POLITICA- Pagina 8

Dopo tanti anni Lo Russo riscopre l’importanza dell’industria per Torino

 

Ci hanno impiegato 17 anni ma alla fine anche a sinistra han dovuto prendere atto che senza industria non c’è futuro per Torino. Ha iniziato l’ex Ministro Andrea Orlando che alla Festa de l ‘Unita’ spinto anche da AIRAUDO ha fatto una forte autocritica sulla linea seguita in questi anni i Sindaci , da Castellani in poi , che puntarono tutto sul turismo senza difendere invece il punto forte della nostra Città , la capacità di costruire motori e auto . Per farmi capire meglio da chi non ha ancora capito, i dati forniti da Beppe Russo al Centro Aspesi dicono che  il valore aggiunto per occupato nell’industria  e’ di 60.000 , in edilizia 40.000, nel turismo 20.000. Ecco perché in questi anni la economia torinese cresceva poco, espelleva circa  40.000 occupati e metteva in crisi il commercio e migliaia di famiglie in cassa integrazione con salari decurtati, si creavano posti di lavoro a tempo parziale o a salario tra 800 e 1.000 euro, il lavoro povero di cui ha parlato il Cardinal Repole. La bassa crescita che dura almeno dai primi anni duemila , e che io denunciai per primo nel 2008, ha impoverito la parte più debole della Città quella metà della Città che sta male di cui invano ci parlo’ l ‘Arcivescovo Cesare Nosiglia che non solo non venne ascoltato da chi amministrava la Città ma venne pure preso a cattive parole da qualche dirigente piddino.
Al nostro Convegno di Bardonecchia , dove abbiamo discusso ampiamente la situazione sociale torinese con l’economista Zangola , Airaudo della Cgil e Maccari della Cisl , il Presidente degli industriali torinesi Marco Gay ha parlato di un Patto per l’industria col Governo che ieri ha ripreso il Sindaco Lorusso. E Lorusso onestamente ha detto che chi gli ha aperto gli occhi sono stati gli indiani di TATA, il gruppo che ha acquisito dagli Agnelli l ‘Iveco. Per gli indiani a Torino c’è un ecosistema di piccole e medie imprese che abbiamo solo noi. Questa frase la giro per meditazione insieme ai dati sul valore aggiunto a chi ha detto che bisognava dare per scontato che l’industria contasse di meno. Aver capito in ritardo il declino economico e sociale di Torino e’ la colpa grave di chi appoggiato a spada tratta da gran parte della informazione torinese ha amministrato la nostra amata Città. Non solo non mi hanno dato retta nel 2008 ma non capirono l’urgenza di cambiare strategia quando con le madamin portammo 40.000 persone in piazza Castello a dire SITAV e No alla decrescita. Non lo capirono qundo su una mia iniziativa e grazie alla Mozione Molinari il Governo Draghi stanziò Otto miliardi per il settore . Ora  onestamente Airaudo dice che abbiamo due anni di tempo per evitare di essere sopraffatti dai produttori asiatici. Ecco perché sono d’accordo che si ragioni urgentemente a Roma un Patto per Torino o un patto per l’industria che usi risorse italiane e europee per ridare competitività alle nostre aziende a partire dal costo della energia . Se invece di andare avanti superbamente, convinti della superiorità culturale della sinistra ci avessero ascoltati quando proponevo gli Stati Generali quella proposta sarebbe già attiva. Anche perché in questi anni mentre Torino andava indietro a Bologna andavano avanti e superandoci di 20 punti. Nel frattempo si dia una forte accelerata ai lavori della TAV.
Mino GIACHINO
SITAV SILAVORO

Paonessa – Pompeo – Verzella (PD): “Solidarietà agli studenti e ai ricercatori precari”

“Difendere la ricerca significa difendere il futuro del Paese”

24 settembre 2025 – «La protesta che in questi giorni ha trasformato Torino in un’aula a cielo aperto rappresenta un segnale forte e chiaro: i nostri studenti, i ricercatori e i docenti non chiedono privilegi, ma condizioni dignitose per costruire il futuro dell’università e della ricerca in Italia».

Le consigliere regionali del Partito Democratico Simona Paonessa, Laura Pompeo e Emanuela Verzella esprimono pieno sostegno alle iniziative promosse dall’Assemblea precaria universitaria e ai collettivi che hanno organizzato le “lezioni in piazza” contro il sottofinanziamento strutturale del sistema universitario, il mancato rinnovo di centinaia di contratti e l’assenza di tutele previdenziali per i ricercatori.

«Il precariato dilagante e la carenza cronica di fondi rischiano di compromettere non solo la qualità della didattica, ma la stessa capacità del nostro Paese di innovare e di competere in Europa – sottolineano le consigliere dem –. Se il 70% dei precari rischia di rimanere senza lavoro da un giorno all’altro, siamo di fronte a una vera emergenza culturale e sociale».

Le esponenti del PD evidenziano inoltre la gravità delle recenti disposizioni del Governo che hanno eliminato l’esenzione IRPEF per le borse di ricerca e mantenuto l’onere dell’IRAP a carico degli atenei: «Tassare le borse significa colpire i giovani ricercatori nel momento più fragile del loro percorso, ridurre il loro reddito netto, negar loro ogni tutela previdenziale e scoraggiare il talento. È un errore strategico che rischia di compromettere la competitività del nostro sistema universitario».

A tale proposito, PaonessaPompeo Verzella richiamano anche l’atto ispettivo presentato in Consiglio regionale dalla stessa Pompeo, che ha denunciato con forza l’impatto delle nuove norme fiscali: «Un grave passo indietro, che richiede una risposta immediata da parte delle istituzioni».

Al tempo stesso, Paonessa, Pompeo Verzella riconoscono il valore della mobilitazione: «Gli studenti e i docenti hanno scelto forme di protesta costruttive, che non hanno penalizzato la didattica ma hanno aperto un dibattito pubblico prezioso. A loro va il merito di aver riportato la ricerca e l’università al centro dell’attenzione sociale».

Concludono le Consigliere: «La Regione Piemonte deve assumere un ruolo attivo nella difesa della ricerca. Chiediamo alla Giunta di farsi parte presso il Governo per rivedere la normativa fiscale, rafforzare i fondi regionali a sostegno della ricerca indipendente e promuovere un piano straordinario di stabilizzazione dei ricercatori precari. La precarietà non può essere la condizione permanente di chi fa ricerca: senza investimenti nella conoscenza non c’è futuro, né per i giovani né per il Paese».

cs

Busconi (Se): “Da Iveco servono rassicurazioni”

 

In merito all’audizione dei vertici di Iveco avvenuta oggi a Palazzo Civico, il consigliere di Sinistra Ecologista Emanuele Busconi dichiara:

<<Oggi abbiamo manifestato ai dirigenti di Iveco la nostra preoccupazione per il futuro dell’azienda dopo la cessione a Tata Motors.
La partecipazione al tavolo da parte della Città è fondamentale per favorire e monitorare la piena continuità occupazionale dei lavoratori e delle lavoratrici.
Quelle fornite oggi da Iveco sulla continuità per i prossimi due anni, non sono rassicurazioni sufficienti, così come non è sufficiente dichiarare che non ci saranno ristrutturazioni “sostanziali”.
La partita non è lessicale, ma politica: Iveco deve garantire che non si perderanno posti di lavoro e la sua presenza sul territorio e deve farlo pensando a lungo termine: è necessario un piano industriale ampio, come chiediamo da mesi.
Per questo insistiamo nel pretendere che la Regione e il Governo intervengano a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici>>

Voucher Vesta, dibattito in Consiglio regionale

Il buono regionale Vesta per le famiglie con bambini da zero a sei anni è stato al centro degli argomenti trattati durante la discussione delle interrogazioni indifferibili e urgenti. Tre differenti interrogazioni sull’argomento, presentate rispettivamente dalle consigliere Alice Ravinale (Avs), Sarah Disabato(M5s), Valentina Cera (Avs) sono state presentate per chiedere chiarimenti sul funzionamento del cosiddetto click-day, cioè il sistema con cui la settimana scorsa è stato possibile presentare domanda online per ottenere il voucher regionale.

“In soli 25 minuti, dalla mezzanotte del 19 settembre, sono state esaurite tutte le risorse disponibili (10 milioni di euro) – hanno sostenuto le tre interrogazioni presentate – la maggior parte delle persone che ci ha provato non ha potuto accedere in tempo alla piattaforma digitale per problemi legati allo Spid o alla connessione lenta. Difficoltà riscontrate soprattutto dalle famiglie meno abbienti o che vivono in territori marginali, con scarsi apparati informatici, con una connessione lenta o con poca dimestichezza con la lingua italiana. L’uso del criterio “chi clicca prima vince” è contrario a ogni principio di equità nell’accesso alle misure sociali e rischi di aggravare le disuguaglianze già esistenti. È un sistema volutamente discriminante che, pur finanziato con fondi europei, ha lasciato indietro migliaia di famiglie con bambini piccoli”.
Alle interrogazioni ha risposto l’assessore Gianluca Vignale su mandato dell’assessore Maurizio Marrone. “Il click day ha consentito l’assegnazione del budget disponibile di 10 milioni a 10 mila famiglie aventi diritto in ordine di collegamento alla compilazione della domanda, come previsto dall’avviso pubblico. Il meccanismo click-day – ha precisato Vignale – ha permesso di beneficiare del buono Vesta anche e soprattutto a quella parte di società che normalmente viene penalizzata nelle graduatorie del welfare, come il ceto medio di cittadinanza italiana, che gli studi statistici hanno sottolineato esser la componente più in difficoltà circa la natalità”.
Il buono ha un importo graduale in base alla fascia Isee: 1.200 euro se inferiore a 10 mila euro, 1.000 euro se compreso tra 10 mila e 35 mila euro, 800 euro se compreso tra 35 mila e 40 mila euro. La Giunta ha espresso l’intenzione di aumentare le risorse stanziate per i prossimi anni fino al raddoppio del budget disponibile per il buono Vesta.
Nella stessa seduta l’assessore Vignale ha risposto anche alle seguenti interrogazioni: “Mancanza di medici di base nel quartiere Barriera di Lanzo (Torino)” presentata dal consigliere Alberto Unia(M5s), “Chiarimenti sulla sospensione delle prenotazioni presso l’Ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo” della consigliera Giulia Marro (Avs), “Linea Torino-Ceres. Falsa ripartenza all’avvio delle scuole tra guasti e treni cancellati” del consigliere Alberto Avetta (Pd), “Stato dell’arte dei lavori per il nuovo ponte sul fiume Sesia tra Romagnano Sesia e Gattinara” del consigliere Carlo Riva Vercellotti(FdI), “Chiarimenti in merito ai provvedimenti della Regione Piemonte ai sensi del Decreto legislativo 62/2024 in materia di disabilità” del consigliere Domenico Ravetti (Pd), “Esiste un obbligo per gli Spresal di utilizzare mediatori culturali e traduttori nelle attività di informazione, formazione e inchieste ricolte ai lavoratori stranieri?” presentata dal consigliere Pasquale Coluccio (M5s).

Ufficio stampa Crp

L’arte della tariffazione

IL PUNTASPILLI di Luca Martina

Al suo ritorno alla Casa Bianca nel gennaio 2025, il presidente Donald J. Trump ha riportato al centro della sua azione politica “America First”, uno dei pilatri della sua prima presidenza.
Al cuore di questa strategia vi è una profonda revisione della politica tariffaria statunitense, volta a limitare le importazioni, rilanciare la produzione nazionale e riaffermare la supremazia americana nel commercio globale.
Il nuovo regime tariffario propugnato da “Tariff man” (come Trump stesso si era definito in un post su Twitter nel dicembre 2018) ha trasformato le dinamiche del commercio internazionale, generato tensioni diplomatiche e acceso un intenso dibattito sulle sue conseguenze economiche.
Gli obiettivi perseguiti attraverso la minaccia iniziale e la successiva imposizione di dazi elevati sono molteplici:
  1. Generare entrate per il governo degli Stati Uniti: i dazi mirano a raccogliere fino a 600 miliardi di dollari all’anno, da destinare a tagli fiscali e alla riduzione del debito pubblico.
  2. Proteggere e rilanciare la manifattura statunitense: rendendo le importazioni più costose, Trump intende incentivare la produzione interna e reindustrializzare l’economia americana, in particolare nei settori dell’acciaio, dei semiconduttori e dei prodotti farmaceutici.
  3. Ridurre i disavanzi commerciali bilaterali, soprattutto con la Cina: l’obiettivo è ridurre lo squilibrio commerciale scoraggiando le importazioni e favorendo le esportazioni.
  4. Contrastare pratiche commerciali sleali: i dazi vengono utilizzati per reagire a trasferimenti forzati di tecnologia (pratica commerciale in cui un’azienda straniera è costretta a condividere brevetti, know-how, software, processi produttivi) con un’azienda locale o con il governo del Paese ospitante, come condizione per poter operare in quel mercato), furti di proprietà intellettuale ed esportazioni sovvenzionate (attraverso sussidi, agevolazioni fiscali, prestiti agevolati o rimborsi.
  5. Rafforzare la sicurezza nazionale ai sensi della Sezione 232 del Trade Expansion Act: i dazi hanno l’obiettivo di proteggere settori critici (come acciaio e alluminio) considerati vitali per la difesa e la sicurezza nazionale.
  6. Strumento di pressione nei negoziati globali: i dazi fungono da leva per spingere altri Paesi a ridurre le proprie barriere commerciali e ad utilizzare standard statunitensi in ambiti come tecnologia ed energia.
  7. Ridefinire gli equilibri di potere globali: la politica mira a riaffermare la leadership americana nel commercio mondiale, riducendo la dipendenza da istituzioni multilaterali e privilegiando un approccio più transazionale e bilaterale.
  8. Combattere il traffico di droga: Trump sostiene che i dazi possono esercitare pressione su Paesi come Messico e Canada affinché contrastino il traffico di fentanyl verso gli Stati Uniti.
  9. Affrontare la sopravvalutazione della valuta: i dazi sono visti anche come uno strumento per contrastare la (presunta) sopravvalutazione del dollaro, rendendo le esportazioni statunitensi più competitive a livello globale.
Per attuare la sua politica tariffaria, Trump si è basato nel 2025 su tre principali fonti giuridiche:
  1. International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) – Utilizzata per giustificare i dazi in risposta a emergenze nazionali, come il flusso di fentanyl e le questioni migratorie. Trump è il primo presidente ad aver usato l’IEEPA per imporre dazi.
  2. Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962 – Invocata per proteggere la sicurezza nazionale imponendo dazi su importazioni ritenute dannose per le industrie interne. I critici sostengono che la definizione di “sicurezza nazionale” sia stata estesa eccessivamente, includendo prodotti come automobili, rame e farmaci, che potrebbero non rappresentare minacce reali. Sebbene tribunali e Congresso tendano a dare credito alle affermazioni presidenziali in materia di sicurezza, ciò ha sollevato preoccupazioni riguardo all’esercizio i incontrollato del potere presidenziale.
  3. Sezione 301 del Trade Act del 1974 – Applicata per affrontare pratiche commerciali sleali, con particolare attenzione ai settori dei semiconduttori e della logistica cinese. I critici sostengono che azioni unilaterali basate sulla Sezione 301 minino i meccanismi dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio e le norme del commercio globale, causando disagi alle catene di approvvigionamento e aumentando l’incertezza per le imprese.
Ad oggi, solo l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) è stata seriamente contestata nei tribunali statunitensi.
Sebbene una corte d’appello abbia stabilito il 29 agosto che la maggior parte dei dazi imposti da Trump è illegittima—affermando che l’IEEPA non conferisce al presidente l’autorità per imporli—i dazi resteranno in vigore fino al 14 ottobre, per consentire un eventuale ricorso alla Corte Suprema. Quest’ultima, massimo organo giuridico in materia costituzionale e federale, dovrebbe esaminare il caso durante la sua “long conference” del 29 settembre, e potrebbe decidere di affrontarlo poco dopo.
Considerando che l’attuale Corte Suprema ha una maggioranza conservatrice di 6 a 3, con sei giudici nominati da presidenti repubblicani—di cui tre da Trump stesso—è piuttosto improbabile che la Corte si pronunci contro il presidente. Tuttavia, non si può escludere del tutto, poiché ciò è già accaduto nel recente passato in casi riguardanti i poteri delle agenzie governative federali  (come l’EPA , Agenzia per la protezione dell’ambiente o la  FDA, Agenzia del farmaco), e l’immigrazione.
Vale la pena notare che la strategia negoziale e tariffaria di Donald Trump riflette almeno sette degli undici principi esposti nel suo libro del 1987 The Art of the Deal (L’Arte della Negoziazione), scritto insieme al giornalista Tony Schwartz:
  1. Pensare in grande: “Se devi pensare, tanto vale pensare in grande.”
    I dazi estesi—tra cui uno del 145% sui beni cinesi—dimostrano l’approccio audace e ad alto rischio di Trump, sempre orientato al massimo impatto, anche a costo di reazioni economiche negative.
  2. Usare la propria leva: “La cosa peggiore in una trattativa è sembrare disperati.”
    Trump ha sfruttato il deficit commerciale e la potenza economica degli Stati Uniti come leva per costringere altri Paesi a rinegoziare i termini commerciali. I dazi non sono solo strumenti economici ma vere e proprie armi strategiche.
  3. Massimizzare le opzioni: “Tengo sempre aperte molte possibilità.”
    La sua amministrazione ha aperto più fronti commerciali contemporaneamente—Cina, UE, Canada, Messico, India—mantenendo le trattative fluide e imprevedibili, creando punti di pressione su scala globale.
  4. Conoscere il mercato: “Faccio i miei sondaggi e traggo le mie conclusioni.”
    Trump ha spesso ignorato i consigli economici tradizionali, affidandosi all’istinto e al giudizio personale. Le sue decisioni tariffarie hanno spesso sfidato il consenso economico dominante.
  5. Reagire con forza: “Quando mi trattano ingiustamente, reagisco con forza.”
    I dazi ritorsivi, in particolare contro la Cina, sono stati presentati come risposte a pratiche commerciali sleali. Trump ha preferito intensificare le tensioni piuttosto che fare marcia indietro.
  6. Farsi sentire: “La stampa è sempre alla ricerca di una buona storia.”
    Ha utilizzato la teatralità mediatica per amplificare le sue mosse commerciali definendo il 2 aprile “Giorno della Liberazione”, rilasciando dichiarazioni audaci e presentando i dazi come atti patriottici. Questo ha contribuito a plasmare la percezione pubblica e a raccogliere consenso.
  7. Puntare in alto: “Punto molto in alto e poi continuo a spingere.”
    Il suo stile negoziale è stato aggressivo e tenace, iniziando spesso con richieste estreme e cedendo solo sotto forte pressione. Questo è evidente nei livelli iniziali dei dazi e nella sua riluttanza a scendere a compromessi.
Detto ciò, Trump non ha sempre seguito coerentemente tutti i principi della sua filosofia negoziale. Spesso ha ignorato i rischi, nonostante la sua dichiarata volontà di “proteggersi dai potenziali contraccolpi negativi”. Ha mostrato una flessibilità limitata, pur sostenendo l’importanza di mantenere aperte più opzioni e sebbene affermasse di “conoscere il mercato”, molte sue decisioni sembrano aver trascurato le conseguenze economiche più ampie.
In sintesi, è evidente che Trump, attraverso la sua strategia tariffaria, mira a perseguire una serie di obiettivi, perfettamente in linea con la sua agenda MAGA.
Il suo approccio ha seguito in gran parte i principi esposti nel suo libro The Art of the Deal, ma non sono certamente mancate contraddizioni e frequenti cambi di rotta che hanno sollevato dubbi sulle sue reali intenzioni.
I mercati finanziari si sono, tra alti e bassi, dimostrati moderatamente ottimisti sulla possibilità che POTUS raggiunga i suoi obiettivi ma il verdetto finale, e non parliamo solo della Corte Suprema, è ancora in sospeso

Pompeo (PD): “Tassare la ricerca è un errore strategico”

“Il Piemonte difenda i suoi giovani ricercatori”

22 settembre 2025 – “La nuova tassazione sulle borse di ricerca post-laurea rappresenta un colpo durissimo per centinaia di giovani ricercatori piemontesi. Penalizza il merito, scoraggia il talento e rischia di compromettere la competitività dei nostri atenei. La Regione Piemonte non può restare in silenzio: deve intervenire subito, con misure concrete e coraggiose. Ho presentato un’interrogazione, alla quale auspico, data l’importanza del tema, di avere una risposta puntuale in tempi brevi, sull’impatto della Legge n. 79/2025, che ha eliminato l’esenzione IRPEF per le borse di ricerca e mantenuto l’onere dell’IRAP a carico degli atenei” spiega la Consigliera regionale del Partito Democratico Laura Pompeo.

“Questa modifica normativa, entrata in vigore il 7 giugno scorso, ha effetti immediati e retroattivi. I giovani ricercatori si ritrovano con un reddito netto ridotto fino al 30%, senza alcuna tutela previdenziale o assistenziale. È una situazione paradossale: si tassano come lavoratori dipendenti, ma non si riconoscono loro i diritti di chi lavora. Il Piemonte è un polo di eccellenza nella ricerca, con centri di rilievo internazionale nel campo della medicina, dell’ICT e delle scienze della vita. Occorre intervenire immediatamente o rischieremo di perdere competenze preziose e di alimentare la fuga dei cervelli verso Paesi con sistemi fiscali più equi” prosegue Laura Pompeo.

“Entrando nel dettaglio dell’atto ispettivo, voglio sapere dall’Assessore regionale competente se la Regione intenda intraprendere azioni legislative urgenti mirate ad intervenire direttamente sull’onere dell’IRAP, valutando una sua esenzione per le attività di ricerca o, in subordine, l’istituzione di un meccanismo di rimborso per gli atenei piemontesi, quali iniziative, anche di carattere finanziario mediante opportuni stanziamenti di risorse proprie, la Giunta intenda promuovere per supportare gli atenei nella gestione di questa emergenza fiscale e per garantire che i fondi destinati alla ricerca non vengano ridotti a causa delle nuove imposizioni e, infine se  la Giunta sia disponibile a farsi portavoce, sia a livello nazionale in sede di Conferenza Stato Regioni, sia attraverso un confronto diretto con gli Atenei e i rappresentanti dei ricercatori, per sollecitare una profonda riforma del sistema di tassazione e un pieno riconoscimento dei diritti dei borsisti, al fine di confermare e consolidare il ruolo del Piemonte quale polo d’eccellenza per la ricerca” aggiunge la Consigliera Pd.

“La ricerca non è un lusso, ma un investimento. Tassare chi la fa significa indebolire il futuro del nostro territorio. Il Partito Democratico continuerà a battersi per una Regione che valorizzi il sapere, il merito e la dignità del lavoro scientifico” conclude la Consigliera Pompeo.

cs

Kirk e l’America delle ideologie

Conoscevo, ahimè,Charlie Kirk:lo seguivo su CNN durante la campagna elettorale di Trump:non ho mai condiviso le sue idee ultra cattoliche,conservatrici,antiabortiste,devastanti verso il pensiero altrui.
Le sue parole spesso dividevano, ferivano, escludevano.
Ma uccidere non è la risposta.
La violenza cancella il dialogo, e trasforma il dolore in tragedia.
Serve più ascolto, più empatia. Anche verso chi non la pensa come noi.

Tante polemiche inutili sulla partecipazione di Giorgia Meloni a Domenica In.
In passato anche altri leader politici, come Gentiloni, sono stati ospiti in programmi simili senza che si sollevasse tutto questo clamore.
Meloni ha parlato di promozione del cibo italiano, e in quella stessa occasione era presente anche il sindaco di Roma Gualtieri, esponente del PD.
Chi oggi grida allo scandalo dovrebbe ricordare questi precedenti.
Polemiche strumentali, che nulla aggiungono al dibattito pubblico.

Negli USA la tensione sociale e politica ha superato ogni limite, questo è un mio pensiero personale,come sempre,ovvio.È un dato di fatto che vediamo
divisioni radicali, violenza, sfiducia nelle istituzioni e polarizzazione estrema:
Sembra che l’America sia sull’orlo di una nuova guerra civile.
Non più Nord contro Sud, ma ideologie inconciliabili sotto lo stesso cielo.

Enzo Grassano

Il centro sinistra non c’è più. C’è la sinistra

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo

Forse è arrivato il momento di dirlo chiaramente e senza alcuna polemica e, men che meno, senza
alcuna pregiudiziale di natura politica. Ovvero, il tradizionale centro sinistra nel nostro paese
semplicemente non c’è più. È stato sostituito, del tutto legittimamente, dalla coalizione di sinistra
e progressista. Quella che dopo il secondo dopoguerra si chiamava “Fronte Popolare”. E dopo la
fine della prima repubblica e il tramonto della Dc e dei partiti di governo di quella fase storica
veniva definita dal suo maggior protagonista, Achille Occhetto, “gioiosa macchina da guerra”.

Adesso siamo al terzo tempo. Il cosiddetto campo largo o come si chiamerà. Ma la sostanza non
cambia affatto. E la certificazione è arrivata proprio durante la Festa dell’Unità del Pd a Reggio
Emilia. Detto con parole semplici e comprensibili, il Centro e tutto ciò che è riconducibile al
mondo centrista, moderato, popolare e liberale da quelle parti non è più ritenuto importante. E
neanche necessario. Se non per dire, blandamente e stancamente, che serve tuttavia anche una
‘gamba moderata’ per confermare la natura plurale della coalizione e nulla più.

Ora, non si tratta di sindacare o di mettere in discussione la nuova prospettiva politica
dell’alleanza di sinistra. Del resto, e coerentemente, parliamo di una coalizione che è governata
da 4 sinistre: quella radicale e massimalista della Schlein, quella populista e demagogica dei 5
stelle di Conte, quella estremista ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e quella pan
sindacalista della Cgil di Landini. Il Centro, come ovvio e anche scontato, è del tutto estraneo
rispetto a quella piattaforma politica, culturale, valoriale e programmatica. E non è un caso, di
conseguenza, che la potenziale ‘gamba moderata’ nell’alleanza di sinistra e progressista sia
gestita e pianificata da un ex comunista come Goffredo Bettini in collaborazione con personalità
che gravitano tutti nell’area del Pd. Insomma, l’esatto contrario di quello che è stato il Ppi prima e
la Margherita poi nel tradizionale ed antico campo del centro sinistra.

Per queste ragioni, semplici ma quasi oggettive, il confronto che si intravede in vista delle elezioni
politiche del 2027 non è più tra un centro sinistra e un centro destra. Ma, semmai, e ripeto
legittimamente, quello tra il centro destra e la sinistra. Semprechè nell’attuale coalizione di
governo il Centro e tutto ciò che è riconducibile al pianeta centrista, moderato, liberale e popolare
sappia giocare un ruolo protagonistico e non meramente accessorio rispetto alla leadership
carismatica, rappresentativa e autorevole di Giorgia Meloni. Ma, per restare alla riflessione iniziale,
non c’è alcun dubbio che il profilo politico della futura competizione è destinata a cambiare in
profondità. E, purtroppo, non c’è da stupirsi se la radicalizzazione del conflitto politico e la stessa
polarizzazione ideologica rischiano di diventare non un elemento estemporaneo del confronto tra i
partiti e le rispettive coalizioni ma, semmai, la condizione permanente e strutturale della stessa
competizione fra i due blocchi contrapposti. Per queste ragioni, e oggi più che mai, è
indispensabile che la cosiddetta ed antica ‘politica di centro’ – almeno per chi non la rifiuta quasi
per statuto – giochi ancora la sua partita. Che resta, al di là di ogni altra valutazione politica,
decisiva e determinante per garantire la qualità della nostra democrazia e la credibilità delle
stesse istituzioni democratiche. Nonchè per consolidare una efficace azione di governo.

Vesta, Montaruli (Fdi): “Razzismo nel vedere esclusi gli italiani”

“Organizzazione di immigrati per accedere a Vesta con tanto di polizia locale a supportare. Il vero razzismo è quello di chi gode a vedere esclusi gli italiani e pertanto si organizza per supportare gli stranieri. Il pd conferma di avere un grande problema con la famiglia media italiana, la ritiene immeritevole di supporto a favore di chi invece e’ già ampiamente sostenuto da ogni tipo di misura. Il successo di vesta è di aver dato per la prima volta un aiuto ai veri esclusi, quelli che il Pd ha sempre dimenticato e volutamente oggi dimostra di disprezzare. Noi siamo invece con quelle famiglie e l’ampia partecipazione dimostra solo che sarebbero serviti più soldi mentre l’opposizione si trastullava sui nomi per impedire che vedesse la luce e fare la solita caccia all’avversario, immaginando fantasmi lì dove non esistono. I veri fantasmi nei banchi dei consiglieri di sinistra li vedremo noi quando torneremo a chiedere più soldi per questa misura così come ci chiedono giustamente tanti piemontesi. Volete vedere che tutte queste esponenti del Pd spariranno non sapendo come salvare la loro faccia perché sarebbero costrette a dire quello che stanno ammettendo già ora. La misura dell’assessore marrone è voluta, necessaria e merita un’ampliamento.” Lo dichiara la vicecapogruppo di Fdi alla Camera Augusta Montaruli.

cs

Il valore dei cattolici nella politica torinese e piemontese

Il convegno di Bardonecchia nella sessione mattutina ha evidenziato i numeri del declino economico torinese e piemontese con le sue introduzioni di Mino Giachino e Mauro Zangola. Da vent’anni la crescita economica è inferiore alla media nazionale, da oltre 10 anni Torino è la capitale della cassa integrazione e ‘ tra le Città con la più alta disoccupazione giovanile. A questi due dati si aggiunge la crisi del settore auto il distacco sempre più forte con le periferie. Non aver capito il declino della Città ci porta al punto che secondo Airaudo abbiano solo 2 anni tempo vuol dire che il tempo perso a capire la crisi fa si che oggi Torino debba assolutamente cambiare linea e amministrazione se vuole tenere testa ai tempi molto impegnativi per rilanciare economia e lavoro a Torino a partire dall’industria e dalle periferie.  Giorgio Airaudo della CGIL, Cristina Maccari della CISL , il presidente degli industriali torinesi Marco Gay hanno dato vita a un bellissimo confronto apprezzato dalla sala.
“Con questo convegno – ha concluso Giachino- noi cattolici impegnati in politica abbiamo dimostrato la nostra centralità nella vita politica torinese che deve uscire da una contrapposizione sinistra destra che in questi trent’anni ha portato Torino al settantesimo posto tra le Città italiane . Non siamo solo centrali tra i due schieramenti siamo centrali anche per le proposte che presentiamo per rilanciare Torino e il Piemonte”.