di Giorgio Merlo
La recente inchiesta/denuncia di Famiglia Cristiana sulla “irrilevanza politica dei cattolici” durante e dopo il voto del 4 marzo non può e non deve passare sotto silenzio. E, accanto a questa oggettiva e sacrosanta riflessione, molti osservatori e commentatori delle cose politiche italiane rilevano che le urne hanno anche trasmesso un altro segnale, altrettanto grave. Ovvero, la sostanziale scomparsa del “centro” dalla contesa politica nel nostro paese. E questo non per legare i “cattolici” con il “centro”, che pur e’ stata una coppia simbolica che per molti anni ha accompagnato il dibattito sulla presenza dei cattolici italiani nello scenario pubblico del nostro paese. Ma perché sono due “mondi” che sono, di fatto, evaporati dopo il voto del 4 marzo. Ora, per fermarsi ai cattolici, non possiamo non essere d’accordo con le riflessioni puntuali dello storico organo dei Paolini. E cioè, i cattolici – o meglio gli esponenti dell’associazionismo di base del mondo cattolico italiano – sono assenti dal Parlamento. Ma non possiamo fermarci agli esponenti più rappresentativi di questo mondo perché dalle aule parlamentari sono anche assenti le figure di spicco di questa corrente culturale ed ideale. E quelli che ci sono ridotti, di fatto, ad essere espressione della “nomina” o della
“designazione” dei rispettivi capi partito del momento e a questi rispondono. Fa eccezione, e forse per il momento, il Pd perché Renzi dopo aver compilato le liste e’ stato gentilmente invitato a dimettersi per l’uragano che ha investito quel partito perdendo una quantità di voti inimmaginabile sino a qualche settimana fa. Ma quello che conta è che, forse per la prima volta nella nostra storia democratica, una delle culture fondanti la nostra democrazia e la nostra Costituzione, non trova cittadinanza nel Parlamento italiano. Ecco perchè, di fronte ad uno scenario del genere, si impone una semplice ma decisiva domanda. E cioè, ci si deve rassegnare definitivamente a questa irrilevanza politica, culturale e programmatica in virtù di una maldestra modernità politologica oppure ci sono ancora delle munizioni ideali ed organizzative capaci di invertire la rotta senza attendere tempi biblici?
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È solo dalla risposta a questa banale domanda che noi capiremo se la tradizione del cattolicesimo politico e del cattolicesimo sociale potrà ancora giocare un ruolo protagonistico nella politica italiana. Certo, e’ perfettamente inutile pensare che questo protagonismo politico avvenga per gentile concessione dei cartelli elettorali, ossia degli attuali partiti. Se nessuno pensa, per il momento, di dar vita ad un movimento politico che recuperi quella tradizione in chiave innovativa e contemporanea, e’ pur vero che la denuncia/inchiesta di Famiglia Cristiana non la si affronta e soprattutto non la si risolve con le armi della contemplazione e della riflessione intellettuale ed accademica. Servono altri ingredienti. Quelli tradizionali perché non c’è nulla da inventare o da
escogitare a tavolino. E cioè, elaborazione culturale, assunzione di responsabilità, classe dirigente, rigore morale e soprattutto un progetto politico da mettere in campo. Se tutto ciò non capita e ci si limita a descrivere solo ciò che non va e ciò che si dovrebbe fare, non potremmo poi lamentarci se la presenza politica dei cattolici italiani e’ un fatto che riguarda solo la storia del nostro paese. Un fatto, cioè, che riguarda solo ed esclusivamente gli storici e gli amanti del passato. Un vuoto, quindi, che adesso va riempito. E per centrare questo obiettivo, che sarà lungo e complesso, serve però l’apporto di tanti. Dall’associazionismo cattolico di base nelle sue varie e multiformi espressioni alla vitalità del laicato cattolico, dai “maestri” del passato a tutti coloro che mal sopportano questa situazione anomala nei vari partiti e schieramenti, dai pochi intellettuali e uomini di cultura alle moltissime persone che si sentono “orfane” in questo contesto storico. Serve, cioè, uno scatto d’ala di questi mondi vitali capace di portare un contributo di rinnovamento, di cultura e di freschezza ad uno stanco e ripetitivo dibattito politico. Sempre più arido, sempre più demagogico e sempre più proteso alla sola occupazione del potere a prescindere da valori e principi che, seppur con alterne vicende, hanno comunque accompagnato la crescita e il consolidamento della democrazia nel nostro paese.
STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto
rappresentare i deboli ed oppressi grazie al loro essere garantiti. Ma forse c’è dell’altro. Si favoleggia di un accordo sotterraneo tra i nostri professionisti del no e qualche leghista italiano (pensate, fino a tre mesi fa leghista e italiano era un ossimoro. Come cambiano velocemente i tempi) per portarle nelle Dolomiti. Prova generale per accordi tra Salvini e Di Maio? Magari stupidaggini che comunque confermano che tutto in una certa classe politica é diventato polemica. Le sorti di Torino dovrebbero essere superiori a tutto per i politici locali.E stavolta l Appendino ha tenuto botta e, seppure a fatica, ha rispettato l’accordo con Chiamparino. Mi sembra così elementare: il Sindaco di Torino desidera i Giochi e lavora per realizzare qui le Olimpiadi. Il Presidente della Regione desidera lo stesso e lavora per realizzare le Olimpiadi nel capoluogo piemontese. Federalismo? Anche, ma soprattutto logica e buon senso di amministratori torinesi e piemontesi. Ma non basta. Il Coni piemontese ci sembra assente, la Federazione piemontese del ghiaccio ci sembra assente. Sbaglieremo ma non vediamo le dovute pressioni politiche per ottenere l’evento. Lecitamente, sia ben chiaro, visto che gli interessi dei torinesi e dei piemontesi sono leciti. Si perdono nella notte dei tempi le affermazioni vallettiane: ciò che va bene per la Fiat va bene per la città e per l Italia. Anche perché non non c’è più la Fiat né a Torino né in Italia. Rimangono gli urlanti sindacati che ritmicamente sostengono: dare lavoro é una questione anche morale. Vero, anche morale. Ma si crea lavoro se c’ é sviluppo. Ecco il perché della candidatura. Sarà più facile perché ci sono già le strutture.Sarà più difficile perché non c’è più l’ avvocato Agnelli. E, si sa, Marchionne vive più negli States che qui.Ma vale la pena tentare. Con noi torinesi che abbiamo voglia di lottare anche per i nostri figli.
Lui é rimasto saldamente in sella per un biglietto per la Camera dei deputati, marcando stretto Renzi con il risultato d’aver piazzato i suoi. Hanno rottamato i vecchi Pd costringendoli all’esilio come Piero Fassino. E l’ hanno chiamato deserto. Proprio difficile il confronto. Ma molti si vogliono iscrivere nuovamente al partito ricordando Clark Gable in Via con Vento, un debole per le cause perse. Tutto è perduto? Scuserete la banalità ma fin che c’è speranza c’é vita. Però la botta per loro è stata dura. Nel giro di quattro anni passare dal 40 al 18 % non é da tutti. Segnali positivi ci sono: Luciano Salizzoli si candida nelle liste del Pd nella sua natia Ivrea. Comunista da sempre. Famoso per la sua bravura di chirurgo ha rinunciato a molti soldi per essere fedele ai propri principi. A Settimo Pd ed Mdp vorrebbero fare insieme la festa dell Unità. Prove di riunificazione? Presto per dirlo. Anche se sarebbe un percorso logico, ma culturalmente la sinistra ha bisticciato con la logica. E poi tanti ma tanti odi personali. Sì, Proprio odi che rendono difficile la ricomposizione, impossibile anche all’interno dello stesso partito. Molti affermano: basta con la gestione famigliare. In questo partito esistiti solo se appartieni. Non ci sono idee comuni. Io mi limito nell’ osservare: partito? Da un po’ di tempo, più che partito é un ologramma. Forse è figlio dei tempi. Forse è figlio di un totale disinteresse verso la forma partito, non esiste più l’orgoglio di appartenenza. Ora ci sono tre poli. Destra grillini e forse sinistra. Questa è la scommessa di un possibile nuovo Pd e di tutta la sinistra sbrindellata. Un sistema uninominale a doppio turno aiuterebbe. Come un animale anfibio che deve scegliere se vivere solo in acqua o solo sulla terra il Pd dovrà scegliere prima che cosa vuole essere e poi vedere se sarà possibile.
responsabilità da parte di tutti i partiti al fine di creare una maggioranza in Parlamento comunque 

LA VERSIONE DI GIUSI di Giusi La Ganga

nel mondo del lavoro”.
Lo sgombero e l’abbattimento del campo rom di Borgaretto, frazione di
lavorano nelle adiacenze del campo rom di via Germagnano, 