccolo aiuto, il gioco è fatto! Non sono soltanto la noia o un carattere capriccioso a generare questo stato di malessere, anzi… i motivi possono essere numerosi. Per questo, può essere utile saper riconoscere i segnali inviati dal bambino

Sai perché piango? Una guida ai diversi pianti del bambino

Un prezioso alleato è il libro di Francesca Borgarello e Agnese Baruzzi Sai perché piango?, che oltre ad essere stato inserito all’interno del progetto “Nati per leggere Torino” del 2019 che interessa i bambini di fascia 0-3 anni, è uno strumento utilizzatissimo nel progetto “Mamme in Sol”. Il libro si presenta come una piccola guida, simpatica e divertente, per aiutare le mamme a riconoscere i diversi tipi di pianto del bambino, trasformando i momenti più critici in occasioni di gioco e affetto.

Sai perché piango?

Che sia fame, paura, sonno o dolore, è semplice trovare il giusto rimedio, soprattutto quando si tratta di “bisogno di coccole”! Attraverso questo libricino tattile e musicale, mamma e bimbo potranno “leggere con il corpo e con la voce” piccole rime per trovare insieme una soluzione! Sai perché piango? è anche una canzone tutta da scoprire sul sito ufficiale delle Mamme in Sol, per ricordarci che, alla fine, con un canto di mamma… passa tutto!

 

MAMME IN SOL

Via Giulia di Barolo 11 – Torino
info@mammeinsol.it
011 7633664 – 3914729388

La Biblioteca Reale, cuore del patrimonio artistico di Torino

Articolo a cura di Somewhere Tour & Events

La Biblioteca Reale di Torino è una delle più importanti istituzioni culturali della città, fa parte del sito seriale UNESCO Residenze Sabaude ed è iscritto alla Lista del Patrimonio dell’umanità dal 1997. Si trova nel cuore del Palazzo Reale di Torino e ne custodisce tutto il patrimonio artistico. La biblioteca attualmente conserva circa 200.000 volumi a stampa, 4.500 manoscritti, 3.055 disegni, 187 incunaboli, 5.019 cinquecentine, 20.987 opuscoli, 1.500 pergamene, 1.112 periodici, 400 album fotografici e numerose incisioni e carte geografiche.

La storia della Biblioteca Reale di Torino

Fu istituita nel 1831 dal Re Carlo Alberto. A seguito della donazione di Vittorio Amedeo II all’Università di Torino e delle spoliazioni dell’età napoleonica, il Re incaricò il conte Michele Saverio Provana del Sabbione di raccogliere quanto rimasto del patrimonio librario a Palazzo Reale. Carlo Alberto decise quindi di ampliare la biblioteca di corte con l’inserimento di volumi della sua raccolta personale ed altri volumi acquistati presso gli antiquari di tutta Europa. A questo scopo, il Re incaricò una ristretta cerchia di collaboratori che intrapresero numerosi viaggi di ricerca all’estero, per aggiornarsi sui progressi delle lettere, delle scienze e delle arti. Nel corso di questi viaggi vennero raccolti documenti sulla storia dei domini di Casa Savoia e opere particolari per la loro rarità o bellezza: la Biblioteca si arricchì così di preziosi volumi, libri antichi e codici miniati.

Nel 1839 Carlo Alberto acquistò dal collezionista Giovanni Volpato una raccolta di disegni dal Quattrocento al Settecento di grandi maestri italiani e stranieri, fra i quali Michelangelo, Raffaello, Rembrandt e Leonardo da Vinci. Tra questi, il cimelio più importante è costituito dall’Autoritratto di Leonardo da Vinci custodito ancora oggi in un reparto sotterraneo della biblioteca.

Nel 1840 la biblioteca possedeva già 30.000 volumi, tutti di notevole valore. La crescita del patrimonio comportò la sua sistemazione nell’ala sottostante alla Galleria del Beaumont. Tuttavia, la crescita dell’istituzione rallentò con la salita al trono di Vittorio Emanuele II, poco sensibile alla cura dei beni librari, e con lo spostamento della capitale dapprima a Firenze e poi a Roma. I sovrani comunque continuarono ad inviare a Torino i libri ricevuti in omaggio. Un’importante acquisizione si determinò attraverso il dono del codice sul volo degli uccelli di Leonardo da Vinci da parte del conte Teodoro Sabachnikoff.

Annessa ai Musei Reali nel 2016

Con l’avvento della Repubblica ci fu il passaggio allo Stato dei beni di Casa Savoia tra cui anche la Biblioteca Reale che divenne una biblioteca pubblica statale. Dal 2016 è Istituto annesso ai Musei Reali di Torino.

Leonardo da Vinci, in particolare, ha ricoperto e ricopre tutt’ora un ruolo importante per la Biblioteca poiché questa possiede attualmente 13 fogli autografi del ‘Genio del Rinascimento’ tra cui il Codice sul volo degli Uccelli, l’Autoritratto, il Volto dell’Angelo, e il disegno preparatorio per la Vergine delle Rocce conservata al Louvre. Nel 1998 è stata realizzata la Sala Leonardo con il contributo della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino. In questa viene esposto a rotazione il prezioso materiale bibliografico e storico-artistico, secondo una precisa politica di valorizzazione del patrimonio posseduto.

Scoprite il Genio del Rinascimento alla Biblioteca Reale di Torino

ScattoTorino e Il Torinese raccontano i protagonisti della Città

ScattoTorino e Il Torinese in partnership per raccontare i protagonisti della Città. 

Imprenditrice, ideatrice del progetto Myb e profondamente convinta del valore delle sinergie, Carole Allamandi ama Torino al punto da volerle rendere omaggio attraverso un blog che è nato due anni fa e che sta riscuotendo grande attenzione da parte dei lettori. Cristiano Bussola, direttore responsabile di uno dei quotidiani di informazione online più seguiti, è da sempre un comunicatore attento a ciò che succede all’ombra della Mole, oltre che un uomo appassionato della propria città. Non stupisce quindi che i due professionisti abbiano deciso di collaborare per creare una partnership tra ScattoTorino e Il Torinese. Di cosa si tratta? Di una doppia vetrina che darà visibilità ai tanti personaggi intervistati su ScattoTorino, che ogni settimana saranno pubblicati anche su Il Torinese. Un modo per raccontare la città e i suoi protagonisti attraverso due canali di informazione referenziati, ma anche una dichiarazione d’amore verso Torino e verso chi, ogni giorno, lavora per migliorarla e farla conoscere al mondo.

Carole, qual è la mission di ScattoTorino?

ScattoTorino e IlTorinese partnership
Carole Allamandi, foto di Daniela Foresto

“ScattoTorino nasce nel 2018 con l’obiettivo di dare voce e far conoscere le eccellenze del nostro territorio. Il capoluogo è fulcro di start-up, ricerca, innovazione e tanti bellissimi progetti sono nati qui. Torino è epicentro di cultura, arte, scienza ed economia, ma soffre anche a causa del nostro understatement tipicamente piemontese, perché questo atteggiamento non consente di far conoscere ad un pubblico più ampio le capacità che permeano il tessuto socio-economico della città. In altre parole non siamo bravi a presentarci e a farci pubblicità e se valiamo dieci, comunichiamo otto… ScattoTorino vuole superare questa mentalità e raccontare le storie di donne e uomini che credono nel capoluogo, investono talento, energia e capitali per farlo crescere e rinnovare. Insomma, storie positive che possano essere di stimolo e di esempio per i giovani e per tutti coloro che, come noi, credono in questa bellissima città e lavorano quotidianamente con impegno e passione per regalarle un futuro migliore”.

Cristiano, quali sono i plus de Il Torinese?

ScattoTorino e IlTorinese partnership
Cristiano Bussola, foto di Paolo Siccardi

“Nel panorama affollato dell’editoria web Il Torinese, oltre a fornire tutte le notizie aggiornate su ciò che accade in città ogni giorno, dalla cronaca allo sport, cerca di differenziarsi rispetto agli altri giornali online puntando molto sull’approfondimento dei temi culturali ed economico-sociali. In che modo? Faccio qualche esempio. Alla grande mostra d’arte ospitata a Palazzo Madama piuttosto che alla Gam, o anche alla piccola esposizione di un pittore o di un fotografo meritevole di attenzione ma magari poco conosciuto, non ci limitiamo a dedicare un semplice e asettico comunicato: abbiamo scelto la strada dell’approfondimento attraverso interviste o comunque articoli di livello scritti da critici d’arte e da giornalisti del settore. Insomma, cerchiamo di offrire un prodotto giornalistico di qualità. Lo stesso dicasi per i protagonisti dell’economia, del lavoro o dell’innovazione: li vogliamo incontrare e conoscere di persona per poi proporli ai lettori.” 

Come è nata la partnership?

Carole Allamandi: “La partnership è nata grazie ad un’amica comune, che apprezza il format e la mission di ScattoTorino e che mi ha proposto un incontro con Cristiano per raccontarci, confrontarci e valutare se potevamo trovare dei punti di contatto. Fin da subito si è creato tra noi un buon feeling perché abbiamo capito di avere dei punti in comune: i motori che ci hanno spinto a dare vita a ScattoTorino e a Il Torinese sono stati la passione per il nostro lavoro e un autentico amore per la città. È stato quindi facile e immediato decidere di collaborare”.

 

Cristiano Bussola: “Questa collaborazione nasce da una comune visione: unire forze e progetti di chi come noi ama Torino, ampliando lo scambio di idee con le numerosissime altre persone, associazioni, aziende che desiderano fornire il proprio contributo di esperienza, cultura e professionalità per dare un futuro alla città”.

Le sinergie sono un plus?

Carole Allamandi: “Assolutamente sì! Sono una convinta sostenitrice dell’importanza di creare sinergie ed alleanze per crescere e realizzare progetti importanti. ScattoTorino fa parte di un progetto più ampio che si chiama MYB, ovvero Matching your Business, che ha come mission proprio quella di fare rete, realizzare sinergie e costruire alleanze per valorizzare le forze e le capacità dei singoli partner e creare nuove opportunità di business. A settembre del 2018 ho partecipato come relatrice al convegno L’Arte di Fare Rete organizzato dalla Fondazione Marisa Bellisario e in quell’occasione ho spiegato che per fare della rete una vera arte bisogna riuscire a cambiare il nostro punto di vista: per creare sinergie autentiche occorre avere un visione altruista, costruttiva e non egoista. Bisogna essere capaci di dare e non solo voler ricevere. Un atteggiamento aperto, il confronto, la condivisione di esperienze e di conoscenze sono gli elementi indispensabili per creare un vero scambio, uno spirito di gruppo e di squadra che può portarci a raggiungere risultati insperati. Insomma, insieme possiamo! E questo è esattamente lo spirito con cui è nata la collaborazione tra me e Cristiano”.

ScattoTorino e IlTorinese partnership

Cristiano Bussola: “Qualcuno disse una volta che la cosa più bella del lavoro di squadra è che hai sempre qualcuno dalla tua parte. Ed è altrettanto vero che per quanto siamo in grado, da soli, di ottenere risultati importanti, non saranno mai tanto rilevanti quanto quelli raggiungibili attraverso intelligenti sinergie. Condivido quindi totalmente lo spirito del “fare rete” che ispira ScattoTorino e sono convinto che la nostra collaborazione darà buoni frutti”.

Quali sono gli obiettivi di questa collaborazione?

Carole Allamandi: “L’obiettivo è raccontare le molte eccellenze del nostro territorio, aumentando la visibilità sul web e sui social delle interviste che andremo a realizzare, offrendo ai protagonisti una vetrina per presentare attività aziendali e progetti istituzionali e, per chi lo desidera, anche la possibilità di effettuare un servizio fotografico ad hoc e una video-intervista”.

Cristiano Bussola: “L’intento è quello di far crescere la nostra città. Crescere non è un processo incompatibile con il rispetto dell’ambiente o con la ricerca di una maggiore giustizia sociale. Anzi. Basta farlo con competenza e senso di responsabilità. Per questo c’è bisogno dell’unione di diverse esperienze. Creare sviluppo e benessere da distribuire alla collettività è quanto di più giusto, democratico ed equo si possa desiderare”.

Torino per voi è?

Carole Allamandi: “La mia città, dove vivo da sempre e che amo moltissimo. Una città che offre tanto dal punto di vista architettonico, culturale, enogastronomico e che è ancora a misura d’uomo, con grandi parchi e un bellissimo lungofiume dove rilassarsi e rigenerarsi. Ma anche un luogo di contrasti, che fa fatica a superare la sua identità di città operaia fortemente legata all’industria dell’automobile e che merita di essere maggiormente valorizzata e fatta conoscere perché ricca di iniziative e progetti che le possono permettere di fare il giusto scatto in avanti”.

Cristiano Bussola: “Torino è un laboratorio. È luogo di persone e di idee che da sempre si trasformano in realtà in tutti i campi. Dall’industria, all’innovazione, alla politica, alla cultura. È città d’arte e di prodotti di eccellenza. Il nostro augurio è che questa sua vocazione di laboratorio venga valorizzata e diventi sempre più, come fu in passato, patrimonio di tutto il Paese”. 

Un ricordo legato a Torino?

Carole Allamandi: “Il mio ricordo più forte è sicuramente quello legato alle Olimpiadi invernali del 2006, che per la città hanno rappresentato una grandiosa vetrina sul mondo e un autentico punto di svolta. Il fiume di persone che in quei giorni animava le vie del centro è un’immagine per me indelebile. L’entusiasmo e la passione hanno acceso il cuore di noi Torinesi e ci hanno fatto prendere coscienza del nostro valore, dal punto di vista organizzativo e turistico e da allora hanno fatto conoscere ed apprezzare Torino ad un pubblico più vasto, nazionale ed internazionale, rendendola una meta molto attraente per le tante opportunità e bellezze offerte dal nostro territorio.Un ricordo più intimo è l’immagine da cartolina che il capoluogo offre a chi come me al mattino scende dalla collina e gode di una vista mozzafiato sul centro della città con la Mole che svetta e il Coro Alpino a fare da cornice”.

ScattoTorino - panorama

Cristiano Bussola: “Sono tante le belle immagini che mi evocano momenti legati alla “mia” Torino. Ma voglio andare controcorrente e parlare di una pagina drammatica. Ricordo quando, ancora bambino, nell’autunno del 1977, passando da corso Re Umberto mia mamma, indicando un portone mi disse che proprio lì, pochi giorni prima le Brigate rosse avevano assassinato il giornalista Carlo Casalegno. Un ricordo che mi è restato davvero impresso e che mi fa riflettere, oggi, su quante cose siano cambiate. In meglio, naturalmente.  Torino ha sconfitto il periodo buio degli anni di piombo e, seppur tra mille difficoltà, ha saputo “reinventarsi”. Da città legata al suo storico brand industriale dell’auto, per contrastare la crisi economica ha puntato sul turismo, sulla cultura e sui prodotti di eccellenza del territorio. Grazie alle Olimpiadi invernali del 2006, a interventi come il recupero della Reggia di Venaria e iniziative come il Salone del Gusto, la città sabauda ha rivelato prima a sé stessa e poi al mondo la sua vera indole: Torino non è una città grigia e indolente, ma ricca di tradizione e di storia, di professionalità che hanno voglia di esprimersi. Questa è la città che Il Torinese e ScattoTorino vogliono raccontare”

Visita il sito ufficiale di ScattoTorino.

I boschi del Piemonte? Hanno un miliardo di alberi

Articolo a cura di IPLA – Istituto per le Piante da Legno e per l’Ambiente.

Quasi il 40% della superficie regionale è coperta da boschi che sono costituiti da quasi un miliardo di alberi. Numeri in crescita quelli dei boschi piemontesi che, come accade in tutto lo stivale, stanno riconquistando spazio a danno di aree agricole abbandonate nelle aree montane e collinari. La realtà è che in 35 anni l’estensione dei boschi in Piemonte è cresciuta di 280.000 ettari. 

Boschi del Piemonte, un po’ di numeri

Quel che è certo è che in pochi conoscono questa realtà e allora, grazie al lavoro dell’IPLA, diamo i numeri (nel senso buono s’intende).

I castagneti sono il bosco più diffuso. Occupano infatti il 22% del totale delle foreste regionali, seguono le faggete e i robinieti, rispettivamente con il 15% e il 12%. Le latifoglie, invece, dominano nettamente sulle conifere, vincendo la partita 84% a 16%. Queste superfici sono di proprietà privata per il 72% e pubblica per il 28%. Sulla proprietà privata, c’è una estrema frammentazione della proprietà che rende assai difficile la gestione dal punto di vista economico.

Ubicazione e problematiche

I boschi piemontesi sono soprattutto ubicati in aree montane (72%) mentre la restante parte è in collina (19%). Solo il 9% in pianura, dove il bosco planiziale è stato nei secoli sostituito dall’agricoltura intensiva, rimanendo sono in alcune aree a parco di eccezionale pregio naturale.

IPLA

Ad oggi, le maggiori problematiche si hanno a carico dei castagneti. Un’assenza di gestione di decenni sta provocando, in vaste aree, deperimenti importanti. Questa tipologia forestale non è presente in natura, ma è stata diffusa dall’uomo assai oltre le proprie potenzialità. Storicamente, il castagno ha rappresentato un sostegno insostituibile per le popolazioni rurali, per la fornitura di proteine e per il legname, per la paleria e per la produzione di tannino.

Oggi l’abbandono di queste attività, relegate a territori assai meno vasti, hanno lasciato senza gestione quasi 200.000 ettari di castagneti che vedono la specie in difficoltà, con un collasso repentino del bosco segnato da morie diffuse in alcune aree e graduale transizione ad altre tipologie forestali in altre.

I boschi sono indispensabili

I boschi non hanno bisogno dell’uomo ma sono indispensabili all’uomo per i servizi ecosistemici che svolgono. Di cosa parliamo? Parliamo della protezione del territorio da pericoli naturali come valanghe, cadute di massi e frane superficiali, di dissesti di varia natura fino alle colate di fango. Parliamo di protezione dall’erosione del suolo e di regolamentazione del flusso delle acque. Parliamo della potenzialità di mitigazione del clima, con l’assorbimento di anidride carbonica e della liberazione di ossigeno grazie alla fotosintesi clorofilliana.

Quanta anidride carbonica assorbono i boschi del Piemonte?

Ogni anno i boschi piemontesi assorbono 5 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Basta pensare a questo per rendersi conto dell’importanza del mantenimento in salute di queste superfici, spesso considerate a torto “marginali”. Il tutto senza considerare la funzione essenziale che svolgono nella protezione e nell’incremento della biodiversità. Solo in Piemonte nidificano oltre 100 specie di uccelli e vivono 60 specie di animali di interesse comunitario.

Una fonte economica

Su questo milione di ettari dobbiamo attuare politiche di protezione e di utilizzo sostenibile delle risorse, perché i boschi sono anche una fonte economica per aree dove lo spopolamento ha modificato completamente le società rurali. Ecco allora che nella nostra regione possiamo trovare una via per costruire una economia montana basata proprio sulle foreste. E’ per questo che oggi ci sono 4000 boscaioli qualificati in piemonte, 600 ditte boschive, 900 tecnici forestali iscritti agli ordini professionali e 500 operai forestali. Qualcuno potrebbe aver da ridire sul rischio di depauperamento; in realtà sta accadendo l’esatto contrario.

Boschi del Piemonte

Ad oggi in Piemonte si prelevano dai boschi poco più di 1 milione di metri cubi di legno che rappresentano un quinto dell’accrescimento complessivo annuale delle foreste piemontesi. Stiamo in sostanza utilizzando ogni anno solo una piccola parte degli interessi (l’accrescimento) che produce il capitale (i boschi presenti).
Come sempre lo strumento principale per pianificare e gestire in modo corretto è la conoscenza. Per questo l’IPLA, da oltre 40 anni, lavora al servizio delle politiche forestali della Regione Piemonte.

Maggiori dettagli a questo link.

Qual è il significato della parola “bataclan” in piemontese?

Rubrica a cura di Centro Studi Piemontesi

Bataclan. Parola divenuta tristemente famosa per la strage del 2015 nel noto locale di Parigi.

In piemontese la parola indica chiasso, tafferuglio. Nel REP (Repertorio Etimologico Piemontese, a cura di Anna Cornagliotti, Torino, Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, 2015) è indicato come “bagaglio ingombrante o ridicolo”: francesismo di origine incerta, “forse di formazione onomatopeica, da una base esprimente il rumore di oggetti che cadono…”.