Di Alberto Vanelli – La nostra è l’unica città, assieme a Firenze, a vantare tre musei nella graduatoria dei dieci più visitati in Italia (Egizio, Cinema e Auto). Venaria, al contempo, è il terzo tra i complessi monumentali più ammirati del Paese, dietro il Colosseo e Pompei, ma molto prima della Reggia di Caserta e di altri importantissimi siti storici
La ricerca di Luca Briatore, pubblicata recentemente sul Torinese (link a fine articolo), dimostra che accanto alla qualità urbana, alle strutture ricettive, all’offerta enogastronomica e allo shopping, il vero motore dell’economia turistica torinese sono gli eventi, le mostre e i musei. Secondo una recente indagine, Torino è l’unica città, assieme a Firenze, a vantare tre musei nella graduatoria dei dieci più visitati in Italia (Egizio, Cinema e Auto). Venaria, al contempo, è il terzo tra i complessi monumentali più ammirati del Paese, dietro il Colosseo e Pompei, ma molto prima della Reggia di Caserta e di altri importantissimi siti storici. Un risultato straordinario, se si pensa che, diversamente da Firenze, Roma e Venezia, il capoluogo piemontese non dispone di patrimoni culturali universalmente noti nel mondo. Salvo due, per la verità: la Sindone e l’autoritratto di Leonardo, che però, per esigenze di conservazione, non sono esponibili se non per periodi molto brevi. Sono le idee, evidentemente, a fare la differenza: un investimento continuo nella creatività e nell’innovazione, che ha fatto della città un luogo in cui, come ha affermato Vittorio Sgarbi su queste pagine, c’è sempre una buona ragione per andare, grazie a una serie di importanti appuntamenti che si rinnovano ogni anno.
Se tutto questo è vero, però, è lecito chiedersi se non ci si trovi di fronte a un rischio drammatico. Quali potrebbero essere le conseguenze di nuovi tagli ai finanziamenti del comparto culturale che negli ultimi anni hanno visto un calo già molto severo? Le diverse realtà della cultura piemontese – eventi, mostre, manifestazioni, ecc. – hanno ormai tagliato tutto il tagliabile, razionalizzando spese, liberandosi dei rami secchi, riducendo spesso l’attività e anche il personale. Certo: qualche possibilità di miglioramento si intravede ancora. Si può fare di più, per esempio, per ciò che riguarda l’incremento dei visitatori di alcuni musei e manifestazioni, coinvolgendo possibilmente energie nuove, magari private e disponibili a correre dei rischi imprenditoriali. Nello stesso tempo, si può continuare il già avviato rinnovamento delle strategie di conduzione di certi istituti ancora troppo legati a un vecchio modello di finanziamento pubblico, che non si poneva il problema del raggiungimento di obiettivi e risultati. È evidente, però, che siamo ormai molto vicini al limite oltre il quale si profila il rischio di un impoverimento strutturale della vita culturale torinese, con tutte le conseguenze che ciò potrebbe arrecare, non solo alla cultura, ma anche all’industria del turismo e all’economia della città.
D’altra parte, va anche riconosciuta la straordinaria positività dei risultati che il turismo torinese e piemontese ha raggiunto negli ultimi anni, attivando flussi di persone e di denaro che non molto tempo fa erano assolutamente impensabili. Tanto vale, a questo punto, cedere alla tentazione di puntare ancora più in alto, andando magari a intaccare il primato del turismo milanese, che in questi anni ha conosciuto percentuali di crescita a due cifre.
Per fare questo, oltre a fermare il ridimensionamento degli investimenti in cultura, occorrerebbe un perfezionamento della capacità di fare governance, realizzando tavoli e cabine di regia che aiutino i protagonisti del comparto turistico e culturale, ma anche i soggetti che sovrintendono ai servizi di mobilità, a muoversi tutti nella stessa direzione, favorendo lo scambio di idee, la condivisione delle informazioni, la diffusione di messaggi coerenti, la realizzazione di iniziative complementari tra loro. Molto si è già fatto in questa direzione, ma molto si può ancora fare. In primo luogo, una programmazione pluriennale degli eventi e della loro comunicazione, consentirebbe agli istituti culturali di qualificare la loro azione, stipulando alleanze e scambi internazionali di alto profilo per progetti che richiedono una lunga preparazione (mostre, scavi, festival, rassegne, ecc.), evitando di affidarsi esclusivamente alle capacità di relazione di sindaci e assessori, o a soggetti privati e case editrici specializzati nel confezionamento di mostre ed eventi culturali che quasi mai vengono ideati, progettati e prodotti in Piemonte. Sicuramente, poi, la programmazione pluriennale permetterebbe agli operatori turistici di promuovere in tempi adeguati i loro servizi, a partire dalla prenotazione anticipata di voli, treni, camere d’albergo, ecc. Un aspetto non da poco, se si considera che in molti casi i turisti tendono a programmare le loro vacanze con grande anticipo.
L’altro versante su cui sarebbe utile investire è l’unificazione del marketing e della comunicazione.
Le agenzie che si occupano di promozione turistica territoriale, in particolare – le Agenzie turistiche locali (ATL), oggi piuttosto “separate” – dovrebbero trovare degli spazi di coordinamento che consentano di proporre offerte turistiche non semplicemente locali, ma integrate e a più ampio raggio, tali da permettere al turista che si reca a Torino a vedere il museo Egizio, di prendere in considerazione l’ipotesi di fermarsi un paio di giorni anche nelle Langhe o nel Roero, invece di spostarsi direttamente in Toscana o altrove.
Su un altro versante, occorrerebbe rafforzare la comunicazione via web, oggi ancora a bassissimo costo. Molto utile, in quest’ambito, potrebbe risultare un portale unificato del turismo e della cultura piemontese, il più ricco e aggiornato possibile, che consenta di informarsi sul calendario delle iniziative culturali e sui relativi prezzi, sugli hotel, sui musei, sulle partite di calcio, e che permetta di prenotare biglietti, camere d’albergo, abbonamenti e tutto quanto possa essere utile a invogliare il turista a scegliere il Piemonte. Confrontandosi, al tempo stesso, con i consigli e le recensioni degli utenti che sono già stati qui.
Un tema a parte, su cui si discute pochissimo, è infine quello della Piemonte Card, la carta che, una volta acquistata, consente ai turisti di visitare gratuitamente, per alcuni giorni, tutti i musei e le mostre in città e in regione. Si tratta, con ogni evidenza, di un eccellente strumento “turistico”, frutto di un’operazione di marketing al servizio del prodotto “Torino e Piemonte”: finalizzato, cioè, alla visita di musei e mostre, ma che punta, al tempo stesso, a incrementare l’attrattività del territorio nel suo complesso, favorendo ovviamente anche i negozi, i ristoranti e gli alberghi. Ciò che a mio avviso non va bene, è che i costi della card ricadano per la maggior parte sulle nostre istituzioni museali, che per ogni ingresso tramite carta si vedono rimborsato, spesso con enorme ritardo, solamente il 50% del prezzo del biglietto. La Piemonte card, insomma, fa sì che il pubblico turistico, che non ha giustificazioni sociali per vedersi riconosciuto uno sconto, riduca la capacità di musei ed eventi culturali di autofinanziarsi, disattendendo così una delle più pressanti sollecitazioni che la pubblica amministrazione rivolge loro. Su questo tema, forse, una volta esaurita la fase di avviamento promozionale, varrebbe la pena di aggiornare qualcosa.
Boom turistico a Torino, sesta tra le città d’arte. La competizione è con Milano:
http://www.iltorinese.it/boom-turistico-torino-sesta-citta-darte-in-concorrenza-milano-lombardia/